Gianbattista Vico

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Testo

GIAN BATTISTA VICO (1668-1744)
Alla base del pensiero di Vico vi sono delle idee che portano a particolari innovazioni per quanto riguarda la concezione della realtà storica. Nel De antiquissima è accentuata la distinzione fra conoscenza umana e conoscenza divina: Dio possiede l’intendere (ovvero la conoscenza perfetta risultante dal possesso di tutti gli elementi costituenti l’oggetto pensato), mentre l’uomo ha il pensare, quasi paragonabile ad una raccolta all’esterno di tutti gli elementi dell’oggetto. Sia Dio che l’uomo possono conoscere solo ciò di cui sono causa, ed, infatti, le parole verum e factum hanno in latino lo stesso significato. La differenza sta però nel fatto che Dio crea oggetti reali, mentre l’uomo crea oggetti fittizi raccogliendo informazioni al di fuori di sé. Il campo della conoscenza dell’uomo è quindi ristretto, in quanto egli non può conoscere il mondo della natura perché creato da Dio, mentre può conoscere il mondo della matematica in quanto formato da astrazioni create da lui stesso; l’uomo non può neanche conoscere il proprio essere in quanto, a differenza di quanto pensava Cartesio, il cogito è la coscienza del proprio essere ma non la scienza di esso, in quanto la scienza è fondata su cause certe.
Essendo però il mondo dello scibile aperto alle creazioni umane, esso è aperto alla storia, in quanto essa è stata certamente fatta dagli uomini; essa non deve essere però considerata come un succedersi slegato di avvenimenti, ma deve avere un ordine fondamentale: viene perciò chiamata Scienza Nuova, in quanto secondo V. bisogna indagare il mondo della storia mirando a rintracciarne le leggi fondamentali e l’ordine. Essa deve fondarsi sulla filosofia e sulla filologia, considerando la prima come coscienza del certo (studio delle cause e delle leggi che spiegano i fatti) e la seconda come coscienza del vero (studio della lingua e delle manifestazioni umane): in questo modo si potrà inverare il certo e accertare il vero. Partendo da questo concetto , V. sviluppa la sua teoria partendo dal concetto che di superiore alla natura e all’uomo non c’è nient’altro
che Dio. L’uomo cerca quindi di compiere uno sforzo per tendere a Dio e sollevarsi dal disordine primitivo; la filosofia serve a mostrargli come dovrebbe essere. La storia è la dimostrazione dell’ordine che va attuandosi nella società umana che esce dal suo stato primitivo; essa tende ad un ordine eterno ed universale, e anche senza il proponimento esplicito dell’uomo la meta della storia è la comunità umana ideale. Questa è la storia ideale eterna, che è la struttura che sorregge il corso temporale delle nazioni e che fa sì che la successione cronologica sia in realtà un ordine ideale progressivo, ed è quindi il paradigma e il criterio per giudicare la storia reale, anche se quest’ultima non coincide mai con essa, non annullando quindi la libertà dell’uomo e la propria problematicità.
V. ritiene che la storia ideale sia costituita dalla successione di tre età quella degli dei, quella degli eroi e quella degli uomini che in lui, a differenza che negli scrittori greci, assume un significato progressivo. A queste tre età sono assegnate tre facoltà: il senso, la fantasia e la ragione. Nell’età degli dei gli uomini erano delle bestie che sentivano nelle forze che li minacciavano delle divinità punitrici, e che per paura frenarono i loro istinti creando le famiglie e le prime monarchie rette da sovrani solitari. Nell’età degli eroi incominciò la vita nelle città e l’aristocrazia fece derivare il proprio potere da Dio e coltivava le virtù eroiche.
Nell’età degli uomini le plebi rivendicarono la loro uguaglianza con i nobili e vollero far parte degli ordini civili dando così luogo alle repubbliche popolari dove il censo era costituito dalla ”regola degli onori”;in essa nacque la filosofia ragionata il cui compito era trovare il criterio di giustizia comune.
Vico ammette che ci sono nazioni che non raggiungono il loro sviluppo completo, o che abbia raggiunto di colpo l’ultima fase; per lo più, però, la storia è soggetta al ciclo dei corsi e ricorsi storici, ovvero il periodico ritorno al disordine, che può essere risolto in tre modi: l’instaurazione di una monarchia assoluta, l’assoggettamento da parte di nazioni migliori o il rinselvatichimento degli uomini, al quale segue nuovamente il ciclo sopra descritto.
Nella prima età l’unico prodotto della sensibilità degli uomini era la sapienza poetica, cui V. ha dato la massima estensione nella Scienza Nuova. Essa è fondata sulla fantasia, ed è poesia divina in quanto grazie ad essa il trascendente prende corpo. Il primo elemento di essa è il linguaggio nato arbitrariamente dal bisogno degli uomini di comprendersi, ed esprime la natura del primo mondo degli uomini; per questo motivo V. ne riconosce il valore autonomo da ogni attività razionale. Essa però sparisce nell’uomo man mano che in esso prevale la riflessione.
Esaminato tutto il pensiero di V. ,non pare chiara la maniera specifica in cui la provvidenza sarebbe presente nella storia. A questo quesito sono state date diverse interpretazioni: quella religiosa ha sottolineato la trascendenza della provvidenza, quella idealistica ha accentuato l’immanenza di essa, facendola coincidere con il corso razionale della storia, quella naturalistica ha affermato che la provvidenza si manifesta solo mediante i fenomeni naturali (per cui la provvidenza sarebbe la natura stessa, trasformando il pensiero di V. in una specie di spinozismo storicistico). Il punto di vista attuale afferma che la provvidenza è una sollecitazione profonda che spinge l’uomo ad agire in vista di valori ideali eterni.
Per quanto riguarda la religione, V. fa nella Scienza Nuova un’accorata difesa della funzione civile di essa: egli è il rappresentante di una sorta di deismo storicistico che fonda la proprio teologia sul cosmo umano e storico ma che conserva del deismo tradizionale il non accettare complementi dogmatici.
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