Narciso e Boccadoro: sintesi

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura

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Data:09.05.2005
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Testo

“Narciso e Boccadoro” di Herman Hesse
RELAZIONE
Temi presenti nel romanzo
Il romanzo, avendo una trama piuttosto intricata, presenta numerosi temi, ma i più incisivi sono a mio parere l’amicizia tra i due protagonisti e il viaggio (reale e psicologico) di Boccadoro.
Il primo tema emerge sin dai primi capitoli, all’arrivo del ragazzo al monastero di Mariabronn.. La particolarità di quest’amicizia è che i due si sentano spinti l’uno verso l’altro senza nemmeno conoscersi. Infatti, l’autore ribadisce più volte che Narciso e Boccadoro sono due “creature speciali”, in quanto dotati di un carattere forte e di una profondità d’animo inauditi; il loro obiettivo perciò diventa inconsciamente quello di incontrarsi e confrontarsi. Eppure nonostante questa forte attrazione i due hanno nature diverse, come Narciso spiega all’amico:
“La nostra meta non è di trasformarci l’uno dell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparare a vedere e rispettare nell’altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro complemento” (cap IV)
.L’uno è un uomo di pensiero, un erudito mentre l’altro è un artista.
Il secondo tema del romanzo di Herman Hesse è il viaggio di Boccadoro. Il ragazzo arriva nel monastero come studente, ma con la convinzione di dover rimanere anche dopo gli studi per seguire la vocazione; tutto ciò però non era nato da Boccadoro ma dal padre, convinto che con questo sacrificio il figlio avrebbe espiato le colpe della madre che l’aveva abbandonato in tenera età. Sarà però Narciso a scoprire la vera natura dell’amico e a farla riemergere. A questo punto Boccadoro comincia il suo viaggio da vagabondo attraverso la Germania scoprendo l’amore per le donne e la spensieratezza di questo tipo di vite che non lo lega a nessun luogo e lo mantiene giovane. Questo itinerario attraverso amore e morte, libertà e sofferenze lo faranno crescere e dopo dieci anni vi sarà l’incontro avvenuto per volere del fato tra i due amici, che segnerà per Boccadoro la fine della gioventù e l’inizio della vita sedentaria che lui aveva sempre disprezzato. In questo periodo inoltre scopre la sua vena artistica e scolpisce alcune statue in cui sono impresse tutte le sue esperienze di viandante: volti di fanciulle e di uomini che ricorderà in eterno. Soltanto un’opera rimarrà per lui infattibile: l’immagine della madre, divenuta per lui un mistero carico di sentimento e dolore che nemmeno in punto di morte riuscirà a comprendere.
Breve sintesi
Il romanzo è ambientato nella Germania medievale e narra la storia di un’amicizia e il seguente viaggio di uno dei due. Il primo protagonista è Narciso, un giovane frate del monastero di Mariabronn, che nonostante la sua età presenta già spiccate doti che lo rendono una figura particolare. Il secondo è invece il giovane Boccadoro, un ragazzo di buona famiglia arrivato al monastero per studiare e con l’obbiettivo di entrare nell’ordine. Tra i due nasce ben presto una forte amicizia, legata soprattutto al fatto che sono “persone speciali”: attraverso le loro profonde discussioni e, soprattutto, spronato da Narciso, Boccadoro riscopre la sua vera natura d’artista e così intraprende il suo viaggio. Un percorso reale attraverso le campagne e i boschi, la peste e l’amore; ma anche un percorso spirituale alla scoperta della sua identità. Infatti dentro di lui c’è un’anima di zingaro ereditata dalla madre che era stata soppressa dal padre ma che ora riemerge. Dopo 10 anni però i due compagni si incontrano per caso e Narciso salva Boccadoro dalla condanna a morte. Boccadoro in questi anni di viaggio raccoglie in sé come ricordi i volti delle donne che ha amato: Lisa, Lidia, Giulia, Lena, Rebecca, Agnese; poi una volta tornato in convento scolpisce una Madonna in cui sono presenti tutti i loro volti. Così dopo un secondo vagabondaggio durato solo alcuni anni, Boccadoro, ormai invecchiato e malato, finisce i suoi giorni a Mariabronn al fianco dell’amico tanto caro.

Rappresentazione del periodo storico
Dalla lettura del romanzo emerge un’approfondita ricerca storica precedente alla stesura, soprattutto nei particolari di vita quotidiana e di fatti realmente accaduti. Dalla descrizione degli edifici (il monastero e le abitazioni), agli ambienti esterni (le foreste) sino a dettagli della vita del popolo, l’autore dipinge il quadro su cui si svolgono le vicende con particolare maestria. E’ difficile trovare un passo del romanzo che possa essere d’esempio poiché la descrizione si snoda per tutta la sua durata in brevi sequenze. Ma un passaggio che più di altri ha messo in moto la mia immaginazione è stato quello delle prime pagine: Hesse apre la narrazione con una minuziosa descrizione del monastero e del castagno alludendo anche alle persone che ne hanno fatto la storia.
“Esotico e delicato, il bell’albero faceva stormir la sua chioma sopra l’ingresso del convento, ospite sensibile e facilmente infreddolito, originario d’altra zona, misteriosamente imparentato con le agili colonnette gemelle del portale e con la decorazione in pietre degli archi delle finestre, dei cornicioni e dei pilastri, amato da chi aveva sangue latino nelle vene e guardato con curiosità, come uno straniero, dalla gente del luogo”(cap I)
Per quanto riguarda invece i fatti storici sono due le informazioni che ci vengono fornite sulla Germania medievale: la peste e i fatti accaduti in città in seguito ad essa.
La peste viene descritta in un solo momento ma con particolare attenzione, tanto da suscitare quasi raccapriccio: le immagini dei cinque cadaveri appaiono però “distaccate” dalla realtà a causa di Boccadoro, che non si lascia prendere dalle emozioni ma continua ad osservarli.
“Vide sotto i capelli grigi un cadaverico viso nero azzurrastro, con un occhio aperto che luccicava vuoto e plumbeo. La donna era morta lì, seduta sulla seggiola. Via,non si poteva più soccorrerla” (cap XIII)
Riguardo ai fatti avvenuti in città durante l’assenza di Boccadoro però l’autore fa solo un accenno: senza grandi spiegazioni elenca semplicemente la rivolta della plebe in seguito alla peste, la fuga del vescovo e l’arrivo del governatore, il conte Enrico, con la concubina Agnese.

Descrizione di due personaggi e loro CFR
I due personaggi che intendo confrontare sono Narciso e maestro Nicola perché entrambi sono un modello per Boccadoro anche se lui non ha seguito nessuna delle due vite che essi rappresentano, poiché ha caratteristiche in comune ma anche in contrasto con entrambi.
Narciso pur essendo il secondo protagonista del romanzo è un po’ oscurato dalla lunga e movimentata storia di Boccadoro, ma comunque rimane per egli un punto fisso per ogni sua considerazione: è il suo maestro di latino da ragazzo, ma resta il suo maestro di vita per sempre. Come dicevo Narciso rappresenta la vita casta del monastero che inizialmente doveva essere percorsa anche dal ragazzo. Ma il frate scopre la vera inclinazione dell’amico e lo sprona ad andarsene e a cercare se stesso. Infatti, come già detto i due amici sono “opposti e complementari”, cioè l’uno è un pensatore e l’altro è un artista. Ma esiste comunque qualche analogia tra le loro personalità, ad esempio il fatto che siano due persone estremamente riflessive e “singolari”.
Maestro Nicola è invece colui che segue Boccadoro nell’apprendimento dell’arte. Su di lui non vi sono molte notizie, in un certo senso rimane misterioso: vive con la figlia Elisabetta in un discreto benessere, e adiacente alla casa ha la sua officina dove crea statue per i vari committenti. Boccadoro arriva alla sua porta dopo aver notato una sua opera in una chiesa, che lo affascina in modo impressionante.
“..vide allora in una cappella laterale una figura, che gli parlò e lo attirò straordinariamente; si volse ad essa con occhi innamorati e la contemplò con devota e profonda commozione.” (cap X)
Secondo me Nicola ha molto più in comune con Boccadoro di quanto noi possiamo immaginare: sul suo passato non viene raccontato niente ma l’autore fa notare come “poche giornate potevano talvolta trasformarlo e ringiovanirlo in modo strano”; ciò mi fa pensare che anche lui in gioventù fosse un vagabondo, uno spirito libero e che in un certo senso sia “invidioso” della spensieratezza del suo allievo. Probabilmente alla nascita di Elisabetta Nicola ha dovuto fermarsi, vivere stabilmente nella stessa città e preoccuparsi di mantenere la famiglia. È questo appunto ciò che lo differenzia da Boccadoro: lui ha scelto la sedentarietà mentre per il giovane resterà sempre un concetto troppo lontano dal suo essere.
Narciso e Nicola sono quindi ciò che Boccadoro sarebbe diventato se avesse seguito l’una o l’altra strada, ma per lui non si addiceva nessuna delle due.
Passi significativi
Uno dei passi più significativi è indubbiamente quello che ho già citato in precedenza del IV capitolo, in cui Narciso rivela a Boccadoro la sua vera natura e quindi la loro abissale differenza. Ricordando però che a precedere quest’affermazione vi sono stati lunghe e profonde discussioni in cui spesso il fanciullo non ammetteva questa sua differenza dal suo amico/maestro perché aveva paura di scoprire il vero “se stesso”.
Seguendo l’ordine cronologico, il successivo passo di maggiore rilevanza è quello in cui Boccadoro fugge da Mariabronn, lasciandosi alle spalle l’infanzia, il padre, le regole e anche Narciso. Da questo momento Boccadoro sembra diventare improvvisamente un uomo: qui comincia il suo viaggio da vagabondo attraverso la Germania delle foreste, delle città e delle mille amanti.
“Dietro di lui stava il convento: appena una parvenza di patria, ma pur cara per lunga consuetudine! Sentì però anche un’altra cosa: che ormai Narciso non era più per lui una guida ammonitrice e sapiente, il risvegliatore. Ormai sentiva di aver varcato la soglia di un paese, in cui avrebbe trovato da sé la sua vita, in cui nessun Narciso poteva guidarlo più” (cap VI)
Altro passo significativo è secondo me quello che racchiude le ultime parole di Boccadoro rivolte all’amico di sempre. Malato e in fin di vita l’uomo confessa a Narciso i suoi ultimi pensieri riguardo l’argomento tabù della sua vita: la Madre. La Madre vista come la passione, il dolore, la morte, quella madre che lui non aveva mai conosciuto, ma che andava cercando da sempre. Narciso rimane molto colpito da queste sue ultime parole che escono appena sussurrate dalle labbra del malato.
“La vedo ancora ( Eva-Madre) e, se avessi forza nelle mani, poteri darle forma. Ma essa non vuole, non vuole che io renda visibile il suo mistero. Preferisce che io muoia. Muoio volentieri: essa mi rende facile il trapasso”(cap XX)
Poi nell’ultimo respiro sussurra all’amico:
“Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire”(cap XX)
Commento personale
Ho trovato questo romanzo molto interessante e molto coinvolgente e trovo che però il giudizio dovrebbe essere diversificato per le due componenti che lo compongono: quella narrativa e quella riflessiva. La prima credo sia interessante per le numerose vicende del fiabesco vagabondo Boccadoro: da una storia che ha come ambientazione iniziale un monastero medievale certo non ci si sarebbe mai aspettata che il timido Boccadoro che voleva entrare nell’ordine fosse diventato un rubacuori di fanciulle e contadine sposate. La capacità di Hesse di coinvolgerci nella storia e soprattutto di far muovere la nostra immaginazione è lodevole e quindi questo libro merita veramente di essere letto. Riguardo quella seconda componente riflessiva, penso sia ancora più efficace di quella narrativa, ma ammetto che questo è un parere molto più soggettivo. Le complesse discussioni tra Narciso e Boccadoro e i pensieri di quest’ultimo possono risultare noiose e pesanti, ma alcune volte mentre leggevo mi “staccavo” con la mente dal libro e continuavo le riflessioni da sola, tanto queste riuscivano a coinvolgermi. Concludo con un’affermazione dell’autore che mi ha molto colpito, forse per la mia indole sognatrice, e che credo continuerò a ricordare.
“Il mondo reale non era che una superficie, una sottile membrana tremante sopra il mondo trascendente delle immagini e dei sogni. Un nulla bastava a forare questa membrana sottile: […] bastavano questi piccoli stimoli per forare la membrana della realtà e per scatenare, dietro la placida aridità di questa, il tumulto d’abissi, di fiumane e di vie lattee, che s’agitava in quel mondo immaginario dell’anima”(cap V)

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