Neorealismo letterario e cinamatografico

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Testo

ITALIANO

IL NEOREALISMO IN LETTERATURA

Il Neorealismo è una tendenza che si sviluppò principalmente attorno al 1940 e 1950 ed ha investito non solo la letteratura italiana, ma anche il cinema. La Seconda Guerra Mondiale e la conseguente lotta antifascista sono gli eventi storici alla base di un nuovo rivolgimento culturale e letterario.
In Italia il ruolo degli intellettuali cambiò radicalmente, si avvertì il bisogno di un ruolo concreto nella realtà politica e sociale del paese.
➢ Le tematiche di questa corrente sono:
➢ La lotta partigiana (Calvino, Fenoglio, Pratolini, Cassola);
➢ La situazione di sbandamento che vissero durante la guerra e nell’immediato dopoguerra (Pavese e Moravia);
➢ La testimonianza dei campi di sterminio (Primo Levi “Se questo è un uomo”);
➢ La frattura del Nord dal Sud d’Italia con le varie esperienze a confronto (Silone).
Da qui l'esigenza di considerare la letteratura come una manifestazione e uno strumento del proprio impegno. Gli intellettuali stessi si fecero portavoce del popolo rappresentando la realtà contemporanea della guerra, della Resistenza e del dopoguerra per dare testimonianza artistica di un'epoca che segnò tragicamente la vita di tutti gli italiani. Con l'avvento del Neorealismo, l'Ermetismo e il Decadentismo tesero a dissolversi oltre che ricevere pesanti critiche. Vennero accusati di essersi astenuti dal confronto politico culturale con il fascismo, per la tendenza ad evadere in altre dimensioni (astratte, fantastiche, metafisiche) e la maggior parte degli scrittori che aderirono a quei movimenti non parteciparono alla Resistenza, mantenendo un atteggiamento di distacco e di isolamento che parve perdere una parte delle ragioni ideali che prima erano state attribuite. In quello stesso periodo gli ermetici cessarono di costituire un gruppo omogeneo e preferirono seguire le orme di Salvatore Quasimodo con una poesia civilmente impegnata.
Questo diffuso bisogno di impegno nel reale, oltre alla stesura di testi ispirati alla Resistenza e alla vivace rappresentazione della cruda realtà, portò alla riflessione culturale, al confronto in dibattiti dove predominava il tema del progressivo mutamento del ruolo degli intellettuali nella società spaziando dal fascismo al partito comunista.
La necessità di rappresentare direttamente storie di vita vissute in prima persona comportò la scelta della prosa a scapito della poesia e l'adozione di un linguaggio chiaro e comunicativo. Di fatto, da un punto di vista tecnico, la poetica appare povera e priva di elementi innovatori.
Gli scrittori neorealisti si rifacevano all'esperienza letteraria del Realismo, in particolare all'opera di Verga, mentre il termine Neorealismo rinvia sia alla narrativa realistica dell'ottocento sia al contemporaneo movimento tedesco della Nuova Oggettività. A differenza del verismo puro, il Neorealismo tendeva a focalizzare come possibili vincitori gli stessi vinti di Verga; c'era la consapevolezza del fallimento della vecchia classe dirigente e, per la prima volta nella storia, le masse popolari si erano conquistate il primo piano sulla scena sociale. L'esperienza cruenta della guerra lasciò in molti la tristezza, ma una volta finita, infuse voglia di ricominciare a vivere in libertà e un atteggiamento sicuramente speranzoso nell'immediato futuro. Vi era l'esigenza della scoperta dell'Italia reale, nella sua arretratezza, miseria, assurde contraddizioni e, insieme, la fiducia nelle possibilità di rinnovamento.
La letteratura neorealista è una letteratura impegnata, vale a dire non opere di svago, ma libri che aiutassero a prendere coscienza della situazione vigente, meditando sulle vicende storiche nazionali e facendo tesoro dell'esperienza per garantire la ricostruzione di un'Italia libera, democratica ed antifascista. Fu proprio grazie ad una serie di iniziative letterario-culturali e alla fondazione di riviste (importantissima è “Il Politecnico” di Vittorini) che indussero al dibattito, impegnando diversi scrittori nel mondo dell'editoria per tradurre in pratica la loro comune visione della cultura. Altro elemento a favore fu il diffondersi del pensiero gramsciano e la proposta di una letteratura nazional-popolare in cui la consueta separatezza tra intellettuali e popolo si sperava fosse annullata.
L'esplosione letteraria venne vista come un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo. L'esperienza della guerra aveva accomunato gli uomini, ridotti a vivere la medesima triste vicenda, ma ciò ha permesso una maggior comunicazione tra scrittore e pubblico: era un confronto alla pari, ognuno esprimeva liberamente il suo punto di vista, vi era una vera e propria smania di raccontare. “Il Neorealismo non fu una scuola. Fu un insieme di voci, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche delle Italie fino allora più inedite per la letteratura”.
Le opere neorealiste della prima fase sono Gli indifferenti di Alberto Moravia; Gente in Aspromonte di Corrado Alvaro e Tre operai di Carlo Bernari. I romanzi che possono essere considerati modelli di riferimento della narrativa neorealistica sono: Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini; Paesi tuoi di Cesare Pavese; Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi e Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino.
Grazie a una rappresentazione documentaria della realtà e al suo intento memorialistico, ora possiamo disporre di testimonianze scritte di grande valore che hanno apportato prestigio alla letteratura italiana.
IL NEOREALISMO CINEMATOGRAFICO

Il Neorealismo è, senza alcun dubbio, il movimento italiano per eccellenza che ha riscosso maggiori consensi e fama in ogni parte del mondo. Oggi, a distanza di sessant'anni, è difficile apprezzare al meglio questo genere di film aderente alla realtà d'allora. Ogni film si caratterizzava per la propria storia, mentre la costante era rappresentata dal contesto storico. Nel complesso si possono ulteriormente isolare tre aspetti: morale, politico ed estetico. Fu la reazione morale alle infamie della guerra che spinse i registi a insistere sui valori essenziali dell'esistenza e della convivenza sociale. Inoltre era necessario dare una risposta sul piano politico agli errori commessi dal fascismo utilizzando un linguaggio nuovo, che riuscisse ad esprimere volontà di mutamento. Per Neorealismo non si deve pensare ad una scuola di pensiero o ed un movimento culturale, ma ad un fenomeno di vasto respiro che coinvolse sia la letteratura sia le arti figurative.
Nei precedenti anni trenta, il regime fascista aveva investito risorse nel cinema, soprattutto come strumento di propaganda: aveva promosso la realizzazione di teatri e stabilimenti di produzione a Cinecittà (Roma) e ad Tirrenia (Pisa). I film italiani erano essenzialmente di genere avventuroso, sentimentale, oppure venivano proposti i motivi dell'avanspettacolo. Il fascismo era teso ad infondere un senso di serenità attraverso un cinema semplice. Un vero cinema fascista non esistette proprio per la mancata carica ideologica, differenziandosi così dal cinema nazista e sovietico, nei quali non comparve alcuna forma di critica politica; al contrario, vennero enfatizzati alcuni punti come le conquiste del regime, il senso della solidarietà nazionale, la difesa delle tradizioni... Il modello del cinema italiano degli anni trenta era più vicino a quello degli Stati Uniti, dove i gravi problemi economici avevano orientato i produttori a proporre film dalle trame rassicuranti.
Successivamente il cinema italiano propose storie ambientate nel conflitto, molto spesso interpretate da attori non professionisti che rappresentavano i volti di tutta la popolazione coinvolta. In quel periodo il cinema italiano visse una fase di ripensamento critico della sua funzione. Le innovazioni che si verificarono furono l'abbandono degli studi di posa a favore delle riprese in esterni e l'adozione di uno stile di tipo documentaristico, ispirandosi alla vita quotidiana. I cineasti si sentirono dibattuti tra due sentimenti opposti: offrire un diversivo alle preoccupazioni quotidiane e far riflettere sulla società italiana che stava cambiando.
Gli autori del Neorealismo diedero luogo a film diversi. Rossellini preferì una letturta drammatica dela società attraversata dalla guerra; De Sica mise in luce la povertà e la solitudine; Zavattini diede libero sfogo alla fantasia; Visconti esaltò le grandi rappresentazioni; mentre Zampa si concentrò sulle disgrazie e sui difetti della gente comune.
Questo genere di film venne trascurato preferendo quelli di genere leggero e la produzione statunitense che ritornava in Italia sopo la guerra. Paisà, Sciuscià, Ladri di biciclette, Germania anno zero, Terra trema, furono film che passarono nell'indifferenza poiché il pubblico cercava divertimento estraniandosi dai problemi della vita quotidiana e a causa del governo italiano che non aiutò ne favorì questo tipo di pellicole temendo che l'immagine dell'Italia risultasse troppo negativa.
In ogni film di quest'epoca vi erano presenti indistintamente argomenti come l'emigrazione clandestina, l'emarginazione, il banditismo, il fallimento ideale della Resistenza, la delinquenza. Oltre ad un generale scarso entusiasmo, anche la borghesia benestante non vedeva di buon occhio quel genere cinematografico, così come la sinistra per l'eccesso d'indiscrezione verso i difetti della nazione. Più volte intervenne la censura per vietare la visione di quei film ritenuto lesivi per il buon nome dell'Italia.
Il Neorealismo risultò più noto all'estero che in Italia, dove il pubblico premiò i film più rispondenti alla necessità d'evasione, in particolar modo si assistette al boom del genere comico.
Nel 1946, alla prima edizione del Festival di Cannes, Roma città aperta di Federico Rossellini conobbe un successo internazionale senza precedenti, segnando l'inizio di una nuova epoca. Roma città aperta prende spunto da fatti di cronaca relativi al tragico periodo in cui, caduto il fascismo, Roma , in attesa dell'arrivo delle truppe americane, fu teatro dello scontro tra le forze della Resistenza e la determinazione dell'esercito tedesco. Il film presenta le vicende intrecciate di gente comune. Tra queste traversie, personaggi di spicco sono Manfredi, un intellettuale comunista e capo partigiano e un prete di quartiere che, pur da diverse posizioni ideologiche, affrontano un comune destino di morte. Alcune scene del film divennero celebri come ad esempio quella di Pina, la popolana interpretata da Anna Magnani, che viene fucilata dai colpi di mitra dei soldati tedeschi mentre insegue la cammionetta dove suo merito, Francesco, è stato portato dopo un rastrellamento. Altre scene eloquenti sono quelle relative alle torture subite da Manfredi, interpretato da Marcello Pagliero, o alla fucilazione di Don Pietro. Questo film era finalizzato a sottolineare la forza delle reazioni morali di fronte alla disumanità di una tragedia che non risparmiò nessuno.

Esempio



  


  1. sostengo l'esame alla facltà di lettere

    sto cercando il confronto tra romanzi e sceneggiature di moravia. differenza di lingaggi e tempi