Il segreto del monastero - Vandenberg

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano

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Data:17.07.2007
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Testo

Philipp Vandenberg

Questo romanzo racconta di come si è potuti arrivare ala cancellazione di dieci giorni dalla memoria dell’umanità nell’anno 1582, ove al giovedì 4 ottobre successe il venerdì 15 ottobre, poiché al vecchio calendario giuliano successe un nuovo computo cristiano, quello tutt’ora in uso.
Nel 1554 morì Adam Friedrich Hamann, un becchino che aveva due figli ed era vedovo poiché sua moglie era morta di vaiolo. Egli era un individuo molto conosciuto, poiché molto, molto alto e dotato di un fisico massiccio e poiché portava sempre una berretta rossa, dato che era calvo a causa della scabbia avuta da giovane. Hamann morì perché colpito da un ictus. Poco tempo prima, egli scrisse un testamento in cui esprimeva il desiderio di essere sepolto in un feretro nel quale fosse inserito un lungo tubo di ferro così che se fosse stato sepolto in stato di morte apparente, si sarebbero potute sentire le sue grida. Questa sepoltura gli fu concessa, così appena sepolto per due settimane, ogni giorno, i suoi figli Sofia e Giustino, di sedici e quattordici anni, si poterono recare al cimitero accostando l’orecchio al tubo o sussurrando parole segrete, sperando invano. Trascorse le due settimane alla loro casa alla Gru trovarono ad aspettarli Jakob Heinrich Schlüssel, l’Oste di Sand un uomo agiato e stimato, parente di loro madre, il quale comunicò ai ragazzi che egli era il loro tutore e nel pomeriggio si sarebbero dovuti recare da lui, vestiti in modo adeguato.
Preparando i suoi averi Giustino si rese conto di quanto gli sarebbe mancato il padre, infatti lo ammirava moltissimo perché conosceva praticamente ogni cosa e perché pur non avendo frequentato la scuola possedeva una grande cultura e scienza. Il becchino di Monte S. Michele infatti era un assiduo frequentatore della biblioteca ed era divenuto perciò molto colto e ciò che Hamann aveva appreso lo stava insegnando ai suoi figli.
Giustino inoltre stava apprendendo la scuola dello scalpellino Carvacchi, il quale era un vero maestro nel lavoro sull’arenaria e nel restauro, ma anche un uomo fiero e coraggioso.
Arrivati dall’Oste di Sand, fratello e sorella furono accolti in malo modo dal figlio di Schlüssel, Cristoforo, mentre Marta, l’Ostessa, fu molto gentile e gli mostrò la loro camera; furono felici di avere una camera con camino tutta per loro, anche se era in soffitta, dove dormiva la servitù. L’indomani Marta, Cristoforo e Giustino andarono a messa; qui il predicatore Atanasio Semler tenne un discorso particolarmente velenoso riguardo ai peccatori e alle crudeli pene che li avrebbero attesi all’inferno, riferendo la sua predica anche a una statua chiamata “Il Futuro”, raffigurante una donna perfetta e bellissima. Secondo Giustino, che sembrava l’unico non colpito moralmente dall’aspra predica, quella statua somigliava molto a Marta.
Una notte, Giustino vide Marta che, mezza nuda, si fustigava e pregava per estinguere un suo peccato carnale; vedendola egli provava goduria, così da quella notte, tutte le notti, scendeva dalla scala e la osservava sperando continuasse all’infinito. Facendo così però restava turbato di giorno, sembrava avesse sempre la testa fra le nuvole. Intanto il giorno dopo la messa, la statua “Il Futuro” era stata distrutta, senza dubbio a causa del discorso di Semler che la riteneva peccaminosa; questo causò grande ira a Carvacchi che considerava quella statua modello per la ricerca della femminilità, e mentre si infuriava, gli scalpellini raccolsero i pezzi della statua da terra e a Giustino fu detto di seppellirli in una buca accanto alla baracca di legno dove lavorava Carvacchi, così poté tenersi la perfetta mano della statua senza che nessuno lo sapesse.
In quello stesso anno, il 1° maggio Sofia sentendo che Giustino e Cristoforo stavano discutendo vivacemente, li raggiunse e li trovò che si picchiavano come impazziti, ella allora si mise fra i due per separarli ma, sia Giustino che Cristoforo la spinsero via; Cristoforo però la fece sbattere il capo sulle scale così che poi rotolò giù per la ripida scala urlando e infine giacque immobile sul pavimento.
Miracolosamente Sofia l’anno successivo riacquistò l’uso delle gambe, ma la caduta le aveva causato una malattia rarissima: ella continuava a crescere a dismisura, così tutti iniziarono a prenderla in giro. Lei, buona com’era, se ne stava zitta; Giustino però la difendeva, e anche Schlüssel; e ella svolgeva tutti i compiti della casa, senza lamentarsi nemmeno dei servizi più umili e bassi. Poiché Schlüssel disse al predicatore Atanasio Semler, che chiamava Sofia la sposa di Satana, di essere un arruffapopolo per difenderla, il popolo si divise in due campi.
Dato che molti credevano di aver visto il becchino Hamann in carne e ossa, dopo la sua morte, la strana vicenda di Sofia accentuò i malvagi sospetti della gente riguardo al padre, e si chiese l’intervento dell’inquisizione.
Giunse perciò in città il temuto e severo inquisitore (che era insieme accusatore e giudice) Fra Bartolomeo.
Giustino venuto a sapere del suo arrivo si recò al cimitero di Monte S. Michele e vide che la tomba di suo padre era aperta e la bara non c’era più.
Il giorno prima del processo fu eretto un lungo palco e acceso un grosso focolare, a cui tutti stavano lontani, timorosi. Giustino non riusciva a dormire pensando che se avessero giudicato suo padre uno stregone, lui sarebbe stato evitato dalla gente come un lebbroso. Il giorno dopo ci furono i processi: Afra Nocetta decapitata e condannata al rogo; il becchino Hamann, fu processato da morto e quindi nel feretro e bruciato perché il diavolo “uscisse dalle sue ossa”, e una monaca. Giustino, che aveva partecipato al terribile processo, non ebbe il coraggio di veder bruciare suo padre, si sentì bloccato e poi cominciò a ridere, sempre più forte finché alcuni non lo zittirono.
Poi Marta lo strinse forte a sé, riportando Giustino alla realtà; intanto Cristoforo osservandoli era più geloso che mai.
Tornando a casa Marta confessò a Giustino che secondo lei Fra Bartolomeo era nel torto; Giustino sentì così di poter riporre grande fiducia in lei, e il sentimento era reciproco.
La sera Giustino mentre correva triste chissà dove, incontrò Carvacchi, il quale a quell’ora era sempre bevuto e così si fece trascinare al “Boccale”; qui davanti a un bel boccale di birra si poteva dire liberamente ciò che si pensava di qualsiasi argomento, anche sulla religione; Carvacchi affermò che l’uomo è il re di tutte le bestie e che solo lui uccide i suoi simili e lo trova persino giusto!
Poi entrò una bellissima ragazza, la quale si chiamava Friederike, di cui si innamorò; parlò con un uomo incappucciato che disse di conoscere suo padre Adam; quest’uomo si chiamava Odone ed era un frate, gli disse poi Carvacchi. Giustino trangugiò la birra e seguì Friederike che era uscita dalla bettola. Il giorno dopo scoprì che Sofia era sparita così uscì per cercarla, incontrò Friederike sul ponte e parlarono un’po’, lei disse di volerlo come amico e lui ci rimase male perché l’amava; fatto sta che Sofia non fu più trovata, forse si era uccisa, troppo triste per la sua condizione di vita e gli ultimi avvenimenti riguardo al padre.
Giustino si recò da Carvacchi e confesso il suo amore per Friederike, il maestro allora gli fece capire che lei era una specie di “ragazza di popolo” poiché girava il mondo con suo padre su un barcone e per convincerlo gli mostrò delle sculture private:erano tutte di Friederike ed erano tutte simili alla statua di Eva sul portale di Adamo! Giustino capì di lasciar perdere quell’amore impossibile.
La sera della Candelora dell’anno successivo si scoprì che l’Oste di Sand andava a letto con Ludovica, la sua amante, e quella sera Ludovica venne all’osteria e Marta (che sapeva di questa storia) e la donna litigarono furiosamente a parole poiché Schlüssel le teneva divise. Poi Ludovica disse che l’Oste teneva gli orfani Hamann per scopi di lucro e dopo aver mandato via Ludovica, Schlüssel disse a Giustino che la casa accanto alla sua l’avrebbe ereditata lui secondo il testamento di sua madre morta, e che lui, Schlüssel avrebbe tenuto la casa ormai trasformata in locanda e a Giustino avrebbe dato il suo valore in denaro, ovvero settecento fiorini d’oro, cosi avrebbe potuto girare il mondo e studiare l’arte e le scienze, da quando sarebbe diventato maggiorenne, quindi fra poco tempo. Marta rimase offesa da questa confessione, mentre Giustino fu in un certo senso felice che l’Oste gli abbia indicato una strada per il futuro. Nel frattempo Cristoforo avendo saputo di Ludovica e della brutta situazione sentimentale dei genitori, se ne andò a vivere dai gesuiti.
Cosi Marta e Giustino diventarono ancora più intimi a tal punto che, una sera mentre Giustino spiava Marta dalla finestrella, lei usci dalla stanza, nuda, dicendo a Giustino che si accorgeva dei suoi appostamenti notturni e che l’amava, lo trascinò nel letto e fecero l’amore. Lui diciotto, lei trentaquattro anni si amavano alla follia.
Giustino teneva un diario e da quel giorno oltre che ai fatti degni di memoria vi scrisse anche i suoi pensieri, progetti e sogni.
Giustino dopo ormai molto tempo, si recò a Monte S. Michele ed entrò nel monastero guidato da frate Odone; egli si mostrò saggio e pur essendo un monaco aveva idee abbastanza rivoluzionarie sulla cristianità. Infatti non credeva nella Chiesa, ma sosteneva bisognasse amare Dio.
Odone gli spiegò il significato dei fiori, facendo capire a Giustino che molte cose erano a lui sconosciute e infondendo in lui una sete di cultura. Cosi chiesero a frate Andrea se avrebbe potuto visitare la biblioteca e poiché era il figlio di Adam glielo permise volentieri. Giustino dopo essere entrato comprese perché suo padre spesso vi trascorreva notti intere. Così inizio, con il permesso dei frati, a frequentare sempre più spesso la biblioteca, che possedeva migliaia di libri e tramite un meccanismo segreto, una libreria girava di 180 gradi e comparivano libri che la chiesa vietava.
Cosi Giustino lavorava e studiava, soddisfatto della sua vita addolcita da Marta, ma un giorno vennero in città i flagellanti (chiamati anche i penitenti della croce) e portarono la peste. Giustino seppe della peste da frate Andrea, così fu costretto a passare molto tempo nel monastero, e inizio a vivere come i monaci, pregando dal mattino alla sera, ma poi decise che al posto di pregare avrebbe studiato e passava il giorno in biblioteca.
Anche se considerato sicurissimo rifugio, anche nel monastero ci fu una vittima, da allora i frati iniziarono ad avere tendenze omosessuali pensando fosse che avrebbero potuto morire presto, anziché pregare si davano alle gioie e al peccato.vedendo il comportamento dei monaci, Giustino volle scoprirne il motivo e cerco risposta nei libri degli scaffali segreti.
Lesse libri di alchimia, geometria…. Finché si imbatté in vari scritti eretici e venne affascinato dall’astronomia; egli penso che quei libri banditi dall’Inquisizione costituivano il coronamento della mente umana per un frequentatore della filosofia e della geometria come lui. Dopo 27 giorni chiuso in biblioteca, entrò frate Ermanno, così ebbe occasione di parlare con qualcuno, dato che per paura di contagio o chissà ché tutti li nel monastero si evitavano; egli disse che Odone non si sapeva dov’era, fosse scappato, e si complimentò con Giustino dicendogli che era una mente sveglia.Parlando con frate Ermanno scopre che egli è molto saggio e che i libri sono ordinati seguendo un certo criterio e disposti nelle ARCAE. Così Giustino si ricordò del messaggio lasciatogli dal padre su uno sgabello:”FILUS MEUS J. * TERTIA ARCA” forse per ARCA intendeva lo scaffale della biblioteca !
All’improvviso si sentirono suonare a festa le campane, la peste era finita!
Giustino corse all’osteria e trovò Schlüssel e poi anche Marta, che non vedeva l’ora di vedere, ma ella disse che avevano sbagliato in passato e dovevano far penitenza; così a Giustino si spezzò il cuore, ma se Marta aveva deciso così, non avrebbe comunque potuto farle cambiare idea. Allora, per superare il dolore decise di trasferirsi affittando una casa qualche via accanto all’Osteria, dove la vedova Averswald si prendeva volentieri cura di lui con amore materno.
Nei mesi seguenti si senti molto triste. Ora era maggiorenne ed era portavoce della corporazione degli scalpellini; fatto sta che poiché scioperarono perché volevano impalcature nuove su cui lavorare, fu chiamato a palazzo dal vescovo principe, lo affrontò e uscito dal cancello fu assalito da un gruppo di scalmanati contadini che si stavano rivoltando al vecchio principe a causa della decima che erano costretti a dare. Il loro capo Ludwig, si scusò con Giustino dicendo che l’avevano scambiato per un seguace del vescovo e gli fasciò le ferite. La sera Giustino andò al “Boccale” dove incontrò frate Odone e felice di rivederlo gli raccontò del vescovo principe che l’aveva chiamato e interrogato. Poi incontrò Carvacchi al quale, poiché diceva di esser seguito dalla Santa Inquisizione, diede in prestito cento fiorini. Carvacchi partì per Firenze. Pochi giorni dopo, una sera vide durante un temporale una ragazza in un barcone: Friederike. Ella era triste perché suo padre era morto e un uomo l’aveva da allora accompagnata nei viaggi, però era un ubriacone e la picchiava. Giustino voleva difenderla, ma lei gli disse che quell’uomo era suo marito e Giustino doveva andare via perché se l’avesse visto ora l’avrebbe picchiata. Friederike pregò poi Giustino di tornare a trovarla. Rincominciò a frequentare la biblioteca di sera per studiare e provare a scoprire perché –in primis- suo padre gli avesse lasciato un messaggio misterioso e –secundo- il significato del messaggio. Così dopo varie ricerche e ragionamenti decise di studiarsi tutto il terzo scaffale. La domenica decise di andare a messa, dove non andava da quando suo padre fu mandato al rogo. Qui vide Marta e le si avvicinò durante la funzione. Successivamente i due si videro nel cantiere dietro la chiesa e Marta gli raccontò che lo stalliere Ortlieb sapeva dei loro rapporti; allora Giustino comprò con venti fiorini d’oro il suo silenzio. Intanto Magdalene, una ragazza che aveva conosciuto tempo fa, alla quale il padre aveva vietato di rivedere Giustino, venne ad abitare dalla vedova Averswald. Magdalene disse a Giustino che lo amava, ma lui non ricambiò il sentimento seppur fosse in parte attratto da lei. Poco tempo dopo, un uomo in nero gli lasciò detto di recarsi al cimitero dietro la chiesa, qui vi andò per curiosità, anche se con paura, e vide una tomba nuova in arenaria, un uomo spuntò dal nulla e disse che era quella di suo padre Adam, egli era il vescovo principe ed in cambio della tomba diede a Giustino trenta giorni di tempo per trovare il centunesimo libro “La stella incombente” sopravissuto agli altri, tutti bruciati, e di portarglielo.. il vescovo sapeva dell’adulterio di Marta. Giustino accettò e pensò che quel libro poteva essere quello che gli era stato indicato da suo padre nell’indizio che gli aveva lasciato; pensò anche che ormai il segreto di lui e Marta era svelato e per sfuggire all’Inqusizione avrebbe potuto solo che darsi alla fuga. Tornato in biblioteca incontrò Odone, il quale gli disse in segreto che sarebbe dovuto partire per uno scambio di reliquie; poi Odone, vedendo che Giustino cercava negli scaffali alti della terza arca, gli chiese cosa stesse cercando e Giustino rispose “De astro minante” un libro di Copernico. Odone sbiancò. Disse che quel libricino era talmente esplosivo che la Santa Inquisizione ne negava l’esistenza. Narra del fatto che i pianeti hanno orbite non costituite da cerchi perfetti e profetizza che l’8 ottobre 1582, la stella incombente devierà violentemente la Terra dalla sua orbita e la scaglierà contro il Sole, affermando così che il Giudizio Universale non avrà luogo. Disse anche che probabilmente quel libro a causato la morte di suo padre Adam; infatti egli morì pochi giorni dopo essersi recato da fra Bartolomeo, al quale avrebbe quindi raccontato delle sue credenze eretiche e fra Bartolomeo l’avrebbe avvelenato con un bicchiere di vino.
Ma quando Giustino affermò che allora Copernico era un eretico, Odone disse che non lo era poiché è dimostrato che la sua opera contiene degli errori.
Allora Giustino chiese perché non avessero consegnato al vescovo principe quel libro e avessero risolto i loro timori; Odone rispose che era grazie a quel libro se potevano restare in quel monastero, poiché se li avessero scacciati, il vescovo principe avrebbe avuto paura che diffondessimo la maledizione di Copernico. Saputo ciò, ora Giustino si chiedeva come spiegare a Odone che da quel libro dipendeva la sua vita, che l’avesse consegnato o no, al vescovo principe. Odone disse anche che nello scrptorium erano state copiate le pagine del libro e nascoste in luoghi diversi; poi egli rimise apposto il libro, e poiché Giustino chiedeva insistentemente di averlo, dovette raccontare il ricatto del vescovo principe. Cosi Odone propose a Giustino di partire con lui e quest’ultimo al pensiero di andare in Italia si rallegro e accettò. Giustino per non destare sospetti, durante il viaggio avrebbe indossato il saio da novizio. L’indomani preparò il necessario, ritirò i soldi che aveva da parte e passò da Marta; voleva chiederle di partire insieme a lui. Ella accettò volentieri, sia perché non sopportava più il marito, sia perché amava Giuntino, che perché era minacciata dall’Inquisizione. Così partirono due giorni dopo; al sorgere del sole, viaggiando sui carri postali trainati da cavalli, detti Taxis, Giustino il giorno prima aveva ben nascosto il libro di Copernico dietro a un sasso nel giardino, Marta, molto determinata, era partita prima di loro, travestita da monaca; la raggiungeranno infatti a Norimberga. Incontratisi, i tre proseguirono il viaggio insieme; inizialmente Odone non sapeva che la “Sorella Marta” e Giustino si conoscevano, ma poi Marta raccontò la verità al frate e Giustino si vergognò di non averglielo detto prima, per paura che il suo caro amico non gli avrebbe permesso di attuare il loro piano di fuga. Fatto sta che proseguirono il viaggio a Ratisbona, poi verso Salisburgo. Grazie al testamento con sigillo che abate Lucio aveva dato a Odone i due frati pernottarono nei monasteri benedettini e poterono tranquillamente valicare tutti i confini. Marta pernottava invece in quelli dell’ordine delle clarisse.
Dopo aver pernottato a Landshut, partirono per Salisburgo, ma durante il viaggio si ruppe un assale del carro così sostarono per un giorno a Burghausen. Qui Giustino incontrò la sorella Sofia; ella era stata accolta da dei giocolieri, dove non era ritenuta anormale per come era, ma veniva trattata con rispetto e amore, e dopo aver scambiato qualche parola con il fratello gli disse addio. Il giorno dopo i giocolieri erano partiti dalla piazza e Giustino ne fu rattristato; raggiunse il trasporto Taxis e in mezzo dì arrivarono a Salisburgo.
Erano in viaggio da due settimane quando raggiunsero la repubblica di Venezia, dove i due innamorati poterono togliere il travestimento con gioia. Non si fermarono a Venezia, anche se a Giustino sarebbe piaciuto tanto; proseguirono invece per Padova, dove dopo mesi, Giustino e Marta poterono dar sfogo al loro amore. Il giorno dopo proseguirono per Firenze, dove sperarono di trovare Carvacchi, ma dopo aver parlato con un segretario della Signoria scoprirono che a causa della sua testa calda aveva litigato con il suo datore di lavoro Bartolomeo Ammannati ed era partito da Firenze. Per scoprire dov’era andato Carvacchi, Marta e Giustino parlarono con Ammannati il quale disse loro che si era recato a Roma e che l’avrebbero trovato nel cantiere di S.Pietro; parlando mostrò loro il Davide di Michelangelo e Giustino rimase a bocca aperta nel vederlo.
Tre giorni dopo raggiunsero Roma. La vista della città fu una delusione perché era mal tenuta e dopo il sacco di Roma da parte dei Galli, molte opere d’arte erano state rovinate, salvo il Colosseo. Qui, Odone si recò al monastero benedettino, sull’Aventino, per recuperare il mignolo di San Benedetto Da Norcia, mentre Marta e Giustino furono accolti dal professor Lorenzo Albani,sul Granicolo, che ormai conoscevano bene poiché stato loro compagno di viaggio ed era divenuto loro amico.
Nella loro stanza, dietro a un vaso Giustino nascose il libro di Copernico e raccontò la storia del manoscritto a Marta.
Il giorno seguente trovarono Carvacchi al lavoro sul duomo e felici si riabbracciarono; Giustino raccontò il motivo del loro trasferimento e fece per dire che Marta era la sua amata, ma Carvacchi lo interruppe dicendo che li aveva visti dal campanile e sapeva già del loro amore perciò non avrebbero dovuto dargli spiegazioni. Guardando sul tetto Giustino vide un vecchio dai radi capelli e con la barba bianca, che osservava il proseguimento dei lavori sotto la piccola cupola laterale di sud; Carvacchi gli disse dopo un giro di parole che era Michelangelo Buonarroti e Giustino rimase impietrito a bocca aperta, come un bambino emozionato.
Da quel momento Giustino avrebbe lavorato in quel cantiere, di nuovo accanto al suo maestro, che era diventato il beniamino di Michelangelo.
Carvacchi invitò loro a un banchetto per festeggiare, il giorno stesso e gli disse di portare anche Albani, così non si sarebbero persi in quella città ancora sconosciuta ai loto occhi.
Giunsero alla villa dei Riari, e conobbero la moglie di Carvacchi, Tullia, la quale assomigliava moltissimo a Friederike, e molte persone importanti: Lorenzo Carafa, il cardinale di Cana, il medico e anatomista Marco Melzi e Paolo Soncino, matematico e disegnatore del cantiere di S. Pietro.
Giustino rimase colpito dal cambiamento di carattere del maestro, che sembrava un uomo sedentario, perbene e borghese. Allora gli domandò il perché e Carvacchi rispose che lui e Tullia aspettavano un bimbo, ciò lo rendeva felicissimo.
Qualcuno prese bene la notizia, altri invece si rattristarono pensando che il piccolo sarebbe vissuto in un periodo non troppo bello, pieno di guerre e ostilità religiose.
Poi confrontarono i loro pensieri discutendo sul fatto della possibilità e delle varie tesi riguardo la fine del mondo e il Giudizio Universale, e, per Marta e Giustino, fu una sorpresa sapere che il gesuita Cristoforo Clavio (Clavio = chiave, in tedesco, Shlüssel) ovvero il figlio di Marta, era in quella stessa città e stava calcolando il calendario cristiano. Conclusero poi con un brindisi affinché la fine del mondo non arrivi mai.
I lavori di S. Pietro proseguirono nonostante il freddo dell’autunno; Giustino divenne braccio destro di Carvacchi, il quale gli aveva restituito la somma del prestito con i giusti interessi, e sovrintendente degli scalpellini di S. Pietro.
Giustino e Marta avevano affittato una casa precedentemente appartenuta a una cortigiana e vivevano come si addicesse a una coppia.
Giustino grazie a Carvacchi e al cardinale Lorenzo riuscì a metter piede nella Cappella Sistina, dove poté ammirare l’affresco del Giudizio Universale di Michelangelo, che ormai per lui era un idolo; notò tra i volti degli angeli annunciatori due libri aperti: uno era la Sacra Scrittura, l’altro, osservando la stella su di esso, nientemeno che il libro esplosivo di Copernico! Da allora Giustino si domandò cosa sapesse il Maestro su codesto libro e avrebbe voluto potergli parlare, ma in quel periodo egli era ammalato e debole e sveniva in continuazione. Comunque, successe che Giustino mentre gli altri due erano usciti, rimase impalato ad ammirare l’opera e poiché era stato visto da una guardia pontificia fu portato dal Monsignore, ma Carvacchi, il quale era stato chiamato, lo tolse da quell’impiccio. Quella sera Giustino vide anche il papa, raccolto in preghiera e sperando di poter vedere presto la sua basilica finita.
Poco tempo dopo Giustino capì di dover cercare un nascondiglio più sicuro per il libro, così con una scusa si fece guidare da Diomede Leoni, allievo del grande Michelangelo, all’archivio segreto vaticano e lo nascose là, perché, dove un libro può essere al sicuro che sotto altri libri?
Marta, all’oscuro degli stratagemmi di Giustino, nel frattempo era diventata molto amica di Tullia, e con questa un pomeriggio si recò dal figlio Cristoforo col quale ebbe una violenta conversazione: lui la scacciava dicendo di non chiamarlo figlio, lei di rimando disse che amava Giustino e che suo padre si era comportato altrettanto male. Giustino non seppe mai di questo incontro.
Quando Giustino scoprì che l’affresco di Michelangelo era stato dipinto in otto anni, concluso un anno dopo la pubblicazione di De astro minante, si decise a recarsi dal Maestro ma quando raggiunse la sua abitazione fu troppo tardi: Michelangelo era da poco passato a miglior vita. Fu sepolto, per la rabbia di molti, a Firenze, sua città natale.
La sera però, di ritorno a casa trovò una bella sorpresa, Odone, di ritorno da Montecassino, era passato a trovare i suoi due amici.
Quella sera Giustino, in assenza di Marta, raccontò al benedettino il desiderio che l’inquisizione revochi la condanna di eresia contro suo padre, e del fatto che avrebbe potuto realizzarlo minacciando di diffondere lo scritto; rivelò così il secondo e ultimo segreto che con amarezza ebbe dovuto nascondere all’amico per poter ottenere ciò che voleva, ovvero che era in possesso del libricino.
Odone a quelle parole non seppe cosa dire; rimase profondamente ferito e se ne andò per il monastero vicino. Il mattino seguente Giustino andò al monastero in cerca dell’amico, per riappacificarsi e scusarsi con lui, ma lo attese una terribile novità: Odone era stato assassinato. Dopo aver parlato con i monaci, i quali si tennero la reliquia che il frate portava con sé, questi gli diedero l’astrolabio che era stato trovato accanto a Odone.
Piangendo, Giustino si recò da Albani per dargli la notizia e chiedere consiglio; scoprì così che altri tre, i quali erano amici di Copernico e quindi a conoscenza dei suoi scritti, erano stati uccisi a quel modo e che gli assassini erano probabilmente dei domenicani.
Un giorno poi Giustino trovò la moglie in lacrime e la casa a soqquadro, e solo allora decise di parlare del libro e del suo contenuto a Marta, e dell’uso che voleva farne; però non le disse dove l’aveva nascosto.
Presto Giustino fece visita a fra Michele, il grande inquisitore, minacciando che avrebbe pubblicato il libro di Copernico, di cui dimostrò di esserne in possesso, se entro un anno non avrebbe cancellato la condanna di eretico riferita a suo padre Adam Friedrich Hamann. Poi com’era venuto se ne andò; solo che era felice come una Pasqua dopo quell’incontro.
Pochi giorni dopo, mentre Giustino stava nella baracca di lavoro a osservare ammaliato i disegni di Michelangelo, sentì la porta aprirsi e quando si voltò riconobbe Cristoforo. Poiché questo era venuto a dirgli che doveva andarsene da Roma, dato che il suo nome stava nella lista della secunda potestas e lo accusò di aver tradito sua madre, Giustino con una ginocchiata e due pugni gli fece tener bene a mente di non farsi più vivo.
A Marta non disse nulla dell’accaduto.
Papa Pio IV morì e gli successe fra Michele Ghisleri, che si fece chiamare Pio V. Egli cambiò molte leggi, ma sprezzante dei cambiamenti, Carafa diede una festa a cui invitò Giustino, raccomandandogli di portare Marta, sulla quale Lorenzo aveva messo gli occhi. I due si recarono alla festa e dopo uno sfarzoso e coreografico banchetto, a cui parteciparono molte persone importanti, Giustino ne approfittò, dato che ormai erano passati sei mesi e non aveva avuto ciò che voleva dall’inquisizione, per annunciare della vicina fine del mondo, da quanto detto da Copernico; fu allora che la festa diventò sfrenata: tutti si ubriacarono e si comportarono come se fosse stato il loro ultimo giorno di vita. Il cardinale Lorenzo riuscì anche a far sesso con Marta, la quale era sotto l’effetto del vino, e quando capì cos’era successo scappò e Giustino non riuscì a trovarla per giorni. egli per trovarla si era addirittura recato da una veggente, senza ottenere una risposta precisa, purtroppo.
Il giorno dopo la festa si era già diffusa la voce e la gente, a parte i pochi che per motivi religiosi o perché non credevano alla scienza di Copernico, impazzì e la città si riempì di nullafacenti che rubavano e pensavano solo che a divertirsi e mangiare.
Allora il papa indusse un concistoro segreto, che per essere ancora più segreto fu indetto nella Cappella Sistina, a cui parteciparono cardinali, monsignori, consiglieri spirituali della Curia, uditori, referendari, professori e religiosi sulla cui discrezione Pio V poteva contare. Durò cinque ore durante le quali si parlarono di vari problemi ecclesiastici, ci furono delle liti, dibattiti e riguardo alla presunta fine del mondo il papa decise, su consiglio di un magistrato, che per risolvere il problema, si sarebbe dovuto cancellare il giorno in cui la stella si sarebbe abbattuta sulla terra, ovvero l’8 ottobre 1582, anzi la settimana intera. Così ad Albani e Chiave, i responsabili della riforma del calendario pagano, fu assegnato tale compito.
Inoltre Pio V riammise le leggi che aveva cancellato per poter di nuovo riscuotere molti più soldi dal popolo e continuare con la costruzione della basilica di S. Pietro.
Passate tre settimane da quando Marta era scomparsa, cominciò a girare la voce che la fina del mondo non sarebbe arrivata, perché era stata prevista per un giorno che non esisteva. Avvenne cosche ladrocini e uccisioni, alterigia e immortalità smisero da soli. Giustino a parte uno stupore iniziale non fu interessato dal mondo esterno, dato che ora i suoi pensieri ricadevano sull’amata dispersa. Ben presto la baracca dove lavorava rappresentò per lui una seconda casa, poiché nell’altra non entrava con piacere, dato che tutto là gli ricordava Marta.
Non trovando più Marta, al culmine dello sconforto, Giustino decise di andare dal suo nemico mortale Cristoforo Clavio. Lui non sapeva nulla di dove fosse la madre, poi gli disse che poiché il suo piano contro l’inquisizione era fallito, non si sarebbe dispiaciuto se fosse mandato al rogo come suo padre. Giustino non si trattenne e prese Clavio ala gola, cadde una candela che era appoggiata sul tavolo e la casa prese fuoco mentre i due uscivano da lì.
Quella notte Giustino dormì bene come non faceva da tempo, al mattino fu svegliato da Carvacchi che, felicissimo gli annunciò che era nato il suo primogenito. Giustino gli avrebbe fatto da padrino.
Sul mezzogiorno fu chiamato in Vaticano dove incontrò il cardinale segretario di stato Claudio Gambara. Egli gli propose di avere un incarico ecclesiastico in cambio del suo silenzio e del suo aiuto affinché si finisse in fretta il calendario, che era andato in fiamme durante l’incendio. Giustino immaginandosi in vesti di porpora si piegò in due dalle risate e fu sbattuto fuori.
Poco dopo raggiunse sul terrazzo della cupola Carvacchi, che stava festeggiando il suo essere papà con troppo vino, ma dato che Giustino contrariamente al maestro si sentiva tristissimo, scese alla baracca. Un attimo dopo, a causa dell’ubriacatura, Carvacchi cadde dal tetto, e morì.
Quando Giustino portò a Tullia la notizia ella non se ne disperò moltissimo, perché pensò che se era successo, era perché doveva essere così.
A sentire le parole di Tullia anche Giustino iniziò ad accettare il fatto di non avere più Marta accanto a sé. Una mattinata vide dei giocolieri e si avvicinò incuriosito e sperando di vedere Sofia; vide invece una ragazza che indossava il vestito di Marta così chiese dove l’avesse preso e il padre di lei gli raccontò di averlo trovato sulla sponda del Tevere, con sopra una mano di pietra, che restituì al proprietario. Era la mano del “Futuro”. Marta si era tolta la vita.
Giustino abbandonò i lavori al cantiere di S. Pietro e tornò in Germania con Tullia e il bambino, con i quali avrebbe iniziato una nuova vita. Passando sul Tevere da Ponte Milvio, Giustino fermò la carrozza carica della loro roba e buttò il libro di Copernico, che gli aveva stravolto la vita, nell’acqua, dove sarebbe sparito per sempre.

È superfluo dire che il mondo non è finito nel giorno che era stato previsto.
Fu perché durante il pontificato di Gregorio XIII, succeduto a Pio V, quel giorno fatale fu cancellato dal calendario, oppure perché Copernico sbagliò i suoi calcoli? Nessuno saprà mai dirlo. Infatti, dopo la scomparsa dell’ultima copia del libro, tutti i numeri e i calcoli caddero in dimenticanza. Comunque gli eventi dell’anno 1582- o meglio, ciò che fra il 4 e il 15 ottobre non poté avvenire, poiché secondo il nuovo calendario quei giorni non sono mai esistiti- alcuni li considerano un miracolo e una dimostrazione della loro fede, altri invece li interpretano come la prova sempre ricorrente che la scienza e il progresso sono state in qualche modo una rovina per l’umanità.

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