Concezione dell'essere e della verità nella filosofia greca e cristiana

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Testo

SAGGIO BREVE
L’intera storia del pensiero occidentale ebbe inizio quando, a causa della svalutazione dei miti, i primi filosofi bisognosi di risposte iniziarono a cercare, attraverso la cosmologia, un principio primo detto archè: ci fu, ad esempio, chi ritenne che tutte le cose venissero dall’acqua, chi dall’apeiron, chi dall’aria e chi, come Parmenide, studiò l’Essere come principio primo di tutte le cose.
Egli, con l’affermazione “Dal nulla,nulla” , intese sottolineare (per il principio di non contraddizione) che “il Non Essere non è e non può essere mentre l’Essere è e non può non essere”: identificò così il Nulla con il Non Essere.
Naturalmente il concetto sopra citato può essere colto solo dalla ragione in quanto i sensi presentano l’Essere come molteplicità e divenire e non possono condurre l’uomo alla conoscenza dell’Essere.
Per la ragione, invece, seguendo la via indicata dalla Dea onnisciente della Verità descritta da Parmenide, la molteplicità è apparente: oltre che uno, l’Essere è immutabile, ingenerato, eterno e necessario (“l’Essere non può non essere”).
Ma la concezione portata alla luce da Parmenide non è approvata e condivisa da tutti i filosofi, tanto che già con Democrito, primo fisico pluralista che elabora una sintesi tra il divenire eracliteo e l’eleatismo, l’Essere che i parmenidei avevano teorizzato essere Uno e Semplice, si scompose nella molteplicità di un numero infinito di atomi che dell’Essere conservavano soltanto l’indivisibilità.
La concezione ontologica, nel corso dei secoli, si è dunque modificata a seconda del pensiero e della conoscenza dei vari filosofi che hanno trattato e studiato il problema criticandosi molto spesso l’uno con l’altro: c’era infatti chi attribuiva maggior valore ad un principio assoluto e chi alle cose empiriche, basate sull’esperienza.
Emerge una grande differenza, ad esempio, tra Platone ed Aristotele in quanto per l’uno esistevano di più gli universali (le idee) che gli individui, mentre per l’altro esistevano più gli enti empirici rispetto a quelli astratti: Aristotele affermò infatti che l’Essere si trova nel mondo reale, che ha una sua esistenza al contrario di Platone che sosteneva la presenza dell’Essere solo nel piano ideale, l’iperuranio, e che concepiva il mondo reale come una copia di quello delle idee.
Aristotele, discepolo di Platone, criticò così la teoria delle idee del maestro in quanto osservò che se nell’iperuranio esistesse realmente un’idea per tutti gli aspetti della realtà, quest’ultimo dovrebbe essere stracolmo di idee e concetti causando, con il tempo, una crescita infinita delle idee.
Il pensiero di Platone si può inoltre collocare in opposizione alla scuola eleatica perché, oltre a considerare l’idea di Essere come un’idea fra le tante e attribuirle lo stesso valore delle altre idee contenute nell’iperuranio (a parte l’idea
Sara Scalabrin
Classe IV E

suprema del Bene), aveva assegnato alle idee tratti di Essere parmenideo conciliati con il divenire di Eraclito (mentre per Parmenide l’Essere ha proprietà assolute ed è unico).
In polemica con Parmenide fu anche Aristotele che definì la filosofia prima come “scienza dell’Essere in quanto essere”:
mentre quindi l’eleatismo sosteneva l’univocità e l’unicità dell’Essere (“l’Essere è uno”), Aristotele attribuì al principio fondamentale molteplici significati, anche se quello principale è dato da quello di sostanza.
Essa è infatti la prima dei dieci modi in cui l’Essere si predica alle cose (le categorie), non ha bisogno di altro per sussistere, è Essere in atto, sinolo di materia e forma.
Delle due componenti però la forma è prioritaria, è essenza propria delle cose mentre la materia rappresenta ciò di cui sono fatte le cose.
Aristotele non fù il primo filosofo che parlò di materia e forma, giacchè Platone aveva per primo sollevato il problema legato alla forma, come causa delle cose materiali.
Anche se fu poi Aristotele che svolse in modo più ampio la teoria del sinolo di materia e forma, nel Timeo Platone riconduce l’universo ai due principi di idee e cose: il Demiurgo (che è causa efficiente) ama le idee tanto da volerle trasmettere all’universo, comunica la vita alle cose plasmando la materia e guardando l’iperuranio.
Nell’epoca cristiana si sviluppò la filosofia cristiana che viene generalmente divisa in due diverse scuole di pensiero: la patristica, il cui principale esponente è S. Agostino, e la scolatica, il cui principale esponente è Tommaso D’Aquino.
Anche nell’ “ente e l’essenza” di S. Tommaso, la cui teologia ha come fondamento la dottrina aristotelica, viene ripreso l’argomento incentrato sulla forma e sulla materia: nella metafisica tomista infatti l’essenza (uno dei due elementi che compone l’ente) delle sostanze composte non si identifica solo con la forma, ma con il sinolo di materia e forma.
Riporta infatti Tommaso nel secondo capitolo dell’“ente e l’essenza”: “Nelle sostanze composte la forma e la materia sono note, come nell’uomo l’anima e il corpo. Ma non si può affermere che solo uno dei due venga detto l’essenza.[… ] Neanche la sola forma della sostanza composta si può dire essenza. […] risulta dunque evidente che l’essenza comprende materia e forma.”
Per Tommaso gli enti inoltre non possiedono un proprio fondamento ontologico ma richiedono l’esistenza di un principio primo, Dio.
Prossimo al problema ontologico è quello gnoseologico, legato alla conoscenza e ampliamente sviluppato con l’avvento della filosofia cristiana.
Secondo San Tommaso ogni conoscenza ha inizio dai sensi, attraverso i quali si può giungere ad una conoscenza superiore: come in Aristotele tutto si basa sull’intelletto che può essere attivo o passivo.
La filosofia tomista ammette che l’universale esiste, prima di tutto in Dio, poi nelle cose particolari e infine nella mente umana: questo è però possibile solo tenendo fermo il concetto che “Dio è in tutte le cose”.

Sant’ Agostino,criticando gli scettici, si appoggia al Platonismo e al Neoplatonismo e basa le sue ricerche soprattutto su Dio, Verità perfetta e immutabile dove hanno sede modelli esterni detti idee: nella sua filosofia si fondono fede e ragione.
Questo concetto è racchiuso dalle celebri affermazioni “crede ut intelligas” (credi per capire) e “intellige ut credas” (capisci per credere): Agostino credeva dunque che per trovare la Verità fosse necessario credere, possedere la fede al fine di esercitare l’intelletto.
In San Tommaso la fede viene vista come norma della ragione anche se quest’ultima è utile alla fede in quanto dimostra i preamboli della fede, combatte le argomentazioni contrarie e chiarisce i misteri della rivelazione.
Nel pensiero Agostiniano Dio è considerato come fonte di verità e felicità, Egli è l’Essere, E’ Intelletto e Amore.
Mentre per la filosofia agostiniana Dio ha creato tutto dal nulla sul modello delle idee che ha in se, per Platone il Demiurgo non possiede le idee, egli non crea ma comunica l’esistenza alle cose guardando le idee che però non sono in lui ma si trovano nell’iperuranio.

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