Religione etrusca

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Testo

RELIGIONE ETRUSCA
L’esempio sicuramente più famoso inerente la religione etrusca è il cosiddetto “Fegato di Piacenza”.
La volta celeste era suddivisa in diverse sezioni, corrispondenti ad altrettante “case” di divinità. Le grandi divinità superiori, tendenzialmente favorevoli, erano localizzate nelle regioni orientali del cielo; le divinità della terra e della natura si collocavano nelle zone meridionali; i temibili dèi infernali e del fato dimoravano invece nei settori occidentali, considerati i più nefasti. Perciò, a seconda della posizione celeste in cui si manifestavano i fenomeni (fulmini o volo di uccelli), era possibile dedurre il carattere del messaggio (buono o cattivo augurio). L'ordine cosmico dei settori di influenza della volontà divina si rifletteva anche nelle viscere degli animali sacrificati: secondo il punto in cui comparivano eventuali anomalie si potevano trarre presagi favorevoli o funesti. E’ interessante notare come il modello bronzeo di fegato di pecora presenti una superficie interamente divisa in "caselle" occupate da nomi di divinità etrusche: tale schema è sovrapponibile all'ordine etrusco delle "case" celesti degli dèi.
Carattere specifico della religione fu infatti l’estrema importanza attribuita al rituale. Per gli Etruschi il mondo soprannaturale era in larga parte misterioso. Da ciò derivò l’ansia di decifrare e comprendere i segnali divini che portò al grande sviluppo di alcune tecniche divinatorie, in particolare l’aruspicina, che consentiva di interpretare la volontà divina attraverso l’osservazione delle viscere degli animali sacrificati.
Un “aruspice”
Questo bronzetto votivo individua nella figura dell’offerente un aruspice, coperto da un mantello fermato al centro da una fibbia e con il caratteristico copricapo a punta. L’aruspice era un sacerdote divinatore, ossia capace di predire il futuro esaminando le viscere degli animali, presente sia nella cultura etrusca sia nella cultura romana.
Il compito di interpretare i segnali esplicitanti la volontà degli dei e di suggerire le modalità per allontanare eventuali pericoli spettava agli auguri ed agli aruspici, sacerdoti esperti nell’arte della divinazione. Auguri ed aruspici erano membri di due collegi sacerdotali particolarmente importanti anche sul piano politico: essi erano infatti in grado, con i loro responsi, di condizionare pesantemente la vita politica e sociale dell’intera comunità. Gli auguri erano specializzati nello scoprire la volontà divina esaminando il volo degli uccelli; gli aruspici erano invece qualificati nell’interpretare il volere delle divinità attraverso l’esame del fegato degli animali o l’osservazione delle forme e della frequenza delle folgori.
Per comprendere l’importanza della loro opera è necessario considerare la rilevanza di culti e tecniche divinatorie all’interno della società. La religione ricoprì infatti un ruolo di grande importanza nell’arte etrusca e si espresse soprattutto attraverso due pratiche particolarmente diffuse presso le popolazioni antiche: il culto degli avi e la divinazione. Il culto degli avi consiste nella venerazione di parenti deceduti che si crede siano diventati potenti spiriti o divinità. Si fonda sulla convinzione che gli antenati siano membri attivi della società, ancora interessati alle vicende dei loro parenti in vita. Si crede che gli antenati dispongano del potere di influenzare il corso degli eventi, di controllare il benessere dei discendenti e di proteggere la famiglia. Sono inoltre considerati intermediari tra il dio ed i vivi, con i quali possono comunicare tramite sogni e possessione. Nei loro confronti si attuava pertanto un comportamento misto tra timore e rispetto, in quanto, se trascurato, l'antenato poteva provocare malattie o infortuni. Il culto degli antenati è un chiaro indicatore dell'importanza attribuita alla stirpe. Le credenze e le pratiche legate a questo culto miravano a rafforzare i vincoli familiari, a perpetuare la struttura politica tradizionale ed ad incoraggiare il rispetto per gli anziani. La divinazione costituisce invece una pratica fondata sulla capacità di intuire o conoscere circa eventi passati, presenti e futuri attraverso il contatto, diretto o indiretto, dell'uomo con il sovrannaturale. Strumento della divinazione è un medium. Presso alcune popolazioni antiche tale metodo era posseduto dall'oracolo. Nella divinazione diretta, il medium praticava l'oniromanzia (divinazione attraverso i sogni) e la negromanzia (l'arte di evocare rivelazioni delle anime dei morti). Nella divinazione indiretta, il medium interpretava invece il comportamento di animali e fenomeni naturali, considerati possibili messaggeri del mondo sovrannaturale. Tuttavia è necessario considerare la religione etrusca come elemento caratterizzante una civiltà evoluta sotto molti altri aspetti, sviluppatisi nel corso della storia.
Verso la fine del II millennio a.C., alcune aree in cui si era diffusa la cultura appenninica, diffusa dall’Emilia all’attuale Calabria, mostrarono cambiamenti significativi. In tale contesto nacque una nuova cultura che gli studiosi classificano con il termine “villanoviana”, dalla località di Villanova dove fu scoperto il primo centro ad essa riconducibile. Tipiche di questa cultura sono le urne biconiche, testimonianti il passaggio dall’usanza dell’inumazione (sepoltura sotterranea) alla pratica dell’incinerazione o cremazione dei defunti.
La cultura villanoviana è considerata lo stadio preparatorio della prima grande civiltà italica: gli Etruschi. Popolazione dell'Italia antica, fiorì nell'area corrispondente all'odierna Toscana ed in alcune regioni del Nord e del Sud della penisola tra il IX ed il IV secolo a.C., raggiungendo la sua massima espansione tra il VII e il V secolo a.C. Il termine “Etruria” costituisce la versione latina del nome greco Tirreni o Tirseni; i Romani chiamavano questa popolazione Etrusci o Tusci, nome dal quale deriva quello dell'attuale Toscana.
Civiltà etrusca
Le origini del popolo etrusco sono ancora oggi oggetto di discussione. La loro civiltà iniziò a fiorire nel IX secolo a.C., nell'area occupata dalle attuali regioni della Toscana e del Lazio settentrionale. Dopo un periodo di espansione, nel V secolo a.C., iniziò il periodo di declino della civiltà etrusca. Tale decadenza culminò nel periodo compreso tra il 396 a.C. ed il 283 a.C., quando i loro territori vennero progressivamente occupati dai Romani.
E’ importante considerare la questione maggiormente dibattuta circa gli Etruschi, inerente le loro origini. Si ipotizza infatti che essi emigrarono nella penisola italiana, ma si considera anche la possibilità che fossero indigeni. Tra gli studiosi, prevale nettamente la tesi di un’immigrazione da Oriente. A favore di essa sono riscontrabili numerosi elementi. In primo luogo la testimonianza di Erodoto, secondo il quale tale popolo, originario della Lidia, giunse in Italia prima della guerra di Troia. Inoltre molte caratteristiche della cultura etrusca presentano notevoli somiglianze con alcuni aspetti delle culture orientali. Tuttavia il documento più importante proviene dall’isola di Lemno, nel Mar Egeo, dove è stata rinvenuta un’iscrizione presentante forti analogie con l’etrusco: segno evidente della provenienza orientale degli Etruschi. E’ però importante ricordare come gli Etruschi conoscessero forme di organizzazione sociale e politica più evolute rispetto alle comunità locali; tuttavia la cultura etrusca si formò completamente solo in Italia, in seguito all’incontro tra Etruschi e comunità villanoviane. Inoltre, la particolare combinazione di originalità ed imitazione dell'arte etrusca ed i caratteri peculiari della loro religione hanno confermato ulteriormente l’ipotesi secondo cui questo popolo fosse originario del Mediterraneo orientale, con particolare riferimento all’area racchiusa tra la Siria e l'Ellesponto (attuale stretto dei Dardanelli).
La mancanza di documentazione certa rende tuttavia lo studio della religione etrusca estremamente difficoltoso. Le normative religiose dell'Etruria furono codificate in una serie di libri dal titolo generico di “Etrusca Disciplina”, che rivelano una raffinata tecnica divinatoria. Un primo gruppo di libri, i Libri “Fulgurales”, riguardava la divinazione derivante dai fulmini. Un secondo gruppo di libri, i Libri “Rituales”, di carattere più generale, riguardava le pratiche rituali in relazione alla vita politica e sociale; un'ulteriore fonte per conoscere la volontà degli dei era costituita dall'osservazione del volo degli uccelli. E’ inoltre importante ricordare come né gli Etruschi né i Greci fossero uniti politicamente: non sorprende quindi che il mondo etrusco si aprisse all’influenza della cultura greca. Questo processo di ellenizzazione è evidente soprattutto in ambito religioso e fu talmente profondo da cancellare quasi completamente lo strato più antico della religiosità etrusca. In origine infatti gli Etruschi tendevano a rappresentare le divinità in forme non umane.
Piatto etrusco in bronzo
Questo piatto di bronzo, proveniente dalla necropoli di Tarquinia, riproduce la testa del dio etrusco dei fiumi e risale al V secolo a.C.
Così Tinia, massima divinità celeste, divenne Zeus, Menerva si identificò con Atena e Nethuns corrispose a Poseidone. Altri dei furono invece direttamente importati dalla Grecia, come Apollo, chiamato Apulu. Insieme con le divinità furono accolte in Etruria anche le grandi figure eroiche dell’epopea greca, quali Odisseo ed Achille. Inoltre gli Etruschi attribuivano grande importanza al culto dei morti. Credevano infatti che il defunto continuasse la propria esistenza dopo la morte. Grande cura era quindi riservata alla costruzione delle tombe, destinate ad accogliere anche il corredo funerario. Tale aspetto è riscontrabile in modo particolare nella fase più antica della storia etrusca.
Sarcofago etrusco
Questo sarcofago in terracotta (VI secolo a.C.) proviene dagli scavi della città di Cerveteri. Gli etruschi erano soliti raffigurare sui sarcofagi le figure a tutto tondo dei defunti. In questo caso si tratta di una coppia di sposi, sorridenti e lieti, nella tipica postura dei partecipanti ad un banchetto. Le due sculture, in origine, recavano probabilmente in mano le coppe per le libagioni.
Nel corso del periodo arcaico (VII-VI secolo a.C.) le ricche città dell'Etruria meridionale (Tarquinia, Cerveteri e Veio) si qualificarono infatti nello sviluppo di una particolare tradizione figurativa, creando scuole locali specializzate in diversi tipi di manufatti. Notevoli esiti in ambito architettonico (tombe monumentali), nella lavorazione di metalli (oreficerie, argenterie, bronzi smaltati e fusi) e nella produzione ceramica (urne-sarcofago, decorazione architettonica fittile) si registrarono soprattutto a Cerveteri.
Arte etrusca: urna
Urna a forma di tempio rinvenuta a Vulci e risalente alla prima metà del I secolo a.C. L'arte etrusca accolse in modo consistente, a partire dal IV secolo a.C., influssi della tradizione ellenistica, mediati dall'interpretazione di artisti latini, con la progressiva assimilazione a Roma. Tale intreccio di influenze e rielaborazioni stilistiche è riconoscibile ad esempio nell'architettura e nell'apparato decorativo di questa urna-tempietto, in particolare nel frontone, decorato a bassorilievo secondo l'uso diffuso in tutto il mondo ellenistico, e nelle colonne, che presentano elementi degli ordini classici.
Straordinari esempi di pittura monumentale funeraria, realizzata con la tecnica dell'affresco, si trovano nelle tombe di Tarquinia; da Veio si diffusero le ceramiche dei pittori etrusco-corinzi, oltre a pregevoli candelabri, specchi e statuette in bronzo. Chiusi, infine, registra il fiorire dell'attività di artigiani specializzati nella decorazione dei cosiddetti canopi (urne cinerarie a testa umana) e di un tipo di piccole urne che si diffusero in seguito nell'Etruria settentrionale.
Tomba della Caccia e della Pesca
Le pitture parietali di questa tomba possono essere considerate un “unicum” nella pittura etrusca. Le raffigurazioni sono realizzate con colori vivaci e rivelano una notevole capacità di fondere armoniosamente figure e paesaggio naturale.
Il contesto in cui tale sviluppo si verificò riguardò principalmente l’architettura funeraria. Le tombe primitive presentano la forma di un semplice pozzetto circolare scavato nella roccia. Le più antiche tombe a inumazione, contemporanee ai pozzetti, sono invece fosse allungate, anch’esse scavate nella roccia. Il loro uso continua anche successivamente, quando il vano sepolcrale si allarga a forma di camera. Nei secoli seguenti la tomba assume forme monumentali, con uno o più gruppi di tombe interne, precedute a volte da un ampio vestibolo. L’ultimo periodo è caratterizzato da sepolcri esclusivamente sotterranei, costituiti da un solo ampio ambiente riproducente l’interno della casa. Anche nelle camere più antiche si nota l’imitazione delle abitazioni, accentuatasi in seguito sia nella planimetria sia negli ambienti architettonici. Contemporaneamente alla presenza di camere sepolcrali di grandi proporzioni, compare un nuovo tipo di sepolcro cosiddetto “rupestre”.
Per concludere l’analisi della religione etrusca può risultare utile considerare l’architettura funeraria nella sua globalità: è necessario quindi esaminare le grandi necropoli, le “città dei morti” (dal greco nekròs = “morto” e pòlis = “città”) indice del potere e del prestigio sociale dei defunti. La più tangibile testimonianza della compiuta trasformazione della civiltà etrusca da contadina e guerriera in società aristocratica è data dall’abbandono delle tradizionali sepolture individuali “in fossa” e dalla diffusione delle caratteristiche tombe “a camera”. Quest’ultime sono sepolture principesche sfoggianti grande ricchezza attraverso uno sfarzoso rituale funerario: l’esposizione del defunto in un ambiente domestico, caratterizzata dal pianto funebre da parte dei familiari e dei clienti; seguente ciò era il trasporto su carro del corpo del defunto, sottoposto a seppellimento o incinerazione; infine avveniva la deposizione del corredo funerario, consistente in oggetti di cui la persona poteva necessitare nell’altra vita, immaginata a somiglianza di quella terrena. Tra la metà del VI e gli inizi del V secolo a.C., molte necropoli mutano aspetto: sorgono complessi di sepolture più modeste, tra le quali spiccano le tombe “a dado”, semplici strutture modulari, ricreanti lungo le vie sepolcrali una parvenza di tessuto urbano.
Una tomba “a dado”
Le tombe “a dado” si diffusero a partire dai primi decenni del VI secolo a.C. Questo fenomeno testimonia l’emergenza nella società etrusca di ceti intermedi ed esprime una tendenza ad una maggiore uguaglianza di diritti, che si manifesta anche nelle limitazioni poste alle decorazioni esterne al sepolcro.
Questo genere di tombe non monumentali è interpretato come espressione dell’emergere di un ceto medio e, quindi, di un allargamento della base sociale della classe dirigente delle città etrusche. A questo apparente “egualitarismo” si contrappone tuttavia la comparsa di splendide decorazioni pittoriche sulle pareti tombali, cui viene affidata la funzione di esaltare il prestigio delle famiglie più illustri. A partire dalla fine del V secolo a.C., le rappresentazioni relative al mondo funerario cambiano, probabilmente come conseguenza della diffusione di nuove concezioni religiose di origine greca: l’oltretomba si popola perciò di demoni, essere mostruosi e divinità infernali. Tali informazioni sono riscontrabili tramite un’attenta analisi circa una famosa “città dei morti”: la necropoli di Tarquinia.
Scoperta nel XV secolo, la necropoli presenta una grande varietà di tombe. Le tombe, benché prive delle suppellettili originarie, presentano grandissimo interesse per le decorazioni pittoriche. Causa di tale importanza fu il decadimento e la distruzione di molte pitture, determinata da una sistematica opera di esplorazione e dal successivo abbandono dei sepolcri, che esaltò il valore delle opere rimanenti. Nella seconda metà del XIX secolo ebbe inizio l’interessamento del governo italiano alle antichità di Tarquinia, concretizzatosi con la scoperta di numerosi sepolcri. Queste scoperte furono le più importanti sino a quando ebbe inizio la nuova campagna di ricerche promossa dallo Stato italiano. Furono così individuate oltre 6000 tombe. I soggetti ai quali si ispirarono gli ignoti decoratori etruschi sono relativamente differenti dal gruppo di dipinti formanti il ricco patrimonio pittorico tarquiniese. La maggior parte di tali dipinti ha per tema principale giochi funebri, banchetti e danze, motivi desunti dalla vita reale e connessi alle cerimonie celebrate in onore del defunto. Al carattere essenzialmente decorativo delle pitture e delle composizioni appartenenti al repertorio mitologico greco si contrappone tuttavia il gusto per soggetti tratti dalla vita reale, che risulta elemento determinante, tanto da rendere partecipe della scena anche il defunto. Questo realismo, avente pochi riscontri nell’arte greca, si richiama all’Oriente e, in particolare, ai dipinti funerari dell’Egitto. In seguito, nel IV-III secolo a.C., con la profonda crisi politica ed economica che investe tutta la nazione etrusca, gli antichi principi religiosi consacrati nella tradizione si affievoliscono ed affiora il problema della sopravvivenza dello spirito nell’oltretomba. La tradizionale pittura, che aveva allietato il triste mondo funerario, cede quindi il posto a contesti più tetri in cui mostruosi protagonisti dell’oltretomba e scene di dolore divengono la nota predominante. E’ possibile tuttavia notare come l’ampio “orizzonte” decorativo affrontato nella pittura funeraria tarquiniese segua una linea generale, risultato di due elementi fondamentali: il concetto religioso dell’aldilà ed il momento artistico. La religiosità è sempre presente, anche se con impostazioni filosofiche diverse in base al periodo. Il momento artistico può invece essere suddiviso in tre fasi principali. Gli aspetti più chiari e più significativi sono riscontrabili nelle fasi più antiche. Verso la fine del VI secolo Tarquinia si apre invece alle influenze del mondo culturale greco. Infine la crisi politica, sociale ed economica che sconvolse l’Etruria condiziona ed indirizza il gusto del mondo pittorico tarquiniese verso nuove e crude tematiche di contenuto religioso, con particolare riferimento alla rappresentazione dell’oltretomba. Risultato delle differenti scelte artistiche susseguitesi nel tempo sono preziose testimonianze di esperienze figurative destinate a fondersi nel crogiolo della civiltà artistica dell’Italia Romana, eterna ed indistruttibile continuità di eredità religiose e culturali.
BIBLIOGRAFIA
B. De Corradi; A. Giardina; B. Gregori – Il mosaico e gli specchi (percorsi di storia antica e medievale) – Volume 1B (Dall’Italia preromana all’apogeo dell’Impero) – Editori “Laterza” – Stabilimento di Bari – Finito di stampare nel gennaio 2005
Enciclopedia Microsoft Encarta
Web. tiscali. it/ popoli antichi/ Etruschi/ Fegato di Piacenza (Immagine: “Fegato di Piacenza”)
Www. griseldaonline. it (Immagine: “Tomba della Caccia e della Pesca”)
Www. iterconficere. net (Immagine: Tomba “a dado”)

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