Il giorno della memoria

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Testo

Sessant'anni dopo, il dovere di ricordare
Il giorno della liberazione dei prigionieri di Auschwitz, data simbolo della Shoah. E dell'orrore da non dimenticare
Ricordare. Ricordare. Ricordare. Non arrendersi all'oblìo. Al potere anestetizzante degli anni che passano. A sessant'anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, dove tra il 1942 e il 1945 trovarono la morte circa un milione e mezzo di esseri umani, uomini, donne, bambini, per il novanta per cento ebrei (ma non dobbiamo dimenticare le migliaia di vittime tra gli zingari, gli omosessuali, gli oppositori politici), rimane attuale l'imperativo di Primo Levi, il grande scrittore torinese morto suicida nel 1986, lui che era sfuggito alla morte sopravvivendo proprio ad Auschwitz. Ecco dunque che il 27 gennaio,per la quinta volta da quando è stato istituito per legge, l'Italia intera ricorderà celebrando con manifestazioni, mostre, letture, il Giorno della Memoria, il Giorno della Shoah. Shoah, in ebraico, significa distruzione. Ed è un termine preferito a Olocausto (utilizzato per primo, poco dopo la fine della guerra, da Elie Wiesel, altro grande testimone dell'immane tragedia). Indica il genocidio di un popolo: sei milioni di ebrei (un milione e mezzo i bambini) trucidati dai nazisti solo perché tali. Una catastrofe che oggi l'Europa, il mondo intero, ricordano perché "non accada mai più".
LE NAZIONI UNITE - Interessante notare allora come quest'anno, per la prima volta, la Shoah sia stata ricordata (finalmente!) anche dalle Nazioni Unite, l'istituzione nata come antidoto alle guerre e come embrione di un "governo mondiale" capace di scongiurare le catastrofi umanitarie che sempre accompagnano i conflitti. Il segretario generale Kofi Annan, aprendo la sessione plenaria dedicata alla distruzione degli ebrei d'Europa ha detto: "Oggi onoriamo le vittime dell'Olocausto e i paesi alleati le cui truppe hanno combattuto e sono cadute per la loro liberazione. Onoriamo i sopravvissuti: il loro numero diminuisce ogni giorno ed è il nostro compito, il compito della generazione successiva, di portare la fiaccola della memoria". Il segretario generale ha ricordato che molti gruppi - zingari, prigionieri sovietici, disabili, omosessuali, oppositori politici - hanno sofferto atrocità incredibili nei lager nazisti ma la tragedia degli ebrei nei campi è stata "un caso a parte". Annan ha quindi ricordato che "gli orrori dell'Olocausto hanno contribuito a dar forma alla missione dell'Onu. Le Nazioni Unite non dovrebbero mai dimenticarlo". Poi ha passato la parola a Elie Wiesel.
IL TESTIMONE - Wiesel, premio Nobel per la Pace, autore di libri come "La notte" e tanti altri, ha spiegato perché il dovere del ricordo non lo ha mai abbandonato. Ha chiarito il senso di un giorno dedicato a una tragedia ormai lontana. "Per me e per altri come me testimoniare gli orrori di cui siamo stati vittime durante l'Olocausto è un dovere nei confronti dei nostri figli", ha detto Wiesel invitando il mondo a combattere l'indifferenza "che aiuta sempre l'aggressore". Il premio Nobel, il primo scampato allo sterminio a parlare davanti all'Assemblea dell'Onu, ha concluso il suo intervento con una domanda: "Il mondo imparerà mai?".
IL FUTURO - In maniera indiretta gli ha risposto il presidente del Senato italiano, Marcello Pera, anche lui salito sul podio degli oratori. Nel suo discorso ha lanciato un grido dall'allarme: "Abbiamo il dovere di ammettere che l'antisemitismo è ancora fra noi. Com'è possibile - si è poi chiesto Pera - che l'Europa, al culmine della sua civiltà, abbia commesso un simile atto di sterminio? Come si spiega che la Germania nazista, l'Italia fascista, la Francia collaborazionista, e molte altre nazioni, si resero responsabili di un massacro così immenso?". E che dire dell'antisemitismo odierno che "rispunta quando la lotta d'Israele per la sua esistenza è considerata terrorismo di Stato" . Ma per Pera il mondo di oggi ha anche un'altra serie di doveri: "Abbiamo il dovere di impegnarci a quel dovere fondamentale che è la dignità della persona, di ogni persona, che l'Europa aveva appreso dalle sue radici giudaico-cristiane e perso quando rimase vittima dell'idea che gli individui non contano nulla e che la loro autonomia deve essere soggetta al destino delle masse degli Stati considerati soggetti morali a se stanti. Abbiamo il dovere di insegnare, diffondere, difendere, promuovere i principi di libertà, tolleranza, rispetto, solidarietà. Abbiamo il dovere di combattere per e contro. Per quelle regole e ideali di libertà e democrazia sui quali si poggiano l'Assemblea e la Carta delle Nazioni Unite. E contro coloro che si oppongono".

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