I nuovi mondi

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I NUOVI MONDI - LA CADUTA DELL’IMPERO BIZANTINO
Il XV secolo fu un periodo di enormi trasformazioni negli equilibri mondiali: antichissime civiltà caddero e nuovi imperi sorsero. Uno degli eventi più importanti nella storia di questo periodo fu la caduta dell’impero bizantino. Agli inizi del 15 secolo Costantinopoli non era altro che una città isolata. L’intraprendenza dei genovesi e dei veneziani, insediatisi, già sul finire del 13 secolo, nei più lontani avamposti, lungo le vie di traffico con l’oriente, aveva sottratto alla città del Bosforo gran parte delle sue fonti di ricchezza. L’acclimatazione del baco da seta in Italia e lo sviluppo dell’industria tessile, tolsero alle città anche l’antico monopolio di quel prodotto. Costantinopoli nel 1400 era ormai una città spopolata e immiserita dove gli edifici cadevano in rovina e circolava una moneta di pessima qualità.Su questa città in rovina si abbatté un nemico molto potente.Si trattava dei turchi ottomani che avevano perso il posto in Asia minore dei Selgiuchidi. L’avanzata degli ottomani fu irresistibile, tanto che alla fine del secolo sembrava che nulla potesse fermarla.Ma la penetrazione ottomana in occidente fu bloccata dalla nascita di un grande impero orientale. L’artefice di questa impresa fu Tamerlano il capo di una tribù mongola turchizzata di Samarcanda, che guidò il suo popolo alla conquista di un grande impero. Lo scontro decisivo tra le armate di Tamerlano e quelle ottomane avvenne ad Ankara nel 1402: gli ottomani subirono una vera e propria disfatta e il loro dominio si disgregò rapidamente. Ma alla morte di Tamerlano, avvenuta nel 1405, l’impero da lui edificato si sfasciò.Gli ottomani ne approfittarono per riprendere la loro potenza. L’imperatore Giovanni 8 Paleologo, si recò in Italia a chiedere l’aiuto dei cristiani d’occidente, offrendo in cambio la sottomissione della chiesa di Costantinopoli al papa di Roma. L’accordo fu siglato a Firenze nel 1439, ma risultò inutile anche per le masse bizantine ostili nei confronti dei cattolici. Nel 1453 il sultano turco Maometto 2 attaccò dalla terra e dal mare l’impero. Costantinopoli cadde nella mattinata del 29 maggio. Gli abitanti furono massacrati. La chiesa di santa Sofia fu trasformata in Moschea.Costantinopoli venne anche chiamata Istanbul e divenne la base sulla quale gli ottomani costruirono la loro potenza marittima. Scomparve così l’impero bizantino mentre si consolidava l’impero ottomano. Nel 1480 i turchi sbarcarono in Puglia e occuparono la città di Otranto, massacrandone gli abitanti.
LA MORTE DI MAOMETTO SECONDO
nel 1481 e la lotta di successione che si aprì alla corte ottomana alleggerirono la pressione sull’Italia.
LA NAVIGAZIONE D’ALTO MARE
Lo sbarramento ai traffici tra oriente ed occidente spinse gli europei a cercare nuove vie di comunicazione.Si trattava innanzitutto, di verificare la possibilità di circumnavigare l’Africa e di raggiungere l’oceano indiano, e successivamente l’Asia, unicamente per via mare.Il re del Portogallo, Enrico il navigatore, dedicò larghi mezzi all’impresa e i risultati non si fecero attendere: nel 1445 furono scoperte le isole di Capoverde e nel 1488 il portoghese Bartolomeo Diaz doppiò la punta estrema del continente, che prese poi il nome di Capo di Buona Speranza. La via oceanica all’oriente era quindi aperta. La nave delle grandi scoperte fu la caravella portoghese: questo piccolo veliero aveva doti di estrema maneggevolezza e la sua velocità fu superata soltanto dagli enormi velieri che vennero chiamati i clippers.La conquista dell’alto mare ha dato allìEuropa un privilegio che sta alla base della sua espansione mondiale. Questo successo può essere spiegato in maniera adeguata soltanto tenendo presente le condizioni politiche e le necessità economiche dell’Epoca. La formazione delle grandi monarchie nazionali si era accompagnata alla costituzione di esercizi di massa, di una politica edilizia e di una amministrazione complessa. Solo una politica di potenza e di conquista poteva assicurare il controllo di rotte commerciali da sfruttare in esclusiva. Premessa e conseguenza di questa politica di potenza furono i grandi viaggi di esplorazione.Questi erano viaggi molto differenti dai precedenti.
L’AVVENTURA DI CRISTOFORO COLOMBO
L’era delle grandi scoperte geografiche fu aperta dalla più importante di tutte, quella dell’America, il cui ricordo è legato al nome del navigatore genovese Cristoforo Colombo. Colombo cominciò giovanissimo a navigare al servizio di mercanti genovesi.Nel 1479 si stabilì in Portogallo e qui cominciò a elaborare l’idea di raggiungere l’oriente navigando verso occidente.Il suo progettò incontrò all’inizio fortissime resistenza dal momento che si basava sulla convinzione che la terra fosse sferica. Ma colombo apparteneva al mondo spregiudicato dei navigatori dell’epoca, un po’ avventurieri e affaristi, un po’ esploratori e scienziati.Il progetto di Colombo fu respinto dal re del Portogallo Giovanni 2, che lo ritenne non sufficientemente fondato. Colombo decise allora di trasferirsi in Spagna, dove egli riuscì ad ottenere dalla regina Isabella di Castiglia l’approvazione.
La convenzione di santa Fè, firmata il 17 aprile del 1492 concesse a Colombo il titolo di ammiraglio, vice re e governatore delle terre eventualmente scoperte. Lo scopo dell’impresa era esclusivamente commerciale e e mirava ai ricchissimi mercati della Cina e del Giappone. Dopo un lungo viaggio Colombo avvistò terra il 12 ottobre del 1492, però non era né la Cina né il Giappone, ma l’isola di watling nelle Bahamas. L’avvenimento era sensazionale e Colombo al suo ritorno fu accolto con grandissimi onori. Dopo pochi mesi Colombo ripartì al comando di una spedizione, con 17 navi e 1500 uomini, furono esplorate le Antille, ma non si trovarono quelle enormi ricchezze che si cominciava a parlare in Europa.Tornato in Spagna, Colombo riuscì con grande fatica a ottenere il comando di una nuova spedizione. Questa volta Colombo approdò nel delta dell’Orinoco, dove trovò perle e oro in quantità. Ma intanto alla corte spagnola giungevano voci allarmate sui disordini e le violenze seminate dalla cattiva amministrazione di Colombo e sulle epidemie che andavano distruggendo le popolazioni locali. L’inviato della corte lo incarcerò e lo spedì in catene in Spagna. Liberato per intervento della regina, Colombo riuscì ancora una volta ad ottenere il comando di un piccolo convoglio di appena 4 navi. La spedizione costeggiò le foci del gange, ma non ebbe fortuna.Privo delle navi Colombo tornò in Spagna nel 1504. Intanto la regina Isabella, era morta, e la nuova situazione a corte era ostile a Colombo. Dimenticato da tutti, Colombo morì il 20 maggio del 1506.
L’ERA DELLE SCOPERTE
I viaggi di Colombo avevano avuto fin dall’inizio uno scopo prevalentemente economico. Al ritorno Colombo dal suo primo viaggio, la Spagna si affrettò ad ottenere dal papa Alessandro 6 il riconoscimento dei propri diritti su tutte le terre d’occidente. Questo riconoscimento provocò la pronta reazione del Portogallo, che si vedeva chiusa la via mare d’occidente. Il 7 giugno del 1494, Spagna e Portogallo firmarono il trattato di Tordesillas, che regolava le rispettive sfere di espansione, l’oceano dall’artico all’atlantico fu diviso da un meridiano, la raya, che era appunto un meridiano che divideva in due le colonie portoghesi e spagnole. I viaggi di Colombo furono seguiti da nuovi viaggi e da nuove scoperte. Nel 1497 il portoghese Vasco da Gama, doppiò il capo di buona speranza. Nel 1500 un altro navigatore portoghese Pedro Cabral, spinto da una tempesta verso occidente, mentre costeggiava l’Africa, scoprì una nuova terra che venne poi chiamata Brasile. Al fiorentino Amerigo Vespucci toccò il compito di esplorare le coste meridionali del nuovo mondo,e di rivelare che Colombo non aveva scoperto la via più breve per le Indie, ma un nuovo e gigantesco continente. Circa 30 anni dopo la scoperta dell’America fu effettuato il primo viaggi intorno al mondo. Ne fu protagonista il portoghese, Ferdinando Magellano, che superò l’estrema punta meridionale dell’America e sbarcò nelle Filippine.Ma Magellano fu ucciso dagli stessi indigeni filippini.
GLI AZTECHI
La capitale azteca era la più grande del mondo.Gli aztechi erano una popolazione nomade che si spinsero verso l’altopiano del Messico.Qui gli aztechi fondarono la loro capitale. L’impero azteco era organizzato in decine di distretti, e inoltre era dominato da un potere centrale molto forte, impersonato dal re. Il re era affiancato da un nutrito apparato amministrativo e da un consiglio supremo dotato di funzioni amministrative e giudiziarie. Le cariche civili e religiose erano riservate alla nobiltà: gli appartenenti a questa casta ereditaria erano inoltre gli unici a possedere le terre, invece i contadini la ricevevano in usufrutto dalla comunità. I mercati e gli artigiani rappresentavano un ceto intermedio di privilegiati, e si trasmettevano il mestiere di padre in figlio. Alla base di questa piramide sociale stavano gli schiavi e i servi, che erano prigionieri di guerra o colpevoli di diritti gravi. Gli aztechi non conosceva l’applicazione pratica della ruota, inoltre non conosceva nemmeno gli utensili di metallo. L’architettura azteca affascinò gli europei per l’ordine dell’impianto, la cura e l’eleganza dei palazzi e le splendide piramidi.Anche la scultura azteca era molto importante che rivela un gusto particolare per i volumi pieni e le dimensioni monumentali. Grande importanza avevano anche la musica e la danza che erano eseguite da una casta di specialisti. Essi erano istruiti con una disciplina severissima, infatti un loro minimo errore poteva anche essere punito con la morte.La concezione azteca del mondo era dominata da una autentica ossessione della precarietà cosmica. Quattro soli avevano preceduto l’età moderna e per quattro volte l’umanità aveva subito terribili cataclismi che l’avevano annientata, la prima volta era stata divorata dai giaguari, la seconda era stata trasformata in scimmie da un vento magico, la terza era stata sommersa da una pioggia di fuoco, e la quarta dal diluvio. Per ritardare l’avvento della quinta non restava altro che nutrire di sangue umano il sole, il signore della terra, celebrando periodicamente sacrifici umani. La vita di ogni uomo era scritta nel libro dei destini, un complicatissimo calendario di 260 giorni che veniva letto e interpretato da un indovino specializzato. L’osservanza di questo calendario era fondamentale per gli aztechi e chi non si adeguava alle regole prefissate finiva in quello che si può definire l’inferno azteco: il miotlan, l’ultimo dei nove mondi che stanno sotto la terra.
I MAYA
La civiltà dei Maya era una delle più antiche del mondo. I Maya erano organizzati in una miriade di città stato, dotate di una completa autonomia, ma non si trattava di veri e propri centri urbani, ma piuttosto di luoghi di culto dove avevano sede i templi e le abitazioni del clero. La popolazione viveva nelle campagne circostanti e vi si recava esclusivamente per la celebrazione di cerimonie religiose e per il mercato. Il capo della città era il sommo sacerdote, che deteneva anche i poteri politici e giudiziari.Il clero era affiancato da un potente ceto nobiliare, che aveva il privilegio della proprietà privata delle terre. La massa della popolazione coltivava i campi in comune ed era sottoposta a gravose prestazioni di lavoro, soprattutto per la costruzione e la manutenzione degli edifici urbani. L’agricoltura, alquanto primitiva, era praticata secondo il sistema del taglio fuoco: in pratica vaste zone di foresta vergine venivano bruciate e dissodate, il terreno così preparato e fertilizzato, veniva coltivato per un certo numero di anni e poi abbandonato. La scrittura Maya è la più ricca ma anche una delle più complicate. Anche i Maya inoltre, come gli Aztechi avevano una visione pessimistica della storia cosmica. La storia del mondo era una successione di generazioni:la terra poggiava sopra un rettile gigantesco che nuotava nell’oceano, sotto di essa stavano nove sfere infernali, sopra tredici sfere celesti. Anche qui la divinità suprema era un dio solare, circondato da divinità minori come quelle della pioggia, della luna, della morte, del mais. Il calcolo del tempo aveva tra i Maya un importanza enorme ed erano in uso diversi calendari; grazie alle loro ottime conoscenze astronomiche, i Maya riuscirono a calcolare l’anno solare di 365 giorni.
GLI INCAS
Questa popolazione di una regione del Perù fondò uno degli imperi più vasti di quest’epoca, che si estendeva per più di 4000 km.Questo territorio era controllato per mezzo di un esercito agguerrito, di una struttura amministrativa efficiente e di una rete stradale ben organizzata. Gli incas erano soliti a trasferire le comunità sottomesse in luoghi lontani, e assegnare le loro terre a tribù fedeli. L’impero era diviso in circoscrizioni rette da governatori. I re delle popolazioni sottomesse venivano mantenuti al loro posto con compiti di amministrazione locale ma erano subordinati ai governatori e dovevano recarsi periodicamente nella capitale a prestare atto di fedeltà. Un corpo di ispettori imperiali effettuava controlli minuziosi. Il capo supremo era l’imperatore, accompagnato da altri 4 alti funzionari e dalla potentissima aristocrazia inca: in lui si sommavano i poteri politici, militari e religiosi. L’economia era di tipo comunistico, la proprietà individuale non esisteva e la terra era divisa in tre categorie: la terra del sovrano, che serviva a mantenere i nobili, i funzionari, gli inabili al lavoro; la terra dei sacerdoti, che serviva a mantenere il clero; la terra della comunità, destinata al sostenimento dei contadini. L’artigianato era abbastanza fiorente e aveva un notevole livello tecnico, anche se non raggiungeva, dal punto di vista artistico, il livello delle altre culture americane. Grande importanza si attribuiva alla divinazione, effettuata da sacerdoti specializzati in ogni occasione pubblica o privata.
ALLA CONQUISTA DEL NUOVO MONDO
Nel 1519 sbarcò in Messico Fernando Cortés. Dopo aver rafforzato le sue truppe con il reclutamento di guerrieri, Cortés penetrò in profondità nel paese. Il nuovo mondo era anche una buona occasione per far fortuna, per raggiungere dal nulla gloria e potenza.Nel 1522 due spagnoli, Diego de Almagro e Francisco Pizarro, investirono tutti i loro beni in una spedizione e ottennero dalle autorità, il grado di capitano e l’autorizzazione ad attaccare l’impero degli incas. La loro spedizione risultò un susseguirsi di stragi, devastazioni e crudeltà: le popolazioni furono sterminate o ridotte in schiavitù: per la libertà dell’imperatore, caduto prigioniero, gli spagnoli chiesero una gigantesca quantità d’oro. La ottennero ma giustiziarono ugualmente il prigioniero. Nel 1533 fu finalmente conquisata la capitale degli incas, Cuzco. La colonizzazione portoghese, riguardò principalmente il Brasile.Molto più interessato alle ricche colonie africane e asiatiche, il Portogallo non s’impegnò a fondo nella conquista e si limitò a occupare le coste del Nordeste, dove vennero fondate le città di San Paolo e di Bahia.
I MEZZI DELLA CONQUISTA
I portoghesi e spagnoli potevano contare su un armamento decisamente superiore. A favore dei conquistatori giocarono anche alcune circostanze politiche particolarmente propizie, le popolazione sottomesse dagli aztechi o di maya, ben presto decisero di sottrarsi al vecchio giogo e passarono dalla parte dei più potenti padroni. Le conquiste furono mantenute per mezzo di massacri e decimazioni, mentre le epidemie distruggevano intere comunità. Gli europei provocarono nelle Americhe un vero e proprio trauma biologico, uno choc microbico, introducendo virus e malattie sconosciute, contro le quali gli indigeni non avevano alcuna immunizzazione; non solo il vaiolo, ma anche malattie che in Europa erano considerate relativamente banali, come l’influenza e il morbillo, nel nuovo mondo si trasformarono in terribili flagelli. Il lavoro coatto, svolto ad esempio nelle miniere, fece il resto.La conquista diede origine ad un rapido e inarrestabile processo di destrutturazione, che sconvolse l’organizzazione sociale, il sistema produttivo, i modi di vita, la cultura delle popolazioni indigene.Il consumo di bevande alcooliche, che prima dell’arrivo degli europei era severamente vietato dalle autorità locali, dilagò sempre più. Questo complesso di fattori negativi provocò un inevitabile crollo demografico, infatti gli abitanti del Messico da 25 milioni scesero a circa 2 milioni.
L’ORGANIZZAZIONE DELLA CONQUISTA E L’ECONOMIA DEL NUOVO MONDO
Nel 1533 l re del Portogallo divise i territori brasiliani in 12 capitanie affidate ad altrettanti responsabili chiamati donatarios. Il loro compito era quello di amministrare e difendere il proprio territorio, e di favorire la colonizzazione di nuove terre ed infine di proteggere l’opera dei missionari.Simile alla capitania portoghese fu l’encomienda spagnola. L’encomienda presentava alcuni aspetti originari del feudalesimo; l’encomendero poteva infatti richiedere agli indigeni, prestazioni di lavoro illimitate: in quelle terre di nuova acquisizione, infatti, nessuna legge o consuetudine tutelava i sudditi,questo sistema si diffuse anche nei territori spagnoli. I conquistadores erano potentissimi grazie ai privilegi del regime signorile da loro esportato. L’attività economica americana maggiormente integrata all’economia europea era naturalmente l’industria mineraria. Il lavoro coatto degli indigeni assicurava un’estrazione sufficiente a basso costo, in grado di soddisfare la richiesta europea di metalli. A questa esportazione di metalli corrispondeva un’importazione di beni di consumo e di lusso per i dominatori locali: l’economia delle colonie consisteva dunque in uno sfruttamento di rapina, che sottraeva risorse senza creare investimenti.
L’IMPERO COLONIALE PORTOGHESE
Il paese che più s’impegnò nella conquista e nello sfruttamento dei territori americani risultò la Spagna, mentre il Portogallo concentrò le proprie forze soprattutto nella colonizzazione dell’oriente. Il Portogallo costruì un imponente sistema di fortezze e di basi navali che, nel corso del 500, avrebbe consentito una via commerciale diretta da Lisbona al Giappone. Il Portogallo come la Spagna applicò il principio del monopolio e del controllo diretto dello stato sullo sfruttamento delle colonie. L’organismo che controllava gli enormi traffici con l’Asia e con l’Africa era la Casa de India.
LA CRESCITA DEMOGRAFICA
Dopo la scoperta dell’America ci fu un vistoso aumento della popolazione. La crescita demografica fu risentita in misura particolarmente notevole nelle città interessate anche da un movimento migratorio delle campagne, tanto che alcuni centri raddoppiarono o addirittura triplicarono il numero dei loro abitanti. Infatti l’aumento delle popolazioni urbane modificò notevolmente il rapporto città – campagna. Intorno al 1600 le aree più densamente abitate erano: l’Olanda, con 50 abitanti per kmq, l’Italia settentrionale con 40 abitanti per kmq, la Francia con 34 abitanti, la Germania centrale con 20 abitanti ed infine la Castiglia con 18 abitanti per kmq. La popolazione aumentava però la durata della vita restava a livelli bassissimi, a causa soprattutto dell’elevata mortalità infantile. Nelle famiglie nobili inglesi nell’arco di tempo compreso tra il 1575 e il 1674, le possibilità medie di vita erano di 32 anni per i maschi e di 35 anni per le femmine. Quando si parla di nobili e borghesi si parla di gente che si nutriva bene, che viveva in ambienti igienicamente confortevoli e che quindi era meglio attrezzata contro le malattie. Da questo si può dedurre che la durata media della vita della gente comune era notevolmente inferiore: intorno ai 23 anni circa.La mortalità infantile toccava livelli altissimi, in Spagna e in Francia il 50 % dei bambini moriva prima di aver raggiunto i 7 anni. La conseguenza di questo discorso è che praticamente la società dell’epoca era molto più giovane di quella attuale.
IL COSTO DELLA VITA E LA PRODUZIONE AGRICOLA
Le cause dell’aumento della popolazione verificatosi nel corso del 16 secolo sono ancora oscure. Non lo sono però gli effetti. Il più evidente è sicuramente l’aumento del costo della vita, per circa 100 anni infatti i prezzi dei generi di largo consumo aumentarono costantemente e molte volte anche in modo brusco. L’aumento dei prezzi fu così rilevante che gli storici moderni lo hanno definito come una rivoluzione dei prezzi. La spiegazione tradizionale del fenomeno ci è data dal francese Jean Bodin che collegava l’aumento dei prezzi all’afflusso di metalli preziosi provenienti dall’America. Oggi invece si ritiene che la rivoluzione dei prezzi sia più attribuibile all’aumento della popolazione. Il nesso tra l’aumento della popolazione e l’aumento dei prezzi emerge con chiarezza da una circostanza, praticamente i più alti aumenti furono registrati dai prezzi dei generi alimentari, come ad esempio i cereali, che venivano maggiormente richiesti da una popolazione in continua crescita. Il costo del grano dell’orzo e della segale aumentò. Né derivò un vasto processo di riconversione delle colture, praticamente una cerealizzazione dell’agricoltura che riguardò tutte le regioni europee; infatti si ararono i pascoli, si sradicarono i vigneti, si distrussero numerose foreste per impiantare campi a grano. Quindi si può dire che il numero degli uomini aumentò più velocemente della produzione dei beni necessari a sfamarli. Gli uomini del 16 secolo si impegnarono nell’accrescere le quantità delle loro risorse, e ci riuscirono. Questa crescita non fu dovuta a un miglioramento delle rese agricole.Ma ben più importante fu la messa in coltivazione di nuove terre. Furono coltivati pascoli, si disboscarono le foreste, si prosciugarono gli acquitrini, ed infine si dissodarono le sterpaglie. Progressi considerevoli furono raggiunti nel settore dell’irrigazione, che rese coltivabili nuovi campi. L’aumento delle richieste di generi alimentari determinò un aumento dei profitti derivanti dall’agricoltura e l’aumento degli investimenti agricoli da parte dei detentori dei capitali. S’impiantarono colture specializzate che richiedevano alti investimenti iniziali, ma che consentivano alti profitti.
IL PROBLEMA DEI REDDITI
Un’altra conseguenza dell’aumento della popolazione fu la diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori. In realtà i salari medi dei lavoratori aumentarono in misura considerevole. Ma il problema era che i prezzi aumentavano più dei salari. I lavoratori guadagnavano di più ma, con i loro salari potevano acquistare una minore quantità di merci. La qualità dei consumi alimentari peggiorò e le calorie di origine animale che divennero più costose furono sostituite alle calorie vegetali. La diminuzione del consumo di carne aveva molte cause: la conquista turca dell’Ungheria, che provocò una diminuzione delle importazioni da quelle regioni, la riduzione delle foreste dove venivano allevati i suini, la bonifica dei vasti territori incolti, ma soprattutto la diminuzione del potere d’acquisto delle popolazioni. L’aumento dei prezzi mise in seria difficoltà anche i proprietari che non si occupavano direttamente delle loro terre e che le avevano date in conduzione prima dell’aumento dei prezzi a canoni fissi. In alcuni casi i nobili fronteggiarono questa situazione passando dalla condizione di reddittieri a quella di amministratori diretti delle loro terre.In altri casi invece aumentarono i fitti. Questo era considerato illegale ma i nobili non esitavano a recuperare i vantaggi perduti per mezzo della violenza. Il rinnovato interesse dei grandi proprietari per la terra si concretizzò pertanto in una forte pressione di carattere politico, sociale ed economico. I piccoli coltivatori indipendenti, che avevano scarse possibilità di opporsi giuridicamente a questa pressione e che non disponevano di risorse economiche tali da migliorare la loro produzione e renderla competitiva, cadevano facilmente preda degli usurai e si ridussero considerevolmente di numero, andando a ingrossare le file dei disoccupati urbani e rurali.
LE MINIERE E LE INDUSTRIE
Nel campo industriale questo secolo non registrò alcun cambiamento significativo nel settore dell’energia. La produzione industriale infatti, continuava ad utilizzare le tradizionali fonti di energia: quella umana, quella animale, l’acqua, il vento, la legna. L’uso del carbone aumentò e questo causò lo sfruttamento di un numero maggiore di uomini e il perfezionamento delle tecniche estrattive.Anche altri minerali erano estratti in misura rilevante: il ferro, estratto soprattutto in Spagna, Francia, Germania, Inghilterra e Svezia.Il rame proveniente in larga parte dai giacimenti svedesi e ungheresi. L’argento, estratto soprattutto in Germania, e in Ungheria. L’argento europeo fu però sostituito dall’argento americano che era più abbondante e più a buon mercato. Il sale aveva un’importanza sempre più fondamentale, che era un prodotto indispensabile per mantenere il pesce, il burro e la carne.Le saline sparse in tutta Europa, erano di due tipi, le saline marittime dove il minerale si produceva per evaporazione e le saline di salgemma. Ci fu anche una notevole espansione delle fonderie e degli altiforni. L’altoforno consisteva in un forno interamente murato il cui minerale veniva deposto su strati di carbone di legna acceso e azionato dall’energia idraulica. Così mediante fusione si otteneva la ghisa.Il minerale passava poi alle fonderie. Per alimentare gli altiforni occorrevano però enormi quantità di legna. L’aumento della produzione del ferro consentì l’impianto e lo sviluppo di numerose industrie metallurgiche di trasformazione. Dal punto di vista quantitativo la metallurgia era ancora un’attività modesta, ma la sua espansione nel corso di questo secolo, ha una sua rilevanza qualitativa.La metallurgia aveva infatti bisogno di personale specializzato, e stimolava l’acquisizione di nuove tecnologie.Essa richiedeva enormi investimenti di capitali, come nessun’altra industria. La più grande industria dell’epoca rimaneva l’industri tessile.Spesso la lavorazione veniva effettuata a domicilio. Gli imprenditori consegnavano la materia prima presso il domicilio dei lavoranti e passavano poi a ritirare il prodotto maggiormente commercializzato, e non c’era paese europeo che non ne producesse. Nell’industria laniera primeggiava sempre l’Italia con Milano, Como, Bergamo, Pavia, Brescia, e Firenze, ma anche i Paesi Bassi.La nuova produzione non si basava più su tessuti di alta qualità e quindi costosi, ma su tessuti leggeri e a buon mercato, destinati ad un pubblico vasto. L’Italia era all’avanguardia anche nella produzione della seta. Il regno di Napoli produceva grandi quantità di seta grezza che in parte veniva lavorata sul posto, in parte esportata verso altri centri. Le più importanti seterie si trovavano a Genova, Firenze, Venezia, Milano, Como, e Lucca dove si richiedevano tessuti raffinatissimi richiesti in tutta Europa.La produzione di seta era anche notevole in Spagna.
I LIVELLI ALTI DELLO SCAMBIO
L’aumento dei prezzi danneggiò i salariati e tutte le categorie a reddito fisso, ma arricchì le categorie che operavano dinamicamente nel tessuto economico. Questa è l’epoca in cui si affermano i banchieri – mercanti – industriali.In prima fila ci sono i banchieri tedeschi, come i Welser e i Fuger. La grande ascesa dei Fuger si deve a Jacob detto il ricco, che finanziò i principi e sovrani in cambio della concessione di monopoli.Ottenne così dal principe del Tirolo i diritti di sfruttamento di importanti miniere d’argento e con lo stesso sistema impose il proprio controllo sulle miniere di rame dell’Ungheria e della Slovacchia. La potenza politica e economica dei Fugger non aveva pari. In quest’epoca si può notare una tendenza più alta all’investimento dei propri capitali in attività produttive e alla loro circolazione internazionale. Il carattere fondamentale dell’economia dell’epoca resta l’agricoltura. Un’altra caratteristica è il coinvolgimento dei governi nei grandi traffici internazionale. I regni maggiormente impegnati nella conquista coloniale organizzarono uno stretto controllo sul commercio oceanico.In Spagna lo strumento di questo controllo fu la casa de la contrataciòn, creata nel 1503, che deteneva il monopolio commerciale con l’America in cambio della cessione di un quinto degli utili alla corona. La casa percepiva inoltre i diritti doganali, rilasciava licenze d’imbarco per le Indie e fungeva da tribunale per le vertenze commerciali.La sua sede era a Siviglia.La corona portoghese scelse invece la via del controllo diretto dei traffici coloniali, che avevano il loro fulcro a Lisbona.Gli incaricati di tre istituzioni, la casa de India, la casa de Guinea, la casa da Mina, riscuotevano i diritti doganali, finanziavano a nome del re i contratti con i commercianti e gli esploratori, armavano le flotte, controllavano il carico e lo scarico delle merci, e tenevano il registro degli equipaggi e dei passeggeri imbarcati. Il maggior centro commerciale e finanziario d’Europa era Anversa.Lo sviluppo d’Anversa fu rapido e ben presto i proventi della sua dogana raddoppiarono: Anversa smistava le spezie portoghesi, i vini spagnoli e francesi, lo zucchero americano, i drappi inglesi, il legno svedese e molte altre cose. Poi c’era la borsa che era il luogo d’incontro fisso di banchieri, mercanti, agenti di cambio, e altri individui coinvolti a vario titolo nel mondo degli affari, dove si trattavano insieme operazioni sulle merci, cambi, partecipazioni e assicurazioni marittime. Le borse si diffusero praticamente in tutte le città in cui i traffici prosperavano, ma la loro origine risale probabilmente all’Italia di qualche secolo prima; le borse infatti esistevano nel 14 secolo a Pisa, Venezia, Firenze e Genova, mentre a Lucca addirittura nel 12 secolo mercanti e notai si riunivano in un luogo determinato che ora si può paragonare alla borsa.

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