I libertini

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I Libertini
Con il termine “libertinismo” si intende il movimento culturale nato nel Seicento che, essendo in netta opposizione alla difesa delle ragioni del cuore e della fede dispiegate da Pascal, ha come principale caratteristica la critica dell’ortodossia religiosa in nome dell’autonomia della ragione da ogni autorità e quindi il tentativo di emanciparsi da qualsiasi forma di servitù intellettuale.
Il libertinismo trae origine soprattutto dal Rinascimento e dalla sua affermazione della dignità e dell’autonomia intellettuale dell’uomo, nonché dalla sua riscoperta del “vero” Aristotele pagano, in contrapposizione a quello trasfigurato al quale si richiamavano i medievali.
Le radici vere e proprie del movimento sono però da ricercare indietro nel tempo, e in altre parole a quando nel XIII sec. comparve una delle tante sette religiose dai contorni dottrinari non ben definiti ovvero quella dei seguaci del “Libero Spirito”, caratterizzati dall’assunzione di alcune premesse razionalistiche e panteistiche. Successivamente, attorno al 1525, nacque in Francia un’altra setta simile alla precedente, in quanto i suoi seguaci ritenevano panteisticamente che in tutta la realtà fosse presente uno “spirito animatore” e che dopo la redenzione l’uomo avesse riacquistato l’innocenza posseduta prima del peccato originale (applicavano perciò l’agostiniano “ama et fac quod vis”, in altre parole “ama e fai ciò che vuoi).
Questa unione di non conformismo dottrinario e di amoralismo pratico fu tipica di tutti coloro che, in successivi contesti storico-culturali più o meno differenti, vennero denominati “libertini”.
Nel XVII sec. il termine libertini indicò in Francia e in altri paesi europei i seguaci del “libero pensiero” nel campo della religione e della morale. Nella seconda metà del secolo il termine si degradò ad assumere definitivamente il senso, anche oggi corrente, di “individui privi di ogni freno morale”, soprattutto sul piano erotico-sessuale, mentre per designare i non conformisti e i ribelli, specialmente sul piano delle credenze religiose, si preferì l’espressione “espits forts” (spiriti forti).
Nel’600 il termine “libertinismo” designa quindi la posizione di quei liberi pensatori che, in Italia, Francia, Olanda e Germania, professavano idee in contrasto con le varie versioni della dottrina cristiana. Tuttavia gli storici del movimento sono concordi nell’ammettere che sarebbe un’evidente forzatura attribuire al libertinismo un corpo organico ed uniforme di dottrine e che ci si debba perciò limitare all’indicazione di certe tematiche più frequentemente ricorrenti nei vari individui e gruppi.
Temi portanti della corrente libertina sono, ad esempio, l’affermazione (giudicata sconcertante all’epoca) dell’infinità dell’universo, già difesa da Giordano Bruno; se è vero poi che, in un certo senso, viene riscoperto un nuovo e autentico Aristotele, è altrettanto vero che i Libertini recuperano tendenzialmente i filosofi post-aristotelici, derivandone precisi assunti a cui fare costante riferimento: così dallo stoicismo mutuano l’esigenza di individuare una morale razionalistica, svincolata dalla religione, e la concezione di un universo retto da leggi necessarie e necessitanti, cui nulla (compreso l’uomo) può sfuggire. Dall’epicureismo è invece desunta la concezione materialistica ed atomistica del reale e dell’uomo, destinato a non godere di alcuna vita ultraterrena. L’eredità dello scetticismo, nella sua veste “pirroniana”, consiste invece nella consapevolezza dei limiti intrinseci della conoscenza umana e la conseguente centralità della sospensione del giudizio. Il punto su cui tuttavia i Libertini insistono maggiormente è la tematica dell’impostura religiosa, in altre parole la distruzione di quei dogmi volti all’assoggettamento del popolo al potere. Tale critica sfocia o in un moderato deismo, tale perciò alla concezione dogmatica e scritturale del Dio cristiano viene opposto un Dio razionalmente inteso come principio ordinatore del cosmo (e ciò passerà in eredità agli Illuministi), oppure in un più radicale panteismo di marca bruniana, quindi Dio altro non sarebbe se non il mondo nella sua vitale realtà, o, nei casi più estremi, in un’aperta professione di ateismo. In ogni caso, al di là delle varie posizioni assunte dai suoi componenti, il libertinismo tende a propugnare la tolleranza religiosa.
Il movimento libertino vero e proprio, vale a dire quello dei primi decenni del’600, tende a manifestarsi come libertinismo radicale, con una critica incredibilmente severa, tanto al dogmatismo religioso, quanto all’assolutismo politico ad esso alleato: in questa prima fase rientrano Giulio Cesare Vanini (seguace della scuola padovana) e Thèophile de Viau (poeta francese). Per libertinismo erudito si intende il movimento culturale caratterizzato da una critica razionalistica dai toni più sfumati e concilianti e, soprattutto, da un sodalizio tra il filosofo libertino e il potere politico, dal quale ottenere favori e protezione; in questa corrente rientrano François La Mothe le Vayer, Gabriel Naudè e il filosofo Gassendi. Gli storici dell’età moderna considerano il libertinismo come il sotterraneo anello di congiunzione fra il pensiero umanistico-rinascimentale e l’Illuminismo, il quale operò un vero e proprio salto di qualità, con il suo impegno a rendere partecipi della critica liberatrice tutti gli uomini ragionevoli, la sua estensione della verifica del pensiero agli ordinamenti politici e sociali e il suo rifiuto di considerare il libero esercizio della ragione come un improduttivo piacere privato.

Greta Calderoli 4°H

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