Costruzione stato italiano

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LE CONDIZIONI DI VITA DEGI ITALIANI:
Al momento dell’unità, l’Italia era abitata da circa 22 milioni di abitanti, tra i quali il tasso medio di analfabetismo era del 78%, con punte del 90% al sud e nelle isole. Pochissime persone facevano uso della lingua italiana ed il resto della popolazione si serviva ancora dei dialetti. Inoltre, nonostante l’Italia fosse uno dei paesi europei con maggior numero di città possedeva pochissime industrie, spesso dislocate rispetto ai centri urbani. La maggior parte della popolazione viveva nelle campagne, sostenuta da attività agricole. L’agricoltura italiana non era affatto favorita dalle condizioni naturali a causa del terreno montuoso e delle molte zone paludose. Questo portava ad un’agricoltura sostanzialmente povera.
➢ Nella zona della pianura Padana si erano sviluppate molte aziende agricole moderne che univano l’agricoltura all’allevamento dei bovini
➢ Nel Nord vi erano grandi proprietà coltivate a cereali e piccole aziende a conduzione familiare
➢ Nell’Italia centrale dominava la mezzadria
➢ Nel mezzogiorno e nelle isole, vigeva il latifondo e nei contratti agrari vi erano forti tracce dell’ordinamento feudale.
In tutta l’Italia, in ogni caso, era bassissimo il livello di vita della popolazione rurale. Sicuramente gran parte dell’opinione pubblica urbana e borghese non conobbe per molto tempo questa realtà. Anche gli uomini politici del nord erano all’oscuro della gravità della situazione, tra questi anche Cavour non si era mai spinto più a sud di Firenze.
LA CLASSE DIRIGENTE: DESTRA E SINISTRA
Pochi mesi dopo l’unità d’Italia morì Cavour. I suoi successori rispettarono la linea politica da lui predisposta. Il gruppo dirigente era costituito sostanzialmente da piemontesi, ma vi erano gruppi lombardi, emiliani e toscani che si erano inseriti senza problemi. La rappresentanza delle regioni meridionali era invece molto meno numerosa. Questi uomini costituivano un gruppo abbastanza omogeneo dal punto di vista sociale e politco, che venne definito dal linguaggio politico corrente “Destra”- che sarà poi la “Destra storica”- anche se in realtà era un gruppo di centro moderato. La vera Destra (quella dei clericali) si era infatti autoesclusa dalle istituzioni perchè nopn riconosceva la legittimità del nuovo stato. Un fenomeno analogo si verificò sull’altro versante politico: i mazziniani e i repubblicani si rifiutarono di partecipare all’attività politica ufficiale e andarono a formare la sinistra democratica: accanto agli esponenti della vecchia sinistra piemontese sedevano patrioti mazziniani e garibaldini che si volevano inserire nelle istituzioni monarchiche per cambiarle. Rispetto alla destra, la sinistra poggiava su una base sociale più ampia e composita, formata da gruppi piccolo e medio borghesi e comprendeva anche operai e artigiani del nord. La sinistra si propose come obiettivi:
➢ Suffragio universale
➢ Decentramento amministrativo
➢ Completamento dell’unità
LO STATO ACCENTRATO E IL MEZZOGIORNO
La preoccupazione di salvaguardare l’unità portò ad un modello di stato accentrato, basato su ordinamenti uniformi per tutto il regno e su una gerarchia di funzionari dipendenti dal centro. Le premesse per l’accentramento erano già implicite nel modo in cui si era giunti all’unificazione mediante annessioni al regno di sardegna. Decisive per questo erano state:
➢ La legge Casati: istruzione elementare obbligatoria
➢ Legge Rattazzi: i comuni e le province erano sotto al controllo dei sindaci (di nomina regia) e dei prefetti (rappresentanti del potere esecutivo)
La situazione del meridione contribuì sicuramente alle scelte dell’accentramento amministrativo: nelle province meridionali il malessere antico delle masse contadine si sommò a una diffusa ostilità verso il nuovo ordine politico che non aveva portato nessun mutamento radicale. La situazione peggiorò con il tempo e nacque un moto di rivolta costituito da bande di “irregolari”, che massacravano ui notabili liberali e incendiavano gli archivi comunali. A questo lo stato rispose rafforzando i contingenti militari nel sud. Nel 1863 il parlamento apprvò una legge che dichiarava un regime di guerra nelle province “in stato di brigantaggio”. In questo modo nel giro di pochi anni le bande più importanti furono isolate e distrutte.
Nonostante ciò il governo non fu in grado di soddisfare le aspirazioni della popolazione meridionale e accentuò il divario tra nord e sud.
I COSTI DELL’UNIFICAZIONE
Il governo dovette occuparsi anche di un’unificazione economica delo paese: dovevano essere uniformati i sistemi monetari, abbattute le barriere doganali e costruita un’efficente rete di comunicazione che favorisse gli scambi commerciali. La classe dirigente moderata estese la legislazione doganale del regno di sardegna a tutti gli altri stati. Lo sviluppo delle vie di comunicazione (in particolare della rete ferroviaria) fu molto rapido. In questo modo tutto il setore agricolo conobbe progressi significativi in termini di incremento produttivo. Nesun vantaggio invece venne al settore industriale che fu messo da parte poichè gli uomini politici ritenevano che l’Italia dovesse puntare sull’agricoltra come bene della crescita economica. Nel complesso però la situazione per gli abitanti non cambiò molto e causa di questo fu la durissima politica fiscale, dettata dalla necessità di coprire i costi dell’unificazione. Il governo dovette infatti ricorrere a imposte che colpivano sia i redditi che i consumi. La situazione peggiorò ulteriormente dopo il 1866 quando l’Italia dovette sostenere una guerra contro l’Austria: fu varata una nuova tasse sulla macinazione dei cereali, nota come tassa sul macinato. Questa tassa colpiva tutti gli abitanti perchè era in pratica una tassa sul pane, consumo popolare per eccellenza. Questa tassa suscitò molte proteste che furono però soffocate. Nel 1875 fu raggiunto il pareggio, ma lo scontento nei confronti del governo si accresceva sempre di più.

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