L'ideale cavalleresco

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Testo

QUADRO DI RIFERIMENTO
CAVALLERIA ED IDEALE CAVALLERESCO:
Fino al XI sec. il volgare rimase in uso esclusivamente orale, poiché per passare anche all’uso scritto vi è bisogno di gruppi laici con la necessità di comunicare e altri di ricevere; ciò si verifica per la prima volta in Francia, alla fine del XI sec., dove era particolarmente formata la società feudale. Difatti, per i continui scontri si venne a formare una nuova classe combattente, la cavalleria, via via sempre più composta di “ex – ministeriales”; questo chiarisce come si poterono trovare i primi scritti in volgare, poiché si sa che sono spesso proprio in nuovi membri di una classe elevata ad esaltarne i principi, per compensare la debolezza delle loro origini.
I valori e gli ideali cavallereschi sono: la prodezza, l‘onore, la fedeltà, la lealtà ed il principio che la vera nobiltà trascende al ceto sociale ed è la nobiltà d’animo. La chiesa cercò però un compromesso tra questi valori laici e quelli cristiani, da cui il concetto che il cavaliere doveva operare per i più deboli e per difendere la fede, a cui segue l’idea di guerra santa; non a caso questi ideali si consolidarono in concomitanza alle crociate nel XI sec. e proprio in questo periodo l’aristocrazia, sotto l’impulso di esprimersi, produce i primi testi letterari in volgare, le canzoni di gesta, dove esaltano le imprese cavalleresche in difesa della fede.
* LE CANZONI DI GESTA:
si tratta di lunghi poemi epici, in lingua d’öil, di struttura chiusa e compatta, incentrati su avvenimenti storici, trasfigurati sotto una luce leggendaria, anche per la presenza di elementi della mentalità del tempo (da ricordare che nel medioevo non vi era il senso di profondità storica moderno). Questa espressione della visone della vita è quindi destinata ad un pubblico di vassalli militari. I testi pervenutici sono anonimi, ma si pensa siano opera di poeti colti e consapevoli, detti giullari, che potevano intrattenere un pubblico popolare come giocolieri ecc. nelle piazze, o come narratori nelle corti.
L’IDEALE CORTESE:
Quando i centri della vita sociale “colta”, divengono le corti, si ha un ingentilimento degli ideali cavallereschi che trapassano nell’ideale cortese, che presupponeva, oltre ai valori come la prodezza, l‘onore, la fedeltà, la lealtà, valori come la liberalità ( disprezzo del denaro) strettamente legato alla magnanimità(donare anche prima che sia chiesto), la misura (parsimonia nell’uso delle ricchezze); vi è poi il culto delle belle forme (ricchezze + gentilezza) e la cortesia da cui il rilievo della donna come centro della cortesia.
* L’AMORE CORTESE:
La concezione dell’amor cortese è una concezione singolare rispetto a quella classica che si fondava sull’uguaglianza tra uomo e donna, e sul fine del sentimento (realizzazione del desiderio); mentre nell’amor cortese vi è:
- Il culto della donna, sublime, irraggiungibile, divina, da cui deriva un…
- Conflitto tra amore e religione.
- L’inferiorità dell’amante, cioè l’uomo, umile e riconoscente servitore della donna.
- L’amore che è inappagato, da cui si ha gioia e sofferenza insieme e…
- L’amore adultero, per cui segreto (nelle poesie, per difendere l’onore dell’amata dai “malparlieri”, veniva usato uno pseudonimo).
Sulla genesi dell’amor cortese vi sono più interpretazioni:
- I. politica, la quale sostiene che il culto della donna non sia che la trascrizione metaforica del rapporto tra vassallo e signore.
- I. psico - sociologica, secondo la quale, vista la presenza a corte di numerosi uomini (giovani, celibi e “poveri”) e poche donne (sposate, ricche e colte) si creerebbe una tensione erotica inappagabile, che troverebbe sfogo nella poesia amorosa cortese.
- I. sociologica, di Köler, secondo la quale la poesia cortese rappresenterebbe la spiritualizzazione di aspetti economici e sociali della società feudale; sarebbe quindi l’espressione di una piccola nobiltà senza feudo, che rappresenterebbe questa condizione tramite l’irraggiungibilità della donna; con il valore di amor fino rivendicherebbe la parità ideale con l’alta nobiltà e l’onore, non più materiale, sarebbe anche alla loro portata.
IL ROMANZO CORTESE – CAVALLERESCO:
L’amor cortese trovò poi espressione, al nord della Francia in forme narrative in d’öil, al sud i forme liriche in d’öc. Per capire meglio è utile confrontare i caratteri del romanzo cortese-cavalleresco con quelli delle canzoni di gesta:
- Nelle C.G. i temi sono la guerra e la religione, in cui la donna a un ruolo superfluo, mentre nel R. i personaggi femminili hanno una grande importanza, visto che si hanno proprio le forme dell’amor cortese.
- Le C.G sono di base storica trasfigurata e l’elemento sovrannaturale è presente solo in termini religiosi (angeli ecc.), mentre nel R. la base è totalmente leggendaria e si hanno elementi sovrannaturali di origine celtica (folletti, draghi, elfi ecc.), quindi di carattere profano.
- Nelle C.G si combatte per fini precisi e determinati da canoni e consuetudini rigide, mentre nel R. il fine ultimo è l’autoaffermazione, la ricerca dell’avventura o a volte di una donna o di un oggetto (queste).
- Anche la struttura è diversa: nelle C.G. è chiusa e compatta (10), nel R. è aperta (8).
- Nelle C.G. il fine dello scritto è l’espressione della visione della casta guerriera, mentre nel R. è solo il diletto (generalmente per soddisfare il signore).
- Nelle C.G. gli autori sono giullari anonimi, le cui opere sono destinata ad una trasmissione orale, mentre il R. è opera di chierici colti di corte, le cui opere sono destinate alla lettura.

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