Le rouge et le noir

Materie:Traduzione
Categoria:Francese

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Testo

Stendhal
(Henri Beyle, 1783 – 1842)
Le Rouge et le Noir (Il Rosso e il Nero)
AVVERTENZA
Quest'opera era pronta per essere pubblicata quando i grandi avvenimenti di luglio hanno dato a tutti gli spiriti un orientamento poco favorevole ai giochi dell'immaginazione. Abbiamo motivo di credere che le pagine seguenti siano state scritte nel 1827.
PARTE PRIMA
La veritа, l'aspra veritа.
Danton
I • UNA CITTADINA
Put thousand together
Less bad,
But the cage less gay.
Hobbes
La cittadina di Verriиres puт essere considerata una delle piщ graziose della Franca Contea. Le sue case bianche, dai tetti aguzzi e dalle tegole rosse, si arrampicano sul declivio di una collina dove macchie di vigorosi castagni mettono in risalto ogni minima sinuositа. Il Doubs scorre qualche centinaio di piedi sotto le fortificazioni costruite un tempo dagli spagnoli e ora in rovina.
A nord la cittа и protetta da un'alta montagna, diramazione del Giura. I primi freddi d'ottobre coprono di neve le cime frastagliate del Verra. Un torrente, precipitando dalla montagna, attraversa Verriиres prima di gettarsi nel Doubs e mette in moto un gran numero di segherie: industria assai semplice che dа lavoro alla maggior parte degli abitanti, contadini piщ che borghesi. Non и questa, tuttavia, la fonte di maggior ricchezza per la cittadina. Il benessere generale che, dopo la caduta di Napoleone, ha consentito di ricostruire le facciate di quasi tutte le case di Verriиres и dovuto alla fabbrica di tele stampate, dette di Mulhouse.
Entrando in cittа si rimane storditi dal fracasso di una macchina rumorosa e terribile a vedersi. Venti pesanti martelli, che si abbattono con un frastuono tale da far tremare il selciato, sono sollevati da una ruota spinta dall'acqua del torrente. Ogni giorno ciascuno di questi martelli fabbrica chi sa quante migliaia di chiodi. E sono ragazze giovani e graziose, quelle che sottopongono ai colpi di questi enormi martelli i pezzettini di ferro che vengono poi trasformati rapidamente in chiodi. Questo lavoro, cosм duro in apparenza, и uno dei piщ stupefacenti per il viaggiatore che si spinge per la prima volta sulle montagne, al confine tra la Francia e la Svizzera. Se poi il viaggiatore, entrando a Verriиres, chiede di chi и la bella fabbrica di chiodi che assorda i passanti sulla via principale, gli viene risposto con accento strascicato: «Ah! и del signor sindaco!»
E per poco che il viaggiatore si fermi alcuni istanti in questa grande via principale, che sale dalle rive del Doubs fin verso la sommitа della collina, c'и da scommettere cento contro uno che vedrа comparire un uomo robusto dall'aria indaffarata e imponente.
Al suo apparire tutte le teste si scoprono rapidamente. I suoi capelli tendono al grigio, e grigio и il suo vestito. И cavaliere di diversi ordini; fronte ampia e naso aquilino, nel complesso il suo volto non manca di una certa regolaritа; anzi, a prima vista, sembrano mescolarvisi la dignitа del sindaco di paese e quella certa attrattiva che puт ancora trovarsi in un uomo sulla cinquantina. Ma, ben presto, il viaggiatore che viene da Parigi и colpito da un certo che di compiacimento e di sufficienza, misto a qualcosa di limitato e privo di fantasia. Alla fine ci si accorge che il talento di quest'uomo si limita alla capacitа di farsi pagare con grande esattezza dai debitori, e di pagare, a sua volta, il piщ tardi possibile.
Tale и il sindaco di Verriиres, signor de Rкnal. Dopo aver attraversato la via con andatura imponente, egli entra nel municipio e scompare agli occhi del viaggiatore. Ma se quest'ultimo continua la sua passeggiata, dopo cento passi vede una casa abbastanza bella e, attraverso una cancellata, degli splendidi giardini. Piщ oltre, la linea dell'orizzonte и disegnata dalle colline della Borgogna e sembra fatta apposta per la gioia degli occhi. Questa vista fa scordare al viaggiatore l'atmosfera appestata dai piccoli interessi commerciali che cominciano ad asfissiarlo.
Viene informato che quella и la casa del sindaco. I profitti della grande fabbrica di chiodi hanno consentito al primo cittadino di Verriиres di costruire questa bella dimora di pietra squadrata, da poco finita. La sua famiglia, si dice, и un'antica famiglia spagnola: e, si afferma, stabilita nella zona molto tempo prima che Luigi XIV la conquistasse. Dal 1815 in poi Rкnal si vergogna di essere un industriale: al 1815 egli deve la sua nomina a sindaco di Verriиres. Anche le terrazze, che sostengono le diverse parti di questo splendido giardino e che di balza in balza scendono fino al Doubs, sono dovute alla perizia di Rкnal nel commercio del ferro. Non aspettatevi di trovare in Francia i pittoreschi giardini che circondano le cittа manifatturiere della Germania, come Lipsia, Francoforte, Norimberga, ecc. Nella Franca Contea piщ si costruiscono muri, piщ si arricchiscono le proprietа di pietre poste l'una sull'altra, e piщ si ha diritto al rispetto dei vicini. I giardini di Rкnal, irti di muri, sono ammirati anche perchй abbracciano lembi di terreno comperato a peso d'oro. Ad esempio, quella segheria che vi ha colpito al vostro ingresso in Verriиres per la sua singolare posizione sul Doubs, e dove avete notato sul tetto una tavola col nome SOREL scritto a lettere cubitali, sei anni or sono sorgeva sull'area della quarta terrazza dei giardini di Rкnal, attualmente in costruzione.
Nonostante il suo orgoglio, il sindaco и stato costretto a lunghe trattative col vecchio Sorel, contadino duro e testardo: gli ha dovuto sborsare parecchi luigi d'oro per convincerlo a trasportare altrove la sua segheria. Quanto al torrente pubblico che metteva in moto la sega, Rкnal и riuscito a fare in modo che fosse deviato, in virtщ del suo credito a Parigi. Questo favore gli и stato concesso dopo le elezioni del 182*.
In cambio, Sorel ha ottenuto da Rкnal un appezzamento quattro volte piщ vasto, sulle rive del Doubs, cinquecento passi piщ a valle. E benchй quella posizione fosse molto piщ favorevole al suo commercio di tavole d'abete, papа Sorel - come lo chiamano da quando и divenuto ricco - ha trovato modo di farsi dare una somma di 6000 franchi, sfruttando l'impazienza e la mania di proprietario che animavano il suo vicino.
Ma и anche vero che questo accomodamento и stato criticato dai benpensanti del luogo. Quattro anni fa, una domenica, mentre tornava dalla chiesa in tenuta da sindaco, Rкnal vide da lontano il vecchio Sorel che lo guardava sorridendo, circondato dai suoi tre figli. Quel sorriso ha illuminato di una luce sinistra la mente di Rкnal: e da allora egli pensa che avrebbe potuto concludere piщ vantaggiosamente lo scambio.
A Verriиres, per godere della stima generale, и indispensabile una cosa: pur costruendo molti muri, evitare ogni progetto importato da quei muratori che in primavera vengono dall'Italia attraversando le gole del Giura per raggiungere Parigi. Una simile innovazione varrebbe all'imprudente costruttore l'eterno marchio di testa matta e gli alienerebbe per sempre la fiducia delle persone sagge e moderate che distribuiscono la stima nella Franca Contea.
In effetti queste sagge persone esercitano il piщ noioso dispotismo: e, proprio per questo, il soggiorno nelle piccole cittа di provincia и insopportabile per chi ha vissuto in quella grande repubblica chiamata Parigi. La tirannia dell'opinione pubblica (e quale opinione!) и altrettanto stupida nelle cittadine francesi quanto negli Stati Uniti d'America.
II • UN SINDACO
L'importanza! Le sembra una cosa da poco, signore? Il rispetto degli sciocchi, la meraviglia dei bambini, l'invidia dei ricchi, il disprezzo dei saggi.
Barnave
Fortunatamente per la reputazione di Rкnal come amministratore, un gigantesco muro di sostegno era necessario alla passeggiata pubblica che costeggia la collina, un centinaio di piedi sopra il corso del Doubs, e che gode, grazie a questa splendida posizione, di una vista tra le piщ pittoresche della Francia. Ma ogni primavera le acque piovane solcavano la passeggiata e vi aprivano delle fenditure che la rendevano impraticabile. Questo inconveniente, avvertito da tutti, mise Rкnal nella fortunata necessitа di immortalare la propria amministrazione con un muro alto venti piedi e lungo trenta o quaranta tese.
Il parapetto di questo muro, che ha costretto Rкnal a recarsi tre volte a Parigi, perchй il penultimo ministro degli interni si era dichiarato nemico mortale della passeggiata di Verriиres, il parapetto di questo muro, dicevamo, и alto quattro piedi da terra. E, quasi a sfidare tutti i ministri presenti e passati, attualmente lo si sta adornando con lastroni di pietra da taglio.
Quante volte, pensando ai balli di Parigi abbandonati il giorno prima, col petto appoggiato a questi grandi massi di un bel grigio azzurro, ho immerso lo sguardo nella valle del Doubs! Oltre il fiume, sulla riva sinistra, serpeggiano cinque o sei vallate in fondo alle quali l'occhio distingue chiaramente dei torrentelli che, precipitando di cascata in cascata, vanno a gettarsi nel Doubs. Il sole и caldissimo su queste montagne; quando batte a picco, il viaggiatore и protetto nel suo fantasticare dall'ombra di magnifici platani che si ergono sulla terrazza. Il loro rapido sviluppo e le loro belle fronde tendenti all'azzurro si devono alla terra che il sindaco ha fatto collocare dietro il suo immenso muro di sostegno, allargando cosм la passeggiata di oltre sei piedi, nonostante l'opposizione del consiglio municipale (e di questo devo dare atto a Rкnal, anche se egli и un ultra e io un liberale). In tal modo, secondo lui e secondo Valenod, il fortunato direttore dell'ospizio per i poveri di Verriиres, questa terrazza puт reggere il paragone con quella di Saint-Germain-en-Laye.
Per parte mia ho da obiettare soltanto una cosa al COURS DE LA FIDЙLITЙ (nome ufficiale, scritto in una ventina di punti diversi su lastre di marmo che hanno fruttato un'ulteriore decorazione al sindaco): ed и il modo barbaro con cui le autoritа fanno sfrondare e potare fino al vivo questi vigorosi platani. Con le loro sommitа rotonde, basse e appiattite finiscono col rassomigliare alle piщ volgari piante da orto, mentre non ambirebbero, per cosм dire, che a sfoggiare le stupende forme di cui fanno mostra in Inghilterra. Ma la volontа del sindaco и dispotica, e due volte l'anno tutti gli alberi di proprietа comunale vengono spietatamente amputati. I liberali del luogo pretendono, sia pure esagerando, che la mano del giardiniere ufficiale si и fatta molto piщ pesante da quando i proventi della potatura vanno a finire nelle mani del vicario Maslon.
Questo giovane ecclesiastico fu mandato da Besanзon, alcuni anni or sono, per sorvegliare l'abate Chйlan e qualche altro curato dei dintorni. Un vecchio maggiore medico dell'armata d'Italia, che era in ritiro a Verriиres e che, a sentire il sindaco, era stato giacobino e bonapartista contemporaneamente, osт un giorno lamentarsi con lui per la periodica mutilazione di queste belle piante.
«L'ombra mi piace,» rispose Rкnal con quella sfumatura di altezzositа che si addice parlando a un chirurgo insignito della Legion d'Onore. «Sм, l'ombra mi piace. Faccio potare i miei alberi perchй diano ombra, e non concepisco che un albero possa servire ad altro. A meno che, come l'utile noce, non renda.»
Ecco la grande parola che a Verriиres ha un valore decisivo: RENDERE. Da sola essa rappresenta il pensiero fisso di piщ di tre quarti degli abitanti.
Rendere и la ragione decisiva in questa cittadina che vi era parsa tanto graziosa. Lo straniero che arriva, sedotto dalla bellezza delle fresche e profonde vallate circostanti, sulle prime pensa che gli indigeni siano sensibili al bello; di questa bellezza, infatti, essi parlano anche troppo, e non si puт negare che ne facciano gran conto: ma soltanto perchй attira qualche forestiero, che con i suoi soldi arricchisce gli albergatori e, di conseguenza, attraverso il meccanismo del dazio, rende qualcosa alla cittа.
In una bella giornata autunnale Rкnal passeggiava tutto compunto sul Cours de la Fidйlitй dando il braccio alla moglie. Questa, pur continuando ad ascoltare il marito, seguiva con inquietudine le evoluzioni di tre ragazzini. Il maggiore, che poteva avere undici anni, si avvicinava troppo spesso al parapetto e faceva il gesto di montarvi sopra. Allora una voce dolce scandiva il nome di Adolphe, e il fanciullo rinunciava al suo ambizioso progetto. La signora de Rкnal dimostrava una trentina d'anni, ma era ancora abbastanza bella.
«Potrebbe pentirsene quel signore di Parigi,» diceva Rкnal in tono offeso e con le guance piщ pallide del solito. «Ho anch'io le mie amicizie a corte...»
Ma, anche se ho intenzione di parlarvi della provincia per duecento pagine, non sarт tanto barbaro da farvi subire le lungaggini e i sapienti mezzi termini di un dialogo provinciale.
Quel signore di Parigi, cosм odioso al sindaco di Verriиres, non era altri che Appert, il quale due giorni prima aveva trovato modo di introdursi non solo nella prigione e nell'ospizio dei poveri di Verriиres, ma anche nell'ospedale, amministrato gratuitamente dal sindaco e dai maggiori proprietari del luogo.
«Ma,» diceva timidamente la signora de Rкnal, «che male puт farvi quel signore di Parigi, dal momento che voi amministrate il bene dei poveri con l'onestа piщ scrupolosa?»
«Viene soltanto a criticare, e poi pubblicherа degli articoli sulla stampa liberale.»
«Ma caro, voi non li leggete mai!»
«Tuttavia, di questi articoli giacobini se ne sente parlare: e la cosa ci distrae e ci impedisce di fare il bene. Per quanto mi riguarda, non la perdonerт mai al curato.»
III • IL BENE DEI POVERI
Un curato virtuoso e non intrigante и una provvidenza per il villaggio.
Fleury
Bisogna sapere che il curato di Verriиres era un vecchio ottantenne, ma all'aria viva delle montagne egli doveva una salute e un carattere di ferro; e aveva il diritto di visitare in qualsiasi momento la prigione, l'ospedale e perfino l'asilo dei poveri. Appert, che veniva da Parigi con una raccomandazione per il curato, aveva avuto l'accortezza di arrivare proprio alle sei del mattino in una cittadina piena di curiositа, e si era recato direttamente in canonica.
Leggendo la lettera scrittagli dal marchese de La Mole, il piщ ricco proprietario della provincia e Pari di Francia, il curato Chйlan rimase sovrappensiero.
Alla fine mormorт fra sй: «Io sono vecchio, e qui mi vogliono bene. Non ne avrebbero il coraggio!» Poi si voltт di scatto verso il signore di Parigi, con uno sguardo in cui, nonostante gli anni, brillava il fuoco sacro che rivela il piacere di compiere una bella azione un po' pericolosa:
«Venite con me e, in presenza del carceriere e specialmente dei sorveglianti dell'asilo dei poveri, usatemi la cortesia di non esprimere alcun giudizio su quanto vedremo.»
Appert capм di trovarsi di fronte a un uomo coraggioso: seguм il venerabile curato, visitт la prigione, l'ospedale, l'asilo dei poveri, fece molte domande e, nonostante la stranezza di alcune risposte, non si permise il minimo appunto.
La visita durт parecchie ore. Il curato invitт Appert a pranzo, e questi si scusт col pretesto di dover scrivere qualche lettera: in realtа non voleva compromettere ulteriormente il suo generoso compagno. Verso le tre andarono a terminare la visita all'asilo dei poveri e tornarono poi alla prigione. Qui, sulla porta, trovarono il carceriere, una specie di gigante alto sei piedi e con le gambe arcuate: il suo viso ignobile si era fatto ripugnante per il terrore.
«Ah! Signore,» disse al curato appena lo vide, «la persona che и con voi non и per caso il signor Appert?»
«Che importa?» disse il curato.
«Il fatto и che fin da ieri ho l'ordine assoluto, mandatomi dal prefetto per mezzo di un gendarme che ha dovuto galoppare tutta la notte, di non far entrare il signor Appert nella prigione.»
«Noiroud,» disse il curato, «vi dichiaro che la persona che mi accompagna и il signor Appert. Ora, siete disposto ad ammettere che ho il diritto di entrare nella prigione in qualsiasi momento del giorno e della notte, facendomi accompagnare da chi mi pare e piace?»
«Sм, signor curato,» disse il carceriere sottovoce e abbassando la testa come un mastino costretto all'obbedienza dal timore del bastone. «Soltanto, signor curato, io ho moglie e figli. Se mi denunciano, perderт il posto, e non ho altro per vivere!»
«Anch'io sarei piuttosto seccato di perdere il mio,» rispose il buon curato con voce sempre piщ commossa.
«C'и una bella differenza!» ribattй il carceriere con vivacitа. «Voi, signor curato, si sa bene che avete una rendita di ottocento franchi e dei beni al sole...»
Erano questi i fatti che, commentati ed esagerati in venti modi diversi, agitavano da due giorni tutte le astiose passioni di Verriиres. E in quel momento erano l'oggetto della piccola discussione in corso tra Rкnal e sua moglie. Quella mattina il sindaco in persona, seguito da Valenod, direttore dell'asilo dei poveri, era andato dal curato per esprimergli la sua piщ viva disapprovazione. Chйlan non aveva protettori, e seppe misurare tutto il peso di quelle parole.
«Ebbene, signori! Sarт il terzo curato ottantenne ad essere destituito nel circondario. Sono qui da cinquantasei anni, ho battezzato quasi tutti gli abitanti della cittа, che al mio arrivo era soltanto un borgo. Ogni giorno celebro le nozze di giovani i cui nonni, molto tempo fa, ho pure unito in matrimonio. Verriиres и la mia famiglia: ma, vedendo uno straniero, mi sono detto: "Quest'uomo, venuto da Parigi, puт essere benissimo un liberale, ce ne sono anche troppi. Ma che male puт fare ai nostri poveri e ai nostri carcerati?"»
E siccome i rimproveri di Rкnal, e specialmente quelli del direttore dell'asilo dei poveri, si facevano sempre piщ pungenti, il vecchio curato sbottт con voce tremante:
«Ebbene, fatemi destituire. Continuerт ugualmente ad abitare qui. Quarantotto anni fa, lo sanno tutti, ho ereditato un campo da cui ricavo una rendita di ottocento franchi. Mi basteranno per vivere. Non posso certo fare economie col posto che ho, e forse и per questo che non mi spavento davanti alle minacce di perderlo.»
Rкnal andava molto d'accordo con sua moglie; ma, incapace di rispondere all'obiezione che lei gli veniva ripetendo timidamente: «Che male puт fare quel signore di Parigi ai carcerati?», stava per arrabbiarsi sul serio, quando la signora de Rкnal lanciт un grido. Il suo secondogenito era salito sul parapetto della terrazza e vi correva sopra, benchй il muro fosse alto piщ di venti piedi sulla vigna che si trova dall'altro lato. Il timore di spaventare il bambino e di farlo cadere impediva alla signora de Rкnal di rivolgergli la parola. Alla fine il ragazzo, felice della propria prodezza, voltatosi a guardare la madre, si accorse del suo pallore, saltт sulla passeggiata e corse verso di lei, che lo sgridт severamente.
Questo piccolo incidente cambiт il corso della conversazione. «Voglio assolutamente assumere il figlio di Sorel, il padrone della segheria,» disse Rкnal. «Sorveglierа i ragazzi, che cominciano a farsi troppo indiavolati per noi. И un giovane prete, o qualcosa del genere, buon latinista, e farа progredire i ragazzi, poichй ha un carattere fermo: almeno cosм dice il curato. Gli darт trecento franchi l'anno, piщ i pasti. Avevo qualche dubbio sulla sua moralitа perchй era il favorito di quel vecchio chirurgo, membro della Legion d'Onore, che era venuto in pensione dai Sorel col pretesto di essere loro cugino. Quell'uomo, in fondo, poteva essere un agente segreto dei liberali; diceva che l'aria delle montagne gli giovava per la sua asma, ma il fatto non и ancora dimostrato. Aveva combattuto tutte le campagne d'Italia con Buonaparte e si dice che a suo tempo abbia votato contro l'impero. Proprio quel liberale ha insegnato il latino al figlio di Sorel, e gli ha lasciato una quantitа di libri che aveva portato con sй. Insomma, non avrei mai pensato a prendere in casa il figlio del carpentiere, ma il curato, proprio il giorno prima che litigassimo, mi ha detto che Sorel studia teologia da tre anni con l'intenzione di entrare in seminario. Non и dunque un liberale, e in piщ и un latinista.
"Questo progetto presenta molti vantaggi," continuт Rкnal guardando sua moglie con aria diplomatica. «Il Valenod scoppia d'orgoglio per i due bei cavalli normanni che ha comperato da poco per il suo calesse. Ma non ha un precettore per i suoi figli.»
«Potrebbe dunque portarcelo via.»
«Allora approvi il mio progetto?» disse Rкnal, ringraziando la moglie con un sorriso per l'eccellente idea che le era venuta. «Sta bene! Allora tutto и deciso.»
«Ah, mio Dio! Come le prendi in fretta, le tue decisioni!»
«Il fatto и che sono un uomo di carattere, e se n'и ben potuto accorgere il curato. Guardiamo in faccia la realtа: siamo circondati da liberali. Tutti questi mercanti di tela sono invidiosi di me, ne sono sicuro: qualcuno di loro sta ammucchiando ricchezze. Ebbene! Mi garba che vedano i figli di Rкnal a spasso col loro precettore. La cosa incuterа rispetto. Mio nonno raccontava spesso di avere avuto un precettore durante la sua infanzia. Potrа costarmi cento scudi, ma и una spesa necessaria per sostenere il nostro rango.»
Questa improvvisa decisione lasciт la signora de Rкnal pensierosa. Era una donna alta, ben fatta, ed era stata la bellezza del paese, come si usa dire in quelle montagne. Aveva una cert'aria di semplicitа e un passo giovanile; agli occhi di un parigino quella grazia ingenua, piena di innocenza e di vivacitа, avrebbe potuto anche evocare immagini dolcemente voluttuose. Se avesse mai sospettato un simile successo, la signora de Rкnal se ne sarebbe vergognata profondamente. Il suo cuore non era mai stato sfiorato da alcuna forma di civetteria o di affettazione. Si diceva che Valenod, il ricco direttore dell'asilo dei poveri, le avesse fatto la corte, ma senza successo; e questo aveva conferito una luce particolare alla sua onestа. Infatti Valenod, giovane, alto, con spalle larghe, viso colorito e grossi favoriti neri, era uno di quegli esseri grossolani, sfrontati e rumorosi che in provincia hanno fama di begli uomini.
La signora de Rкnal, timidissima e con un carattere apparentemente molto instabile, era urtata soprattutto dal continuo agitarsi e dalle esplosioni verbali di Valenod. Per la sua indifferenza verso tutto ciт che a Verriиres и godimento, la si riteneva molto fiera della sua nascita. Ella non ci pensava affatto, ma si era accorta con grande piacere che le visite a casa sua andavano diradandosi. Non nasconderemo che le altre signore la giudicavano sciocca, dal momento che, senza la minima diplomazia nei riguardi del marito, si lasciava sfuggire le migliori occasioni per farsi portare eleganti cappellini da Parigi o da Besanзon. Purchй la si lasciasse passeggiare liberamente nel suo bel giardino, ella non si lamentava mai.
Era un'anima candida, che non s'era mai neppure sognata di giudicare suo marito e di confessarsi che l'annoiava. Senza dirselo, supponeva che tra marito e moglie non potessero esistere rapporti piщ affettuosi dei loro. Amava Rкnal specialmente quando le parlava dei suoi progetti per i figli, destinandone uno all'esercito, uno alla magistratura e uno alla chiesa. Insomma, lo giudicava molto meno noioso di tutti gli uomini di sua conoscenza.
Questo giudizio coniugale era ragionevole. Il sindaco di Verriиres aveva fama di uomo spiritoso e garbato, soprattutto grazie a una mezza dozzina di epigrammi che egli aveva ereditato da uno zio. Prima della rivoluzione, il vecchio capitano de Rкnal aveva prestato servizio nel reggimento di fanteria del duca d'Orlйans e, quando andava a Parigi, era ammesso nei salotti del principe. Qui aveva visto madame de Montesson, la famosa madame de Genlis, e Ducrest, il progettista del Palais-Royal. Questi personaggi ricomparivano anche troppo spesso negli aneddoti di Rкnal. Ma, poco per volta, il ricordo di cose tanto difficili da raccontare con garbo era divenuto una vera fatica per lui e, da qualche tempo, solo nelle grandi occasioni ripeteva i suoi aneddoti sulla casa d'Orlйans. D'altronde, quando non si parlava di denaro, egli era molto educato ed era giustamente ritenuto la persona piщ aristocratica di Verriиres.
IV • UN PADRE E UN FIGLIO
E sarа mia colpa,
se cosм и?
Machiavelli
«Mia moglie ha davvero molto cervello,» si ripeteva il sindaco di Verriиres, dirigendosi alle sei della mattina successiva verso la segheria del vecchio Sorel. «Con tutte le cose che le ho detto per conservare la mia superioritа, non avevo pensato che, se non assumo io il giovane Sorel, il quale ha fama di sapere il latino come un angelo, quell'anima in pena di Valenod potrebbe avere la stessa idea e soffiarmelo. Figurarsi poi il tono con cui parlerebbe del precettore dei suoi figli!... Piuttosto: dovrт fargli portare la tonaca?»
Rкnal era tutto assorto in questo dubbio, quando vide da lontano un contadino alto quasi sei piedi, che fin dall'alba appariva tutto occupato a misurare pezzi di legno disposti sull'alzaia del Doubs. Il contadino non si mostrт entusiasta di vedere avvicinarsi il signor sindaco, perchй i suoi pezzi di legno, ostruendo il cammino, contravvenivano alla legge.
Il vecchio Sorel, poichй era proprio lui, fu molto sorpreso, ma, piщ ancora, felice, sentendo la singolare proposta che Rкnal gli faceva per suo figlio Julien. Nondimeno lo ascoltт con quel misto di disinteresse e di scontenta tristezza che nasconde tanto bene l'astuzia di questi montanari. Schiavi al tempo della dominazione spagnola, essi conservano ancora quel tratto della fisionomia che и tipico dei fellah egiziani.
La risposta di Sorel cominciт con una lunga litania composta di tutte le formule di rispetto ch'egli sapeva a memoria. mentre pronunciava quelle vuote parole, con un goffo sorriso che aumentava la sua aria di falsitа e quasi di naturale malizia, il vecchio contadino, con l'alacre lavorio della sua mente, cercava di scoprire perchй un uomo tanto stimato volesse prendersi in casa quel fannullone di suo figlio. Di Julien egli era molto scontento, e, proprio per lui, Rкnal gli offriva un insperato stipendio di 300 franchi l'anno, piщ il vitto e perfino i vestiti! Quest'ultima pretesa, Sorel l'aveva avanzata con un improvviso lampo di genio, e Rкnal aveva acconsentito anche a quella.
La richiesta, tuttavia, colpм il sindaco, il quale pensт: «Dal momento che Sorel non va in estasi, come naturalmente dovrebbe, per la mia proposta, и chiaro che qualcuno gli ha giа fatto delle offerte. E chi puт essere stato, se non Valenod?» Invano Rкnal sollecitт Sorel a concludere su due piedi: il vecchio e astuto contadino continuт a rifiutare testardamente; a sentir lui, voleva consultare il figlio, come se in provincia consultare un figlio nullatenente fosse per un padre ricco qualcosa di piщ che una semplice formalitа.
Una segheria ad acqua non и altro che una baracca in riva a un torrente. Il tetto и sostenuto da un'armatura che poggia su quattro pilastri di legno. In mezzo, all'altezza di otto o dieci piedi, si vede una sega, che sale e scende, mentre un meccanismo semplicissimo spinge i pezzi di legno verso l'ordigno. Una ruota mossa dalla corrente fa funzionare entrambi i meccanismi: quello della sega, che sale e scende, e quello che spinge lentamente i pezzi di legno verso la sega, la quale li riduce in tavole.
Avvicinandosi all'officina, il vecchio Sorel chiamт Julien con la sua voce stentorea: nessuno rispose. Vide solo i suoi figli maggiori, specie di giganti che, armati di grosse scuri, squadravano i tronchi di pino prima di spingerli verso la sega. Tutti intenti a seguire esattamente la linea nera tracciata sui pezzi di legno, da cui ogni colpo d'ascia staccava grossi trucioli, essi, non udirono la voce del padre. Questi si diresse verso la baracca: entrandovi, cercт invano Julien vicino alla sega dove avrebbe dovuto trovarsi. Lo scorse cinque o sei piedi piщ in alto, a cavalcioni su una delle travi del tetto. Invece di sorvegliare attentamente il meccanismo, Julien leggeva. Nulla riusciva piщ insopportabile al vecchio Sorel: avrebbe anche potuto perdonare a Julien la sua taglia sottile, cosм poco adatta ai lavori di forza e cosм diversa da quella dei fratelli maggiori: ma la mania della lettura, a lui che non sapeva leggere, era odiosa.
Invano Sorel chiamт Julien due o tre volte. L'attenzione che il giovane prestava al suo libro, molto piщ che il rumore della macchina, gli impedм di udire la voce del padre. Questi, alla fine, nonostante gli anni saltт agilmente sul tronco sottoposto all'azione della sega, e di lа sulla trave trasversale che sosteneva il tetto. Un colpo violento fece volare nel ruscello il libro di Julien, e un secondo colpo altrettanto violento, che gli si abbattй sulla testa, gli fece perdere l'equilibrio. Il giovane stava per cadere dodici o quindici piedi piщ in basso, in mezzo agli ingranaggi della macchina che l'avrebbero stritolato, ma suo padre lo trattenne al volo con la mano sinistra:
«Scansafatiche! Sino a quando continuerai a leggere i tuoi maledetti libri mentre sei di guardia alla sega? Leggili di sera, almeno, quando vai a perdere tempo dal curato.»
Julien, benchй stordito dalla forza del colpo e tutto insanguinato, ritornт al suo posto di lavoro, di fianco alla sega. Aveva le lacrime agli occhi, piщ per aver perduto il suo adorato libro che per il dolore fisico.
«Vieni giщ, animale, che voglio parlarti.» Il rumore della macchina impedм ancora a Julien di udire l'ordine. Il padre, che era sceso, non volendo darsi la briga di risalire, andт a prendere una lunga pertica per buttar giщ le noci e la battй su una spalla del figlio. Non appena quest'ultimo mise piede a terra, il vecchio lo spinse rudemente davanti a sй, verso casa. «Solo Dio sa che cosa mi farа!» pensт il giovane. Passando, guardт tristemente il torrente dove era caduto il libro che prediligeva fra tutti, il Memoriale di Sant'Elena.
Aveva le guance in fiamme e gli occhi bassi. Era un ragazzo sui diciannove anni, di gracile apparenza, con tratti irregolari, ma delicati, e il naso aquilino. I grandi occhi neri, che nei momenti di tranquillitа denunciavano un temperamento riflessivo e focoso, in quel momento erano pieni di un odio feroce. I capelli castano scuri, dall'attaccatura molto bassa, gli rimpicciolivano la fronte e, quando era in collera, gli conferivano un'espressione cattiva. Tra le innumerevoli varietа della fisionomia umana, forse non ne esiste alcuna cosм caratteristica. La figura agile e ben fatta di Julien rivelava piщ agilitа che vigore. Fin dalla piщ tenera infanzia, la sua espressione estremamente pensosa e il suo intenso pallore avevano fatto pensare al padre che non sarebbe sopravvissuto o che sarebbe stato in ogni caso un peso per la famiglia. Oggetto del disprezzo generale in casa, Julien odiava il padre e i fratelli. Nei giochi domenicali sulla piazza del paese era sempre sconfitto.
Non era trascorso un anno da quando il suo viso gradevole aveva cominciato a suscitare qualche simpatia tra le ragazze. Disprezzato da tutti per la sua gracilitа, Julien aveva adorato il vecchio maggiore medico, che un giorno aveva osato parlare al sindaco a proposito dei platani.
A volte il maggiore pagava a Sorel la giornata del figlio e insegnava a questi il latino e la storia, o meglio ciт che conosceva della storia: la campagna d'Italia del 1796. Morendo, gli aveva lasciato la croce della Legion d'onore, gli arretrati del sua pensione e trenta o quaranta volumi, il piщ prezioso dei quali era appena finito nel torrente, deviato grazie all'influenza del sindaco.
Appena entrato in casa, Julien si sentм trattenere per spalla dalla mano forte di suo padre. Tremava, aspettandosi essere picchiato.
«Rispondimi senza mentire,» gli gridт nelle orecchie il vecchio contadino con la sua voce dura, mentre lo faceva girare come un bimbo gira tra le mani un soldatino di piombo. I grandi occhi neri e pieni di lacrime di Julien si trovarono di fronte quelli piccoli, grigi e cattivi del vecchio carpentiere che sembrava volergli leggere fino in fondo all'anima.
V • UNA CONTRATTAZIONE
Cunctando restituit rem.
Ennio
«Rispondimi senza mentire, se puoi, cane di un mangialibri. Come hai conosciuto la signora de Rкnal? Quando le hai parlato?»
«Non le ho mai parlato,» rispose Julien. «Ho visto quella signora solo in chiesa.»
«Ma l'avrai pur guardata, brutto sfrontato!»
«Mai! Sapete bene che in chiesa non vedo che Dio,» soggiunse Julien con un'arietta ipocrita, adattissima, secondo lui a stornare altre botte.
«Eppure c'и sotto qualcosa,» replicт il contadino malizioso, e tacque un istante. «Ma da te, maledetto ipocrita, non caverт niente. Quello che conta и che non ti avrт piщ tra i piedi e la segheria non potrа che guadagnarci. Hai sedotto il curato o qualcun altro che ti ha trovato un buon posto. Va' a preparare la tua roba. Poi ti porterт dal sindaco, dove avrai l'incarico di precettore dei ragazzi.»
«E quanto mi daranno?»
«Da mangiare, da vestire e trecento franchi l'anno.»
«Non voglio fare il servo!»
«Bestia! E chi ti dice di fare il servo? Credi che manderei mio figlio a fare il servo?»
«Ma con chi mangerт?»
Questa domanda sconcertт il vecchio Sorel; egli sentм che parlando avrebbe potuto commettere qualche imprudenza; sicchй se la prese con Julien, lo coprм di ingiurie, accusandolo di golositа, poi lo lasciт per andare a consultarsi con gli altri figli.
Poco dopo Julien li vide tener consiglio, appoggiati alle scuri. Quando li ebbe guardati a lungo e si fu accorto che non avrebbe potuto indovinare nulla, Julien si rifugiт dall'altra parte della sega per non essere sorpreso. Voleva pensare a quell'annuncio imprevisto che cambiava il suo destino, ma si sentм incapace di ragionare a mente fredda; la sua immaginazione era tutta intenta a figurarsi ciт che avrebbe visto nella bella casa di Rкnal.
«Bisogna rinunciare a tutto,» disse fra sй, «piuttosto che ridursi a mangiare con i servi. Mio padre vorrа costringermi. Piuttosto la morte! Ho da parte quindici franchi e otto soldi, stanotte me la svigno. In due giorni, seguendo vie traverse per non incontrare gendarmi, arrivo a Besanзon. Lм mi arruolo e, se necessario, passo in Svizzera. Ma cosм rinuncerт alla carriera, alle ambizioni, allo stato ecclesiastico, tanto desiderato e che puт farmi raggiungere qualsiasi meta.»
L'orrore che provava all'idea di mangiare con la servitщ era estraneo alla natura di Julien; pur di arrivare, egli si sarebbe piegato a ben altre umiliazioni. Una simile ripugnanza gli veniva dalle Confessioni di Rousseau. Era l'unico libro che lo aiutasse a immaginare il mondo. La raccolta dei bollettini della Grande armata e il Memoriale di Sant'Elena completavano il suo Corano. Per queste tre opere si sarebbe fatto uccidere. Non credette mai in nessun'altra. Fedele alle parole del vecchio maggiore medico, considerava tutti gli altri libri come falsi e scritti da truffatori in cerca di fortuna.
Con la sua anima di fuoco, Julien possedeva anche quella memoria stupefacente che molto spesso va unita alla stupiditа. Per ingraziarsi il vecchio curato Chйlan, dal quale - se ne accorgeva chiaramente - dipendeva il suo futuro, aveva mandato a memoria tutto il Nuovo Testamento in latino e il libro Del Papa di De Maistre, credendo poco tanto all'uno che all'altro. Come per un reciproco accordo, quel giorno Sorel e suo figlio evitarono di parlarsi. All'imbrunire Julien andт dal curato per la sua lezione di teologia, ma giudicт piщ prudente non parlargli della strana proposta che gli aveva fatto suo padre. «Forse и una trappola,» si diceva, «e bisogna fingere di averla dimenticata.»
Il giorno dopo, di buon mattino, Rкnal fece chiamare il vecchio Sorel; dopo essersi fatto aspettare un'ora o due, questi finм con l'arrivare, profondendosi fin dalla soglia in cento scuse e altrettante reverenze. A forza di obiezioni, Sorel si assicurт che suo figlio avrebbe mangiato con i padroni di casa e, nei giorni di ricevimento, in una stanza a parte, solo con i ragazzi. Sempre piщ disposto a far sorgere difficoltа man mano che scorgeva nel sindaco una vera premura, e d'altronde pieno di diffidenza e di stupore, Sorel chiese di vedere la camera dove avrebbe dormito suo figlio. Era una stanza grande, ammobiliata molto decorosamente, ma nella quale stavano giа trasportando i letti dei tre ragazzi. Quella circostanza illuminт il vecchio contadino; egli chiese subito con fermezza di vedere l'abito che avrebbe indossato suo figlio. Rкnal aprм lo scrittoio e prese cento franchi.
«Con questi soldi manderete vostro figlio al negozio di stoffe di Durand, dove ordinerа un completo nero.»
«E se poi decidessi di far tornare a casa mio figlio,» disse il vecchio contadino, che aveva ormai abbandonato ogni forma di rispetto, «questo abito nero resterа a lui?»
«Certo.»
«Ebbene!» disse Sorel con voce strascicata, «ormai dobbiamo accordarci solo su un particolare: lo stipendio.»
«Come!» gridт Rкnal indignato, «ma siamo d'accordo fino da ieri! Gli darт trecento franchi. Mi sembra giа molto, e forse anche troppo.»
«Era la vostra offerta, non dico di no,» disse il vecchio Sorel parlando ancora piщ lentamente; e con un lampo di genio che stupirа solo chi non conosca i contadini della Franca Contea, aggiunse guardando fissamente Rкnal:»Possiamo trovare di meglio altrove.»
Queste parole sconvolsero il sindaco. Tuttavia egli si riprese e, dopo una sapiente conversazione di due lunghe ore, in cui neppure una parola fu pronunciata a caso, l'astuzia del contadino ebbe la meglio sull'astuzia del ricco, che non ha bisogno di questa dote per vivere. Furono fissati tutti gli articoli che avrebbero regolato la nuova vita di Julien; non soltanto la sua paga fu stabilita nella misura di quattrocento franchi, ma si convenne anche che sarebbe stata pagata in anticipo, il primo di ogni mese.
«Ebbene, gli darт ogni volta trentacinque franchi,» disse Rкnal.
«Per far cifra tonda, un uomo ricco e generoso come il nostro sindaco,» disse il contadino con voce carezzevole, «non avrа difficoltа ad arrivare a trentasei franchi.»
«Sia!» disse Rкnal. «Ma facciamola finita.»
Questa volta la collera rafforzт il tono della sua voce. Il contadino si accorse che era meglio non andare oltre. Allora fu Rкnal a fare qualche passo avanti. Non acconsentм assolutamente a versare in anticipo i primi trentasei franchi al vecchio Sorel, che dimostrava molta premura di riceverli per il figlio. Intanto il sindaco cominciт a pensare che avrebbe dovuto riferire alla moglie l'andamento di tutte quelle trattative.
«Restituitemi i cento franchi che vi ho dato,» disse con stizza. «Durand mi deve qualcosa. Andrт io con vostro figlio a ordinare la stoffa.»
Dopo questo atto di energia, Sorel rientrт prudentemente nelle sue formule di rispetto e ce ne fu per un quarto d'ora. Alla fine, vedendo che ormai non aveva decisamente piщ nulla da guadagnare, si ritirт. Il suo ultimo inchino finм con queste parole: «Manderт subito mio figlio al castello.»
I cittadini chiamavano cosм la casa del sindaco, quando volevano ingraziarselo.
Tornato all'officina, Sorel cercт invano il figlio. Diffidando della propria sorte, Julien era uscito nel cuore della notte per mettere in salvo i suoi libri e la croce della Legion d'onore. Aveva portato tutto a casa di un amico, un giovane commerciante di legname di nome Fouquй, che abitava sull'alta montagna dominante Verriиres.
Quando riapparve, il padre gli disse: «Solo Dio sa, maledetto poltrone, se avrai mai la coscienza di pagarmi il prezzo del tuo mantenimento, che ti anticipo da tanti anni! Prendi i tuoi stracci e vattene a casa del sindaco.»
Julien, sorpreso di non ricever botte, si affrettт ad andarsene. Ma appena fu sicuro che suo padre non lo avrebbe visto, rallentт il passo. Pensт che una sosta in chiesa avrebbe giovato alla sua ipocrisia.
Questa parola vi stupisce? Ma prima di arrivare a questo, il giovane contadino aveva dovuto percorrere un lungo cammino.
Fin dalla prima infanzia aveva visto certi dragoni del sesto reggimento, con lunghi mantelli bianchi ed elmi adorni di lunghi crini neri; ritornavano dall'Italia e avevano attaccato i loro cavalli alle inferriate di casa Sorel, sotto gli occhi stupiti di Julien, il quale s'era sentito invadere da un folle entusiasmo per la carriera militare. Piщ tardi il ragazzo ascoltт con trasporto i racconti delle battaglie del ponte di Lodi, di Arcole, di Rivoli, fattigli dal maggiore medico, e non gli sfuggм lo sguardo infiammato con cui il vecchio osservava la propria decorazione.
Ma quando Julien ebbe quattordici anni, a Verriиres cominciarono a costruire una chiesa che, per una cittadina tanto piccola, era senz'altro magnifica. Specialmente quattro colonne di marmo colpirono il ragazzo. In paese queste divennero celebri per l'odio mortale che suscitarono tra il giudice di pace e il giovane vicario, mandato da Besanзon, e da tutti ritenuto una spia della Congregazione. Il giudice di pace fu a un pelo dal perdere il posto: tale, almeno, era l'opinione generale. Non aveva forse osato mettersi in contrasto con un prete che, quasi due volte al mese, andava a Besanзon dove s'incontrava, sempre stando alle voci correnti, con il vescovo in persona?
Nel frattempo il giudice di pace, padre di numerosa prole, pronunciт parecchie sentenze che parvero ingiuste, e tutte contro quegli abitanti che leggevano il Constitutionnel. Il partito dell'ordine trionfт. Si trattava, и vero, di piccole multe di tre o cinque franchi, ma una di queste toccт a un fabbricante di chiodi padrino di Julien. Nella collera quest'uomo gridava: «Che cambiamento! E pensare che da piщ di vent'anni il giudice di pace era ritenuto un galantuomo!» Il maggiore medico, amico di Julien, era morto.
Improvvisamente il giovane non parlт piщ di Napoleone. Annunciт il suo progetto di farsi prete e lo si vide tutto il giorno, nella segheria del padre, intento a imparare a memoria una Bibbia latina prestatagli dal curato. Il buon vecchio, stupito dei suoi progressi, passava intere serate a insegnargli la teologia. Davanti a lui Julien non mostrava che pii sentimenti. Chi avrebbe potuto immaginare che quel volto effeminato, cosм pallido e dolce, nascondeva la decisione incrollabile di affrontare mille morti piuttosto che rinunciare a farsi strada?
Farsi strada, per Julien, significava prima di tutto andarsene da Verriиres: egli odiava il suo paese. Tutto quel che vedeva gelava la sua immaginazione.
Fin dalla prima infanzia aveva avuto momenti di esaltazione: a quel tempo sognava, deliziato, che un giorno avrebbe conosciuto le belle donne di Parigi e si sarebbe conquistato la loro attenzione con qualche azione clamorosa. Perchй qualcuna di loro non avrebbe potuto innamorarsi di lui, proprio come la brillante Madame de Beauharnais si era innamorata di Bonaparte, ancora povero? Da molti anni Julien non trascorreva forse neanche un'ora della sua vita senza ripetersi che Bonaparte, oscuro luogotenente senza fortuna, era divenuto padrone del mondo con la sua spada. Questo pensiero lo consolava delle sue disgrazie, che gli sembravano grandi, e raddoppiava la sua gioia, quando poteva gioire di qualcosa.
La costruzione della chiesa e le sentenze del giudice di pace lo illuminarono improvvisamente: gli venne un'idea che per alcune settimane lo mise fuori di sй, e alla fine si impadronм di lui con tutta la forza della prima idea che un'anima ardente pensa di avere inventato.
«Quando Bonaparte fece parlare di sй, la Francia temeva l'invasione: il merito militare era necessario, era di moda. Oggi si vedono dei preti di quarant'anni con centomila franchi di stipendio, cioи il triplo dei famosi generali di divisione napoleonici. C'и bisogno di uomini che li assecondino. Ed ecco questo giudice di pace, un uomo finora cosм accorto e onesto, che in etа avanzata si disonora, per paura di urtare un giovane vicario di trent'anni. Bisogna farsi preti.»
Una volta, sul piщ bello della sua nuova religiositа (ed erano ormai due anni che studiava teologia), Julien fu tradito da una improvvisa esplosione del fuoco che gli divorava l'anima. Alla canonica, durante un pranzo di preti dove era stato presentato come un prodigio di cultura, egli si lasciт andare a un appassionato elogio di Napoleone. Si legт il braccio destro al petto, con la scusa di esserselo slogato spostando un tronco d'abete, e per due mesi lo tenne in tale scomoda posizione. Dopo questa punizione si perdonт. Tale era il ragazzo di diciannove anni, ma di cosм fragile aspetto da dimostrarne al massimo diciassette, che con un involto sotto il braccio stava entrando nella magnifica chiesa di Verriиres.
La trovт buia e solitaria. In occasione di una festa tutte le vetrate erano state coperte di stoffa cremisi. I raggi solari creavano un effetto di luce stupefacente, di grande imponenza religiosa. Julien trasalм. Era solo e andт a sedersi nel banco migliore. Vi spiccava lo stemma dei Rкnal.
Sull'inginocchiatoio Julien notт un pezzo di carta stampata, che sembrava messo lм apposta perchй qualcuno lo leggesse. Vi lasciт cadere lo sguardo e vide: Particolari sull'esecuzione e sugli ultimi momenti di Louis Jenrel, giustiziato a Besanзon, il ...
La carta era strappata. Sul retro si potevano leggere le due prime parole di una riga: Il primo passo.
«Chi avrа messo qui questo pezzo di carta?» pensт Julien. «Povero disgraziato,» aggiunse con un sospiro, «il suo nome finisce come il mio...» e spiegazzт il foglio.
Nell'uscire Julien ebbe l'impressione di vedere del sangue vicino all'acquasantiera: era acqua benedetta sparsa a terra, e il riflesso delle tende rosse che coprivano le finestre la rendeva simile al sangue.
Infine Julien si vergognт del suo segreto terrore.
«Che io sia un vigliacco?» pensт. «All'armi!»
Queste due parole, ripetute cosм spesso nei racconti di guerra del maggiore medico, erano eroiche per Julien. Egli si alzт e si diresse rapidamente verso casa Rкnal.
Nonostante questi bei propositi, perт, quando la vide alla distanza di venti passi fu assalito da un'invincibile timidezza. Il cancello di ferro era aperto; gli sembrт magnifico. Bisognava entrare lа dentro.
Julien non era l'unico ad avere il cuore turbato per il suo arrivo in quella casa. La signora de Rкnal, timidissima, era sconcertata all'idea di questo straniero che, dato il suo compito, si sarebbe trovato continuamente tra lei e i suoi bambini. Era abituata a dormire coi figli, e la mattina, vedendo trasportare i loro lettucci nella camera del precettore, aveva pianto. Invano aveva chiesto al marito che il letto di Stanislas-Xavier, il minore, fosse riportato nella sua stanza.
La delicatezza femminile giungeva a un punto estremo nella giovane signora. Ella s'era creata la piщ sgradevole immagine di un essere grossolano e coi capelli in disordine, incaricato di sgridare i suoi figli soltanto perchй conosceva il latino, quella lingua barbara che sarebbe costata loro molte frustate.
VI • LA NOIA
Non so piщ cosa son, cosa faccio.
Mozart, «Figaro»
Con la vivacitа e la grazia che le erano naturali quando era lontana dagli sguardi degli uomini, la signora de Rкnal stava uscendo in giardino dalla porta-finestra del salotto, quando vide vicino all'ingresso la faccia di un giovane contadino molto pallido, che sembrava ancora un ragazzo e che aveva appena smesso di piangere. Indossava una camicia candida e portava sotto il braccio una giacca pulitissima di lanetta viola.
Il colorito di quel contadino era cosм bianco, i suoi occhi erano tanto dolci, che lo spirito un po' romantico della signora de Rкnal ebbe sulle prime l'impressione che poteva trattarsi d'una ragazza travestita, venuta a chiedere qualche grazia al sindaco. Ebbe pietа di quella povera creatura inchiodata sulla soglia, e che evidentemente non aveva il coraggio di alzare la mano fino al campanello: si avvicinт, distratta per un momento dall'amarezza che le procurava l'arrivo del precettore. Julien, rivolto verso la porta, non la vide avanzare. Trasalм quando una voce dolce, vicinissima al suo orecchio, gli domandт:
«Che volete qui, figliuolo mio?»
Julien si voltт di scatto e, colpito dallo sguardo pieno di grazia della signora, dimenticт in parte la propria trepidazione. Poi, stupito dalla bellezza di lei, dimenticт tutto, anche quello che veniva a fare. La giovane donna, intanto, aveva ripetuto la domanda.
«Vengo come precettore, signora,» rispose alla fine il ragazzo, pieno di vergogna per le lacrime che cercava di asciugare alla meglio.
Ella restт interdetta: erano vicinissimi l'uno all'altra, intenti a guardarsi. Julien non aveva mai visto una persona vestita cosм bene e tanto meno una donna con quella splendida carnagione rivolgergli la parola con dolcezza. La signora de Rкnal guardava le grosse lacrime che si erano fermate sulle gote, prima tanto pallide e ora cosм colorite, del giovane contadino. Poi si mise a ridere con la pazza allegria di una ragazzina: si prendeva gioco di se stessa e non riusciva a capacitarsi della sua felicitа. Ma che! era proprio quello il precettore che si era immaginata come un prete sporco e mal vestito, venuto a sgridare e a frustare i suoi figli?!
«Dunque, signore,» gli disse alla fine, «voi sapete il latino?»
A sentirsi chiamare signore, Julien restт di stucco a tal punto che per un attimo si mise a riflettere.
«Sм, signora,» rispose timidamente.
La signora de Rкnal era tanto felice che osт dire a Julien:
«Non li sgriderete troppo, quei poveri ragazzi?»
«Io, sgridarli!» disse Julien stupito. «E perchй?»
«Allora, signore,» ella aggiunse dopo un breve silenzio e con una voce che andava facendosi vieppiщ tremante per l'emozione, «sarete buono con loro, me lo promettete?».
Sentirsi chiamare nuovamente signore, con tutta serietа, e da una donna cosм ben vestita, superava ogni previsione di Julien: in tutti i castelli in aria della sua giovinezza egli si era sempre detto che nessuna donna a modo si sarebbe degnata di parlargli, prima che egli avesse indossato una bella uniforme. La signora de Rкnal, dal canto suo, era veramente disorientata dalla bella carnagione, dai grandi occhi neri di Julien e dai suoi bei capelli, che erano piщ ricci del solito perchй egli aveva appena tuffato la testa nella vasca della fontana pubblica, per rinfrescarsi. Con sua grande gioia ella scopriva che il fatale precettore, di cui aveva tanto temuto la durezza e l'aria arcigna per i suoi figli, era timido come una ragazza. Per l'animo tranquillo della signora de Rкnal, il contrasto fra i suoi timori e ciт che vedeva fu un grande avvenimento. Alla fine ella si riebbe. Si stupм di trovarsi in quel modo sulla porta di casa con un giovanotto in maniche di camicia, e cosм vicina a lui.
«Entriamo, signore,» gli disse, piuttosto imbarazzata. Mai, in vita sua, una sensazione di puro piacere l'aveva commossa cosм a fondo: mai un'apparizione cosм gradevole era succeduta a timori piщ tormentosi. Cosм, i suoi bei bambini, cui dedicava tante cure, non sarebbero caduti in mano a un prete sporco e brontolone. Appena entrata nel vestibolo, si volse verso Julien che la seguiva timidamente. La sua aria stupita per la bellezza della casa era una grazia di piщ agli occhi della signora, che non poteva credere a ciт che vedeva: le pareva, soprattutto, che un precettore dovesse avere un abito nero.
«Ma и proprio vero, signore?» gli disse fermandosi ancora e con una tremenda paura di sbagliarsi, tanto la cosa la rendeva felice. «Sapete davvero il latino?»
Quelle parole offesero l'orgoglio di Julien e dissiparono l'incanto in cui viveva da un quarto d'ora.
«Sм, signora,» rispose cercando di assumere un freddo contegno. «So il latino come il curato; anzi, qualche volta egli ha la bontа di dire che lo so meglio di lui.»
Alla signora de Rкnal parve che Julien avesse ora un'espressione molto cattiva; egli si era fermato a due passi da lei. Gli si avvicinт e disse a mezza voce:
«Almeno i primi giorni non picchierete i bambini, anche se non sapranno la lezione?»
Il tono cosм dolce e quasi supplichevole di una donna tanto bella fece dimenticare di colpo a Julien la sua reputazione di latinista. Il viso di lei era vicino al suo, ed egli sentм il profumo dei vestiti femminili estivi, cosa meravigliosa per un povero contadino come lui. Julien arrossм con violenza e disse sospirando, con un filo di voce:
«Non abbiate paura, signora, vi obbedirт in tutto.»
Solo in quel momento, quando la sua inquietudine per i figli era completamente dissipata, la signora de Rкnal fu colpita dalla grande bellezza di Julien. I suoi tratti quasi femminili e il suo estremo imbarazzo non sembrarono ridicoli a una donna che a sua volta era molto timida. Un aspetto maschio, quale и solitamente ritenuto necessario alla bellezza di un uomo, le avrebbe fatto paura.
«Che etа avete, signore?» ella domandт a Julien.
«Diciannove anni fra poco.»
«Mio figlio maggiore ne ha undici,» riprese la signora de Rкnal, rassicurata. «Sarа quasi un compagno per voi, potrete parlargli come a un uomo. Una volta suo padre ha voluto picchiarlo: и rimasto a letto per una settimana, anche se si trattava di una cosa da poco.»
«Che differenza fra lui e me!» pensт Julien. «Soltanto ieri mio padre mi ha picchiato. Come sono fortunati i ricchi!»
La signora de Rкnal era giа in grado di cogliere le minime sfumature di ciт che attraversava l'animo del precettore, quell'ombra di pena le sembrт timidezza, e volle fargli coraggio.
«Come vi chiamate, signore?» gli disse con un accento e una grazia di cui Julien, senza rendersene conto chiaramente, avvertм tutto il fascino.
«Mi chiamo Julien Sorel, signora. Tremo entrando per la prima volta in vita mia in casa di estranei, ho bisogno della vostra protezione e di molta indulgenza, nei primi giorni. Non sono mai stato in collegio, ero troppo povero; non ho mai parlato ad altri che a un mio cugino, il maggiore medico decorato della Legion d'onore, e al curato Chйlan, che potrа darvi buone informazioni sul mio conto. I miei fratelli invece mi hanno sempre picchiato e, se vi parlassero male di me, non prestate fede alle loro parole; perdonate i miei errori, signora, perchй non saranno mai generati da cattive intenzioni.»
Durante questo lungo discorso, Julien osservava la signora e si andava rassicurando. И tale l'effetto di una grazia perfetta, quando questa и naturale e soprattutto quando la persona che ne и dotata non si preoccupa affatto di averne, che Julien, ottimo conoscitore della bellezza femminile, avrebbe giurato in quel momento che la signora de Rкnal non poteva avere piщ di vent'anni. Ebbe immediatamente l'audace idea di baciarle la mano. Poi questa idea lo spaventт, e dopo un istante egli si disse: «Sarei un vile a non fare una cosa che potrebbe giovarmi e diminuire il disprezzo che questa bella signora nutre probabilmente per un povero operaio appena uscito dalla segheria.» Forse Julien fu un po' incoraggiato dal fatto che la domenica, da sei mesi a quella parte, aveva sentito qualche ragazza ripetere che era un bel giovane. Mentre egli era tormentato da questi contrasti interiori, la signora de Rкnal gli dava qualche istruzione sul modo di avvicinarsi ai ragazzi. Lo sforzo che Julien compiva su se stesso lo fece di nuovo impallidire. Tutto impacciato, disse:
«Non picchierт mai i vostri figli, signora, lo giuro davanti a Dio.»
E cosм dicendo trovт il coraggio di prendere la mano di lei e di portarsela alle labbra. Ella fu stupita di quel gesto e, a pensarci bene, ne fu urtata. Siccome faceva molto caldo, aveva il braccio nudo sotto lo scialle, e il baciamano di Julien lo aveva completamente scoperto. Dopo qualche istante rimproverт se stessa, e le sembrт di non essersi indignata abbastanza in fretta.
Rкnal, che aveva udito parlare, uscм dal suo studio; e con la stessa aria maestosa e paterna con cui celebrava i matrimoni in municipio, disse a Julien:
«И indispensabile ch'io vi parli prima che i ragazzi vi vedano.»
Fece entrare Julien in una stanza e trattenne sua moglie che voleva lasciarli soli. Chiusa la porta, Rкnal si mise a sedere con gravitа.
«Il curato mi ha detto che siete un buon soggetto; qui tutti vi tratteranno con rispetto e io, se sarт contento, vi aiuterт a farvi una piccola posizione. Voglio che non vediate piщ nй parenti nй amici; il loro tono non и conveniente per i miei figli. Ecco trentasei franchi per il primo mese; ma esigo la vostra parola d'onore che non darete un soldo a vostro padre.»
Rкnal ce l'aveva col vecchio, che in quell'affare era stato piщ abile di lui.
«Ora, signore, - per mio ordine tutti in casa vi chiameranno signore e voi sentirete il vantaggio di entrare in una casa di gente per bene - ora, signore, non и conveniente che i ragazzi vi vedano in giacca. I domestici l'hanno giа visto?» chiese Rкnal alla moglie.
«No, caro,» gli rispose profondamente assorta.
«Tanto meglio. Indossate questa,» disse il sindaco al ragazzo stupito, tendendogli una sua finanziera. «Adesso andiamo da Durand, il mercante di stoffa.»
Piщ di un'ora dopo, quando Rкnal rientrт col nuovo precettore tutto vestito di nero, ritrovт sua moglie seduta al medesimo posto. La presenza di Julien la tranquillizzт: guardandolo, si scordava di averne paura.
Julien non pensava a lei; nonostante tutta la sua diffidenza nei confronti del destino e degli uomini, in quel momento era come un fanciullo; gli sembrava che fossero passati degli anni da quando, tre ore prima, si trovava in chiesa pieno di paura.
Si accorse dell'aria gelida della signora e capм che ella era in collera perchй aveva osato baciarle la mano. Ma il senso d'orgoglio, che provava nell'indossare abiti tanto diversi dal solito, e il grande desiderio di nascondere la propria gioia davano ai suoi gesti un che di brusco e di folle. La signora de Rкnal lo guardava stupefatta.
«Un po' di serietа, signore,» gli disse il sindaco, «se volete essere rispettato dai ragazzi e dai domestici.»
«Signore,» rispose Julien, «mi sento impacciato in questi abiti nuovi, io, povero contadino che ho sempre portato solo delle giacche. Se lo permettete, vorrei ritirarmi nella mia stanza.»
«Cosa ti sembra del nuovo acquisto?» disse Rкnal a sua moglie.
Per un impulso quasi istintivo, e certamente senza rendersene conto, ella nascose la veritа al marito.
«Non sono entusiasta come voi di questo contadinotto. Con tutte le vostre cortesie ne farete un'impertinente e dovrete licenziarlo prima che sia trascorso un mese.»
«Ebbene, lo licenzieremo! Potrа costarmi un centinaio di franchi, ma Verriиres si abituerа a vedere un precettore accanto ai figli del sindaco. Non avrei raggiunto questo scopo, se avessi lasciato Julien vestito come un operaio. E se lo dovessi licenziare mi terrт io, ben inteso, il completo nero che gli ho appena ordinato. Gli lascerт soltanto quello che ho trovato giа confezionato da un sarto, e che gli ho fatto indossare.»
L'ora che Julien trascorse nella sua stanza parve un attimo alla signora de Rкnal. I ragazzi, cui era stato annunciato l'arrivo del nuovo precettore, tempestavano la madre di domande. Infine Julien comparve. Era un altro uomo. Sarebbe improprio dire che aveva un aspetto serio: era addirittura la serietа personificata. Fu presentato ai ragazzi e parlт con un tono che stupм il sindaco stesso.
«Sono qui, signori, per insegnarvi il latino. Sapete che cosa significa recitare una lezione? Ecco la santa Bibbia,» disse loro mostrando un piccolo volume in 32° rilegato in nero. «Questa in particolare и la storia di nostro Signore Gesщ Cristo, la parte che si chiama Nuovo Testamento. Vi farт spesso recitare delle lezioni, ora fatemi recitare la mia.»
Adolphe, il maggiore dei ragazzi, aveva preso il libro.
«Apritelo a caso,» continuт Julien, «e ditemi la prima parola di un capoverso. Reciterт a memoria il libro sacro, norma di condotta per noi tutti, finchй non mi direte di fermarmi.»
Adolphe aprм il libro, lesse una parola e Julien recitт tutta la pagina con facilitа, come se avesse parlato in francese. Rкnal guardava la moglie con aria trionfante. I ragazzi, vedendo lo stupore dei genitori, spalancarono gli occhi. Un domestico comparve sulla soglia del salotto e Julien seguitт a parlare in latino. Sulle prime l'uomo rimase immobile: poi scomparve. Poco dopo la cameriera della signora de Rкnal e la cuoca si avvicinarono alla porta. Fino a quel momento Adolphe aveva giа aperto il libro in otto punti diversi, e Julien aveva sempre recitato con la stessa facilitа.
«Ah, Dio mio! Che bel pretino!» disse ad alta voce la cuoca, una buona ragazza molto devota.
L'amor proprio di Rкnal era inquieto: il sindaco non pensava affatto all'esame del precettore, intento com'era a cercare nella propria memoria qualche parola di latino: infine riuscм a cavar fuori un verso di Orazio. Di latino, Julien non conosceva che la Bibbia: sicchй rispose aggrottando le sopracciglia:
«Il santo ministero, cui mi sono votato, mi ha proibito di leggere un poeta tanto profano.»
Rкnal citт un numero abbastanza cospicuo di pretesi versi d'Orazio. Spiegт ai suoi figli chi era Orazio, ma i ragazzi, pieni di ammirazione, non prestavano attenzione a ciт che diceva. Guardavano Julien.
I domestici erano sempre sulla soglia: Julien ritenne di dover prolungare la prova.
Rivolgendosi al minore dei bambini, egli disse: «Bisogna che anche Stanislas-Xavier mi indichi un passaggio del libro sacro.»
Il piccolo Stanislas, tutto fiero, lesse alla bell'e meglio la prima parola di un capoverso, e Julien snocciolт tutta la pagina. Perchй nulla mancasse al trionfo di Rкnal, mentre Julien recitava entrarono Valenod, il proprietario dei bei cavalli normanni, e Charcot de Maugiron, sottoprefetto del circondario. Questa scena valse a Julien il titolo di signore: nemmeno i domestici osarono rifiutarglielo.
La sera tutta Verriиres affluм a casa Rкnal per vedere la meraviglia. Julien rispose a tutti con un tono cupo che manteneva ognuno a distanza. La sua fama si estese cosм rapidamente in cittа che pochi giorni dopo il sindaco, per paura che glie lo portassero via, gli propose di firmare un contratto per due anni.
«No, signore,» rispose freddamente Julien. «Se voi voleste licenziarmi, io sarei obbligato ad andarmene. Un contratto che vincola me, e non voi, non и giusto, e io lo rifiuto.»
Julien seppe comportarsi cosм bene che meno di un mese dopo il suo ingresso in casa il sindaco stesso lo rispettava. E siccome il curato era in lite con Rкnal e Valenod, nessuno potй tradire l'antica passione di Julien per Napoleone; quanto a lui, ne parlava solo con orrore.
VII • LE AFFINITА ELETTIVE
Non sanno toccare il cuore senza ferirlo.
Un moderno
I ragazzi lo adoravano, ma egli non li amava: il suo pensiero era altrove. Qualunque cosa essi facessero, non si spazientiva mai. Freddo, giusto, impassibile e tuttavia amato poichй il suo arrivo, in certo qual modo, aveva cacciato la noia dalla casa, Julien fu un buon precettore. Per conto suo, non provava che odio e orrore per l'alta societа in cui era ammesso, a dire il vero, perт, era relegato in fondo alla tavola, e questo spiega forse l'odio e l'orrore. Ci furono certi pranzi di gala in cui potй nascondere a stento il suo odio per tutto ciт che lo circondava. In particolare una volta, il giorno di San Luigi, mentre Valenod teneva banco in casa Rкnal, Julien fu sul punto di tradirsi: si rifugiт in giardino col pretesto di vedere i ragazzi. «Quanti elogi dell'onestа!» esclamт. «Si direbbe che sia l'unica virtщ. E tuttavia quanta considerazione, quale strisciante rispetto per un uomo che ha raddoppiato e triplicato la propria fortuna da quando amministra l'ospizio dei poveri! Scommetterei che guadagna anche sui fondi destinati ai trovatelli a quei poveri bambini la cui miseria и anche piщ sacra di quella degli altri! Sono dei mostri! dei mostri! E anche io sono una specie di trovatello, odiato da mio padre, dai miei fratelli, da tutta la mia famiglia.»
Alcuni giorni prima di san Luigi, Julien, che camminava solo e recitava il breviario in un boschetto chiamato il Belvedere, dominante il Cours de la Fidйlitй, aveva cercato invano di evitare i suoi due fratelli, che vedeva avanzare da lontano lungo un sentiero solitario. La gelosia dei due rozzi operai era stata tanto ferita dal bel vestito nero, dall'aspetto estremamente accurato del fratello e dal sincero disprezzo che questi nutriva per essi, che lo avevano picchiato brutalmente, lasciandolo poi svenuto e sanguinante. La signora de Rкnal, che passeggiava con Valenod e col sottoprefetto, arrivт per caso nel piccolo bosco: vide Julien steso a terra e lo credette morto. La sua angoscia fu tale da suscitare la gelosia di Valenod.
Questi perт si allarmava troppo presto. Julien giudicava la signora molto bella, ma la odiava per la sua bellezza: era il primo scoglio che aveva rischiato di arrestare la sua carriera. Le parlava il meno possibile, perchй dimenticasse il trasporto che il primo giorno lo aveva spinto a baciarle la mano.
Elisa, la cameriera della signora de Rкnal, non aveva perso l'occasione d'innamorarsi del giovane precettore, e ne parlava spesso alla padrona. L'amore di Elisa era valso a Julien l'odio di uno dei domestici, che un giorno si fece udire mentre diceva alla ragazza: «Non mi rivolgete piщ la parola, da quando и entrato in casa quello sporco precettore.» Julien non meritava l'ingiuria: ma, seguendo un istinto di bel ragazzo, intensificт le cure per la propria persona. Anche l'odio di Valenod raddoppiт. Egli disse pubblicamente che tanta civetteria non si addiceva a un giovane abate: e in realtа, salvo la tonaca, Julien era vestito proprio come un prete.
La signora de Rкnal si accorse che Julien parlava piщ del solito con Elisa: e venne a sapere che questi colloqui erano determinati dalla scarsezza del suo guardaroba. Egli aveva cosм poca biancheria che era costretto a farla lavare spessissimo fuori casa, e per questi piccoli servizi Elisa gli era utile. Quell'estrema povertа, che non aveva neppure sospettato, commosse la signora de Rкnal; desiderт fargli dei regali, ma non ne ebbe il coraggio. Questa intima resistenza fu il primo sentimento penoso che Julien suscitт in lei.
Fino a quel momento il nome di Julien e un senso di gioia pura, tutta intellettuale, erano stati sinonimi per lei. Tormentata dall'idea della povertа di Julien, la signora de Rкnal propose al marito di regalargli della biancheria.
«Che sciocchezza!» rispose il sindaco. «Perchй fare un regalo a un uomo di cui siamo contentissimi, e che ci serve bene? Andrebbe stimolato solo se trascurasse il suo dovere.»
Ella fu umiliata da quel modo di vedere le cose: prima dell'arrivo di Julien non se ne sarebbe accorta. Non poteva notare l'estrema dignitа degli abiti del giovane abate, d'altronde semplicissimi, senza domandarsi: «Povero ragazzo, come puт fare?»
A poco a poco, invece di sentirsi urtata dalla povertа di Julien, ella ne provт compassione. La signora de Rкnal era una di quelle donne di provincia che possono sembrare sciocche a chi non le conosce da piщ di quindici giorni: mancava di qualsiasi esperienza, e non si curava di essere eloquente. Dotata di un'anima delicata e sdegnosa, per quella specie di propensione naturale verso la felicitа, che и in ognuno di noi, non prestava quasi mai attenzione alle persone volgari in mezzo alle quali il caso l'aveva buttata.
Se avesse ricevuto la minima educazione, si sarebbe fatta notare per la naturalezza e la vivacitа del suo spirito. Ma, come ricca ereditiera, era stata allevata in un convento di suore che adoravano appassionatamente il Sacro Cuore di Gesщ e che odiavano con violenza tutti i francesi ostili ai gesuiti. La signora de Rкnal era provvista di sufficiente buon senso per dimenticare subito, come un'assurditа, tutto ciт che aveva appreso in convento; ma non sostituм nulla a quegli insegnamenti e restт nella piщ assoluta ignoranza. Le adulazioni cui era stata soggetta fin da bambina, essendo erede di una grossa fortuna, e la sua decisa tendenza a un'appassionata religiositа, l'avevano spinta a chiudersi in se stessa. Sotto la superficie della piщ perfetta condiscendenza e di una sottomissione che i mariti di Verriиres citavano come esempio alle mogli, e che costituiva l'orgoglio di Rкnal, la sua condotta abituale derivava in realtа da un carattere molto altero. Qualsiasi principessa famosa per il suo orgoglio presta un'attenzione assai maggiore ai gentiluomini che le stanno intorno, di quanta ne prestasse quella donna cosм dolce, cosм modesta in apparenza, a tutto ciт che diceva o faceva suo marito. Fino all'arrivo di Julien ella non aveva avuto vere attenzioni che per i suoi figli. Le loro lievi malattie, i loro dolori, le loro piccole gioie occupavano tutta la sensibilitа di quell'anima che in vita sua aveva adorato solo Dio al Sacro Cuore di Besanзon.
Non si degnava di dirlo a nessuno, ma un attacco febbrile a uno dei figli la angosciava quasi come se lo avesse visto morto. Uno scoppio volgare di risa, un'alzata di spalle, seguita da qualche motto triviale sulla follia delle donne, avevano regolarmente accolto le confidenze di simili dispiaceri, che aveva fatto al marito nei primi anni di matrimonio, spinta dal bisogno di aprirsi con qualcuno. Tali facezie, soprattutto quando riguardavano le malattie dei figli, erano come un coltello nel cuore di lei. E questo era quanto aveva trovato in luogo delle adulazioni servili e smancerose del convento gesuitico dove aveva trascorso la giovinezza. Era stata educata dal dolore. Troppo fiera, non parlava di tali sofferenze neppure con la signora Derville sua amica, e finм col credere che tutti gli uomini fossero come suo marito, o come Valenod o il sottoprefetto Charcot de Maugiron. La volgaritа, l'insensibilitа piщ brutale per tutto ciт che non riguardava interessi di denaro, di prestigio o di onorificenze, l'odio cieco per ogni discorso che li contrariasse, le sembrarono caratteristiche naturali dell'altro sesso, come quella di portare gli stivali o il cappello di feltro.
Dopo lunghi anni, la signora de Rкnal non si era ancora abituata alla gente tutta dedita al denaro, con la quale era costretta a vivere.
Da ciт, il successo di Julien. La signora de Rкnal trovт dolci gioie, illuminate dal fascino della novitа, nella simpatia di quell'anima nobile e fiera. Gli perdonт ben presto la sua estrema ignoranza, che anzi era una grazia di piщ, e i suoi modi rudi che riuscм poi a correggere. Giudicт che valesse la pena di ascoltarlo, anche quando si parlava delle cose piщ comuni; anche quando si trattava di un povero cane che il carro in corsa di un contadino aveva schiacciato, mentre stava attraversando la strada. Lo spettacolo di un simile dolore faceva esplodere suo marito in una grassa risata, mentre ella vedeva contrarsi le belle sopracciglia nere e perfettamente arcuate di Julien. La generositа, l'animo nobile, l'umanitа le sembrarono a poco a poco caratteristiche esclusive di quel giovane abate. Ebbe per lui tutta la simpatia e anche l'ammirazione che queste doti suscitano in ogni anima gentile.
A Parigi la posizione di Julien nei confronti della signora de Rкnal si sarebbe rapidamente semplificata: ma a Parigi l'amore и figlio dei romanzi. Il giovane precettore e la sua timida amica avrebbero trovato la spiegazione del loro caso in tre o quattro romanzi e perfino nelle strofette cantate al Gymnase. I romanzi avrebbero indicato loro il ruolo da sostenere, il modello da imitare; e, presto o tardi, magari senza alcun piacere e fors'anche recalcitrando, per vanitа Julien sarebbe stato spinto a seguire quel modello.
In una cittadina dell'Aveyron o dei Pirenei il minimo incidente sarebbe divenuto decisivo a causa del clima infuocato. Qui, invece, sotto il nostro cielo piщ cupo, un giovane povero e solo, ambizioso unicamente perchй la delicatezza del suo animo gli fa sentire il bisogno di alcune gioie procurate dal denaro, vede tutti i giorni una donna di trent'anni, decisamente onesta, occupata dei figli, e che non si comporta in base agli esempi dei romanzi. Tutto, in provincia, procede lentamente, si sviluppa a poco a poco; c'и una maggiore naturalezza.
Spesso, pensando alla povertа del giovane precettore, la signora de Rкnal si inteneriva fino alle lacrime. Julien la sorprese un giorno mentre piangeva veramente.
«Ah! signora, non vi sarа capitata qualche disgrazia!»
«No, amico mio,» ella rispose. «Chiamate i ragazzi, andiamo a far due passi.»
Prese il suo braccio e vi si appoggiт in un modo che a Julien sembrт strano. Era la prima volta che lo chiamava «amico mio».
Verso la fine della passeggiata, Julien si accorse che era arrossita violentemente. Poi la signora rallentт il passo.
«Vi avranno raccontato che sono l'unica erede di una zia ricchissima, abitante a Besanзon. Mi colma di doni... I miei figli fanno progressi... cosм stupefacenti... che vorrei pregarvi di accettare un regalino in segno di riconoscenza. Non si tratta che di pochi soldi per comprarvi della biancheria. Ma...» ella soggiunse arrossendo ancor piщ violentemente: e smise di parlare.
«Come, signora?» disse Julien.
«Sarebbe inutile,» continuт lei abbassando la testa, «parlarne a mio marito.»
«Sono povero, signora, ma non abietto,» rispose Julien fermandosi, con gli occhi infiammati di collera, e drizzandosi in tutta la sua statura. «Non mi pare che lo abbiate considerato abbastanza. Sarei meno di un servo, se mi mettessi nella condizione di dover nascondere al signor de Rкnal qualsiasi cosa riguardo al mio denaro».
La signora rimase sconvolta.
«Il signor sindaco mi ha versato per cinque volte trentasei franchi, da quando sono entrato in casa sua, e sono pronto a mostrare il mio libro delle spese al signor de Rкnal e a chiunque altro, anche al signor Valenod, che mi odia.»
Dopo questa uscita, ella se ne stette pallida e tremante, e la passeggiata ebbe fine senza che nessuno dei due riuscisse a trovare un pretesto per riallacciare il dialogo. L'amore per la giovane donna si fece sempre piщ impossibile nel cuore orgoglioso di Julien; quanto a lei lo rispettт, lo ammirт; egli l'aveva rimproverata! Col pretesto di riparare l'involontaria umiliazione che gli aveva inflitto, si permise le piщ tenere premure: e questo nuovo modo di comportarsi costituм la sua gioia per otto giorni. Il risultato fu che la collera di Julien svanм, almeno in parte; egli era ben lontano dall'attribuire quel comportamento a una simpatia personale.
«Ecco,» si diceva, «come sono questi ricchi! Prima ti umiliano, e poi credono di riparare a tutto con qualche smorfia!»
Il cuore della signora de Rкnal era troppo colmo e ancora troppo innocente perchй ella non raccontasse al marito, nonostante i suoi propositi, l'offerta che aveva fatto a Julien e il modo in cui questa era stata respinta.
«Come!» rispose Rкnal punto sul vivo. «Voi avete tollerato il rifiuto di un domestico?»
E siccome ella protestava per quell'appellativo, Rкnal continuт: «Io parlo, signora, come il principe di Condй quando presentт i suoi ciambellani alla moglie: "Tutti costoro," disse, "sono i nostri domestici." Vi ho letto questo passaggio dei Mйmoires di Besenval, indispensabile per stabilire le distanze sociali. Tutti coloro che non sono gentiluomini, che vivono in casa vostra e percepiscono uno stipendio, sono vostri domestici. Dirт due parole a questo Julien e gli darт cento franchi».
«Ah! amico mio,» disse sua moglie tremando, «almeno non fatelo davanti alla servitщ!»
«Certo, potrebbe esserne gelosa, e a ragione,» disse il marito allontanandosi e pensando all'entitа della somma.
La signora si lasciт cadere su una sedia, semisvenuta per il dolore. «Umilierа Julien, e per colpa mia!» Ebbe orrore di suo marito e si nascose il volto tra le mani. Si ripromise con fermezza di non confidarsi mai con nessuno.
Quando rivide Julien, ella tremava tutta; aveva un tale peso sul cuore che non riuscм a pronunciare parola. Nel suo imbarazzo, gli prese le mani e glie le strinse.
«Ebbene, amico mio,» disse alla fine, «siete contento di mio marito?»
«Come potrei non esserlo?» rispose Julien con un sorriso amaro. «Mi ha dato cento franchi.»
Louise lo guardт, un po' incerta.
«Datemi il braccio,» disse alla fine, con un'audacia che Julien non le conosceva.
Osт recarsi perfino dal libraio di Verriиres, nonostante la sua spaventosa fama di liberalismo. Spese dieci luigi in libri che regalт ai suoi figli. Ma erano i libri che sapeva desiderati da Julien. E lа, nella bottega del libraio, pretese che ognuno dei figli scrivesse il proprio nome sui libri che gli erano toccati in sorte. Mentre la signora era tutta felice di quella specie di riparazione che aveva il coraggio di offrire a Julien, questi era stupito della quantitа di libri che si vedeva intorno. Non aveva mai osato entrare in un luogo tanto profano: il suo cuore palpitava. Invece di pensare a ciт che passava nel cuore della signora de Rкnal, egli era tutto intento a riflettere sul modo in cui un giovane studente di teologia avrebbe potuto procurarsi quei libri. Alla fine gli venne l'idea che, con un po' di abilitа, sarebbe stato possibile convincere Rкnal della necessitа di assegnare ai suoi figli, come tema di composizione, la storia dei gentiluomini celebri della provincia. Un mese di calcoli permise a Julien di condurre in porto questa idea, e in modo cosм perfetto che, qualche tempo dopo, egli osт proporre a Rкnal una decisione ben piщ penosa per il nobile sindaco: si trattava di contribuire alla fortuna di un liberale, facendo un abbonamento in libreria. Rкnal conveniva che era opportuno dare al maggiore dei suoi figli un'idea de visu di parecchie opere di cui avrebbe sentito parlare alla scuola militare; ma Julien si accorse che il sindaco si ostinava a non spingersi oltre. Sospettava che ci fosse una ragione segreta, ma non gli riusciva di indovinarla.
«Pensavo, signore,» gli disse un giorno, «che sarebbe molto sconveniente se il nome di un gentiluomo come un Rкnal figurasse sullo sporco registro di un libraio.»
La fronte del sindaco si rischiarт.
«D'altronde, sarebbe anche una nota di biasimo,» continuт Julien in tono piщ umile, «se si potesse scoprire un giorno che il nome di un povero studente di teologia и comparso sul registro di una biblioteca circolante. I liberali potrebbero accusarmi di aver richiesto i libri piщ infami e forse arriverebbero anche al punto di scrivere, accanto al mio nome, il titolo di quei libri perversi.»
Ma Julien stava andando fuori strada. Vide che il sindaco riprendeva un'espressione imbarazzata e infastidita. Allora tacque. «Ormai l'ho in pugno,» pensт.
Qualche giorno dopo, siccome Adolphe lo interrogava a proposito di un libro annunciato su La Quotidienne, in presenza di Rкnal, Julien rispose:
«Per evitare ogni motivo di trionfo al partito giacobino e darmi tuttavia la possibilitа di rispondere al signor Adolphe, si potrebbe fare un abbonamento dal libraio a nome del piщ umile dei vostri domestici.»
«Questa non и una cattiva idea,» disse Rкnal, evidentemente molto soddisfatto.
«Tuttavia bisognerebbe mettere in chiaro,» disse Julien con quel tono compunto e quasi dolente che si adatta cosм bene a certuni, quando essi vedono a portata di mano la riuscita di una cosa a lungo desiderata, «bisognerebbe mettere in chiaro che il domestico non potrа prelevare alcun romanzo. Una volta in casa, questi libri pericolosi potrebbero corrompere le cameriere della signora e il domestico stesso.»
«Dimenticate, perт, i libelli politici,» aggiunse Rкnal con alterigia. Voleva nascondere l'ammirazione per il sapiente compromesso escogitato dal precettore dei suoi figli.
Cosм la vita di Julien consisteva in una serie di piccole manovre, il successo delle quali gli premeva assai piщ della spiccata preferenza che, se avesse voluto, avrebbe scorto facilmente nel cuore della signora de Rкnal.
La posizione morale in cui Julien si era trovato durante tutta la sua vita si rinnovava in casa del sindaco di Verriиres. Qui, come nella segheria di suo padre, egli disprezzava profondamente le persone con cui viveva e ne era odiato. Si accorgeva ogni giorno, dai discorsi del sottoprefetto, di Valenod e degli altri amici di casa, che le loro idee, nel caso di fatti svoltisi sotto i loro occhi, assomigliavano molto poco alla realtа. Un'azione gli sembrava ammirevole? Proprio quella era biasimata dagli altri. La sua replica interiore era sempre la stessa: «Che bestie!» o «Che sciocchi!». La cosa divertente era che spesso, nonostante tutto il suo orgoglio, egli non capiva assolutamente nulla dell'argomento di quei discorsi.
In tutta la sua vita non aveva mai parlato sinceramente che col vecchio maggiore medico; le poche idee che aveva riguardavano le campagne di Bonaparte in Italia o la chirurgia. Il suo coraggio giovanile si compiaceva nel racconto circostanziato delle operazioni piщ dolorose. Pensava: «Io non avrei battuto ciglio.»
La prima volta che la signora de Rкnal cercт di intavolare con lui una discussione estranea all'educazione dei ragazzi, egli si mise a parlare di operazioni chirurgiche. Ella impallidм e lo pregт di smetterla.
Julien non sapeva altro. Cosм, anche se passava la vita accanto alla signora de Rкnal, appena erano soli si stabiliva tra loro il piщ strano silenzio. Durante i ricevimenti, nonostante l'umiltа del suo atteggiamento, ella gli scopriva negli occhi qualcosa di intellettualmente superiore a tutti gli altri. Se si trovava sola un istante con lui, si accorgeva che era visibilmente imbarazzato. Ne era inquieta, perchй il suo istinto femminile le faceva capire che quell'imbarazzo non derivava affatto da un sentimento di tenerezza.
In base a chi sa quale idea ricavata dai discorsi che il vecchio maggiore medico gli aveva fatto sulla buona societа, quando si trovava con una donna e tutti intorno tacevano, Julien si sentiva umiliato, come se quel silenzio fosse una colpa sua particolare. Tale sensazione era cento volte piщ penosa in un colloquio a quattr'occhi. La sua fantasia, piena delle nozioni piщ esagerate e spagnolesche su ciт che un uomo deve dire quando si trova solo con una donna, nella sua confusione non gli offriva che spunti inaccettabili. La sua anima era nelle nuvole, e gli era impossibile uscire da quel silenzio tanto umiliante. Cosм, durante le lunghe passeggiate con la signora de Rкnal e i ragazzi, il suo atteggiamento severo era aggravato dalle piщ crudeli sofferenze. Si disprezzava spaventosamente. Se per disgrazia si costringeva a parlare, gli uscivano di bocca le cose piщ ridicole. Per colmo di sfortuna, vedeva la sua stupiditа e se la esagerava; ma quello che non vedeva era l'espressione dei suoi occhi cosм belli e infervorati che, come accade ai bravi attori, riuscivano talvolta a dare un significato affascinante a cose che non l'avevano. La signora de Rкnal si accorse che, quando erano a tu per tu, Julien riusciva a dire qualcosa di buono solo se, distratto da un imprevisto, non si sforzava di escogitare qualche complimento. E siccome gli amici di casa non la viziavano certo con idee nuove e brillanti, ella si deliziava dei lampi di spirito di Julien.
Dalla caduta di Napoleone in poi, ogni forma di galanteria и severamente bandita dai costumi della provincia. Tutti hanno paura di perdere il posto. I furbi cercano appoggio nelle congregazioni religiose; e l'ipocrisia ha fatto grandi progressi anche nei ceti liberali. La noia aumenta. Non restano altri piaceri che i libri e l'agricoltura.
La signora de Rкnal, ricca ereditiera di una zia bigotta, sposata a sedici anni con un bravo gentiluomo, in tutta la sua vita non aveva mai provato nй visto nulla che assomigliasse all'amore. Ne aveva sentito parlare soltanto dal suo confessore, l'abate Chйlan, il quale, prendendo spunto dalle galanterie di Valenod, glie ne aveva fatto un quadro cosм ripugnante, che quella parola evocava in lei l'idea del piщ abietto libertinaggio. Giudicava come un'eccezione, o almeno come un sentimento del tutto innaturale, l'amore che aveva trovato nei pochissimi romanzi capitati per caso tra le sue mani. Grazie a questa ignoranza, la signora de Rкnal era perfettamente felice e, pur occupandosi senza tregua di Julien, era ben lungi dal rivolgersi il minimo rimprovero.
VIII • PICCOLI AVVENIMENTI
Then there were sighs, the deeper for suppression,
And stolen glances, sweeter for the theft,
And burning blushes, though for no transgression.
«Don Juan», c. I, st. 74
L'angelica dolcezza che la signora de Rкnal doveva al suo carattere e alla sua attuale felicitа si alterava lievemente solo quando pensava a Elisa, la sua cameriera. La ragazza aveva avuto un'ereditа, era andata a confessarsi al curato Chйlan e gli aveva confidato il suo progetto di sposare Julien. Il curato si rallegrт di cuore per l'amico, ma fu estremamente sorpreso quando Julien gli dichiarт risolutamente che l'offerta di Elisa non l'interessava.
«Fate attenzione, figliolo mio,» disse il curato aggrottando la sopracciglia, «a ciт che passa nel vostro cuore; mi rallegro per la vostra vocazione, se soltanto ad essa dovete il disprezzo di una fortuna piщ che sufficiente. Da cinquantasei anni sono il curato di Verriиres e tuttavia, a quanto pare, sto per essere destituito. И una cosa che mi addolora, anche se ho ottocento lire di rendita. Vi parlo di questo perchй non vi facciate soverchie illusioni sulla condizione sacerdotale. Se pensate a far la corte ai potenti, la dannazione eterna и assicurata. Per far fortuna dovrete nuocere ai poveri, adulare il sottoprefetto, il sindaco, i notabili e prestarvi ai loro desideri; un simile comportamento, che nel mondo si chiama saper vivere, per un laico puт anche conciliarsi con la salvezza dell'anima; ma nella nostra condizione bisogna scegliere: si tratta di far fortuna in questo mondo o nell'altro, non ci sono vie di mezzo. Ora andate, amico mio, riflettete e tornate fra tre giorni a darmi una risposta definitiva. Con dolore scorgo in fondo al vostro carattere un ardore cupo, che non testimonia della moderazione e dell'assoluta rinuncia ai beni terrestri necessarie a un prete la vostra intelligenza mi fa sperare bene: ma lasciate che ve lo dica,» aggiunse il buon curato con le lacrime agli occhi, «io tremerei per la vostra salvezza, se vi faceste prete.»
Julien si vergognava della propria emozione; per la prima volta in vita sua si accorgeva di essere amato; piangeva di gioia, e andт a nascondere le sue lacrime nei grandi boschi sopra Verriиres.
«Perchй mi trovo in questo stato?» si disse alla fine. «Sento che darei cento volte la vita per l'abate Chйlan, e tuttavia egli mi ha appena dimostrato che sono uno sciocco. E lui, soprattutto, quello ch'io vorrei ingannare, ed egli mi legge dentro. Il segreto ardore di cui mi parla и il mio progetto di far fortuna. Mi ritiene indegno di farmi prete, e ciт accade proprio quando immaginavo che il sacrificio di una rendita di cinquanta luigi lo avrebbe riempito di entusiasmo per la mia pietа e la mia vocazione.»
«In futuro,» continuт Julien, «conterт solo sulle qualitа giа sperimentate del mio carattere. Chi mi avrebbe detto che avrei provato piacere a piangere! Che avrei amato chi mi dimostra che sono solo uno sciocco!»
Tre giorni dopo Julien aveva trovato il pretesto che gli sarebbe stato necessario fin dal primo giorno: questo pretesto era una calunnia, ma che importava? Con molta titubanza confessт al curato che c'era una ragione per rifiutare quel matrimonio, ma che non poteva spiegargliela perchй avrebbe danneggiato una terza persona. Era come incriminare la condotta di Elisa. Il curato trovт nelle maniere di Julien un certo fuoco tutto mondano, ben diverso da quello che avrebbe dovuto animare un giovane levita.
«Amico mio,» gli disse ancora, «siate un buon borghese di campagna, stimabile e istruito, piuttosto che un prete senza vocazione.»
Julien rispose a queste nuove rimostranze in modo perfetto, almeno a parole; escogitт le frasi che avrebbe pronunciato un seminarista pieno di zelo; ma il tono con cui le pronunciava, ma il fuoco segreto che brillava nei suoi occhi turbavano il parroco.
Non bisogna trarre auspici troppo negativi sul futuro di Julien, egli inventava correttamente le parole di una cauta e prudente ipocrisia. E non и poco, alla sua etа. Quanto al tono e ai gesti, il giovane viveva con gente di campagna: non aveva mai avuto grandi modelli. Piщ tardi, appena gli fu dato di avvicinare persone importanti, si fece ammirare sia per i gesti che per le parole.
La signora de Rкnal fu stupita che la nuova ricchezza della sua cameriera non rendesse piщ felice la ragazza: la vedeva andare continuamente dal curato e tornare con le lacrime agli occhi. Alla fine Elisa le parlт del suo matrimonio.
La giovane signora si credette malata: una specie di febbre le impediva di dormire, ed ella si sentiva rivivere solo quando aveva davanti agli occhi la cameriera o Julien. Non riusciva a pensare che a loro e alla felicitа che avrebbero trovato nel matrimonio. La povertа di quella piccola casa, in cui avrebbero dovuto vivere con una rendita di cinquanta luigi, le si presentava con colori incantevoli. Julien avrebbe potuto benissimo fare l'avvocato a Bray, la sottoprefettura a due leghe da Verriиres, e in questo modo ella avrebbe potuto rivederlo qualche volta.
La signora de Rкnal credette sinceramente di essere sul punto di impazzire: lo disse a suo marito e poi si ammalт. La sera stessa, mentre la cameriera la serviva, si accorse che stava piangendo. In quel momento odiava Elisa, e poco prima l'aveva trattata male: le chiese scusa. Le lacrime di Elisa raddoppiarono e la ragazza disse che, se la padrona lo permetteva, le avrebbe raccontato tutta la sua disgrazia.
«Parlate pure,» rispose la signora de Rкnal.
«Ebbene, signora, non vuole sposarmi; qualche malalingua gli avrа parlato male di me, e lui ci ha creduto.»
«Chi и che non vuole sposarvi?» disse la signora, quasi senza fiato.
«E chi mai, signora, se non il signor Julien?» replicт singhiozzando la cameriera. «Il curato non и riuscito a vincere la sua resistenza. Infatti, pensa il curato, egli non puт respingere una brava ragazza col pretesto che ha fatto la cameriera. Dopo tutto, suo padre non и altro che un carpentiere. E anche lui, come si guadagnava da vivere prima di essere assunto in casa vostra?»
La padrona non ascoltava piщ; l'eccessiva felicitа le aveva tolto l'uso della ragione. Si fece ripetere molte volte che Julien aveva rifiutato in modo definitivo e che non ammetteva la possibilitа di tornare a una decisione piщ saggia.
«Voglio fare un ultimo tentativo,» ella disse alla cameriera. «Parlerт al signor Julien.»
L'indomani, dopo colazione, la signora de Rкnal si concesse la deliziosa voluttа di perorare la causa della rivale e di vedere respinte la mano e la fortuna di Elisa per un'ora intera.
A poco a poco Julien abbandonт le risposte compassate e finм col rispondere spiritosamente alle sagge osservazioni della signora de Rкnal. Questa non riuscм a resistere al torrente di felicitа che inondava la sua anima, dopo tanti giorni di disperazione. E si sentм veramente male. Quando si fu ripresa e si trovт nella propria camera, volle restare sola. Era profondamente stupita.
«Sono forse innamorata di Julien?» si domandт alla fine.
Questa scoperta, che in qualsiasi altro momento avrebbe gettato la signora de Rкnal nel rimorso e in una profonda agitazione, fu per lei soltanto uno spettacolo strano, ma quasi indifferente. La sua anima, sfinita per tutto ciт che aveva dovuto sopportare, non aveva piщ sensibilitа per le passioni.
Tentт di mettersi a lavorare, ma cadde in un sonno profondo; al risveglio non si spaventт come avrebbe dovuto. Era troppo felice per potersi turbare di qualcosa. Ingenua e innocente, quella buona provinciale non si era mai torturata l'anima nel tentativo di strapparne un po' di sensibilitа per qualche nuova sfumatura di sentimento o di dolore. Prima dell'arrivo di Julien, assorta com'era nella mole di lavoro che, lontano da Parigi, spetta a una brava madre di famiglia, ella pensa alle passioni come noi pensiamo a una lotteria: inganno sicuro, fortuna cercata dai matti.
Suonт la campana del pranzo; la signora de Rкnal arrossм violentemente quando sentм la voce di Julien che accompagnava i ragazzi. Fattasi piщ accorta da quando era innamorata, ella lamentт uno spaventoso mal di testa per giustificare il suo rossore.
«Ecco come sono le donne,» le rispose Rкnal con una grassa risata. «Delle macchine che non vanno mai bene.»
Anche se era abituata a questo genere di spirito, la signora de Rкnal fu urtata da quel tono di voce. Per distrarsi guardт Julien: anche se fosse stato il piщ brutto degli uomini, in quel momento le sarebbe piaciuto.
Sempre attento a copiare le abitudini della gente di corte, fin dai primi giorni di primavera Rкnal si trasferм a Vergy, villaggio reso celebre dalla tragica avventura di Gabrielle. A qualche centinaio di passi dalle rovine tanto pittoresche della vecchia chiesa gotica, Rкnal possedeva un vecchio castello con quattro torri e un giardino disegnato come quello delle Tuileries, con molte siepi di bosso e viali di castagni potati due volte l'anno. Un campo poco distante, coltivato a meli, serviva da passeggiata. In fondo al frutteto c'erano otto o dieci magnifici noci; le loro foltissime fronde si ergevano a circa ottanta piedi di altezza.
«Ognuno di questi maledetti noci,» diceva Rкnal tutte le volte che sua moglie li ammirava, «mi costa cinque pertiche di raccolto, perchй il grano non cresce alla loro ombra.»
La vista della campagna sembrт nuova alla signora de Rкnal: la sua ammirazione sfiorava l'entusiasmo. Dal sentimento che l'animava traeva spirito e decisione. Il giorno dopo l'arrivo a Vergy, siccome Rкnal era tornato in cittа per gli affari del comune, sua moglie assunse alcuni operai a proprie spese. Julien le aveva suggerito l'idea di un sentierino cosparso di sabbia che, serpeggiando nel frutteto e tra i grandi noci, avrebbe permesso ai ragazzi di passeggiare fin dal mattino senza bagnarsi le scarpe con la rugiada. Questa idea fu realizzata meno di ventiquattro ore dopo essere stata concepita. La signora de Rкnal passт allegramente la giornata con Julien a dirigere gli operai.
Il sindaco, al suo ritorno, fu molto sorpreso trovando il sentiero giа fatto. Il suo arrivo sorprese anche la signora de Rкnal, che aveva dimenticato la sua esistenza. Per due mesi egli parlт con stizza dell'ardire dimostrato nel fare una cosм importante riparazione senza consultarlo, ma la moglie l'aveva fatta a sue spese, e questo lo consolava un poco.
Ella passava le giornate a correre nel frutteto coi figli, e a dar la caccia alle farfalle. Avevano preparato dei grossi cappucci di garza chiara, con cui si catturavano i poveri lepidotteri; era questo il nome barbaro che Julien insegnava alla signora de Rкnal. Infatti ella aveva fatto arrivare da Besanзon il bel libro di Godart, e Julien le spiegava le singolari abitudini di quei poveri insetti che, trafitti senza pietа con degli spilli, venivano assicurati a un quadro di cartone, preparato anch'esso da Julien.
Finalmente ci fu tra la signora de Rкnal e Julien un argomento di conversazione: ed egli non si sentм piщ esposto al tremendo supplizio del silenzio.
Parlavano di continuo, e con grande interesse, anche se di cose molto innocenti. Questa vita attiva e allegra piaceva a tutti tranne a Elisa, che era gravata di lavoro. «Mai, neppure di carnevale, quando ci sono i balli a Verriиres,» diceva la ragazza, «la signora si и tanto preoccupata della sua toilette; cambia vestito due o tre volte al giorno.» Siccome non abbiamo intenzione di adulare nessuno, non nasconderemo che la signora de Rкnal, la quale aveva una pelle splendida, si faceva fare dei vestiti che le lasciavano scoperti le braccia e il petto. Era molto ben fatta, e questi abiti le stavano a meraviglia.
«Non siete mai stata cosм giovane,» le dicevano gli amici che venivano a trovarla da Verriиres. (И un modo di dire del paese.)
Una cosa strana, e che forse troverа poco credito fra noi, и che la signora de Rкnal si curava molto, sм, ma senza un'intenzione precisa. Ci provava piacere; e, senza nemmeno pensarci, tutto il tempo che non trascorreva a caccia di farfalle con i ragazzi e con Julien, lo occupava a preparare degli abiti con Elisa. L'unica scappata che fece a Verriиres fu per comprare nuovi vestiti appena arrivati da Mulhouse.
Ritornт a Vergy con una parente. Da quando si era sposata, la giovane signora a poco a poco aveva stretto amicizia con la signora Derville, che un tempo era stata sua compagna al collegio del Sacro Cuore.
La Derville rideva di gusto per quelle che chiamava le idee folli di sua cugina. «Da sola, non ci avrei mai pensato,» diceva. Di quelle idee impreviste, che a Parigi sarebbero state giudicate delle trovate spiritose, la signora de Rкnal si sarebbe vergognata, quando si trovava col marito, come se avesse commesso delle sciocchezze: ma la presenza dell'amica le dava coraggio. Sulle prime le confidava timidamente i propri pensieri; ma quando le due donne restavano lungamente sole, lo spirito della signora de Rкnal si animava e una lunga mattinata solitaria passava in un istante, lasciando le due amiche molto allegre. Questa volta perт l'accorta signora Derville trovт sua cugina molto meno allegra e assai piщ felice.
Quanto a Julien, da quando era giunto in campagna egli viveva veramente come un bambino, non meno felice dei suoi allievi nel rincorrere le farfalle. Dopo tante costrizioni e tanti abili raggiri, solo, lontano dagli uomini e istintivamente privo di ogni timore nei confronti della signora de Rкnal, si abbandonava al piacere di vivere, cosм intenso alla sua etа, in mezzo alle piщ belle montagne del mondo.
A Julien parve subito che la cugina della signora de Rкnal gli fosse amica: e si affrettт a mostrarle la vista di cui si godeva in fondo al nuovo sentiero, sotto i grandi noci; una vista che и pari, se non superiore, ai piщ meravigliosi panorami che possono offrire la Svizzera e i laghi italiani. Salendo la ripida costa che comincia qualche passo piщ avanti, si arriva ben presto dinanzi a profondi burroni costeggiati da querceti che si estendono fin quasi al fiume. Lм, alla sommitа di quelle rocce tagliate a picco, Julien, felice, libero, e, ancora di piщ, re della casa, conduceva le due cugine, godendo della loro ammirazione per quegli splendidi paesaggi.
«Per me,» diceva la signora Derville, «и come la musica di Mozart.»
La gelosia dei fratelli, la presenza di un padre dispotico e iroso avevano guastato agli occhi di Julien le campagne intorno a Verriиres. A Vergy il giovane non trovava questi amari ricordi: per la prima volta in vita sua, non si vedeva intorno dei nemici. Quando Rкnal, come accadeva spesso, si recava in cittа, Julien osava perfino leggere; ben presto, invece di leggere nottetempo servendosi di un lume nascosto sotto un vaso di fiori capovolto, egli potй abbandonarsi al sonno; in compenso, durante il giorno, nell'intervallo delle lezioni, andava su quelle rocce col libro che era l'unica regola della sua condotta e l'oggetto dei suoi entusiasmi. Lм trovava, riunite, felicitа, estasi e consolazione nei momenti di scoraggiamento.
Alcune frasi di Napoleone sulle donne, molte discussioni sul valore dei romanzi di moda sotto il suo regno, suggerirono allora a Julien, e per la prima volta, alcune idee che qualsiasi altro giovane della sua etа avrebbe avute da molto tempo.
Venne il gran caldo. Presero l'abitudine di trascorrere le serate sotto un immenso tiglio, a pochi passi da casa. L'oscuritа era profonda. Una sera Julien parlava con vivacitа, si deliziava del piacere di parlare bene e rivolto a donne giovani; gesticolando, toccт la mano della signora de Rкnal, appoggiata sulla spalliera d'una seggiola di legno verniciato, come se ne trovano nei giardini.
La mano si ritirт rapidamente: ma Julien pensт che era suo dovere far sм che quella mano non si ritraesse quando egli la toccava. L'idea di un dovere da compiere e del ridicolo, o meglio del senso d'inferioritа in cui sarebbe incorso in caso di fallimento, allontanт immediatamente ogni piacere dal suo cuore.
IX • UNA SERA IN CAMPAGNA
La Didone di Guйrin, incantevole abbozzo.
Strombeck
Il giorno dopo, quando rivide la signora de Rкnal, Julien la guardт in modo strano; la osservava come un nemico con cui ci si deve battere. Tali sguardi, cosм diversi da quelli del giorno innanzi, fecero perder la testa alla signora de Rкnal: lo aveva trattato con bontа, ed egli sembrava seccato! Non poteva distogliere i suoi occhi da quelli di lui.
La presenza della signora Derville permetteva a Julien di parlare meno e di occuparsi piщ intensamente di ciт che gli passava per la testa. Per tutta la giornata non fece altro che ritemprarsi con la lettura del libro ispirato che gli fortificava l'animo.
Abbreviт parecchio le lezioni dei ragazzi, poi, quando la vista della signora de Rкnal lo richiamт ai suoi pensieri di gloria, decise che quella sera avrebbe dovuto assolutamente ottenere che ella non ritraesse la mano.
Il sole che calava e avvicinava il momento decisivo fece battere il cuore di Julien in modo strano. Giunse la notte. Con una gioia che gli tolse un grosso peso dal petto, egli notт che sarebbe stata molto buia. Il cielo, carico di nuvoloni sospinti da un vento caldissimo, minacciava tempesta. Le due amiche passeggiarono fino a tardi. Tutto quanto esse facevano quella sera sembrava insolito a Julien. Godevano di quel tempo che per alcune anime sensibili sembra rendere piщ vivo il piacere di amare. Alla fine si misero a sedere. La signora de Rкnal accanto a Julien, e sua cugina accanto a lei. Preoccupato di ciт che stava per tentare, Julien non trovava nulla da dire. La conversazione languiva.
«Al mio primo duello sarт dunque cosм tremante e turbato?» pensт il giovane, che diffidava troppo di se stesso e degli altri per non vedere il proprio stato d'animo.
Qualsiasi rischio gli sarebbe parso preferibile alla sua mortale angoscia. Quante volte si augurт che qualche necessitа obbligasse la signora de Rкnal a lasciare il giardino e a rientrare in casa! Julien doveva fare troppi sforzi perchй la sua voce non ne risultasse profondamente alterata; ben presto anche la voce di lei cominciт a tremare, ma Julien non se ne accorse: la spaventosa lotta del dovere contro la timidezza era troppo dura perchй egli potesse rendersi conto di quanto gli accadeva intorno. Erano giа sonate le nove e tre quarti all'orologio del castello, e non aveva ancora osato nulla. Indignato per la propria viltа, il precettore pensт: «Nel preciso momento in cui soneranno le dieci, farт ciт che per tutto il giorno mi sono ripromesso di fare: se no andrт in camera mia e mi brucerт le cervella.»
Dopo un ultimo istante di attesa e di ansietа, durante il quale Julien fu come fuori di sй per l'eccessiva emozione, le dieci sonarono all'orologio che si trovava sopra la sua testa. Ognuno di quei fatali rintocchi echeggiava nel suo petto e vi provocava una specie di sconvolgimento fisico.
Infine, quando il decimo colpo vibrava ancora nell'aria, egli tese la mano e prese quella della signora de Rкnal, che si ritrasse immediatamente. Senza rendersi chiaramente conto di ciт che faceva, Julien la riprese di nuovo, e, benchй fosse agitatissimo, fu colpito nel sentirla tanto gelida. La strinse con forza convulsa; sentм che la mano faceva un ultimo sforzo per svincolarsi, ma alla fine rimase nella sua.
La felicitа gli invase l'anima; non che egli amasse la signora de Rкnal, ma era cessato uno spaventoso supplizio. Perchй la signora Derville non si accorgesse di nulla, il giovane si sentм in dovere di parlare; la sua voce era forte e squillante. Quella della signora de Rкnal, invece, tradiva una tale emozione che sua cugina la credette indisposta e le propose di rincasare. Julien avvertм il pericolo. «Se la signora de Rкnal torna in salotto, ricadrт nella spaventosa situazione in cui ho passato tutta la giornata. Ho tenuto la sua mano troppo poco per potermi considerare vittorioso.»
Quando la signora Derville ripetй la proposta di rincasare, Julien strinse forte la mano che gli si era abbandonata. La signora de Rкnal, che stava giа per alzarsi, si rimise a sedere, dicendo con voce spenta:
«A dire il vero mi sento un po' indisposta, ma l'aria aperta mi fa bene.»
Queste parole rafforzarono la felicitа di Julien, che in quel momento era enorme: egli parlт, lasciт da parte le finzioni e alle due cugine che lo ascoltavano sembrт l'uomo piщ amabile del mondo. Tuttavia, in questa improvvisa eloquenza, c'era ancora una certa paura. Julien temeva terribilmente che la signora Derville, disturbata dal vento che cominciava ad alzarsi e che precedeva la tempesta, volesse rientrare da sola in salotto. Allora egli sarebbe rimasto a tu per tu con la signora de Rкnal. Aveva trovato solo per caso il coraggio cieco di agire: ma sentiva che non era in grado di dire una sola parola alla signora de Rкnal. Sarebbe bastato il minimo rimprovero per disarmarlo e per mandare in fumo il vantaggio ottenuto.
Per fortuna, quella sera i suoi discorsi commoventi ed enfatici trovarono grazia presso la signora Derville, che spesso lo giudicava goffo come un bambino e poco divertente. La signora de Rкnal, dal canto suo, con la mano abbandonata in quella di Julien, non pensava a nulla: si lasciava vivere. Le ore trascorse sotto il grande tiglio, che una tradizione locale vuole piantato da Carlo il Temerario, furono per lei una parentesi di felicitа. Con delizia, ascoltava il vento gemere tra i folti rami degli alberi e il rumore di qualche rara goccia che cominciava a cadere sulle foglie piщ basse. Julien non si accorse di una circostanza che lo avrebbe senz'altro rassicurato: la signora de Rкnal, che era stata costretta a togliergli la mano per alzarsi e per aiutare sua cugina a rialzare un vaso di fiori rovesciato dal vento ai loro piedi, appena tornata a sedere gli restituм la mano senza difficoltа, come se ormai si trattasse di una cosa convenuta tra loro.
Mezzanotte era giа suonata da un pezzo: fu necessario abbandonare il giardino e separarsi. Trasportata dalla gioia di amare, la signora de Rкnal era cosм ingenua che non trovava quasi rimproveri da rivolgersi. La felicitа le tolse il sonno. Un sonno di piombo si impadronм di Julien, tremendamente stanco per la lotta tra orgoglio e timidezza, che durante tutto il giorno si era svolta nel suo cuore.
L'indomani lo svegliarono alle cinque, e rivolse appena un pensiero alla signora de Rкnal che, se lo avesse saputo, ne sarebbe rimasta crudelmente ferita. Julien aveva compiuto il suo dovere, e un dovere eroico. Pieno di gioia per questa sensazione, si chiuse a chiave in camera sua e si abbandonт con un piacere tutto nuovo a leggere le imprese del suo eroe.
Quando suonт la campanella della colazione, egli aveva giа dimenticato, leggendo il bollettino della grande armata, tutti i vantaggi acquisiti il giorno prima. Scendendo in salotto, si disse con leggerezza: «Devo dire a questa donna che l'amo.»
Invece degli sguardi carichi di voluttа che si aspettava, Julien si trovт di fronte il volto severo del sindaco che, arrivato da due ore, non nascondeva il suo disappunto per il fatto che il precettore passava tutta la mattina senza occuparsi dei ragazzi. Nulla era piщ brutto di quell'uomo importante, pieno di stizza e convinto d'avere il diritto di metterla in mostra.
Ogni parola aspra del sindaco trafiggeva il cuore di sua moglie. Quanto a Julien, egli era talmente immerso nell'estasi e cosм assorto nelle grandi cose che per parecchie ore gli erano passate davanti agli occhi, che, sulle prime, riuscм a stento ad abbassare la propria attenzione fino a porgere orecchio alle dure frasi che gli rivolgeva Rкnal. Infine gli disse piuttosto bruscamente: «Non mi sentivo bene.»
Il tono della risposta avrebbe urtato anche un uomo molto meno suscettibile del sindaco di Verriиres, al quale venne voglia di rispondere a Julien mettendolo alla porta su due piedi. Fu trattenuto solo dalla sua massima: in affari, non fare mai le cose a precipizio. «Questo sciocco,» pensт subito, «si и fatta una certa reputazione in casa mia: potrebbe essere assunto dal Valenod, oppure potrebbe sposare Elisa. E in entrambi i casi, in fondo al cuore, potrа ridere di me.»
Nonostante, queste sagge riflessioni, la collera di Rкnal esplose ugualmente in una serie di parole volgari che a poco a poco irritarono Julien. La signora de Rкnal stava per mettersi a piangere. Appena la colazione fu finita ella chiese a Julien di darle il braccio per la passeggiata e si appoggiт a lui amichevolmente. A tutto ciт che la signora gli diceva, Julien riusciva solo a rispondere fra sй:
«Ecco come sono i ricchi!»
Rкnal camminava vicinissimo a loro: e la sua presenza aumentava la collera di Julien. D'improvviso questi si accorse che la signora de Rкnal si appoggiava a lui con forza: si sentм inorridire, la respinse con violenza e liberт il proprio braccio.
Per fortuna, Rкnal non vide quella nuova impertinenza; se ne accorse solo la signora Derville: la sua amica piangeva. Proprio in quell'istante, Rкnal si mise a tirare sassi a una contadinella che aveva infilato un sentiero privato, attraversando abusivamente un angolo del frutteto.
«Signor Julien, per favore, controllatevi; pensate che tutti abbiamo dei momenti di malumore,» disse rapidamente la signora Derville.
Julien la guardт freddamente, mentre nei suoi occhi si dipingeva il piщ sovrano disprezzo.
Quello sguardo stupм la signora Derville, e assai piщ l'avrebbe sorpresa se ella ne avesse intuito la vera espressione: vi avrebbe letto come una vaga speranza della piщ atroce vendetta. Sono senza dubbio questi momenti di umiliazione che hanno creato i Robespierre.
«Il vostro Julien и molto violento, mi fa paura,» sussurrт la signora Derville alla cugina.
«Ha ragione di essere in collera. Dopo gli incredibili progressi dei ragazzi, che importanza puт avere se passa una mattina senza parlare con loro? Bisogna convenire che gli uomini sono molto duri.»
Per la prima volta in vita sua la signora de Rкnal sentм una specie di desiderio di vendetta contro il marito. L'odio feroce che Julien nutriva contro i ricchi stava per esplodere. Per fortuna, Rкnal chiamт il giardiniere e restт occupato con lui a sbarrare con mucchi di spine il sentiero attraverso il frutteto. Julien non rispose una sola parola a tutte le premure di cui fu fatto segno per il resto della passeggiata. Appena Rкnal si era allontanato, con la scusa di sentirsi stanche le due amiche gli avevano chiesto il braccio.
L'altero pallore, l'aria cupa e decisa di Julien formavano uno strano contrasto con quelle due donne che, in preda a forte turbamento, avevano il viso coperto di rossore e di imbarazzo. Egli disprezzava quelle donne e ogni tenero sentimento.
Pensava: «Ah! non avere neppure cinquecento franchi di rendita per finire i miei studi! Se li avessi, come lo manderei al diavolo!»
Assorto in queste idee severe, il poco che si degnava di capire delle parole gentili delle due cugine lo infastidiva come cosa priva di senso, ingenua, fiacca, femminile insomma.
A forza di parlare per parlare, nel tentativo di mantenere viva la conversazione, la signora de Rкnal uscм a dire che suo marito era venuto da Verriиres per trattare con uno dei suoi fittavoli una partita di foglie secche di granoturco, che in quelle zone servono per riempire i pagliericci.
«Mio marito non ci raggiungerа,» ella soggiunse. «Con l'aiuto del giardiniere e del suo cameriere, vuol rifare i pagliericci di tutta la casa. Stamattina ha riempito di foglie di granoturco i letti del primo piano, e ora passerа al secondo.»
Julien cambiт colore; guardт la signora de Rкnal con una strana espressione e, raddoppiando improvvisamente il passo, in certo qual modo la trasse in disparte. La signora Derville lasciт che si allontanassero.
«Salvatemi la vita,» disse Julien alla signora de Rкnal. «Soltanto voi lo potete. Sapete infatti che il cameriere di vostro marito mi odia a morte. Devo confessarvi, signora, che io ho un ritratto: l'ho nascosto nel pagliericcio del mio letto.»
Udendo queste parole, la signora impallidм a sua volta.
«Soltanto voi, signora, potete entrare nella mia camera in questo momento; frugate, senza farvi scoprire, nell'angolo del pagliericcio piщ vicino alla finestra. Troverete una scatoletta di cartone nera e liscia.»
«E c'и dentro un ritratto!» ella disse, faticando a tenersi in piedi.
Julien si accorse della sua aria smarrita: e ne approfittт immediatamente.
«Devo chiedervi una seconda grazia, signora. Vi supplico di non guardare quel ritratto; и il mio segreto.»
«И un segreto,» ripetй lei con voce spenta.
Ma benchй fosse stata allevata tra gente fiera della propria fortuna e sensibile solo agli interessi di denaro, l'amore aveva giа riempito di generositа la sua anima. Crudelmente ferita, la signora de Rкnal pose a Julien, con la piщ semplice premura, tutte le domande necessarie per compiere ciт che le era stato chiesto.
«Dunque,» gli disse allontanandosi, «una scatoletta rotonda, di cartone nero e liscio.»
«Sм, signora,» rispose Julien con quel tono duro che gli uomini assumono quando sono in pericolo.
Ella salм al secondo piano del castello, pallida come se l'avessero condotta a morte. Per colmo di sfortuna si accorse che stava per sentirsi male: ma la necessitа di prestare aiuto a Julien le restituм le forze.
«Bisogna che riesca a prendere quella scatola,» si disse, raddoppiando i passi.
Sentм suo marito parlare col cameriere, proprio nella camera di Julien. Fortunatamente i due passarono in quella dei ragazzi. Allora ella sollevт il materasso e tuffт la mano nel pagliericcio con tale violenza da scorticarsi le dita. Ma benchй fosse molto sensibile ai piccoli dolori come questo, stavolta non se ne accorse neppure: quasi contemporaneamente aveva sentito la superficie liscia della scatola di cartone. Se ne impadronм e scomparve.
Appena liberata dalla paura di farsi scoprire dal marito, la signora de Rкnal fu lм lм per svenire, tanto era l'orrore che le incuteva quella scatola.
«Dunque Julien и innamorato, e io ho in mano il ritratto della donna che ama!»
Seduta su una seggiola nell'anticamera di quell'appartamento, la signora de Rкnal era torturata dalla gelosia. Ma anche in quell'istante le venne in aiuto la sua estrema ingenuitа: la meraviglia mitigava il dolore. Julien apparve, afferrт la scatola senza ringraziare, senza dire una parola, corse nella sua camera, accese il fuoco e bruciт immediatamente l'oggetto. Era pallido, annientato, si esagerava la portata del pericolo corso.
«Il ritratto di Napoleone,» pensava, scuotendo la testa, «trovato da Rкnal nella stanza di un uomo che professa tanto odio per l'usurpatore! Trovato da Rкnal, cosм reazionario e cosм irritato contro di me! E per colmo di imprudenza, sul cartone bianco dietro il ritratto, alcune righe scritte di mio pugno, che non possono lasciar dubbi sulla mia sconfinata ammirazione! E ognuno di questi trasporti amorosi и datato! Ce n'и perfino uno dell'altro ieri. Tutta la mia reputazione caduta, annientata in un istante!» si diceva Julien guardando bruciare la scatola. «E la mia reputazione и tutta la mia fortuna, la sola cosa che mi permetta di vivere... e quale vita, Dio mio!»
Un'ora dopo, la stanchezza e la pietа che sentiva per sй stesso lo disponevano alla tenerezza. Incontrт la signora de Rкnal e le prese la mano, baciandola con maggiore sinceritа di quanto non avesse mai fatto. Ella arrossм di gioia, ma quasi subito respinse Julien con uno scatto di gelosia. La fierezza di Julien, che era appena stata ferita, lo trasformт allora in uno sciocco. Vide in lei soltanto una donna ricca: lasciт cadere con sdegno la sua mano e si allontanт. Assorto, andт in giardino a camminare avanti e indietro: e, poco dopo, un amaro sorriso comparve sulle sue labbra.
«Vado a spasso come un uomo padrone del suo tempo! Non mi occupo dei ragazzi! Mi espongo alle parole umilianti di Rкnal, che dopo tutto avrа ragione.»
Corse nella camera dei bambini.
Le carezze del piщ piccolo, cui voleva molto bene, calmarono un poco il suo cocente dolore.
«Lui non mi disprezza ancora,» pensт. Ma subito si rimproverт quella diminuzione di dolore come una nuova debolezza. «Questi ragazzi mi accarezzano come accarezzerebbero il cucciolo da caccia che и stato comperato ieri.»
X • UN GRANDE CUORE E UNA PICCOLA FORTUNA
But passion most dissembles, yet betrays,
Even by its darkness; as the blackest sky
Foretells the heaviest tempest...
«Don Juan», c. 1, st. 73
Rкnal, che faceva il giro di tutte le stanze del castello, tornт in quella dei ragazzi coi domestici che riportavano al loro posto i pagliericci. L'entrata improvvisa di quell'uomo fu per Julien la goccia d'acqua che fa traboccare il vaso.
Piщ pallido, piщ cupo del solito, si slanciт verso di lui. Rкnal si fermт e guardт i domestici.
«Signore,» gli disse Julien, «credete che con un qualsiasi altro precettore i vostri figli avrebbero fatto gli stessi progressi che hanno fatto con me? Se dite di no,» continuт Julien senza concedere al sindaco il tempo di parlare, «come vi permettete di rimproverarmi perchй io li trascuro?»
Appena si fu rimesso dallo spavento, e basandosi sullo strano tono assunto da quel giovane contadino, Rкnal arguм che questi doveva avere in tasca qualche proposta vantaggiosa, e che stava per lasciare la sua casa. Intanto la collera di Julien aumentava:
«Posso vivere senza di voi, signore,» egli aggiunse.
«Mi dispiace veramente di vedervi cosм agitato,» rispose Rкnal balbettando un poco. I domestici erano a dieci passi da loro, intenti a sistemare i letti.
«Non и questo ciт che mi occorre,» riprese Julien fuori di sй; «pensate alle parole infami che mi avete rivolto, e per giunta davanti a due signore!»
Rкnal capiva anche troppo bene quello che voleva il precettore, e una lotta penosa si svolgeva nel suo animo. Intanto Julien, veramente pazzo di collera, esclamт:
«So dove andare, signore, se lascio la vostra casa.»
A queste parole, Rкnal vide Julien giа insediato in casa di Valenod.
«Ebbene, signore!» gli disse infine con un sospiro, e come se avesse chiamato un chirurgo per sottoporsi alla piщ dolorosa operazione, «accolgo la vostra richiesta. Da posdomani in poi, ossia dal primo del mese, vi darт uno stipendio di cinquanta franchi.»
Julien ebbe voglia di ridere e rimase stupefatto: tutta la sua collera era scomparsa.
«Non disprezzavo abbastanza questo animale,» si disse. «Queste sono senza dubbio le maggiori scuse che si possano pretendere da un'anima cosм vile.»
I ragazzi, che avevano ascoltato la scenata a bocca aperta, corsero in giardino a dire alla madre che il signor Julien era molto arrabbiato, ma che d'ora in avanti avrebbe avuto uno stipendio di cinquanta franchi.
Julien li seguм com'era solito fare, senza rivolgere uno sguardo al sindaco, che lasciт profondamente irritato.
«Ecco che Valenod mi costa centosessantotto franchi,» pensava il sindaco. «Bisogna assolutamente che gli dica due paroline a proposito della sua impresa di forniture per i trovatelli.»
Un momento dopo Julien si ritrovт a faccia a faccia con Rкnal.
«Devo parlare della mia coscienza al parroco. Ho l'onore di avvertirvi che mi assenterт per qualche ora.»
«Eh, caro Julien!» rispose Rкnal ridendo con l'aria piщ falsa del mondo. «Ma anche per tutto il giorno, se volete, anche per tutto domani, amico mio! Prendete il cavallo del giardiniere, per andare a Verriиres.»
«Ecco, va da Valenod a dargli una risposta,» pensт il sindaco. «Non mi ha promesso nulla, ma bisogna lasciare alla testa di questo ragazzo il tempo per raffreddarsi.»
Julien scappт via in fretta e salм verso i vasti boschi attraverso i quali si puт andare da Vergy a Verriиres. Non voleva arrivare troppo presto dal curato Chйlan. Lungi dal voler costringersi a una nuova scena di ipocrisia, egli aveva bisogno di veder chiaro nel proprio animo e di prestare ascolto alla folla di sentimenti che l'agitavano.
«Ho vinto una battaglia,» pensт non appena fu in mezzo ai boschi e lontano dagli sguardi degli uomini. «Sм, ho proprio vinto una battaglia!»
Queste parole gettavano una luce favorevole sulla sua situazione e gli restituivano un po' di tranquillitа.
«Eccomi qui con uno stipendio di cinquanta franchi. Rкnal deve avere avuto una bella paura. Ma di che cosa?»
Il pensiero di ciт che poteva aver fatto paura all'uomo felice e potente, contro il quale un'ora prima schiumava di collera, finм col rasserenare definitivamente Julien. Per un momento egli fu quasi sensibile all'incantevole bellezza del bosco in mezzo al quale procedeva. Enormi blocchi di nuda roccia erano caduti un tempo al centro della foresta, dalla parte delle montagne. Grandi faggi si ergevano fin quasi all'altezza di quelle rocce: dalla loro ombra si sprigionava una deliziosa frescura, a pochi passi dal punto in cui il calore del sole rendeva impossibile la sosta.
Julien prese fiato un istante in quell'ombra, poi ricominciт a salire. Ben presto, seguendo uno stretto sentiero appena segnato, e che serve soltanto ai guardiani di capre, egli si trovт ritto su un masso enorme, con l'assoluta certezza di essere lontano da tutti. La posizione fisica in cui si trovava lo fece sorridere, quasi fosse una prefigurazione di ciт che ardeva di ottenere anche moralmente. L'aria pura delle montagne gli comunicт serenitа, e perfino gioia. Il sindaco di Verriиres, ai suoi occhi, era pur sempre il rappresentante di tutti i ricchi e gli insolenti della terra; ma Julien sentiva che il suo odio, benchй violentissimo, non aveva nulla di personale. Se avesse smesso per otto giorni di vedere Rкnal, avrebbe dimenticato lui, il suo castello, i suoi cani, i suoi figli e tutta la sua famiglia. «L'ho costretto, non so come, a fare il piщ grande sacrificio. Piщ di cinquanta scudi l'anno! E un momento prima ero riuscito a tirarmi fuori da un gravissimo pericolo. Ecco due vittorie in un giorno; la seconda perт и senza merito, bisognerebbe indovinarne il motivo. Ma a domani le ricerche difficili.»
Ritto sulla grande roccia, Julien guardava il cielo arroventato dal sole d'agosto. Le cicale cantavano nel campo sottostante, e quando tacevano tutto era silenzio. Vedeva ai suoi piedi il paese fino a una distanza di venti leghe. Scorgeva di tanto in tanto qualche sparviero che, dopo essersi staccato dalle grandi rocce sopra la sua testa, descriveva in silenzio immensi cerchi. L'occhio di Julien seguiva macchinalmente l'uccello da preda. Il suo volo tranquillo e potente lo colpiva; invidiava quella forza, invidiava quell'isolamento.
Era stato il destino di Napoleone: un giorno sarebbe stato anche il suo?
XI • UNA SERATA
Yet Julia's very coldness still was kind,
And tremulously gentle her small hand
Withdrew itself from his, but left behind,
A little pressure, thrilling, and so bland
And slight, so very slight that to the mind.
'Twas but a doubt.
«Don Juan», c. I, st. 71
Bisognт tuttavia farsi vedere a Verriиres. Mentre usciva dalla canonica, Julien ebbe la fortuna di incontrare Valenod, al quale si affrettт ad annunciare l'aumento di stipendio.
Tornato a Vergy, il giovane scese in giardino solo a notte fatta. Il suo animo era stanco per tutte le emozioni che lo avevano agitato durante quel giorno. «Che cosa dirт loro?» si diceva con inquietudine, pensando alle signore. Era ben lungi dall'accorgersi che il suo animo era proprio al livello delle piccole circostanze che occupano di solito tutto l'interesse delle donne. Spesso Julien era impenetrabile per la signora Derville e anche per sua cugina; e lui stesso capiva solo a metа tutto quello che esse gli dicevano. Era l'effetto della forza e, se cosм posso dire, della grandiositа degli slanci passionali che sconvolgevano l'anima di quel giovane ambizioso. Era uno strano essere, quasi sempre in tempesta.
Quella sera, entrando in giardino, Julien era disposto a prestare ascolto alle due cugine. Esse lo attendevano con impazienza. Sedette al solito posto, vicino alla signora de Rкnal. L'oscuritа si fece ben presto profonda. Julien tentт di prendere la mano bianca che da molto tempo vedeva appoggiata accanto a lui sulla spalliera di una seggiola. Ci fu una leggera esitazione, poi la mano fu ritirata con un po' di stizza. Julien era disposto a tenerselo per detto e a continuare allegramente la conversazione, quando udм avvicinarsi il sindaco.
Il giovane aveva ancora nell'orecchio le parole pesanti del mattino. E pensт: «Non sarebbe un modo di prendersi gioco di quest'uomo, cosм favorito dalla fortuna, se mi impadronissi della mano di sua moglie, proprio in sua presenza? Sм, e a farlo sarт proprio io, per cui egli ha mostrato tanto disprezzo.»
Da quel momento la tranquillitа, cosм poco naturale nel carattere di Julien, si dissipт rapidamente; il giovane desiderт con ansia, e senza poter pensare ad altro, che la signora de Rкnal si compiacesse di lasciargli la mano.
Il sindaco parlava di politica con voce rabbiosa: due o tre industriali di Verriиres stavano diventando decisamente piщ ricchi di lui e volevano sbarrargli il passo alle elezioni. La signora Derville lo ascoltava. Julien, irritato dai suoi discorsi, avvicinт la sedia a quella della signora de Rкnal. L'oscuritа nascondeva ogni gesto. Egli ebbe il coraggio di mettere la mano vicinissima al bel braccio che il vestito lasciava scoperto. Si sentм turbato, non piщ padrone del proprio pensiero, avvicinт il viso a quel braccio e fu tanto audace da appoggiarvi le labbra.
La signora fremette. Suo marito era a quattro passi: ella si affrettт a dar la mano a Julien e contemporaneamente ad allontanarlo un poco. Mentre il sindaco continuava a insultare i nuovi venuti e i giacobini che si arricchivano, Julien copriva la mano che gli era stata concessa di baci appassionati, o che almeno sembravano tali alla giovane donna. Eppure, proprio quel giorno, la poveretta aveva avuto la prova che l'uomo da lei adorato senza confessarselo era innamorato di un'altra! Durante l'assenza di Julien era stata continuamente in preda a una crudele sofferenza che l'aveva fatta riflettere.
«Dunque,» s'era detta, «sono innamorata, sento l'amore in me! Io, una donna sposata, io amo! Eppure non ho mai provato per mio marito questa oscura follia che mi impedisce di distogliere il pensiero da Julien. In fondo egli non и che un ragazzo pieno di rispetto per me! Sarа una follia passeggera. Che importa a mio marito di ciт che io posso sentire per questo giovane! Rкnal si annoierebbe ascoltando i miei discorsi con Julien su argomenti di fantasia. Egli pensa solo ai suoi affari. Non tolgo nulla a lui per darlo a Julien.»
Nessuna ipocrisia alterava la purezza di quell'anima ingenua, smarrita in una passione che non aveva mai conosciuto prima. Si ingannava inconsciamente, e tuttavia la sua istintiva virtщ ne era turbata. Tali pensieri tormentosi l'agitavano quando Julien apparve in giardino. Lo sentм parlare e quasi subito lo vide sedersi al suo fianco. Si sentм trasportata da quell'incantevole felicitа che da quindici giorni la stupiva ancor piщ di quanto la seducesse. Tutto per lei era imprevisto. Dopo qualche istante, tuttavia, ella si disse: «Ma allora basta la presenza di Julien per cancellare tutti i suoi torti?» Si spaventт: e in quel momento gli ritolse la mano.
Non aveva mai ricevuto baci cosм appassionati e dimenticт di colpo che forse Julien amava un'altra donna. Poco dopo egli non era giа piщ colpevole ai suoi occhi. La cessazione di un dolore atroce, causato dal sospetto, la presenza di una felicitа che non aveva mai neppure sognato la trasportarono in uno slancio d'amore e di folle letizia.
Fu una serata piacevole per tutti, salvo per il sindaco di Verriиres, incapace di dimenticare i suoi industriali arricchiti. Julien non pensava piщ alla propria nera ambizione, nй ai suoi progetti cosм difficili a realizzarsi. Per la prima volta in vita sua si sentiva trascinato dal potere della bellezza. Perduto in una vaga e dolce fantasticheria affatto estranea al suo carattere, stringendo dolcemente quella mano che gli piaceva per la sua grazia perfetta, egli ascoltava appena il sussurrio delle foglie del tiglio agitate dal vento leggero della notte, e i cani del mulino sul Doubs che abbaiavano in lontananza.
Ma questa emozione era un piacere e non una passione. Quando rientrт nella sua camera, Julien non pensava che alla gioia di riprendere in mano il libro preferito: a vent'anni l'idea del mondo e della parte da sostenervi ha il sopravvento su tutto il resto.
Quasi subito, tuttavia, il giovane posт il libro. A forza di pensare alle vittorie di Napoleone, aveva visto qualcosa di nuovo nella propria. «Sм, ho vinto una battaglia,» si disse, «ma bisogna approfittarne, bisogna schiacciare l'orgoglio di questo fiero gentiluomo mentre batte in ritirata. И un'autentica mossa napoleonica. Devo chiedergli un permesso di tre giorni per andare dal mio amico Fouquй. Se me lo rifiuta, rimetto in gioco il contratto: ma egli cederа.»
La signora de Rкnal non riuscм a chiudere occhio. Le sembrava di non avere mai vissuto fino ad allora. Non poteva distogliere il pensiero dalla gioia provata nel sentire Julien che le copriva la mano di baci infuocati.
Improvvisamente le balenт alla mente una spaventosa parola: adulterio. Alla sua fantasia si presentarono in folla tutte le cose disgustose di cui la piщ bassa corruzione puт circondare l'idea dell'amore sensuale. Simili pensieri tendevano in certo qual modo ad offuscare l'immagine tenera e divina che si era fatta di Julien e della felicitа di amarlo. L'avvenire le si presentava con colori paurosi. Si sentiva spregevole.
Fu un momento terribile; la sua anima toccava paesi sconosciuti. Il giorno prima aveva gustato una felicitа mai provata: ora si trovava improvvisamente immersa in un'atroce disperazione. Non aveva mai avuto idea di sofferenze simili a quelle, e la sua ragione ne fu turbata. Per un attimo ella pensт di confessare a suo marito che temeva di amare Julien. Sarebbe stato pur sempre un modo per parlare di lui. Fortunatamente ritrovт nella memoria un precetto che le aveva detto sua zia alla vigilia del matrimonio. Riguardava il pericolo delle confidenze fatte a un marito che и pur sempre un padrone. Nell'eccesso del dolore, la signora de Rкnal si torceva le mani.
Era trascinata a caso da immagini contraddittorie e dolorose. Ora temeva di non essere amata, ora la terribile idea della colpa la torturava come se l'indomani avesse dovuto essere messa alla gogna sulla piazza di Verriиres, con un cartello che denunciasse il suo adulterio alla plebaglia.
Ella non aveva alcuna esperienza della vita; anche completamente sveglia, e nel pieno possesso della sua ragione, non avrebbe visto nessuna differenza tra l'essere colpevole agli occhi di Dio e il trovarsi pubblicamente sopraffatta dalle piщ umilianti dimostrazioni del disprezzo generale.
Quando poi l'idea spaventosa dell'adulterio, e di tutta la vergogna che ai suoi occhi una simile colpa portava con sй, le lasciava un po' di respiro ed ella pensava alla dolcezza di vivere innocentemente come prima accanto a Julien, allora si trovava in preda all'orribile pensiero che Julien amava un'altra. Rivedeva il suo pallore, quando aveva temuto di perdere il ritratto di quella donna o di comprometterla lasciando che qualcuno lo vedesse. Per la prima volta aveva scorto il timore su quel volto cosм tranquillo e cosм nobile. Non si era mai mostrato tanto commosso nй per lei nй per i suoi figli. Quell'eccesso di dolore le fece toccare il culmine dell'infelicitа che un'anima umana puт sopportare. Senza accorgersene, la signora de Rкnal gridт, e le sue grida svegliarono la cameriera. Vide improvvisamente comparire il chiarore di una lampada e riconobbe Elisa.
«Siete voi la donna ch'egli ama?» gridт, nella sua follia.
Fortunatamente, stupita com'era per il terribile turbamento della padrona, la cameriera non prestт alcuna attenzione a quelle strane parole. La signora de Rкnal si accorse della propria imprudenza. «Ho la febbre,» disse, «e, credo, anche un po' di delirio. Statemi vicina.» Ormai del tutto ridestata dalla necessitа di controllarsi, ella si sentм meno infelice; la sua ragione riprese il dominio che il dormiveglia le aveva tolto. Per liberarsi dagli sguardi fissi della cameriera, le ordinт di leggere il giornale: e seguendo il monotono mormorio della ragazza che leggeva La Quotidienne, la signora de Rкnal prese la virtuosa decisione di trattare Julien con assoluta freddezza quando lo avesse rivisto.
XII • UN VIAGGIO
A Parigi si trovano persone eleganti, si possono trovare in provincia persone di carattere.
Sieyиs
Il giorno dopo fin dalle cinque, prima che la signora de Rкnal fosse visibile, Julien aveva ottenuto da suo marito un permesso di tre giorni. Inaspettatamente, il giovane provт il desiderio di rivederla: pensava alla sua mano cosм bella. Scese in giardino. La signora si fece attendere a lungo. Ma se Julien ne fosse stato innamorato, avrebbe potuto scorgerla dietro le persiane socchiuse del primo piano, con la fronte appoggiata ai vetri. Lo osservava. Alla fine, nonostante i suoi propositi, ella si decise a scendere in giardino. Il suo pallore abituale aveva fatto luogo ai colori piщ accesi. Quella donna cosм ingenua era evidentemente agitata; l'autocontrollo, e anche una certa rabbia, alteravano l'espressione di serenitа profonda, e in certo qual modo superiore a tutti i volgari interessi della vita, che conferiva tanto fascino al suo volto angelico.
Julien le si avvicinт con premura; ammirava la bellezza delle sue braccia che uno scialle, frettolosamente gettato sulle spalle, lasciava intravedere. La freschezza dell'aria mattutina aumentava lo splendore di una carnagione che i tormenti notturni rendevano anche piщ sensibile a tutte le impressioni. Quella bellezza modesta, commovente, eppure piena di pensieri ignoti alle persone di ceto inferiore, sembrava svelare a Julien una facoltа del suo animo che finora non aveva mai sperimentata. Tutto preso dal fascino che il suo sguardo avido sorprendeva, Julien non pensava minimamente all'accoglienza amichevole che si aspettava. Per questo fu anche piщ stupito della freddezza glaciale che la signora de Rкnal cercava di dimostrargli e che, gli parve, rivelava l'intenzione di richiamarlo all'ordine.
Il sorriso di piacere svanм sulle sue labbra; egli rammentт la sua posizione sociale, che doveva apparire ben misera agli occhi di una ricca e nobile ereditiera. Dopo un momento, sul suo viso non c'erano piщ che collera e sdegno contro se stesso. Era molto indispettito di avere ritardato la partenza di oltre un'ora per ricevere poi un'accoglienza cosм umiliante.
«Soltanto uno sciocco,» si disse, «puт prendersela col prossimo: un sasso cade perchй и pesante. Possibile ch'io sia sempre un bambino? Quando mi deciderт a dare a costoro solo quel tanto di me che possono pagare col denaro? Se voglio avere la loro stima e la mia, devo dimostrare che soltanto la mia povertа viene a patti con la loro ricchezza, ma che il mio cuore и mille miglia lontano dalla loro insolenza, e collocato in una sfera troppo alta per essere raggiunto dai loro meschini segni di disprezzo o di favore.»
Mentre questi sentimenti si affollavano nell'animo del giovane precettore, la sua mobile fisionomia assumeva un'espressione di orgoglio morboso e di ferocia. La signora de Rкnal ne fu sconvolta. Alla virtuosa freddezza che aveva voluto dimostrare con la sua accoglienza subentrт un'espressione di interesse, e di interesse animato dalla sorpresa per l'improvviso cambiamento di cui era stata testimone. Le parole vuote, che si scambiano al mattino sulla salute e sulla bellezza della giornata, si esaurirono contemporaneamente sulle loro labbra. Julien, che non era turbato da alcuna passione, trovт ben presto un mezzo per mostrare alla signora de Rкnal quanto poco credesse in un loro rapporto di amicizia. Non le disse nulla del breve viaggio che stava per fare, la salutт e partм.
Mentre ella lo guardava allontanarsi, atterrita dal cupo sdegno che aveva letto in quello sguardo cosм amabile il giorno prima, il maggiore dei suoi figli, che accorreva dal fondo del giardino, le disse abbracciandola:
«Siamo liberi, il signor Julien parte per un viaggio.»
Udendo queste parole, la signora de Rкnal si sentм invasa da un gelo mortale; era infelice per la sua virtщ, e ancor piщ per la sua debolezza.
Questo nuovo avvenimento occupт tutta la sua immaginazione, ed ella fu trasportata ben oltre le sagge risoluzioni prese durante la notte tormentosa appena trascorsa. Non si trattava piщ di resistere a quell'uomo cosм degno di essere amato: si trattava di perderlo per sempre.
Fu necessario presenziare alla colazione. E, per colmo di dolore, Rкnal e la signora Derville non parlarono che della partenza di Julien. Il sindaco di Verriиres aveva notato qualcosa di insolito nel tono fermo con cui il giovane aveva chiesto un permesso.
«Quel contadinotto ha certamente in tasca le proposte di qualcuno. Ma questo qualcuno, anche se fosse Valenod, si perderа un po' d'animo di fronte allo stipendio annuale di seicento franchi che bisognerа sborsare d'ora in avanti. Ieri, a Verriиres, gli avranno chiesto tre giorni di tempo per riflettere; e stamattina, per non essere costretto a darmi una risposta, il signorino se ne va in montagna. Dover fare i conti con un miserabile operaio che fa l'insolente, ecco a che cosa siamo arrivati!»
«Se mio marito, che ignora di avere offeso cosм profondamente Julien, pensa che questi ci lascerа, che cosa devo pensare io?» si disse la signora de Rкnal. «Ah! ormai tutto и deciso!»
Per poter almeno piangere liberamente, senza rispondere alle domande della signora Derville, ella si scusт col pretesto di un'atroce emicrania, e si mise a letto.
«Ecco come sono le donne,» ripetй Rкnal. «C'и sempre qualcosa fuori posto in queste macchine complicate.» E se ne andт sogghignando.
Mentre la signora de Rкnal era in preda ai piщ crudeli tormenti della passione in cui il caso l'aveva scagliata, Julien proseguiva allegramente il suo cammino tra le maggiori bellezze degli scenari montani. Doveva attraversare la grande catena a nord di Vergy. Il sentiero che stava seguendo, e che si elevava a poco a poco in mezzo ai grandi faggeti, prosegue in una serie interminabile di zig-zag lungo i pendii della montagna, che chiude a nord la valle del Doubs. Ben presto gli sguardi di Julien, passando sopra le alture meno elevate che costeggiano la valle del Doubs a sud, si spinsero verso le fertili vallate della Borgogna e del Beaujolais. Nonostante l'insensibilitа della sua anima ambiziosa per questo genere di bellezza, Julien non poteva far a meno, ogni tanto, di fermarsi per contemplare quello spettacolo cosм vasto e imponente.
Infine egli toccт la sommitа della montagna; bisognava passare di lа, seguendo quel sentiero traverso, per raggiungere la vallata solitaria dove abitava il suo amico, il giovane mercante di legname Fouquй. Julien non aveva alcuna fretta di vedere lui nй qualsiasi altro essere umano. Nascosto come un uccello da preda in mezzo alle nude rocce che coronano l'alta montagna, poteva scorgere da molto lontano chiunque si fosse avvicinato. Scoprм una piccola grotta che si apriva sul pendio quasi verticale di una delle rocce. Si mise a correre, e poco dopo era nel rifugio. «Qui,» disse, con occhi che brillavano di gioia, «gli uomini non potrebbero mai farmi del male.» Gli spuntт l'idea di concedersi il piacere - altrove tanto pericoloso per lui - di scrivere i suoi pensieri. Una pietra quadrata gli servм da scrittoio. La sua penna volava: egli non vedeva niente di quello che gli era intorno. Alla fine si accorse che il sole stava coricandosi dietro le montagne lontane del Beaujolais.
«Perchй non potrei passare qui la notte?» pensт. «Ho da mangiare, e sono libero!» Al suono di quelle grandi parole la sua anima si esaltт: la sua ipocrisia gli impediva di essere libero anche a casa di Fouquй. Con la testa appoggiata alle mani, Julien restт in quella grotta, piщ felice di quanto lo fosse mai stato in vita sua, agitato dalle fantasticherie e dalla sua gioia di libertа. Senza accorgersene, vide spegnersi l'uno dopo l'altro tutti i raggi del crepuscolo. In mezzo a quella immensa oscuritа, la sua anima si perdeva nella contemplazione di ciт che immaginava di trovare un giorno a Parigi. Prima di tutto una donna molto piщ bella e d'intelligenza assai piщ elevata di tutte le donne che aveva potuto conoscere in provincia. Amava con passione, era amato. Se talvolta si separava da lei, era per andare a coprirsi di gloria e per meritare ancora di piщ il suo amore.
Pur attribuendogli la fantasia di Julien, un giovane cresciuto fra le tristi veritа del mondo parigino a questo punto della sua vicenda amorosa sarebbe stato destato dalla fredda ironia; le grandi azioni sarebbero scomparse dalla sua mente, insieme con la speranza di compierle, per far luogo alla ben nota massima: «Lasci sola la tua amante? Rischierai, ahimи, di essere tradito due o tre volte al giorno.» Il giovane contadino, tra sй e le piщ eroiche azioni, non vedeva altro che la mancanza di un'occasione propizia.
Ma una notte profonda era scesa ed egli doveva fare ancora due leghe per raggiungere la piccola frazione dove abitava Fouquй. Prima di lasciare la grotta, Julien accese il fuoco e bruciт con cura tutto ciт che aveva scritto.
Il suo amico rimase di stucco quando lo udм bussare all'una del mattino. Julien lo trovт intento a fare i conti. Fouquй era un uomo giovane, alto, piuttosto mal fatto, con lineamenti forti e marcati, un naso enorme e molta bontа nascosta sotto quell'aspetto ripugnante.
«Hai forse litigato col tuo Rкnal, per capitarmi qui cosм, all'improvviso?»
Julien gli raccontт, ma con molte precauzioni, quello che era accaduto il giorno prima.
«Resta con me,» rispose Fouquй. «Vedo che hai imparato a conoscere Rкnal, Valenod, il sottoprefetto Maugiron, il curato Chйlan: hai capito le loro astuzie, ed eccoti ormai in grado di presentarti alle aste. Conosci l'aritmetica meglio di me, mi terrai i conti. Guadagno bene nel mio commercio. L'impossibilitа di far tutto da solo e il timore di prendermi un imbroglione per socio mi impediscono ogni giorno di combinare dei grossi affari. Non и passato nemmeno un mese da quando ho fatto guadagnare seimila franchi a Michaud de Saint-Amand, che non vedevo da sei anni e che ho incontrato per caso alla vendita di Pontarlier. Avresti potuto guadagnare tu quella somma, o almeno la metа. Infatti, se quel giorno tu fossi stato con me, avrei fatto salire il prezzo di quella partita di legname e me l'avrebbero lasciata quasi subito. Su, diventiamo soci.»
Quell'offerta mise di malumore Julien: contrastava troppo coi suoi folli disegni. Durante tutta la cena, che i due amici prepararono personalmente come eroi di Omero poichй Fouquй viveva solo, quest'ultimo fece vedere i conti a Julien e gli dimostrт tutti i vantaggi del suo commercio di legname. Fouquй stimava moltissimo l'intelligenza e il carattere del suo amico.
Quando Julien fu finalmente solo nella cameretta rivestita di abete, pensт: «И vero, qui posso guadagnare qualche migliaio di franchi e poi riprendere vantaggiosamente la carriera militare o quella ecclesiastica, secondo la moda che regnerа allora in Francia. Il gruzzolo che avrт messo da parte eliminerа tutte le piccole difficoltа. Intanto, solo, in mezzo a queste montagne, dissiperт un poco della mia spaventosa ignoranza su molti argomenti che interessano le persone di mondo. Ma Fouquй rinuncia al matrimonio, e mi ripete che la solitudine lo rende infelice. И chiaro che se prende un socio senza capitale da investire nel suo commercio, lo fa nella speranza di trovare un compagno che non lo abbandoni mai. Ma allora ingannerт il mio amico?» esclamт il giovane rabbiosamente. Questo essere, che solitamente trovava nell'ipocrisia e nella mancanza di ogni affetto la propria salvezza, stavolta non potй sopportare l'idea della minima mancanza di delicatezza verso un uomo che gli voleva bene.
Ma improvvisamente Julien riacquistт il buonumore; aveva un motivo per rifiutare. «Come! Perderei vigliaccamente sette od otto anni in una vita oscura?! In questo modo arriverei a ventotto anni! Ma a quell'etа Bonaparte aveva giа compiuto le sue piщ grandi imprese! Dopo aver guadagnato oscuramente un po' di soldi battendo i mercati di legname e conquistandomi il favore di qualche imbroglione subalterno, chi mi dice che avrт ancora il fuoco sacro con cui ci si fa un nome?»
Il mattino dopo Julien rispose con sangue freddo al buon Fouquй (il quale considerava giа conclusa la loro societа) che la sua vocazione per il santo ministero gli impediva di accettare. Fouquй non riusciva a capacitarsene.
«Ma hai pensato,» gli ripeteva, «che ti prendo come socio o, se preferisci, che ti do quattromila franchi l'anno? E tu vuoi ritornare da Rкnal che ti disprezza come il fango delle sue scarpe! Quando avrai messo da parte duecento luigi, chi ti impedisce di entrare in seminario? Ti dirт di piщ: mi incarico io di procurarti la migliore parrocchia della regione. Infatti» aggiunse Fouquй abbassando la voce, «fornisco legna da ardere a..., a..., e a... Do loro della quercia di prima qualitа e me la faccio pagare come legno dolce, ma non c'и denaro meglio impiegato.»
Nulla riuscм a vincere la vocazione di Julien. Fouquй finм col crederlo un po' matto. Il terzo giorno, di buon mattino, Julien lasciт il suo amico per trascorrere la giornata in mezzo alle rocce della montagna. Ritrovт la sua piccola grotta, ma gli mancava ormai la tranquillitа d'animo: le offerte del suo amico glie l'avevano tolta. Non si trovava, come Ercole, tra vizio e virtщ, ma tra mediocritа con un benessere assicurato e gli eroici sogni della sua giovinezza. «Sicchй non ho abbastanza fermezza,» si diceva: ed era questo il dubbio che lo feriva piщ profondamente. «Non ho la stoffa del grande uomo, se ho paura che otto anni trascorsi a guadagnarmi il pane mi tolgano la sublime energia necessaria a chi vuole compiere azioni straordinarie.»
XIII • LE CALZE TRAFORATE
Un romanzo: и uno specchio che si porta lungo una strada.
Saint-Rйal
Quando vide da lontano le pittoresche rovine dell'antica chiesa di Vergy, Julien si accorse che in due giorni non aveva pensato una sola volta alla signora de Rкnal. «L'altro giorno, alla mia partenza, quella donna mi ha ricordato l'infinita distanza che ci divide e mi ha trattato come il figlio di un operaio. Senza dubbio ha voluto mostrarmi il suo pentimento per avermi lasciato la mano la sera prima... Eppure la sua mano и molto bella! Che fascino! Che nobiltа negli sguardi di quella donna!»
La possibilitа di far fortuna con Fouquй dava una certa leggerezza ai pensieri di Julien, che non erano piщ tanto spesso turbati dall'irritazione, dal cocente senso della sua povertа e della sua bassezza agli occhi del mondo. Come dalla cima di un alto promontorio, egli poteva giudicare e quasi dominare tanto la povertа che il benessere, cui dava ancora il nome di ricchezza. Lungi dal considerare filosoficamente la situazione, Julien era tuttavia dotato di sufficiente luciditа per sentirsi diverso dopo quel piccolo viaggio in mezzo alle montagne.
Fu colpito dall'estremo turbamento con cui la signora de Rкnal ascoltт il breve resoconto del viaggio, che egli le aveva fatto a sua richiesta.
Fouquй aveva avuto dei progetti di matrimonio, degli amori infelici; e, a questo proposito, lunghe confidenze avevano riempito le conversazioni dei due amici. Dopo aver trovato troppo presto la felicitа, Fouquй si era accorto di non essere il solo a goderne. Tutti quei racconti avevano stupito Julien, insegnandogli molte cose nuove. La sua vita solitaria, nutrita dall'immaginazione e dalla diffidenza, lo aveva tenuto lontano da tutto ciт che poteva illuminarlo.
Durante la sua assenza la vita della signora de Rкnal era stata un susseguirsi di supplizi diversi, ma tutti insopportabili. Era realmente ammalata.
«Soprattutto,» le disse la cugina quando vide arrivare Julien, «stasera, indisposta come sei, non devi andare in giardino; l'aria umida raddoppierebbe il tuo malessere.»
La signora Derville si era accorta con stupore che la sua amica, sempre rimproverata dal marito per l'eccessiva semplicitа del vestire, aveva comperato da poco delle calze traforate e delle deliziose scarpine di Parigi. Da tre giorni a quella parte, l'unica distrazione della signora de Rкnal era consistita nel tagliare e nel far cucire in fretta da Elisa un abito estivo d'una incantevole stoffa leggera molto di moda. L'abito potй essere terminato proprio pochi minuti dopo l'arrivo di Julien, e la signora de Rкnal si affrettт a indossarlo. La sua amica non ebbe piщ dubbi. «L'infelice и innamorata!» ella pensт: e capм tutte le stranezze della sua malattia.
La vide parlare a Julien. Sul suo viso il pallore succedeva al rossore piщ intenso. L'ansia balenava nei suoi occhi che non si staccavano un attimo da quelli del giovane precettore. La signora de Rкnal aspettava da un istante all'altro che egli si spiegasse e dicesse se aveva deciso di andarsene o di restare. Julien si guardava bene dal tirare in ballo un argomento cui non pensava neppure. Dopo uno sforzo terribile, la signora de Rкnal osт dirgli con voce tremante, in cui vibrava tutta la sua passione: «Lascerete dunque i vostri allievi per sistemarvi altrove?»
Julien fu colpito dal tono incerto e dallo sguardo di lei. «Questa donna mi ama,» si disse. «Ma dopo questo momento di passeggera debolezza, che il suo orgoglio le rimprovera, e appena non avrа piщ paura della mia partenza, ritroverа la sua alterigia.» Egli colse in un lampo le loro rispettive situazioni e rispose esitando:
«Mi spiacerebbe molto abbandonare dei ragazzi cosм cari e cosм bennati, ma forse sarа necessario. Si hanno dei doveri anche verso se stessi.»
Pronunciando le parole cosм bennati (una di quelle espressioni aristocratiche che Julien aveva imparato da poco) egli si animт di un profondo sentimento di anti-simpatia.
«Agli occhi di questa donna,» si disse, «io non sono bennato.»
La signora de Rкnal, ascoltandolo, ammirava la sua intelligenza, la sua bellezza, e aveva il cuore trafitto dalla possibilitа di una partenza che egli le faceva intravedere. Tutti i suoi amici di Verriиres, che durante l'assenza di Julien erano venuti a pranzo a Vergy, avevano gareggiato nel complimentarla per l'uomo straordinario che suo marito aveva avuto la fortuna di scovare. Non bisogna credere che capissero qualcosa dei progressi dei ragazzi. Ma il fatto di conoscere la Bibbia a memoria, e per di piщ in latino, aveva riempito gli abitanti di Verriиres di un'ammirazione che durerа forse un secolo.
Julien non parlava con nessuno e ignorava tutto questo. Se la signora de Rкnal avesse avuto un po' di sangue freddo, gli avrebbe fatto i complimenti per la fama che si era meritato, e Julien, rassicurato nel proprio orgoglio, sarebbe stato cortese e amabile con lei, tanto piщ che il nuovo abito gli sembrava incantevole. La signora de Rкnal, felice del suo bel vestito e degli apprezzamenti di Julien, aveva voluto fare due passi in giardino; quasi subito, perт, ella fu costretta a confessare che non era in grado di proseguire. Aveva preso il braccio del giovane, ma invece di aumentare le sue forze, quel contatto gliele toglieva del tutto.
Era notte; appena si furono seduti, sfruttando il suo antico privilegio, Julien osт accostare le labbra al braccio della sua bella vicina e le prese la mano. Egli pensava all'ardimento di cui Fouquй aveva dato prova con le sue amanti, e non alla signora de Rкnal: la parola bennati pesava ancora sul suo cuore. Si sentм stringere la mano, ma non ne provт alcun piacere. Invece di essere fiero, o almeno riconoscente del sentimento che quella sera la signora de Rкnal tradiva con chiarissimi segni, la bellezza, l'eleganza, la freschezza di lei lo lasciarono quasi insensibile. Un'anima pura, la mancanza di ogni rancore prolungano senza dubbio la durata della giovinezza. И il volto a invecchiare per primo nella maggior parte delle donne belle.
Julien fu sgarbato per tutta la sera; fin lм, aveva riservato la sua collera al caso e alla societа; dopo che Fouquй gli aveva offerto un mezzo ignobile per raggiungere il benessere, ce l'aveva con se stesso. Tutto assorto nei suoi pensieri, anche se ogni tanto rivolgeva qualche parola alle due cugine, Julien, senza accorgersene, finм con l'abbandonare la mano della signora de Rкnal. Quel gesto sconvolse la povera donna: ella vi lesse, giа segnata, la propria sorte.
Se la signora de Rкnal fosse stata sicura dell'affetto di Julien, forse la sua virtщ avrebbe trovato la forza di resistergli. Ma nel timore di perderlo per sempre, la passione la sconvolse tanto che ella riprese la mano di Julien, distrattamente abbandonata sullo schienale di una sedia. Il gesto risvegliт il giovane ambizioso, il quale avrebbe voluto avere a testimoni tutti quei nobili tanto fieri che durante i pranzi, quando egli sedeva in fondo alla tavola con i ragazzi, lo guardavano con un sorriso di protezione. «Questa donna non puт piщ disprezzarmi; stando cosм le cose,» pensт Julien, «devo essere sensibile alla sua bellezza; devo a me stesso di divenire il suo amante.» Una simile idea non gli sarebbe mai venuta prima delle ingenue confidenze del suo amico Fouquй.
L'improvvisa decisione presa in quel momento fu un piacevole diversivo. Il giovane si diceva: «Bisogna che conquisti una di queste donne.» Si accorse che avrebbe preferito di gran lunga far la corte alla signora Derville: non perchй fosse piщ bella, ma perchй lo aveva sempre visto come precettore onorato per la sua dottrina, e non vestito da carpentiere, con una giacchetta piegata sotto il braccio, come era apparso la prima volta alla signora de Rкnal.
Ma proprio nella sua tenuta di giovane operaio, rosso fino alla radice dei capelli, fermo sulla soglia di casa e senza il coraggio di suonare il campanello, la signora de Rкnal lo rievocava con maggiore trasporto.
Continuando a passare in rivista la propria situazione, Julien si accorse che non bisognava pensare alla conquista della signora Derville, la quale probabilmente aveva intuito i sentimenti della sua amica. Costretto a ripiegare su quest'ultima, si disse: «Che ne so, io, del suo carattere? Solo questo: prima del mio viaggio, le prendevo la mano e lei la ritirava, oggi io ritiro la mano e lei me la prende e la stringe. Che bella occasione per restituirle tutto il disprezzo che mi ha dimostrato! Dio sa quanti amanti avrа avuto! Forse si decide in mio favore soltanto per la facilitа di incontrarci.»
Questa, ahimи, и la disgrazia di una civiltа troppo progredita! A vent'anni l'anima di un giovane provvisto d'una certa educazione и ben lungi dall'abbandono, senza il quale l'amore, sovente, non и che il piщ noioso dei doveri.
«Devo a me stesso di riuscire con questa donna,» continuт Julien spinto dalla sua piccola vanitа, «perchй se un giorno farт fortuna e qualcuno mi rinfaccerа l'umile carica di precettore, potrт sempre dire di averlo fatto per amore.»
Julien staccт nuovamente la mano da quella della signora de Rкnal, poi la riprese e la strinse. Verso mezzanotte, quando rientrarono in salotto, la giovane donna gli disse a mezza voce:
«Ci lascerete davvero? Ve ne andrete?»
Julien rispose sospirando:
«Devo andarmene perchй vi amo appassionatamente. И una colpa... e quale colpa per un prete!»
La signora de Rкnal si appoggiт al suo braccio, e con tale abbandono che la sua gota sfiorт quella di Julien.
Le loro notti furono ben diverse. La signora de Rкnal era esaltata dall'ebbrezza dei piщ alti piaceri spirituali. Una ragazza leggera, che comincia presto ad amare, si abitua ai turbamenti dell'amore; quando arriva all'etа della vera passione, le manca il fascino della novitа. Ma poichй la signora de Rкnal non aveva mai letto romanzi, tutte le sfumature della sua felicitа erano nuove per lei. Nessuna triste veritа veniva a raffreddarla, neppure lo spettro del futuro. S'immaginт felice dopo dieci anni, quanto lo era in quel momento. Persino il pensiero della virtщ e della fedeltа giurata al marito, che l'aveva tormentata nei giorni precedenti, si presentт invano e fu licenziato come un ospite importuno. «Non concederт mai nulla a Julien,» ella pensт. «Vivremo in avvenire come viviamo da un mese. Egli sarа soltanto un amico.»
XIV • LE FORBICI INGLESI
Una ragazza di sedici anni aveva un colorito di rosa, e si dava il rossetto.
Polidori
Quanto a Julien, l'offerta di Fouquй gli aveva tolto ogni possibilitа di essere felice: il giovane non riusciva a prendere una decisione.
«Ahimи, forse manco di carattere, sarei stato un cattivo soldato di Napoleone. Almeno,» soggiunse, «questo piccolo intrigo con la padrona di casa mi distrarrа un poco.»
Per sua fortuna, anche in quella piccola circostanza secondaria, il suo intimo non corrispondeva a simili spavalderie. Aveva paura della signora de Rкnal per il suo bel vestito. Quel vestito, ai suoi occhi, era l'avanguardia di Parigi. Il suo orgoglio non volle lasciare nulla al caso o all'ispirazione del momento. In base alle confidenze di Fouquй e a quel poco che aveva letto sull'amore nella Bibbia, Julien si fece un piano di battaglia molto preciso. E siccome, senza confessarselo, era molto turbato, mise per iscritto il suo piano.
L'indomani mattina, in salotto, la signora de Rкnal restт per un istante sola con lui.
«Non avete un altro nome, oltre a Julien?» gli domandт.
A questa domanda cosм lusinghiera, il nostro eroe non seppe che cosa rispondere. Una simile circostanza non era prevista nel suo piano. Se non avesse commesso la sciocchezza di prepararsi questo piano, Julien se la sarebbe cavata con la sua prontezza di spirito, e la sorpresa avrebbe solo aggiunto vivacitа alle sue intuizioni.
Fu goffo, e si esagerт la propria goffaggine. La signora de Rкnal gliela perdonт subito, anzi le sembrт il risultato di un incantevole candore. E, per lei, era proprio il candore che mancava a quell'uomo cui tutti riconoscevano tanto ingegno.
«Il tuo giovane precettore mi ispira molta diffidenza,» le diceva qualche volta la signora Derville. «Mi sembra che rifletta continuamente e che agisca solo per calcolo. И un sornione.»
Julien restт profondamente umiliato di non aver saputo rispondere nulla alla signora de Rкnal.
«Un uomo come me deve a se stesso di riparare a questo scacco.» E approfittando del momento in cui passavano da una stanza all'altra, egli si sentм in obbligo di dare un bacio alla signora de Rкnal. Nulla di piщ imprevisto, nulla di meno gradevole sia per lui che per lei, nulla di piщ imprudente. Ci mancт poco che li vedessero. La signora de Rкnal lo credette pazzo. Si spaventт, e soprattutto si sentм urtata. Quella sciocchezza la fece pensare a Valenod.
«Che cosa mi capiterebbe se restassi sola con lui?» si disse. E ritrovт tutta la sua virtщ, poichй si eclissava l'amore.
Fece in modo che uno dei suoi figli restasse sempre con lei.
La giornata fu noiosa per Julien, che la trascorse tutta intera ad eseguire con impaccio i suoi piani di seduzione. Non guardт la signora de Rкnal neppure una volta, senza che il suo sguardo avesse un motivo; tuttavia non era tanto sciocco da non accorgersi che non riusciva ad essere amabile e, tanto meno, seducente.
La signora de Rкnal non poteva riaversi dallo stupore di vederlo cosм impacciato e contemporaneamente cosм audace. «И la timidezza dell'amore in un uomo di spirito!» ella concluse alla fine con inesprimibile gioia. «И dunque possibile che la mia rivale non lo abbia mai amato?»
Dopo pranzo la signora de Rкnal rientrт in salotto per ricevere la visita del sottoprefetto di Bray, Charchot de Maugiron. Si mise a lavorare a un piccolo telaio da ricamo abbastanza alto. La signora Derville era al suo fianco. Proprio allora, e in piena luce, il nostro eroe ritenne opportuno avanzare un piede e premere quello della signora de Rкnal: la calza traforata e le graziose scarpine di Parigi attiravano con evidenza gli sguardi del galante sottoprefetto.
Madame de Rкnal ebbe una folle paura, lasciт cadere le forbici, il gomitolo di lana, gli aghi, tanto che il gesto di Julien potй sembrare un goffo tentativo d'impedire la caduta delle forbici, che il giovane aveva visto scivolare. Per fortuna quelle forbicine di acciaio inglese si ruppero, e la signora de Rкnal si rammaricт a non finire perchй Julien non si era trovato piщ vicino.
«Vi siete accorto prima di me che stavano cadendo, e sareste riuscito a impedirlo. Cosм invece, col vostro zelo, non siete riuscito che a darmi un calcio.»
Tutta la scena trasse in inganno il sottoprefetto, ma non la signora Derville. «Questo bel ragazzo si comporta veramente da sciocco,» ella pensт. «Il galateo di una capitale di provincia non perdona simili errori.»
La signora de Rкnal trovт il momento di dire a Julien: «Siate prudente, ve lo ordino.»
Julien si accorgeva della propria goffaggine ed era di malumore. Agitт a lungo il problema: doveva arrabbiarsi per le parole ve lo ordino? Fu tanto sciocco da pensare: «Se si fosse trattato dell'educazione dei ragazzi, avrebbe anche potuto dirmi ve lo ordino, ma l'amore corrisposto presuppone uguaglianza. Non si puт amare senza uguaglianza...» E la sua mente si smarrм a coniare dei luoghi comuni sull'uguaglianza. Si ripeteva con stizza un verso di Corneille che aveva imparato qualche giorno prima dalla signora Derville:
... l'amore
crea le uguaglianze e non le cerca.
Julien, ostinandosi a sostenere la parte del don Giovanni, lui che non aveva mai avuto un'amante, fu per tutto il giorno tremendamente sciocco. Non ebbe che un'idea sensata; annoiato di sй e della signora de Rкnal, vedeva con terrore avanzare la sera, in cui si sarebbe trovato in giardino accanto a lei, e nell'oscuritа. Disse al sindaco che andava a Verriиres a trovare il curato; uscм dopo pranzo e tornт solo a notte inoltrata.
A Verriиres, Julien trovт l'abate Chйlan intento a fare i bagagli; era stato destituito, e lo sostituiva il vicario Maslon. Julien aiutт il buon curato e pensт di scrivere a Fouquй, spiegandogli che la vocazione irresistibile per il santo ministero gli aveva sulle prime impedito di accettare le sue amabili offerte, ma che ora, dopo un tale esempio di ingiustizia, riteneva piщ utile alla sua salvezza rinunciare agli ordini religiosi.
Julien si compiacque della propria astuzia nel trarre profitto dalla destituzione del parroco di Verriиres per lasciarsi aperta la porta del commercio, se mai nel suo spirito la triste prudenza avesse avuto il sopravvento sull'eroismo.
XV • IL CANTO DEL GALLO
Amour en latin faict amor
Or donc provient d'amour la mort,
Et, par avant, soulcy qui mord,
Deuil, plours, pieges, forfaitz, remords...
«Blason d'Amour»
Se Julien avesse avuto appena un po' di quell'abilitа che si attribuiva senza motivo, il giorno dopo avrebbe potuto compiacersi dell'effetto prodotto dal suo viaggio a Verriиres. La sua assenza aveva fatto dimenticare quanto fosse stato maldestro. Ma anche quel giorno egli fu abbastanza sgarbato; la sera gli spuntт un'idea ridicola, che comunicт alla signora de Rкnal con straordinaria audacia.
Non appena furono seduti in giardino, senza attendere la completa oscuritа, il giovane avvicinт la bocca all'orecchio della signora de Rкnal e, a rischio di comprometterla gravemente, le disse:
«Signora, stanotte alle due verrт nella vostra camera, devo dirvi una cosa.»
Julien temeva una risposta affermativa: la parte del seduttore gli pesava tanto che, se avesse potuto dar retta alle proprie inclinazioni, si sarebbe ritirato per parecchi giorni in camera sua, evitando di vedere le due signore. Capiva che la sua studiata condotta del giorno prima aveva rovinato le buone impressioni precedenti, e non sapeva davvero a che santo votarsi.
La signora de Rкnal rispose con indignazione autentica e per nulla esagerata all'impertinente annuncio di Julien e a lui parve di avvertire un certo disprezzo in quella secca risposta. Certo, nella risposta data a voce bassissima aveva potuto distinguere un guai a voi.
Con la scusa di dover parlare ai ragazzi, il precettore andт nella loro camera, e al ritorno si mise a sedere accanto alla signora Derville, a notevole distanza dalla signora de Rкnal. In questo modo si tolse ogni possibilitа di prenderle la mano. La conversazione fu seria, e Julien se la cavт molto bene, salvo alcuni istanti di silenzio durante i quali si torturava il cervello. «Ma perchй non riesco a ideare qualche sapiente manovra per costringere la signora de Rкnal a tributarmi quegli autentici segni di tenerezza che, tre giorni or sono, mi facevano credere di averla ormai in mio potere?» egli andava domandandosi.
Julien era molto sconcertato dalla situazione quasi disperata in cui si trovava. E tuttavia niente lo avrebbe messo in imbarazzo piщ del successo.
A mezzanotte, quando si lasciarono, il suo pessimismo gli fece credere che la signora Derville lo disprezzasse e che la signora de Rкnal, da parte sua, non avesse di lui migliore concetto.
Di pessimo umore, e assai umiliato, Julien non riuscм a dormire. Era ben lontano dal rinunciare a ogni finzione, a ogni progetto, per vivere con la signora de Rкnal alla giornata, accontentandosi come un bambino della felicitа che ogni giorno gli avrebbe portato.
Si affaticт il cervello a escogitare geniali manovre, che un attimo dopo giudicava assurde: in una parola, quando suonarono le due all'orologio del castello egli era molto infelice.
Quei rintocchi lo ridestarono come il canto del gallo risvegliт san Pietro. Il momento piщ penoso era giunto. Julien non aveva piщ pensato alla sua impertinente proposta dopo averla formulata: era stata accolta cosм male!
«Le ho detto che sarei andato da lei alle due,» si disse, alzandosi. «Puт darsi benissimo che io sia inesperto e rozzo, da quel figlio di contadino che sono. La signora Derville me lo ha fatto capire abbastanza chiaramente. Ma almeno non sarт un debole.»
Julien aveva ragione di compiacersi del proprio coraggio: non si era mai sottoposto a una simile costrizione. Aprendo la porta tremava tanto che si sentiva mancare le ginocchia, e fu costretto ad appoggiarsi contro il muro.
Era senza scarpe. Andт a origliare alla porta del sindaco e lo sentм russare. Ne fu desolato. Non aveva piщ alcun pretesto per non andare da lei! Ma, Dio mio, che cosa avrebbe fatto? Non aveva alcuna idea, e anche se l'avesse avuta, era tanto confuso che non sarebbe riuscito ad attuarla.
Alla fine, soffrendo mille volte di piщ che se fosse andato alla morte, entrт nel piccolo corridoio che conduceva alla camera della signora de Rкnal. Aprм la porta con mano tremante e facendo un baccano spaventoso.
C'era luce. Un lume da notte ardeva sotto il camino: Julien non si aspettava questa nuova sfortuna. Vedendolo entrare, la signora de Rкnal si buttт fuori del letto. «Disgraziato!» esclamт. Ci fu un po' di confusione. Julien dimenticт i suoi vani progetti e tornт ad essere quello che era naturalmente: la possibilitа di non piacere a una donna cosм affascinante gli parve il peggiore dei mali. Rispose ai rimproveri di lei gettandosi ai suoi piedi, abbracciando le sue ginocchia. E siccome ella gli parlava con estrema durezza, il giovane scoppiт in lacrime.
Alcune ore dopo, quando Julien uscм dalla camera della signora de Rкnal, in stile da romanzo si sarebbe potuto dire che non aveva piщ nulla da desiderare. Effettivamente, doveva all'amore che aveva ispirato, e all'imprevedibile impressione che aveva prodotto su di lui il fascino della bellezza, quella vittoria che non avrebbe mai raggiunto con tutti i suoi calcoli maldestri.
Ma anche nei momenti piщ dolci, vittima di uno strano orgoglio, egli volle sostenere la parte dell'uomo abituato a soggiogare le donne. Incredibilmente, pose ogni cura nel guastare quanto poteva renderlo amabile. Invece di prestare attenzione ai trasporti amorosi che faceva nascere e ai rimorsi che li rendevano anche piщ vivi, Julien non abbandonт mai l'idea del dovere. Temeva un rimorso spaventoso e un eterno ridicolo, se si fosse scostato un attimo dal modello ideale che si era proposto; in una parola, proprio ciт che rendeva Julien un essere superiore gli impedм di gustare la felicitа che aveva a portata di mano. Era come una ragazza di sedici anni, che ha una splendida carnagione e che, per andare al ballo, commette la follia di darsi il rossetto.
Mortalmente spaventata dall'apparizione di Julien, la signora de Rкnal fu ben presto in preda alle piщ crudeli ansie. I pianti e la disperazione di Julien la turbavano vivamente.
Anche quando non aveva ormai piщ nulla da rifiutargli, ella respingeva Julien lontano da sй con autentica indignazione poi si gettava nuovamente tra le sue braccia. Non c'era nessun calcolo nel suo comportamento. La poveretta si credeva dannata senza scampo, e cercava di nascondersi la vista dell'inferno colmando Julien delle piщ appassionate carezze. In una parola, alla felicitа del nostro eroe non sarebbe mancato nulla, neppure un'accesa sensibilitа nella donna che aveva appena sedotto, se avesse saputo goderne. La partenza di Julien non pose fine agli slanci appassionati che la trasportavano suo malgrado, e alle lotte coi rimorsi che la straziavano.
«Mio Dio! Essere amati, essere felici и soltanto questo?» Fu il primo pensiero di Julien rientrando nella sua stanza. Egli si trovava in quello stato di stupore e di inquieto turbamento in cui precipita l'anima che ha appena ottenuto una cosa lungamente ambita. Abituata a desiderare, non ha piщ niente da desiderare e tuttavia non ha ancora dei ricordi. Come il soldato che torna dalla parata, Julien si mise a rievocare attentamente tutti i particolari della sua condotta. «Ho mancato a nulla di ciт che devo a me stesso? Ho recitato bene la mia parte?»
E quale parte? Quella di un uomo abituato a essere brillante con le donne.
XVI • ILGIORNO DOPO
He turn'd his lips to hers, and with his hand
Call'd back the tangles of her wandering hair.
«Don Juan», c. I, st. 170
Fortunatamente per il successo di Julien, la signora de Rкnal era stata troppo agitata, troppo stupita per vedere le sciocchezze dell'uomo che, in un attimo, era diventato tutto per lei.
Allo spuntare del giorno, quando lo aveva pregato di ritirarsi, gli aveva detto: «Oh Dio mio! se mio marito ha sentito qualche rumore sono perduta.»
Julien, che trovava il tempo di far delle frasi, rammentт questa:
«Rimpiangereste la vita?»
«Ah! molto, in questo momento! Ma non rimpiangerei di avervi conosciuto.»
Julien trovт necessario alla propria dignitа andarsene a giorno fatto, con grande imprudenza.
L'attenzione continua con cui egli studiava ogni sua minima azione, nel folle disegno di sembrare un uomo esperto, non ebbe che un vantaggio: quando Julien rivide la signora de Rкnal a colazione, la sua condotta fu un capolavoro di prudenza.
Quanto a lei, non poteva guardarlo senza arrossire fino agli occhi, e non poteva vivere un minuto senza guardarlo; si accorgeva del proprio turbamento, e gli sforzi che faceva per nasconderlo lo raddoppiavano. Julien alzт una volta sola gli occhi su di lei. Dapprima, ella ammirт la sua prudenza. Poi, vedendo che quell'unico sguardo non si ripeteva, si allarmт.
«Forse non mi ama piщ,» si disse. «Ahimи, sono troppo vecchia, ho dieci anni piщ di lui!»
Nel passare dalla sala da pranzo al giardino la signora de Rкnal strinse la mano di Julien. Sorpreso da quel segno d'amore cosм straordinario, il giovane la guardт con trasporto, perchй durante la colazione gli era parsa molto bella e, pur tenendo gli occhi bassi, aveva passato tutto il tempo a rievocarsi ogni particolare della sua bellezza. Quello sguardo consolт la signora de Rкnal; non le tolse tutte le ansie, ma le sue ansie eliminarono quasi tutti i rimorsi nei confronti del marito.
A colazione il marito non si era accorto di nulla. Non cosм la signora Derville, la quale credette l'amica sul punto di soccombere. Per tutto il giorno, col suo affetto ardito e penetrante, non le risparmiт le mezze parole per dipingerle il pericolo che correva.
La signora de Rкnal ardeva dal desiderio di trovarsi sola con Julien: voleva chiedergli se l'amava ancora. E nonostante l'inalterabile dolcezza del suo carattere, ella fu spesso sul punto di far capire all'amica quanto fosse importuna.
La sera, in giardino, la signora Derville fu cosм abile che riuscм a sedersi tra la signora de Rкnal e Julien. La signora de Rкnal, che si era fatta un'immagine deliziosa del piacere di stringere la mano dell'amato e di portarsela alle labbra, non riuscм a rivolgergli neppure una parola.
Questo contrattempo aumentт la sua agitazione. Era divorata da un rimorso. I rimproveri, che aveva rivolto a Julien per l'imprudenza commessa la notte precedente, erano stati tanto aspri da farle temere che non sarebbe piщ ritornato. Ella lasciт presto il giardino e si rifugiт nella sua camera. Ma non riuscendo a controllare la propria impazienza, andт ad origliare alla porta di Julien. Nonostante l'incertezza e la passione che la divoravano, non ebbe il coraggio di entrare. Una simile azione le sembrava l'ultima delle bassezze, come dice anche un detto di provincia.
Non tutti i domestici erano a letto. Alla fine la prudenza la costrinse a rientrare in camera sua. Due ore di attesa furono due secoli di tormento.
Ma Julien era troppo fedele a ciт che chiamava il dovere, per non eseguire, punto per punto, quanto si era prescritto.
Quando suonт l'una, egli scivolт fuori della sua stanza, si assicurт che il padrone di casa fosse profondamente addormentato e comparve nella camera della signora de Rкnal. Quella volta godette d'una maggior felicitа accanto alla sua amica, perchй pensт meno alla propria parte. Ebbe occhi per vedere e orecchi per udire. Quello che l'amante gli disse a proposito della propria etа contribuм a rassicurarlo.
«Ohimи! Ho dieci anni piщ di voi! Come potete amarmi!» ella gli ripeteva senza una precisa intenzione, solo perchй questo pensiero la opprimeva.
Julien non riusciva a capire un simile tormento, ma capм che era autentico e dimenticт quasi completamente la paura di essere ridicolo.
Scomparve anche la stupida idea di essere considerato un amante subalterno per la sua umile nascita. Rassicurata man mano dagli slanci di Julien, la sua timida amante ritrovava un po' di felicitа e la facoltа di giudicarlo. Per fortuna quel giorno Julien non assunse quasi mai quel tono artificioso che aveva fatto dell'incontro precedente una vittoria, ma non un piacere. Se si fosse accorta della cura con cui egli recitava la sua parte, questa scoperta le avrebbe tolto per sempre ogni felicitа. Non avrebbe potuto scorgervi che un triste effetto della differenza d'etа.
Anche se la signora de Rкnal non aveva mai pensato alle teorie sull'amore, la differenza di etа и, dopo quella di fortuna, uno dei grandi luoghi comuni dello spirito di provincia, ogni volta che si parla d'amore.
In pochi giorni Julien, restituito a tutto l'ardore dei suoi anni, fu perdutamente innamorato.
«Bisogna convenire,» pensava, «che и di una bontа angelica e che и impossibile essere piщ belle di lei.»
Aveva quasi del tutto abbandonato l'idea della parte da sostenere. In un momento di abbandono le confessт anche tutte le sue inquietudini. Questa confidenza portт al culmine l'amore che ispirava. «Dunque non ho avuto una rivale fortunata!» pensava la signora de Rкnal con gioia. Osт interrogarlo sul ritratto che gli premeva tanto; ed egli le giurт che era quello di un uomo.
Quando la giovane donna era sufficientemente padrona di se stessa per riflettere, non riusciva a capacitarsi che potesse esistere una simile felicitа e di non averlo mai sospettato.
«Ah!» si diceva, «se avessi conosciuto Julien dieci anni or sono, quando potevo ancora essere giudicata bella!»
Julien era lontanissimo da simili pensieri. Il suo amore era ancora ambizione: era la gioia di possedere, lui, povero essere disgraziato e coperto di disprezzo, una donna cosм nobile e bella. I suoi atti di adorazione, i suoi slanci di fronte al fascino della sua amica, finirono col rassicurarla un poco sulla differenza d'etа. Se avesse avuto un po' di quel saper vivere che una donna di trent'anni possiede da tempo nei paesi piщ evoluti, avrebbe tremato per la durata di un amore che sembrava nutrirsi solo di sorprese e di orgoglio soddisfatto.
Quando dimenticava la sua ambizione, Julien ammirava con slancio persino i cappellini, persino i vestiti della signora de Rкnal. Non si saziava mai del loro profumo. Apriva l'armadio a specchi e restava per ore intere ad ammirare la bellezza e l'eleganza di tutto ciт che vedeva. La sua amica, appoggiata a lui, lo guardava, ed egli guardava quei gioielli, quelle deliziose inezie che sono i doni dello sposo alla vigilia delle nozze.
«Avrei potuto sposare un uomo cosм!» ella pensava qualche volta. «Che anima di fuoco! Che vita meravigliosa, con lui!»
Quanto a Julien, egli non si era mai trovato cosм vicino a quei terribili strumenti dell'artiglieria femminile. E pensava: «И impossibile che a Parigi ci sia qualcosa di piщ bello!» In quei momenti non trovava ostacoli alla propria felicitа. Spesso la sincera ammirazione e gli slanci della sua amante gli facevano dimenticare le sciocche teorie che l'avevano reso cosм compassato e quasi ridicolo nei primi momenti della loro relazione. In alcuni istanti, nonostante la sua abitudine all'ipocrisia, Julien provava un'estrema dolcezza nel confessare a quella gran dama che lo ammirava la propria ignoranza di tante piccole cose inerenti alla vita di societа. Il rango della sua amante sembrava elevarlo ben piщ in alto della sua condizione. Da parte sua, ella provava la piщ dolce voluttа spirituale a istruire cosм, in tante minuzie, quel giovane pieno d'ingegno che tutti consideravano destinato a un grande avvenire. Perfino il sottoprefetto e Valenod non potevano fare a meno di ammirarlo: e in virtщ di ciт essi sembravano meno sciocchi alla donna innamorata. Quanto alla signora Derville, ella era ben lontana dal condividere quei sentimenti. Disperata per ciт che credeva di indovinare, e vedendo che i suoi saggi consigli riuscivano insopportabili a una donna che aveva letteralmente perduto la testa, lasciт Vergy senza fornire spiegazioni che nessuno, d'altronde, pensт di richiederle. La signora de Rкnal versт qualche lacrima, ma ben presto le sembrт che la sua felicitа aumentasse. Grazie a quella partenza ella si trovava quasi tutto il giorno a tu per tu con l'amante.
Julien si abbandonava con tanto maggior piacere alla dolce compagnia della sua amica, in quanto ogni volta che restava troppo solo con se stesso era di nuovo molestato dalla fatale proposta di Fouquй. Nei primi giorni di questa nuova esistenza vi furono dei momenti in cui il giovane, che non aveva mai amato e non era mai stato amato da nessuno, trovava un cosм delizioso piacere nella sinceritа da rasentare il bisogno di confessare all'amata l'ambizione che fin lм era stata l'essenza stessa della sua vita. Avrebbe voluto parlarle della strana tentazione che suscitava in lui la proposta di Fouquй, quando un piccolo avvenimento rese impossibile ogni franchezza.
XVII • IL PRIMO ASSESSORE
O, how this spring of love resembleth
The uncertain glory of an April day;
Which now shows all the beauty of the sun,
And by and by a cloud takes all away!
«Two Gentlemen of Verona»
Una sera al tramonto, seduto vicino all'amica in fondo al frutteto e lontano dagli importuni, Julien era assorto in una profonda fantasticheria. «Momenti cosм dolci,» pensava, «dureranno in eterno?» Era oppresso dalla difficoltа di farsi una posizione, deplorava quella grande ondata di infelicitа che chiude l'infanzia e rovina la prima giovinezza di chi non и ricco. «Ah!» egli esclamт, «Napoleone era davvero l'uomo mandato da Dio per i giovani francesi! Chi lo sostituirа? Che cosa faranno senza di lui quei disgraziati, sia pure piщ ricchi di me, che hanno appena il denaro sufficiente per procurarsi una buona educazione, ma non quello che occorre a vent'anni per corrompere qualcuno a lanciarsi in una carriera? Qualunque cosa si faccia,» aggiunse il giovane con un profondo sospiro, «questo fatale ricordo ci impedirа sempre di essere felici!»
Vide improvvisamente la signora de Rкnal aggrottare le ciglia con un'espressione fredda e sdegnosa: un simile modo di pensare le sembrava confacente a un domestico. Educata nella convinzione di essere molto ricca, le pareva pacifico che anche Julien lo fosse. Lo amava mille volte piщ della propria vita, e non faceva alcun conto del denaro.
Julien era lungi dall'immaginare simili pensieri. Quell'aggrottare le ciglia lo riportт sulla terra. Ebbe sufficiente presenza di spirito per modificare la propria frase e far credere alla nobile signora, cosм vicina a lui su quel banco muscoso, che aveva ripetuto parole udite durante il soggiorno in casa del commerciante di legname suo amico: era il modo di pensare degli empi.
«Ebbene, evitate la compagnia di quella gente!» disse la signora de Rкnal, conservando in parte il tono glaciale che aveva improvvisamente sostituito l'espressione della piщ viva tenerezza.
Quell'aggrottare le ciglia, o meglio il rimorso della propria imprudenza, fu il primo scacco subito dalle illusioni di Julien, il quale si disse: «И buona e dolce, i suoi sentimenti per me sono profondi, ma и cresciuta nel campo nemico. Questi aristocratici devono soprattutto temere la classe degli uomini di valore che, dopo una buona educazione, non hanno abbastanza denaro per intraprendere una carriera. Che ne sarebbe di questi nobili, se ci fosse concesso di combatterli ad armi pari? Io, per esempio, se fossi sindaco di Verriиres, ben intenzionato e fondamentalmente onesto qual и in fondo Rкnal, come spazzerei via il vicario, Valenod e tutti i loro imbrogli! Come farei trionfare la giustizia a Verriиres! Non sarebbero certo le loro capacitа ad ostacolarmi. Essi vanno sempre a tentoni.»
Quel giorno la felicitа di Julien fu sul punto di divenire duratura. Mancт al nostro eroe l'audacia della sinceritа. Bisognava avere il coraggio di attaccare battaglia, ma subito. La signora de Rкnal era stata colpita dalle parole di Julien, perchй gli uomini del suo ambiente andavano ripetendo che un nuovo Robespierre era possibile soprattutto per l'esistenza di giovani appartenenti alle classi meno abbienti, ma educati troppo bene. La freddezza della signora de Rкnal durт abbastanza a lungo, e a Julien parve ostentata. Era invece il timore di avergli detto indirettamente una cosa sgradevole, succeduto alla ripugnanza per le parole di lui. Questa sofferenza si riflettй vivamente sui suoi tratti, cosм puri e ingenui quando era felice e lontana dagli importuni.
Julien non osт piщ fantasticare con abbandono. Piщ calmo e meno innamorato, giudicт imprudente andare in camera della signora de Rкnal. Era meglio che fosse lei a venirlo a trovare: se un domestico l'avesse vista girare per casa, non le sarebbero mancati i pretesti per spiegare il fatto.
Ma anche questa soluzione presentava degli inconvenienti. Julien aveva ricevuto da Fouquй dei libri che uno studente di teologia non avrebbe mai potuto chiedere a un libraio: e osava leggerli soltanto di notte. Spesso sarebbe stato ben lieto di non essere interrotto da una visita la cui attesa, soltanto il giorno precedente la scena nel frutteto, lo avrebbe messo nell'impossibilitа di leggere.
Doveva alla signora de Rкnal se capiva i libri in modo del tutto nuovo. Aveva osato rivolgerle qualche domanda su una serie di piccoli particolari che, se ignorati, bloccano l'intelligenza di un giovane nato fuori della buona societа, quali che siano le sue doti naturali.
Questa educazione dell'amore, impartita da una donna assai ignorante, fu una fortuna. Julien giunse direttamente a vedere la societа qual и oggigiorno, perchй il suo spirito non era stato offuscato dalla descrizione di ciт ch'essa era stata in passato, duemila anni fa o anche soltanto sessant'anni or sono, ai tempi di Voltaire e di Luigi xv. Il giovane provт una gioia indescrivibile vedendo cadere i veli che gli annebbiavano lo sguardo: e capм finalmente tutto quello che accadeva a Verriиres.
In primo piano apparvero complicatissimi intrighi, orditi da due anni a quella parte intorno al prefetto di Besanзon e appoggiati da lettere provenienti da Parigi e scritte da uomini fra i piщ illustri. Si trattava di fare di Moirod, l'uomo piщ pio della regione, il primo e non il secondo assessore del sindaco di Verriиres.
Moirod aveva un concorrente: un ricchissimo industriale, che bisognava a tutti i costi ricacciare al secondo posto.
Julien capм infine le mezze parole che aveva captato quando l'alta societа veniva a pranzo in casa Rкnal. Quella gente privilegiata era tutta presa dalla scelta del primo assessore, scelta di cui il resto della cittadinanza e i liberali non sospettavano neppure la possibilitа. L'importanza della questione stava nel fatto che, come tutti sanno, la via principale di Verriиres doveva essere allargata nel suo lato orientale di oltre nove piedi, essendo diventata strada nazionale.
Ora, se Moirod, proprietario di tre case che avrebbero dovuto arretrare, riusciva a diventare primo assessore, e poi sindaco qualora Rкnal venisse eletto deputato, avrebbe chiuso gli occhi e sarebbe stato possibile apportare alle case prospicienti la via pubblica delle piccole, impercettibili riparazioni, tali da garantirne l'intangibilitа per altri cento anni. Nonostante i profondi sentimenti religiosi e la riconosciuta onestа di Moirod, si poteva esser certi che egli avrebbe lasciato correre, perchй aveva molti figli. Tra le case che dovevano esser fatte arretrare, nove appartenevano a esponenti della migliore societа di Verriиres.
Per Julien, questo intrigo era assai piщ importante della battaglia di Fontenoy, di cui vedeva il nome per la prima volta in uno dei libri donatigli da Fouquй. C'erano cose che lo stupivano da quando, cinque anni prima, aveva cominciato ad andare la sera a casa del curato. Ma poichй la discrezione e l'umiltа di spirito sono le prime doti di uno studente di teologia, gli era stato impossibile fare domande.
Un giorno la signora de Rкnal diede un ordine al cameriere di suo marito, il nemico di Julien.
«Ma signora,» rispose questi con uno strano tono, «oggi и l'ultimo venerdм del mese.»
«Andate,» disse la signora.
«Ecco!» disse Julien. «Ora andrа in quel deposito di fieno che anticamente era una chiesa e che и stato riconsacrato da poco. Ma a fare che cosa? Ecco uno dei misteri che non sono mai riuscito a penetrare.»
«Si tratta di una istituzione molto utile, ma stranissima,» rispose la signora de Rкnal. «Le donne non vi sono ammesse: so soltanto che tutti si danno del tu. Per esempio, questo domestico incontrerа Valenod, e quell'uomo cosм fiero e cosм sciocco non sarа per niente infastidito a sentirsi dare del tu da Saint-Jean e gli risponderа allo stesso modo. Se desiderate saperne di piщ, chiederт spiegazioni a Maugiron e a Valenod. Paghiamo una quota di venti franchi per ogni domestico, onde essere sicuri che un giorno essi non ci sgozzino.»
Il tempo volava. Pensando alle grazie della sua amante, Julien si distraeva dalla sua cupa ambizione. La necessitа di non parlare con lei di cose tetre e ragionevoli, dal momento che appartenevano a partiti avversi, aumentava, senza ch'egli se ne accorgesse, la sua felicitа e l'ascendente che la signora de Rкnal esercitava su di lui.
Nei momenti in cui la presenza dei ragazzi troppo svegli li obbligava a parlare il freddo linguaggio della ragione, Julien, con perfetta docilitа e con occhi scintillanti d'amore, ascoltava le sue spiegazioni sull'andamento del mondo. Spesso, mentre stava raccontando qualche astuto imbroglio a proposito di un lavoro stradale o di una fornitura, lo spirito della giovane signora si smarriva completamente, fino al delirio: Julien doveva allora sgridarla perchй ella si permetteva con lui gli stessi gesti affettuosi che prodigava ai figli. A volte la signora de Rкnal aveva l'illusione di amarlo come un figlio. Non doveva forse rispondere continuamente alle sue ingenue domande su mille piccolezze, che un ragazzo bennato non ignora piщ a quindici anni? Un momento dopo, lo ammirava come un maestro. La sua genialitа arrivava al punto di spaventarla; di giorno in giorno le sembrava di vedere piщ chiaramente il grand'uomo futuro in quel giovane abate. Lo vedeva papa, lo vedeva primo ministro come Richelieu.
«Vivrт abbastanza per vedere la tua gloria?» ella diceva a Julien. «Il posto per un grand'uomo и pronto; la monarchia, la religione ne hanno bisogno.»
XVIII • UN RE A VERRIИRES
Non siete dunque capaci che di mettere in mostra un cadavere di popolo senza anima e senza sangue nelle vene?
Discorso del vescovo nella cappella di San Clemente
Il tre settembre, alle dieci di sera, un gendarme svegliт tutta Verriиres risalendo al galoppo la strada principale: portava la notizia che sua maestа il re di *** sarebbe arrivato la domenica seguente: e si era giа al martedм. Il prefetto autorizzava, cioи richiedeva, la formazione di una guardia d'onore. Bisognava ostentare il maggior sfarzo possibile. Fu inviata una staffetta a Vergy. Rкnal arrivт durante la notte e trovт tutta la cittа in subbuglio. Ognuno aveva le proprie pretese: i meno indaffarati prendevano in affitto dei balconi per vedere l'ingresso del re.
Chi avrebbe comandato la guardia d'onore? Il sindaco intravide subito quanto fosse importante, nell'interesse delle case da far arretrare, che il comando fosse affidato a Moirod. Poteva rappresentare un titolo a favore della sua nomina a primo assessore. Non c'era nulla da ridire sulla religiositа di Moirod: era superiore a qualsiasi paragone; perт egli non era mai montato a cavallo. Era un uomo di trentasei anni, timido in ogni sua azione, e che temeva ugualmente le cadute e il ridicolo.
Il sindaco lo fece chiamare fin dalle cinque del mattino.
«Voi vedete, signore, che richiedo il vostro parere come se giа occupaste il posto che auspicano per voi tutte le persone oneste. In questa disgraziata cittа le manifatture prosperano, il partito liberale accumula milioni, aspira al potere e di tutto saprа farsi delle armi. Pensiamo all'interesse del re, a quello della monarchia e, prima d'ogni altra cosa, a quello della nostra santa religione. A chi pensate che si possa affidare il comando della guardia d'onore?»
Nonostante la tremenda paura che gli incutevano i cavalli, Moirod finм con l'accettare quell'onore come un martirio. «Sarт all'altezza della situazione» disse al sindaco. Restava appena il tempo di far preparare le uniformi, usate sette anni prima quando era passato da Verriиres un principe del sangue.
Alle sette madame de Rкnal arrivт da Vergy con Julien e coi figli. Trovт il suo salotto pieno di donne liberali che predicavano l'unione dei partiti; erano venute a supplicarla di ottenere dal sindaco un posto per i loro mariti nella guardia d'onore. Una di esse sosteneva che, se non fosse stato scelto, suo marito avrebbe fatto bancarotta per il dispiacere. La signora de Rкnal congedт alla svelta tutta quella gente. Sembrava molto occupata.
Julien fu stupito, e perfino urtato, perchй la signora de Rкnal gli nascondeva quello che l'agitava. «L'avevo previsto,» pensava amaramente: «il suo amore si eclissa davanti alla gioia di ricevere un re in casa sua. Tutta questa confusione l'abbaglia. Mi amerа di nuovo quando i pensieri della sua casta non le turberanno piщ il cervello.»
Cosa sorprendente, Julien per questo l'amт ancora di piщ.
I tappezzieri cominciavano a riempire la casa, ed egli spiт a lungo, ma invano, l'occasione di dirle una parola. Infine la incontrт: usciva dalla camera di lui, con uno dei suoi vestiti sul braccio. Erano soli. Tentт di parlarle, ma ella scappт via senza ascoltarlo. «Sono pur sciocco ad amare una donna cosм. L'ambizione la fa divenire folle come suo marito.»
Lo era molto di piщ; uno dei suoi grandi desideri, che non aveva mai confessato a Julien per paura di urtarlo, era di vederlo, magari per un giorno solo, senza l'abito nero. Con un'abilitа veramente meravigliosa in una donna cosм spontanea, ella ottenne, prima da Moirod e poi dal sottoprefetto Maugiron, la promessa che Julien sarebbe stato nominato guardia d'onore, ottenendo la preferenza su cinque o sei giovani, figli di commercianti molto agiati, almeno due dei quali erano anche modelli di devozione. Valenod, che contava di prestare il calesse alle piщ belle donne della cittа per far ammirare i suoi cavalli normanni, acconsentм a prestarne uno a Julien, l'uomo che odiava piщ di chiunque altro. Ma tutte le guardie d'onore possedevano, o avevano preso a prestito, uno di quei begli abiti color azzurro cielo, con le spalline d'argento da colonnello che avevano brillato sette anni prima. La signora de Rкnal voleva un abito nuovo, e le restavano solo quattro giorni per spedire qualcuno a Besanзon e farlo tornare con l'uniforme, le armi, il cappello, ecc.: insomma, tutto ciт che forma la divisa di una guardia d'onore. La cosa piщ curiosa и che ella giudicava imprudente commissionare l'abito di Julien a Verriиres. Voleva cogliere di sorpresa lui e la cittа.
Sbrigato il lavoro per le guardie d'onore e preparato a dovere lo spirito pubblico, il sindaco dovette occuparsi di una grande cerimonia religiosa; il re di *** non voleva passare da Verriиres senza visitare la famosa reliquia di San Clemente, che si conserva a Bray-le-Haut, a meno d'una lega dalla cittа. Si desiderava l'intervento di molti sacerdoti, e questa fu la cosa piщ difficile da organizzare. Maslon, il nuovo curato, voleva evitare a tutti i costi la presenza di Chйlan. Invano Rкnal si sforzт di dimostrargli che sarebbe stata un'imprudenza. Per accompagnare il re di *** era stato designato il marchese de La Mole, i cui antenati erano stati per lungo tempo governatori della provincia: il marchese conosceva da trent'anni l'abate Chйlan e, arrivando a Verriиres, avrebbe chiesto senza dubbio sue notizie; venendo a sapere che era caduto in disgrazia, sarebbe stato capacissimo di andare a prenderlo nella casetta dove si era ritirato con tutto il suo seguito. Che schiaffo!
«Ma io sarт disonorato, qui e a Besanзon,» rispose l'abate Maslon, «se Chйlan comparirа in mezzo al mio clero. Dio mio, un giansenista!»
«Potete dire quello che volete, mio caro abate,» rispose Rкnal, «ma non esporrт l'amministrazione di Verriиres al rischio di ricevere un affronto dal marchese de La Mole. Voi non lo conoscete: a corte и un benpensante, ma qui in provincia si diverte a fare dei brutti scherzi e a prendere in giro tutti, col solo scopo di mettere in imbarazzo la gente. Unicamente per divertirsi и capace di coprirci di ridicolo agli occhi dei liberali.»
Finalmente, la notte tra sabato e domenica, dopo tre giorni di trattative, l'orgoglio dell'abate Maslon si piegт di fronte alla paura del sindaco, che andava trasformandosi in coraggio. Fu necessario scrivere una lettera complimentosa all'abate Chйlan, pregandolo di assistere alla cerimonia della reliquia di Bray-le-Haut, se tuttavia glie lo permettevano la sua tarda etа e i suoi acciacchi. Chйlan chiese e ottenne una lettera di invito per Julien, che doveva accompagnarlo in qualitа di suddiacono.
Fin dal mattino della domenica migliaia di contadini, provenienti dalle vicine montagne, inondarono le strade di Verriиres. C'era un sole splendido. Infine, verso le tre, tutta quella folla fu percorsa da un fremito: si vide un gran fuoco accendersi su una roccia a due leghe da Verriиres. Quel segnale annunciava che il re era entrato nel territorio del dipartimento. Subito il suono delle campane e i colpi di un vecchio cannone spagnolo, appartenente alla cittа, manifestarono la gioia generale per questo grande avvenimento. Metа della popolazione salм sui tetti. Tutte le donne erano al balcone. La guardia d'onore si mise in moto. Si ammiravano le brillanti uniformi, ognuno riconosceva un parente, un amico. Si rideva della paura di Moirod, la cui mano prudente era sempre pronta ad aggrapparsi all'arcione. Ma un particolare fece dimenticare tutti gli altri: il primo cavaliere della nona fila era un bellissimo giovane molto esile, che sulle prime non fu riconosciuto. Ma quasi subito un grido d'indignazione da parte degli uni, e uno stupefatto silenzio da parte degli altri, annunciarono la profonda impressione generale. In quel giovane, che montava un cavallo normanno di Valenod, si riconobbe il giovane Sorel, il figlio del carpentiere. Fu un grido unanime contro il sindaco, soprattutto da parte dei liberali. Dunque, siccome quel piccolo operaio travestito da abate era precettore dei suoi marmocchi, Rкnal aveva l'audacia di nominarlo guardia d'onore, con pregiudizio del tale e del tal altro, che erano ricchi industriali! La moglie di un banchiere diceva: «Dovrebbero dare una lezione a quel piccolo insolente, nato nel fango!» «И un sornione e porta la sciabola,» rispondeva un vicino. «Sarebbe abbastanza vile da colpirli sul viso!»
I discorsi dei nobili erano piщ pericolosi. Le signore si domandavano se l'idea di quel gesto cosм sconveniente era tutta del sindaco. In generale si rendeva giustizia al suo disprezzo per l'oscuritа delle origini.
Oggetto di tanti commenti, Julien era l'uomo piщ felice del mondo. Coraggioso di natura, cavalcava meglio della maggior parte dei giovani di quella cittа di montagna. Negli occhi delle donne leggeva che si stava parlando di lui.
Le sue spalline erano le piщ brillanti, essendo nuove; il suo cavallo s'impennava ogni momento: Julien era al colmo della gioia.
La sua felicitа non ebbe piщ limiti quando, nel passare vicino ai vecchi bastioni, il rumore del cannone fece scartare il suo cavallo fuori della fila. Per un mero caso il giovane non cadde: e da quel momento si sentм un eroe. Era ufficiale d'ordinanza di Napoleone e stava caricando una batteria.
Ma c'era una persona piщ felice di lui. Prima lo aveva visto passare, guardando da una finestra del municipio; salita poi sul calesse e fatto rapidamente un gran giro, la giovane donna arrivт in tempo per fremere quando il cavallo di lui scartт fuori della fila. Infine il calesse, uscendo a gran carriera da un'altra porta della cittа, riuscм a raggiungere la strada per cui doveva passare il re e potй seguire la guardia d'onore, a venti passi di distanza, avvolta in una nobile polvere. Diecimila contadini gridarono «Viva il re!», quando il sindaco ebbe l'onore di dare il benvenuto a Sua Maestа. Un'ora dopo, quando il re, ascoltati tutti i discorsi, stava per entrare in cittа, il piccolo cannone si rimise a sparare a colpi precipitati. Accadde, perт, un incidente, non ai cannonieri che avevano fatto le loro prove a Lipsia e a Montmirail, ma a Moirod, il futuro primo assessore: il suo cavallo lo adagiт mollemente nell'unica pozzanghera della strada maestra, il che scatenт un putiferio, data la necessitа di tirar fuori di lм Moirod per lasciar passare la carrozza del re.
Sua Maestа scese davanti alla bella chiesa nuova, che quel giorno era adorna di tutti gli addobbi color cremisi. Il re doveva pranzare e, subito dopo, risalire in carrozza per recarsi a venerare la celebre reliquia di San Clemente. Appena Sua Maestа fu in chiesa, Julien si diresse al galoppo verso casa Rкnal. Qui lasciт sospirando il bel vestito azzurro cielo, la sciabola e le spalline, per riprendere l'abito nero e sdrucito. Poi rimontт a cavallo e in pochi minuti raggiunse Bray-le-Haut, che sorge sulla sommitа di una bella collina.
«L'entusiasmo moltiplica questi contadini,» pensт Julien. «A Verriиres non ci si puт muovere, ed eccone qui piщ di diecimila intorno a questa antica abbazia.» Semidistrutto dai vandalismi rivoluzionari, il tempio era stato splendidamente ricostruito dopo la Restaurazione, e si cominciava a parlare di miracoli. Julien raggiunse l'abate Chйlan, che lo sgridт duramente e gli diede una tonaca e una cotta. Il giovane si vestм alla svelta e seguм il curato Chйlan che doveva recarsi dal giovane vescovo di Agde. Questi era un nipote di La Mole, di recente nomina, e aveva ricevuto l'incarico di esibire la reliquia al re.
Non riuscirono, perт, a trovarlo. Il clero cominciava a spazientirsi. Aspettava il suo capo nel chiostro gotico e buio dell'antica abbazia. Erano stati riuniti ventiquattro curati per rappresentare l'antico Capitolo di Bray-le-Haut che, prima del 1789, si componeva di ventiquattro canonici. Dopo avere deplorato per tre quarti d'ora la giovinezza del vescovo, i curati ritennero opportuno che il Decano andasse da monsignore per avvertirlo che il re stava arrivando, e che urgeva raggiungere il Capitolo. L'etа avanzata dell'abate Chйlan gli era valsa il titolo di Decano: e, nonostante la sua stizza contro Julien, gli fece segno di seguirlo. Julien portava la cotta con grande eleganza. Grazie a chi sa quale procedimenti di toeletta ecclesiastica, egli era riuscito a rendere molto lisci i suoi bei capelli ricci. Ma per una dimenticanza, che aumentт il malumore di Chйlan, sotto le lunghe pieghe della tonaca si potevano scorgere gli speroni da guardia d'onore.
Una volta giunti all'appartamento del vescovo, alcuni lacchи in alta tenuta si degnarono appena di rispondere al vecchio curato che monsignore non era visibile. Quando poi Chйlan tentт di spiegare che nella sua qualitа di decano del Capitolo nobile di Bray-le-Haut aveva il privilegio di essere ammesso in qualsiasi momento alla presenza del vescovo officiante, i lacchи lo presero in giro.
Il carattere altero di Julien fu urtato dall'insolenza dei domestici, ed egli cominciт a percorrere i dormitori dell'antica abbazia, scuotendo tutte le porte che trovava. Una di queste, piccolissima, cedette, e Julien si trovт in una cella, in mezzo ai camerieri del vescovo, vestiti di nero e con una catena al collo. Vedendo la sua aria frettolosa lo credettero convocato dal vescovo e lo lasciarono passare. Julien percorse un breve tratto e si trovт in un'immensa e buia sala gotica, interamente rivestita di quercia nera; tutte le finestre ogivali, meno una, erano state chiuse con mattoni. La grossolanitа di quel lavoro di muratura non era mascherata in alcun modo e contrastava tristemente con l'antica magnificenza del rivestimento di legno. I due lati maggiori di questa sala, celebre tra gli studiosi di antichitа borgognone, e fatta costruire verso il 1470 dal duca Carlo il Temerario quale espiazione di qualche peccato, erano ornati di stalli di legno riccamente scolpiti. Vi erano raffigurati tutti i misteri dell'Apocalisse in legni di diversi colori.
Questo melanconico splendore, deteriorato dalla presenza dei mattoni scoperti e del gesso ancora bianco, commosse Julien, che si fermт in silenzio. All'altra estremitа della sala, vicino all'unica finestra che lasciava entrare la luce, il giovane vide uno specchio mobile con la cornice di mogano. Un giovane in tonaca viola con cotta di pizzo, ma a capo scoperto, si trovava a tre passi dallo specchio, che in quel luogo risaltava stranamente e che senza dubbio era stato portato dalla cittа. Julien notт che il giovane pareva irritato: con la mano destra tracciava gravemente dei segni di benedizione, rivolto allo specchio.
«Che cosa puт significare questa faccenda?» pensт il nostro eroe. «И una cerimonia preparatoria, quella che sta compiendo questo giovane prete? Forse и il segretario del vescovo... sarа un insolente come i lacchи... Parola d'onore, non me ne importa niente: tentiamo.»
Julien avanzт e percorse piuttosto lentamente la sala nella sua lunghezza, con gli occhi sempre fissi verso l'unica finestra e guardando quel giovane che continuava a impartire benedizioni, eseguite lentamente ma senza fine, e senza che egli si concedesse un attimo di sosta.
Man mano che si avvicinava, Julien distingueva meglio l'espressione contrariata dell'altro. La ricchezza della cotta adorna di pizzi fece fermare involontariamente Julien a qualche passo dal magnifico specchio. «И mio dovere parlare,» egli si disse alla fine; ma la bellezza della sala lo aveva commosso, ed era urtato a priori dalle parole dure che gli sarebbero state rivolte.
Il giovane lo vide nello specchio e si voltт: mise immediatamente da parte la sua aria irritata e gli domandт in tono dolcissimo: «Ebbene, signore, и stata finalmente accomodata?»
Julien rimase di stucco. Quando il giovane si volse verso di lui, vide sul suo petto la croce pastorale: era il vescovo di Agde! «Cosм giovane!» pensт Julien. «Avrа al massimo sette o otto anni piщ di me!...»
E si vergognт dei suoi speroni. Poi rispose timidamente: «Sono inviato dal reverendo Chйlan, decano del Capitolo.»
«Ah! mi и stato molto raccomandato,» disse il vescovo con un tono gentile che raddoppiт l'entusiasmo di Julien. «Ma vi chiedo scusa, signore, vi avevo scambiato con la persona che deve portarmi la mitra. Me l'hanno imballata male a Parigi, e il tessuto d'argento и orribilmente sciupato in alto. Farа un pessimo effetto,» soggiunse il giovane vescovo con tristezza, «e oltre tutto mi fanno anche aspettare!»
«Se Vostra Eminenza lo permette, vado io a cercare la mitra.»
I begli occhi di Julien sortirono il loro effetto.
«Andate pure, signore,» rispose il vescovo con grande amabilitа. «Ne ho bisogno subito. Sono desolato di far attendere i signori del Capitolo.»
Quando Julien fu al centro della sala, si volse verso il vescovo e vide che si era rimesso a impartire benedizioni. «Ma che diavolo puт significare questa faccenda?» egli si domandт ancora. «Senza dubbio si tratta di una preparazione ecclesiastica necessaria alla prossima cerimonia.» Appena giunto nella cella dove stavano i camerieri personali, vide che la mitra era in mano a costoro. Cedendo loro malgrado allo sguardo imperioso di Julien, essi gli consegnarono il sacro copricapo.
Si sentм fiero di portarlo: attraversando la sala procedette lentamente, reggendolo con rispetto. Trovт il vescovo seduto di fronte allo specchio: ma ancora, di tanto in tanto, con la mano destra egli impartiva qualche benedizione nonostante la stanchezza. Julien lo aiutт a mettersi la mitra. Il vescovo scosse la testa: poi disse, contento:
«Ah! stavolta sta a posto! Vi dispiace scostarvi un poco?» Dopo di che egli si diresse rapidamente al centro della stanza: poi, avvicinandosi lentamente allo specchio, riprese la sua espressione crucciata, impartendo benedizioni con solennitа.
Julien era paralizzato dallo stupore; era tentato di capire, ma non osava. Il vescovo si fermт: e, fissandolo con uno sguardo che perdeva rapidamente la sua solennitа, domandт:
«Che ve ne pare della mia mitra, signore? Va bene?»
«Benissimo, monsignore.»
«Non и troppo indietro? In questo caso avrei un'aria un po' sciocca; ma non bisogna neppure portarla troppo bassa sugli occhi, come un berretto da ufficiale ungherese.»
«Mi sembra che vada benissimo.»
«Il re di *** и abituato a un clero venerabile e certamente solenne. Non vorrei, soprattutto per la mia etа, sembrare troppo frivolo.»
E il vescovo riprese a camminare impartendo benedizioni.
«И chiaro,» pensт Julien, osando finalmente capire. «Si esercita a dare la benedizione.»
Dopo qualche istante il prelato disse:
«Sono pronto. Andate pure ad avvertire il decano e i signori del Capitolo.»
Poco dopo l'abate Chйlan, seguito dai due preti piщ anziani, entrт attraverso una porta grandissima e ornata di magnifiche sculture, di cui Julien non si era accorto. Questa volta, perт, rimase al suo posto, l'ultimo di tutti, e riuscм a vedere il vescovo soltanto guardando oltre le spalle degli ecclesiastici che si affollavano a quella porta.
Il vescovo attraversт lentamente la sala; quando fu giunto sulla soglia, i curati si disposero in processione. Dopo un attimo di disordine, il corteo cominciт ad avanzare intonando un salmo. Il vescovo veniva per ultimo, tra l'abate Chйlan e un altro vecchissimo curato. Julien s'insinuт vicinissimo a monsignore, nella sua qualitа di addetto all'abate Chйlan. Seguirono i lunghi corridoi dell'abbazia di Bray-le-Haut i quali, nonostante il torrido sole, erano umidi e bui. Infine arrivarono al portico del chiostro. Julien era stupefatto e ammirato per la bellissima cerimonia. L'ambizione ridestata in lui dalla giovane etа del vescovo, la sensibilitа e la cortesia del prelato si contendevano il suo cuore. Una gentilezza, una cortesia ben diverse da quelle di Rкnal, anche nelle sue migliori giornate. «Piщ si sale verso gli alti strati della societа,» si disse Julien, «e piщ ci s'imbatte in questi modi squisiti.»
Stavano entrando in chiesa da una porta laterale, quando improvvisamente uno spaventoso rumore fece risonare le antiche volte: Julien credette che queste stessero per crollare. Si trattava ancora del piccolo cannone che era appena giunto, trainato da otto cavalli al galoppo: posto subito in posizione di tiro dagli artiglieri di Lipsia, sparava cinque colpi al minuto, come se avesse di fronte i prussiani.
Ma quel mirabile frastuono non fece piщ effetto a Julien, il quale non pensava piщ a Napoleone e alla gloria militare. Egli pensava invece: «Essere vescovo di Agde, cosм giovane! Ma dove sarа Agde? E a quanto ammonterа la prebenda? Forse a duecento o trecentomila franchi.»
I lacchи di monsignore comparvero con un magnifico baldacchino: l'abate Chйlan prese uno dei bastoni di sostegno, ma in realtа a portarlo fu Julien. Il vescovo vi si collocт sotto. Era veramente riuscito ad assumere un aspetto venerando: e l'ammirazione del nostro eroe non ebbe piщ limiti.
«Che cosa non si riesce a realizzare, quando si и abili!» pensт quest'ultimo.
Entrт il re. Julien ebbe la fortuna di vederlo molto da vicino. Il vescovo rivolse al sovrano un compuntissimo discorso, senza dimenticare un piccola sfumatura di turbamento assai riguardoso per Sua Maestа. Non staremo a ripetere la descrizione delle cerimonie di Bray-le-Haut: per due settimane esse riempirono le colonne di tutti i giornali del dipartimento. Dal discorso del vescovo, Julien apprese che il re discendeva da Carlo il Temerario.
Piщ tardi, uno degli incarichi di Julien fu quello di controllare i conti della cerimonia. La Mole, che aveva fatto nominare vescovo suo nipote, aveva voluto usargli la cortesia di assumersi tutte le spese. Soltanto la cerimonia di Bray-le-Haut venne a costare tremilaottocento franchi.
Dopo il discorso del vescovo e la risposta del re, Sua Maestа si mise sotto il baldacchino, poi s'inginocchiт con grande devozione su un cuscino accanto all'altare. Il coro era circondato di stalli collocati due gradini sopra il pavimento. Sull'ultimo dei due era seduto Julien, ai piedi dell'abate Chйlan, pressappoco come un caudatario accanto al suo cardinale nella Cappella Sistina di Roma. Fu celebrato un Te Deum, ci furono nuvole d'incenso, scariche interminabili di moschetti e di cannone; i contadini erano ebbri di felicitа e di devozione. Una giornata come questa distrugge l'opera di cento numeri di giornali giacobini.
Julien era a sei passi del re, che pregava con sincero fervore. Il giovane osservт per la prima volta un signore di bassa statura, dallo sguardo intelligente: egli indossava un abito quasi privo di ricami, ma su quell'abito semplicissimo portava un cordone azzurro. Era piщ vicino al re di molti altri signori i cui abiti erano talmente ricamati d'oro che, a parere del giovane precettore, non si riusciva a vedere la stoffa. Poco dopo Julien apprese che quel signore era il marchese de La Mole. Gli parve altero e perfino insolente.
«Questo marchese non dev'essere gentile come il mio bel vescovo,» egli pensт. «Ah, la vita ecclesiastica rende dolci e saggi! Ma il re и venuto a venerare la reliquia, e io non vedo alcuna reliquia. Dove sarа San Clemente?»
Un chierichetto, vicino a lui, gli spiegт che la venerabile reliquia si trovava nella parte alta dell'edificio, in una cappella ardente.
«Che cosa sarа una cappella ardente?» si domandт Julien.
Ma non volle chiedere spiegazioni: si fece piщ attento.
In caso di visita d'un principe sovrano l'etichetta esige che i canonici non accompagnino il vescovo. Ma, dirigendosi verso la cappella ardente, il vescovo di Agde chiamт l'abate Chйlan: Julien ebbe l'ardire di seguirlo.
Dopo una lunga scala, raggiunsero una porta piccolissima ma adorna di stipiti gotici magnificamente dorati. Sembrava un'opera recentissima.
Davanti alla porta era inginocchiate ventiquattro fanciulle appartenenti alle famiglie piщ distinte di Verriиres. Prima di aprire il battente, il vescovo s'inginocchiт in mezzo a quelle fanciulle, che erano tutte belle. Mentre il prelato pregava ad alta voce, pareva che esse non potessero saziarsi di ammirare le sue splendide trine, le sue buone maniere, il suo viso cosм giovane e dolce. Questo spettacolo fece perdere al nostro eroe quel po' di senno che gli rimaneva. In quel momento egli si sarebbe battuto, e in buona fede, per l'Inquisizione. La porta si aprм improvvisamente, e la piccola cappella apparve come incendiata di luce. Sull'altare si vedevano piщ di mille ceri, disposti su otto file divise da mazzi di fiori. Il profumo soave del piщ puro incenso usciva turbinosamente dalla porta del santuario. La cappella, dorata a nuovo, era molto piccola ma altissima. Julien notт che sull'altare vi erano dei ceri alti piщ di quindici piedi. Le fanciulle non poterono trattenere un grido d'ammirazione. Nel piccolo vestibolo della cappella erano state ammesse soltanto le ventiquattro fanciulle, e i due religiosi e Julien.
Il re arrivт poco dopo, seguito solo dal marchese de La Mole e dal suo gran ciambellano. Perfino le guardie rimasero fuori, in ginocchio, presentando le armi.
Piщ che buttarcisi, Sua Maestа si precipitт sull'inginocchiatoio. Solamente allora Julien, appiccicato alla porta dorata, da sotto il braccio nudo di una fanciulla potй vedere la bella statua di San Clemente. Il santo era nascosto sotto l'altare, e indossava un costume da giovane soldato romano. Sul collo aveva una larga ferita da cui sembrava sgorgare il sangue. L'artista aveva superato se stesso: gli occhi, morenti ma pieni di grazia del santo, erano socchiusi; una leggera peluria ornava la bocca ben disegnata, che, semiaperta, sembrava pregare ancora. A quella vista, la fanciulla che era vicina a Julien pianse a dirotto e una delle sue lacrime cadde sulla mano di lui.
Dopo un momento di preghiera, nel silenzio piщ profondo, turbato soltanto dal suono lontano delle campane dei villaggi circostanti, il vescovo di Agde chiese al re il permesso di parlare. Finм il suo breve discorso molto commovente con parole semplici, ma appunto per questo di sicuro effetto.
«Non dimenticate, giovani cristiane, che avete visto uno dei sovrani piщ potenti della terra in ginocchio dinanzi ai servi di questo Dio onnipotente e terribile. Questi servi, deboli, perseguitati, assassinati sulla terra, come potete vedere dall'ancor sanguinante ferita di San Clemente, trionfano in cielo. Non и vero, giovani cristiane, che vi ricorderete sempre di questo giorno? Voi detesterete gli empi. In eterno sarete fedeli a questo Dio cosм grande, cosм terribile, ma cosм buono.»
Dette queste parole, il vescovo si alzт con autoritа.
«Me lo promettete?» disse, stendendo il braccio in atteggiamento ispirato.
«Lo promettiamo,» risposero le fanciulle sciogliendosi in lacrime.
«Ricevo la vostra promessa in nome di questo Dio terribile!» soggiunse il vescovo con voce tonante. E la cerimonia ebbe termine.
Perfino il re piangeva. Solo molto tempo dopo, Julien ebbe abbastanza sangue freddo per domandare dov'erano le ossa del santo, mandate da Roma a Filippo il Buono, duca di Borgogna. Gli dissero che erano nascoste in quell'incantevole statua di cera.
Sua Maestа si degnт di concedere alle fanciulle, che lo avevano accompagnato nella cappella, il permesso di portare un nastro rosso su cui erano ricamate queste parole: ODIO ALL'EMPIO, ADORAZIONE PERPETUA.
Il marchese de La Mole fece distribuire ai contadini diecimila bottiglie di vino. La sera, a Verriиres, i liberali trovarono un pretesto per fare un'illuminazione cento volte migliore di quella dei monarchici. Prima di partire, il re fece visita a Moirod.
XIX • PENSARE FA SOFFRIRE
Il grottesco degli avvenimenti quotidiani nasconde la vera infelicitа delle passioni.
Barnave
Rimettendo a posto i mobili nella stanza che era stata occupata dal marchese de La Mole, Julien trovт un foglio di carta molto grosso, piegato in quattro. In fondo alla prima pagina lesse:
A S.E. il marchese de La Mole, Pari di Francia, cavaliere degli ordini del re, ecc. ecc.
Era una petizione scritta con una grossolana grafia da serva.
Signor Marchese,
tutta la vita ho avuto principi religiosi. Ero a Lione sotto i bombardamenti, al tempo dell'assedio, nel '93 di esecrabile memoria. Faccio la comunione, tutte le domeniche vado a messa nella chiesa parrocchiale. Non sono mai venuto meno al precetto pasquale, neppure nel '93 di esecrabile memoria. La mia cuoca (prima della rivoluzione avevo dei domestici) rispetta il magro ogni venerdм. Godo a Verriиres di una considerazione generale e oso dire ben meritata. Durante le processioni marcio sotto il baldacchino a fianco del curato e del sindaco. Nelle grandi occasioni porto un cero comprato a mie spese. Di tutto ciт esistono certificati a Parigi, al ministero delle finanze. Faccio richiesta al Signor Marchese di ottenere il banco del lotto di Verriиres, che fra breve non puт mancare di rimanere libero in un modo o nell'altro, poichй il titolare и molto ammalato e d'altronde vota male alle elezioni, ecc.
De Cholin
In margine a questa petizione c'era una postilla, firmata De Moirod, e che cominciava con questa riga:
«Ho avuto l'onore di parlare ierri del buon soggetto che fa questa domanda», ecc.
«Cosм, perfino quell'imbecille di Cholin mi indica la strada da seguire,» si disse Julien.
Otto giorni dopo il passaggio del re di *** a Verriиres, ciт che rimaneva delle innumerevoli bugie, delle sciocche interpretazioni, delle discussioni ridicole, ecc. ecc., di cui erano stati oggetto successivamente il re, il vescovo di Agde, il marchese de La Mole, le diecimila bottiglie di vino, la pietosa caduta del povero Moirod (che nella speranza di ottenere una decorazione non uscм di casa per un mese intero dopo la caduta), era soltanto la estrema indecenza di avere ficcato nella guardia d'onore Julien Sorel, figlio di un carpentiere. Bisognava sentire, a questo proposito, i ricchi commercianti di tele stampate che dalla mattina alla sera, al caffи, si sgolavano a predicare l'uguaglianza. Un simile abominio era opera di quella spocchiosa della signora de Rкnal. E il motivo? I begli occhi e la fresca carnagione dell'abatino Sorel lo dicevano anche troppo.
Poco dopo il ritorno a Vergy, Stanislas-Xavier, il piщ piccolo dei ragazzi, si prese la febbre: e di colpo la signora de Rкnal cadde in preda a spaventosi rimorsi. Per la prima volta ella si rimproverт coerentemente il proprio amore e parve capire, come per miracolo, in quale abisso si era lasciata cadere. Nonostante il suo carattere profondamente religioso, finora non aveva mai pensato all'enormitа del suo delitto di fronte a Dio.
Un tempo, quando si trovava nel convento del Sacro Cuore, aveva amato Dio con passione: e allo stesso modo ne ebbe paura in quella circostanza. Le lotte che straziavano la sua anima erano tanto piщ spaventose in quanto non c'era nulla di ragionevole nella sua paura. Julien si accorse che il minimo ragionamento la irritava invece di calmarla: ella vi sentiva il linguaggio del diavolo. Tuttavia, siccome anche Julien era molto affezionato al piccolo Stanislas, egli riusciva piщ gradito quando parlava della sua malattia: e questa divenne presto assai grave. Allora il continuo rimorso tolse alla madre perfino la possibilitа di dormire; ella non usciva mai da un cupo silenzio: se avesse aperto bocca, lo avrebbe fatto soltanto per confessare la sua colpa a Dio e agli uomini. «Vi scongiuro,» le diceva Julien quando erano soli, «non parlate a nessuno; fate di me l'unico vostro confidente. Se mi amate ancora, non parlate: le vostre parole non possono liberare dalla febbre il nostro Stanislas.»
Ma i suoi conforti non avevano effetto alcuno: Julien non sapeva ciт che la signora de Rкnal si era messa in testa, e cioи che, per placare la collera di Dio, fosse necessario odiare lui, Julien, o veder morire suo figlio. Ed era cosм infelice proprio perchй sentiva l'impossibilitа di odiare il suo amante.
«In nome di Dio,» ella disse un giorno a Julien, «fuggitemi, lasciate questa casa; и la vostra presenza qui che uccide mio figlio. Dio mi punisce,» soggiunse a bassa voce. «Egli и giusto; adoro la sua equitа; la mia colpa и spaventosa, e io vivevo senza rimorsi! Era il primo segno dell'abbandono di Dio: devo essere doppiamente punita.»
Julien si commosse profondamente. Nelle parole di lei non trovava ombra di ipocrisia o di esagerazione. «Crede di uccidere suo figlio amandomi, e tuttavia l'infelice mi ama piщ di suo figlio. Questo и senza dubbio il rimorso che la uccide; questa и la sua grandezza nei sentimenti. Ma come ho potuto ispirare un simile amore, io cosм povero, cosм rozzo, cosм ignorante, a volte cosм volgare nei modi?»
Una notte il bambino si aggravт. Verso le due del mattino, Rкnal andт a vederlo. Divorato dalla febbre, Stanislas era scarlatto e non riconobbe il padre. Improvvisamente, la signora de Rкnal si gettт ai piedi del marito: Julien capм che stava per dire tutto, per rovinarsi definitivamente.
Per fortuna, quello strano gesto infastidм Rкnal. Il quale se ne andт, dicendo: «Addio! Addio!»
«No, ascoltami!» gridт sua moglie, inginocchiata davanti a lui, cercando di trattenerlo. «Ascolta tutta la veritа. Sono io che uccido mio figlio. Gli ho dato la vita e glie la tolgo. Il cielo mi punisce, davanti a Dio sono colpevole di assassinio. Devo perdermi e umiliare me stessa: forse questo sacrificio placherа il Signore.»
Se Rкnal avesse avuto un po' di fantasia, avrebbe capito tutto.
«Idee romanzesche!» egli gridт, allontanandosi da sua moglie che cercava di abbracciargli le ginocchia. «Nient'altro che idee romanzesche! Julien, fate chiamare il medico appena farа giorno.»
Poi tornт a letto. Sua moglie cadde in ginocchio, semisvenuta, respingendo con gesto convulso Julien che voleva soccorrerla.
Julien rimase stupefatto.
«Ecco, dunque, l'adulterio!» si disse. «И possibile che questi preti cosм scaltri... abbiano ragione? Essi che commettono tanti peccati, avrebbero mai il privilegio di conoscere la vera teoria del peccato? Che stranezza!»
Da venti minuti, e cioи da quando Rкnal se n'era andato, Julien vedeva la donna che amava, con la testa appoggiata sul lettino del figlio, immobile e quasi priva di conoscenza. «Ecco una donna dotata di un'intelligenza fuori del comune, ridotta al colmo della disperazione solo perchй mi ha conosciuto!» egli si disse.
«Le ore passano rapidamente. Che posso fare per lei? Devo decidermi. Qui non si tratta piщ di me. Che m'importa degli uomini e delle loro stupide smorfie? Che cosa posso fare per lei?... Abbandonarla? Ma la lascio sola, in preda al dolore piщ atroce. Quell'automa di suo marito le nuoce piщ che giovarle. Le dirа qualche parola dura, a forza di essere volgare. Ella potrebbe impazzire, gettarsi dalla finestra. Se la lascio, se smetto di vegliare su di lei, gli confesserа tutto. E chi sa!... forse, anche se deve ereditare molto denaro, lui scatenerа un putiferio. Dio mio! Puт dire tutto anche a quel c... dell'abate Maslon, il quale, con la scusa della malattia d'un bambino di sei anni, non si muove piщ da questa casa, e non senza calcolo. Nella sua sofferenza e nel suo timore di Dio, ella dimentica tutto ciт che sa dell'uomo, e vede solo il prete.»
«Vattene!» gli disse improvvisamente la signora de Rкnal, aprendo gli occhi.
«Darei mille volte la vita per sapere ciт che puт aiutarti di piщ,» rispose Julien. «Non ti ho mai amata tanto, angelo mio, o meglio, solo ora comincio ad adorarti come meriti. Che sarа di me, lontano da te e con la certezza che tu sei infelice per causa mia! Ma non voglio preoccuparmi delle mie sofferenze. Sм, amore mio, me ne andrт. Ma se ti lascio, se smetto di vegliare su di te, di essere continuamente fra te e tuo marito, tu gli dirai tutto, ti perderai. Pensa che ti scaccerа di casa coprendoti d'ignominia! Tutta Verriиres, tutta Besanзon parleranno di questo scandalo. Tutti i torti saranno per te, non riuscirai piщ a risollevarti da questa vergogna...»
«И quello che voglio!» ella gridт, rizzandosi. «Soffrirт? Tanto meglio!»
«Ma con questo spaventoso scandalo renderai infelice anche lui!»
«Ma umilio me stessa, mi getto nel fango, e in questo modo forse posso salvare mio figlio. Un'umiliazione agli occhi di tutti non и forse una pubblica penitenza? Per quanto mi и dato giudicare nella mia debolezza, non и forse il sacrificio piщ grande ch'io possa offrire a Dio?... Forse Egli si degnerа di accettare la mia umiliazione e di lasciarmi mio figlio! Indicami un sacrificio piщ penoso, e non avrт esitazioni.»
«Lascia che sia io a punirmi. Anch'io sono colpevole. Vuoi che mi ritiri in un convento di trappisti? L'austeritа di una simile vita puт placare il tuo Dio... Ah! Cielo! Perchй non posso prendermi io la malattia di Stanislas...»
«Ah! tu gli vuoi bene, tu!» disse la signora de Rкnal rialzandosi e gettandosi tra le sue braccia. Ma nello stesso istante lo respinse con orrore.
«Io ti credo! Ti credo!» continuт, dopo essersi rimessa in ginocchio. «O mio unico amico! Perchй non sei tu il padre di Stanislas! Allora non sarebbe un orribile peccato amarti piщ di tuo figlio.»
«Vuoi permettermi di restare e di amarti, d'ora in avanti solo come un fratello? И l'unica espiazione ragionevole, e puт placare la collera dell'Altissimo.»
«E io?» ella gridт alzandosi, prendendo la testa di Julien tra le mani e tenendosela a una certa distanza dagli occhi. «E io, ti amerт come un fratello? И in mio potere, amarti come un fratello?»
Julien scoppiт a piangere.
«Ti obbedirт,» disse, cadendo ai suoi piedi. «Ti obbedirт, qualunque cosa tu mi ordini. Non mi rimane altro da fare. La mia mente и accecata; non vedo alcuna decisione da prendere. Se ti lascio, tu dici tutto a tuo marito e perdi te con lui. Con una simile esplosione di ridicolo egli non sarа mai eletto deputato. Se resto, tu mi credi la causa della morte di tuo figlio e muori di dolore. Vuoi provare l'effetto della mia partenza? Se vuoi, mi punirт del nostro peccato lasciandoti per otto giorni. Andrт a passarli in un ritiro, dovunque tu voglia. All'abbazia di Bray-le-Haut, per esempio: ma giurami che durante la mia assenza non confesserai nulla a tuo marito. Pensa che se parli non potrт piщ ritornare.»
Ella promise e Julien partм. Ma fu richiamato dopo due giorni.
«Senza di te, mi и impossibile mantenere il giuramento. Parlerт a mio marito, se non mi sei costantemente vicino a ordinarmi il silenzio con lo sguardo. Ogni ora di questa vita spaventosa mi sembra lunga come un giorno.»
Infine il cielo ebbe pietа di quella povera madre. A poco a poco il pericolo si allontanт da Stanislas. Ma il ghiaccio era rotto, la madre si era resa conto dell'entitа del suo peccato e non riuscм piщ a recuperare l'equilibrio. I rimorsi restarono, e furono come dovevano essere in un cuore cosм sincero. La sua vita fu il cielo e l'inferno: l'inferno quando non vedeva Julien, il cielo quando era ai suoi piedi.
«Non mi faccio piщ illusioni,» gli diceva, anche nei momenti in cui osava abbandonarsi al suo amore. «Sono dannata, irrimediabilmente dannata. Tu sei giovane, hai ceduto alle mie seduzioni, il cielo puт perdonarti: ma io sono dannata. Lo riconosco da un segno sicuro. Ho paura: chi non avrebbe paura alla vista dell'inferno? Ma, in fondo, io non mi pento. Commetterei di nuovo il mio peccato, se dovessi ancora commetterlo. Chiedo solo che il cielo non mi punisca in questo modo e nei miei figli, e avrт piщ di quanto merito. Ma tu almeno, mio Julien,» esclamava altre volte, «sei felice? Ti pare che io ti ami abbastanza?»
La diffidenza e l'ombroso orgoglio di Julien, il quale aveva bisogno soprattutto di un amore fatto di sacrifici, cedettero di fronte a un sacrificio cosм grande, cosм indubitabile e ogni istante rinnovato. Adorava la signora de Rкnal. «Ha un bell'essere nobile, e io figlio di un operaio... Mi ama! Per lei non sono un servo con funzioni di amante.» Allontanato questo timore, Julien cadde in tutte le follie dell'amore, nelle sue incertezze mortali.
«Almeno,» gridava lei, vedendolo dubitare del suo amore, «che io ti renda felice nei pochi giorni che ci restano da passare insieme! Non perdiamo tempo: domani forse non sarт piщ tua. Se il cielo mi colpisce nei miei figli, cercherт invano di vivere solo per amarti, di non vedere che и il mio peccato ad ucciderli. Non potrei sopravvivere a questo colpo. Anche se lo volessi, non potrei: diventerei pazza.»
«Ah! se potessi prendere su di me il tuo peccato, come tu volevi tanto generosamente prendere su di te la febbre ardente di Stanislas!»
Questa grande crisi morale cambiт la natura del sentimento che univa Julien alla sua amante. L'amore di lui non si limitт piщ all'ammirazione della bellezza, all'orgoglio di possederla.
La loro felicitа era ormai di natura molto superiore; la fiamma che li divorava fu piщ intensa. Avevano degli slanci che rasentavano la follia. La loro felicitа sarebbe potuta sembrare piщ grande agli occhi del mondo: ma non ritrovarono piщ la serenitа deliziosa, la letizia senza nubi, la semplice gioia dei primi tempi del loro amore, quando l'unica preoccupazione della signora de Rкnal era quella di non essere abbastanza amata da Julien. Qualche volta la loro felicitа aveva la fisionomia del delitto.
Nei momenti piщ felici e in apparenza piщ tranquilli, «Ah! Dio mio! Vedo l'inferno!» esclamava improvvisamente la signora de Rкnal, e stringeva la mano di Julien con gesto convulso, «Che strazio tremendo! L'ho ben meritato!» Lo abbracciava, si aggrappava a lui come l'edera al muro.
Julien cercava invano di calmare quell'anima agitata. La signora de Rкnal gli prendeva la mano e la copriva di baci. Poi, ricadendo in un cupo fantasticare, diceva: «L'inferno sarebbe una grazia per me, avrei ancora qualche giorno da passare con lui sulla terra! Ma l'inferno in questo mondo, la morte dei miei figli... Eppure a questo prezzo forse mi sarebbe perdonata la mia colpa... Ah! Gran Dio! Non concedetemi la grazia a tal prezzo. Questi poveri bambini non vi hanno offeso; io, io sola sono la colpevole: amo un uomo che non и mio marito.»
Julien vedeva poi la signora de Rкnal trovare qualche momento di apparente tranquillitа. Ella cercava di farsi forza, non voleva avvelenare la vita dell'uomo che amava.
Fra queste alternative di amore, di rimorsi e di piacere, le giornate passavano per essi con la rapiditа di un lampo. Julien perdette l'abitudine di riflettere.
Elisa andт a Verriиres per seguire personalmente un piccolo processo che la riguardava. Trovт Valenod molto irritato con Julien. Anche lei odiava il precettore, e glie ne parlava sovente.
«Voi mi rovinereste, signore, se io dicessi la veritа!...» ella disse un giorno a Valenod. «I padroni sono tutti d'accordo fra loro per le cose importanti... Non si perdonano mai certe confessioni ai poveri domestici...»
Dopo queste frasi d'uso che l'impaziente curiositа di Valenod trovт modo di abbreviare, egli venne a sapere le cose piщ mortificanti per il suo amor proprio.
Quella signora, la piщ distinta del paese, che per sei anni egli aveva circondato di tante premure, e disgraziatamente sotto gli occhi e gli orecchi di tutti, quella donna cosм fiera, il cui disprezzo lo aveva fatto arrossire tante volte, s'era ora presa per amante un operaio qualsiasi travestito da precettore. E perchй niente mancasse alla sua rabbia, la signora de Rкnal adorava il suo amante.
Con un sospiro, la cameriera aggiungeva: «E il signor Julien non ha dovuto fare alcuna fatica per questa conquista non ha nemmeno abbandonato la sua abituale freddezza.»
Elisa aveva raggiunto la certezza soltanto in campagna: ma credeva che la relazione fosse cominciata molto tempo prima. «Certo,» aggiunse con dispetto, «и questo il motivo per cui il signor Julien, una volta, ha rifiutato di sposarmi. E io, stupida, che andavo a chiedere consiglio alla signora e la pregavo di parlare al precettore!»
La stessa sera Rкnal ricevette dalla cittа, insieme col giornale, una lunga lettera anonima che gli spiegava per filo e per segno quanto accadeva in casa sua. Julien lo vide impallidire leggendo quella lettera scritta su carta bluastra, e lanciare su di lui delle occhiate cariche di odio. Per tutta quella sera, il sindaco non riuscм a riprendersi dal suo turbamento e invano Julien gli fece la corte, chiedendogli spiegazioni sulla genealogia delle migliori famiglie della Borgogna.
XX • LE LETTERE ANONIME
Do not give dalliance
Too much the rein: the strongest oaths are straw
To the fire i' the blood.
«Tempest»
Verso mezzanotte, quando stavano lasciando il salotto, Julien ebbe tempo di dire all'amica:
«Non vediamoci questa sera, vostro marito ha dei sospetti; giurerei che la lunga lettera ch'egli leggeva sospirando и una lettera anonima.»
Per fortuna Julien si chiudeva a chiave nella sua camera. La signora de Rкnal ebbe la folle idea che quell'avvertimento fosse solo un pretesto per non vederla. Perse completamente la testa e, alla solita ora, si avviт verso la sua porta. Julien, che udм rumore nel corridoio, soffiт subito sul lume. Qualcuno si sforzava di aprire l'uscio: era la signora de Rкnal? Era il marito geloso?
La mattina dopo, molto presto, la cuoca, che proteggeva Julien, gli portт un libro sulla cui copertina egli lesse queste parole scritte in italiano: Guardate alla pagina 130.
Julien fremette per quella imprudenza, cercт la pagina 130 e vi trovт, fissata con uno spillo, la lettera seguente, scritta in fretta, bagnata di lacrime e assolutamente priva di ortografia. Di solito la signora de Rкnal scriveva in modo molto corretto: Julien si commosse per questo particolare e dimenticт un poco la spaventosa imprudenza.
«Non hai voluto ricevermi questa notte? In certi momenti penso di non avere mai letto fino in fondo alla tua anima. I tuoi sguardi mi spaventano. Ho paura di te. Dio mio! И possibile che tu non mi abbia mai amata? In questo caso и meglio che mio marito scopra i nostri amori e mi chiuda in un'eterna prigione, in campagna, lontano dai miei figli. Forse Dio vuole cosм. Io morirт presto. Ma tu sarai un mostro.
"Non mi ami, dunque? Non sopporti piщ le mie follie, empio, sei stanco dei miei rimorsi? Vuoi la mia rovina? Ti offro un mezzo molto facile per riuscirvi. Prendi questa lettera, mostrala a tutta Verriиres, o meglio soltanto a Valenod. Digli che io ti amo; ma no, non pronunciare una simile bestemmia, digli che ti adoro, che la vita per me и iniziata solo il giorno in cui ti ho conosciuto, che neppure nei piщ folli istanti della mia giovinezza avevo sognato la felicitа che ti devo: che ti ho sacrificato la mia vita, che ti sacrifico la mia anima. Tu sai che ti sacrifico molto di piщ. Ma s'intende forse di sacrifici quell'uomo? Digli, per irritarlo, digli che sfido tutti i malvagi, e che per me, al mondo, puт esistere una sola infelicitа, quella di vedere cambiare l'unico uomo che mi tenga legata alla vita. Che gioia per me, perderla, offrirla in olocausto, e non avere piщ timori per i miei figli!
«Non dubitarne, amico mio: se c'и una lettera anonima, proviene da quell'essere odioso che per sei anni mi ha perseguitata con la sua grossa voce, col racconto delle sue prodezze a cavallo, con la sua fatuitа e con la continua enumerazione di tutti i suoi meriti. C'и una lettera anonima? Perfido, ecco quello che volevo discutere con te: ma no, hai fatto bene. Stringendoti tra le mie braccia, forse per l'ultima volta, non avrei mai potuto discutere freddamente come faccio da sola. Da questo momento la nostra felicitа non sarа piщ tanto facile. Vi dispiacerа? Sм, nei giorni in cui non avrete ricevuto da Fouquй qualche libro divertente. Il sacrificio и fatto: domani, ci sia o non ci sia una lettera anonima, dirт a mio marito di averne ricevuta una anch'io, dirт che bisogna farti immediatamente ponti d'oro, trovare qualche onesta scusa e rispedirti a casa.
"Ahimи, amico mio caro, staremo lontano quindici giorni, forse un mese! Ecco, ti rendo giustizia, ammetto che soffrirai quanto me. Ma и l'unico mezzo per parare il colpo della lettera anonima; ma non и la prima che mio marito riceve, e sempre sul mio conto. Povera me, come ne ridevo, una volta!
«Tutto lo scopo della mia condotta и di far credere a mio marito che quella lettera proviene da Valenod: non dubito minimamente che ne sia lui l'autore. Se lasci questa casa, vai a stabilirti a Verriиres. Farт in modo che mio marito abbia l'idea di passarci una quindicina di giorni, per dimostrare agli sciocchi che fra lui e me non c'и alcuna freddezza. Una volta a Verriиres, tu devi stringere amicizia con tutti, anche coi liberali. So che sarai ricercatissimo da tutte le signore.
"Non litigare con Valenod: non tagliargli le orecchie, come un giorno dicevi di voler fare: dimostragli invece una estrema cordialitа. L'importante и che a Verriиres si creda che stai per entrare in casa di Valenod o di qualunque altro come precettore. Ecco una cosa che mio marito non tollererа mai. E anche se la tollerasse, ebbene, almeno abiterai a Verriиres e io ti vedrт qualche volta. I miei figli, che ti vogliono tanto bene, verranno a trovarti. Mio Dio! sento di amare anche di piщ i miei figli, perchй amano te. Che rimorso! Come finirа tutta questa storia?... Io mi smarrisco... Insomma, hai capito come devi comportarti: sii mite, gentile, niente affatto sdegnoso con quella gente volgare, te lo chiedo in ginocchio: essi saranno gli arbitri della nostra sorte. Non dubitare un attimo che mio marito non si conformi, nei tuoi confronti, a ciт che gli prescriverа l'opinione pubblica.
"Sarai tu a fornirmi la lettera anonima: armati di pazienza e di un paio di forbici. Ritaglia in un libro le parole che leggerai qui sotto; attaccale con la colla sulla carta bluastra che ti accludo e che proviene da Valenod. Aspettati una perquisizione; brucia le pagine del libro che avrai ritagliato. Se non trovi le parole giа fatte, abbi la pazienza di comporle lettera per lettera. Per risparmiarti fatica, ho scritto una lettera anonima anche troppo corta. Ahimи, come deve sembrarti lunga la mia, se, come temo, non mi ami piщ!
LETTERA ANONIMA
«"Signora,
tutti i vostri piccoli intrighi sono noti; ma le persone che hanno interesse a troncarli sono state avvertite. Per un resto di amicizia verso di voi, vi esorto a staccarvi del tutto da quel contadino. Se siete abbastanza avveduta da far questo, vostro marito crederа di avere ricevuto una falsa informazione e resterа nel suo errore. Pensate che ho in mano il vostro segreto; tremate, disgraziata; ormai bisogna filare dritto davanti a me."
«Appena avrai finito di incollare le parole che compongono questa lettera (hai riconosciuto lo stile del direttore?) esci di camera e gira per la casa: ti troverт.
«Andrт in paese e tornerт con una faccia turbata; in effetti lo sarт, e molto. Dio mio, che cosa rischio! e tutto perchй tu hai creduto di indovinare una lettera anonima. Infine, con viso sconvolto, porgerт a mio marito questa lettera, che mi sarа stata consegnata da uno sconosciuto. Tu va' a passeggiare con i ragazzi verso i grandi boschi e torna solo all'ora di cena.
«Dall'alto delle rocce puoi vedere la torre della Colombaia. Se le nostre cose vanno bene, vi metterт un fazzoletto bianco: in caso contrario non ci sarа nulla.
«Il tuo cuore, o ingrato, non ti farа trovar modo di dirmi che mi ami prima di avviarti a questa passeggiata? Qualunque cosa possa succedere, sii certo di una cosa: non sopravvivrт neppure un giorno alla nostra separazione definitiva. Ah! madre snaturata! Ma queste che ho appena scritto sono due parole senza senso, mio caro Julien. Non le sento, non posso pensare che a te in questo momento: le ho scritte solo perchй tu non mi biasimassi. Ora che mi vedo vicina a perderti a che scopo fingere? Sм! Pensa pure che sono crudele: ma che io non menta con l'uomo che adoro! Ho giа ingannato anche troppo nella mia vita. Va', ti perdono se non mi ami piщ. Non ho tempo di rileggere la mia lettera. И poca cosa, per me, pagare con la vita i giorni felici che ho trascorso tra le tue braccia. Tu sai che mi costeranno di piщ.»
XXI • DIALOGO CON UN PADRONE
Alas, our frailty is the cause, not we:
For such as we are made of, such we be.
«Twelfth Night»
Con infantile piacere Julien passт un'ora a mettere insieme le parole. Quando uscм di camera, incontrт i suoi allievi con la madre: questa prese la lettera con una semplicitа e un coraggio la cui calma lo spaventт.
«La colla и asciugata bene?» gli domandт la signora de Rкnal.
«Questa, dunque,» pensт Julien, «и la donna che impazziva per il rimorso? Che cosa si propone di fare, ora?» Egli era troppo orgoglioso per domandarglielo; ma forse non gli era mai piaciuta tanto.
«Se le cose si mettono male,» ella soggiunse con lo stesso sangue freddo, «mi toglieranno tutto. Sotterrate questo piccolo patrimonio in qualche punto della montagna; forse un giorno sarа la mia unica risorsa.»
Gli tese un astuccio da bicchiere di marocchino rosso, pieno d'oro e di alcuni diamanti. Poi disse: «Andate, adesso.»
Abbracciт i figli, e due volte il piщ piccolo. Julien restava immobile. Ella se ne andт rapidamente, senza guardarlo.
Da quando aveva aperto la lettera anonima, Rкnal viveva in un inferno. Non era mai stato tanto agitato da quando, nel 1816, aveva corso il rischio di battersi in duello e, ad esser giusti, bisogna ammettere che la prospettiva di buscarsi una pallottola lo aveva reso meno infelice. Egli esaminava la lettera in tutti i sensi. «Non c'и dubbio,» si diceva, «che questa и una calligrafia femminile: ma in tal caso, quale donna puт aver scritto la lettera?» Passava in rivista tutte le donne che conosceva a Verriиres, senza riuscire a dar corpo ai suoi sospetti. «Che sia stato un uomo a dettarla? Ma chi puт essere quest'uomo?» L'incertezza era identica; senza dubbio egli era oggetto di invidia e di gelosia per tutti i suoi conoscenti. «Devo chiedere il parere di mia moglie,» si disse, per forza d'abitudine, alzandosi dalla poltrona in cui era sprofondato.
Appena in piedi, si battй la mano sulla fronte dicendo: «Dio mio! Ma и di lei soprattutto che devo diffidare. In questo momento и lei la mia nemica!» E i suoi occhi si riempirono di lacrime d'ira.
Per un giusto compenso dell'ariditа di cuore che и la base della saggezza pratica dei provinciali, in quel momento Rкnal nutriva i maggiori sospetti proprio nei confronti dei suoi due piщ intimi amici.
«Dopo di loro ho forse altri dieci amici.» E li passт in rivista, valutando di volta in volta l'entitа del conforto che avrebbe potuto trovare in ciascuno di essi. «Tutti! Tutti!» esclamт con rabbia. «Tutti proveranno il piщ grande piacere per la mia disgrazia!» Per fortuna, e non senza ragione, Rкnal si riteneva molto invidiato. Oltre alla superba casa in cittа, che il re di *** aveva onorato in eterno passandovi una notte, il sindaco aveva sistemato molto bene il suo castello di Vergy. La facciata era dipinta di bianco e le finestre erano munite di belle persiane verdi. Per un istante il pensiero di simile magnificenza riuscм a consolarlo. Il fatto и che il castello si vedeva da tre o quattro leghe di distanza, con grande pregiudizio per tutte le case di campagna e per i cosiddetti castelli delle vicinanze, ancora velati dall'umile patina grigia del tempo.
Rкnal poteva contare sulle lacrime e sulla compassione di uno dei suoi amici, il fabbriciere della parrocchia; ma questi era un imbecille che piangeva di tutto. Quell'uomo, tuttavia, era la sua unica risorsa.
«Quale sventura и paragonabile alla mia?» esclamт il sindaco irosamente. «In che isolamento mi trovo!»
«И mai possibile,» si diceva questo essere veramente degno di compassione, «che nella mia disgrazia io non abbia neppure un amico a cui chiedere consiglio? Cosм, me ne accorgo, la mia ragione si smarrisce! Ah! Falcoz! Ducros!» egli gridт con amarezza. Erano i nomi di due amici d'infanzia che, nel 1814, aveva allontanato da sй con la propria superbia. Essi non erano nobili, e Rкnal aveva voluto mutare i rapporti di uguaglianza in cui vivevano fin da bambini.
Uno dei due, Falcoz, uomo intelligente e coraggioso, commerciante di carta a Verriиres, aveva comprato una stamperia nel capoluogo del dipartimento per pubblicare un giornale. La Congregazione aveva deciso di rovinarlo: il giornale era stato condannato e la licenza di stampa revocata. In quel frangente Falcoz provт a scrivere a Rкnal per la prima volta dopo dieci anni. Il sindaco di Verriиres si sentм in obbligo di rispondere da antico romano: «Se il ministro mi facesse l'onore di consultarmi, gli direi: rovinate senza pietа tutti gli stampatori di provincia e sottoponete la stampa a monopolio, come i tabacchi.» Quella lettera a un amico intimo, che in passato era stato ammirato da tutta Verriиres, Rкnal la ricordava adesso con orrore. «Chi mi avrebbe detto che col mio rango, con la mia ricchezza e le mie decorazioni, un giorno sarei arrivato a rimpiangere Falcoz?» Tra un impeto d'ira e l'altro, ora contro se stesso ora contro tutto ciт che lo circondava, Rкnal passт una notte spaventosa: ma per fortuna non ebbe l'idea di spiare sua moglie. «Sono abituato a Louise,» pensava. «Ella conosce tutti i miei affari: quand'anche potessi risposarmi domani, non saprei come rimpiazzarla.» Allora si cullava nell'idea che sua moglie fosse innocente; questo modo di considerare le cose non lo costringeva a dar prova di carattere e sistemava assai meglio la faccenda: forse che non se ne vedono molte, di donne calunniate?
«Ma come!» esclamava poi d'improvviso, andando avanti e indietro con passo agitato, «non sono mica un uomo da nulla, uno straccione, per sopportare che mi prenda in giro col suo amante! Permetterт che tutta Verriиres rida a crepapelle della mia stupiditа? Che cosa non hanno mai detto sul conto di Charmier?!» (Era uno del paese, notoriamente tradito dalla moglie.) «Basta nominarlo per vedere un sorriso sulle bocche di tutti! И un buon avvocato, ma chi parla mai delle sue qualitа oratorie? Dicono: ah! Charmier... Charmier di Bernard! Cosм lo chiamano, col nome dell'uomo che lo copre di vergogna!»
In altri momenti Rкnal diceva: «Grazie al cielo non ho figlie, e il modo in cui punirт la madre non rovinerа la sistemazione dei ragazzi: posso cogliere in flagrante quel contadino con mia moglie, e ucciderli entrambi; in tal caso, forse, la tragicitа della situazione cancellerа il ridicolo.» L'idea gli sorrise ed egli la studiт in ogni particolare. «Il codice penale и dalla mia parte, e comunque la nostra Congregazione e i miei amici giurati mi salveranno.» Esaminт il suo coltello da caccia, che era molto affilato, ma il pensiero del sangue lo spaventт.
«Posso rompere le ossa a questo insolente precettore e buttarlo fuori di casa: ma quale scandalo, in Verriиres e in tutta la provincia! Dopo la condanna del giornale di Falcoz, quando il suo redattore uscм di prigione io stesso ho contribuito a fargli perdere l'impiego che gli fruttava seicento franchi. Si dice che questo scribacchino ha ancora il coraggio di farsi vedere a Besanзon: egli puт diffamarmi con abilitа e senza che io lo possa citare in tribunale. Trascinarlo in tribunale!... Quell'insolente insinuerebbe in mille modi di aver detto la veritа. Un gentiluomo come me, che fa onore alla propria posizione, и odiato da tutti i plebei. Mi troverei su uno di quegli spaventosi giornali parigini. Dio mio! Che abisso! L'antico nome dei Rкnal buttato nel fango e coperto di ridicolo... per viaggiare dovrei cambiare nome, quel nome che costituisce la mia gloria e la mia forza! Che disastro! Se non uccido mia moglie e la scaccio con ignominia, ella ha sempre quella sua zia di Besanзon che le passerа senza esitare tutte le sue ricchezze. Mia moglie andrа a vivere a Parigi con Julien; la cosa sarа risaputa a Verriиres, e io ci farт sempre la figura dello stupido.»
Vedendo impallidire la luce della lampada, il disgraziato si accorse che stava per spuntare il giorno. Andт a cercare un po' d'aria fresca in giardino. In quel momento era quasi deciso a non fare scandali, soprattutto pensando che uno scandalo avrebbe riempito di gioia i suoi cari amici di Verriиres.
La passeggiata in giardino lo calmт un poco. «No!» esclamт Rкnal d'un tratto. «Non mi priverт di mia moglie, mi и troppo utile.» Immaginт con orrore quello che sarebbe stata la sua casa senza quella donna; l'unica sua parente, la marchesa di R..., era vecchia, stupida e cattiva.
Gli venne in mente un'idea molto saggia, ma per metterla in atto occorreva una forza d'animo di gran lunga superiore alla sua, cosм scarsa. «Se mi tengo mia moglie,» egli pensт, «mi conosco bene e so che un giorno o l'altro, quando mi farа arrabbiare, le rinfaccerт la sua colpa. И una donna molto orgogliosa e litigheremo: e questo accadrа prima che ella abbia ereditato da sua zia. Allora sм che la gente riderа di me! Mia moglie ama i suoi figli, e tutto, prima o poi, toccherа a loro. Ma io? Io sarт la favola di Verriиres. Ecco, diranno, non и neanche stato capace di vendicarsi! Non sarebbe meglio che mi fermassi ai sospetti, senza cercare conferme? Sм, ma allora mi lego le mani, e dopo non potrт piщ rimproverarle nulla.».
Poco dopo, ripreso dalla vanitа ferita, Rкnal si ricordava laboriosamente tutti i mezzi per appurare la veritа citati al bigliardo del Casino o Circolo dei nobili di Verriиres, quando qualche spiritoso interrompeva il gioco per divertirsi a spese d'un marito ingannato. Come gli sembravano crudeli, in quel momento, tali facezie!
«Dio mio, perchй mia moglie non и morta? In tal caso eviterei ogni ombra di ridicolo. Perchй mai non sono vedovo? Andrei a passare sei mesi nella migliore societа di Parigi.» Dopo la momentanea felicitа recatagli dall'idea della vedovanza, egli tornт a fantasticare sui mezzi per appurare la veritа. A mezzanotte, quando tutti fossero stati a letto, avrebbe sparso un lieve strato di crusca davanti alla porta di Julien. Il mattino seguente, alla luce del giorno, avrebbe potuto vedere le orme dei passi di lui.
«Ma questo sistema non vale un soldo!» sbottт d'improvviso il sindaco, rabbiosamente. «Quella furbona di Elisa se ne accorgerebbe e in un momento tutta la casa saprebbe che sono geloso.»
Secondo un'altra storiella raccontata al Casino, un marito si era assicurato della propria disgrazia attaccando con un po' di cera un capello alla porta della moglie e a quella dell'amante, e formando cosм una specie di sigillo.
Dopo tante ore d'incertezza, quell'espediente per far luce sulla sua sorte gli parve decisamente il migliore, e giа Rкnal pensava di servirsene quando, alla svolta di un viale, incontrт la donna che avrebbe voluto vedere morta.
Ella tornava dal villaggio. Era stata a Vergy ad ascoltare la messa. Secondo una tradizione, che sarebbe stata molto incerta agli occhi di un freddo razionalista, ma alla quale la signora de Rкnal prestava fede, l'attuale chiesetta sarebbe stata un tempo la cappella del signore di Vergy. Quel pensiero l'aveva ossessionata per tutto il tempo che aveva contato di passare in preghiera. La signora de Rкnal immaginava continuamente suo marito che uccideva Julien, come per caso, durante una partita di caccia, e che poi, alla sera, le faceva mangiare il suo cuore.
«La mia sorte,» ella pensт, «dipende da ciт che mio marito penserа ascoltando le mie parole. Dopo questo fatale quarto d'ora, forse non troverт piщ l'occasione di parlargli. Non и un uomo che si regoli sul buon senso e sulla ragione. Potrт dunque, con l'aiuto del mio debole senno, prevedere ciт che farа o dirа. Sarа lui a decidere del nostro destino: ne ha il potere. Ma questo destino dipende da me, da come saprт indirizzare le idee di questo stravagante, accecato dalla collera e incapace di vedere neppure la metа delle cose. Gran Dio! Ho bisogno di astuzia, di sangue freddo: ma dove prenderli?»
Ella ritrovт la calma, come per incanto, appena entrт in giardino e vide da lontano il marito. Il disordine dei suoi capelli e del suo vestito dimostravano che egli aveva passato una notte insonne.
Gli tese una lettera aperta, ma piegata. Rкnal, senza aprirla, fissт sua moglie con occhi da pazzo.
«Ecco una cosa vergognosa,» gli disse lei, «che un uomo laido, il quale sosteneva di conoscervi e di dovervi della riconoscenza, mi ha consegnato mentre stavo passando dietro il giardino del notaio. Pretendo una cosa da voi: che rispediate a casa sua, e senza indugio, questo Julien.» La signora de Rкnal si affrettт a dire queste parole, forse con eccessiva precipitazione, per sbarazzarsi della spaventosa prospettiva di doverle ancora pronunciare.
Si sentм invadere dalla gioia, vedendo quella che procurava a suo marito. Dalla fissitа dello sguardo ch'egli le puntava addosso, la signora si accorse che Julien non si era sbagliato. E invece di affliggersi di quella disgrazia cosм reale ella pensт: «Che intelligenza! Che intuizione perfetta! E in un ragazzo ancora inesperto! Dove riuscirа mai ad arrivare in futuro? Ahimи! I suoi successi lo porteranno a dimenticarmi.»
Questo breve impulso di ammirazione per l'uomo adorato dissolse in lei ogni turbamento. La signora de Rкnal si compiacque della propria mossa. «Non sono stata indegna di Julien,» si disse con dolce e intima voluttа.
Senza far motto, per paura di compromettersi, Rкnal esaminava la seconda lettera anonima, composta, se il lettore se ne ricorda, di parole a stampa incollate su carta bluastra.
«Mi pigliano in giro in tutti i modi,» diceva Rкnal tra sй, stremato dalla stanchezza. «Ancora nuovi insulti da esaminare, e sempre a causa di mia moglie!» Fu sul punto di coprirla delle peggiori ingiurie; lo trattenne a stento il pensiero dell'ereditа di Besanзon. Tormentato dal bisogno di sfogarsi, egli accartocciт quella seconda lettera e si mise a camminare a grandi passi; sentiva la necessitа di allontanarsi da sua moglie. Dopo qualche istante tornт a lei, e stavolta piщ tranquillo.
«Si tratta di prendere una decisione e di licenziare Julien,» ella gli disse immediatamente. «Dopo tutto и solo il figlio di un operaio. Basterа qualche scudo per liquidarlo. E, d'altro canto, ha una cultura e non gli sarа difficile trovare un altro posto, per esempio in casa di Valenod o del sottoprefetto Maugiron: entrambi hanno dei figli. Cosм non gli farete torto...»
«Parlate da quella stupida che siete!» urlт Rкnal con voce terribile. «Che buon senso ci si puт aspettare da una donna? Voi donne non prestate mai la minima attenzione a ciт che и ragionevole; non saprete mai fare nulla. La vostra pigrizia, la vostra noncuranza vi impediscono qualsiasi attivitа, salvo la caccia alle farfalle. Fragili esseri che abbiamo la disgrazia di avere nelle nostre famiglie...»
La signora de Rкnal lo lasciava parlare ed egli parlт a lungo; stava passando la sua collera, secondo un modo di dire del paese.
«Signore,» gli rispose alla fine, «io parlo da donna oltraggiata nel suo onore, vale a dire in ciт che ha di piщ prezioso.»
Durante tutta quella penosa conversazione, da cui dipendeva la possibilitа di continuare a vivere sotto lo stesso tetto con Julien, ella dimostrт un sangue freddo eccezionale. Cercava le idee che le sembravano piщ opportune per dirigere la collera cieca di suo marito. Era rimasta insensibile a tutte le ingiuriose riflessioni che Rкnal le rivolgeva, non le ascoltava, pensava a Julien. «Sarа contento di me?»
«Questo contadino che abbiamo colmato di gentilezze e perfino di regali puт essere innocente finchй vuole,» disse infine la signora de Rкnal. «Ma ciт non toglie che sia la causa del primo affronto di cui son vittima... Signore, quando ho letto quell'orribile foglio, mi sono ripromessa che o io o lui saremmo usciti dalla vostra casa.»
«Volete fare uno scandalo per disonorare me e voi nello stesso tempo? Volete fare un servizio a molta gente di Verriиres?»
«И vero! Tutti invidiano la prosperitа che la saggezza della vostra amministrazione ha saputo procurare a voi, alla vostra famiglia e alla vostra cittа... Ebbene! Indurrт Julien a chiedervi un congedo per andare a passare un mese da quel montanaro, mercante di legna e suo degno amico.»
«Guardatevi bene dal prendere qualsiasi iniziativa!» disse Rкnal con sufficiente tranquillitа. «Prima di tutto esigo che non gli parliate. Non potreste trattenere la vostra collera e mi fareste litigare con lui. Sapete benissimo quanto sia ombroso!»
«Quel ragazzo,» riprese la signora de Rкnal, «manca di tatto. Puт darsi che sia colto, voi ve ne intendete, ma in fondo non и altro che un vero contadino. Quanto a me, non ne ho mai avuto molta stima dopo il suo rifiuto di sposare Elisa, che era un buon partito, con il pretesto che di tanto in tanto fa delle visite segrete a Valenod.»
«Ah!» disse Rкnal sollevando smisuratamente le sopracciglia. «Ma come! И Julien che ve l'ha detto?»
«No, non precisamente; egli mi ha sempre parlato della vocazione che lo chiama al santo ministero; ma credetemi, la prima vocazione per gente simile и quella di procurarsi da mangiare. E mi ha fatto capire abbastanza chiaramente che non ignorava quelle visite segrete.»
«E io, io, le ignoravo!» gridт Rкnal , di nuovo arrabbiatissimo, e calcando sulle parole. «In casa mia succedono delle cose a mia insaputa... Come! C'и stato qualcosa tra Elisa e Valenod?»
«Eh! И una vecchia storia, amico mio,» disse ridendo la signora de Rкnal, «e forse non c'и stato niente di male. Era il tempo in cui al vostro buon amico Valenod non sarebbe dispiaciuto che Verriиres pensasse a un piccolo amore platonico tra me e lui.»
«Una volta ci avevo pensato,» gridт Rкnal battendosi la fronte con furore e procedendo da una scoperta all'altra. «E voi non mi avete detto nulla?»
«Era il caso di far litigare due amici per un piccolo eccesso di vanitа del nostro caro direttore? Qual и la donna di societа a cui egli non ha indirizzato qualche lettera spiritosa e anche un po' galante?»
«Dunque vi ha scritto?»
«Scrive molto.»
«Fatemi vedere subito quelle lettere, ve lo ordino», e dicendo queste parole Rкnal si fece piщ alto di sei piedi.
«Me ne guarderт bene,» rispose sua moglie con una dolcezza che sfiorava la noncuranza. «Ve le farт vedere un giorno, quando sarete piщ savio.»
«Immediatamente, perdio!» gridт Rкnal, ebbro di collera, e tuttavia piщ felice di quanto non lo fosse stato da dodici ore a quella parte.
«Mi giurate,» disse gravemente la signora Rкnal, «di non litigare mai col direttore del ricovero, a causa di quelle lettere?»
«Litigare o no, posso togliergli i trovatelli,» poi continuт con furore: «Ma voglio quelle lettere immediatamente. Dove sono?»
«In un cassetto della mia scrivania, ma io non vi darт certamente la chiave.»
«Lo farт in pezzi!» gridт Rкnal correndo verso la camera di sua moglie. E in effetti spaccт con una spranga di ferro una preziosa scrivania di mogano nodoso e venato proveniente da Parigi, che egli strofinava spesso con un lembo della giacca quando gli sembrava di scorgervi qualche macchia.
La signora de Rкnal salм correndo i centoventi gradini della colombaia e attaccт un fazzoletto bianco a una delle sbarre di ferro della piccola finestra. Era la piщ felice delle donne. Con le lacrime agli occhi guardava verso i vasti boschi della montagna.
«Senza dubbio,» si diceva, «all'ombra d'uno di quei faggi frondosi Julien spia questo segnale felice.» A lungo ella tese l'orecchio; poi maledisse il monotono frinire delle cicale e il canto degli uccelli. Senza quel rumore importuno, un grido di gioia, lanciato fra le enormi rocce, avrebbe potuto giungere fino a lei. Il suo occhio divorava avidamente quella china verde e immensa, cupa e compatta come un prato, formata dalle cime degli alberi. «Come mai,» pensava tutta intenerita, «non gli viene l'idea di inventare qualche segnale per dirmi che la sua gioia и uguale alla mia?» Scese dalla colombaia solo quando ebbe paura che il marito venisse a cercarla.
Lo trovт su tutte le furie. Scorreva le frasi anodine di Valenod, cosм poco abituate ad essere lette con tanta emozione.
Cogliendo un momento in cui le esclamazioni di suo marito le offrivano la possibilitа di farsi ascoltare, disse:
«Sono sempre della mia idea. И bene che Julien faccia un viaggio. Qualunque sia la sua conoscenza del latino, dopo tutto и solo un rozzo contadino, spesso privo di tatto; ogni giorno, credendo di usarmi una cortesia, mi rivolge complimenti esagerati e di cattivo gusto, che impara a memoria in qualche romanzo...»
«Non ne legge mai,» gridт Rкnal. «Me ne sono assicurato. Credete forse che sia un padrone di casa cieco, all'oscuro di quanto succede sotto il suo tetto?»
«Ebbene! Se non legge in nessun libro quei ridicoli complimenti, li inventa, ed и ancora peggio. Avrа parlato di me con quel tono a Verriиres... e senza andare cosм lontano,» soggiunse la signora de Rкnal come se facesse una scoperta, «avrа parlato in questi termini con Elisa, il che и pressappoco come se avesse parlato con Valenod!»
«Ah!» gridт Rкnal, scuotendo la tavola e la camera con un pugno senza precedenti. «La lettera anonima composta coi caratteri stampati e le lettere di Valenod sono scritte sulla stessa carta!»
«Finalmente!...» pensт lei. Si mostrт sconvolta da quella scoperta e, senza avere il coraggio di aggiungere una sola parola, andт a sedersi sul divano, in fondo al salotto.
La battaglia era vinta. La signora de Rкnal ebbe il suo da fare per impedire che Rкnal andasse a parlare al supposto autore della lettera anonima.
«Ma come! Non vi accorgete che una scenata, fatta a Valenod senza prove sicure, и proprio la mossa piщ falsa? Voi siete invidiato. Ma di chi и la colpa? Dei vostri meriti; la vostra sapiente amministrazione, i vostri edifici di buon gusto, la dote che vi ho portata e, soprattutto, la considerevole ereditа che possiamo aspettarci da mia zia, ereditа di cui si esagera l'importanza, hanno fatto di voi il primo personaggio di Verriиres.»
«Dimenticate la nascita,» rincarт Rкnal con un sorrisetto.
«Siete uno dei gentiluomini piщ distinti della provincia,» si affrettт ad aggiungere la signora de Rкnal. «Se il re non avesse le mani legate e potesse rendere giustizia alla nobiltа di nascita, voi figurereste senza dubbio alla Camera dei Pari eccetera. E in una simile stupenda posizione, volete buttare un pettegolezzo in pasto ai commentatori? Parlare a Valenod della sua lettera anonima equivarrebbe a sbandierare a tutta Verriиres, ma che dico, per tutta Besanзon, per tutta la provincia, che questo borghesuccio, ammesso forse imprudentemente nell'intimitа di un Rкnal, ha trovato modo di offenderlo. E quand'anche le lettere che avete trovato provassero che io ho corrisposto l'amore di Valenod, voi dovreste uccidermi - me lo sarei meritato cento volte - ma non dimostrargli la vostra collera. Pensate che si aspetta soltanto un pretesto per vendicarsi della vostra superioritа. Pensate che nel 1816 avete contribuito a certi arresti. Quell'uomo rifugiato sul tetto di casa sua...»
«Io penso che non avete riguardi, nй affetto per me,» esclamт Rкnal con tutta l'amarezza che un simile ricordo risvegliava in lui. «E non mi hanno neanche nominato Pari.»
«E io, mio caro,» rispose sorridendo la signora de Rкnal, «penso che sarт piщ ricca di voi, che sono vostra moglie da dodici anni e che per tutti questi motivi posso aver voce in capitolo, e soprattutto nella faccenda in questione. Se mi preferite un Julien qualsiasi,» ella soggiunse con malcelato dispetto, «io sono pronta a passare un inverno da mia zia.»
Queste parole furono dette con tono molto felice: piene di fermezza, anche se improntate alla massima cortesia, decisero Rкnal. Ma questi, secondo le abitudini di provincia, parlт ancora a lungo e tornт su tutti gli argomenti trattati: sua moglie lo lasciava dire, perchй la voce di lui fremeva ancora d'ira. Alla fine, due ore di chiacchiere inutili esaurirono quell'uomo che per un'intera notte era stato preda di un attacco di collera. Egli stabilм la linea di condotta che avrebbe adottato nei confronti di Valenod, di Julien, e perfino di Elisa.
Una volta o due, nel corso di quella scenata, la signora de Rкnal fu sul punto di provare una certa simpatia per l'autentica sofferenza dell'uomo che da dodici anni era il suo compagno. Ma le vere passioni sono egoiste. D'altronde la signora de Rкnal aspettava da un minuto all'altro la confessione della lettera anonima che suo marito aveva ricevuto il giorno prima: e questa confessione non venne. Per essere completamente sicura, la signora de Rкnal avrebbe dovuto conoscere le idee suggerite all'uomo da cui dipendeva la sua sorte. In provincia, infatti, i mariti sono i padroni dell'opinione pubblica. Un marito che si lamenta si copre di ridicolo, il che va divenendo sempre meno pericoloso in Francia; ma sua moglie, se egli non le dа denaro, cade nella condizione di un'operaia pagata quindici soldi al giorno e, per giunta, i benpensanti si fanno scrupolo ad assumerla.
Un'odalisca dell'harem deve ad ogni costo amare il sultano: egli и onnipotente e lei non ha alcuna speranza di sfuggire alla sua autoritа con una serie di piccole astuzie. La vendetta del padrone и terribile, cruenta, ma militare e generosa: una pugnalata pone fine a tutto. Ma nel XIX secolo un marito uccide la moglie a colpi di disprezzo, chiudendole le porte di tutti i salotti.
Il senso del pericolo si risvegliт nella signora de Rкnal quando ella tornт in camera sua: fu colpita dal disordine che vi regnava. Le serrature di tutti i suoi bei cofanetti erano state infrante: molte tavole del pavimento di legno erano sollevate. «Non avrebbe avuto pietа per me!» si disse. «Rovinare cosм il pavimento di legno colorato, cui tiene tanto! Se uno dei bambini entra qui con le scarpe umide, diventa rosso dalla rabbia. E adesso и rovinato irrimediabilmente!» Di fronte a quell'eccesso, la signora de Rкnal respinse rapidamente gli ultimi rimproveri che si era rivolta per la sua troppo rapida vittoria.
Poco prima che sonasse la campana del pranzo, Julien rientrт coi ragazzi. Al dessert, quando i domestici si furono ritirati, la signora de Rкnal gli disse seccamente:
«Mi avete manifestato il desiderio di andare per quindici giorni a Verriиres, e mio marito и dispostissimo ad accordarvi il permesso. Potete partire quando vi sembrerа opportuno. Ma perchй i ragazzi non perdano tempo, ogni giorno vi saranno spediti i loro compiti e voi li correggerete.»
«Perт,» aggiunse Rкnal aspramente, «non vi concederт piщ di una settimana.»
A Julien parve che il sindaco avesse la faccia di un uomo profondamente tormentato.
«Non ha ancora preso una decisione,» disse il giovane alla sua amica, approfittando di un momento in cui si trovarono soli in salotto.
La signora de Rкnal gli raccontт rapidamente tutto ciт che aveva fatto nella mattinata.
«A questa notte i particolari,» aggiunse sorridendo.
«Perversitа femminile!» pensт Julien. «Quale piacere, quale istinto le guida a ingannarci?»
«Mi sembrate illuminata e insieme accecata dall'amore,» le disse con una punta di freddezza. «Oggi vi siete comportata benissimo; ma vi sembra prudente il tentativo di vederci stasera? La casa и piena di nemici; pensate all'odio appassionato che Elisa nutre nei miei confronti.»
«Un odio che assomiglia molto alla profonda indifferenza che sembrate avere per me.»
«Anche indifferente, dovrei salvarvi da un pericolo a cui vi ho esposta. Se il caso vuole che Rкnal parli a Elisa, lei puт svelargli tutto con una parola. E non и detto che Rкnal non possa nascondersi vicino alla mia camera con le armi in pugno...»
«Come, nemmeno un po' di coraggio!» disse la signora de Rкnal con tutta l'alterigia di una nobildonna.
«Non mi abbasserт mai a parlare del mio coraggio,» disse freddamente Julien. «Sarebbe una bassezza. Il mondo giudicherа dai fatti.» Poi soggiunse, prendendole la mano: «Ma voi non potete immaginare quale sia il mio affetto per voi e quale la mia gioia al pensiero di salutarvi un'ultima volta prima di questa crudele separazione.»
XXII • MODI DI AGIRE NEL 1830
La parola и stata data all'uomo per nascondere il suo pensiero.
R.P. Malagrida
Appena arrivato a Verriиres, Julien si rimproverт la propria ingiustizia nei confronti della signora de Rкnal. «L'avrei disprezzata come una donnicciola, se per debolezza avesse recitato male la sua scena col marito! Invece se l'и cavata con l'abilitа di un diplomatico, ed ecco che simpatizzo col vinto, che и mio nemico. Mi sono comportato come un borghesuccio ferito nella sua vanitа perchй Rкnal и un uomo, un rappresentante di quella illustre e vasta corporazione cui anch'io ho l'onore di appartenere! Non sono altro che uno sciocco.»
L'abate Chйlan aveva rifiutato l'ospitalitа che i liberali piщ in vista del paese gli avevano offerto, a gara, dopo che la sua destinazione lo aveva costretto a lasciare la canonica. Le due camere che aveva preso in affitto erano tutte ingombre di libri. Julien, volendo mostrare a tutta Verriиres che cos'и un prete, andт a prendere da suo padre una dozzina di tavole d'abete e se le portт sulle spalle lungo la strada provinciale. Prese a prestito da un vecchio compagno alcuni arnesi e, in poco tempo, mise insieme una specie di biblioteca, nella quale sistemт i libri dell'abate Chйlan.
«Credevo che tu fossi corrotto dalla vanitа del mondo,» gli disse il vecchio piangendo di gioia. «Ma questa azione riscatta la bambinata di quella brillante uniforme di guardia d'onore che ti ha procurato tanti nemici.»
Rкnal aveva ordinato a Julien di prendere alloggio in casa sua. Nessuno sospettт l'accaduto. Tre giorni dopo il suo arrivo, Julien si vide salire nella propria camera nientemeno che il sottoprefetto Maugiron. E solo dopo due ore interminabili di chiacchiere insipide e di sonore geremiadi sulla cattiveria degli uomini, sulla scarsa onestа degli amministratori della ricchezza pubblica, sui pericoli della povera Francia ecc. ecc., Julien vide finalmente spuntare la vera ragione della visita. Erano giа sul pianerottolo della scala e il povero precettore, quasi in disgrazia, stava riaccompagnando col dovuto rispetto il futuro prefetto di qualche fortunata provincia, quando quest'ultimo ebbe la compiacenza di occuparsi dell'avvenire di Julien, di lodare la sua moderazione nelle questioni d'interesse, ecc. ecc. Alla fine, stringendolo fra le braccia con fare paterno Maugiron gli chiese di lasciare Rкnal e di entrare in casa di un funzionario che aveva dei ragazzi da educare e che, come il re Filippo, avrebbe ringraziato il cielo non tanto per averglieli dati, quando per averli fatti nascere nel paese dove viveva Julien. Il loro precettore avrebbe avuto uno stipendio di ottocento franchi, da pagarsi non giа mensilmente, il che, secondo Maugiron, non sarebbe stato signorile, ma trimestralmente, e sempre in anticipo.
Toccava ora a Julien prendere la parola: da un'ora e mezzo, seccato, egli aspettava il suo turno. La sua risposta fu perfetta, e soprattutto lunga come una lettera pastorale: lasciava adito a diverse interpretazioni e, tuttavia, non diceva nulla di preciso. Vi si potevano trovare, riuniti, rispetto per Rкnal, venerazione per il pubblico di Verriиres e riconoscenza per l'illustre sottoprefetto. Il quale sottoprefetto, stupefatto di trovarsi dinanzi uno piщ gesuita di lui, tentт inutilmente di ottenere qualcosa di preciso. Julien, al settimo cielo, colse l'occasione per esercitarsi, e ricominciт da capo la sua risposta in termini diversi. Mai un ministro eloquente, desideroso di occupare coi suoi discorsi la fine di una seduta in cui la Camera sembri ridestarsi, ha detto tanto poco con un maggior numero di parole.
Appena Maugiron se ne fu andato, Julien scoppiт a ridere come un matto. Per mettere a frutto la sua vena gesuitica scrisse a Rкnal una lettera di nove pagine in cui lo informava di tutto quanto gli era stato proposto e gli chiedeva umilmente consiglio. «Perт quel farabutto non mi ha detto il nome di chi fa l'offerta! Sarа senza dubbio Valenod, che nel mio esilio a Verriиres vede l'effetto della sua lettera anonima!»
Spedita la lettera, contento come un cacciatore che all'alba di una bella giornata autunnale sbuca in una pianura ricca di selvaggina, Julien riuscм per andare a chiedere consiglio all'abate Chйlan. Ma prima ch'egli arrivasse dal buon curato, il cielo, che gli teneva in serbo qualche gioia, gettт sul suo cammino Valenod, a cui Julien non nascose di avere il cuore straziato: un povero ragazzo come lui doveva dedicarsi completamente alla vocazione che il cielo gli aveva messo nell'animo, ma la vocazione non и tutto in questo basso mondo. Per lavorare degnamente nella vigna del Signore e non essere del tutto indegno di tanti dotti collaboratori, era necessario essere istruiti, bisognava passare due anni molto dispendiosi al seminario di Besanзon. Era quindi indispensabile fare delle economie, il che era molto piщ facile con uno stipendio di ottocento franchi pagati trimestralmente e in anticipo, che con seicento franchi mangiati mese per mese. D'altro canto il cielo, collocandolo accanto ai figli di Rкnal, e soprattutto ispirandogli per essi un affetto particolare, non sembrava indicargli ch'era fuori luogo abbandonare la loro educazione per dedicarsi ad altri?...
Julien raggiunse una tale perfezione in questo genere di eloquenza, che ha sostituito la rapiditа d'azione caratteristica dell'Impero, da finire per annoiarsi anche lui al suono delle sue parole.
Rincasando trovт un cameriere di Valenod, in alta tenuta, che lo aveva cercato per tutta la cittа: doveva consegnargli un biglietto d'invito a pranzo per quello stesso giorno.
Julien non era mai stato a casa di quell'uomo e, solo qualche giorno prima, non pensava che al mezzo di dargli una buona dose di bastonate senza finire nelle mani della polizia correzionale. Benchй il pranzo fosse fissato per l'una, il giovane giudicт piщ rispettoso presentarsi a mezzogiorno e mezzo all'ufficio del direttore del ricovero. Lo trovт intento a ostentare la propria importanza in mezzo a una quantitа di pratiche. I folti favoriti neri, l'enorme massa di capelli, il berretto greco messo di traverso sul cocuzzolo, la pipa enorme, le pantofole ricamate, le grosse catene d'oro che si incrociavano in tutti i sensi sul suo petto, insomma tutto quell'apparato del finanziere di provincia che si reputa un grande seduttore, non incuteva alcuna soggezione a Julien. Se mai pensava ancor piщ alle bastonate che gli doveva.
Il giovane chiese l'onore di essere presentato alla signora Valenod: la quale, perт, stava vestendosi per il pranzo e non poteva riceverlo. In compenso Julien ebbe il privilegio di assistere alla toilette del direttore del ricovero, dopo di che, insieme con lui, raggiunse gli appartamenti della signora Valenod, che con le lacrime agli occhi gli presentт i figli. Questa signora, una delle piщ ragguardevoli di Verriиres, aveva un viso lungo e mascolino, imbellettato per la grande occasione. Lo atteggiт in modo da esprimere tutto il suo pathos materno.
Julien pensт alla signora de Rкnal. La sua diffidenza lo rendeva sensibile soltanto ai ricordi che nascevano per contrasto, ma quando gli accadeva si inteneriva profondamente. Questo stato d'animo si fece piщ intenso mentre il giovane osservava la casa del direttore del ricovero. Gliela fecero visitare per intero. Tutto era splendido e nuovo, e di ogni mobile gli veniva detto il prezzo. Ma Julien vi trovava qualcosa di ignobile, che puzzava di soldi rubati. Tutti, perfino i domestici, avevano l'aria di assumere un contegno per difendersi dall'eventuale disprezzo.
L'esattore delle tasse, l'uomo delle imposte dirette, l'ufficiale della gendarmeria e altri due o tre funzionari pubblici arrivarono con le mogli. Poi vennero alcuni ricchi liberali. Il pranzo fu annunciato.
Julien, giа molto mal disposto, pensт che, oltre il muro della sala da pranzo, c'erano dei poveri detenuti, e che forse Valenod aveva fatto la tara alla loro porzione di carne per procurarsi tutto quel lusso di cattivo gusto, con cui pretendeva di stordirlo.
«Forse in questo momento hanno fame,» pensт Julien; avvertм un nodo alla gola e gli fu impossibile mangiare, e quasi anche parlare. Fu molto peggio un quarto d'ora dopo. Si sentivano di tanto in tanto gli accenti di una canzone popolare e, a dire il vero, un po' triviale, cantata da uno dei detenuti. Valenod diede un'occhiata a un domestico in alta uniforme: questi scomparve, e poco dopo non si sentм piщ cantare. Proprio allora un cameriere offriva a Julien un bicchiere verde che conteneva vino del Reno: la signora Valenod si affrettт a fargli notare che quel vino, preso sul posto, costava nove franchi la bottiglia. Julien, col bicchiere verde in mano, disse a Valenod:
«Non cantano piщ quella canzonaccia.»
«Perdiana, lo credo bene!» rispose il direttore, trionfalmente. «Ho fatto imporre silenzio a quei pezzenti.»
Questa parola fu troppo forte per Julien: egli aveva, sм, il contegno, ma non ancora il cuore richiesto dalla sua condizione sociale. Nonostante tutta la sua ipocrisia, cosм spesso esercitata, sentм che una grossa lacrima gli scivolava sulla guancia.
Cercт di nasconderla dietro il bicchiere verde, ma gli fu assolutamente impossibile fare onore al vino del Reno. «Vietargli di cantare!» pensava. «Dio mio, come puoi sopportare una cosa simile!»
Per fortuna nessuno si accorse della sua commozione fuori luogo. L'esattore aveva intonato una canzone monarchica. In mezzo al chiasso del ritornello cantato in coro, la coscienza di Julien andava ripetendosi: «Eccola qui, dunque, la sozza fortuna che riuscirai a raggiungere: e non potrai goderne che a queste condizioni, e in questa compagnia! Forse otterrai un posto da ventimila franchi, ma ingozzandoti di cibo dovrai impedire a un povero prigioniero la gioia di cantare; inviterai gente alla tua mensa coi soldi che avrai rubato sul costo della sua miserabile razione, e durante la tua cena egli soffrirа piщ del solito. O Napoleone! com'era dolce, ai tuoi tempi, raggiungere la fortuna attraverso i pericoli d'una battaglia! Mentre ora bisogna accrescere vilmente le sofferenze dei disgraziati!...»
Confesso che la debolezza di cui Julien dа prova in questo monologo mi ispira una ben povera opinione di lui. Sarebbe il degno collega di quei cospiratori in guanti gialli, che pretendono di cambiare la vita e i costumi di un grande paese e non vogliono avere sulla coscienza una scalfittura inferta e chicchessia.
Julien fu violentemente richiamato alla sua parte. Non era per fantasticare e per tacere che lo avevano invitato a pranzo in cosм bella compagnia!
Il proprietario d'una fabbrica di tele dipinte, ormai in ritiro, membro corrispondente dell'Accademia di Besanзon e di quella d'Uzиs, gli rivolse la parola da un capo all'altro della tavola per domandargli se era vero ciт che tutti dicevano dei suoi stupefacenti progressi nello studio del Nuovo Testamento.
Immediatamente si stabilм un profondo silenzio: e una copia in latino del Nuovo Testamento si trovт come per incanto in mano a quel dotto membro di due accademie. Dopo la risposta di Julien, una mezza frase latina fu letta a caso ed egli la continuт, recitando a memoria senza la minima amnesia: questo prodigio fu ammirato con tutta la rumorosa energia d'una fine di pasto.
Julien osservava i volti accesi delle signore: alcune non erano brutte. Tra le altre, notт la moglie dell'esattore canterino.
«A dire il vero mi dispiace parlare tanto in latino di fronte a queste signore,» disse il giovane rivolgendosi proprio a lei. «Se il signor Rubigneau,» (era il membro delle due Accademie) «vuole avere la bontа di leggere a caso una frase latina, invece di continuare secondo il testo, cercherт di tradurla improvvisando.»
Questa seconda prova segnт il culmine del suo trionfo.
Erano presenti diversi ricchi liberali; liberali sм, ma padri felici di ragazzi in grado di ottenere borse di studio: e quindi subito convertiti dopo l'ultima missione. Nonostante la loro fine astuzia politica, Rкnal si era sempre rifiutato di riceverli in casa sua. Quelle brave persone, che conoscevano Julien solo di fama e per averlo visto a cavallo il giorno dell'arrivo del re di ***, erano i suoi piщ chiassosi ammiratori. «Quand'и che questi sciocchi si stancheranno di ascoltare uno stile biblico di cui non capiscono nulla?» pensava Julien. Invece quello stile li divertiva per la sua stranezza, e li faceva ridere. Ma Julien si stancт.
Quando sonarono le sei si alzт gravemente e parlт di un capitolo della nuova teologia di Ligorio, che doveva imparare per recitarlo il giorno dopo all'abate Chйlan. «Il mio mestiere, infatti,» soggiunse con amenitа, «consiste nel far recitare delle lezioni e nel recitarne io stesso.»
Si rise molto e lo si ammirт: era lo spirito che andava bene a Verriиres. Julien era giа in piedi e tutti si alzarono senza far caso all'etichetta, tanta и l'influenza del genio. La signora Valenod lo trattenne ancora un quarto d'ora; bisognava pure che egli ascoltasse i ragazzi recitare il catechismo: e questi fecero le piщ buffe confusioni, di cui perт solo Julien si accorse, guardandosi bene dal porle in rilievo. «Quale ignoranza dei piщ elementari principi della religione!» pensava. Infine si accomiatт: credeva di potersela svignare, ma dovette sorbirsi una favola di La Fontaine.
«И un autore profondamente immorale,» disse Julien alla signora Valenod. «In una favola su Messer Jean Chouart osa coprire di ridicolo le cose piщ sacre. Tutti i migliori commentatori lo biasimano vivamente.»
Prima di andarsene, Julien ricevette quattro o cinque inviti a pranzo. «Quel giovane fa onore al dipartimento,» gridavano in coro i convitati, tutti allegri. Giunsero perfino a parlare di un assegno, votato sui fondi comunali, per fargli continuare gli studi a Parigi.
Mentre quell'idea imprudente risonava nella sala da pranzo, Julien aveva raggiunto rapidamente la porta «Canaglie! Canaglie!» esclamт tre o quattro volte sottovoce, abbandonandosi al piacere di respirare l'aria fresca.
In quel momento si scopriva totalmente aristocratico, lui che per lungo tempo era stato cosм urtato dal sorriso sprezzante e dall'altezzosa superioritа che trapelava da tutte le gentilezze usategli in casa Rкnal. Non potй fare a meno di notare la profonda differenza. «Dimentichiamo pure,» si ripeteva andandosene, «che si tratta di denaro rubato ai poveri detenuti, ai quali si impedisce perfino di cantare! Perт Rкnal non ha mai pensato di dire ai suoi ospiti il prezzo d'ogni bottiglia di vino che offriva loro!! E questo Valenod, enumerando continuamente le sue proprietа, non puт parlare della sua casa, dei suoi poderi ecc., senza ripetere, quando sua moglie и presente: la tua casa, i tuoi poderi.»
La signora in questione, apparentemente cosм sensibile ai piaceri della proprietа, aveva appena fatto una spaventosa scenata a uno dei domestici, che durante la cena aveva rotto un calice e scompagnato uno dei suoi servizi da dodici. E il domestico aveva risposto con la peggiore insolenza.
«Che bella compagnia!» diceva tra sй Julien. «Non vorrei vivere con loro neanche se mi dessero la metа di tutto quello che rubano. Un giorno o l'altro mi tradirei: non riuscirei a tener nascosto il disprezzo che mi ispirano.»
Tuttavia, per ordine della signora de Rкnal, egli dovette assistere a diversi pranzi di quel genere; divenne di moda: gli si perdonava l'uniforme di guardia d'onore; anzi, quell'imprudenza era la vera causa dei suoi successi. Ben presto a Verriиres non si parlт d'altro: chi l'avrebbe spuntata, tra Rкnal e il direttore del ricovero, nella gara per assicurarsi quel giovane cosм colto? Loro due, con Maslon, costituivano da diversi anni un triumvirato tanto potente da tiranneggiare la cittа. Il sindaco era invidiato e i liberali avevano buone ragioni per lamentarsi di lui; ma dopo tutto era nobile e fatto per comandare, mentre Valenod non aveva ereditato dal padre neppure una rendita di seicento franchi. Nel suo caso la gente era dovuta passare dalla compassione per quel suo sdrucito abito verdolino, che tutti gli avevano visto indosso quando era giovane, all'invidia per i suoi cavalli normanni, per le catene d'oro, per i vestiti parigini, per tutta la sua attuale ricchezza.
In quell'ambiente movimentato, nuovo per lui, Julien credette di scoprire un uomo onesto, un geometra di nome Gros, che passava per giacobino. Julien, essendosi ripromesso di dire soltanto cose che a lui stesso sembravano false, fu costretto a limitarsi a qualche supposizione nei confronti di Gros.
Da Vergy riceveva grossi pacchi di compiti da correggere. Gli si consigliava di andare spesso da suo padre ed egli si conformava a quella triste necessitа. In una parola, stava riassestando discretamente la sua reputazione, quando una mattina ebbe la sorpresa di essere svegliato da due mani che gli chiudevano gli occhi.
Era la signora de Rкnal che aveva fatto un viaggio in cittа e che, salendo gli scalini a quattro a quattro e lasciando i bambini occupati col prediletto coniglio che s'erano portati dietro, aveva raggiunto la camera di Julien un minuto prima di loro. Fu un momento delizioso, ma brevissimo: la signora de Rкnal era giа scomparsa, quando arrivarono i ragazzi col coniglio che volevano mostrare al loro amico. Julien fece festa a tutti, anche al coniglio. Gli sembrava di ritrovare la sua famiglia; si accorse di voler bene ai bambini e di divertirsi a chiacchierare con loro. Era stupito per la dolcezza delle loro voci e per la nobiltа dei loro modi infantili: aveva bisogno di cancellare dalla sua mente tutti i modi volgari, tutti i pensieri spiacevoli in mezzo ai quali respirava a Verriиres. Sempre la paura di mancare in qualcosa, sempre il lusso e la miseria che si prendevano per i capelli. Le persone che lo invitavano a pranzo erano capaci, a proposito dell'arrosto, di fare confidenze umilianti per loro e nauseabonde per chi stava ad ascoltarle.
«Voi altri nobili avete ragione di essere orgogliosi,» disse Julien alla signora de Rкnal. E le raccontт di tutti i pranzi che aveva dovuto subire.
«Cosм, siete diventato di moda!» e rise di cuore pensando al rossetto che la signora Valenod si sentiva in obbligo di mettersi ogni volta che aspettava Julien. «Credo che abbia dei progetti sul vostro cuore,» soggiunse.
La colazione fu deliziosa. La presenza dei bambini, per quanto fastidiosa in apparenza, in realtа aumentava la comune felicitа. Quei poveri ragazzi non sapevano come dimostrare la loro gioia di rivedere Julien. I domestici non avevano mancato di informarli che al precettore erano stati offerti duecento franchi di piщ per educare i piccoli Valenod.
Nel bel mezzo della colazione, Stanislas-Xavier, ancora pallido per la grave malattia, chiese improvvisamente alla madre quanto valevano le sue posate e il suo bicchiere d'argento.
«Perchй vuoi saperlo?»
«Voglio venderli e darne il ricavato al signor Julien, perchй non faccia la parte dello stupido se rimane con noi.»
Julien lo abbracciт con le lacrime agli occhi. La madre piangeva addirittura, mentre Julien, che aveva preso Stanislas sulle ginocchia, lo invitava a non servirsi di quella espressione che, usata in quel senso, era degna di un lacchи. Poi accortosi del piacere che procurava alla signora de Rкnal, egli cercт di spiegare, con esempi pittoreschi che divertivano i ragazzi, cosa significa fare la parte dello stupido.
«Capisco,» rispose Stanislas, «и il corvo, tanto stupido da lasciar cadere il pezzo di formaggio in bocca alla volpe che lo adulava.»
Folle di gioia, la signora de Rкnal coprм di baci i suoi figli: cosa impossibile senza appoggiarsi un poco a Julien.
Improvvisamente si aprм la porta e comparve Rкnal. Il suo viso severo e malcontento contrastava stranamente con la dolce gioia che metteva in fuga. Sua moglie impallidм: si sentiva incapace di respingere qualsiasi accusa.
Julien prese la parola e, a voce altissima, cominciт a raccontare al sindaco l'episodio delle posate d'argento che Stanislas voleva vendere. Era sicuro che quella storia non avrebbe avuto buona accoglienza. Prima di tutto, Rкnal aveva la bella abitudine di aggrottare la fronte al solo udire la parola argento.
«Se qualcuno parla di questo metallo,» egli diceva, «significa che si accinge a spillarmi dei soldi.»
Ma qui non si trattava solo di denaro: c'erano dei sospetti che si precisavano. L'aria di felicitа, che animava la sua famiglia durante la sua assenza, non poteva certo accomodare le cose con un uomo tanto vanitoso e suscettibile. E poichй la signora de Rкnal lodava la maniera squisitamente garbata e piena di spirito con la quale Julien inculcava nuove idee ai suoi allievi, Rкnal esplose:
«Sм, sм! Lo so, costui mi rende odioso ai miei figli: и molto facile, per lui, riuscire cento volte piщ simpatico di me, che in fondo sono il padrone. In questo secolo tutto tende a rendere odiosa l'autoritа legittima. Povera Francia!»
La signora de Rкnal non si soffermт a esaminare le sfumature dell'accoglienza fattale dal marito. Aveva intravisto poco prima la possibilitа di trascorrere dodici ore con Julien. Avendo una quantitа di commissioni da fare in cittа, dichiarт che voleva assolutamente andare a pranzo in un cabaret: e per quanto dicesse o facesse suo marito, non abbandonт l'idea. I ragazzi si entusiasmarono al solo udire la parola cabaret, parola che oggi i benpensanti pronunciano con tanto compiacimento.
Rкnal lasciт la moglie nel primo negozio di novitа in cui ella entrт, e si recт a fare alcune visite. Tornт di umore ancora piщ cupo di quello della mattina: era convinto che l'intera cittа si occupasse di lui e di Julien. In veritа, nessuno gli aveva ancora lasciato sospettare quanto c'era di offensivo nei discorsi di tutti. I particolari che gli avevano riferito concernevano soltanto un dilemma: Julien sarebbe rimasto in casa sua con uno stipendio di seicento franchi, o avrebbe accettato l'offerta di ottocento franchi avanzata dal direttore del ricovero?
E il direttore, incontrando Rкnal in societа, gli fece il muso duro. Il suo comportamento, d'altronde, non era privo di astuzia; in provincia non ci si lascia sfuggire niente: le sensazioni sono talmente rare che si vuole assaporarle fino all'ultima goccia.
Valenod era ciт che, a cento leghe da Parigi, viene chiamato un bellimbusto: e cioи un uomo di temperamento sfrontato e grossolano. Dal 1815 in poi, egli era passato da un trionfo all'altro, e questo aveva consolidato le sue naturali inclinazioni. A Verriиres egli regnava, per cosм dire, sotto il comando di Rкnal: ma poichй era molto piщ attivo di lui, incapace di arrossire, pronto a immischiarsi di tutto, sempre in movimento, scriveva, parlava, dimenticava le umiliazioni, era privo di qualsiasi pretesa personale, aveva finito col controbilanciare la stima di cui godeva il sindaco presso il potere ecclesiastico. In un certo senso, era come se Valenod avesse detto ai bottegai del paese: datemi i due piщ stupidi fra voi; agli uomini di legge: indicatemi i due piщ ignoranti; agli ufficiali sanitari: designatemi i due piщ ciarlatani. Una volta riuniti i due elementi piщ sfrontati di ogni mestiere, aveva detto loro «regniamo insieme».
I modi di quella gente ferivano Rкnal. La volgaritа di Valenod non era offesa da nulla, neppure dalle smentite che il piccolo abate Maslon non gli risparmiava in pubblico.
Ma in mezzo a tanta prosperitа, Valenod aveva bisogno di rifarsi, con alcune piccole insolenze marginali, delle pesanti veritа che tutti - lo sentiva - avevano il pieno diritto di buttargli in faccia. La sua attivitа era raddoppiata dopo i timori che la visita di Appert aveva suscitato in lui: aveva fatto tre viaggi a Besanзon, scriveva diverse lettere che spediva ad ogni corriere in partenza, e altre ne affidava a sconosciuti che passavano da casa sua al cader della notte. Forse aveva fatto male a far destituire il vecchio abate Chйlan, perchй quella mossa vendicativa gli aveva procurato la fama di uomo profondamente cattivo nell'opinione di parecchie signore di buona famiglia, assai religiose. D'altronde il favore ottenuto lo aveva posto nell'assoluta dipendenza del Gran Vicario de Frilair, che gli affidava ora strane incombenze. Le sue faccende erano a questo punto, quando cedette alla tentazione di scrivere una lettera anonima. Per metterlo ancor piщ nei guai, sua moglie gli dichiarт che voleva a tutti i costi Julien: la sua vanitа se ne era invaghita.
Stando cosм le cose, Valenod prevedeva una scenata decisiva col suo vecchio alleato Rкnal. Questi gli rivolgeva parole dure e la cosa, in complesso, non gli faceva nй caldo nй freddo: ma Rкnal avrebbe potuto scrivere a Besanзon e perfino a Parigi. Poteva piombare improvvisamente a Verriиres un cigno di qualche ministro e prendere in mano il ricovero. Valenod pensт di riavvicinarsi ai liberali: era questo il motivo per cui molti di essi erano presenti al pranzo in cui Julien si era esibito. In questo modo Valenod sarebbe stato fortemente appoggiato contro il sindaco. Ma potevano sopravvenire le elezioni ed era fin troppo evidente che il ricovero e un voto sbagliato sarebbero stati incompatibili. Il racconto di questi intrighi politici, indovinati alla perfezione dalla signora de Rкnal, era stato fatto a Julien mentre egli le dava il braccio per andare da un negozio all'altro, e, a poco a poco, li trascinт sul Cours de la Fidйlitй, dove passarono diverse ore in perfetta tranquillitа, quasi come a Vergy.
Nel frattempo, Valenod cercava di ritardare una scenata decisiva col suo antico superiore, assumendo lui stesso un tono insolente. Per quel giorno il gioco riuscм, ma aumentт il malumore del sindaco.
La vanitа, alle prese con tutto ciт che il piccolo amore per il denaro puт avere di piщ aspro e di piщ meschino, non mise mai un uomo in condizioni piщ pietose di quelle del sindaco, quando entrт nel cabaret. Invece i suoi figli non erano mai stati piщ felici e piщ allegri. Il contrasto portт al colmo l'irritazione di lui.
«Sono di troppo nella mia famiglia, a quel che vedo,» disse appena entrato, con un tono che voleva imporre rispetto.
Per tutta risposta sua moglie lo prese da parte e gli parlт della necessitа di allontanare Julien. Le ore di felicitа trascorse con lui le avevano restituito la sicurezza e la decisione necessarie per portare a termine il piano di condotta che veniva meditando da quindici giorni. A finir di sconvolgere da cima a fondo il povero sindaco di Verriиres, c'era anche il fatto che in cittа si scherzava pubblicamente, e lui lo sapeva, sul suo attaccamento al soldo. Valenod era generoso come un ladro, e lui, invece, si era comportato in modo piщ prudente che brillante in occasione delle ultime cinque o sei questue per la Confraternita di San Giuseppe, per la Congregazione della Vergine, per la Congregazione del Santo Sacramento ecc. ecc.
Fra i signorotti di Verriиres e dei dintorni, accortamente classificati sui registri dei Fratelli Collettori, in base all'ammontare delle loro offerte, si era visto parecchie volte il nome di Rкnal all'ultimo posto. Invano egli ripeteva che non guadagnava niente. Il clero non и disposto a scherzare su questo argomento.
XXIII • DISPIACERI DI UN FUNZIONARIO
Il piacere di alzar la testa tutto l'anno
и ben pagato da certi quarti d'ora
che bisogna passar.
Casti
Ma lasciamo questo poveretto ai suoi piccoli timori. Perchй si и preso in casa un uomo di valore, mentre avrebbe avuto bisogno di un'anima servile? Perchй non sa scegliere i suoi sottoposti? И un fatto di ordinaria amministrazione nel XIX secolo: quando un individuo nobile e potente s'imbatte in un uomo che vale, lo uccide, lo esilia, lo imprigiona o lo umilia a tal punto che l'altro и tanto sciocco da morirne di dolore. Per puro caso, questa volta, la sofferenza non tocca ancora all'uomo di valore. La gran disgrazia delle cittadine di Francia e dei governi a regime elettorale, come quello di New York, consiste nell'impossibilitа di dimenticare che al mondo esistono uomini come Rкnal. In una cittа di ventimila abitanti, proprio tali uomini formano l'opinione pubblica, e l'opinione pubblica и terribile in un paese costituzionale. Un uomo di animo nobile, generoso, che sarebbe stato vostro amico, ma che abita a cento leghe di distanza, vi giudica in base all'opinione pubblica della vostra cittа, la quale и confezionata dagli stolti che il caso ha fatto nascere nobili, ricchi e moderati. Guai a chi si distingue!
Subito dopo pranzo ripartirono per Vergy: ma soltanto due giorni dopo Julien vide tutta la famiglia tornare a Verriиres.
Non era ancora trascorsa un'ora, quando il nostro eroe, con grande sorpresa, si accorse che la signora de Rкnal gli nascondeva qualche cosa. Ella interrompeva la conversazione col marito non appena vedeva avvicinarsi Julien, e pareva quasi desiderare che questi si allontanasse. Julien se lo tenne per detto. Divenne freddo e riservato: la signora de Rкnal se ne accorse e non cercт spiegazioni. «Che stia per darmi un successore?» pensт Julien. «L'altro giorno era tanto affettuosa con me! Ma и proprio cosм, si dice, che agiscono queste grandi dame. Come i re: nessuno riceve piщ complimenti del ministro che, tornando a casa, troverа la lettera di destituzione.»
Julien notт che nei discorsi, subito interrotti appena lui si avvicinava, si parlava spesso di una grande casa appartenente al comune di Verriиres, vecchia ma ampia e comoda, situata di fronte alla chiesa nella posizione commercialmente piщ favorevole della cittа. «Che relazione puт esserci tra questa casa e un nuovo amante?» si diceva il giovane.
Nel suo dolore egli si ripeteva quei graziosi versi di Francesco I, che gli sembravano nuovi perchй non era passato un mese da quando la signora de Rкnal glie li aveva insegnati. Con quanti giuramenti, con quante carezze erano stati allora smentiti quei versi!
Spesso la donna varia,
pazzo chi se ne fida.
Rкnal partм con la carrozza di posta per Besanзon. Quel viaggio fu deciso in due ore: il sindaco sembrava molto preoccupato. Al ritorno egli gettт sul tavolo un grosso pacco avvolto in carta grigia.
«Ecco questo stupido affare!» disse a sua moglie.
Un'ora dopo, Julien vide l'attacchino che se ne andava con quel pacco e si affrettт a seguirlo. «Al primo angolo di strada scoprirт il segreto.»
Il giovane attese, impaziente, alle spalle dell'attacchino che col suo pennello imbrattava di colla il rovescio del manifesto. Appena il foglio fu appiccicato al muro, la curiositа di Julien potй appagarsi leggendo l'annuncio, ricco di particolari, che la grande e vecchia casa, di cui parlavano tanto spesso Rкnal e sua moglie, sarebbe stata offerta in affitto mediante un'asta pubblica. L'aggiudicazione era annunciata per le due del giorno dopo, nella sala del comune, all'estinzione della terza candela. Julien provт un profondo disappunto. Gli pareva proprio che il termine fosse troppo breve: come si sarebbe potuto fare in tempo ad avvertire tutti i concorrenti? D'altronde quell'avviso, che portava la data di quindici giorni prima, e che egli rilesse da cima a fondo, non gli diceva niente di nuovo.
Andт a visitare la casa. Il portiere, che non l'aveva visto avvicinarsi, stava dicendo misteriosamente a un vicino:
«Hmm! Fatica sprecata. L'abate Maslon gli ha promesso di fargliela avere per trecento franchi e, siccome il sindaco recalcitrava, и stato chiamato in vescovado dal gran vicario de Frilair.»
L'arrivo di Julien parve disturbare non poco i due amici, che non aggiunsero piщ una parola.
Julien non mancт all'asta. C'era folla in quella stanza male illuminata: tutti si squadravano reciprocamente, in uno strano modo. Gli occhi di ognuno erano fissi su una tavola, dove Julien vide tre mozziconi di candela accesi in un piatto di stagno. L'usciere gridava: «Trecento franchi, signori!»
«Trecento franchi! Questa и grossa,» disse sottovoce un uomo al suo vicino. Julien si trovava proprio fra i due. «Ne vale piщ di ottocento: voglio far salire le offerte.»
«И come parlare al vento. Che cosa ci guadagnerai a tirarti addosso l'abate Maslon, Valenod, il vescovo, il terribile gran vicario de Frilair e tutta la loro cricca?»
«Trecentoventi franchi!» gridт l'altro.
«Brutta bestia!» replicт il vicino. «E c'и proprio qui una spia del sindaco,» soggiunse, indicando Julien.
Questi si voltт di scatto per rimbeccare quell'accusa: ma i due (erano della Franca Contea) non badavano piщ a lui. Il loro sangue freddo restituм a Julien il suo. Proprio allora l'ultimo mozzicone si spense e la voce strascicata dell'usciere aggiudicт la casa, per nove anni e al prezzo di trecentoventi franchi, al signor de Saint-Giraud, capufficio alla prefettura di ***.
Non appena il sindaco fu uscito dalla sala, cominciarono i commenti.
«Ecco trenta franchi che l'imprudenza di Grogeot ha fruttato al comune,» disse uno.
«Ma Saint-Giraud,» disse un altro, «si vendicherа di Grogeot, che non la passerа liscia.»
«Che infamia!» esclamт un omone atticciato, a sinistra di Julien. «Una casa che avrei pagato ottocento franchi per metterci la mia fabbrica, e avrei fatto un buon affare.»
Un giovane industriale liberale gli rispose: «Be', Saint-Giraud non appartiene anche lui alla Congregazione? I suoi quattro figli non fruiscono di borse di studio? Poverino! Bisognerа che il comune di Verriиres gli aumenti lo stipendio di cinquecento franchi, ecco tutto.»
«E dire che il sindaco non и riuscito a impedire una cosa simile!» osservт un terzo. «In fin dei conti, egli и un ultra, sia pure, ma almeno non ruba.»
«Ah no, eh? Piccion che vola, allora. Tutto finisce in una gran borsa comune e tutto viene spartito alla fine dell'anno. Ma ecco il giovane Sorel, andiamocene.»
Julien rincasт di pessimo umore e trovт la signora de Rкnal assai triste.
«Venite dall'asta?» gli chiese.
«Sм, signora, e ho avuto l'onore di esser qualificato come spia del sindaco.»
«Se mi avesse dato retta, egli se ne sarebbe andato a fare un viaggio.»
In quel momento comparve Rкnal: era tetro. Il pranzo passт in un assoluto silenzio. Rкnal diede ordine a Julien di seguire i ragazzi a Vergy; il viaggio fu triste. La signora de Rкnal consolava il marito:
«Dovreste esserci abituato, amico mio.»
La sera tutti stavano seduti in silenzio attorno al fuoco; l'unica distrazione era costituita dal crepitio del ciocco di faggio che ardeva. Era uno di quei momenti di tristezza che capitano anche nelle famiglie piщ unite. D'un tratto uno dei ragazzi gridт gioiosamente:
«Hanno suonato alla porta, hanno suonato!»
«Accidenti! Se и Saint-Giraud che viene a scovarmi fin qui col pretesto dei ringraziamenti,» gridт il sindaco, «gli dirт quel che si merita. И troppo grossa! Sarа grato a Valenod mentre sono io che mi sono compromesso. Che dire, se quei maledetti giornali giacobini si impadroniscono dell'episodio e mi trasformano in un Nonantecinq?»
Un bellissimo uomo con grandi favoriti neri entrava in quel momento, preceduto dal domestico.
«Signor de Rкnal, io sono il signor Geronimo. Ecco una lettera che il cavaliere de Beauvaisis, addetto all'ambasciata di Napoli, mi ha consegnato per voi al momento della mia partenza. Sono passati solo nove giorni,» aggiunse allegramente il signor Geronimo, guardando la signora de Rкnal. «Il signor de Beauvaisis, vostro cugino e mio buon amico, mi ha detto che voi, signora, conoscete l'italiano.»
Il buonumore del napoletano rese molto allegra quella serata cosм triste. La signora de Rкnal volle assolutamente offrirgli la cena: mise in moto tutta la servitщ. Ella voleva a tutti i costi distrarre Julien dalla qualifica di spia che quel giorno si era sentito risuonare nelle orecchie per ben due volte. Il signor Geronimo era un cantante celebre, uomo di buona compagnia e nondimeno molto allegro: due qualitа che ormai in Francia sono incompatibili. Finita la cena, Geronimo cantт un duettino con la signora de Rкnal, poi raccontт alcune storie deliziose. Quando, all'una del mattino, Julien propose di andare a letto, i ragazzi si ribellarono.
«Ancora una storia!» supplicт il maggiore.
«И la mia, signorino,» riprese il signor Geronimo. «Otto anni fa ero come voi, un giovane allievo del Conservatorio di Napoli; voglio dire come voi in quanto all'etа, perchй non avevo l'onore di essere figlio dell'illustre sindaco della bella cittа di Verriиres.»
Queste parole fecero sospirare Rкnal, che guardт sua moglie.
«Il signor Zingarelli» continuт il giovane cantante esagerando un po' il suo accento che faceva scoppiare dal ridere i ragazzi, «era un maestro eccessivamente severo. Non и amato al Conservatorio, eppure pretende che si agisca sempre per amor suo. Io uscivo piщ spesso che potevo; andavo al piccolo teatro San Carlino, dove ascoltavo una musica divina: ma Dio mio, come fare a mettere insieme gli otto soldi per l'ingresso in platea? Somma enorme,» disse guardando i ragazzi che ricominciarono a ridere. «Il signor Giovannone, direttore del San Carlino, mi sentм cantare. Avevo sedici anni. "Questo ragazzo и un tesoro," disse.
«"Vuoi essere scritturato, amico mio?" venne a dirmi.
«"Quanto mi darete?"
«"Quaranta ducati al mese." Signori, и l'equivalente di centosessanta franchi. Credetti che mi si aprisse il cielo.
«"Ma come riuscirт a ottenere che il severo Zingarelli mi lasci uscire?" dissi a Giovannone.
«"Lascia fare a me."»
«Laissez faire а moi!» gridт il maggiore dei ragazzi.
«Proprio, mio giovane signore. Il signor Giovannone mi disse: "Caro, prima di tutto un po' di nero sul bianco." Firmo: ed egli mi dа tre ducati. Non avevo mai visto tanti soldi. Poi mi dice quello che devo fare.
«Il giorno dopo chiedo udienza al terribile signor Zingarelli. Il suo vecchio cameriere mi fa entrare.
«"Cosa vuoi da me, farabutto?"
«"Maestro," gli dissi, "mi pento dei miei errori; non uscirт mai piщ dal Conservatorio scavalcando l'inferriata. D'ora in avanti raddoppierт la mia applicazione."
«"Se non avessi paura di rovinare la piщ bella voce di basso che abbia mai ascoltato, ti metterei in prigione a pane e acqua per quindici giorni, canaglia!"
«"Maestro," ripresi, "diventerт il modello di tutta la scuola, credete a me. Ma vi chiedo un favore: se qualcuno viene a cercarmi per farmi cantare fuori, rifiutate. Di grazia, dite che non vi и possibile."
«"E chi diavolo vuoi che venga a cercare un brutto arnese come te? Credi forse che ti lascerei andar via dal Conservatorio? Vuoi prendermi in giro? Fila, fila!" disse, cercando di appiopparmi un calcio nel sedere, "se no, attento al pane secco e alla prigione."
«Un'ora dopo il signor Giovannone arriva dal direttore e gli dice: "Vengo a chiedervi di fare la mia fortuna: datemi Geronimo. Che egli canti nel mio teatro, e quest'inverno io riuscirт a dar marito a mia figlia."
«"Cosa vuoi farne di quel lazzarone?" gli dice Zingarelli. "Non voglio: non lo avrai. E d'altronde, anche se dicessi di sм, egli non vorrа mai lasciare il Conservatorio. Me l'ha giurato poco fa."
«"Se si tratta solo della sua volontа," dice gravemente Giovannone, tirando fuori di tasca il mio contratto, "carta canta! Ecco la sua firma."
«Subito Zingarelli, furibondo, si attacca al campanello: "Buttate fuori Geronimo dal Conservatorio!" Sicchй mi buttarono fuori, e io ridevo a crepapelle. La stessa sera cantai l'aria del Moltiplico. Pulcinella vuole sposarsi; conta sulle dita gli oggetti di cui avrа bisogno per usi domestici e s'imbroglia continuamente nei calcoli.»
«Ah! signore, vi prego, cantateci quest'aria!» disse la signora de Rкnal.
Geronimo cantт, e tutti piangevano a forza di ridere. Il signor Geronimo andт a letto solo alle due del mattino, lasciando la famiglia estasiata per le sue gentili maniere, per la sua compiacenza e per la sua allegria.
Il giorno dopo Rкnal e sua moglie gli consegnarono le lettere di presentazione di cui aveva bisogno a corte.
«E cosм,» si disse Julien, «la falsitа regna dappertutto. Ecco il signor Geronimo che va a Londra con uno stipendio di sessantamila franchi. Ma senza la perizia del direttore del San Carlino, la sua splendida voce sarebbe stata conosciuta e ammirata forse soltanto dieci anni dopo... In veritа preferirei essere un Geronimo che un Rкnal. Non и cosм onorato dalla buona societа, ma non ha il penoso obbligo di fare delle aste come quella di oggi, e la sua и una vita allegra.»
Una cosa stupiva Julien: le settimane trascorse in solitudine a Verriиres, nella casa di Rкnal, erano state per lui un periodo felice. Il disgusto e la tristezza lo avevano assalito soltanto ai pranzi cui era stato invitato. Ma in quella casa solitaria egli aveva potuto leggere, scrivere, riflettere, senza essere disturbato da nessuno: lм non si era trovato nella crudele, continua necessitа di strapparsi ai suoi fulgidi castelli in aria per studiare i moti di un'anima bassa, e, per giunta, con lo scopo di ingannarla ricorrendo a atteggiamenti o parole ipocriti.
«La felicitа и dunque a portata di mano?... Per una simile vita non occorre spendere molto denaro: potrei sposare Elisa o diventare socio di Fouquй... Ma il viaggiatore, che ha appena finito di scalare una ripida montagna, si siede sulla vetta e prova un piacere perfetto nel riposo. Sarebbe ugualmente felice, se lo costringessero a un riposo continuo?»
Frattanto la signora de Rкnal era giunta a pensieri fatali. Nonostante le sue risoluzioni, ella aveva confessato a Julien l'intera faccenda dell'asta. «Mi farа proprio dimenticare tutti i miei giuramenti?» pensava.
Avrebbe sacrificato senza esitazione la propria vita per salvare quella del marito, se lo avesse visto in pericolo. Aveva una di quelle anime nobili e romantiche per le quali scorgere la possibilitа di un'azione generosa e non compierla и fonte di un rimorso quasi uguale a quello di un delitto commesso. Tuttavia vi erano dei giorni funesti, in cui ella non riusciva a scacciare l'immagine della sconfinata felicitа che avrebbe potuto godere se, rimasta improvvisamente vedova, le fosse stato possibile sposare Julien.
Julien amava i figli di lei molto piщ di quanto li amasse il loro padre: e nonostante la sua severa giustizia, era da essi adorato.
Ella capiva che, sposando Julien, avrebbe dovuto abbandonare Vergy, i cui boschi ombrosi le erano tanto cari. Si immaginava a Parigi, occupata a fornire ai figli quell'educazione ammirata da tutti. I suoi ragazzi, lei, Julien, tutti erano perfettamente felici.
Strani effetti del matrimonio, quale l'ha reso il diciannovesimo secolo! La noia della vita matrimoniale fa sicuramente perire l'amore, quando l'amore ha preceduto il matrimonio. Tuttavia, direbbe il filosofo, alle persone abbastanza ricche da poter rimanere oziose, il matrimonio porta ben presto il tedio profondo di tutte le gioie tranquille. E predispone all'amore tutte le donne, salvo quelle afflitte da ariditа d'animo.
La riflessione del filosofo mi costringe a scusare la signora de Rкnal, ma a Verriиres ella non trovava scuse e tutta la cittа, a sua insaputa, parlava soltanto dei suoi amori scandalosi. E grazie a quel fatto cosм importante, durante l'autunno a Verriиres ci si annoiт meno del solito.
L'autunno e una parte dell'inverno passarono in fretta. Fu necessario abbandonare i boschi di Vergy. La buona societа di Verriиres cominciava a indignarsi per lo scarso effetto dei suoi anatemi sull'animo del sindaco. In meno di otto giorni parecchie persone serie, di quelle che trovano un compenso alla loro abituale serietа nel piacere di compiere certe missioni, gli insinuarono i sospetti piщ crudeli, pur servendosi di un linguaggio estremamente misurato.
Valenod, che conduceva un gioco serrato, aveva sistemato Elisa in una famiglia nobile e molto considerata, dove c'erano cinque donne. Nel timore, diceva lei, di non trovare un posto per l'inverno, Elisa aveva chiesto a quella famiglia solo i due terzi circa del salario che percepiva in casa del sindaco. Di sua iniziativa, la ragazza aveva avuto la splendida idea di andarsi a confessare dall'ex curato Chйlan e anche dal suo successore, in modo da raccontare ad entrambi tutti i particolari degli amori di Julien.
Il giorno dopo il suo arrivo in cittа, Julien fu chiamato dall'abate Chйlan alle sei della mattina. Il sacerdote gli disse: «Non vi domando nulla. Vi prego, anzi, se и necessario vi ordino, di non dirmi nulla. Esigo che entro tre giorni partiate per il seminario di Besanзon o vi rechiate dal vostro amico Fouquй, che и sempre disposto a crearvi una magnifica posizione. Ho previsto e sistemato ogni cosa, ma dovete partire e non tornare a Verriиres prima che sia trascorso un anno.»
Julien non rispose; stava riflettendo, il suo onore doveva ritenersi offeso dalle premure prodigategli dall'abate Chйlan che, dopotutto, non era suo padre? Infine egli rispose al curato:
«Domani a quest'ora avrт l'onore di rivedervi.»
Il sacerdote, che contava di spuntarla agevolmente con un uomo tanto giovane, parlт a lungo. Trincerandosi dietro un atteggiamento e un volto umilissimi, Julien non aprм bocca. Infine egli se ne andт e corse ad avvertire la signora de Rкnal, che trovт in preda alla disperazione.
Suo marito, poco prima, le aveva parlato con una certa franchezza. Il suo carattere, naturalmente debole, puntellandosi sulla prospettiva dell'ereditа di Besanзon, lo aveva deciso a considerare la moglie del tutto innocente. Egli le aveva confessato la strana posizione assunta dall'opinione pubblica di Verriиres. La gente aveva torto, era sviata dagli invidiosi, ma insomma che cosa si poteva fare?
Per un attimo la signora de Rкnal si illuse che Julien potesse accettare le offerte di Valenod e rimanere a Verriиres. Ma non era piщ la donna semplice e timida dell'anno precedente: la sua fatale passione e i suoi rimorsi l'avevano illuminata. E pur ascoltando il marito, ella aveva avuto ben presto modo di dimostrare a se stessa che una separazione almeno provvisoria era diventata indispensabile.
«Una volta lontano da me, Julien ricadrа nei suoi ambiziosi progetti, del resto naturalissimi in chi non possiede nulla. E io... Signore, io sono tanto ricca! E cosм inutilmente per la mia felicitа! Egli mi dimenticherа. Amabile com'и, sarа amato, amerа. Infelice... Di cosa posso lamentarmi? Il cielo и giusto: non и stato mio il merito di metter fine alla colpa e il cielo mi ha tolto il senno. Stava solo in me avere Elisa dalla mia parte, a forza di denaro sarebbe stato facilissimo. Non mi sono presa la briga di riflettere un momento, assorta com'ero nelle folli fantasticherie del mio amore. Sono perduta.»
Quando le diede la terribile notizia della sua partenza, Julien fu stupito di non incontrare in lei alcuna egoistica obiezione. La signora de Rкnal faceva evidenti sforzi per non piangere.
«Abbiamo bisogno di fermezza, mio caro.»
Si tagliт una ciocca di capelli. Poi disse:
«Non so quello che farт. Ma se dovessi morire, promettimi di non dimenticare i miei figli. Da vicino o da lontano, cerca di farne dei galantuomini. Se ci sarа un'altra rivoluzione, tutti i nobili saranno uccisi e forse il loro padre dovrа emigrare, a causa di quel contadino ucciso sul tetto. Veglia sulla mia famiglia... Dammi la mano. Addio, mio caro! Questi sono gli ultimi momenti. Una volta compiuto questo grande sacrificio, spero che in pubblico troverт la forza di pensare alla mia reputazione.»
Julien si aspettava una scenata di disperazione. La semplicitа dell'addio gli toccт il cuore.
«No, non и cosм che voglio salutarvi. Partirт: lo vogliono tutti, anche voi lo volete. Ma tre giorni dopo la mia partenza tornerт a trovarvi, di notte.»
Tutto cambiт a un tratto per la signora de Rкnal. Ma allora Julien l'amava veramente, se lui stesso aveva avuto il pensiero di rivederla! Il suo tremendo dolore si mutт in uno dei piщ vivi impulsi di gioia ch'ella avesse mai provato in vita sua. Tutto le divenne facile. La sicurezza di rivedere l'amato toglieva a quegli ultimi istanti quello che avevano di straziante. Da quel momento il comportamento e l'aspetto della signora de Rкnal furono nobili, fermi e perfettamente dignitosi.
Poco dopo il sindaco rincasт. Era fuori di sй. E finalmente parlт a sua moglie della lettera anonima che aveva ricevuto due mesi prima.
«Voglio portarla al Casino, voglio mostrare a tutti che viene da quell'infame di Valenod, che io ho strappato alla miseria per farne uno dei piщ ricchi borghesi di Verriиres. Lo svergognerт pubblicamente, poi mi batterт in duello con lui. Questa и troppo grossa.»
«Dio mio, potrei restare vedova!» pensт la signora de Rкnal. Ma quasi subito ella si disse: «Se non impedisco questo duello, cosa che posso fare benissimo, sarт l'assassina di mio marito.»
Non era mai stata tanto abile nel blandire la sua vanitа. In meno di due ore gli dimostrт, e sempre con ragioni trovate da lui, che doveva essere piщ amico che mai con Valenod e che bisognava addirittura riassumere Elisa in servizio. La signora de Rкnal ebbe bisogno di molto coraggio per decidersi a rivedere quella ragazza, che era stata causa di tutta la sua infelicitа. Ma l'idea veniva da Julien.
Infine, dopo essere stato messo tre o quattro volte sulla buona strada, Rкnal giunse per conto proprio a una conclusione penosissima dal lato finanziario, e cioи: la cosa piщ sgradevole per lui sarebbe stata che Julien, in mezzo al fermento e alle chiacchiere di tutta Verriиres, restasse in cittа come precettore dei figli di Valenod. Julien aveva evidentemente interesse ad accettare le offerte del direttore del ricovero. Viceversa, era necessario alla fama di Rкnal che Julien abbandonasse Verriиres per entrare nel seminario di Besanзon o in quello di Dijon: ma come costringerlo a una simile decisione? E con quali mezzi Julien avrebbe potuto mantenersi?
Vedendo l'imminenza di un sacrificio di denaro, Rкnal era piщ disperato di sua moglie. Lei, da parte sua, dopo quel colloquio era nelle condizioni di un uomo coraggioso che, stanco della vita, ha preso una dose di stramonio: agiva solo per forza di inerzia e non aveva piщ interesse per nulla. Cosм accadde a Luigi XIV, che in punto di morte disse: Quando ero re. Parole ammirevoli!
Il giorno dopo, di buon mattino, Rкnal ricevette una lettera anonima. Era scritta nel modo piщ insultante e vi si leggevano, a ogni riga, le parole piщ volgari che si potessero applicare alla sua disgrazia. Era opera di qualche subalterno invidioso. Quella lettera riportт Rкnal al pensiero di battersi con Valenod. E in breve il suo coraggio gli suggerм di attuare subito il progetto. Uscм solo e andт dall'armaiolo, dove comprт due pistole e le fece caricare.
«Il fatto и,» egli pensava, «che quand'anche risuscitasse la severa amministrazione napoleonica, io non avrei nulla da rimproverarmi. Al massimo, avrт chiuso gli occhi: ma nel mio ufficio ho tanto di lettere che mi autorizzavano a farlo.»
La signora de Rкnal si spaventт della fredda collera di suo marito: questa le rammentava la fatale idea di restare vedova, che le riusciva cosм difficile respingere. Si chiuse in una stanza con Rкnal e, per ore e ore, parlт inutilmente: la nuova lettera anonima lo aveva spinto a una ferma decisione. Alla fine ella riuscм a trasformare il coraggio di schiaffeggiare Valenod in quello di offrire seicento franchi a Julien perchй si pagasse un anno di retta in seminario. Rкnal, maledicendo mille volte il giorno in cui aveva avuto la fatale idea di assumere un precettore, dimenticт la lettera anonima.
Si consolт un poco grazie a un pensiero che non rivelт a sua moglie: con abilitа, e giocando sulle idee romantiche di Julien sperava di indurlo a rifiutare le offerte di Valenod, e con una somma inferiore.
La signora de Rкnal dovette faticare assai di piщ per dimostrare a Julien che, se sacrificava all'interesse di suo marito uno stipendio di ottocento franchi offertogli ufficialmente dal direttore del ricovero, poteva accettare senza vergogna un risarcimento.
«Ma io,» continuava a ripetere Julien, «non ho mai pensato, neppure per un attimo, di accettare quelle offerte. Mi avete troppo abituato alla vita elegante: la volgaritа di quella gente mi ucciderebbe.»
La dura necessitа, con la sua mano di ferro, piegт Julien. Il suo orgoglio lo illudeva di accettare soltanto come un prestito la somma offertagli dal sindaco di Verriиres e pensava di rilasciargli una cambiale da pagarsi in cinque anni con gli interessi.
La signora de Rкnal aveva sempre alcune migliaia di franchi nascosti nella piccola grotta sulla montagna. Glieli offrм tremando, perchй sapeva anche troppo bene che sarebbe andata incontro a un rifiuto sdegnoso. «Volete dunque rendere odioso,» le disse, «il ricordo del nostro amore?»
Alla fine il giovane precettore lasciт Verriиres. Rкnal era al colmo della gioia; Julien, al momento fatale di accettare il denaro del sindaco, si rese conto che quel sacrificio gli pesava troppo e rifiutт categoricamente. Rкnal gli buttт le braccia al collo, con gli occhi pieni di lacrime. E siccome Julien gli richiedeva un benservito, egli non riuscм a trovare parole adatte per lodare la condotta del precettore, tanto ne era entusiasta. Il nostro eroe aveva da parte cinque luigi e contava di chiederne altrettanti a Fouquй.
Era molto commosso. Ma a una lega da Verriиres, dove lasciava tanto amore, non pensт piщ che alla gioia di vedere una capitale, una grande cittа guerriera come Besanзon.
Durante quella breve assenza di tre giorni, la signora de Rкnal fu vittima di una delle piщ crudeli delusioni d'amore. La sua vita era passabile solo perchй tra lei e la sua estrema infelicitа c'era ancora quell'ultimo appuntamento con Julien. Contava le ore, i minuti. Finalmente, durante la notte del terzo giorno, ella udм da lontano il segnale convenuto. Dopo essere passato in mezzo a mille pericoli, Julien comparve dinanzi a lei.
Da quel momento la signora de Rкnal non ebbe piщ che un pensiero: и l'ultima volta che lo vedo. Invece di corrispondere agli slanci del suo amico, rimase inerte come un cadavere, quasi priva di vita. Se si sforzava di dirgli che lo amava, lo faceva con un impaccio che dimostrava quasi il contrario. Nulla riuscм a distrarla dal crudele pensiero dell'eterna separazione. Julien, diffidente come sempre, per un attimo si credette giа dimenticato. Le sue risentite parole furono accolte solo da grosse lacrime silenziose e da strette di mano quasi convulse.
«Ma Dio mio, come volete che vi creda?» rispondeva Julien alle fredde proteste della sua amica. «Voi sareste cento volte piщ affettuosa con la signora Derville, con una semplice conoscente.»
La signora de Rкnal, pietrificata, sapeva rispondere soltanto:
«Non si puт essere piщ sventurati di me... Spero di morire presto... Sento il mio cuore gelarsi...»
Queste furono le piщ lunghe risposte che egli riuscм a ottenere.
Quando l'avvicinarsi del giorno rese necessaria la partenza, le lacrime della signora de Rкnal si esaurirono. Lo vide attaccare una corda alla finestra senza proferire parola, senza ricambiare i suoi baci. Invano Julien le disse:
«Eccoci arrivati al traguardo che tanto desideravate raggiungere. Ormai vivrete senza rimorsi. E non vi sembrerа piщ di vedere nella tomba i vostri figli, alla minima indisposizione.»
«Mi dispiace che non possiate dare un bacio a Stanislas,» gli rispose freddamente.
Julien finм col rimanere profondamente colpito dagli abbracci senza calore di quel cadavere vivente: non riuscм a pensare ad altro per parecchie leghe. La sua anima era straziata e, prima di valicare la montagna, finchй potй vedere il campanile della chiesa di Verriиres, continuт a voltarsi indietro.
XXIV • UNA CAPITALE
Quanto rumore, quanta gente indaffarata! quante idee per il futuro in una testa di vent'anni! che distrazione per l'amore!
Barnave
Finalmente, su una montagna lontana, Julien scorse delle mura nere: era la cittadella di Besanзon. «Come sarebbe diverso per me,» egli disse sospirando, «se arrivassi in questa nobile cittа di guerra come sottotenente in uno dei reggimenti incaricati della sua difesa!»
Besanзon non и solo una delle piщ graziose cittа della Francia: abbonda di uomini valorosi e pieni d'ingegno. Ma Julien non era altro che un povero contadino e non ebbe modo di venire a contatto con le persone distinte.
Si era fatto dare da Fouquй un abito borghese e in questa tenuta passт i ponti levatoi. Tutto infiammato al pensiero dell'assedio del 1674, volle vedere i bastioni e la cittadella prima di chiudersi in seminario. Due o tre volte fu a un pelo dal farsi arrestare dalle sentinelle: penetrava in luoghi che il genio militare vieta al pubblico per vendere dieci o quindici franchi di fieno ogni anno.
L'altezza delle mura, la profonditа dei fossati, il minaccioso aspetto dei cannoni lo avevano occupato per diverse ore, prima ch'egli arrivasse di fronte al caffи principale, sul corso. Restт paralizzato dall'ammirazione; aveva un bel leggere la parola «caffи» scritta a lettere cubitali sopra le due immense porte: non poteva credere ai suoi occhi. Fece uno sforzo per vincere la timidezza, entrт e si trovт in una sala lunga trenta o quaranta passi e alta almeno venti piedi. Quel giorno tutto era come un incantesimo per lui.
Erano in corso due partite di biliardo. I camerieri gridavano i punti; i giocatori correvano intorno ai biliardi ingombri di spettatori. Ondate di fumo, uscendo da tutte le bocche, avvolgevano gli uomini in una nuvola azzurra. La loro alta statura, le spalle rotonde, l'andatura pesante, i folti favoriti, le lunghe finanziere, tutto attirava l'attenzione di Julien. Quei nobili discendenti dell'antica Bisontium parlavano solo gridando: si davano l'aria di terribili guerrieri. Julien ammirava immobile: pensava all'immensitа e allo splendore di una grande capitale come Besanзon. Non aveva il coraggio di chiedere una tazza di caffи a uno di quei signori dallo sguardo altero che gridavano i punti.
Ma la signorina della cassa aveva notato il viso affascinante di quel giovane borghese di campagna che, fermo a tre passi dalla stufa, col suo pacchettino sotto il braccio, contemplava il busto del re di Francia, d'un bel gesso bianco. La ragazza, un tipo robusto della Franca Contea, alta, ben fatta e vestita come и opportuno per valorizzare un caffи, aveva giа detto due volte, con voce sommessa per farsi sentire solo da Julien: «Signore! Signore!» Julien incontrт due occhi azzurri pieni di tenerezza e si accorse che la giovane si rivolgeva a lui. Si avvicinт di slancio al banco e alla bella ragazza, come se marciasse incontro al nemico. Con quel brusco movimento fece cadere il pacchetto.
Quale compassione ispirerа il nostro provinciale ai giovani liceali di Parigi, che a quindici anni sanno giа entrare in un caffи con tanto contegno! Ma questi ragazzi, cosм pieni di stile a quindici anni, a diciotto diventano comuni. L'ardente timidezza, caratteristica della provincia, qualche volta riesce a superarsi e, allora, insegna a volere. Avvicinandosi a quella ragazza tanto bella che si degnava di rivolgergli la parola, Julien, che diventava audace a forza di vincere la propria timidezza pensт: «Devo dirle la veritа.»
«Signora, и la prima volta in vita mia che vengo a Besanзon. Desidererei avere, pagando, un panino e una tazza di caffи.»
La signorina sorrise un poco, poi arrossм; temeva per quel bel ragazzo l'ironica attenzione e gli scherzi dei giocatori di biliardo. Egli si sarebbe spaventato e non si sarebbe piщ fatto vedere.
«Sedetevi qui vicino a me,» gli disse, indicandogli un tavolino di marmo, nascosto dall'enorme banco di mogano che sporgeva nella sala. La signorina si chinт fuori del banco, il che le diede modo di mettere in mostra la sua splendida figura. Julien la notт e tutte le sue idee cambiarono. La ragazza gli aveva messo davanti la tazza, lo zucchero e il panino. Esitava a chiamare un cameriere, perchй capiva che il suo arrivo avrebbe messo fine a quel colloquio intimo con Julien.
Julien, assorto, paragonava quella bellezza bionda e allegra a certi ricordi che spesso lo turbavano. Il pensiero della passione che aveva suscitato gli tolse quasi completamente la timidezza. La bella ragazza non aveva che un minuto di tempo: lesse negli occhi di Julien.
«Questo fumo di pipa vi fa tossire. Venite a far colazione domani mattina prima delle otto; mi troverete quasi sola.»
«Come vi chiamate?» disse Julien, col sorriso carezzevole di chi и timido e felice.
«Amanda Binet.»
«Permettete che vi mandi entro un'ora un pacchetto come questo?»
La bella Amanda riflettй un poco.
«Sono sorvegliata: quello che mi chiedete puт compromettermi; tuttavia scriverт il mio indirizzo su una carta da gioco e voi la metterete sul vostro pacco. Mandatemelo pure senza timore.»
«Mi chiamo Julien Sorel. Non ho parenti e non conosco nessuno a Besanзon.»
«Ah, capisco!» ella disse con gioia. «Venite per frequentare i corsi di Diritto?»
«Ahimи, no!» rispose Julien. «Mi mandano in seminario.»
Il piщ completo scoraggiamento spense il volto di Amanda; chiamт un cameriere: si era rifatta animo. Il cameriere versт il caffи a Julien senza guardarlo.
Amanda riscoteva denaro alla cassa; Julien era fiero di aver parlato. In uno dei biliardi stavano litigando. Le grida e le smentite dei giocatori, risonando in quella sala immensa, facevano un baccano che stordiva il nostro eroe. Amanda era pensierosa e teneva gli occhi bassi.
«Se volete, signorina,» le disse improvvisamente Julien con tono sicuro, «dirт che sono vostro cugino.»
Quell'arietta autorevole piacque ad Amanda. «Non и un ragazzo qualsiasi,» ella pensт. In fretta e senza guardarlo, poichй era intenta ad osservare se qualcuno si avvicinava alla cassa, gli disse:
«Io sono di Genlis, vicino a Dijon. Dite che anche voi siete di Genlis e cugino di mia madre.»
«Non mancherт.»
«Alle cinque del pomeriggio, d'estate, i seminaristi passano tutti i giovedм davanti al caffи.»
«Se pensate a me, tenete un mazzo di violette in mano quando passerт.»
Amanda lo guardт, stupefatta. Quello sguardo trasformт il coraggio di Julien in temerarietа: tuttavia egli arrossм profondamente, dicendole:
«Sento di amarvi del piщ violento amore.»
«Ma parlate piano!» disse Amanda spaventata.
Julien cercava di ricordarsi le frasi di un volume scompagnato della Nuova Eloisa che aveva trovato a Vergy. La sua memoria non lo tradм: da dieci minuti, fiero della propria bravura, egli recitava un brano di quell'opera alla ragazza estasiata, quando improvvisamente Amanda si fece gelida. Uno dei suoi amanti era comparso sulla soglia del caffи.
L'uomo si avvicinт al banco zufolando e ritmando il passo con un dondolio delle spalle. Guardт Julien. Questi, con la sua fantasia sempre eccessiva, istantaneamente si trovт immerso in pensieri di sfide e di duelli. Divenne cereo, respinse la tazza, assunse un atteggiamento pieno di sicumera e guardт il suo rivale con grande attenzione. Mentre costui chinava il capo per versarsi familiarmente un bicchiere d'acquavite sul banco, con un'occhiata Amanda ordinт a Julien di chinare gli occhi. Il giovane obbedм, e per due minuti rimase immobile al suo posto, pallido, risoluto e pensando solo a ciт che stava per accadere. In quel momento era magnifico. Il rivale era stato colpito dagli occhi di Julien: ingoiт in una sorsata l'acquavite, disse qualcosa ad Amanda, s'infilт le mani nelle tasche della finanziera e si avvicinт a un biliardo sbuffando e fissando Julien. Trascinato dalla collera, quest'ultimo si alzт: ma non sapeva come fare per essere insolente. Posт il pacchettino e dondolandosi con ostentazione, si avvicinт anche lui al biliardo.
Invano la prudenza gli diceva: «Ma se ti batti in duello appena arrivato a Besanзon, la tua carriera ecclesiastica и bell'e finita.»
«Che importa! Non sarа mai detto che io mi lasci sfuggire un insolente!»
Amanda vide il suo coraggio: questo faceva un bel contrasto con l'ingenuitа dei suoi modi, tanto che in un attimo ella preferм Julien al giovanottone in finanziera. Si alzт e, pur avendo l'aria di seguire con l'occhio qualcuno che passava per la strada, venne a collocarsi rapidamente tra Julien e il biliardo, dicendo:
«Vi proibisco di guardare storto quel signore: и mio cognato.»
«Che me ne importa? Mi ha guardato.»
«Volete addolorarmi? Certo, vi ha guardato, e forse verrа a parlarvi. Gli ho detto che siete un parente di mia madre e che venite da Genlis. Lui и della Franca Contea, e non и mai andato piщ in lа di Dole, sulla strada della Borgogna. Ditegli pure quello che volete, senza paura.»
Julien esitava ancora. Amanda, abituata dal mestiere a immaginare bugie su bugie, aggiunse in gran fretta:
«Certo che vi ha guardato, ma quando mi ha chiesto chi siete. И villano con tutti, non voleva insultarvi.»
L'occhio di Julien seguiva il preteso cognato; lo vide acquistare un numero alla puglia che si giocava nel piщ lontano dei due biliardi. Julien udм il suo vocione che gridava in tono minaccioso: Entro anch'io! Passт impetuosamente dietro le spalle di Amanda e fece un passo verso il biliardo. Amanda gli afferrт un braccio.
«Prima pagatemi,» disse.
«И giusto,» pensт Julien. «Ha paura che me ne vada senza pagare.» Amanda era agitata quanto lui e molto rossa; gli diede il resto piщ lentamente che potй, continuando a ripetergli sottovoce:
«Uscite immediatamente dal caffи, altrimenti non vi amerт piщ. Eppure vi voglio molto bene.»
Julien uscм infatti, ma lentamente. «Non и forse mio dovere,» si ripeteva, «avvicinarmi a quel brutto tipo e guardarlo a mia volta in faccia, sbuffando?» Questa incertezza lo fece restare inchiodato per un'ora davanti al caffи, voleva vedere se il suo uomo veniva fuori. Ma quello non si fece vedere e Julien si allontanт.
Era a Besanзon soltanto da qualche ora, e giа si era procurato un rimorso. Un tempo il vecchio maggiore medico, nonostante la sua gotta, gli aveva dato qualche lezione di scherma: Julien non aveva altro da mettere a disposizione della propria collera. Ma questa difficoltа sarebbe stata senza importanza, se Julien avesse saputo provocare qualcuno senza ricorrere a uno schiaffo; se fossero venuti alle mani, il suo avversario grande e grosso com'era, lo avrebbe caricato di botte e poi piantato lм.
«Per un povero diavolo come me,» si disse Julien, «senza protettori e senza denaro, non ci sarа gran differenza tra un seminario e una prigione; devo trovare qualche locanda per togliermi l'abito borghese e rimettermi quello nero. Se mai riuscirт a uscire dal seminario per qualche ora, potrт tranquillamente rivedere Amanda in borghese.»
Il ragionamento filava alla perfezione; ma Julien non osava entrare in nessuna delle locande dinanzi alle quali si trovava a passare.
Finalmente, mentre ripassava di fronte all'albergo degli Ambasciatori, i suoi occhi inquieti incontrarono quelli di una donna grossa ancora abbastanza giovane, di colorito acceso, con un'aria soddisfatta e allegra. Si avvicinт a lei e le raccontт il proprio caso.
«Ma certo, mio bell'abatino,» ella rispose, «terrт io i vostri abiti borghesi, e per di piщ ve li farт spazzolare spesso. In questa stagione non и bene lasciare un abito di panno senza mai toccarlo.» Prese una chiave e lo accompagnт personalmente in una stanza, raccomandandogli di scrivere la nota di tutto quello che lasciava in deposito.
«Dio mio, come state bene cosм, abate Sorel!» gli disse la donna quando lo vide scendere in cucina. «Vi farт servire un buon pranzo.» Poi soggiunse sottovoce: «Non vi costerа che venti soldi, mentre tutti gli altri ne pagano cinquanta. Bisogna andarci piano, col vostro gruzzoletto.»
«Ho dieci luigi,» replicт Julien, con una certa fierezza.
«Dio mio!» rispose la brava locandiera allarmata. «Non parlate cosм forte. Besanзon и piena di cattivi soggetti. Vi ruberanno i vostri soldi in un batter d'occhio. E, soprattutto, non entrate mai nei caffи: sono pieni di gentaglia.»
«Davvero!» disse Julien, a cui quelle parole davano da pensare.
«Venite solo da me. Vi farт preparare io il caffи. Ricordatevi che qui troverete un'amica e un buon pranzo a venti soldi. Questo sм che si chiama parlare, no? Ma sedetevi a tavola; vi servirт io stessa.»
«Non riuscirei a mangiare,» disse Julien. «Sono troppo emozionato. Uscendo di qui entrerт in seminario.»
La buona donna non lo lasciт andar via prima di avergli riempito le tasche di provviste. Infine il nostro eroe si incamminт verso quel luogo terribile, L'albergatrice, ritta sulla soglia, gli indicava la strada.
XXV • IL SEMINARIO
Trecentotrentasei pranzi a 83 centesimi, trecentotrentasei cene a 38 centesimi, cioccolato a chi spetta: quanto c'и da guadagnare sull'appalto?
Il Valenod di Besanзon
Vide da lontano la croce di ferro dorato sulla porta; si avvicinт lentamente, sentendosi venir meno le gambe. «Eccolo, dunque, l'inferno in terra da cui non potrт uscire!» Infine egli si decise a suonare. La campana echeggiт come in un luogo deserto. In capo a dieci minuti venne ad aprirgli un uomo pallido, vestito di nero. Julien lo guardт, e abbassт subito gli occhi. Quel portiere aveva una strana fisionomia. Le iridi verdi e sporgenti dei suoi occhi si arrotondavano come quelle di un gatto: i contorni immobili delle palpebre denunciavano l'impossibilitа di qualsiasi simpatia, le labbra sottili disegnavano un semicerchio sui denti sporgenti. Tuttavia quel viso non rivelava cattiveria, ma piuttosto la perfetta insensibilitа che incute ben piщ terrore ai giovani. L'unico sentimento che il rapido sguardo di Julien riuscм a cogliere su quella lunga faccia bigotta fu un profondo disprezzo per qualunque argomento di conversazione che non avesse attinenza con le cose celesti.
Julien alzт gli occhi con uno sforzo, e con voce resa tremante dal batticuore spiegт che voleva parlare all'abate Pirard, direttore del seminario. Senza dire una parola, l'uomo nero gli fece segno di seguirlo. Salirono due piani di una larga scala con la ringhiera di legno, i cui gradini incurvati pendevano sensibilmente dalla parte opposta al muro, tanto che parevano prossimi a crollare. Una porticina, sormontata da una grande croce tombale di legno grezzo dipinto di nero, fu aperta a fatica e il portiere fece entrare il giovane in una stanza buia e bassa, i cui muri a calce erano adorni di due grandi quadri anneriti dal tempo. Julien fu lasciato solo: era sconvolto, il cuore gli batteva violentemente. Avrebbe voluto piangere. Un silenzio di morte regnava in tutto l'edificio.
Dopo un quarto d'ora, che a Julien parve un'intera giornata, il portiere dal volto sinistro ricomparve sulla soglia di una porta, all'altra estremitа della stanza: senza degnarsi di rivolgergli la parola, gli fece segno di venire avanti. Il giovane entrт in una camera ancora piщ grande della prima e molto male illuminata. Anche lм i muri erano imbiancati, ma non c'erano mobili. Soltanto in un angolo vicino alla porta, Julien, passando, vide un letto di legno grezzo, due sedie impagliate e una poltroncina d'abete senza cuscino. All'altra estremitа della stanza, vicino a una piccola finestra coi vetri ingialliti e sulla quale erano dei vasi di fiori mal tenuti, c'era un uomo seduto dietro una tavola: indossava una tonaca sdrucita e sembrava arrabbiato. Prendeva, uno dopo l'altro, una quantitа di quadratini di carta e li disponeva sulla tavola, dopo averci scritto sopra qualche parola. Egli non si accorse della presenza di Julien. Questi era immobile, ritto quasi al centro della stanza, dove lo aveva lasciato il portiere che era poi uscito chiudendo la porta.
Dieci minuti passarono cosм; l'uomo mal vestito continuava a scrivere. L'emozione e il terrore di Julien erano tali che gli sembrava di dover cadere da un minuto all'altro. Un filosofo avrebbe detto, forse a torto: «И la violenta impressione del brutto su un'anima fatta per amare ciт che и bello.»
L'uomo che scriveva alzт la testa; Julien se ne accorse solo dopo un momento e, anche dopo averlo notato, rimase ancora immobile, come fulminato dallo sguardo terribile che si posava su di lui. Gli occhi turbati del giovane distinguevano a stento un volto lungo, tutto coperto di macchie rosse, ad eccezione della fronte mortalmente pallida. Tra le guance rosse e la fronte bianca brillavano due occhietti neri, fatti per spaventare anche un uomo di gran coraggio. Gli ampi contorni della fronte erano segnati da capelli folti, lisci, d'un nero lucente.
«Volete avvicinarvi, sм o no?» disse infine il prete con impazienza .
Julien si fece avanti con passo malsicuro: poi, prossimo al deliquio e pallido come non lo era mai stato in vita sua, si fermт a tre passi dalla piccola tavola di legno grezzo coperta di quadratini di carta.
«Piщ vicino,» disse il sacerdote.
Julien avanzт ancora tendendo la mano, come se cercasse di appoggiarsi a qualche cosa.
«Il vostro nome?»
«Julien Sorel.»
«Avete tardato molto,» gli disse il prete fissando su di lui uno sguardo tremendo.
Julien non potй sopportare quello sguardo: tese di nuovo la mano, cercando un sostegno, e cadde lungo disteso sul pavimento.
L'abate sonт un campanello. Julien aveva perso soltanto l'uso della vista e la forza di muoversi: udм dei passi che si avvicinavano.
Lo rialzarono e lo misero sulla poltroncina di legno grezzo. Udм quell'uomo terribile che diceva al portinaio:
«Epilessia, a quanto pare. Non ci mancava che questa.»
Quando Julien riuscм a riaprire gli occhi, il prete dal viso rosso continuava a scrivere: il portiere era scomparso.
«Bisogna farsi coraggio,» si disse il nostro eroe, «e soprattutto devo nascondere ciт che sento.» Avvertiva una nausea violenta. «Se mi piglia un accidente, Dio solo sa che cosa penseranno di me.» Infine il sacerdote smise di scrivere e, guardando il giovane di sbieco, disse:
«Siete in grado di rispondermi?»
«Sissignore,» rispose Julien con voce fioca.
«Ah, meno male!»
L'uomo nero si era alzato a metа e cercava impazientemente una lettera nel cassetto della tavola d'abete, che si aprм cigolando. La trovт, si rimise a sedere lentamente e, guardando di nuovo Julien con un'espressione tale da strappargli quel po' di vita che gli restava, disse:
«Mi siete raccomandato dall'abate Chйlan: era il miglior curato della diocesi, uomo virtuoso se mai ce ne fu uno e mio amico da trent'anni.»
«Ah! ho l'onore di parlare col reverendo Pirard?» disse Julien con un filo di voce.
«Cosм pare,» replicт il direttore del seminario guardandolo con stizza.
Un lampo piщ vivo attraversт i suoi occhi, mentre una contrazione involontaria gli stirava i muscoli degli angoli della bocca. Aveva l'aspetto di una tigre che pregusta il piacere di divorare la preda.
«La lettera di Chйlan и breve,» egli disse, quasi parlando a se stesso. «Intelligenti pauca: coi tempi che corrono, non si scrive mai troppo poco.» Lesse ad alta voce:
«"Vi mando Julien Sorel, di questa parrocchia; l'ho battezzato poco meno di vent'anni fa; и figlio di un ricco carpentiere, ma il padre non gli passa un soldo. Julien sarа un buon operaio nella vigna del Signore. La memoria, l'intelligenza non gli mancano, e neppure la riflessione. La sua vocazione sarа duratura? E sincera?"»
«Sincera!» ripetй l'abate Pirard stupito, fissando Julien; ma il suo sguardo era giа meno privo di umanitа. «Sincera!» ripetй, abbassando la voce e riprendendo la lettura:
«"Vi chiedo per Julien Sorel una borsa di studio; la meriterа affrontando gli esami necessari. Gli ho dato qualche nozione di teologia, di quella vecchia e buona teologia dei Bossuet, degli Arnault, dei Fleury. Se il ragazzo non fa per voi, rispeditemelo; il direttore dell'ospizio dei poveri, che voi ben conoscete, gli offre uno stipendio di ottocento franchi come precettore dei suoi figli. Il mio animo и tranquillo, grazie a Dio. Mi vado abituando al terribile colpo. Vale et me ama."»
L'abate Pirard rallentт nel leggere la firma e pronunciт con un sospiro il nome Chйlan. Poi disse:
«И tranquillo. In effetti, la sua virtщ meritava simile ricompensa; possa Iddio concederla anche a me, quando ne avrт bisogno!»
Guardт il cielo e si fece il segno della croce. Alla vista di quel sacro segno, Julien sentм diminuire l'orrore profondo che lo aveva raggelato da quando aveva messo piede in quell'edificio
«Ho qui trecentoventuno aspiranti alla piщ santa delle professioni,» disse infine l'abate Pirard, con un tono di voce severo, ma non cattivo. «Soltanto sette o otto mi sono stati raccomandati da uomini come l'abate Chйlan; cosм, fra i trecentoventuno, voi sarete il nono. Ma la mia protezione non significa nй indulgenza nй debolezza, bensм un accrescimento di cure e di severitа contro i vizi. Andate a chiudere a chiave quella porta.»
Julien fece uno sforzo per camminare e riuscм a non cadere.
Notт che una piccola finestra, vicino alla porta d'ingresso, dava sulla campagna. Guardт gli alberi; quella vista lo rincuorт come se avesse ritrovato dei vecchi amici.
«Loquerisne linguam latinam? (Sai parlare in latino?)» gli domandт l'abate Pirard quando Julien tornт a lui.
«Ita, pater optime (Sм, padre eccellentissimo),» rispose Julien, riprendendosi un poco. Ma sicuramente nessun uomo al mondo gli era parso meno eccellente dell'abate Pirard, da mezz'ora a quella parte.
Il colloquio continuт in latino. Gli occhi dell'abate si addolcivano, e Julien ricuperava un po' di sangue freddo. «Come sono debole,» egli pensт, «se mi lascio soggiogare da queste virtuose apparenze! Quest'uomo non sarа altro che un briccone come l'abate Maslon.» E il giovane si compiacque di avere nascosto quasi tutto il suo denaro negli stivali.
L'abate Pirard esaminт Julien in teologia e rimase sorpreso per la vastitа della sua dottrina. Lo stupore del prete aumentт quando egli lo interrogт particolarmente sulle Sacre Scritture. Ma quando gli domandт qualcosa sulla dottrina dei Padri, si accorse che Julien ignorava quasi i nomi di San Girolamo, di Sant'Agostino, di San Bonaventura, di San Basilio ecc. ecc.
«Ecco,» pensт l'abate Pirard, «quella fatale tendenza al protestantesimo che ho sempre rimproverato a Chйlan. Una conoscenza profonda, fin troppo profonda, delle Sacre Scritture.»
(Julien gli aveva appena parlato, senza esserne richiesto, della vera epoca in cui erano stati scritti la Genesi, il Pentateuco ecc.).
«A che cosa puт condurre questo ragionare all'infinito sulle Sacre Scritture,» pensт l'abate Pirard, «se non al libero esame, cioи al piщ spaventoso protestantesimo? E accanto a questa scienza imprudente, nulla sui Padri che possa compensare simile inclinazione.»
Ma lo stupore del direttore del seminario non ebbe piщ limiti quando, interrogando Julien sull'autoritа del papa e aspettandosi di sentire tutte le massime della vecchia chiesa gallicana, si sentм recitare per intero il libro di de Maistre.
«Che strano uomo, questo Chйlan,» pensт l'abate Pirard. «Che gli abbia fatto studiare questo autore per insegnargli a beffarsene?»
Invano egli interrogт Julien, nel tentativo di capire se credesse veramente alla dottrina di de Maistre. Il giovane rispondeva solo con la memoria. Da quel momento in poi Julien si comportт davvero molto bene: si accorgeva di essere padrone di sй. Dopo un lunghissimo esame, gli parve che la severitа dell'abate Pirard nei suoi confronti fosse ormai soltanto affettata. Invero, senza i princмpi di austera gravitа che da quindici anni si era imposto coi suoi allievi di teologia, il direttore del seminario avrebbe abbracciato Julien in nome della logica, tanto erano limpide, chiare e sicure le sue risposte.
«Ecco uno spirito sano e ardito,» egli pensava. «Ma corpus debile (il corpo и debole).»
«Vi succede spesso di cadere in quel modo?» disse il direttore a Julien, parlando in francese e indicandogli il pavimento.
«И la prima volta in vita mia. La faccia del portinaio mi aveva agghiacciato,» rispose Julien arrossendo come un bambino.
L'abate Pirard abbozzт quasi un sorriso.
«Ecco l'effetto delle vane convenzioni mondane: evidentemente siete abituato a visi ridenti, autentici teatri della menzogna. La veritа и austera, signore. Ma non и forse austero anche il nostro compito quaggiщ? Bisognerа badare a che la vostra coscienza stia in guardia contro questa debolezza: troppa sensibilitа per le vane grazie del mondo.
«Se non mi foste stato raccomandato da un uomo come l'abate Chйlan,» riprese l'abate Pirard ricominciando a parlare in latino con visibile soddisfazione, «vi parlerei col vano linguaggio di quel mondo al quale, mi pare, siete troppo abituato. Ottenere la borsa completa che chiedete, vi direi, и una cosa difficilissima. Ma l'abate Chйlan avrebbe acquisito ben pochi meriti, in cinquantasei anni di apostolato, se non potesse disporre di una borsa di studio in seminario.»
Detto questo, l'abate Pirard raccomandт a Julien di non legarsi ad alcuna societа o setta segreta senza la sua approvazione.
«Vi do la mia parola d'onore,» disse Julien, con lo slancio spontaneo di una persona onesta.
Il direttore del seminario sorrise per la prima volta.
«Queste parole,» disse, «qui sono fuori luogo: ricordano troppo il vano onore degli uomini di mondo, che li spinge a tanti errori, e spesso al delitto. Voi mi dovete la santa obbedienza in virtщ del paragrafo diciassette della bolla Unam Ecclesiam di san Pio v. Io sono il vostro superiore ecclesiastico. In questo istituto, mio carissimo figlio, intendere significa obbedire. Quanto denaro avete?»
«Ci siamo,» pensт Julien. «Il carissimo figlio era per questo.»
«Trentacinque franchi, padre.»
«Scrivete scrupolosamente le vostre spese; dovete rendermene conto.»
Questa penosa seduta era durata tre ore; Julien chiamт il portiere.
«Sistemate Julien Sorel nella cella 103,» disse l'abate Pirard all'uomo.
Come segno di grande considerazione, il direttore concedeva a Julien un alloggio separato.
«Portate lа il suo bagaglio,» egli aggiunse.
Julien abbassт gli occhi e constatт che la sua valigia era proprio davanti a lui: la guardava da tre ore e non l'aveva riconosciuta.
Arrivando al 103, una cameretta di otto piedi quadrati all'ultimo piano dell'edificio, Julien notт che dava sui bastioni, oltre i quali si scorgeva la bella pianura che il Doubs separa dalla cittа.
«Che vista incantevole!» esclamт Julien. Parlando cosм a se stesso, non capiva il significato delle proprie parole. Le sensazioni tanto violente che aveva provato nel poco tempo trascorso dal suo arrivo a Besanзon avevano completamente esaurito le sue forze. si mise a sedere vicino alla finestra, sull'unica sedia di legno che c'era nella stanza e cadde quasi subito in un sonno profondo. Non udм la campana della cena nй quella della benedizione: si erano scordati di lui.
La mattina seguente, quando lo svegliarono i primi raggi del sole, Julien si trovт disteso sul pavimento.
XXVI • IL MONDO, OVVERO QUELLO CHE MANCA AI RICCHI
Sono solo sulla terra, nessuno si degna di pensare a me. Tutti quelli che vedo fare fortuna hanno una faccia tosta e una durezza di cuore che io non mi riconosco. Mi odiano per la mia facile bontа. Ah! fra poco morirт, o per fame o per il dolore di vedere gli uomini cosм duri.
Young
Si affrettт a spazzolarsi il vestito e a scendere: era in ritardo. Un istitutore lo rimproverт severamente: invece di tentare di giustificarsi, Julien incrociт le braccia sul petto. «Peccavi, pater optime (ho peccato, confesso il mio errore, padre mio,)» disse contrito.
Questo esordio ebbe un grande successo. I seminaristi piщ esperti si accorsero di avere a che fare con un uomo che non era alle prime armi. Arrivт l'ora della ricreazione. Julien si vide al centro della curiositа generale. Ma in lui non trovarono che riserbo e silenzio. Obbedendo ai propri princмpi, egli considerava i suoi trecentoventuno compagni come dei nemici; il piщ pericoloso di tutti, ai suoi occhi, era l'abate Pirard.
Pochi giorni dopo Julien dovette scegliersi un confessore e gli fu presentato un elenco di nomi.
«Eh! Dio mio! Per chi mi prendono?» si disse il giovane. «Credono forse ch'io non capisca l'antifona?» E scelse l'abate Pirard.
Senza che egli lo immaginasse, quella mossa era decisiva. Un giovanissimo seminarista nativo di Verriиres, e che fin dal primo giorno si era dichiarato suo amico, lo informт che forse avrebbe agito con maggior prudenza scegliendo l'abate Castanиde, vice direttore del seminario.
«L'abate Castanиde и nemico del signor Pirard, che и sospettato di giansenismo,» aggiunse il seminarista parlandogli all'orecchio.
Tutti i primi passi del nostro eroe, che si credeva tanto prudente, furono altrettante storditaggini: prima fra tutte, la scelta del confessore. Sviato dalla presunzione caratteristica degli uomini dotati di viva fantasia egli scambiava le proprie intenzioni per fatti positivi e si credeva un ipocrita consumato. Nella sua aberrazione arrivava al punto di rimproverarsi i successi conseguiti in quell'arte dell'arrendevolezza.
«Ohimи! И la mia unica arma! In altri tempi,» egli si diceva, «mi sarei guadagnato il pane con azioni che avrebbero parlato chiaro in faccia al nemico.»
Soddisfatto della propria condotta, Julien si guardava intorno e trovava dovunque le apparenze della piщ schietta virtщ.
Otto o dieci seminaristi vivevano in odore di santitа e avevano delle visioni come santa Teresa o come san Francesco quando ricevette le stigmate sulla Verna. Ma era un grande segreto, che i loro amici tenevano nascosto. Quei poveri visionari erano quasi sempre in infermeria. Un altro centinaio di seminaristi univano a una fede robusta un'instancabile applicazione allo studio. Studiavano tanto da ammalarsi, ma senza imparare gran che. Due o tre si distinguevano per un autentico ingegno, e, fra questi, un certo Chazel. Ma a Julien erano antipatici, ed egli lo era ad essi.
Il resto dei trecentoventuno seminaristi non era composto che di individui volgari, per nulla sicuri di capire le parole latine che ripetevano tutta la giornata. Quasi tutti erano figli di contadini, e preferivano guadagnarsi il pane recitando qualche parola in latino che zappando la terra. Sulla base di queste osservazioni, fin dai primi giorni Julien si ripromise rapidi successi. «In ogni mestiere occorrono uomini intelligenti, perchй in fin dei conti c'и un lavoro da svolgere,» egli si diceva. «Al tempo di Napoleone sarei stato sergente; in mezzo a questi futuri curati, sarт Gran Vicario.»
«Tutti questi poveri diavoli,» aggiungeva, «hanno sgobbato fin dall'infanzia e hanno vissuto, prima di arrivare qui, nutrendosi di latte cagliato e di pane nero. Nelle loro catapecchie mangiavano carne solo cinque o sei volte l'anno. Proprio come i soldati romani, che trovavano nella guerra un riposo, questi rozzi contadini sono entusiasti delle delizie del seminario.»
Nel loro sguardo opaco Julien non riusciva a leggere altro che il bisogno fisico soddisfatto dopo il pranzo e il piacere fisico atteso prima del pasto; questa era la gente in mezzo a cui bisognava distinguersi; ma quello che Julien non sapeva, quello che si guardavano bene dal dirgli, era che essere il primo nei diversi corsi di dogmatica, di storia ecclesiastica ecc. ecc., che si seguono in seminario, ai loro occhi era soltanto uno splendido peccato. Dopo Voltaire, dopo il governo delle due Camere, che in fondo и solo diffidenza e libero esame e insegna ai popoli la cattiva abitudine di diffidare, la Chiesa di Francia sembra aver capito che i suoi veri nemici sono i libri. Ai suoi occhi la mitezza di cuore и tutto. Riuscire negli studi, anche in quelli sacri, desta i suoi sospetti, e a ragione. Chi impedirа all'uomo superiore di passare dall'altra parte come Sieyиs o Grйgoire? La Chiesa, tremebonda, si attacca al papa come alla sua unica possibilitа di salvezza. Soltanto il papa puт paralizzare il libero esame e, con le solenni e pompose cerimonie della sua corte, fare presa sullo spirito tediato e infermo della gente di mondo.
Julien, penetrando solo a metа queste diverse veritа, che tuttavia ogni parola pronunciata in seminario tende a smentire, era caduto in preda a una profonda melanconia. Lavorava molto e riusciva a imparare rapidamente delle cose utilissime a un prete, ma per lui assolutamente false e prive di interesse. Credeva di non avere altro da fare.
«Sono proprio dimenticato da tutti sulla terra?» pensava. Non sapeva che l'abate Pirard aveva ricevuto e buttato nel fuoco alcune lettere col timbro postale di Dijon, nelle quali, sotto l'estrema riservatezza dello stile, si rivelava un'ardente passione. Sembrava un amore combattuto da grandi rimorsi. «Tanto meglio,» pensava l'abate Pirard. «Almeno questo giovane non ha amato una donna priva di scrupoli.»
Un giorno l'abate aprм una lettera che pareva semicancellata dalle lacrime: era un eterno addio. «Finalmente,» diceva la donna a Julien, «il cielo mi ha concesso la grazia di odiare non chi mi ha spinto alla colpa, che sarа sempre quanto di piщ caro avrт al mondo, ma la mia colpa in sй. Il sacrificio ormai и compiuto, mio caro. Non senza lacrime, come potete vedere. La felicitа degli esseri a cui devo me stessa, e che voi avete tanto amato, ha il sopravvento su tutto. Un Dio giusto ma terribile, non potrа piщ vendicarsi su di essi delle colpe commesse dalla loro madre. Addio, Julien, siate giusto verso gli uomini.»
Le ultime parole erano quasi del tutto illeggibili. C'era un indirizzo di Dijon, e tuttavia era espressa la speranza che Julien non avrebbe mai risposto, o che almeno si sarebbe servito di parole che avrebbe potuto leggere senza arrossire una donna tornata alla virtщ.
La melanconia di Julien, unita al vitto mediocre fornito dall'appaltatore dei pasti a 83 centesimi ciascuno, cominciava a influire sulla sua salute, quando una mattina il seminarista, all'improvviso, si trovт in camera Fouquй.
«Finalmente sono riuscito a entrare. Sono venuto cinque volte a Besanзon per vederti, sia detto senza rimproveri. Sempre musi duri. Mi sono appostato davanti all'ingresso del seminario; perchй diavolo non esci mai?»
«И una prova che mi sono imposto.»
«Ti trovo molto cambiato. Finalmente ti rivedo. Due begli scudi da cinque franchi mi hanno insegnato che sono stato uno sciocco a non offrirli fin dalla prima volta.»
La conversazione tra i due amici non finiva mai. Julien impallidм quando Fouquй gli disse:
«A proposito, sai che la madre dei tuoi allievi si и data anima e corpo alla religione?»
Parlava con quel tono spigliato che fa una cosм profonda impressione sull'anima sensibile di cui, senza saperlo, si turbano i piщ cari interessi.
«Sм, mio caro, alla piщ esaltata religiositа. Si dice che faccia persino dei pellegrinaggi. Ma ad eterna vergogna dell'abate Maslon, che per tanto tempo ha spiato il povero Chйlan, la signora de Rкnal non ha voluto saperne di lui. Va a confessarsi a Dijon o a Besanзon.»
«Viene a Besanзon?» disse Julien, con la fronte coperta di rossore.
«Abbastanza spesso,» rispose Fouquй con aria interrogatнva.
«Hai con te qualche copia del Constitutionnel?»
«Cosa dici?» replicт Fouquй.
«Ti chiedo se hai qualche copia del Constitutionnel,» riprese Julien col tono piщ tranquillo. «Qui и in vendita a trenta soldi il numero.»
«Cosa!? Dei liberali anche in seminario!» gridт Fouquй. «Povera Francia!» soggiunse, imitando la voce ipocrita e il tono dolciastro dell'abate Maslon.
Questa visita avrebbe fatto una profonda impressione sul nostro eroe se alcune parole, rivoltegli l'indomani stesso da quel seminarista di Verriиres che gli pareva tanto bambino, non gli avessero fatto fare un'importante scoperta. Da quando egli era in seminario, la sua condotta non era stata che un susseguirsi di passi falsi. Julien rise di sй con amarezza.
In veritа, nelle azioni importanti egli si era comportato sagacemente: ma trascurava i particolari, mentre in seminario i furboni non badano che a quelli. Cosм fra i suoi compagni passava per uno spirito indipendente. Era stato tradito da una quantitа di piccoli episodi.
Ai loro occhi il nostro eroe era colpevole di un vizio enorme: pensava, giudicava col proprio cervello, invece di seguire ciecamente l'autoritа e l'esempio. L'abate Pirard non gli era stato di alcun aiuto, non gli aveva rivolto la parola neppure una volta fuori del tribunale della penitenza, e anche lм ascoltava piщ di quanto parlasse. Le cose sarebbero andate ben diversamente se Julien avesse scelto l'abate Castanиde.
Dal momento in cui si accorse delle sue sciocchezze, il giovane seminarista non si annoiт piщ. Volle conoscere tutta la portata dei propri errori e, a tale scopo, uscм un poco dal silenzio altero e ostinato col quale respingeva i suoi compagni. Allora essi si vendicarono di lui. I suoi approcci furono accolti con un disprezzo che confinava con la derisione. Egli dovette ammettere che, da quando era entrato in seminario, non c'era stato un solo momento, soprattutto durante le ricreazioni, che non avesse avuto conseguenze favorevoli o dannose per lui, che non avesse aumentato il numero dei suoi nemici o non gli avesse cattivato la benevolenza di qualche seminarista sinceramente virtuoso o un po' meno rozzo degli altri. Il danno da riparare era immenso e il compito molto difficile. Ormai l'attenzione di Julien doveva stare continuamente all'erta; si trattava di tracciarsi un carattere del tutto nuovo.
I movimenti dei suoi occhi, ad esempio, gli davano molto da fare. Non senza motivo in simili luoghi gli sguardi sono sempre rivolti a terra! «Com'ero presuntuoso a Verriиres!» si diceva Julien. «Credevo di vivere, invece mi preparavo appena alla vita. Eccomi finalmente nel mondo cosм come lo troverт, circondato di autentici nemici sino alla fine dello spettacolo. Che compito difficile,» egli aggiungeva, «questa ipocrisia da praticarsi minuto per minuto! C'и di che far impallidire le fatiche d'Ercole. L'Ercole dei tempi moderni и Sisto v che per quindici anni consecutivi, con la sua modestia, inganna quaranta cardinali che lo avevano visto altero e vivace nella sua giovinezza.»
«La cultura, dunque, non и nulla qui dentro,» continuava stizzosamente Julien. «I progressi in dogmatica, in storia sacra ecc. contano solo in apparenza. Tutto quello che si dice a questo proposito serve solo a far cadere in trappola i pazzi come me. Il mio unico merito consisteva nei miei rapidi progressi, nella capacitа di afferrare queste frottole. Forse anche gli altri le giudicano nel loro vero valore? Forse le giudicano come me? E io ero tanto sciocco da esserne orgoglioso! I primi posti che ottengo sempre non sono valsi ad altro che a procurarmi dei nemici accaniti. Chazel, che и piщ colto di me, ficca sempre nei suoi temi qualche balordaggine che lo relega al cinquantesimo posto; se ottiene il primo, и solo per distrazione. Ah! Come mi sarebbe stata utile una parola, una parola sola dell'abate Pirard!»
Appena Julien aprм gli occhi, i lunghi esercizi ascetici, quali il rosario cinque volte la settimana, le cantiche al Sacro Cuore ecc. ecc., che prima gli parevano mortalmente noiosi, divennero i suoi piщ interessanti momenti d'azione. Riflettendo severamente su se stesso, e soprattutto cercando di non esagerarsi le proprie capacitа, Julien non aspirт piщ, come i seminaristi che servivano di modello agli altri, a compiere continuamente degli atti significativi, e cioи tali da manifestare una sorta di cristiana perfezione. In seminario c'и un modo di sorbire un uovo а la coque che rivela i progressi fatti nella vita religiosa. Il lettore, che forse sorride, vorrа degnarsi di pensare a tutti gli errori che commise, mangiando un uovo, l'abate Delille invitato a colazione da una gran dama della corte di Luigi XVI.
Julien cercт dapprima di arrivare al non culpa, ossia alla condizione del giovane seminarista la cui andatura, il cui modo di muovere le braccia, gli occhi ecc. non rivelano, a dire il vero, niente di mondano, ma non mostrano ancora l'uomo assorbito dall'idea dell'altra vita e il puro nulla di questa.
Julien trovava continuamente sui muri dei corridoi, scritte col carbone, delle frasi di questo genere: «Che cosa sono sessant'anni di prove, paragonati a un'eternitа di delizie o a un'eternitа di olio bollente all'inferno?» Egli non le disprezzт piщ, capм che bisognava tenersele senza tregua sotto gli occhi. E pensт: «Che farт per tutta la vita? Venderт ai fedeli un posto in cielo: ma come renderт loro visibile questo posto? Con la differenza tra il mio aspetto e quello di un laico.»
Dopo parecchi mesi di un'applicazione incessante ed esercitata minuto per minuto, Julien aveva ancora l'aria di pensare. Il suo modo di muovere gli occhi e di atteggiare la bocca non testimoniava la presenza di una fede implicita, pronta a credere tutto e a sostenere tutto, anche sopportando il martirio. Egli constatava rabbiosamente che in quel campo era battuto anche dai piщ rozzi contadini. C'erano dei buoni motivi perchй essi non avessero l'aspetto di chi pensa molto.
Quanta fatica faceva Julien per fabbricarsi quella fisionomia di fede cieca e fervente, pronta a credere tutto e a tutto soffrire, che si trova cosм spesso nei conventi italiani, e di cui il Guercino ha lasciato, a noi laici, degli esempi cosм perfetti nei suoi quadri di soggetto sacro.
Nei giorni di festa solenne si davano ai seminaristi le salsicce coi crauti. I vicini di tavola di Julien notarono che egli era insensibile a quella gioia: fu una delle sue prime colpe. I suoi compagni vi scorsero un tratto odioso di sciocca ipocrisia; nulla gli procurт un maggior numero di nemici. «Ma guarda quel borghese, quello spocchioso,» essi dicevano, «che fa finta di disprezzare la miglior pietanza del mondo, le salsicce coi crauti! Ohibт, sudicio e orgoglioso! Anima dannata!»
«Ahimи! L'ignoranza, per questi contadini miei compagni, и un vantaggio immenso!» pensava Julien nei momenti di scoraggiamento. «Quando arrivano in seminario, i professori non devono faticare per sbarazzarli di quello spaventoso numero di idee mondane che io porto con me e che essi mi leggono sul viso, qualsiasi cosa io faccia.»
Con un'attenzione simile all'invidia Julien studiava i piщ rozzi di quei giovani contadini che arrivavano in seminario. Quando toglievano loro la giacca di lana e cotone per sostituirla con l'abito nero, la loro educazione si limitava a un rispetto immenso e senza confini per il denaro solido e liquido, come si dice nella Franca Contea.
И il modo sacramentale ed eroico per esprimere l'idea sublime del denaro contante.
La felicitа, per questi seminaristi come per gli eroi dei romanzi di Voltaire, consiste soprattutto nel mangiare bene. Julien scopriva in quasi tutti un rispetto innato per l'uomo che indossa un vestito di panno fine. Tale sentimento porta ad apprezzare la giustizia distributiva, cosм come ce l'amministrano i nostri tribunali, nel suo vero valore e forse anche meno.
«Cosa ci si guadagna,» ripetevano spesso tra loro, «a mettersi contro un grosso?»
И la parola che, nella valle del Giura, serve a designare l'uomo ricco. Si puт immaginare, di conseguenza, quale deve essere il loro rispetto per il piщ ricco di tutti: il governo!
Non sorridere rispettosamente al solo udir nominare il prefetto, per i contadini della Franca Contea и un'imprudenza: e, nei poveri, l'imprudenza и subito punita con la mancanza di pane.
Dopo essere stato quasi soffocato, nei primi tempi, da un senso di disprezzo, Julien finм col provare pietа: ai padri di quasi tutti i suoi compagni era accaduto spesso, tornando alle loro catapecchie nelle sere invernali, di non trovare nй pane, nй castagne, nй patate. «Perchй stupirsi,» pensava Julien, «se ai loro occhi l'uomo felice и, prima di tutto, colui che ha mangiato bene, e poi colui che possiede un bel vestito? I miei compagni hanno una vocazione salda perchй vedono nello stato ecclesiastico una continuazione di questa felicitа: mangiar bene e avere un abito caldo per l'inverno.»
Una volta accadde a Julien di udire un giovane seminarista, dotato di fantasia, mentre diceva a un compagno:
«Perchй non potrei anch'io diventare papa come Sisto v, che era un guardiano di porci?»
«Solo gli italiani diventano papi,» rispose l'amico. «Ma sicuramente sorteggeranno fra noi molti posti di Gran Vicario di canonico e forse anche di vescovo. Monsignor P..., vescovo di Chalons, и figlio di un bottaio: il mestiere di mio padre.»
Un giorno, nel bel mezzo di una lezione di dogmatica, l'abate Pirard fece chiamare Julien. Il povero ragazzo fu felicissimo di poter uscire dall'atmosfera fisica e morale in cui si trovava immerso.
Egli ebbe dal direttore la stessa accoglienza che lo aveva tanto spaventato il giorno del suo ingresso in seminario.
«Spiegatemi che cosa c'и scritto su questa carta da gioco,» gli disse l'abate, in modo tale da farlo sprofondare sottoterra.
Julien lesse:
«Amanda Binet, caffи della Giraffa, prima delle otto. Dichiararsi nativo di Genlis e cugino di mia madre.»
Julien vide l'immensitа del pericolo; la polizia dell'abate Castanиde gli aveva portato via quell'indirizzo.
«Il giorno in cui entrai qui,» egli rispose guardando la fronte dell'abate Pirard, poichй non riusciva a sopportare il suo terribile sguardo, «avevo paura: l'abate Chйlan mi aveva detto che il seminario и un luogo pieno di delazioni e di cattiverie d'ogni genere, dove il far la spia e il denunciarsi tra compagni vengono incoraggiati. Il cielo vuole cosм per mostrare la vita nella sua realtа ai giovani preti e ispirare loro il disgusto del mondo e delle sue pompe.»
«Proprio con me venite a far delle chiacchiere inutili?» gridт l'abate Pirard furibondo. «Mascalzone!»
«A Verriиres,» riprese freddamente Julien, «i miei fratelli mi picchiavano quando avevano motivo d'essere gelosi di me...»
«Al fatto! Al fatto!» gridт l'abate Pirard quasi fuori di sй.
Senza essere minimamente intimidito, Julien continuт il suo racconto.
«Il giorno del mio arrivo a Besanзon, verso mezzogiorno, avevo fame ed entrai in un caffи. Il mio cuore era pieno di ripugnanza per un luogo tanto profano: ma pensavo che la colazione mi sarebbe costata meno lм che in una locanda. Una signora, che sembrava la padrona del locale, si impietosм per la mia aria inesperta. "Besanзon и piena di cattivi soggetti," mi disse, «ho paura per voi, signore. Se incappaste in qualche brutto pasticcio, ricorrete a me e mandatemi ad avvertire prima delle otto. Se i portinai del seminario rifiutano di fare la vostra commissione, dite che siete mio cugino, e nativo di Genlis...»
«Tutte queste ciarle saranno controllate,» esclamт l'abate Pirard, il quale, non riuscendo a star fermo, andava su e giщ per la stanza. «Tornate nella vostra cella!»
L'abate seguм Julien e lo chiuse a chiave in camera. Il giovane si mise subito a cercare nella sua valigia, in fondo alla quale era gelosamente nascosta la carta fatale. Non mancava nulla in quella valigia, ma molte cose erano sossopra: eppure egli portava sempre la chiave con sй. «Per fortuna,» si disse Julien, «nel periodo in cui non vedevo chiaro non ho mai accettato il permesso di uscire offertomi tanto spesso dall'abate Castanиde, con una bontа che solo ora riesco a spiegarmi. Forse avrei avuto la debolezza di mutare abito e di andare dalla bella Amanda: e mi sarei perduto. Solo quando non si ha piщ speranza di poter sfruttare in questo modo un'informazione, per non lasciarla inutilizzata si ricorre a una denuncia.»
Due ore dopo il direttore lo fece chiamare.
«Non avete mentito,» gli disse con uno sguardo meno severo. «Ma conservare un simile indirizzo и un'imprudenza, di cui non potete immaginare la gravitа. Povero ragazzo! Forse fra dieci anni potrа ancora nuocervi.»
XXVII • PRIMA ESPERIENZA DELLA VITA
Il tempo presente, gran Dio!
и l'arca del Signore. Guai
a chi la tocca.
Diderot
Il lettore vorrа concederci di fornire solo poche notizie chiare e precise su questo periodo della vita di Julien. Non и che le notizie ci manchino, al contrario; ma forse ciт che egli vide in seminario и troppo nero per le tinte moderate che abbiamo cercato di conservare a queste pagine. I contemporanei che soffrono di certe cose possono ricordarsene solo con un orrore che paralizza ogni altro piacere, anche quello di leggere un racconto.
Julien otteneva scarsi risultati nei tentativi di rendere ipocriti i suoi gesti: ed egli cadde in momenti di disgusto e perfino di profondo scoraggiamento. Non aveva successo, e per giunta in una carriera che non gli piaceva. Il minimo aiuto proveniente dall'esterno sarebbe bastato a restituirgli coraggio, poichй la difficoltа da vincere non era grande; ma egli era solo come una barca abbandonata in mezzo all'oceano. «E anche se riuscissi?» si diceva. «Dovrei pur sempre passare tutta una vita in simile compagnia! Dei golosi che pensano solo alla frittata col lardo da divorare a pranzo; o dei Castanиde che non arretrano di fronte a nessuna scelleratezza! Arriveranno al potere; ma a che prezzo, gran Dio!
«La volontа dell'uomo и potente, lo leggo dappertutto; ma и sufficiente per vincere un tale disgusto? Il compito dei grandi uomini и stato facile: qualunque fosse il pericolo, essi lo trovavano bello: ma chi puт capire, a parte me, la sozzura di tutto ciт che mi circonda?"
Mai in vita sua Julien era stato messo a cosм dura prova. Sarebbe stato tanto facile arruolarsi in uno dei bei reggimenti di stanza a Besanзon! Avrebbe anche potuto fare l'insegnante di latino: gli occorreva tanto poco per vivere! Ma in quel caso, addio carriera, addio avvenire per i suoi voli di fantasia: sarebbe stato come morire. Ecco ogni particolare di una delle sue tristi giornate.
«Nella mia presunzione mi sono tanto spesso compiaciuto di essere diverso dagli altri giovani contadini! Ebbene, ho vissuto abbastanza per constatare che diversitа genera odio,» si disse Julien una mattina. Quella grande veritа gli era stata appena rivelata da uno dei suoi piщ pungenti insuccessi. Aveva trafficato durante otto giorni per entrare nelle grazie di un allievo che era in odore di santitа. Passeggiava con lui in cortile, ascoltando umilmente delle stupidaggini una piщ noiosa dell'altra. All'improvviso il tempo si guastт, cominciт a brontolare il tuono; respingendolo sgarbatamente, il giovane santo gridт: «Sentite, a questo mondo ciascuno per sй. Io non voglio essere incenerito dal fulmine e Dio puт fulminare voi come un empio, come un Voltaire.»
Coi denti stretti per la rabbia e gli occhi rivolti al cielo solcato dai lampi, Julien esclamт: «Meriterei di venire sommerso, se mi addormentassi durante la tempesta! Tentiamo la conquista di qualche altro tanghero!»
Suonт la campana che annunciava la lezione di storia dell'abate Castanиde.
A quei giovani contadini, spaventati dal penoso lavoro e dalla povertа dei loro padri, l'abate Castanиde insegnava quel giorno che il governo, cosм terribile ai loro occhi, aveva un reale e legittimo potere soltanto in virtщ della delega concessa dal vicario di Dio in terra.
«Rendetevi degni della bontа del papa con una vita santa, con la vostra obbedienza; siate come un bastone fra le sue mani,» egli soggiunse, «e otterrete una magnifica carica, potrete comandare, liberi da ogni controllo; una carica intoccabile, il cui stipendio и pagato per un terzo dal governo e per gli altri due terzi dai fedeli, plasmati dalle vostre prediche.»
Finita la lezione, l'abate Castanиde si fermт in cortile.
«Di un curato si puт veramente affermare: tanto vale l'uomo, tanto vale la sua carica,» egli disse agli allievi che facevano cerchio intorno a lui. «Ho conosciuto, io che vi parlo, delle parrocchie di montagna dove gli incerti erano superiori a quelli di molte parrocchie di cittа. L'importo della prebenda era lo stesso, senza contare i bei capponi, le uova, il burro fresco e mille altri piccoli vantaggi, e lа il curato и il primo, indiscutibilmente: non c'и un buon pranzo dove egli non sia invitato, festeggiato, ecc.»
Appena l'abate Castanиde fu tornato nelle sue stanze, gli allievi si divisero in gruppi. Julien restт solo: lo lasciavano in disparte come una pecora rognosa. In tutti i gruppi vedeva uno degli allievi gettare in aria un soldo: se indovinava al gioco di testa o croce, i suoi compagni concludevano che avrebbe ottenuto in breve tempo una di quelle parrocchie cosм fruttuose.
Poi fu la volta degli aneddoti. Un giovane prete, che aveva ricevuto gli ordini da appena un anno, regalando un coniglio alla serva di un vecchio curato aveva ottenuto di essere richiesto come vicario: e pochi mesi dopo, poichй il curato era morto, aveva preso il suo posto in quell'ottima parrocchia. Un altro era riuscito a farsi designare come successore in un grosso paese molto ricco, assistendo a tutti i pasti del vecchio curato paralitico e tagliandogli con garbo le porzioni di pollo.
I seminaristi, come accade sempre ai giovani, qualsiasi carriera abbiano intrapreso, si esageravano l'effetto di quei piccoli mezzi che hanno qualcosa di straordinario e che colpiscono la fantasia.
«Bisogna che mi abitui a queste conversazioni,» pensava Julien. Quando non parlavano di salsicce e di ricche parrocchie, il discorso finiva sulla parte mondana delle dottrine ecclesiastiche: dissensi tra vescovi e prefetti, tra sindaci e parroci. Julien vedeva delinearsi l'idea di un secondo Dio, ma di un Dio assai piщ temibile e potente dell'altro: e questo secondo Dio era il papa.
Sottovoce, e quando erano ben sicuri di non essere ascoltati dall'abate Pirard, i seminaristi si dicevano che, se il papa non si prendeva la briga di nominare tutti i prefetti e tutti i sindaci francesi, era solo perchй aveva delegato a questo compito il re di Francia, nominandolo figlio maggiore della Chiesa.
Verso quell'epoca Julien credette di poter farsi maggiormente stimare mediante la sua conoscenza del libro di de Maistre, Del Papa. A dire il vero egli stupм i suoi compagni: ma anche questa volta fu un male. Riuscм sgradito ai condiscepoli, esponendo le loro opinioni meglio di quanto sapessero fare essi stessi. L'abate Chйlan era stato imprudente per Julien come lo era stato per se stesso. Dopo avergli inculcato l'abitudine di ragionare giusto e di non accontentarsi di vane parole, egli non si era preoccupato di dirgli che in un uomo privo di credito una simile abitudine и una colpa: poichй ogni buon ragionamento offende.
L'eloquenza di Julien gli fu quindi addebitata come un nuovo reato. I suoi compagni, a forza di pensare a lui, riuscirono a esprimere con una sola parola tutto l'orrore che egli ispirava loro: lo soprannominarono MARTIN LUTERO; soprattutto, dicevano, per quella logica infernale che lo rendeva cosм orgoglioso.
Molti seminaristi avevano un colorito piщ fresco e potevano sembrare piщ belli di Julien: ma questi aveva le mani bianche, e non poteva nascondere certe abitudini di delicata pulizia. Ciт non era un vantaggio nel triste istituto dove il destino lo aveva gettato. I sudici contadini, in mezzo a cui Julien viveva, dichiararono che aveva dei costumi molto rilassati. Abbiamo paura di stancare il lettore raccontandogli i mille infortuni del nostro eroe. Per esempio, i piщ forti dei suoi compagni vollero prendere l'abitudine di picchiarlo; egli fu costretto ad armarsi di un compasso di ferro e a far capire, ma solo a cenni, che se ne sarebbe servito. Nel rapporto di una spia i gesti non possono figurare con la stessa efficacia delle parole.
XXVIII • UNA PROCESSIONE
Tutti i cuori erano commossi. La presenza di Dio sembrava discesa in quelle strade gotiche e anguste, addobbate da ogni parte e cosparse accuratamente di sabbia dai fedeli.
Young
Julien aveva un bel farsi piccolo e sciocco: non poteva piacere, era troppo diverso.
«Eppure,» egli si diceva, «tutti questi professori sono persone fini e scelte tra mille; come mai non amano la mia umiltа?» Gli pareva che uno solo abusasse della sua compiacenza a credere tutto e a sembrare lo zimbello di tutti. Era l'abate Chas-Bernard, direttore delle cerimonie alla cattedrale, dove da piщ di quindici anni gli si faceva sperare una carica di canonico; nel frattempo insegnava eloquenza sacra in seminario. Al tempo della sua cecitа, quello era uno dei corsi in cui Julien risultava abitualmente primo. L'abate Chas ne aveva preso lo spunto per testimoniargli il suo affetto e, all'uscita dalle lezioni, lo prendeva volentieri sotto braccio per fare quattro passi in giardino.
«Dove vuole arrivare?» si domandava Julien. Si accorgeva con stupore che, per ore intere, l'abate Chas gli parlava dei paramenti posseduti dalla cattedrale. C'erano diciassette pianete gallonate, oltre ai paramenti funebri. Si sperava molto dalla vecchia presidentessa de Rubemprй, che aveva novant'anni e che, da almeno settanta, teneva in serbo gli abiti da sposa, confezionati con splendide stoffe di Lione ricamate d'oro. «Figuratevi, amico mio,» disse una volta l'abate Chas, fermandosi di colpo e spalancando gli occhi, «che queste vesti stanno in piedi da sole, tanto sono cariche d'oro. A Besanзon tutti credono che, grazie al testamento della presidentessa, il tesoro della cattedrale aumenterа di piщ di dieci pianete, senza contare quattro o cinque piviali per le feste solenni. Vado ancora piщ in lа,» aggiunse l'abate Chas abbassando la voce: «ho ragione di pensare che la presidentessa ci lascerа otto magnifici candelabri d'argento dorato, che si suppone siano stati comprati in Italia dal duca di Borgogna Carlo il Temerario, il cui ministro favorito fu uno degli antenati della presidentessa.»
«Ma dove vuole arrivare quest'uomo con tutte le sue vecchie cianfrusaglie?» pensava Julien. «Questa minuziosa preparazione dura da un secolo, e non si vede ancora spuntare nulla. Bisogna che diffidi molto di me! И piщ abile di tutti gli altri, dei quali in quindici giorni si riesce a indovinare lo scopo segreto. Ma sicuro, la sua ambizione soffre da quindici anni!»
Una sera, durante la lezione di scherma, Julien fu chiamato dall'abate Pirard, che gli disse:
«Domani и la festa del Corpus Domini. L'abate Chas-Bernard ha bisogno che voi lo aiutiate a ornare la cattedrale. Andate e obbedite.»
L'abate Pirard lo richiamт, e in tono di commiserazione aggiunse: «Dipende solo da voi approfittare dell'occasione per andarvene solo soletto in cittа.»
«Incedo per ignes (ho dei nemici nascosti),» rispose Julien.
Il giorno seguente, di prima mattina, Julien si diresse alla cattedrale, ad occhi bassi. La vista delle strade e del movimento che cominciava a regnare in cittа gli fece bene. Da ogni parte si addobbavano le facciate delle case per la processione. Tutto il tempo trascorso in seminario non gli sembrт piщ che un istante. Il suo pensiero era rivolto a Vergy e a quella graziosa Amanda Binet, che avrebbe potuto anche incontrare dal momento che il suo caffи non era molto distante. Vide da lontano l'abate Chas-Bernard sulla porta della sua amata cattedrale: era un uomo grande e grosso con una faccia allegra e aperta. Quel giorno era trionfante: «Vi aspettavo, figlio mio caro,» gridт il prete appena riuscм a vedere Julien. «Siate il benvenuto. Il lavoro di questa giornata sarа lungo e duro, mettiamoci in forze con una prima colazione; la seconda la faremo alle dieci, durante la messa solenne.»
«Reverendo,» rispose Julien con serietа, «desidero non restar solo neppure un momento. Vi prego di notare,» aggiunse indicando l'orologio sopra le loro teste, «che sono arrivato qui alle cinque meno un minuto.»
«Ah! quelle carognette del seminario vi fanno paura! Siete troppo buono a pensare a loro,» disse l'abate Chas. «Un sentiero и forse meno bello perchй ci sono delle spine nelle siepi che lo costeggiano? I viandanti continuano il loro cammino e lasciano che le cattive spine marciscano dove si trovano. Ma ora, amico mio, all'opera!»
L'abate Chas aveva ragione di dire che il lavoro sarebbe stato duro. Il giorno prima c'era stata una grande cerimonia funebre alla cattedrale: non si era potuto preparare nulla; bisognava quindi, in una sola mattina, rivestire tutti i pilastri gotici, che formano le tre navate, con una specie di paludamento di damasco rosso che doveva salire fino a trenta piedi di altezza. Il vescovo aveva fatto venire con la diligenza postale quattro tappezzieri da Parigi: da soli questi non potevano bastare a tutto, ma, invece di incoraggiare i loro impacciati colleghi di Besanзon, li mettevano in maggiori difficoltа burlandosi di loro.
Julien vide che doveva salire lui stesso sulla scala, e la sua agilitа gli tornт molto utile. Egli si assunse l'incarico di dirigere i tappezzieri della cittа. L'abate Chas, estasiato, lo guardava volteggiare da una scala all'altra. Quando tutti i pilastri furono rivestiti di damasco, fu il momento di sistemare cinque enormi mazzi di piume sul grande baldacchino sovrastante l'altare maggiore. Una ricca corona di legno dorato и sostenuta da otto colonne a spirale di marmo italiano. Ma per arrivare al centro del baldacchino, proprio sopra il tabernacolo, era necessario spingersi su un vecchio cornicione di legno, forse tarlato e situato a quaranta piedi da terra. L'aspetto di quell'arduo percorso aveva spento l'allegria dei tappezzieri parigini, cosм chiassosa fino a quel momento. Essi guardavano dal basso, discutevano molto e non si decidevano a salire. Julien s'impadronм dei mazzi di piume e, salita rapidamente la scala, andт a sistemarli in modo perfetto sulla decorazione a forma di corona, che sorgeva in mezzo al baldacchino. Quando fu sceso dalla scala, l'abate Chas se lo strinse al petto.
«Optime!» esclamт il buon prete. «Lo racconterт a monsignore.»
La colazione delle dieci fu molto allegra. L'abate Chas non aveva mai visto tanto bella la sua chiesa.
«Caro discepolo,» egli disse a Julien, «mia madre noleggiava le sedie in questa veneranda basilica, di modo che io sono stato allevato in questo grande edificio. Il Terrore di Robespierre ci rovinт: ma a otto anni, quanti ne avevo allora, servivo giа la messa privata, e in quei giorni mi davano da mangiare. Nessuno sapeva piegare una pianeta meglio di me: non accadeva mai che i galloni venissero strappati. Da quando Napoleone ha ristabilito il culto, ho la gioia di dirigere tutto in questa veneranda metropoli. Cinque volte l'anno i miei occhi la vedono addobbata di questi splendidi paramenti. Ma non и mai stata cosм sfolgorante, i teli di damasco non sono mai stati cosм bene attaccati, cosм aderenti ai pilastri come oggi.»
«Finalmente mi dirа il suo segreto,» pensт Julien. «Ecco che mi parla di sй, e con una certa espansione.» Ma il sacerdote, nonostante la sua evidente esaltazione, non si lasciт sfuggire una sola parola imprudente. «Eppure ha lavorato molto, и felice, non si и lesinato il buon vino,» si disse Julien. «Che uomo! Che esempio per me! Tocca a lui il pompon.» (Era una brutta espressione che il nostro eroe aveva ereditato dal vecchio maggiore medico.)
Quando sonт il Sanctus della messa solenne, Julien volle indossare una cotta per seguire il vescovo nella stupenda processione.
«E i ladri, amico mio, e i ladri?» esclamт l'abate Chas. «Non ci pensate? La processione sta per uscire, la chiesa rimarrа deserta: faremo la guardia noi due. E potremo dirci fortunati, se mancheranno soltanto due braccia di quella bella frangia che circonda la base dei pilastri. Anche questo и un dono della signora de Rubemprй, proviene dal famoso conte suo bisavolo. И d'oro zecchino, caro amico,» soggiunse l'abate, parlandogli all'orecchio e con evidente esaltazione, «niente di falso! Vi incarico di sorvegliare l'ala nord, non allontanatevi di lа: io mi riservo l'ala sud e la navata centrale. Fate attenzione ai confessionali: di lм le complici dei ladri spiano il momento in cui voltiamo le spalle.»
L'abate aveva appena finito di parlare, quando suonarono le undici e tre quarti: subito si fece sentire la campana maggiore. Suonava a distesa, e quei suoni cosм pieni e solenni commossero Julien. La sua fantasia non era piщ sulla terra.
L'odore d'incenso e dei petali di rosa, gettati davanti all'altare dai bambini travestiti da San Giovanni, finм di esaltarlo.
I suoni cosм gravi di quella campana non avrebbero dovuto risvegliare in Julien che il pensiero di venti uomini, pagati cinquanta centesimi e aiutati, forse, da quindici o venti fedeli. Avrebbe dovuto pensare all'usura delle corde, a quella delle travature, al pericolo della campana stessa che cade ogni due secoli, e riflettere sul modo di diminuire il salario dei campanari o di pagarli con qualche indulgenza o altra grazia tratta dai tesori della Chiesa, senza danno per la borsa.
Invece di dedicarsi a queste sagge riflessioni, l'anima di Julien, esaltata da quei suoni cosм pieni e robusti, spaziava in una sfera immaginaria. Non sarа mai un buon prete, nй un grande amministratore. Le anime che si commuovono cosм potranno produrre, tutt'al piщ, un artista. Qui appare in piena luce la presunzione di Julien. Cinquanta, forse, degli altri seminaristi, fatti attenti alla realtа della vita dall'odio pubblico e dal giacobinismo, che sono abituati a credere in agguato ad ogni piи sospinto, udendo la campana maggiore della cattedrale non avrebbero pensato che allo stipendio dei campanari. Avrebbero studiato, con la genialitа di Barкme se il grado di emozione raggiunto dal pubblico valeva la paga dei campanari. Se Julien avesse voluto preoccuparsi degli interessi materiali della cattedrale, si sarebbe lanciato con l'immaginazione oltre lo scopo immediato e avrebbe pensato al modo di far risparmiare quaranta franchi alla fabbriceria: ma intanto avrebbe trascurato l'occasione di risparmiare venticinque centesimi. Mentre, sotto un sole magnifico, la processione percorreva lentamente Besanзon e si fermava di fronte agli splendidi altari provvisori costruiti a gara da tutte le autoritа, la chiesa era rimasta in un profondo silenzio. Vi regnavano la penombra e una piacevole frescura: era ancora impregnata del profumo dei fiori e dell'incenso.
Il silenzio, la profonda solitudine, la frescura delle lunghe navate rendevano piщ dolce il fantasticare di Julien. Egli non temeva affatto di essere disturbato dall'abate Chas, occupato in un'altra ala del tempio. La sua anima aveva quasi abbandonato l'involucro mortale, che passeggiava lentamente nell'ala nord affidata alla sua vigilanza. Julien era tanto piщ tranquillo in quanto si era assicurato che nei confessionali c'erano solo alcune pie donne; ma guardava senza vedere.
Tuttavia la sua distrazione fu vinta a metа, quando egli vide due signore vestite molto elegantemente: una era inginocchiata in un confessionale e l'altra, vicinissima alla prima, su una sedia. Julien guardava senza vedere: tuttavia, fosse un vago senso del dovere, fosse ammirazione per il contegno nobile e semplice di quelle signore, il giovane notт che non c'erano preti nel confessionale. «И strano,» pensт, «che queste due belle signore, se sono pie, non siano in ginocchio davanti a qualcuno degli altari innalzati per le strade: e se invece sono donne di mondo, и strano che non si trovino in prima fila su qualche terrazza. Che abiti ben fatti! Che grazia!» Rallentт il passo nel tentativo di vederle.
Quella che era inginocchiata nel confessionale voltт leggermente la testa, sentendo risuonare i passi di Julien in quel profondo silenzio. A un tratto lanciт un piccolo grido, e svenne.
Perdendo i sensi ella cadde all'indietro: l'amica che le era vicina si slanciт per soccorrerla. Nello stesso istante Julien vide le spalle della signora che si stava accasciando. Una collana attorcigliata di grosse perle preziose, a lui ben nota, colpм il suo sguardo.
Cosa fu di lui, quando riconobbe la capigliatura della signora de Rкnal? Sм, era lei. La signora che cercava di reggerle la testa, perchй non cadesse del tutto, era la signora Derville. Julien, fuori di sй, si slanciт in avanti: cadendo, la signora de Rкnal avrebbe forse trascinato con sй la sua amica, se Julien non le avesse sostenute. Vide il viso della signora de Rкnal pallido, assolutamente privo di vita, abbandonato sulla spalla. Aiutт la signora Derville ad appoggiare quella testa incantevole sullo schienale di una sedia impagliata: egli era in ginocchio.
La signora Derville si voltт e lo riconobbe.
«Andate via, signore, andate via!» gli disse con tono pieno di collera. «Soprattutto che non vi riveda! Vedervi deve farle orrore. Era cosм felice prima di conoscervi! Il vostro comportamento и atroce. Andate via: allontanatevi, se vi resta un po' di pudore.»
Queste parole furono dette con tanta autoritа, e Julien era talmente debole in quel momento, che si allontanт. «Mi ha sempre odiato,» si disse, pensando alla signora Derville.
In quel momento il canto nasale dei preti che precedevano la processione risuonт nella chiesa: stavano rientrando. L'abate Chas-Bernard chiamт piщ volte Julien, che dapprima non lo udм: alla fine andт a prenderlo per un braccio dietro un pilastro, dove Julien si era rifugiato piщ morto che vivo.
L'abate voleva presentarlo al vescovo.
«State male, ragazzo mio?» gli disse, vedendolo cosм pallido e quasi incapace di muovere un passo. «Avete lavorato troppo.» Gli porse il braccio. «Venite, sedetevi dietro di me, su questo banco del dispensiere d'acqua santa: vi nasconderт.» In quel momento erano di fianco alla porta principale. «Mettetevi tranquillo, abbiamo ancora venti minuti buoni prima dell'arrivo di monsignore. Cercate di rimettervi; quando egli passerа vi solleverт: sono forte e vigoroso, nonostante la mia etа.»
Ma quando passт il vescovo, Julien tremava talmente che l'abate Chas rinunciт all'idea di presentarlo.
«Non affliggetevi troppo,» gli disse. «Troverт un'altra occasione.»
Quella sera, il sacerdote fece portare alla cappella del seminario dieci libbre di ceri economizzati, disse lui, grazie all'attenzione di Julien e alla rapiditа con cui li aveva fatti spegnere. Nulla di piщ falso. Il povero ragazzo era spento anche lui; non era piщ riuscito a pensare a nulla, dopo avere visto la signora de Rкnal.
XXIX • IL PRIMO PASSO AVANTI
Ha capito il suo secolo, ha capito il suo dipartimento, ed и ricco.
«Il Precursore»
Julien non si era ancora ripreso dalla profonda fantasticheria in cui lo avevano gettato gli avvenimenti della cattedrale, quando, una mattina, il severo abate Pirard lo fece chiamare.
«L'abate Chas-Bernard mi ha scritto in vostro favore. In complesso sono abbastanza contento della vostra condotta. Siete molto imprudente e perfino stordito, anche se non sembra; tuttavia, fino ad ora, il cuore и buono, addirittura generoso; l'intelligenza и superiore. Insomma vedo in voi una scintilla che non bisogna trascurare.
«Dopo quindici anni di lavoro, io sto per lasciare questo istituto: la mia colpa и di avere lasciato ai seminaristi il libero arbitrio, e di non avere nй protetto nй combattuto quella societа segreta di cui mi avete parlato in confessionale. Prima di andarmene, voglio fare qualcosa per voi; mi sarei deciso due mesi prima, poichй ve lo meritate, senza la denuncia basata sull'indirizzo di Amanda Binet, trovato nella vostra stanza. Vi nomino ripetitore per il Nuovo e l'Antico Testamento.»
Commosso e riconoscente, Julien pensт di buttarsi in ginocchio e di ringraziare Iddio; ma poi cedette a un moto piщ spontaneo. Si avvicinт all'abate Pirard, gli prese la mano e se la portт alle labbra.
«Che fate?» gridт il direttore, seccato; ma gli occhi di Julien parlavano piщ chiaro della sua azione.
L'abate Pirard lo guardт stupito, come un uomo che da molti anni ha perduto l'abitudine di imbattersi in sentimenti delicati. Quell'attenzione tradм il direttore: la sua voce si alterт.
«Ebbene sм, figlio mio, mi sono affezionato a te. Il cielo sa che ciт и accaduto mio malgrado. Io dovrei essere imparziale, e non sentire nй amore nй odio per nessuno. La tua carriera sarа difficile. Vedo in te qualcosa che offende la gente volgare. La gelosia e la calunnia ti perseguiteranno. Dovunque ti manderа la Provvidenza, i tuoi compagni non ti guarderanno mai senza odio: e se fingeranno di amarti, sarа solo per poterti tradire con maggior sicurezza. Di fronte a questo non c'и che un rimedio: rivolgiti soltanto a Dio, che per punire la tua presunzione ti ha posto nella condizione di essere inevitabilmente odiato; la tua condotta sia pura; non riesco a vedere altra risorsa per te. Se ti tieni saldamente stretto alla veritа, presto o tardi i tuoi nemici saranno umiliati.»
Da tanto tempo Julien non sentiva una voce amica, che bisogna perdonargli una debolezza: scoppiт in lacrime. L'abate Pirard gli aprм le braccia: fu per entrambi un momento dolcissimo.
Julien era pazzo di gioia; quella promozione era la prima che otteneva: i vantaggi erano enormi. Per farsene un'idea, bisogna essere stati costretti a passare dei mesi interi senza un momento di solitudine, a contatto immediato di compagni per lo meno importuni e per la maggior parte insopportabili. Sarebbero bastate le loro grida per sconvolgere un organismo delicato. La felicitа chiassosa di quei contadini ben vestiti e ben pasciuti non sapeva godere di se stessa e non si sentiva completa, se non quando gridavano con tutto il fiato che avevano in corpo.
Ora Julien mangiava da solo, o quasi, un'ora dopo gli altri seminaristi. Aveva una chiave del giardino e vi poteva passeggiare quando era deserto.
Con suo grande stupore, Julien si accorse che l'odio nei suoi confronti era diminuito, mentre egli si aspettava che raddoppiasse.
Quel segreto desiderio che non gli rivolgessero la parola, troppo evidente e causa di tante inimicizie, non fu piщ considerato come un segno di ridicola alterigia: anzi, i rozzi individui che lo circondavano lo giudicarono una giusta consapevolezza della sua dignitа. L'odio diminuм sensibilmente, soprattutto tra i suoi compagni piщ giovani, divenuti suoi allievi e che egli trattava con grande gentilezza. A poco a poco ebbe anche dei sostenitori: e chiamarlo Martin Lutero divenne una cosa di cattivo gusto.
Ma a che scopo parlare dei suoi amici e dei suoi nemici? Tutto ciт и brutto, e tanto piщ brutto quanto piщ il quadro и reale. Eppure sono questi gli unici professori di morale che abbia il popolo: e che ne sarebbe del popolo, senza di loro? I giornali potranno mai sostituire i parroci?
Da quando Julien ricopriva il suo nuovo incarico, il direttore del seminario ostentava di non parlargli mai senza testimoni. Un simile comportamento era prudente sia per il maestro sia per il discepolo: ma era soprattutto una prova. Ecco il principio immutabile del severo giansenista Pirard: «Un uomo vi sembra ricco di meriti? Ostacolate ogni suo desiderio, ogni sua impresa: se i suoi meriti sono autentici, egli saprа rovesciare gli ostacoli o aggirarli.»
Era il tempo della caccia. Fouquй ebbe l'idea di mandare al seminario un cervo e un cinghiale da parte della famiglia di Julien. Gli animali morti furono deposti nel passaggio fra la cucina e il refettorio, e lм tutti i seminaristi li videro andando a tavola. Le due bestie furono oggetto di grande curiositа. Il cinghiale, benchй morto, faceva paura ai piщ giovani, che gli toccavano le zanne. Non si parlт d'altro per otto giorni.
Questo dono, collocando la famiglia di Julien nella categoria sociale che bisogna rispettare, portт un colpo mortale all'invidia. Fu una superioritа consacrata dalla ricchezza.
Chazel e i piщ distinti seminaristi tentarono degli approcci, e per poco non si lagnarono perchй non li aveva avvertiti della ricchezza dei suoi genitori, esponendoli cosм a mancare di rispetto al denaro.
Ebbe luogo una coscrizione, dalla quale Julien fu esonerato nella sua qualitа di seminarista. Questa circostanza lo commosse profondamente. «Ecco dunque passato per sempre il momento in cui, venti anni or sono, sarebbe cominciata per me una vita eroica!»
Una volta, mentre passeggiava solo, in giardino, udм alcuni muratori, che lavoravano al muro di cinta, parlare tra loro.
«Ebbene, bisogna partire, c'и un'altra chiamata.»
«Ai tempi dell'altro, sм che sarebbe stato bello! Un muratore diveniva ufficiale, magari generale: se ne son visti, di fatti simili.»
«Guarda un po' adesso, invece! Partono solo i pezzenti. Chi ne ha, se ne rimane al paese.»
«Chi и nato miserabile resta miserabile, e buona notte.»
«Ah! giusto, ma и proprio vero quello che dicono, che l'altro и morto?» intervenne un terzo muratore.
«Sono i pezzi grossi che dicono cosм, sai! L'altro gli faceva paura.»
«Che differenza, da come andavano le cose al suo tempo! E dire che и stato tradito dai suoi marescialli! Che razza di traditori!»
Quella conversazione consolт un poco Julien. Allontanandosi egli ripeteva sospirando:
«L'unico re di cui il popolo abbia serbato memoria!»
Arrivт il tempo degli esami. Julien ottenne un esito brillante: e si accorse che perfino Chazel cercava di mettere in mostra tutta la sua dottrina.
Il primo giorno gli esaminatori, nominati dal famoso Gran Vicario de Frilair, furono molto seccati di dover mettere sempre al primo, o al massimo al secondo posto, quel Julien Sorel che era stato loro segnalato come beniamino dell'abate Pirard. In seminario si scommise che Julien avrebbe ottenuto il primo posto nella graduatoria generale degli esami, la qual cosa comportava l'onore di pranzare alla tavola del vescovo. Ma alla fine di una seduta in cui si era parlato dei Padri della Chiesa, un astuto esaminatore, dopo avere interrogato Julien su san Girolamo e sulla sua passione per Cicerone, arrivт a parlare di Orazio, di Virgilio e degli altri autori profani. Ad insaputa dei suoi compagni, Julien aveva imparato a memoria molti brani di quegli autori. Trascinato dal successo, egli dimenticт il luogo dove si trovava e, alle reiterate richieste dell'esaminatore, recitт e parafrasт con fuoco diverse odi di Orazio. Dopo avergli lasciato venti minuti per darsi la zappa sui piedi, improvvisamente l'esaminatore cambiт faccia e lo rimproverт aspramente per avere perso tempo in quegli studi profani e per tutte le idee inutili o colpevoli che si era messo nella testa.
«Sono uno sciocco, signore, e voi avete ragione,» disse Julien in tono modesto, riconoscendo l'abile stratagemma di cui era caduto vittima.
Quell'astuzia dell'esaminatore fu trovata sporca anche in seminario, ma ciт non impedм all'abate Frilair - quest'uomo scaltro, che aveva cosм sapientemente organizzato la rete della Congregazione di Besanзon e che, con i suoi dispacci a Parigi, faceva tremare i giudici, il prefetto e perfino i generali di guarnigione - di scrivere con la sua mano potente il numero 198 accanto al nome di Julien. Era una gioia, per lui, mortificare in tal modo il suo nemico, il giansenista Pirard.
Da dieci anni la sua piщ grande preoccupazione era quella di togliergli la direzione del seminario. L'abate, che seguiva per se stesso la linea di condotta che aveva indicato a Julien, era sincero, pio, non intrigante, attaccato al suo dovere. Ma il cielo, nella sua collera, gli aveva dato un temperamento bilioso, fatto apposta per sentire profondamente le ingiurie e l'odio. Nessun oltraggio a lui diretto andava perduto per la sua anima ardente. Avrebbe dato cento volte le dimissioni, se non si fosse ritenuto utile nella carica assegnatagli dalla Provvidenza. «Impedisco i progressi del gesuitismo e dell'idolatria» egli si diceva.
Al tempo degli esami, da circa due mesi l'abate Pirard non parlava a Julien: e tuttavia il poveretto ci fece una malattia di otto giorni, quando ricevette la lettera ufficiale che annunciava l'esito del concorso e vide il numero 198 vicino al nome dell'allievo che considerava il vanto dell'istituto. L'unica consolazione per quell'indole severa fu il concentrare su Julien ogni suo mezzo di sorveglianza. E con un vero trasporto di gioia scoprм che nel giovane non c'erano nй collera nй progetti vendicativi nй scoraggiamento.
Qualche settimana dopo, Julien sobbalzт ricevendo una lettera che portava il timbro di Parigi. «Finalmente,» pensт, «la signora de Rкnal si ricorda delle sue promesse.» Invece si trattava di un signore che si firmava Paul Sorel e si dichiarava suo parente: gli mandava un assegno di cinquecento franchi, aggiungendo che, se Julien avesse continuato a studiare con successo i buoni autori latini, avrebbe ricevuto quella somma ogni anno.
«И lei, и la sua bontа!» pensт Julien, intenerito. «Ella vuole consolarmi. Ma perchй non una sola parola affettuosa?»
Ma Julien s'ingannava su quel messaggio. La signora de Rкnal era tutta immersa nei suoi profondi rimorsi, sotto la guida della signora Derville. Suo malgrado pensava spesso all'uomo singolare che aveva sconvolto la sua vita, ma si sarebbe ben guardata dallo scrivergli.
Se volessimo usare il linguaggio del seminario, potremmo riconoscere un miracolo nell'invio di quei cinquecento franchi, e dire che il cielo si serviva di monsignor Frilair in persona per fare quel dono a Julien.
Dodici anni prima, l'abate Frilair era arrivato a Besanзon con uno striminzito sacco da viaggio che, secondo la cronaca, conteneva tutti i suoi averi. Adesso era uno dei piщ ricchi proprietari del dipartimento. Nel corso delle sue fortune aveva comprato metа di un terreno, mentre l'altra metа era stata ereditata dal marchese de La Mole. Di qui un grande processo tra i due personaggi.
Nonostante la sua brillante vita a Parigi e le sue cariche a corte, il marchese de La Mole si accorse che era pericoloso scontrarsi a Besanзon con un Gran Vicario che aveva fama di fare e disfare i prefetti a suo piacimento. Tuttavia, invece di sollecitare una gratificazione di cinquantamila franchi, mascherata sotto una qualsiasi delle voci ammesse dal bilancio statale, e di abbandonare all'abate Frilair quel meschino processo in cui erano in gioco appunto cinquantamila franchi, il marchese s'impuntт. Credeva di avere ragione: bella ragione!
Ora, se и lecito, qual и il giudice che non ha un figlio o almeno un cugino da spingere avanti nella carriera?
Per aprire gli occhi anche ai piщ ciechi, otto giorni dopo avere ottenuto la prima sentenza, a lui favorevole, l'abate Frilair prese la carrozza del vescovo e andт di persona a portare la croce della Legion d'onore al suo avvocato. Il marchese de La Mole, un po' disorientato dal contegno dei suoi avversari e sentendo vacillare i propri legali, chiese consiglio all'abate Chйlan, che lo mise in relazione con l'abate Pirard.
Queste relazioni duravano giа da parecchi anni al tempo della nostra storia. L'abate Pirard si gettт in quell'affare con la foga del suo temperamento. Attraverso una serie di colloqui coi legali del marchese, studiт la causa e, trovandola giusta, cominciт a sostenere apertamente La Mole contro l'onnipotente Gran Vicario. Questi fu profondamente urtato da una simile insolenza, che per giunta gli veniva da un giansenista qualunque!
«Guardate un po' com'и questa nobiltа di corte che pretende di avere tanta potenza!» diceva ai suoi intimi l'abate Frilair. «Il marchese de La Mole non ha fatto avere nemmeno una misera croce al suo agente di Besanзon e lo lascerа destituire senza muovere un dito. Tuttavia, a quanto mi scrivono, questo Pari di Francia non lascia passare una settimana senza recarsi a far pompa del suo cordone azzurro nel salotto del guardasigilli, chiunque egli sia.»
Nonostante tutta l'attivitа dell'abate Pirard e gli ottimi rapporti del marchese de La Mole col ministro della Giustizia, e specialmente con i suoi funzionari, tutto quanto era riuscito a ottenere, dopo sei anni di fatiche, era stato di non perdere definitivamente la causa.
In continua corrispondenza con l'abate Pirard per quella faccenda che entrambi seguivano con passione, il marchese aveva finito col prendere gusto al genere di spirito dell'abate. A poco a poco, nonostante l'enorme distanza delle rispettive posizioni sociali, la loro corrispondenza assunse un tono amichevole. L'abate Pirard diceva al marchese che, a forza di angherie, volevano costringerlo a dimettersi. Nella collera suscitata dall'infame stratagemma che, secondo Pirard, avevano usato contro Julien, egli raccontт tutta la storia al marchese.
Benchй ricchissimo, questo gran signore non era avaro. Non era mai riuscito a far accettare all'abate Pirard neppure il rimborso delle spese postali rese necessarie dal processo. Sicchй aveva colto l'occasione per mandare cinquecento franchi al suo allievo preferito.
La Mole si prese la briga di scrivere lui stesso il biglietto d'accompagnamento: e cosм il suo pensiero corse all'abate.
Un giorno quest'ultimo ricevette un bigliettino che lo invitava a recarsi senza indugio, per un affare urgente, in una locanda nei sobborghi di Besanзon. E lм trovт l'intendente del marchese de La Mole.
«Il signor marchese mi ha incaricato di mettervi a disposizione il suo calesse,» gli disse l'uomo. «E spera che dopo avere letto questa lettera deciderete di partire per Parigi entro quattro o cinque giorni. Fissate la data: nel frattempo io visiterт le terre del marchese, nella Franca Contea. Poi, quando vorrete, partiremo per Parigi.»
La lettera era breve:
«Mio caro, sbarazzatevi di tutte le seccature di provincia; e venite a Parigi a respirare un po' di aria tranquilla. Vi mando la mia carrozza, con l'ordine di attendere per quattro giorni le vostre decisioni. Vi aspetterт io stesso, a Parigi, fino a martedм. Mi basta un sм da parte vostra per accettare, a vostro nome, una delle migliori parrocchie dei dintorni di Parigi. Il piщ ricco dei vostri parrocchiani non vi ha mai visto, ma vi и piщ devoto di quanto possiate credere: и il marchese de La Mole.»
Senza immaginarselo, il severo abate Pirard amava quel seminario popolato di suoi nemici, a cui dedicava da quindici anni ogni pensiero. La lettera di La Mole fu per lui come l'apparizione di un chirurgo incaricato di compiere un'operazione crudele, ma necessaria. La sua destituzione era certa. Diede appuntamento all'intendente per tre giorni dopo.
Durante quarantotto ore ebbe la febbre per l'incertezza. Alla fine scrisse a La Mole e compose per il vescovo una lettera che era un capolavoro di stile ecclesiastico, ma un po' troppo lunga. Sarebbe stato difficile trovare delle frasi piщ irreprensibili e che spirassero un piщ sincero rispetto. E tuttavia quella lettera, destinata a far passare un brutto quarto d'ora all'abate Frilair di fronte al suo superiore, esponeva in ogni minimo particolare tutti i motivi che Pirard aveva di lamentarsi profondamente, e scendeva fino alle piccole, sporche vessazioni che, sopportate con pazienza per sei anni, lo costringevano ora a lasciare la diocesi.
Gli rubavano la legna in legnaia, gli avvelenavano il cane ecc. ecc.
Finita la lettera, fece svegliare Julien, che alle otto di sera dormiva giа come tutti i seminaristi.
«Sapete dov'и il vescovado?» gli disse in bello stile latino. «Portate questa lettera a monsignore. Non vi nasconderт che vi mando nella tana dei lupi. Siate tutt'occhi e tutt'orecchi. Nessuna menzogna nelle vostre risposte: ma pensate che chi vi interrogherа proverebbe forse una vera gioia, se potesse farvi del male. Sono ben contento, figlio mio, di procurarvi questa esperienza prima di lasciarvi, poichй, non ve lo nascondo, questa lettera contiene le mie dimissioni.»
Julien restт immobile. Amava l'abate Pirard. La prudenza aveva un bel dirgli:
«Dopo la partenza di quest'uomo onesto, il partito del Sacro Cuore ti degraderа e forse ti caccerа via.»
Non riusciva a pensare a se stesso. Lo metteva in imbarazzo una frase per la quale avrebbe voluto trovare parole adeguate, mentre non se ne sentiva assolutamente in grado.
«Ebbene, amico mio, non andate?»
«И che, a quanto si dice, padre,» rispose timidamente Julien, «durante la vostra amministrazione non avete messo da parte nulla. Io ho seicento franchi.»
Le lacrime gli impedirono di continuare.
«Anche questo sarа registrato,» disse freddamente l'ex direttore del seminario. «Andate in vescovado, si fa tardi.»
Il caso volle che quella sera l'abate Frilair fosse di servizio in vescovado: monsignore era a cena dal prefetto. Sicchй la lettera fu consegnata da Julien a Frilair in persona: ma non lo conosceva.
Julien vide con stupore che l'abate apriva arditamente la lettera indirizzata al vescovo. Il bel volto del Gran Vicario espresse subito una sorpresa unita a grande piacere, poi si fece estremamente serio. Mentre egli leggeva, Julien, colpito dal suo bell'aspetto, ebbe modo di esaminarlo. Quel volto sarebbe parso ancor piщ serio, senza la grande furberia, che appariva in certi tratti e che avrebbe rasentato la falsitа, se il suo possessore avesse smesso per un attimo di sorvegliarlo. Il naso, molto pronunciato, disegnava una unica linea retta conferendo malauguratamente al profilo, del resto pieno di distinzione, una irrimediabile somiglianza con la fisionomia di una volpe. Peraltro l'abate, che sembrava tanto occupato dalle dimissioni di Pirard, era vestito con un'eleganza che piacque molto a Julien: non l'aveva mai osservata in nessun altro prete.
Solo piщ tardi Julien venne a sapere in che cosa eccelleva l'abate Frilair. Egli sapeva divertire il vescovo, un amabile vecchio fatto apposta per vivere a Parigi e che considerava Besanзon come un esilio. Questo vescovo era afflitto da una pessima vista e aveva una vera passione per il pesce. L'abate Frilair toglieva le lische al pesce che veniva servito a monsignore.
Julien guardava in silenzio l'abate che stava rileggendo le dimissioni, quando improvvisamente la porta si aprм con fracasso. Un lacchи riccamente vestito passт in gran fretta. Julien ebbe appena il tempo di voltarsi verso la porta: e vide un vecchietto che portava una croce pastorale sul petto. Si prosternт: il vescovo gli rivolse un sorriso pieno di bontа e passт oltre. Il bell'abate lo seguм e Julien restт solo nella sala, di cui potй ammirare a suo agio la magnificenza religiosa.
Il vescovo di Besanзon, il cui spirito era stato messo a dura prova, ma non spento, dalle lunghe miserie dell'emigrazione, aveva superato i settantacinque anni e si preoccupava pochissimo di quello che sarebbe successo entro altri dieci.
«Chi и quel seminarista dallo sguardo acuto, che mi sembra di avere visto passando?» disse. «A quest'ora non dovrebbero essere tutti a letto, in conformitа al mio regolamento?»
«Questo и molto sveglio, ve lo giuro, monsignore, e porta una grande notizia: le dimissioni dell'unico giansenista che restava nella vostra diocesi. Quel terribile abate Pirard ha finalmente capito l'antifona.»
«Ebbene!» disse il vescovo ridendo, «vi sfido a sostituirlo con un uomo che lo valga. E per mostrarvi il suo valore, lo inviterт a pranzo domani.»
Il Gran Vicario cercт di far scivolare qualche parola sulla scelta del successore. Il prelato, poco disposto a parlare di quell'argomento, gli disse:
«Prima di incaricare un altro, sentiamo un po' come se ne va questo. Conducetemi quel seminarista. La veritа и sulla bocca dei ragazzi.»
Julien fu chiamato. «Mi troverт in mezzo a due inquisitori,» pensт. Non si era mai sentito piщ coraggioso.
Mentre egli entrava, due camerieri di alta statura, vestiti meglio di Valenod in persona, stavano spogliando monsignore. Il prelato, prima di parlare dell'abate Pirard, credette bene interrogare Julien sui suoi studi. Parlт un po' di dogmatica e rimase stupito. Quasi subito passт agli umanisti, a Virgilio, a Orazio, a Cicerone. «Questi autori,» pensт Julien, «mi hanno procurato il numero 198. Ma non ho nulla da perdere: cerchiamo quindi di fare bella figura.»
Ci riuscм; il prelato, che era un eccellente umanista, rimase entusiasta.
Al pranzo in prefettura una giovinetta, giustamente celebre, aveva recitato il poema della Maddalena. Il vescovo, in vena di conversazioni letterarie, dimenticт ben presto l'abate Pirard e tutte le altre faccende per discutere col seminarista una questione: se Orazio fosse ricco o povero. Citт diverse odi, ma a volte la sua memoria si arrugginiva, e allora, subito, Julien recitava l'ode intera con aria modesta. Ciт che maggiormente colpм il vescovo, fu che Julien non abbandonava mai il tono della conversazione: recitava venti o trenta versi in latino, come se parlasse di quello che accadeva in seminario. Discussero a lungo di Virgilio e di Cicerone. Alla fine il prelato non potй fare a meno di complimentarsi col giovane seminarista:
«Non credo che si possa studiare meglio di cosм.»
«Monsignore,» disse Julien, «il vostro seminario puт offrirvi centonovantasette soggetti molto meno indegni della vostra alta approvazione.»
«Com'и possibile?» disse il prelato stupito da quella cifra.
«Posso suffragare con una prova ufficiale ciт che ho l'onore di dire a monsignore. Agli esami annuali del seminario, rispondendo proprio sugli argomenti che ora mi valgono la vostra approvazione, ho ottenuto il centonovantottesimo posto.»
«Ah! И il beniamino dell'abate Pirard!» esclamт il vescovo ridendo e guardando Frilair. «Avremmo dovuto aspettarcelo; ma и un bel tiro. Non и vero forse, amico mio,» aggiunse rivolgendosi a Julien, «che vi hanno svegliato per mandarvi qui?»
«Sм, Eccellenza. Sono uscito una sola volta dal seminario per aiutare l'abate Chas-Bernard ad addobbare la cattedrale, il giorno del Corpus Domini.»
A un ordine del vescovo furono portati biscotti e vino di Malaga, a cui Julien fece onore e ancor piщ l'abate Frilair, che sapeva quanto piacesse al vescovo veder mangiare allegramente e con appetito.
Il prelato, sempre piщ contento della fine della serata, parlт per un attimo di storia ecclesiastica. Si accorse che Julien non lo seguiva. Poi passт allo stato morale dell'impero romano sotto gli imperatori del secolo di Costantino. La fine del paganesimo fu accompagnata dallo stesso stato di inquietudine e di dubbio che, nel XIX secolo, tormenta gli spiriti tristi e tediati. Il vescovo si accorse che Julien ignorava quasi anche il nome di Tacito.
Julien rispose candidamente, e con stupore del prelato, che quell'autore non si trovava nella biblioteca del seminario.
«Mi fa davvero piacere,» disse allegramente il vescovo. «Mi togliete dall'imbarazzo: da dieci minuti cerco il modo di ringraziarvi della piacevole serata che mi avete fatto passare in modo assolutamente imprevisto. Non mi aspettavo di trovare un dottore in uno degli allievi del mio seminario. Anche se il dono non и troppo canonico, voglio offrirvi un Tacito.»
Il prelato si fece portare otto volumi splendidamente rilegati e volle scrivere di suo pugno, sul frontespizio del primo, un complimento in latino per Julien Sorel. Il vescovo si vantava di essere ottimo latinista. Alla fine disse con un tono serio che si staccava del tutto dal resto della conversazione:
«Ragazzo mio, se sarete giudizioso, un giorno avrete la migliore parrocchia della mia diocesi, e non a cento leghe dal palazzo episcopale; ma bisogna che abbiate giudizio.»
Julien, carico di volumi, uscм dal vescovado tutto stupito, mentre suonava mezzanotte.
Monsignore non gli aveva detto una parola dell'abate Pirard. Julien era stupito soprattutto dell'estrema cortesia del vescovo. Non aveva idea d'una tale raffinatezza di modi, unita a un contegno cosм spontaneamente dignitoso. Egli fu particolarmente colpito dal contrasto, quando rivide l'abate Pirard che lo attendeva, cupo e impaziente.
«Quid tibi dixerunt? (Che ti hanno detto?)» gli gridт l'abate non appena lo vide da lontano.
E poichй Julien s'impappinava un poco nel tradurre in latino i discorsi del vescovo, l'ex direttore del seminario soggiunse, col suo tono duro e i suoi modi privi d'eleganza.
«Parlate in francese e ripetete le parole di monsignore, senza aggiungere nй togliere una sillaba.»
«Che strano dono da parte di un vescovo a un giovane seminarista!» osservт l'abate sfogliando la splendida edizione di Tacito, il cui taglio dorato sembrava fargli orrore.
Sonavano le due quando Pirard, dopo un resoconto assai particolareggiato, permise al suo allievo favorito di tornare a letto.
«Lasciatemi il primo volume del vostro Tacito, dove c'и la dedica omaggio di monsignore,» gli disse. «Quella riga in latino sarа il vostro parafulmine qui dentro, dopo che me ne sarт andato. Erit tibi, fili mi, successor meus tamquam leo quoerens quem devoret. (Per te infatti, figlio mio, il mio successore sarа come un leone furioso che cerca qualcuno da divorare.)»
L'indomani mattina Julien trovт qualcosa di strano nel modo in cui gli parlavano i suoi compagni, che lo rese anche piщ riservato del solito. «Ecco,» egli pensт, «l'effetto delle dimissioni dell'abate Pirard. Tutti ne sono al corrente e io sono ritenuto il suo favorito. Ci dev'essere un intento provocatorio, nei loro modi.» Eppure non riusciva a trovarcelo. Anzi, non scopriva ombra di odio negli occhi di tutti coloro che incontrava nei dormitori. «Che significa? И certamente una trappola: devo tener su le carte.»
Infine il seminarista di Verriиres gli disse ridendo: «Cornelii Taciti opera omnia (Opere complete di Tacito).»
Udendo queste parole, tutti fecero a gara per congratularsi con Julien, non solo per il magnifico dono che aveva ricevuto dal vescovo, ma anche per le due ore di conversazione, di cui era stato onorato. Sapevano tutto, fino ai minimi particolari. Da quel momento l'invidia scomparve: i condiscepoli gli facevano bassamente la corte; l'abate Castanиde, che ancora il giorno prima era di una estrema insolenza con lui, lo prese sottobraccio e lo invitт a colazione.
Per una fatalitа del carattere di Julien, se l'insolenza di quegli esseri volgari gli aveva procurato molto dolore, la loro bassezza lo disgustava e non gli procurava alcun piacere.
Verso mezzogiorno l'abate Pirard lasciт i suoi allievi, non senza rivolgere loro una severa allocuzione. «Volete gli onori del mondo, i vantaggi sociali, il piacere di comandare, quello di prendere in giro le leggi e di essere impunemente insolenti con tutti?» egli disse. «Oppure volete la salute eterna? Anche i meno accorti di voi non hanno che da aprire gli occhi per distinguere le due strade.»
Non appena egli fu uscito, i fedeli del Sacro Cuore di Gesщ andarono a intonare un Te Deum in cappella. Nessuno in seminario prese sul serio le parole dell'ex direttore. «И molto seccato per la sua destituzione,» dicevano tutti quanti. Nemmeno uno dei seminaristi ebbe l'ingenuitа di credere che egli si fosse dimesso volontariamente da una carica che procurava tante relazioni coi grossi fornitori.
L'abate Pirard si stabilм nella migliore locanda di Besanзon e, col pretesto di affari che non aveva, volle passarvi due giorni. Il vescovo lo aveva invitato a pranzo, e, per stuzzicare il Gran Vicario de Frilair, cercava di porre in rilievo le sue qualitа. Erano al dessert, quando arrivт da Parigi la strana notizia che l'abate Pirard era nominato nella magnifica parrocchia di N..., a quattro leghe dalla capitale. Il buon prelato si complimentт sinceramente con lui: egli subodorт in tutta quella faccenda una mossa ben giocata, che lo mise di buon umore e gli diede la piщ alta opinione delle qualitа dell'abate. Gli consegnт uno splendido certificato in latino e impose silenzio all'abate Frilair che si permetteva delle rimostranze.
Quella sera monsignore trasferм la propria ammirazione in casa della marchesa de Rubemprй. Fu una grande notizia per l'alta societа di Besanзon; ci si perdeva in congetture su quel favore straordinario: si immaginava giа l'abate Pirard vescovo. I piщ furbi vaticinarono la prossima nomina a ministro del marchese de La Mole e si permisero di sorridere del contegno imperioso che l'abate Frilair esibiva in societа.
L'indomani l'abate Pirard fu quasi seguito per strada, e i bottegai si facevano sulla porta dei negozi, quando andт a sollecitare i giudici cui era affidata la causa del marchese. Per la prima volta fu ricevuto con cortesia. Il severo giansenista, indignato di tutto quello che vedeva, lavorт a lungo con gli avvocati che aveva scelto per il marchese de La Mole, poi partм alla volta di Parigi. Ebbe la debolezza di dire a due o tre amici di collegio, che lo accompagnarono sino alla carrozza e ne ammirarono gli stemmi, che, dopo aver amministrato il seminario per quindici anni, lasciava Besanзon con cinquecentoventicinque franchi di economie. Gli amici lo abbracciarono piangendo, ma poi commentarono fra loro:
«Il buon abate avrebbe potuto risparmiarsi una simile bugia: и davvero troppo ridicola.»
La gente, accecata dall'amore per il denaro, non era in grado di capire che l'abate Pirard aveva trovato nella propria sinceritа la forza necessaria per lottare da solo, durante sei anni, contro Maria Alacoque, il Sacro Cuore di Gesщ, i gesuiti e il vescovo.
XXX • UN AMBIZIOSO
Non c'и piщ che una sola nobiltа, il titolo di duca: marchese и ridicolo: alla parola duca voltano tutti la testa.
«Edimburgh Review»
Il marchese de La Mole ricevette l'abate Pirard senza quelle piccole cerimonie da gran signore, cosм cortesi, ma anche cosм impertinenti per chi le comprende. Sarebbe stato tempo perduto, e il marchese era troppo immerso in affari importanti per avere tempo da perdere.
Da sei mesi a quella parte egli stava intrigando perchй il re e la nazione accettassero un certo ministero che, per riconoscenza, lo avrebbe poi nominato duca.
Invano, e da molti anni, La Mole chiedeva al suo avvocato di Besanзon una relazione chiara e precisa sui suoi affari nella Franca Contea. Ma come avrebbe potuto spiegarglieli quel celebre avvocato, se lui stesso non ci capiva nulla?
Il foglietto di carta che gli consegnт Pirard spiegava tutto.
«Mio caro abate,» gli disse il marchese, dopo essersi rapidamente sbrigato di tutte le formule di cortesia e di interessamento alle cose personali, «in mezzo alla mia pretesa prosperitа mi manca il tempo per occuparmi di due piccole cose, nondimeno abbastanza importanti: la mia famiglia e i miei affari. Curo in grande la fortuna della mia casa, posso portarla lontano; curo i miei piaceri, e questo deve avere la precedenza su tutto il resto, almeno secondo me,» egli aggiunse, cogliendo un'espressione di stupore sul volto dell'abate Pirard. Per quanto uomo di buon senso, questi era stupito vedendo un vecchio che parlava con tanta franchezza dei suoi piaceri.
«Il lavoro esiste senza dubbio a Parigi,» continuт il gran signore, «ma annidato al quinto piano, e non appena io mi avvicino ad un uomo, questi prende un appartamento al secondo e sua moglie fissa un giorno di ricevimento. Quindi niente piщ lavoro, niente piщ sforzi, se non per essere, o per sembrare, gente di mondo. И quella l'unica loro preoccupazione, appena hanno da mangiare. Quanto ai miei processi, per dir le cose come stanno, anzi per ognuno dei miei processi, ho degli avvocati che si ammazzano; me ne и morto uno di tisi anche l'altro ieri. Ma in quanto ai miei affari in generale, lo credereste, reverendo, che da tre anni ho rinunciato a trovare un uomo che mentre lavora per me si degni di pensare un po' seriamente a ciт che sta facendo? Del resto, tutto ciт non и che un preambolo. Vi stimo, e anche se vi vedo per la prima volta, oserei aggiungere che vi voglio bene. Accettate di divenire il mio segretario con uno stipendio di ottomila franchi o, magari, anche il doppio? Io ci guadagnerei sempre, ve lo giuro; e mi impegno a tenervi a disposizione la vostra bella parrocchia fino al giorno in cui non faremo piщ l'uno per l'altro.»
L'abate rifiutт; ma verso la fine della conversazione, l'autentico imbarazzo in cui vedeva il marchese gli suggerм un'idea.
«Ho lasciato in fondo al mio seminario un povero ragazzo che, se non sbaglio, sarа presto duramente perseguitato. Se non fosse che un semplice religioso, sarebbe giа in pace.» Finora non ha imparato che il latino e la Sacra Scrittura: ma puт darsi che un giorno egli metta in luce un grande talento, sia per la predicazione, sia per la guida delle anime. Non so quello che farа; ma ha il fuoco sacro, puт andare lontano. Speravo di darlo al nostro vescovo, se mai ne fosse venuto uno che avesse un po' la vostra maniera di vedere gli uomini e le cose.»
«Da dove sbuca il vostro giovanotto?»
«Si dice che sia figlio d'un carpentiere delle nostre montagne, ma io sono propenso a credere che sia figlio naturale di qualche riccone. L'ho visto ricevere una lettera anonima, o firmata con un nome falso, e a questa era accluso un assegno di cinquecento franchi.»
«Ah! и Julien Sorel,» disse il marchese.
«Come fate a sapere il suo nome?» domandт l'abate, stupito: e poichй egli arrossiva, il marchese rispose:
«И proprio quello che non vi dirт.»
«Ebbene,» riprese l'abate, «potreste provare a farne il vostro segretario: и lucido ed energico; in una parola, и una prova da tentare.»
«Perchй no?» disse il marchese. «Ma non sarа poi un tipo capace di lasciarsi ungere dal questore, o da chiunque altro, per fare la spia? Questa и la mia unica obiezione.»
Dopo che l'abate Pirard lo ebbe rassicurato, il marchese prese un biglietto da mille franchi e disse: «Mandate questo viatico a Julien Sorel e fatelo venire qui.»
«Si vede bene che abitate a Parigi,» osservт l'abate. «Non conoscete la tirannia che pesa su noi poveri provinciali, e particolarmente sui preti che non sono amici dei gesuiti. Non vorranno lasciar partire Sorel, troveranno i piщ abili pretesti, mi risponderanno che и malato, oppure che la posta non ha recapitato le lettere ecc. ecc.»
«Uno di questi giorni mi farт dare una lettera del ministro per il vescovo,» disse il marchese.
«Dimenticavo una precauzione,» rispose l'abate. «Il ragazzo, benchй di umilissima origine, и molto altero: non vi servirа a niente se urterete il suo orgoglio. Ne fareste uno stupido.»
«Ecco una cosa che mi piace,» rispose de La Mole. «Ne farт il compagno di mio figlio. Basterа?»
Qualche tempo dopo, Julien ricevette una lettera, di cui non conosceva la scrittura e che portava il timbro di Chalons. Vi trovт dentro una tratta sul conto di un mercante di Besanзon e l'invito a recarsi senza indugio a Parigi. La lettera era firmata con un nome falso, ma aprendola Julien trasalм: una foglia d'albero era caduta ai suoi piedi; era il segnale convenuto con l'abate Pirard.
Meno di un'ora dopo Julien fu chiamato in vescovado, dove fu accolto con bontа paterna. Pur senza rinunciare a citare Orazio, monsignore gli fece dei complimenti abilissimi sulla brillante carriera che lo attendeva a Parigi: sperava, come ringraziamento per la sua cortesia, di ottenere delle spiegazioni. Julien non potй dirgli nulla, perchй non sapeva nulla: e monsignore si fece un'alta opinione di lui. Uno dei preti del vescovado scrisse al sindaco e questi si affrettт a portare di persona un passaporto firmato, ma col nome in bianco.
«Finirai,» disse il liberale, «con l'arrivare a un posto di governo; sarai costretto a fare delle mosse che saranno vilipese dai giornali. E avrт tue notizie soltanto attraverso l'onta che peserа su di te. Ricordati che, anche dal punto di vista finanziario, и meglio guadagnare cento luigi nell'onesto commercio di legname, e senza padroni, piuttosto che ricevere uno stipendio di quattromila franchi da un governo, fosse pure quello di Salomone.»
In tutto ciт Julien non vide che la ristrettezza mentale di un borghese di campagna. Stava finalmente per comparire sul teatro di grandi avvenimenti. La sua felicitа all'idea di andare a Parigi, che immaginava popolata di persone di spirito, molto intriganti, molto ipocrite, ma di alta classe, come il vescovo di Besanзon e il vescovo di Agde, eclissava tutto il resto. Con l'amico finse di non potere agire liberamente dopo la lettera dell'abate Pirard.
Il giorno seguente verso mezzogiorno arrivт a Verriиres il piщ felice degli uomini: Julien contava di rivedere la signora de Rкnal. Per prima cosa andт a trovare il suo vecchio protettore, l'abate Chйlan. Fu ricevuto severamente.
«Vi sembra di dovermi qualcosa?» gli disse l'abate senza rispondere al suo saluto. «Allora farete colazione qui e nel frattempo manderт qualcuno a noleggiarvi un altro cavallo. Poi lascerete Verriиres senza vedere nessuno.»
«Intendere significa obbedire,» rispose Julien in tono da seminarista, e non parlarono piщ che di teologia e di bello stile latino.
Montт a cavallo e percorse una lega: poi, scorgendo un bosco e constatando che nessuno lo poteva vedere, vi si inoltrт. Al tramonto, mandт indietro il cavallo. Piщ tardi entrт in casa di un contadino, che acconsentм a vendergli una scala e a seguirlo, portandola fino al boschetto che domina il Cours de la Fidйlitй a Verriиres.
«Sono un povero coscritto renitente alla leva...»
«O un contrabbandiere,» disse il contadino congedandosi da lui. «Ma che importa! La scala и ben pagata e anch'io, nella mia vita, ho passato qualche brutto quarto d'ora.»
La notte era molto buia. Verso l'una del mattino, Julien, carico della sua scala, entrт in Verriиres. Scese piщ in fretta che potй sul letto del torrente che, stretto fra due muri a una profonditа di dieci piedi, attraversa gli splendidi giardini del sindaco di Rкnal. «Come mi accoglieranno i cani da guardia?» pensт Julien. «Questo и il punto.» I cani abbaiarono e si precipitarono su di lui; ma egli fischiт dolcemente e allora gli animali vennero a fargli festa.
Risalendo di terrazza in terrazza, benchй tutti i cancelli fossero chiusi, gli fu facile arrivare fin sotto la finestra della camera della signora de Rкnal: dalla parte del giardino, non era alta piщ di otto o dieci piedi da terra.
Sulle imposte c'era una piccola apertura a forma di cuore che Julien conosceva bene. Con sua grande delusione, egli vide che quel pertugio non era rischiarato dalla luce interna della lampada da notte.
«Gran Dio!» si disse il giovane. «Questa notte la signora de Rкnal non и in camera sua! Dove dormirа? La famiglia и a Verriиres, poichй ho trovato i cani. Ma in quella camera buia potrei incontrare Rкnal in persona, o uno straniero: e allora, che scandalo!»
La decisione piщ prudente sarebbe stata quella di ritirarsi, ma Julien ne fu inorridito. «Se c'и uno straniero, mi metterт in salvo a gambe levate, abbandonando la scala: ma se и lei, che accoglienza mi aspetta? И caduta in preda ai rimorsi e alla piщ profonda pietа, non posso dubitarne. Eppure si ricorda ancora di me, poichй mi ha scritto da poco.» Questa ragione lo decise.
Col cuore tremante, ma risoluto a vederla o a morire, il nostro eroe lanciт dei sassolini contro le imposte: nessuno rispose. Appoggiт la scala di fianco alla finestra e bussт dapprima dolcemente, poi piщ forte. «Anche se и buio fitto, possono tirarmi una fucilata,» pensт Julien. Questa idea ridusse quella folle impresa a una questione di audacia.
«La camera и disabitata, stanotte,» pensт Julien. «O se vi dorme qualcuno, chiunque sia, и ormai sveglio. Dunque, bando alle precauzioni. Devo solo cercare di non farmi sentire da quelli che dormono nelle altre stanze.»
Scese, appoggiт la scala a una delle imposte, risalм: e, passando la mano nell'apertura a forma di cuore, ebbe la fortuna di trovare abbastanza presto il filo di ferro attaccato al gancio che chiudeva la finestra. Tirт il filo, e con inesprimibile gioia si accorse che l'imposta non era piщ trattenuta e cedeva al suo sforzo. «Bisogna aprirla pian piano e far riconoscere la mia voce.» Aprм l'imposta quanto bastava per infilarvi la testa, ripetendo a voce bassa: «И un amico.»
Tendendo l'orecchio, si assicurт che nulla turbava il profondo silenzio della stanza. Ma decisamente non c'era alcuna lampada da notte, neppure semispenta, nel caminetto: era un cattivo segno.
«Attenti alle fucilate!» Riflettй un poco; poi, con un dito, osт bussare sul vetro: nessuna risposta; bussт piщ forte. «A costo di rompere i vetri devo farla finita.» Mentre stava bussando molto forte, gli sembrт di intravedere nella profonda oscuritа un'ombra bianca che attraversava la stanza. Infine non ebbe piщ dubbi: vedeva un'ombra che sembrava avanzare con estrema lentezza. E improvvisamente scorse una gota che si appoggiava al vetro contro cui teneva l'occhio.
Trasalм, e si allontanт un poco. Ma la notte era tanto nera che, neppure a quella distanza, Julien potй vedere se si trattava della signora de Rкnal. Temeva un primo grido d'allarme; sentiva i cani gironzolare e brontolare sommessamente ai piedi della scala. «Sono io,» ripetй a voce abbastanza alta. «Un amico.» Nessuna risposta: il fantasma bianco era scomparso. «Apritemi, vi prego. Devo parlarvi, sono troppo infelice!» E bussava in modo da rompere i vetri.
Si udм un piccolo rumore secco; la spagnoletta della finestra cedeva: Julien spinse il telaio e saltт agilmente nella stanza.
Il fantasma bianco si allontanava: Julien lo prese per un braccio: era una donna. Tutti i suoi progetti audaci svanirono. «Se и lei, che dirа?» Quale non fu il suo stupore, quando un lieve grido gli rivelт che il fantasma era la signora de Rкnal!
La strinse tra le braccia: ella tremava, e a stento si sforzava di respingerlo.
«Disgraziato, che fate?»
La sua voce convulsa faticava ad articolare le parole, in cui Julien sentм il piщ autentico sdegno.
«Vengo per vedervi, dopo quattordici mesi di crudele separazione.»
«Uscite, lasciatemi subito. Ah! signor Chйlan, perchй impedirmi di scrivergli? Avrei prevenuto un simile errore.» Lo respinse con forza davvero straordinaria. «Mi pento della mia colpa: il cielo mi ha fatto la grazia di illuminarmi,» ella ripeteva con voce rotta. «Uscite! Andate via!»
«Dopo quattordici mesi di sofferenza, non vi lascerт certamente prima di avervi parlato. Voglio sapere tutto quello che avete fatto. Ah! Vi ho amata abbastanza per meritare una simile confidenza... voglio sapere tutto.»
Quel tono autoritario faceva presa sul cuore della signora de Rкnal, suo malgrado.
Julien, che la stringeva con passione e resisteva a tutti i suoi sforzi per liberarsi, smise di stringerla tra le braccia. Allora ella si rassicurт un poco.
«Ritirerт la scala,» disse lui, «perchй non ci comprometta se qualche domestico, svegliato dai rumori, fa un giro di ronda.»
«Uscite! Uscite, invece!» gli rispose la signora de Rкnal con collera non simulata. «Che mi importa degli uomini? Dio vede questa scena spaventosa e mi punirа. Abusate bassamente dei sentimenti che ho avuto per voi, ma che ora non ho piщ. Avete capito, Julien?»
Egli stava ritirando la scala con estrema lentezza per non fare rumore.
«Tuo marito и in cittа?» le domandт, non per sfidarla, ma trascinato dalla vecchia abitudine.
«Non parlatemi in questo modo, di grazia, o chiamo mio marito. Sono giа anche troppo colpevole per non avervi scacciato, qualunque cosa potesse succedere. Ho pietа di voi,» gli disse, cercando di ferire il suo orgoglio che sapeva cosм suscettibile.
Quel rifiuto del tu, quel modo brusco di spezzare un cosм tenero legame, sul quale egli contava ancora, portarono al delirio il trasporto d'amore di Julien.
«Come! И possibile che non mi amiate piщ?» le disse con uno di quegli accenti del cuore che и tanto difficile ascoltare a sangue freddo.
Ella non rispose; quanto a lui, piangeva amaramente. Non aveva davvero piщ la forza di parlare.
«Cosм, sono completamente dimenticato dall'unico essere che mi abbia mai amato! A che serve vivere, ormai?» Tutto il suo coraggio era scomparso, da quando era svanito il rischio di incontrare un uomo: tutto era sparito dal suo cuore, tranne l'amore.
Julien pianse lungamente, in silenzio. Prese la mano di lei, che tentт di sottrargliela; tuttavia, dopo qualche movimento convulso, ella gliela lasciт. L'oscuritа era totale. Si trovavano entrambi seduti sul letto della signora de Rкnal.
«Che differenza, da ciт che accadeva quattordici mesi or sono!» pensт Julien; e le sue lacrime raddoppiarono. «Dunque l'assenza distrugge inesorabilmente tutti i sentimenti umani!»
«Vi prego, raccontatemi quello che vi и successo,» egli disse infine, imbarazzato dal suo stesso silenzio e con voce rotta dal pianto.
«Senza dubbio,» rispose la signora de Rкnal con voce dura e con tono secco che suonava rimprovero per Julien, «i miei errori erano conosciuti in cittа, quando voi ve ne andaste. Eravate stato cosм imprudente nelle vostre azioni! Qualche tempo dopo, quando io ero alla disperazione, il reverendo Chйlan venne a trovarmi. Invano, e a lungo, egli cercт di strapparmi una confessione. Un giorno ebbe l'idea di accompagnarmi nella chiesa di Dijon, dove ho fatto la prima comunione. E lм, osт parlare per primo...» La signora de Rкnal fu interrotta dalle lacrime. «Che momento! Che vergogna! Confessai tutto. Quell'uomo, nella sua grande bontа, non volle schiacciarmi sotto il peso della sua indignazione: si afflisse con me. A quel tempo vi scrivevo tutti i giorni delle lettere che non osavo spedirvi: le nascondevo gelosamente e, quando ero troppo infelice, mi chiudevo nella mia stanza e le rileggevo. Alla fine l'abate Chйlan riuscм a farsele consegnare... Alcune, scritte con un po' piщ di prudenza, ve le avevo spedite: ma voi non mi avete risposto.»
«Ti giuro, non ho mai ricevuto una tua lettera in seminario.»
«Gran Dio! Chi le avrа intercettate?»
«Pensa al mio dolore: fino a quando non ti rividi nella cattedrale, non sapevo neppure se eri ancora viva.»
«Dio mi fece la grazia di mostrarmi quanto era grande il mio peccato verso di lui, verso i miei figli, verso mio marito,» ella riprese. «Mio marito non mi ha mai amato come io credevo allora che voi mi amaste...»
Julien si gettт tra le sue braccia, senza nessuna intenzione precisa, e fuori di sй. Ma la signora de Rкnal lo respinse e continuт a parlare con sufficiente fermezza:
«Il mio venerando amico, l'abate Chйlan, mi fece capire che sposando Rкnal avevo impegnato tutti i miei affetti, anche quelli che non conoscevo e che non avevo mai provato prima di quel fatale legame... Dopo il grande sacrificio di quelle lettere, che mi erano cosм care, la mia vita и trascorsa, se non felice, almeno abbastanza tranquilla. Non turbatela: siatemi amico... siate il migliore dei miei amici.» Julien le coprм le mani di baci: ella si accorse che piangeva ancora. «Non piangete, mi fate tanta pena... Ditemi anche voi quello che avete fatto.» Julien non riusciva a parlare. «Voglio sapere come avete vissuto in seminario,» ripetй la signora de Rкnal. «Poi ve ne andrete.»
Senza pensare a quello che diceva, Julien parlт degli intrighi e delle innumerevoli gelosie che aveva suscitato nei primi tempi: poi della sua vita tranquilla, dopo che era stato nominato ripetitore.
«Fu allora,» egli aggiunse, «che, dopo un lungo silenzio certamente destinato a farmi capire quello che oggi vedo anche troppo, e cioи che non mi amate piщ e che vi sono divenuto indifferente...» La signora de Rкnal gli strinse le mani. «Allora mi spediste cinquecento franchi.»
«Io?! Mai!» disse la signora de Rкnal.
«Era una lettera col timbro di Parigi e firmata Paul Sorel, per sviare ogni sospetto.»
Ci fu una piccola discussione sulla possibile provenienza di quella lettera. L'atmosfera si fece diversa. Senza accorgersene, la signora de Rкnal e Julien avevano abbandonato il tono solenne ed erano tornati a quello di una tenera amicizia. Non si vedevano, tanto profonda era l'oscuritа, ma il suono della voce diceva tutto. Julien passт il braccio intorno alla vita della sua amica: era un gesto molto pericoloso. Ella cercт di allontanare il braccio di lui: ma, con una certa abilitа, Julien attirт in quel momento l'attenzione della signora de Rкnal su un punto interessante del discorso. Il braccio fu come dimenticato e restт dove si trovava.
Dopo molte congetture sulla lettera dei cinquecento franchi, Julien aveva ripreso a raccontare; recuperava un po' di padronanza su se stesso, parlando della sua vita passata che, a confronto di quello che stava succedendo, lo interessava cosм poco. La sua attenzione si concentrт tutta sul modo in cui sarebbe finita quella visita. «Ora ve ne andrete,» gli ripeteva la signora de Rкnal, di tanto in tanto, in tono asciutto.
«Che vergogna, per me, se mi lascio mandar via! Il rimorso avvelenerа tutta la mia vita,» pensava Julien. «Non mi scriverа mai. Solo Dio sa quando ritornerт in questo paese!» Da quel momento, tutto quanto c'era di sovrumano nella sua situazione scomparve rapidamente dal cuore di Julien. Seduto di fianco a una donna che adorava, quasi stringendola tra le braccia, in quella stanza dove era stato cosм felice, in mezzo a un'oscuritа profonda, accorgendosi benissimo che da qualche istante ella piangeva, sentendo dai suoi sussulti che rompeva in singhiozzi, egli ebbe la disgrazia di diventare freddo, accorto e calcolatore quasi come quando, nel cortile del seminario, si vedeva preso di mira dagli scherzi di cattivo gusto di qualche compagno piщ forte di lui. Julien prolungava il racconto e parlava della vita infelice che aveva condotto dopo la sua partenza da Verriиres. «Cosм,» pensava la signora de Rкnal, «dopo un anno di assenza, quasi del tutto privo di ogni segno di ricordo, mentre io lo dimenticavo, egli non pensava ad altro che ai giorni felici di Vergy.» I singhiozzi di lei s'intensificarono. Julien si accorse che la sua narrazione aveva avuto successo. Capм che bisognava tentare l'ultima carta: e arrivт bruscamente alla lettera che aveva appena ricevuto da Parigi.
«Mi sono congedato dal vescovo.»
«Come! Non ritornate a Besanзon? Ci lasciate per sempre?»
«Sм,» rispose Julien in tono risoluto. «Lascio un paese dove sono dimenticato anche dalla persona che ho amato piщ di qualsiasi altra nella mia vita, e lo lascio per non rivederlo mai piщ. Vado a Parigi...»
«Tu vai a Parigi!» esclamт la signora de Rкnal abbastanza forte.
La sua voce era quasi soffocata dalle lacrime e rivelava la sua estrema commozione. Julien aveva bisogno di questo incoraggiamento: stava per tentare una mossa che poteva condannarlo definitivamente; e prima di quell'esclamazione, poichй non vedeva nulla, ignorava completamente l'effetto che era riuscito a produrre. Non esitт piщ; la paura del rimorso lo rendeva padrone di sй: si alzт e aggiunse freddamente:
«Sм, signora, vi lascio per sempre: siate felice, addio.»
Fece qualche passo verso la finestra: stava giа aprendola, quando la signora de Rкnal si slanciт verso di lui e gli si buttт nelle braccia.
Cosм, dopo tre ore di colloquio, Julien ottenne quello che aveva desiderato con tanta passione durante le prime due. Se il ritorno alla tenerezza della signora e l'eclisse dei suoi rimorsi fossero giunti un po' prima, sarebbero stati per lui una gioia divina: ma conquistati con artificio, non furono piщ che un piacere. Julien volle a tutti i costi accendere la lampada da notte, nonostante le proteste della sua amica.
«Vuoi che non mi resti alcun ricordo di averti vista? L'amore che sicuramente brilla nei tuoi occhi incantevoli andrа perduto per me? Il candore della tua bella mano rimarrа invisibile? Pensa che sto per lasciarti, forse per molto tempo!»
La signora de Rкnal non poteva rifiutare nulla di fronte a questo pensiero che la faceva sciogliere in lacrime. Ma l'alba cominciava a disegnare nettamente i contorni degli abeti sulla montagna a oriente di Verriиres. Invece di andarsene, Julien, ebbro di voluttа, chiese alla signora de Rкnal di passare tutto il giorno nascosto nella sua camera e di andarsene solo la notte successiva.
«E perchй no?» ella rispose. «Questa ricaduta fatale mi toglie ogni stima di me stessa e mi getta per sempre nell'infelicitа,» e la poveretta se lo stringeva al cuore. «Mio marito non и piщ lo stesso, ha dei sospetti; crede che in tutta questa storia io l'abbia ingannato e si mostra molto irritato con me. Se sente il minimo rumore sono perduta, mi caccerа di casa da quella disgraziata che sono.»
«Ah! Ecco una frase dell'abate Chйlan,» disse Julien. «Tu non mi avresti parlato cosм, prima della mia crudele partenza per il seminario. Allora mi amavi!»
Julien fu ricompensato del sangue freddo col quale aveva pronunciato queste parole: vide la sua amica dimenticare rapidamente il pericolo, a cui la esponeva la presenza del marito, per pensare a un pericolo ben piщ grande: che Julien dubitasse del suo amore.
La luce aumentava rapidamente e la camera ne era tutta rischiarata. Julien ritrovт tutti i piaceri dell'orgoglio quando potй riavere tra le braccia, quasi ai suoi piedi, quella donna incantevole, l'unica che egli avesse amata e che poche ore prima era tutta presa dalla paura di un Dio terribile e dal senso dei propri doveri. Tante risoluzioni, consolidate dalla costanza di un anno, erano crollate di fronte al suo coraggio.
Ben presto si udirono dei rumori nella casa. Una cosa, a cui non aveva pensato, turbт la signora de Rкnal.
«Quella perfida di Elisa sta per entrare in camera. Dove si puт mettere questa enorme scala?» ella disse all'amico. «Dove nasconderla? La porterт in solaio!» esclamт d'improvviso, con una specie di gioiosa eccitazione.
«Ma bisogna passare per la camera del domestico,» disse Julien, sorpreso.
«Lascerт la scala nel corridoio, chiamerт il domestico e gli darт una commissione.»
«Pensa a una scusa nel caso che il domestico, passando in corridoio, dovesse notare la scala.»
«Sм, angelo mio,» rispose la signora de Rкnal dandogli un bacio. «E tu pensa a nasconderti in fretta sotto il letto, se durante la mia assenza Elisa viene qui.»
Julien fu stupito di quell'improvvisa allegria. E pensт: «Ma allora l'imminenza di un pericolo concreto, anzichй turbarla, le restituisce la sua gaiezza, perchй le fa scordare i rimorsi! И veramente una donna superiore! Ah ecco un cuore sul quale si deve essere orgogliosi di regnare!» Julien era in estasi.
La signora de Rкnal prese la scala: ma questa sembrava troppo pesante per lei, e Julien volle soccorrerla: intanto che ammirava la sua figura elegante, che era ben lungi dal suggerire un'impressione di forza, d'improvviso e senza alcun aiuto ella prese la scala e la sollevт come se fosse stata una seggiola: poi la portт rapidamente nel corridoio del terzo piano e la posт contro il muro. Chiamт il domestico e, per lasciargli il tempo di vestirsi, salм nella colombaia. Cinque minuti dopo, quando tornт nel corridoio, la signora de Rкnal non trovт piщ la scala. Che fine aveva fatto? Se non ci fosse stato Julien, la cosa non l'avrebbe turbata: ma in un momento simile, se suo marito avesse visto la scala!... Poteva accadere qualcosa di spaventoso. La signora de Rкnal si mise a correre di qua e di lа. Finalmente scoprм la scala sotto il tetto, dove il domestico l'aveva portata e perfino nascosta. Questa circostanza era strana: in altri tempi l'avrebbe allarmata.
«Cosa mi importa,» pensт, «di quello che puт accadere tra ventiquattr'ore, quando Julien se ne sarа andato? Allora tutto non sarа che orrore e rimorso!»
Aveva come una vaga idea di dover morire: ma che importava! Dopo una separazione che aveva creduto eterna, Julien le era reso, lo rivedeva, e ciт ch'egli aveva fatto per arrivare fino a lei dimostrava tanto amore!
Raccontando l'episodio della scala a Julien, gli disse:
«Che cosa risponderт a mio marito se il domestico gli riferirа di avere trovato la scala?» Rimase assorta un istante. «Avranno bisogno di ventiquattr'ore per scoprire il contadino che te l'ha venduta.» Si buttт nelle braccia di Julien, lo strinse convulsamente: «Ah! morire, morire cosм!» esclamт, coprendo il giovane di baci. Poi soggiunse ridendo: «Ma non per questo tu devi morire di fame! Vieni. Prima di tutto ti nasconderт nella camera della signora Derville, che rimane sempre chiusa a chiave.» Andт a mettersi di guardia in fondo al corridoio e Julien passт di corsa. «Guardati bene dall'aprire, se bussano,» gli disse la signora de Rкnal rinchiudendolo a chiave. «In ogni caso, non potrа essere che uno scherzo dei ragazzi che giocano.»
«Falli venire in giardino, sotto la finestra,» disse Julien. «Che io abbia il piacere di vederli. Falli parlare.»
«Sм, sм!» gli gridт allontanandosi.
Tornт poco dopo con biscotti, arance, una bottiglia di vino di Malaga: non era riuscita a rubare del pane.
«Che fa tuo marito?» le domandт Julien.
«Scrive delle minute di contratti coi contadini.»
Ma le otto erano suonate, c'era molto rumore in casa. Se la signora de Rкnal non si fosse fatta vedere, l'avrebbero cercata dappertutto: fu costretta ad andarsene. Ma ben presto, contro ogni prudenza, tornт per portargli una tazza di caffи. Temeva che potesse morire di fame. Dopo colazione riuscм a condurre i ragazzi sotto la finestra della camera della signora Derville. A Julien parvero molto cresciuti, ma gli sembrarono anche molto comuni, senza spicco: o forse erano mutate le sue idee.
La madre parlт loro di Julien. Il primogenito ebbe parole di affetto e di rimpianto per l'ex precettore: ma i minori lo avevano quasi dimenticato, o almeno questa fu l'impressione di Julien.
Quella mattina Rкnal non uscм; saliva e scendeva continuamente le scale, occupato a contrattare con i contadini a cui vendeva il raccolto di patate. Fino all'ora di pranzo la signora de Rкnal non ebbe un minuto di tempo da dedicare al suo prigioniero. Quando suonт la campanella e il pranzo fu servito ella ebbe l'idea di rubare per lui un piatto di minestra calda. Mentre, portando il piatto con precauzione, si avvicinava senza far rumore alla stanza in cui Julien era nascosto, si trovт a faccia a faccia col domestico che la mattina aveva nascosto la scala. In quel momento anche lui procedeva nel corridoio senza far rumore, con l'aria di chi stia in ascolto. Probabilmente Julien aveva camminato con imprudenza. Il domestico si allontanт un po' confuso. La signora de Rкnal entrт arditamente da Julien, il quale fremette udendola parlare dell'incontro fatto.
«Tu hai paura,» ella gli disse. «Io sfiderei tutti i pericoli del mondo senza battere ciglio. Non temo che una cosa, ed и il momento in cui sarт sola dopo la tua partenza.» E se ne andт di corsa.
«Ah!» pensт Julien, esaltato, «il rimorso и l'unico pericolo che spaventa quell'anima sublime!»
Finalmente giunse la sera. Rкnal andт al Casino.
Sua moglie aveva affermato di avere un terribile mal di testa; si ritirт in camera sua, si affrettт a congedare Elisa e si alzт immediatamente per aprire a Julien.
Egli moriva veramente di fame. La signora de Rкnal andт a cercare del pane in dispensa. Julien udм un grido acuto. Quando fu di ritorno, gli raccontт che, entrando al buio in dispensa, si era diretta verso una credenza dove tenevano il pane e, tendendo la mano, aveva toccato un braccio femminile. Era Elisa, che aveva lanciato il grido udito da Julien.
«Che faceva lа?»
«Rubava qualche dolce, oppure ci spiava,» rispose la signora de Rкnal con assoluta indifferenza. «Ma per fortuna ho trovato un pasticcio e una micca di pane.»
«E lм cosa c'и?» disse Julien indicando le tasche del suo grembiule.
La signora de Rкnal aveva dimenticato che, fin dall'ora di pranzo, le aveva riempite di pane.
Julien la strinse tra le braccia con la piщ viva passione; non gli era mai sembrata cosм bella. «Neppure a Parigi troverт un carattere piщ nobile,» egli pensт confusamente. La signora de Rкnal mostrava tutto l'impaccio di una donna poco avvezza a simili sollecitudini e, nel contempo, rivelava il coraggio di chi teme solo pericoli d'altro genere, e ben piщ terribili.
Mentre Julien mangiava con grande appetito e la sua amica scherzava sulla semplicitа di quel pasto, tanto era il suo orrore di parlare seriamente, la porta della camera fu improvvisamente scossa con forza. Era Rкnal.
«Perchй ti sei chiusa dentro?» egli gridт.
Julien ebbe appena il tempo di infilarsi sotto il divano.
«Come! Siete vestita,» disse Rкnal entrando. «State cenando, e chiudete a chiave la porta!»
In un giorno qualunque quell'osservazione, fatta con tutta la durezza coniugale, avrebbe turbato la signora de Rкnal: ma ora ella sapeva che suo marito avrebbe solo dovuto chinarsi un po' per vedere Julien. Infatti Rкnal si era buttato sulla sedia che Julien occupava un momento prima, proprio di fronte al divano.
Il mal di testa servм da scusa a tutto. Mentre il marito a sua volta le raccontava minuziosamente le fasi della partita che aveva vinto al bigliardo del Casino - «Una partita da diciannove franchi, perdiana!» egli aggiungeva - la signora de Rкnal vide su una sedia, a tre passi da loro, il cappello di Julien. Il suo sangue freddo aumentт. Cominciando a svestirsi, a un certo momento ella passт rapidamente dietro Rкnal e buttт un abito sulla sedia dove si trovava il cappello.
Finalmente il sindaco se ne andт. La signora de Rкnal pregт Julien di riprendere il racconto della sua vita in seminario. «Ieri non ti ascoltavo. Mentre parlavi, pensavo soltanto a trovare la forza di respingerti.»
Era l'imprudenza in persona: entrambi parlavano molto forte. Verso le due del mattino, furono interrotti da un colpo violento contro la porta. Era ancora Rкnal.
«Apritemi, presto, ci sono dei ladri in casa!» egli disse. «Saint-Jean ha trovato la loro scala questa mattina.»
«И la fine!» esclamт la signora de Rкnal buttandosi al collo di Julien. «Ci ucciderа entrambi, non crede che ci siano stati i ladri; morirт tra le tue braccia, piщ felice nella morte di quanto lo sia mai stata in vita.» Ella non rispondeva al marito, che era su tutte le furie: abbracciava Julien con passione.
«Salva la madre di Stanislas,» le disse Julien in tono di comando. «Salterт nel cortile dalla finestra dello studio e fuggirт in giardino: i cani mi hanno riconosciuto. Fa' un pacchetto dei miei abiti e gettali in giardino appena potrai. Intanto lascia che egli sfondi la porta. Soprattutto, niente confessioni, te lo proibisco. И meglio che Rкnal abbia dei sospetti, piuttosto che delle certezze.»
«Ti ucciderai, saltando!» Fu l'unica risposta, l'unica preoccupazione della signora de Rкnal.
Andт con lui fino alla finestra dello studio: poi prese tempo per nascondere i suoi abiti. Alla fine aprм al marito, che era su tutte le furie. Rкnal guardт nella stanza e nello studio senza dire una parola, e scomparve. Gli abiti furono gettati a Julien, che li prese e corse rapidamente verso la parte bassa del giardino, dalla parte del Doubs.
Mentre stava correndo, il giovane udм fischiare una palla, e subito dopo il rumore di una fucilata.
«Non и Rкnal,» pensт. «Tira troppo male.» I cani correvano silenziosi al suo fianco; il secondo colpo spezzт probabilmente la zampa di un cane, perchй l'animale si mise a guaire lamentosamente. Julien saltт il muro di una terrazza, fece una cinquantina di metri al coperto e ricominciт a fuggire in un'altra direzione. Sentм delle voci che si chiamavano fra loro e vide distintamente il domestico, suo nemico, che sparava una fucilata: un fittavolo venne lui pure a sparare dall'altra parte del giardino, ma Julien aveva giа raggiunto la riva del Doubs e stava vestendosi.
Un'ora dopo era a una lega da Verriиres, sulla strada di Ginevra. «Se hanno dei sospetti,» pensт, «mi cercheranno sulla strada di Parigi.»
PARTE SECONDA
Non и bella
e non si dа il rossetto.
Sainte-Beuve
I • I PIACERI DELLA CAMPAGNA
O rus quando ego te aspiciam!
Virgilio
«Il signore aspetta certamente la corriera di Parigi?» gli disse il padrone di una locanda dove si era fermato per fare colazione.
«Quella di oggi o quella di domani, poco importa,» disse Julien.
La corriera arrivт proprio mentre egli faceva l'indifferente. C'erano due posti liberi.
«Come! Ma sei tu, mio povero Falcoz?» disse il viaggiatore che arrivava da Ginevra a quello che stava salendo contemporaneamente a Julien.
«Credevo che tu ti fossi stabilito nei dintorni di Lione, in una deliziosa vallata vicino al Rodano,» disse Falcoz.
«Stabilito benissimo. Sto scappando.»
«Cosa?! Tu scappi? Tu, Saint-Giraud, con la tua aria da brava persona... Hai commesso qualche delitto?!» disse Falcoz ridendo.
«In veritа, tanto varrebbe. Fuggo la vita orribile che si fa in provincia. Amo il fresco dei boschi e la tranquillitа dei campi, come sai anche tu che mi hai spesso accusato di essere un romantico. Non volevo piщ sentir parlare di politica in tutta la mia vita e la politica mi costringe a scappare.»
«Ma di che partito sei?»
«Di nessuno, ed и quello che mi rovina. Ecco tutta la mia politica: amo la musica, la pittura; un buon libro и un avvenimento per me; presto avrт quarantaquattro anni. Quanto mi resta da vivere? Quindici, venti, trent'anni al massimo? Ebbene! Scommetto che fra trent'anni i ministri saranno un po' piщ abili, ma onesti come quelli di oggi. La storia d'Inghilterra mi serve da specchio per il nostro futuro. Ci sarа sempre un re che vorrа estendere le sue prerogative; l'ambizione di divenire deputati, la gloria e le centinaia di migliaia di franchi guadagnati da Mirabeau toglieranno sempre il sonno ai ricchi di provincia: e questo lo chiameranno essere liberali e amare il popolo. Il desiderio di diventare Pari o gentiluomo di camera tormenterа sempre gli ultras. Sulla nave dello Stato tutti vorranno occuparsi della manovra perchй и ben pagata. Non ci sarа dunque mai un misero posticino per il semplice passeggero?»
«Veniamo al fatto! Al fatto, che deve essere molto divertente con il tuo carattere tranquillo. Sono le ultime elezioni che ti cacciano via dalla tua provincia?»
«Le mie disgrazie vengono da piщ lontano. Quattro anni fa avevo quarant'anni e cinquecentomila franchi; oggi ho quattro anni di piщ e probabilmente cinquantamila franchi di meno: sto per perderli nella vendita del mio castello di Monfleury, vicino al Rodano, in una posizione stupenda. A Parigi ero stanco dell'eterna commedia imposta da quella che voi chiamate la civiltа del XIX secolo. Avevo sete di bonomia, di semplicitа. Allora compro una tenuta sulle montagne vicine al Rodano, il piщ bel posto che ci sia sotto il cielo. Il vicario del villaggio e i signorotti dei dintorni mi fanno la corte per sei mesi: li invito a pranzo. "Ho lasciato Parigi," dico loro, "per non parlare e non sentir parlare di politica fino alla fine dei miei giorni. Come vedete, non sono abbonato a nessun giornale. Meno lettere ricevo e piщ sono contento." Ma tutto questo non andava a genio al vicario; ben presto vengo bersagliato da mille domande indiscrete, da mille angherie, ecc. Volevo dare ogni anno duecento o trecento franchi ai poveri, e me li chiedono per le associazioni religiose: quella di San Giuseppe, quella della Vergine, ecc. Rifiuto: allora mi insultano in mille modi e io sono tanto stupido da offendermi. La mattina non posso piщ uscire per godermi la bellezza delle nostre montagne, senza trovare qualche seccatura che mi strappa ai miei sogni e mi ricorda spiacevolmente gli uomini e la loro cattiveria. Per esempio, durante la processione delle Rogazioni, il cui canto (probabilmente una melodia greca) mi piace, non si benedicono piщ i miei campi, perchй, dice il vicario, appartengono a un empio. Muore la vacca di una vecchia contadina bigotta: lei dice che и colpa di uno stagno vicino, che appartiene a me, empio filosofo venuto da Parigi, e otto giorni dopo io trovo tutti i miei pesci con la pancia all'aria, avvelenati con la calce. Sono fatto segno a ogni genere di vessazioni. Il giudice di pace, un uomo onesto ma che teme di perdere il posto, mi dа sempre torto. La pace dei campi и per me un inferno. Visto che sono abbandonato dal vicario, capo della congregazione del villaggio, e non sostenuto dal capitano in pensione, capo dei liberali, tutti mi sono addosso, anche il muratore al quale da un anno davo da vivere, anche il carraio che voleva truffarmi impunemente aggiustando i miei aratri. Per avere un appoggio e vincere, nonostante tutto, qualcuno dei miei processi, mi faccio liberale; ma, come tu dici, arrivano queste maledette elezioni, mi chiedono il voto.»
«Per uno sconosciuto?»
«Niente affatto. Per un uomo che io conosco anche troppo bene. Rifiuto. Terribile imprudenza! Da quel momento, anche i liberali mi sono addosso, la mia posizione si fa insostenibile. Credo che se al vicario fosse venuto in mente di accusarmi d'avere assassinato la mia domestica, ci sarebbero stati venti testimoni dell'uno e dell'altro partito pronti a giurare di avermi visto commettere il delitto!»
«Tu vuoi vivere in campagna senza indulgere alle passioni dei tuoi vicini, senza nemmeno ascoltare le loro chiacchiere? Che errore!...»
«Finalmente vi ho posto riparo. Monfleury и in vendita: perdo cinquantamila franchi, se necessario, ma sono proprio contento. Lascio quell'inferno di ipocrisia e di soprusi. Vado a cercare la solitudine e la pace dei campi nell'unico posto dove esistono ancora in Francia: in un quarto piano che dа sui Champs-Йlysйes. E devo ancora decidere se comincerт la mia carriera politica, nel quartiere del Roule, soddisfacendo le richieste della parrocchia.»
«Tutto questo non sarebbe successo ai tempi di Bonaparte,» disse Falcoz con occhi scintillanti d'ira e di rimpianto.
«Sia pure: ma perchй non и riuscito a tener duro, il tuo Bonaparte? Tutto ciт di cui oggi soffro, lo si deve a lui.»
A questo punto l'attenzione di Julien raddoppiт. Egli aveva capito, fin dalla prima parola, che il bonapartista Falcoz era il vecchio amico d'infanzia di Rкnal, che questi aveva ripudiato nel 1816, mentre il filosofo Saint-Giraud doveva essere il fratello di quel capufficio alla prefettura di..., che sapeva farsi aggiudicare per pochi soldi le case di proprietа dei comuni.
«E tutto questo lo si deve al tuo Bonaparte,» continuт Saint-Giraud. «Un uomo onesto e inoffensivo se mai ce ne furono, con quarant'anni sulle spalle e un patrimonio di cinquecentomila franchi, non puт stabilirsi in provincia e viverci in pace. I preti e i nobili lo cacciano via.»
«Ah! non parlar male di lui!» esclamт Falcoz. «La Francia non и mai stata tanto in alto nella stima dei popoli come nei tredici anni del suo potere. Allora c'era qualcosa di grande in tutto quello che si faceva.»
«Il tuo imperatore, che il diavolo se lo porti,» riprese l'uomo di quarantaquattro anni, «и stato grande solo sui campi di battaglia e quando ha riassestato le finanze nel 1802. Ma cosa significa tutto quello che ha fatto in seguito? Con i suoi ciambellani, la sua pompa e i suoi ricevimenti alle Tuileries ci ha dato una nuova edizione di tutte le sciocchezze monarchiche. Era un'edizione corretta, e avrebbe potuto resistere ancora un secolo o due. I nobili e i preti hanno voluto tornare all'edizione antica, senza avere il pugno di ferro necessario per imporla al pubblico.»
«Questo и proprio il modo di parlare di un ex tipografo!»
«Chi mi caccia dalle mie terre?» continuт il tipografo arrabbiandosi. «I preti, che Napoleone ha fatto tornare con il suo concordato, invece di trattarli come lo Stato tratta i medici, gli avvocati, gli astronomi, e cioи come semplici cittadini, senza preoccuparsi di come s'industriano a guadagnarsi la vita. Ci sarebbero oggi dei gentiluomini insolenti, se il tuo Bonaparte non avesse creato baroni e conti? No: la moda era ormai passata. Dopo i preti, sono i nobilucci di campagna quelli che mi hanno dato piщ fastidi e mi hanno costretto a diventare liberale.»
La conversazione non finiva piщ: verteva su un argomento che occuperа la Francia ancora per mezzo secolo. E siccome Saint-Giraud continuava a ripetere che era impossibile vivere in provincia, Julien citт timidamente l'esempio di Rкnal.
«Accidenti, giovanotto, questa и buona!» gridт Falcoz. «Rкnal si и fatto martello per non essere incudine, e un terribile martello per giunta. Ma lo vedo giа soppiantato da Valenod. Conoscete quel briccone? Questa и la veritа. Cosa dirа il vostro Rкnal, quando una di queste mattine si troverа destituito e vedrа Valenod al suo posto?»
«Resterа a tu per tu con i suoi delitti,» disse Saint-Giraud. «Dunque, giovanotto, conoscete Verriиres? Ebbene! Bonaparte, che il cielo confonda lui e il suo ciarpame monarchico, ha reso possibile il regno dei Rкnal e dei Chйlan, il quale ha preparato il regno dei Valenod e dei Maslon.»
Questa conversazione di politica a fosche tinte stupiva Julien e lo distraeva dalle sue voluttuose fantasticherie.
Quando egli vide da lontano Parigi, restт quasi indifferente. I castelli in aria sul suo futuro dovevano lottare con il ricordo ancora presente delle ventiquattro ore trascorse a Verriиres. Giurava a se stesso che non avrebbe mai abbandonato i figli della sua amica, che avrebbe lasciato ogni cosa per proteggerli, se le prepotenze dei preti fossero sfociate nella repubblica e nelle persecuzioni contro i nobili.
Che sarebbe successo la notte del suo arrivo a Verriиres se, nel momento in cui appoggiava la scala alla finestra della camera della signora de Rкnal, avesse trovato la stanza occupata da un estraneo o da Rкnal? Perт che delizia quelle due prime ore, quando la sua amica voleva sinceramente mandarlo via e lui sosteneva con passione la propria causa, seduto accanto a lei nell'oscuritа! Un'anima come quella di Julien и accompagnata per tutta la vita da simili ricordi. Il resto dell'incontro si confondeva giа con i primi tempi del loro amore, quattordici mesi prima.
Julien fu risvegliato dalla sua profonda fantasticheria, perchй la carrozza si fermт. Erano entrati nel cortile delle poste, in rue Jean-Jacques Rousseau. «Voglio andare alla Malmaison,» disse il giovane al vetturino di una carrozza che si avvicinava.
«A quest'ora, signore? E a far che?»
«Cosa vi interessa? Andate.»
Ogni vera passione non pensa che a se stessa. Per questo, mi sembra, le passioni sono cosм ridicole a Parigi, dove il prossimo pretende sempre che si pensi molto a lui. Non vi racconterт l'entusiasmo di Julien alla Malmaison. Egli pianse. Come! Nonostante i brutti muri bianchi costruiti quest'anno, e che dividono il parco in tanti appezzamenti? Sissignori: per Julien, come per i posteri, non c'era niente che dividesse Arcole, Sant'Elena e la Malmaison.
La sera Julien esitт a lungo prima di entrare in un teatro: aveva delle strane idee su quel luogo di perdizione.
Una profonda diffidenza gli impedм di ammirare la vita di Parigi: non lo commuovevano che i monumenti lasciati dal suo eroe.
«Eccomi nel centro dell'intrigo e dell'ipocrisia! Qui regnano i protettori dell'abate Frilair.»
La sera del terzo giorno la curiositа ebbe la meglio sul progetto di vedere tutto prima di presentarsi all'abate Pirard. L'abate gli spiegт freddamente il genere di vita che lo aspettava in casa del marchese de La Mole.
«Se dopo qualche mese non vi sarete dimostrato utile, ritornerete in seminario, ma per la porta principale. Voi state per entrare in casa del marchese, che и uno dei piщ grandi signori di Francia. Porterete l'abito nero, ma come un uomo in lutto e non come un ecclesiastico. Esigo che tre volte la settimana voi continuiate i vostri studi di teologia in un seminario dove vi farт presentare. Ogni giorno alle dodici vi troverete nella biblioteca del marchese, che conta di farvi scrivere delle lettere per processi e altre faccende. Il marchese scrive in due parole, in margine a ogni lettera che riceve, il genere di risposta che bisogna dare. Io ho sostenuto che nel giro di tre mesi sarete in grado di compilare le risposte in modo che il marchese, su dodici che gliene presenterete, potrа firmarne otto o nove. Ogni sera alle otto metterete in ordine la sua scrivania e alle dieci sarete libero.
"Puт darsi," continuт l'abate Pirard, «che qualche vecchia signora o qualche uomo dal tono dolciastro vi prospettino grandi vantaggi o vi offrano, senza cerimonie, delle somme perchй mostriate loro le lettere ricevute dal marchese...»
Julien, arrossendo, esclamт: «Ah! Signore!»
«И strano,» disse l'abate Pirard con un sorriso amaro, «che, povero come siete e dopo un anno di seminario, vi restino ancora di queste virtuose indignazioni. Dovevate essere ben cieco! Che sia la forza del sangue?» mormorт l'abate a mezza voce, come parlando a se stesso. «La cosa piщ strana,» egli aggiunse guardando Julien, «и che il marchese vi conosce... Non so in che modo. Per cominciare vi darа uno stipendio di cento luigi. И un uomo che agisce solo per capriccio ed и questo il suo difetto; quanto a fanciullaggini, farа a gara con voi. Se и contento, il vostro stipendio potrа salire in seguito fino a ottomila franchi. Ma capirete bene,» soggiunse l'abate in tono brusco, «che non vi dа tutti questi soldi per i vostri begli occhi. Si tratta di essere utile. Al vostro posto, io parlerei molto poco e, soprattutto, non parlerei mai di quello che non so. Ah, giusto, ho preso alcune informazioni per voi: dimenticavo la famiglia del marchese de La Mole. Ha due figli: una femmina e un maschio di diciannove anni, elegantissimo, una specie di pazzo che a mezzogiorno non sa mai quello che farа alle due. Ha spirito e coraggio; ha fatto la guerra di Spagna. Il marchese spera, non so per quale motivo, che diventiate amico del giovane conte Norbert. Gli ho detto che siete un grande latinista; forse conta che insegniate a suo figlio qualche frase fatta su Cicerone e Virgilio. Al vostro posto non mi lascerei prendere in giro da quel bel giovanotto e, prima di cedere ai suoi approcci estremamente cortesi, ma un po' guastati dall'ironia, me li farei ripetere due volte. Non vi nasconderт che il giovane conte de La Mole sarа senz'altro portato a disprezzarvi, sulle prime, perchй non siete che un piccolo borghese. Un suo avo era introdotto a corte ed ebbe l'onore di avere la testa tagliata in place de Grиve, il 26 aprile 1574, per un intrigo politico. Voi, invece, siete figlio di un carpentiere di Verriиres e, per giunta, siete alle dipendenze di suo padre.
Pesate bene queste differenze e studiate la storia della famiglia de La Mole sul Moreri. Tutti gli adulatori che pranzano in casa del marchese vi fanno di tanto in tanto qualche delicata allusione. State attento al modo con cui rispondete agli scherzi del conte Norbert de La Mole, capo di uno squadrone di ussari e futuro Pari di Francia. E non venite poi a lamentarvi con me.»
«Mi pare,» disse Julien arrossendo violentemente, «che non dovrei neppure rispondere a un uomo che mi disprezza.»
«Voi non avete la minima idea di un disprezzo di quel genere: si manifesterа solo con complimenti esagerati. Se foste uno sciocco, "potreste" cascarci; se voleste far fortuna, "dovreste" cascarci.»
«Il giorno in cui ne avrт abbastanza,» disse Julien, «passerт per un ingrato se tornerт alla mia piccola cella numero centotre?»
«Certo,» rispose l'abate. «Tutti i cortigiani che frequentano la casa vi calunnieranno: ma ci sarт anch'io. Adsum qui feci. Dirт che una simile decisione и voluta da me.»
Julien era addolorato dal tono amaro e quasi cattivo che notava nelle parole dell'abate: un tono che guastava completamente l'ultima risposta.
Il fatto и che l'abate si faceva scrupolo di amare Julien e provava una specie di religioso terrore nell'intervenire cosм direttamente sul destino di un altro.
«Vedrete anche,» aggiunse Pirard con lo stesso malgarbo, e come compiendo un penoso dovere, «vedrete anche la marchesa de La Mole. И una donna alta, bionda, pia, altera, molto gentile e ancor piщ insignificante. И figlia del vecchio duca di Chaulnes, ben noto per i suoi pregiudizi nobiliari. Questa gran dama и una specie di riassunto, in altorilievo, di quello che и in sostanza il carattere delle donne del suo ceto. Non fa mistero che l'aver avuto degli avi alle crociate и per lei l'unico titolo che valga qualcosa. Il denaro non viene che molto dopo. Vi stupite? Non siamo piщ in provincia, amico mio. Nel suo salotto vedrete molti gran signori parlare dei nostri sovrani con un tono di singolare leggerezza. La marchesa de La Mole abbassa la voce in segno di rispetto ogni volta che nomina un principe del sangue e soprattutto una principessa. Non vi consiglierei di dire in sua presenza che Filippo II o Enrico VIII erano dei mostri. Sono stati dei re, e questo dа loro un diritto imprescrittibile al rispetto di tutti e specialmente al rispetto di gente senza nobiltа, come voi e me. Tuttavia,» aggiunse l'abate, «noi siamo preti, poichй tale voi sarete per la marchesa, che a questo titolo ci considera come dei camerieri necessari alla sua salvezza eterna.»
«Padre,» disse Julien, «mi sembra che non resterт a lungo a Parigi.»
«Sta bene; ma guardate che quelli che portano la nostra veste possono far fortuna solo se protetti da qualche gran signore. Con quel non so che di indefinibile che, almeno ai miei occhi, si nota nel vostro carattere, se non fate fortuna, sarete perseguitato; per voi non ci sono vie di mezzo. Non vi illudete. La gente si accorge di non farvi un piacere rivolgendovi la parola; in un paese che si basa sulla vita di societа come il nostro, siete votato alla sventura se non riuscite a conquistarvi il rispetto altrui. Che ne sarebbe stato di voi a Besanзon, senza questo capriccio del marchese de La Mole? Un giorno capirete tutta l'importanza di quello che egli fa per voi e, se non siete un mostro, avrete per lui e per la sua famiglia un'eterna riconoscenza. Quanti poveri abati, piщ colti di voi, hanno vissuto per anni a Parigi coi quindici soldi della messa che celebravano e i dieci soldi delle loro lezioni alla Sorbona!... Ricordatevi quello che vi raccontavo, l'inverno scorso, sui primi anni di quel pessimo soggetto del cardinale Dubois. Nel vostro orgoglio credete forse di avere piщ talento di lui? Io per esempio, uomo tranquillo e mediocre, contavo di morire nel mio seminario; sono stato cosм puerile da affezionarmici. Ebbene! Stavo per essere destituito, quando ho dato le dimissioni. Sapete a quanto ammontava la mia fortuna? Avevo un capitale di cinquecentoventi franchi, nй piщ, nй meno. De La Mole, che io non avevo mai visto, mi ha tirato fuori da questo pasticcio. Gli и bastata una parola per farmi avere una parrocchia in cui tutti i fedeli sono persone agiate, che sdegnano i vizi volgari; la prebenda mi fa vergognare, tanto и sproporzionata al mio lavoro. Vi ho parlato cosм a lungo solo per dare un po' di peso alle vostre idee. Ancora una parola: io ho la sfortuna di essere irascibile; puт darsi che arriviamo a non rivolgerci piщ la parola. Se l'alterigia della marchesa o i brutti scherzi di suo figlio vi renderanno decisamente insopportabile quella casa, vi consiglio di terminare i vostri studi in qualche seminario a trenta leghe da Parigi e piuttosto a nord che a sud. A nord c'и piщ civiltа e meno ingiustizia.» Abbassando la voce l'abate soggiunse: «Devo confessare che la vicinanza dei giornali parigini fa paura ai piccoli tiranni. Se invece noi continuassimo ad essere amici, quando la casa del marchese non facesse piщ per voi, vi proporrт di diventare mio vicario e divideremo a metа la prebenda. Vi devo questo, e ancora di piщ,» egli concluse interrompendo i ringraziamenti di Julien, «per l'offerta straordinaria che mi avete fatto a Besanзon. Se invece di avere cinquecentoventi franchi io non avessi avuto nulla, mi avreste salvato.»
L'abate aveva perduto il suo tono di voce crudele. Con sua grande vergogna Julien si accorse di avere le lacrime agli occhi: moriva dal desiderio di gettarsi tra le braccia del suo amico, e non potй fare a meno di dirgli, con l'intonazione piщ virile che riuscм ad assumere:
«Sono stato odiato da mio padre fin dalla culla e questo era uno dei miei grandi dolori: ma non mi lamenterт piщ del destino, perchй ho ritrovato in voi un padre.»
«Bene! Bene!» disse l'abate imbarazzato. Poi, trovando molto a proposito una frase da direttore di seminario: «Non bisogna mai parlare di destino, figlio mio, ma sempre di Provvidenza.»
La carrozza si fermт; il cocchiere sollevт il martello di bronzo di una porta immensa: era l'HOTEL DE LA MOLE; e perchй i passanti non ne dubitassero, queste parole si leggevano su una lastra di marmo nero sopra la porta.
Una simile ostentazione dispiacque a Julien. «Hanno tanta paura dei giacobini, vedono un Robespierre e la sua carretta ad ogni piи sospinto, ne hanno un terrore addirittura ridicolo e poi ostentano in questo modo la loro casa perchй la plebaglia, in caso di sommossa, la riconosca e la saccheggi!» egli pensт; e comunicт il suo pensiero all'abate Pirard.
«Ah! povero ragazzo, sarete presto mio vicario. Che spaventosa idea vi и venuta!»
«Non trovo nulla di piщ naturale,» disse Julien.
La solennitа del portiere e soprattutto la pulizia del cortile lo riempirono di ammirazione. C'era un bel sole.
«Che splendida architettura!» disse il giovane al suo amico.
Si trattava di uno di quei palazzi del faubourg Saint-Germain, costruiti pressappoco all'epoca della morte di Voltaire, che hanno una facciata molto comune. La moda e la bellezza non sono mai state cosм lontane l'una dall'altra.
II • INGRESSO IN SOCIETA'
Ricordo ridicolo e commovente: il primo salotto dove a diciotto anni siamo entrati soli e senza appoggio! Lo sguardo di una donna bastava a intimidirmi. Piщ volevo far colpo, piщ diventavo goffo. Mi facevo le idee piщ sbagliate; o mi abbandonavo senza motivo alla confidenza o vedevo in un uomo un nemico perchй mi aveva guardato con serietа. Ma allora in mezzo alle atroci sofferenze che mi procurava la mia timidezza, com'era bello un bel giorno!
Kant
Julien si fermт sbalordito in mezzo al cortile.
«Andiamo, un po' di contegno,» disse l'abate Pirard. «Vi vengono delle idee spaventose, e poi non siete che un bambino! Dove и andato a finire il nil mirari di Orazio? (Non entusiasmarsi mai.) Pensate che tutti questi servitori, vedendovi stabilito qui, cercheranno di prendervi in giro; vi considereranno un loro pari, innalzato ingiustamente. Sotto le apparenze della cordialitа, dei buoni consigli, del desiderio di guidarvi, tenteranno di farvi commettere qualche grossa balordaggine.»
«Li sfido a farlo,» disse Julien, mordendosi il labbro: ed egli ricominciт ad essere diffidente piщ che mai.
Le sale che attraversarono al primo piano prima di arrivare allo studio del marchese ti sarebbero sembrate, o lettore, tanto tristi quanto magnifiche. Anche se te le regalassero cosм come sono, ti rifiuteresti di abitarci: и la patria dello sbadiglio e della tetra conversazione. Eppure quelle sale aumentarono l'estasi di Julien. «Come si puт essere infelici,» pensava, «quando si vive in un luogo cosм meraviglioso?»
Infine arrivarono alla piщ brutta stanza di quel sontuoso appartamento: a mala pena vi pioveva un po' di luce. Lм trovarono un uomo piccolo, magro, con uno sguardo vivo: aveva una parrucca bionda in capo. L'abate si voltт verso Julien e lo presentт al marchese. Julien fece molta fatica a riconoscerlo, tanto lo trovava gentile. Non era piщ il gran signore dall'aria cosм altera che aveva visto nell'abbazia di Bray-le-Haut. A Julien parve che la sua parrucca fosse troppo folta: e, grazie a questa impressione, egli non fu per niente intimidito. Sulle prime il discendente dell'amico di Enrico III gli sembrт di aspetto un po' meschino. Era magrissimo e si agitava molto. Ma ben presto Julien notт che il marchese era di una cortesia ancora piщ squisita di quella del vescovo di Besanзon. L'udienza non durт neanche tre minuti. Uscendo, l'abate disse a Julien:
«Avete guardato il marchese come avreste guardato un quadro. Non sono certo un maestro in ciт che questa gente chiama educazione e presto ne saprete piщ di me, ma insomma l'insistenza del vostro sguardo mi и parsa sconveniente.»
Erano risaliti in carrozza; il cocchiere si fermт vicino al viale di circonvallazione. L'abate fece entrare Julien attraverso una serie di grandi sale. Julien notт che non c'erano mobili. Stava guardando un magnifico pendolo dorato, che secondo lui rappresentava un soggetto molto indecente, quando un signore elegantissimo si avvicinт sorridendo. Julien accennт un saluto.
Il signore sorrise e gli mise una mano sulla spalla. Julien trasalм e fece un salto indietro, arrossendo di collera. L'abate Pirard, nonostante la sua serietа, rise fino alle lacrime. Quel signore era un sarto.
«Vi restituisco la vostra libertа per due giorni,» disse l'abate Pirard uscendo. «Solo allora potrete essere presentato alla marchesa de La Mole. Un altro vi sorveglierebbe come una ragazza, nei primi momenti del vostro soggiorno in questa nuova Babilonia. Perdetevi subito, se и destino che vi perdiate: cosм sarт liberato dalla debolezza di occuparmi di voi. Posdomani mattina il sarto vi porterа due vestiti; darete cinque franchi al commesso che ve li proverа. Per il resto, non fate sentire il suono della vostra voce a quei parigini. Se dite una parola, troveranno il modo di burlarsi di voi. И la loro specialitа. Dopodomani trovatevi da me a mezzogiorno... Andate, perdetevi pure... Dimenticavo: ordinate scarpe, camicie e un cappello a questi indirizzi.»
Julien osservava la scrittura degli indirizzi.
«Sono di pugno del marchese,» disse l'abate. «И un uomo attivo, che prevede tutto e che preferisce agire invece di comandare. Vi prende al suo servizio perchй gli risparmiate noie di questo genere. Sarete in grado di realizzare tutte le cose che quell'uomo sbrigativo vi indicherа sommariamente? И ciт che vedremo in futuro: state ben attento!»
Julien entrт senza dire una parola nelle botteghe indicate dagli indirizzi; si accorse che lo trattavano con rispetto; il calzolaio, segnando il suo nome sul registro, scrisse: signor Julien de Sorel.
Al cimitero del Pиre-Lachaise un signore molto premuroso e ancora piщ liberale nelle sue opinioni, si offrм di indicare a Julien la tomba del maresciallo Ney, che un'accorta politica ha privato dell'onore di un epitaffio. Ma una volta congedatosi dal quel tipo espansivo che, con le lacrime agli occhi, quasi lo abbracciava, Julien si accorse di non avere piщ l'orologio. Ricco di questa esperienza, due giorni dopo alle dodici il giovane si presentт all'abate Pirard, che lo guardт a lungo.
«Forse diventerete un vanesio,» gli disse l'abate severamente. Julien aveva l'aspetto di un uomo molto giovane in lutto stretto: in realtа faceva una bellissima figura, ma il buon abate era troppo provinciale anche lui per accorgersi che Julien aveva ancora quel portamento delle spalle che in provincia и segno di eleganza e di sussiego. Molto diverso fu il giudizio del marchese, il quale, vedendo Julien, disse all'abate:
«Avreste delle obiezioni da fare se il signor Sorel prendesse lezioni di ballo?»
L'abate restт di stucco.
Infine rispose: «No, Julien non и un sacerdote.»
Il marchese, salendo a due a due i gradini di una piccola scala nascosta, andт a sistemare di persona il nostro eroe in una graziosa mansarda che dava sull'immenso giardino del palazzo. Gli domandт quante camicie aveva comprato.
«Due,» rispose Julien, intimidito nel vedere un cosм gran signore abbassarsi a quei particolari.
«Benissimo,» replicт il marchese seriamente, e con un certo tono secco e imperativo che diede da pensare a Julien. «Benissimo. Prendetene altre ventidue. Eccovi il primo trimestre del vostro stipendio.»
Scendendo le scale, il marchese chiamт un uomo anziano: «Arsиne,» gli disse, «voi servirete il signor Sorel.» Pochi minuti dopo, Julien si trovт solo in una magnifica biblioteca: fu un momento delizioso. Per non farsi sorprendere nella sua emozione, andт a rifugiarsi in un angolo buio; di lа contemplт rapito i dorsi lucenti dei libri. «Potrт leggerli tutti,» si disse. «Come potrei trovarmi male qui? Rкnal si sarebbe sentito disonorato per sempre, se avesse fatto per me la centesima parte di quello che ha fatto il marchese de La Mole. Ma vediamo un po' che cosa devo copiare.» Finito il lavoro, Julien osт avvicinarsi ai libri: poco mancт che divenisse pazzo di gioia vedendo un'edizione completa di Voltaire. Corse ad aprire la porta della biblioteca per non farsi sorprendere. Poi si concesse il piacere di sfogliare ciascuno degli ottanta volumi. Magnificamente rilegati, erano il capolavoro del migliore artigiano di Londra. Sarebbe bastato assai meno per portare al colmo l'ammirazione di Julien.
Un'ora dopo il marchese entrт, guardт le copie e si accorse con stupore che Julien scriveva quello con una sola l: quelo. «Tutto ciт che l'abate mi ha detto sulla sua cultura и dunque una storia?» Il marchese, molto scoraggiato, gli disse con dolcezza:
«Non siete molto sicuro in ortografia?»
«И vero,» disse Julien senza pensare affatto al torto che si faceva. Era commosso della cortesia del marchese, che gli ricordava il tono duro di Rкnal.
«И tutto tempo sprecato, quello che impiego con questo abatino della Franca Contea,» pensт il marchese. «Ma avevo tanto bisogno di un uomo fidato!»
«Quello si scrive con due elle,» gli disse il marchese. «Quando avrete finito di copiare, cercate sul dizionario le parole di cui non siete sicuro.»
Alle sei il marchese lo fece chiamare e guardт con evidente fastidio gli stivali di Julien: «Devo rimproverarmi una cosa: non vi ho detto che tutti i giorni, alle cinque e mezzo, dovete cambiarvi.»
Julien lo guardava senza capire.
«Voglio dire che dovete mettere delle scarpe basse. Arsиne ve lo ricorderа; per oggi penserт io a scusarvi.»
Terminando queste parole, il marchese fece passare Julien in un salotto tutto splendente di dorature. In simili occasioni Rкnal non mancava mai di affrettare il passo per avere il privilegio di passare per primo. Per colpa della meschina vanitа del suo ex padrone, Julien pestт i piedi al marchese e gli fece molto male a causa della gotta. «Ah! per giunta и anche balordo!» pensт il marchese de La Mole. Lo presentт a una donna alta e di aspetto imponente. Era la marchesa. A Julien parve che avesse un'aria impertinente, un po' come la signora de Maugiron, la moglie del sottoprefetto del circondario di Verriиres, quando presenziava al pranzo per la festa di San Carlo. Un po' turbato dalla magnificenza del salotto, Julien non sentм quello che diceva il marchese de La Mole. La marchesa lo degnт appena di uno sguardo. C'erano alcuni uomini, tra i quali Julien riconobbe con un piacere indicibile il giovane vescovo di Agde, che si era degnato di rivolgergli la parola alcuni mesi prima durante la cerimonia a Bray-le-Haut. Il giovane prelato fu senza dubbio impaurito dallo sguardo tenero che, nella sua timidezza, Julien fissava su di lui e fece finta di non conoscere quel provinciale.
Sembrт a Julien che gli uomini riuniti in quel salotto avessero qualche cosa di triste e di impacciato: a Parigi si parla a bassa voce e non si esagerano le piccole cose.
Un giovane bello, coi baffi, molto pallido e molto slanciato, con una testa piccolissima, entrт verso le sei e mezzo.
«Vi farete sempre aspettare,» gli disse la marchesa mentre egli le stava baciando la mano.
Julien capм che quello era il conte de La Mole. Fin dal primo momento lo trovт affascinante.
«И mai possibile,» pensт, «che questo sia l'uomo che dovrebbe farmi scappare coi suoi scherzi offensivi?»
A forza di osservare il conte Norbert, Julien si accorse che questi aveva gli stivali e gli speroni. «E io invece devo portare le scarpe basse, evidentemente perchй sono un inferiore!» Si misero a tavola. Julien sentм la marchesa che diceva qualcosa in tono severo, alzando un po' la voce. Quasi contemporaneamente vide una ragazza, biondissima e molto ben fatta, che venne a sedersi di fronte a lui. Non gli piacque affatto: tuttavia, guardandola attentamente, pensт che non aveva mai visto degli occhi cosм belli, anche se denunciavano una grande freddezza d'animo. In seguito Julien notт che esprimevano un tedio indagatore, che perт non dimentica mai l'obbligo di incutere rispetto. «Eppure,» egli pensava, «la signora de Rкnal aveva occhi molto belli che sollecitavano i complimenti di tutti, ma non avevan nulla in comune con questi.» Julien non aveva abbastanza esperienza per accorgersi che era il fuoco di uno spirito arguto a far brillare ogni tanto gli occhi della signorina Mathilde (cosм la sentм chiamare). Gli occhi della signora de Rкnal si animavano, invece, per il fuoco delle passioni o per una generosa indignazione suscitata dal racconto di qualche malvagitа. Verso la fine del pasto, Julien riuscм a trovare una parola per definire i begli occhi di Mathilde de La Mole: «Sono scintillanti,» egli si disse. Quanto al resto, assomigliava terribilmente a sua madre, che gli piaceva sempre meno: smise, quindi, di guardarla. In compenso il conte Norbert gli sembrava degno di ammirazione sotto tutti i rispetti. Julien ne era talmente conquistato che non lo sfiorт neppure l'idea di esserne geloso e di odiarlo perchй era piщ ricco e piщ nobile di lui.
A Julien parve che il marchese avesse l'aria di annoiarsi.
Verso la seconda portata, egli disse a suo figlio:
«Norbert, ti prego di essere gentile col signor Julien Sorel, che ho appena assunto nel mio stato maggiore per farne un uomo. O almeno, и quelo che vorrei.»
«И il mio segretario privato,» disse poi il marchese al suo vicino, «e scrive quello con una l sola.»
Tutti guardarono Julien che, rivolto a Norbert, chinт il capo in modo un po' troppo accentuato: ma in generale il suo sguardo fu approvato.
Probabilmente il marchese aveva parlato del genere di educazione che Julien aveva ricevuto, perchй uno dei convitati lo attaccт su Orazio. «Proprio parlando di Orazio,» si disse Julien, «ho fatto bella figura col vescovo di Besanзon. И evidente che costoro non conoscono altro.» Da quel momento egli fu padrone di sй. La cosa gli riuscм facile, perchй aveva appena deciso che, per lui, Mathilde de La Mole non sarebbe mai stata una donna. Dopo essere stato in seminario, faceva poco conto degli uomini e difficilmente si lasciava intimidire da essi. Avrebbe disposto di tutto il suo sangue freddo, se la sala fosse stata arredata con minore magnificenza. In realtа, a intimidirlo ancora erano due specchi alti otto piedi ciascuno, nei quali ogni tanto, sempre parlando di Orazio, guardava il proprio interlocutore. Le sue frasi non erano troppo lunghe, per un provinciale. Aveva dei begli occhi, resi anche piщ splendenti dalla sua timida incertezza o dalla gioia quando rispondeva a tono. Lo trovarono simpatico. Quella specie di esame ravvivava un po' l'atmosfera tetra del pranzo. Il marchese, con un cenno, invitт l'interlocutore di Julien a metterlo alla frusta. «И possibile che sappia qualcosa?» pensava.
Julien cominciт a inventare e perse la sua timidezza: non tanto, и vero, da mostrare dello spirito, cosa che riesce assolutamente impossibile a chi non conosca il gergo di Parigi: ma ebbe delle idee nuove, anche se presentate senza garbo e non sempre a proposito, e tutti si accorsero che conosceva perfettamente il latino.
L'avversario di Julien apparteneva all'Accademia delle Iscrizioni e, per caso, sapeva il latino: trovт in Julien un ottimo umanista, non ebbe piщ paura di farlo arrossire e cercт realmente di metterlo in imbarazzo. Nel calore della discussione, Julien dimenticт finalmente la magnificenza della sala da pranzo e cominciт a esporre sui poeti latini delle idee che il suo interlocutore non aveva letto in nessuna pubblicazione.
Da uomo onesto qual era, quest'ultimo rese onore al giovane segretario. Per fortuna fu intavolata la questione se Orazio fosse povero o ricco; un uomo amabile, voluttuoso e spensierato che faceva versi per divertirsi, come Chapelle, l'amico di Moliиre e di La Fontaine, o un povero diavolo di poeta ufficiale, costretto a seguire la corte e a scrivere odi per la nascita del re, come Southey, l'accusatore di lord Byron. Si parlт della societа ai tempi di Augusto e di Giorgio IV; nell'una e nell'altra epoca l'aristocrazia era onnipotente, ma a Roma si vedeva strappare il potere da Mecenate, che era un semplice cavaliere, mentre in Inghilterra aveva ridotto Giorgio IV pressappoco nelle condizioni di un doge di Venezia. Questa discussione pareva scuotere il marchese dallo stato di torpore in cui lo aveva immerso la noia all'inizio del pranzo.
Julien non capiva nulla di tutti i nomi moderni come: Southey, lord Byron, Giorgio IV, che sentiva pronunciare per la prima volta. Ma non sfuggм a nessuno la sua indiscutibile superioritа, ogni volta che si parlava di fatti accaduti a Roma, la cui conoscenza era deducibile dalle opere di Orazio, di Marziale, di Tacito ecc. Julien si appropriт senza scrupolo di molte idee che aveva imparato dal vescovo di Besanзon, durante la loro famosa discussione; e non furono certo le meno gustate.
Quando furono stanchi di parlare di poeti, la marchesa, che si faceva un dovere di ammirare tutto ciт che divertiva suo marito, si degnт di guardare Julien.
«La goffaggine di questo giovane abate nasconde forse un uomo istruito,» disse l'accademico alla marchesa, che si trovava al suo fianco, e Julien riuscм a coglierne qualche parola. Le frasi fatte erano abbastanza congeniali allo spirito della padrona di casa: adottт questa definizione e si rallegrт di avere invitato a pranzo l'accademico. «Diverte il marchese,» ella pensava.
III • I PRIMI PASSI
Questa immensa valle piena di luci scintillanti e di tante migliaia di uomini abbacina i miei occhi. Nessuno mi conosce, tutti mi sono superiori. La mia mente si smarrisce.
«Poemi dell'avv. Reina»
Il giorno dopo, di buon mattino, Julien stava copiando alcune lettere in biblioteca, quando entrт Mathilde attraverso una porticina segreta, nascosta molto bene dietro i libri. Mentre Julien ammirava quella trovata, Mathilde appariva molto stupita e abbastanza contrariata di vederlo lм. Julien pensт che, con i bigodini in testa, ella aveva un aspetto duro, altero e quasi mascolino. Mathilde de La Mole conosceva il segreto di sottrarre dei libri nella biblioteca di suo padre senza che nessuno se ne accorgesse. Quella mattina la presenza di Julien rendeva inutile la sua manovra, ed ella ne fu tanto piщ contrariata in quanto era venuta a prendere il secondo volume de La principessa di Babilonia di Voltaire, degno complemento di una educazione eminentemente monarchica e religiosa, capolavoro del collegio del Sacro Cuore! Perchй un romanzo la interessasse, quella povera ragazza di diciannove anni aveva bisogno che fosse scabroso.
Il conte Norbert fece la sua apparizione in biblioteca verso le tre; veniva a studiare un giornale per poter discutere di politica la sera e si mostrт molto contento di incontrare Julien, di cui aveva dimenticato l'esistenza. Fu di una gentilezza perfetta e gli propose di fare una cavalcata.
«Mio padre ci lascia liberi fino all'ora di pranzo.»
Julien capм il senso di quel plurale e lo trovт incantevole.
«Dio mio, signor conte,» egli disse, «se si trattasse di abbattere un albero di ottanta piedi, di squadrarlo e di farne delle assi, oserei dire che me la caverei molto bene; ma quanto a cavalcare, non и capitato sei volte in tutta la mia vita.»
«Ebbene, sarа la settima,» disse Norbert.
Julien ricordava l'ingresso a Verriиres del re di ***, e in fondo credeva di cavalcare in modo meraviglioso. Ma tornando dal bois de Boulogne, nel bel mezzo della rue du Bac, egli cadde a terra per schivare bruscamente un calesse e si coprм di fango. Per sua fortuna aveva due vestiti. A pranzo il marchese, tanto per rivolgergli la parola, gli chiese informazioni sulla passeggiata: Norbert si affrettт a rispondere in termini vaghi.
«Il signor conte и pieno di gentilezza nei miei confronti,» disse Julien. «Lo ringrazio e apprezzo pienamente la sua cortesia. Mi ha usato la bontа di farmi dare il cavallo piщ mansueto e piщ bello. Non poteva perт inchiodarmici sopra e, in mancanza di una simile precauzione, sono cascato nel bel mezzo di quella strada cosм lunga, vicino al ponte.»
Mathilde cercт invano di trattenere una risata: poi fu tanto indiscreta da chiedere particolari. Julien se la cavт con molta semplicitа; senza saperlo, fu pieno di grazia.
«Mi sembra che questo pretino sia destinato a far fortuna,» disse il marchese all'accademico. «Un provinciale disinvolto in una simile circostanza! И una cosa che non si и mai vista e che non si vedrа mai piщ. E per giunta ci racconta la sua disavventura davanti a parecchie signore!»
Julien, parlando del suo infortunio, mise talmente a loro agio i suoi ascoltatori che alla fine del pranzo, quando la conversazione prese un altro corso, Mathilde cominciт a chiedere a suo fratello i particolari di quell'infelice avventura. E siccome le sue domande andavano per le lunghe e Julien incontrт piщ di una volta i suoi occhi, egli ebbe il coraggio di rispondere personalmente, anche se non era stato interrogato; e tutti e tre finirono col ridere, come avrebbero potuto fare tre ragazzi abitanti in un villaggio sperduto fra i boschi.
Il giorno dopo Julien andт a due lezioni di teologia, poi tornт per scrivere una ventina di lettere. Trovт sistemato accanto a lui, in biblioteca, un giovane vestito con molta cura: ma aveva un portamento meschino e sprizzava invidia da tutti i pori.
«Che fate qui, Tanbeau?» disse al nuovo venuto, in tono severo.
«Io credevo...» ribattй il giovane con un sorriso untuoso.
«No, signore, voi non credevate. И stato un tentativo, ma poco felice.»
Il giovane Tanbeau si alzт furibondo e scomparve. Era un nipote dell'accademico amico della signora de La Mole e voleva dedicarsi alle lettere. L'accademico aveva ottenuto che il marchese lo prendesse come segretario. Tanbeau, che lavorava in una stanza appartata, essendo venuto a conoscenza del favore di cui godeva Julien, aveva voluto condividerlo e quella mattina aveva trasferito il suo scrittoio in biblioteca.
Alle quattro Julien, dopo qualche esitazione, osт presentarsi in camera del conte Norbert. Questi stava per andare a cavalcare e, gentile com'era, fu imbarazzato.
«Penso,» disse a Julien, «che presto andrete al maneggio; e dopo qualche settimana sarт felicissimo di cavalcare con voi.»
«Volevo avere l'onore di ringraziarvi della bontа che mi avete usato. Credete pure, signore,» aggiunse Julien, molto serio, «che so tutto ciт che vi devo. Se il vostro cavallo non и ferito a causa della mia balordaggine di ieri, e se и libero, vorrei montarlo questa mattina.»
«Bene, mio caro Sorel, a vostro rischio e pericolo. Fate conto che io vi abbia rivolto tutte le obiezioni dettate dalla prudenza. Ma sono le quattro e non abbiamo tempo da perdere.»
Una volta a cavallo, Julien domandт al giovane conte:
«Che cosa bisogna fare per non cadere?»
«Molte cose,» rispose Norbert ridendo. «Per esempio, tenere il corpo all'indietro.»
Julien spinse il cavallo al gran trotto. Erano in piazza Luigi XVI.
«Ah! Pazzo!» disse Norbert. «Ci sono troppe carrozze e per di piщ guidate da imprudenti. Se cadete, vi schiacceranno, perchй nessuno vorrа rovinare la bocca al suo cavallo per fermarlo di colpo.»
Venti volte Norbert vide Julien sul punto di cadere: ma, alla fine, la passeggiata si concluse senza incidenti. Una volta rincasato, il giovane conte disse alla sorella:
«Vi presento un ardito rompicollo.»
A pranzo, parlando con suo padre da un capo all'altro della tavola, Norbert rese onore al coraggio di Julien: era la sola lode che si potesse rivolgere al suo modo di cavalcare. La mattina, il giovane conte aveva sentito gli stallieri, che governavano i cavalli in cortile, prendere argomento dalla caduta di Julien per deriderlo in modo oltraggioso.
Nonostante tutte quelle gentilezze, Julien si sentм ben presto completamente isolato in mezzo alla famiglia de La Mole. Tutte le abitudini gli sembravano strane, e non riusciva ad assuefarsi a nessuna. Le sue balordaggini riempivano di gioia i domestici.
L'abate Pirard era partito per la sua parrocchia. «Se Julien и una debole canna, si spezzi pure: se vale qualcosa, deve cavarsela da solo,» egli pensava.
IV • L'HФTEL DE LA MOLE
Che cosa ci fa qui? Gli piace starci?
Pensa forse di piacere?
Ronsard
Se tutto sembrava strano a Julien nel nobile salotto dell'hфtel de La Mole, il giovane pallido e vestito di nero sembrava a sua volta molto strano a coloro che si degnavano di rivolgergli uno sguardo. La signora de La Mole propose a suo marito di allontanarlo, con il pretesto di qualche incarico, quando certe persone erano invitate a pranzo.
«Voglio spingere l'esperimento fino in fondo,» rispose il marchese. «L'abate Pirard sostiene che sbagliamo, umiliando l'amor proprio di quelli che ammettiamo in casa nostra. Ci si puт appoggiare solo su ciт che offre resistenza, ecc. Costui и sconveniente solo perchй ha una faccia sconosciuta: per il resto и un sordomuto.»
«Per riuscire a orientarmi,» si diceva Julien, «bisogna che scriva il nome di tutti i frequentatori della casa, e un appunto sul loro carattere.»
In prima linea mise cinque o sei amici di casa che a ogni buon conto non perdevano occasione di fargli la corte, perchй lo ritenevano protetto da un capriccio del marchese. Erano dei poveri diavoli, piщ o meno insignificanti, ma a onore di questa categoria, quale la si trova oggi nei salotti aristocratici, bisogna dire che non erano servili allo stesso modo con tutti. Qualcuno di essi, che si sarebbe lasciato maltrattare dal marchese, si sarebbe rivoltato contro una parola dura della signora de La Mole.
C'erano troppa fierezza e troppa noia in fondo al carattere dei padroni di casa: essi erano troppo abituati a offendere per passatempo, perchй potessero avere dei veri amici. Ma, a parte i giorni di pioggia e di tedio feroce, che erano rari, si mostravano sempre di una squisita cortesia.
Se le cinque o sei persone compiacenti che testimoniavano a Julien una cosм paterna amicizia avessero disertato l'hфtel de La Mole, la marchesa avrebbe avuto dei momenti di grande solitudine; e per le donne del suo rango, la solitudine и tremenda: equivale all'essere caduti in disgrazia.
Il marchese, nei riguardi di sua moglie, era perfetto; vegliava a che il suo salotto fosse sempre frequentato, ma non dai pari: egli giudicava i suoi nuovi colleghi non abbastanza nobili per venire in casa sua come amici e neppure abbastanza divertenti per esservi ammessi come subalterni.
Soltanto dopo parecchio tempo Julien riuscм a penetrare questi segreti. La politica governativa, che и argomento abituale di conversazione nelle case borghesi, in quelle dell'alta aristocrazia и abbordata solo nei momenti di disperazione.
Il bisogno di divertirsi и tale, anche in questo secolo dominato dalla noia, che perfino quando c'erano dei pranzi, appena uscito il marchese tutti si davano alla fuga. Purchй non si scherzasse su Dio, nй sui preti, nй sul re, nй sulle persone importanti, nй sugli artisti protetti dalla corte, nй su ciт che tutti accettano come una norma: purchй non si parlasse bene nй di Bйranger, nй dei giornali di opposizione, nй di Voltaire, nй di Rousseau, nй di chiunque si prenda qualche libertа di parlare schiettamente: purchй, soprattutto, non si parlasse mai di politica, si poteva discutere liberamente di ogni cosa.
Non ci sono rendite di centomila scudi nй cordoni azzurri che tengano, di fronte a un simile codice salottiero. La minima idea un po' vivace passava per una volgaritа. Nonostante le buone maniere, la cortesia perfetta, il desiderio di riuscire graditi, su tutti i volti si leggeva la noia. I giovani che venivano a rendere omaggio, temendo di dire qualcosa che facesse sospettare un pensiero o tradisse una lettura proibita, dopo qualche parola elegante su Rossini o sul tempo, tacevano.
Julien osservт che di solito la conversazione era tenuta viva da due visconti e da cinque baroni che il marchese de La Mole aveva conosciuto durante l'emigrazione. Quei signori avevano una rendita che si aggirava tra le seimila e le ottomila lire; quattro di essi parteggiavano per La Quotidienne e tre per la Gazette de France. Uno aveva da raccontare ogni giorno qualche aneddoto sulla corte, in cui non si risparmiava certo la parola mirabile. Julien notт che costui aveva cinque decorazioni, mentre gli altri, in generale, ne avevano solo tre.
In compenso si vedevano in anticamera dieci lacchи in livrea, e per tutta la serata venivano serviti gelati o tи ogni quarto d'ora; verso mezzanotte, una specie di cena con vino di Champagne.
Era questo il motivo per cui a volte Julien si fermava sino alla fine: del resto egli non riusciva a capire come si potesse ascoltare seriamente la conversazione di quel salotto, dorato con tanta magnificenza. A volte osservava i suoi interlocutori per vedere se non si burlavano anch'essi di ciт che stavano dicendo. «De Maistre, che conosco a memoria, ha detto le stesse cose, ma cento volte meglio,» pensava. «Con tutto questo, и assai noioso anche lui.»
Julien non era il solo ad accorgersi di quell'asfissia morale. Gli uni si consolavano a forza di gelati: gli altri al pensiero di poter ripetere per tutto il resto della serata: «Vengo dall'hфtel de La Mole, dove ho saputo che la Russia, ecc.»
Julien venne a sapere da un suo sostenitore che, meno di sei mesi prima, la marchesa de La Mole aveva ricompensato una piщ che ventennale assiduitа, facendo ottenere una prefettura al povero barone Le Bourguignon, sottoprefetto fin dai tempi della Restaurazione. Questo grande avvenimento aveva ritemprato lo zelo di tutti quei signori: prima sarebbe bastato ben poco per offenderli, ora non si offendevano piщ di nulla. A dire il vero, era difficile che si mancasse apertamente di riguardo nei loro confronti, ma Julien, a tavola, aveva sorpreso due o tre brevissimi dialoghi tra il marchese e sua moglie, pieni di crudeltа per i loro vicini. I due nobili coniugi non dissimulavano il loro sincero disprezzo per tutti coloro i cui antenati non erano stati ammessi a salire sulle carrozze del re. Julien osservт che la parola crociata era l'unica che conferisse ai loro volti un'espressione di profonda serietа mista a rispetto. Il loro rispetto, normalmente, era sempre velato da un'ombra di degnazione.
In mezzo a tanta magnificenza e a tanta noia, Julien si occupava solo del marchese de La Mole; con piacere, un giorno lo sentм protestare di non avere avuto alcuna parte nella promozione di quel povero Le Bourguignon. Quella protesta era un atto di riguardo nei confronti della marchesa: Julien sapeva la veritа dall'abate Pirard.
Una mattina Julien stava lavorando con l'abate nella biblioteca del marchese, intorno all'interminabile processo Frilair.
«Reverendo,» disse improvvisamente il giovane, «pranzare tutti i giorni con la marchesa и uno dei miei doveri, oppure и una bontа che mi viene usata?»
«И un grande onore!» rispose l'abate scandalizzato. «N ***, l'accademico che da quindici anni fa una corte assidua alla famiglia, non и mai riuscito ad ottenerlo per suo nipote Tanbeau.»
«Per me, padre, и la parte piщ penosa del mio lavoro. Mi annoiavo meno in seminario. Qualche volta vedo sbadigliare perfino la signorina de La Mole, che pure deve essere abituata alle cortesie degli amici di casa. Ho sempre paura di addormentarmi. Per favore, procuratemi il permesso di andare a consumare dei pasti a quaranta soldi, in qualche modesta trattoria.»
L'abate Pirard, da vero parvenu, era molto sensibile all'onore di pranzare con un marchese. Mentre si sforzava di far capire questo sentimento a Julien, un lieve rumore fece voltare loro la testa. Julien vide Mathilde de La Mole che ascoltava, e arrossм. Ella era venuta a cercare un libro e aveva sentito tutto: cominciт cosм a nutrire un po' di stima per Julien. «Ecco uno che non и nato in ginocchio come quel vecchio abate,» pensт. «Dio mio, come и brutto!»
A tavola Julien non osava guardare Mathilde, ma fu lei ad avere la bontа di rivolgergli la parola. Quel giorno doveva venire molta gente e la fanciulla invitт Julien a fermarsi. Le giovani parigine non amano le persone di una certa etа, specie quando sono trasandate nel vestire. Julien non aveva avuto bisogno di molta perspicacia per accorgersi che i colleghi di Le Bourguignon, rimasti in salotto, avevano l'onore di essere l'abituale bersaglio dei frizzi della signorina de La Mole. Quel giorno, fosse o no ostentazione da parte sua, ella fu crudele con le persone noiose.
Mathilde era il centro di un piccolo gruppo che si formava quasi tutte le sere dietro l'immensa poltrona della marchesa. C'erano il marchese de Croisenois, il conte de Caylus, il visconte de Luz e altri due o tre giovani ufficiali, amici di Norbert o di sua sorella. Essi sedevano su un grande divano blu: all'estremitа opposta a quella occupata dalla brillante Mathilde, Julien era seduto silenziosamente su una piccola sedia di paglia piuttosto bassa. Quel posto modesto gli era invidiato da tutti i leccapiedi: Norbert proteggeva la dignitа del segretario di suo padre rivolgendogli la parola o pronunciando il suo nome due o tre volte per sera. Quella volta Mathilde gli domandт quale poteva essere l'altezza della montagna su cui sorgeva la cittadella di Besanзon. Julien non potй dire se era piщ o meno alta di Montmartre. Spesso rideva di cuore ascoltando ciт che si diceva in quel piccolo gruppo: ma si sentiva incapace di ideare qualcosa di simile. Era come una lingua straniera, che egli capiva senza essere in grado di parlarla.
Quel giorno gli amici di Mathilde prendevano continuamente di mira le persone che entravano nel vasto salotto. Dapprima ebbero la preferenza gli amici di casa, perchй erano meglio conosciuti. Potete immaginare se Julien stava attento: lo interessava tutto, tanto la sostanza delle cose quanto il modo di scherzarci sopra.
«Ah! ecco Descoulis,» disse Mathilde, «non ha piщ la parrucca. Che voglia arrivare alla prefettura in virtщ del suo ingegno, visto che sfoggia la sua testa calva? A sentir lui, и piena di pensieri profondi...»
«И un uomo che conosce tutti,» disse il marchese di Croisenois. «Viene anche a casa di mio zio cardinale. И capace di coltivare una menzogna presso ognuno dei suoi amici per vari anni di seguito, e ha circa trecento amici. Sa alimentare l'amicizia: questo и il suo talento. Cosм come lo vedete, alle sette del mattino, d'inverno, si trova giа tutto infangato alla porta di qualche amico. Ogni tanto litiga e scrive sette o otto lettere che alimentano la lite. Poi si riconcilia, e ne scrive altrettante per protestare la sua amicizia. Ma dove brilla di piщ, и nell'effusione franca e sincera dell'uomo onesto che si toglie ogni peso dal cuore. Questa manovra viene messa in atto quando ha qualche favore da chiedere. Uno dei grandi vicari di mio zio и straordinario quando racconta la vita di Descoulis dalla Restaurazione in poi. Un giorno o l'altro ve lo condurrт.»
«Be', io sarei propenso a non dar peso a simili chiacchiere. И gelosia di mestiere tra gente da poco,» disse il conte de Caylus.
«Descoulis avrа un nome nella storia,» ribattй il marchese. «Egli ha fatto la Restaurazione insieme con l'abate de Pradt con Talleyrand e con Pozzo di Borgo.»
«Quell'uomo ha maneggiato milioni,» disse Norbert, «e non concepisco che venga qui a buscarsi gli epigrammi spesso feroci di mio padre. "Quante volte avete tradito i vostri amici, mio caro Descoulis?" gli gridava l'altro giorno da un capo all'altro della tavola.»
«Ma и vero che ha tradito?» chiese la signorina de La Mole. «Ma chi non ha tradito?»
«Come!» disse il conte de Caylus a Norbert, «tra i vostri invitati c'и Sainclair, il famoso liberale. Cosa diavolo viene a fare qui? Bisogna che lo avvicini, che gli parli, che lo faccia parlare; si dice che abbia molto spirito.»
«Ma come lo accoglierа tua madre?» disse Croisenois. «Egli ha delle idee cosм strane, cosм generose, cosм indipendenti...»
«Guardate!» disse Mathilde. «Ecco l'uomo indipendente che si inchina fino a terra di fronte a Descoulis e gli prende la mano. Quasi quasi credevo che glie le baciasse...»
«Si vede che Descoulis и piщ potente di quanto credevamo,» rispose Croisenois.
«Sainclair viene qui per diventare accademico,» disse Norbert. «Guardate, Croisenois, come s'inchina al barone L...»
«Sarebbe meno ignobile mettersi in ginocchio,» osservт de Luz.
«Mio caro Sorel,» disse Norbert, «voi che siete un uomo di spirito, ma che scendete dalle montagne, cercate di non salutare mai nessuno come fa quel grande poeta, nemmeno il Padreterno.»
«Ah! ecco l'uomo di spirito per eccellenza, il barone Bвton,» disse Mathilde de La Mole, imitando un poco la voce del lacchи che lo aveva annunziato.
«Credo che anche i vostri servi si prendano gioco di lui. Che nome! Barone Bвton!» disse de Caylus.
«Che importa il nome, ci diceva l'altro giorno. Pensate al duca de Bouillon annunciato per la prima volta: al pubblico non manca che un po' di abitudine nei miei riguardi...» riprese Mathilde.
Julien si allontanт dal divano. Ancora poco sensibile alle squisite finezze di una lieve ironia, per ridere di uno scherzo pretendeva che fosse ben fondato. Nei pettegolezzi di quei giovani egli coglieva solo un tono di generica maldicenza e ne era urtato. Il suo puritanismo provinciale, o inglese che fosse, era tale da indurlo a scorgere nelle loro parole perfino dell'invidia: e in questo si sbagliava sicuramente.
«Il conte Norbert,» egli pensava, «che ho visto scrivere tre brutte copie per una lettera di venti righe al suo colonnello, sarebbe ben felice se in tutta la sua vita avesse scritto una sola pagina paragonabile a quelle di Sainclair.»
Passando inosservato, grazie alla sua scarsa importanza, Julien si avvicinт successivamente a vari gruppi; seguiva da lontano il barone Bвton perchй voleva sentirlo parlare. Quell'uomo cosм pieno di spirito aveva un'aria inquieta e Julien lo vide riprendersi un poco solo quando ebbe trovato tre o quattro frasi argute. Parve a Julien che quel genere di spirito avesse bisogno di spazio.
Il barone non riusciva a escogitare delle brevi battute: per essere brillante aveva bisogno di almeno quattro frasi di sei righe ciascuna.
«Quest'uomo disserta, non conversa» disse qualcuno alle spalle di Julien. Questi si voltт e arrossм di piacere udendo il nome del conte Chalvet. Era l'uomo piщ acuto del secolo. Julien aveva trovato spesso il suo nome nel Memoriale di Sant'Elena e nei brani storici dettati da Napoleone. Il conte Chalvet era conciso nei suoi discorsi: le sue uscite erano dei lampi, giusti, vivi, profondi. Se parlava di una cosa, immediatamente la discussione faceva un passo avanti: presentava dei fatti, ed era un piacere ascoltarlo. Peraltro, in politica era cinico, sfrontato.
«Io sono un uomo indipendente,» egli diceva a un signore che portava tre decorazioni e di cui pareva prendersi gioco. «Perchй pretendete che oggi io abbia la stessa opinione di sei settimane fa? In tal caso sarei schiavo della mia opinione.»
Quattro giovani pieni di serietа, che facevano cerchio intorno a lui, si rabbuiarono. Non erano tipi da amare gli scherzi. Il conte vide che si era spinto troppo avanti. Per fortuna scorse quel brav'uomo di Balland, tartufo dell'onestа. Il conte si mise a parlare con lui: gli altri si avvicinarono, capirono che il povero Balland sarebbe stato immolato. A forza di fare la morale e di ostentare la moralitа, Balland, nonostante la sua orribile bruttezza, dopo un esordio in societа difficile a raccontarsi, aveva sposato una donna ricchissima, che era morta: poi un'altra donna ricchissima, che non si vedeva mai in giro. Ora godeva in tutta umiltа di una rendita di sessantamila lire e aveva anche lui degli adulatori. Il conte Chalvet gli parlт di tutto questo senza pietа. Ben presto intorno ad essi si formт un cerchio di trenta persone. Tutti sorridevano, anche quei giovanotti seri, speranza del secolo.
«Perchй viene in questa casa dove и chiaramente lo zimbello di tutti?» pensт Julien. Si avvicinт all'abate Pirard per domandarglielo.
Balland riuscм a svignarsela.
«Bene!» disse Norbert. «Ecco una delle spie di mio padre che se ne и andata. Non resta piщ che quello zoppetto di Napier.»
«И forse questa la chiave dell'enigma?» pensт Julien. «Ma in questo caso, perchй il marchese riceve Balland?»
Il severo abate Pirard se ne stava in un angolo, scuro in volto, ascoltando i nomi che venivano annunciati dai lacchи.
«Ma и proprio un covo,» egli diceva come Basilio. «Non vedo arrivare che gente tarata.»
Il fatto и che il severo abate Pirard non conosceva le usanze dell'alta societа. Ma, grazie ai suoi amici giansenisti, aveva delle nozioni esattissime sugli uomini che riescono a introdursi nei salotti solo con la loro astuzia posta al servizio di tutti i partiti o in virtщ di una ricchezza scandalosa. Per qualche minuto, quella sera, l'abate rispose alle domande insistenti di Julien con estrema franchezza, poi si fermт di colpo, desolato perchй doveva dire sempre male di tutti, e quasi sentendosi in colpa. Bilioso, giansenista e credente nel dovere della caritа cristiana, la sua vita in societа era una lotta continua.
«Che faccia ha quell'abate Pirard!» disse Mathilde de La Mole, mentre Julien si avvicinava nuovamente al divano.
Julien si sentм irritato, anche se non poteva darle torto. Pirard era senza dubbio l'uomo piщ onesto che ci fosse in salotto, ma il suo viso, coperto di chiazze rossastre esteso dai rimorsi di coscienza, in quel momento era ripugnante. «E poi andate a credere alle fisionomie,» pensт Julien. «L'abate Pirard ha un'espressione atroce proprio nell'istante in cui la sua delicatezza gli rimprovera qualche peccato insignificante; mentre sul viso di Napier, che и una spia nota a tutti, si puт leggere una pura e tranquilla felicitа.» Eppure l'abate Pirard aveva fatto grandi concessioni alle esigenze della sua nuova posizione sociale: aveva preso un domestico ed era vestito con grande eleganza.
Julien notт qualcosa di strano nel salotto: un volgersi di tutti gli occhi verso la porta e quasi un silenzio improvviso. Il cameriere annunciava il famoso barone de Tolly, su cui le ultime elezioni avevano richiamato l'attenzione generale. Julien si fece avanti e lo vide benissimo. Il barone, nella sua qualitа di presidente di un seggio, aveva avuto la luminosa idea di far scomparire le schede recanti i voti di un partito. Ma, in compenso, le aveva sostituite di volta in volta con altre schede su cui era scritto un nome a lui grato. Alcuni elettori, accortisi di quella manovra decisiva, si affrettarono a complimentarsi col barone de Tolly. Il brav'uomo era ancora pallido per quella mossa importantissima. Spiriti malnati avevano parlato di galera. Il marchese de La Mole lo ricevette freddamente: e il povero barone scappт via.
«Se ci lascia cosм presto, и per andare da Comte,» disse il conte Chalvet: e tutti risero.
In mezzo ad alcuni grandi signori taciturni e a diversi intriganti, in gran parte tarati ma uomini di spirito, che quella sera approdavano uno dopo l'altro al salotto di La Mole (si faceva il nome del marchese per un ministero), il piccolo Tanbeau compiva i suoi primi passi. Se non aveva ancora acutezza di vedute, vi suppliva, come si vedrа, con l'energia della parola.
«Perchй non condannare quell'uomo a dieci anni di prigione?» egli stava dicendo, proprio quando Julien si avvicinт al suo gruppo. «Bisogna confinare i rettili in fondo a una fossa e farli morire nelle tenebre, altrimenti il loro veleno si fa piщ potente e pericoloso. A che serve condannare costui a mille scudi di multa? И povero, d'accordo, e tanto meglio: ma il suo partito pagherа per lui. Bisognava dargli una multa di cinquecento franchi e dieci anni di reclusione in segreta.»
«Buon Dio! Chi sarа mai il mostro di cui si sta parlando?» pensт Julien, che osservava meravigliato il tono veemente e i gesti bruschi del suo collega. Il viso piccolo, magro e tirato del nipote preferito dell'accademico era ripugnante in quel momento. Julien seppe ben presto che l'uomo di cui si parlava era il piщ grande poeta dell'epoca.
«Ah, mostro!» esclamт Julien quasi ad alta voce, mentre generose lacrime bagnavano i suoi occhi. «Miserabile!» pensт. «Ti farт pagare queste parole. Eppure sono questi i paladini del partito di cui il marchese и uno dei capi! E l'uomo illustre che calunnia, quante decorazioni, quante sinecure avrebbe accumulato, se si fosse venduto, non dico allo spregevole ministero di Nerval, ma a qualcuno dei ministri abbastanza onesti che abbiamo visto succedersi?»
L'abate Pirard, da lontano, fece segno a Julien; La Mole gli aveva appena detto qualcosa. Ma quando Julien, che in quel momento ascoltava ad occhi bassi le geremiadi di un vescovo, fu finalmente libero e riuscм a raggiungere il suo amico, lo trovт accaparrato da quel piccolo verme di Tanbeau. Il miserabile detestava l'abate, sapendo che il favore di cui godeva Julien era opera sua, e tuttavia veniva a fargli la corte.
«Quand'и che la morte ci libererа di quel vecchio putridume?» In questi termini di biblica energia quel letteratucolo stava parlando del rispettabile Lord Holland. Il suo merito principale consisteva nel conoscere alla perfezione la biografia dei contemporanei, ed egli aveva appena fatto una rapida rassegna degli uomini che potevano aspirare a qualche influenza sotto il regno del nuovo sovrano d'Inghilterra.
L'abate Pirard passт in un salotto vicino: Julien lo seguм: «Il marchese non ama gli scribacchini, vi avviso; sono le uniche persone che gli riescono antipatiche. Sappiate il latino, il greco se vi riesce, la storia degli egizi, dei persiani ecc., ed egli vi onorerа e vi proteggerа come un dotto. Ma non scrivete mai una pagina in francese, e tanto meno su argomenti gravi e superiori alla vostra condizione sociale. Vi chiamerebbe scribacchino e vi prenderebbe in uggia. Come и possibile che, abitando nel palazzo di un gran signore, voi ignoriate le parole del duca de Castries su D'Alembert e Rousseau: "Vogliono parlare di tutto e non hanno neppure mille scudi di rendita"?»
«Nulla resta segreto,» pensт Julien, «qui come in seminario!» Egli aveva scritto otto o dieci pagine enfatiche, una specie di elogio storico del vecchio maggiore medico che aveva fatto di lui un uomo (almeno, cosм Julien diceva). «Eppure il mio quadernetto,» pensт il giovane, «и sempre stato chiuso a chiave!» Salм in camera sua, bruciт il manoscritto e tornт in salotto. I bricconi di spirito se n'erano andati: rimanevano soltanto quelli col petto coperto di decorazioni.
Intorno alla tavola, che i domestici avevano portato giа apparecchiata, c'erano sette o otto donne molto nobili, molto pie, molto manierate, fra i trenta e i trentacinque anni d'etа. La brillante marescialla de Fervaques entrт scusandosi per l'ora tarda (era mezzanotte passata) e andт a sedersi vicino alla marchesa. Julien fu profondamente colpito: la marescialla aveva gli occhi e lo sguardo della signora de Rкnal.
C'era ancora gente intorno alla signorina de La Mole, che coi suoi amici era intenta a prendersi gioco del povero conte de Thaler, figlio unico di quell'ebreo famoso per le ricchezze da lui accumulate prestando soldi ai re per muovere guerra ai popoli. L'ebreo era morto da poco lasciando a suo figlio una rendita di centomila scudi al mese e un nome, ahimи, anche troppo conosciuto! Una situazione cosм singolare avrebbe richiesto un carattere semplice o una grande forza di volontа.
Per sua fortuna, il conte era solo un buon uomo pieno d'ogni sorta di pretese, ispirategli dai suoi adulatori.
Caylus sosteneva che gli era stata inculcata la volontа di chiedere la mano della signorina de La Mole (a cui faceva la corte il marchese di Croisenois, in procinto di diventare duca con una rendita di centomila lire).
«Ah, non accusatelo di avere una volontа,» diceva Norbert in tono di commiserazione.
Il maggior difetto del povero conte de Thaler era proprio l'incapacitа di volere. Per quel lato del suo carattere egli sarebbe stato degno di essere re. Chiedeva continuamente consigli a tutti, ma non aveva mai il coraggio di seguire un parere sino in fondo.
La sua fisionomia sarebbe bastata da sola, diceva la signorina de La Mole, a ispirarle una gioia eterna. Era uno strano miscuglio di inquietudine e di delusione, ma di tanto in tanto vi si potevano facilmente distinguere dei rigurgiti di boria e di quel tono perentorio indispensabile all'uomo piщ ricco di Francia, soprattutto quando и abbastanza prestante e non ha ancora compiuto trentasei anni.
«И timidamente insolente,» diceva Croisenois. Il conte de Caylus, Norbert e due o tre giovani coi baffi lo presero in giro finchй vollero, senza che egli se ne accorgesse, e finalmente lo congedarono quando suonava l'una.
«Sono i vostri famosi cavalli arabi quelli che vi aspettano alla porta con questo tempo?» gli domandт Norbert.
«No, и una nuova pariglia, molto meno costosa,» rispose Thaler. «Il cavallo di sinistra mi costa cinquemila franchi e quello di destra vale soltanto cento luigi. Ma vi prego di credere che lo faccio attaccare solo di notte; il suo trotto и perfettamente simile a quello dell'altro.»
L'osservazione di Norbert fece pensare al conte che era doveroso per un uomo come lui avere la passione dei cavalli, e che non doveva lasciare i suoi a bagnarsi sotto la pioggia. Sicchй egli se ne andт e un minuto dopo uscirono anche gli altri, continuando a prenderlo in giro.
«Cosм,» pensava Julien sentendoli ridere sulle scale, «mi и stato concesso di vedere anche la situazione esattamente opposta alla mia! Io non ho neppure venti luigi di rendita e mi sono trovato accanto a un uomo che ha una rendita di venti luigi all'ora; eppure si burlavano di lui... Un simile esempio guarisce da ogni invidia.»
V • LA SENSIBILITА И UNA GRAN DAMA DEVOTA
Un'idea un po' vivace passa per una volgaritа, tanta и l'abitudine alle parole comuni. Guai a chi, parlando, inventa qualcosa!
«Faublas»
Ecco il punto a cui era arrivato Julien dopo parecchi mesi di prove, quando l'intendente del marchese gli consegnт il terzo trimestre di stipendio. La Mole gli aveva affidato l'incarico di seguire l'amministrazione delle sue terre in Bretagna e in Normandia. Julien vi andava spesso. Aveva la principale responsabilitа della corrispondenza relativa al famoso processo con l'abate Frilair. L'abate Pirard gli aveva dato tutte le istruzioni.
Sulla base di rapidi appunti scarabocchiati dal marchese in margine alle carte d'ogni genere che riceveva, Julien compilava delle lettere che per la maggior parte venivano firmate.
Alla scuola di teologia i professori si lamentavano della sua scarsa assiduitа, nondimeno lo consideravano come uno degli allievi piщ dotati. Questi diversi lavori, intrapresi con tutto l'ardore di una tormentata ambizione, gli avevano fatto perdere in poco tempo il fresco colorito che aveva portato con sй dalla provincia. Il suo pallore era un titolo di merito agli occhi dei giovani seminaristi suoi compagni; Julien li trovava molto meno cattivi, molto meno proni dinanzi al denaro, di quanto lo fossero quelli di Besanзon. Quanto ad essi, lo credevano malato di petto. (Il marchese gli aveva regalato un cavallo: e, temendo di essere incontrato durante le sue cavalcate, Julien aveva detto ai suoi compagni che questo esercizio gli era stato prescritto dai medici.) L'abate Pirard lo aveva condotto in diverse compagnie di giansenisti. Julien fu sbalordito: nella sua mente l'idea della religione era invincibilmente legata all'idea di ipocrisia e alla speranza di guadagnare del denaro. Ammirт quegli uomini pii e severi, che non pensavano ai propri interessi. Parecchi di quei giansenisti lo avevano preso in simpatia e gli davano dei consigli. Un mondo nuovo si apriva davanti al giovane. Tra i giansenisti egli conobbe un certo conte Altamira: un uomo alto quasi sei piedi, liberale, condannato a morte nel suo paese e molto pio. Questo strano contrasto tra devozione religiosa e amore della libertа colpм il nostro eroe.
I rapporti di Julien con il giovane conte de La Mole si erano raffreddati. Norbert aveva notato che egli rispondeva troppo vivacemente agli scherzi di alcuni suoi amici. Julien, d'altro canto, essendo venuto meno una volta o due alle convenienze, si era imposto di non rivolgere mai la parola a Mathilde. In casa tutti erano sempre di una squisita cortesia nei suoi confronti; ma egli si sentiva decaduto. Il suo buon senso di provinciale gli spiegava la cosa col proverbio popolare: «И bello quel che и nuovo».
Forse Julien era un poco piщ chiaroveggente che nei primi giorni; oppure il primo entusiasmo prodotto dall'urbanitа dei parigini si era dissipato.
Appena il giovane smetteva di lavorare, cadeva in preda a una noia tremenda: era la conseguenza della cortesia meravigliosa, ma cosм misurata, cosм sapientemente dosata secondo la condizione sociale di ognuno, che contraddistingue l'alta societа e inaridisce l'animo. Un cuore un po' sensibile vi sente l'artificio.
Senza dubbio si possono rimproverare alla provincia i modi comuni e alla buona: ma i provinciali mettono del calore nelle loro risposte. All'hфtel de La Mole l'amor proprio di Julien non era mai ferito: ma spesso, alla fine d'una giornata, egli aveva voglia di piangere. In provincia, se entrando in un caffи vi capita un piccolo incidente, il cameriere si interessa a voi: ma se questo incidente ha qualcosa di sgradevole per il vostro amor proprio, pur continuando a compiangervi, il cameriere ripeterа dieci volte la parola che vi ferisce. A Parigi vi usano l'attenzione di prendervi in giro quando non siete presente, perт restate sempre un estraneo.
Passiamo sotto silenzio una serie di piccole avventure che avrebbero messo Julien in una luce ridicola, se egli non fosse stato in certo qual modo in posizione inferiore al ridicolo. Una folle sensibilitа gli faceva commettere migliaia di goffaggini. Tutto il suo piacere consisteva nell'imparare a procurarsi dei mezzi di difesa: ogni giorno si esercitava con la pistola ed era un bravo allievo dei piщ famosi maestri di scherma. Non appena aveva un momento libero, invece di impiegarlo a leggere come una volta, correva al maneggio e chiedeva i cavalli piщ ombrosi. Nelle passeggiate che faceva col maestro di equitazione veniva quasi regolarmente disarcionato.
Il marchese lo trovava utile per la sua ostinata operositа, per il suo silenzio e la sua intelligenza: e a poco a poco gli affidт tutti gli affari un po' difficili da sbrogliare. Quando la sua grande ambizione gli lasciava un po' di tempo libero, il marchese faceva degli affari con sagacia, essendo in grado di conoscere delle notizie utili, giocava in borsa con buona fortuna. Comprava case e boschi: ma si irritava facilmente. Regalava centinaia di luigi e poi litigava per un centinaio di franchi. Gli uomini ricchi e di animo nobile cercano negli affari un divertimento, non dei risultati. Il marchese aveva bisogno di un capo di stato maggiore che mettesse ordine, in modo chiaro e facilmente comprensibile, nei suoi affari di denaro.
La marchesa, nonostante il suo carattere molto riservato, si burlava qualche volta di Julien. L'imprevisto, che nasce dalla sensibilitа, fa inorridire le grandi dame perchй и agli antipodi delle convenienze. Due o tre volte il marchese assunse le difese di Julien: «Se и ridicolo nel vostro salotto, trionfa nel suo ufficio.» Julien, da parte sua, credette di indovinare il segreto della marchesa. Ella si degnava di interessarsi a qualsiasi cosa non appena veniva annunciato il barone de La Joumate. Era questi un essere freddo, dall'aspetto impassibile, piccolo, esile, brutto, molto elegante: passava la vita a corte e in generale non diceva mai niente di nessuna cosa. Tale era anche il suo modo di pensare. Madame de La Mole sarebbe stata veramente felice, per la prima volta nella sua vita, se avesse potuto farne il marito di sua figlia.
VI • MODO DI PRONUNCIARE
La loro alta missione consiste nel giudicare con calma i piccoli avvenimenti della vita quotidiana dei popoli. La loro saggezza deve prevenire le grandi collere provocate da futili motivi o da avvenimenti che la voce della fama travisa, portandoli ad estreme conseguenze.
Gratius
Pur essendo un nuovo venuto, che per orgoglio non faceva mai domande, Julien non commise sciocchezze eccessive. Un giorno, in un caffи di rue Saint-Honorй dov'era stato spinto da un improvviso acquazzone, vide un uomo alto, in finanziera di panno, che, stupito dal suo sguardo cupo, lo guardт a sua volta, proprio come lo aveva guardato a Besanзon l'amico di Amanda.
Troppe volte Julien si era rimproverato di aver lasciato correre quel primo insulto per sopportare un simile sguardo. Chiese una spiegazione. L'uomo gli rispose immediatamente con le piщ volgari ingiurie: tutti quelli che erano nel caffи si strinsero intorno a loro e i passanti si fermarono davanti alla porta. Per una precauzione da provinciale, Julien portava sempre con sй delle piccole pistole: la sua mano ne stringeva ora una convulsamente nella tasca. Tuttavia egli riuscм a controllarsi e si limitт a ripetere continuamente al suo uomo: «Signore, il vostro indirizzo? Io vi disprezzo.»
La costanza con cui Julien insisteva su quelle sette parole finм col far colpo sulla folla.
«Perdiana! Bisogna pure che quel tale, che parla da solo, gli dia il suo indirizzo.»
L'individuo in finanziera, a forza di sentire quella frase ostinatamente ripetuta, gettт in faccia a Julien cinque o sei biglietti da visita. Per fortuna nessuno di questi lo colpм in faccia: il nostro eroe si era ripromesso di usare le pistole solo se fosse stato toccato.
L'uomo se ne andт, non senza voltarsi di tanto in tanto per minacciarlo col pugno e per rivolgergli delle ingiurie.
Julien si sentм madido di sudore. «Dunque, anche l'ultimo degli uomini puт sconvolgermi in questo modo!» si diceva con rabbia. «Come potrт distruggere una sensibilitа cosм umiliante?»
Dove trovare un padrino? Non aveva un amico. Aveva fatto parecchie conoscenze ma tutti, regolarmente, dopo sei settimane si allontanavano da lui. «Non sono un uomo socievole ed eccomi crudelmente punito,» pensт. Infine gli venne l'idea di andare in cerca di un ex tenente del 96° reggimento di nome Liйvin, un povero diavolo con cui tirava spesso di scherma. E fu sincero con lui.
«Accetto volentieri di farvi da padrino,» disse Liйvin, «ma a una condizione: se non ferite il vostro avversario, vi batterete con me seduta stante.»
«D'accordo,» rispose Julien con entusiasmo: e se ne andarono in cerca del signor de Beauvoisis, all'indirizzo indicato sui suoi biglietti da visita, in fondo al faubourg Saint-Germain.
Erano le sette del mattino. Solo quando si fece annunciare, Julien pensт che poteva benissimo trattarsi del giovane parente della signora de Rкnal, un tempo impiegato all'ambasciata di Roma o di Napoli, che aveva dato una lettera di raccomandazione al cantante Geronimo.
Julien aveva consegnato a un cameriere grande e grosso il suo biglietto da visita insieme con uno di quelli che gli erano stati gettati in faccia il giorno prima.
Lui e il suo padrino dovettero attendere tre quarti d'ora: poi furono introdotti in un appartamento di sontuosa eleganza. Vi trovarono un giovane alto, messo come una bambola: i suoi tratti avevano la perfezione e l'insignificanza della bellezza greca. La sua testa, notevolmente stretta, si allungava in una piramide di capelli di un bellissimo colore biondo, arricciati con molta cura: non se ne vedeva uno fuori di posto. «И per farsi arricciare cosм,» pensт il tenente del 96° reggimento, «questo maledetto vanesio ci ha fatto aspettare tanto!» La vestaglia a colori vivaci, i pantaloni da camera, tutto, persino le pantofole ricamate, era elegante e meravigliosamente curato. La fisionomia del giovane, nobile ma vacua, annunciava poche idee e tutte perbene: l'ideale dell'uomo amabile, l'odio per l'imprevisto e i motti di spirito, molta serietа.
Julien, a cui il tenente del 96° reggimento aveva spiegato che farsi attendere cosм a lungo, dopo avergli gettato in faccia i biglietti da visita, era una nuova offesa, entrт nell'appartamento di Beauvoisis con una certa furia. Aveva intenzione di essere insolente, ma nello stesso tempo avrebbe desiderato comportarsi secondo le buone maniere.
Fu talmente colpito dalla gentilezza di Beauvoisis, dal suo contegno compassato, e nel contempo autorevole e contento di sй, dalla mirabile eleganza di ciт che lo circondava, che smise in un batter d'occhio ogni intenzione di essere insolente. Non era l'uomo del giorno prima. Il suo stupore fu tale, nel trovare un essere cosм distinto in luogo dell'individuo volgare incontrato al caffи, che non riuscм a spiccicare una parola. Esibм uno dei biglietti da visita che gli erano stati gettati.
«И il mio nome,» disse quell'uomo elegante, al quale l'abito nero che Julien indossava alle sette del mattino ispirava scarsa considerazione. «Ma non capisco, parola d'onore...»
Il modo di pronunciare queste ultime parole restituм a Julien un po' del suo malumore.
«Vengo per battermi con voi, signore,» egli rispose: e spiegт rapidamente tutta la storia.
Charles de Beauvoisis, dopo averci riflettuto a lungo, era ora abbastanza soddisfatto del taglio dell'abito nero di Julien. «И di Staub, non c'и dubbio,» si diceva il giovane, mentre lo ascoltava. «Il panciotto и di buon gusto, le scarpe sono eleganti; perт, quest'abito nero di prima mattina!... Sarа per sfuggire meglio alla pallottola!»
E non appena ebbe trovata questa spiegazione, egli riprese con Julien un tono di perfetta cortesia, quasi da pari a pari. Il colloquio fu piuttosto lungo, la faccenda era delicata: ma alla fine Julien dovette arrendersi all'evidenza. Quel giovanotto cosм a modo non assomigliava affatto al volgare individuo che lo aveva insultato il giorno prima.
Julien provava un'invincibile ripugnanza ad andarsene, e tirava in lungo la spiegazione. Osservava la sicumera del cavaliere de Beauvoisis (come lui stesso si era qualificato, infastidito perchй Julien lo chiamava semplicemente signore). Ammirava la sua gravitа, non disgiunta da una certa aria fatua, modesta, sм, ma che non lo abbandonava un istante. Era anche stupito del suo modo singolare di muovere la lingua pronunciando le parole... Ma, in fin dei conti, in tutto ciт non vi era la minima ragione di prendersela con lui.
Il giovane diplomatico, con molta buona grazia, offriva di battersi, ma l'ex tenente del 96°, che da un'ora se ne stava seduto con le gambe divaricate, le mani sulle cosce e i gomiti in fuori, decise che il suo amico Sorel non era il tipo da attaccare briga a tutti i costi con un uomo, solo perchй a quest'uomo erano stati rubati dei biglietti da visita.
Julien uscм di pessimo umore. La carrozza stava aspettando il cavaliere di Beauvoisis nel cortile, davanti alla scalinata: per caso Julien alzт gli occhi e nel cocchiere riconobbe il suo uomo.
Vederlo, tirarlo per le falde della giubba, farlo cadere da cassetta e tempestarlo di frustate fu questione di un attimo. Due lacchи tentarono di aiutare il loro compagno e Julien si buscт dei pugni: ma subito egli caricт una delle sue pistole e sparт su di loro, che se la diedero a gambe. Tutto ciт accadde in men che non si dica.
Il cavaliere de Beauvoisis scendeva la scala con la piщ comica serietа, ripetendo con la sua pronuncia da gran signore:
«Ma che succede? Che succede?» Era evidentemente molto curioso, ma la sua importanza di diplomatico gli impediva di dimostrare maggior interesse. Quando seppe di che cosa si trattava, i suoi tratti denunciarono quel contrasto tra l'alterigia e il sangue freddo lievemente ironico che non deve mai abbandonare il volto di un diplomatico.
Il tenente del 96° capм che Beauvoisis aveva voglia di battersi e, lui pure diplomaticamente, volle conservare al suo amico i vantaggi dell'iniziativa.
«Stavolta c'и motivo per un duello!» egli esclamт.
«Lo credo bene,» rispose il diplomatico, poi si rivolse ai suoi lacchи: «Non voglio piщ vedere questo lazzarone! Uno di voi salga a cassetta.» Venne aperto lo sportello della carrozza: il cavaliere volle assolutamente che Julien e il suo padrino si accomodassero. Andarono in cerca di un amico di Beauvoisis, che indicт un luogo tranquillo. Nell'andata, la conversazione ebbe un ottimo tono. Di strano c'era solo il diplomatico in veste da camera.
Julien pensт: «Questi signori, anche se molto nobili, non sono affatto noiosi come gli ospiti del marchese de La Mole. E capisco perchй si permettono di essere indecenti,» soggiunse a se stesso, udendoli parlare di ballerine che il pubblico aveva particolarmente applaudito in un balletto, il giorno prima. Quei signori accennavano a storielle salaci che Julien e il tenente suo padrino ignoravano assolutamente. Julien non fu cosм sciocco da fingere di conoscerle e confessт la propria ignoranza: la sua franchezza piacque all'amico del cavaliere, che gli raccontт le storielle con grande abbondanza di particolari e con molto brio.
Una cosa stupм enormemente Julien. Un altare provvisorio, che si stava costruendo in mezzo alla strada per la processione del Corpus Domini, arrestт per un attimo la carrozza. Beauvoisis e l'amico si permisero alcune amenitа: secondo loro, il prete era figlio di un arcivescovo. In casa del marchese de La Mole, che voleva diventare duca, non ci si sarebbe mai permessi una simile affermazione.
Il duello finм in un attimo. Julien si buscт una palla in un braccio: lo fasciarono usando dei fazzoletti bagnati nell'acquavite, poi il cavaliere de Beauvoisis lo pregт molto gentilmente di lasciarsi ricondurre a casa nella stessa carrozza con cui era venuto. Quando Julien indicт l'hфtel de La Mole, il giovane diplomatico e il suo amico si scambiarono un'occhiata. A disposizione c'era anche la carrozza pubblica di Julien, ma egli trovava la conversazione di quei signori mille volte piщ divertente di quella del buon tenente del 96°.
«Dio mio! Un duello non и altro che questo?» pensava Julien. «Che fortuna, l'aver ritrovato quel cocchiere! Come sarei stato infelice, se avessi dovuto sopportare per la seconda volta una simile insolenza!» La piacevole conversazione non aveva quasi conosciuto sosta. Julien capм allora che l'affettazione diplomatica и buona a qualcosa.
«La noia,» egli pensava, «non и dunque inevitabile in una conversazione tra nobili! Questi qui scherzano sulla processione del Corpus Domini e osano raccontare, con particolari pittoreschi, delle storielle molto scabrose. Manca loro soltanto la capacitа di discutere di politica, ma questa mancanza и piщ che compensata dalla grazia dei loro modi e dalla perfetta proprietа delle loro espressioni.» Julien sentiva per essi una viva simpatia. «Come vorrei poterli vedere spesso!»
Appena si furono lasciati, il cavaliere de Beauvoisis corse a prendere informazioni e non furono molto brillanti.
Era molto curioso di conoscere meglio il suo uomo: poteva fargli visita senza violare le convenienze? Le poche notizie che riuscм a raccogliere non erano incoraggianti.
«И orribile!» egli disse al suo padrino. «Non potrт mai confessare di essermi battuto con un semplice segretario del marchese de La Mole e, inoltre, per colpa del mio cocchiere che mi ha rubato dei biglietti da visita!»
«Certo, tutto ciт si presta al ridicolo.»
La sera stessa il cavaliere de Beauvoisis e il suo amico sparsero la voce che quel Sorel, che del resto era un uomo di perfette maniere, era figlio naturale di un amico intimo del marchese de La Mole. La notizia fu accettata senza difficoltа e, una volta accettata da tutti, il giovane diplomatico e il suo amico si degnarono di fare qualche visita a Julien durante i quindici giorni che questi trascorse a letto. Julien confessт loro di essere stato all'Opйra una sola volta in vita sua.
«И spaventoso!» gli dissero. «L'Opйra и l'unico posto dove si possa andare. Appena sarete in grado di uscire verrete a sentire il Conte Ory.»
All'Opйra il cavaliere de Beauvoisis presentт Julien a Geronimo, il famoso cantante che riscoteva allora un enorme successo.
Julien faceva quasi la corte al cavaliere; questi era un miscuglio di rispetto di sй, di sussiego misterioso e di fatuitа giovanile, che affascinava il nostro eroe. Per esempio, il cavaliere balbettava un poco, solo perchй aveva l'onore di vedere spesso un gran signore che aveva quel difetto. Julien non aveva mai trovato, riuniti in una stessa persona, il ridicolo che diverte e quella perfezione di modi che un povero provinciale deve cercar di imitare.
Lo si vedeva all'Opйra con il cavaliere de Beauvoisis e quell'amicizia fece sм che si nominasse spesso Julien.
«Ebbene!» gli disse un giorno il marchese de La Mole. «Siete dunque divenuto il figlio di un ricco gentiluomo della Franca Contea, mio amico intimo?»
Il marchese tagliт corto alle proteste di Julien, che voleva assicurargli di non avere contribuito in alcun modo a diffondere quelle chiacchiere.
«Beauvoisis non voleva dire di essersi battuto in duello col figlio di un carpentiere!»
«Lo so, lo so,» disse La Mole. «Ora tocca a me dare consistenza a questa storia, che mi fa comodo. Ma ho un favore da chiedervi, che vi ruberа solo mezz'ora del vostro tempo: quando c'и spettacolo all'Opйra, andate nell'atrio alle undici e mezzo e assistete all'uscita del gran mondo. Qualche volta nei vostri modi vedo ancora un certo che di provinciale: dovreste sbarazzarvene. Del resto non и male che conosciate almeno di vista dei personaggi importanti presso i quali, un giorno o l'altro, potrei affidarvi qualche missione. Passate al botteghino e fatevi riconoscere: и giа stato fatto un abbonamento a vostro nome.»
VII • UN ATTACCO DI GOTTA
E feci carriera, non per merito mio, ma perchй il mio padrone aveva la gotta.
Bertolotti
Il lettore и forse sorpreso di questo tono libero e quasi amichevole: abbiamo dimenticato di dire che da settimane il marchese era costretto a rimanere in casa per un attacco di gotta.
Mathilde e sua madre erano a Hyиres, presso la madre della marchesa. Il conte Norbert non vedeva suo padre che per pochi minuti: andavano molto d'accordo, ma non avevano niente da dirsi. La Mole, ridotto alla sola compagnia di Julien, si accorse con sorpresa che questi non era privo di idee; si faceva leggere i giornali da lui e in poco tempo il giovane segretario fu in grado di scegliere i passi interessanti. C'era un nuovo giornale che il marchese aborriva: aveva giurato di non leggerlo mai, ma ne parlava ogni giorno. Julien rideva. Il marchese, pieno d'irritazione contro il tempo presente, si fece leggere Tito Livio; la traduzione improvvisata sul testo latino lo divertiva.
Un giorno, con quel tono di eccessiva cortesia che spesso urtava Julien, La Mole disse:
«Permettetemi, mio caro Sorel, di regalarvi un abito blu: quando vorrete indossarlo e venirmi a trovare, sarete il fratello minore del conte de Chaulnes, vale a dire il figlio del vecchio duca mio amico.»
Julien non capм bene di che cosa si trattasse: la sera stessa tentт una visita indossando l'abito blu. Il marchese lo trattт da pari a pari. Julien aveva un cuore in grado di sentire la vera gentilezza, ma non aveva ancora idea delle sfumature. Prima di quel capriccio del marchese egli avrebbe giurato che non era possibile essere ricevuti da lui con maggiore riguardo. «Che abilitа!» si disse. Quando si alzт per andarsene, il marchese si scusт con lui perchй non poteva accompagnarlo a causa della gotta.
Una strana idea sopraggiunse a occupare la mente di Julien, che pensт: «Mi prende forse in giro». Andт a consultarsi con l'abate Pirard, il quale, meno gentile del marchese, gli rispose solo fischiettando e cambiando discorso. La mattina dopo Julien si presentт al marchese in abito nero, portando con sй la cartella e le lettere da firmare. Fu ricevuto coi soliti modi. La sera, Julien si mise l'abito blu: il tono fu del tutto diverso e perfettamente identico a quello della sera prima.
«Dal momento che non vi annoiate troppo durante le visite che avete la bontа di fare a un povero vecchio malato,» gli disse il marchese, «dovreste parlarmi di tutti i piccoli incidenti della vostra vita, ma con franchezza, e senza pensare ad altro che a raccontare in modo chiaro e divertente. Infatti,» continuт il marchese, «bisogna divertirsi: и l'unica cosa reale della vita. Un uomo non puт salvarmi la vita in guerra tutti i giorni, o regalarmi tutti i giorni un milione; ma se avessi Rivarol qui vicino alla mia sedia a sdraio, egli mi risparmierebbe tutti i giorni un'ora di sofferenza e di noia. L'ho conosciuto molto bene ad Amburgo, durante l'emigrazione.»
E il marchese raccontт a Julien alcuni episodi relativi ai rapporti di Rivarol con gli amburghesi, i quali dovevano mettersi in quattro per capire una sua battuta di spirito.
La Mole, ridotto alla sola compagnia di quel pretino, volle stuzzicarlo: punse sul vivo il suo orgoglio. E siccome gli chiedeva la veritа, Julien decise di dire ogni cosa, con due sole eccezioni: la sua sconfinata ammirazione per un nome che mandava in bestia La Mole e la sua assoluta mancanza di fede, che si addiceva poco a un futuro sacerdote. La sua questioncella con il cavaliere de Beauvoisis cadde molto a proposito. Il marchese rise fino alle lacrime della scenata nel caffи di rue Saint-Honorй, con quel cocchiere che copriva Julien di ingiurie volgari.
Ci fu un periodo di assoluta sinceritа nei rapporti tra il marchese e il suo protetto. La Mole si interessт a quello strano carattere. Sulle prime egli favorм i lati ridicoli di Julien per divertirsene: ma ben presto provт maggior piacere nel correggere con grande gentilezza gli errori prospettici di quel ragazzo. «Gli altri provinciali che arrivano a Parigi ammirano tutto,» pensava il marchese. «Questo, invece, odia tutto. Gli altri sono troppo affettati, lui non lo и abbastanza, e gli sciocchi lo prendono per uno sciocco.»
L'attacco di gotta fu prolungato dai grandi freddi invernali e durт parecchi mesi.
«Ci si affeziona anche a un bel cane da caccia,» si diceva il marchese. «Perchй mi vergogno tanto di affezionarmi a questo abatino? И originale. Io lo tratto come un figlio: cosa c'и di male? Questo capriccio, se continua, mi costerа un diamante del valore di cinquecento luigi nel mio testamento.»
Una volta che il marchese ebbe capito la fermezza di carattere del suo protetto, gli affidт ogni giorno qualche nuova incombenza. Julien si accorse con terrore che al marchese accadeva di dargli ordini contraddittori a proposito del medesimo oggetto. Ciт poteva metterlo in gravi pasticci. Non lavorт piщ con lui senza portarsi dietro un registro sul quale scriveva gli ordini del marchese, che vi apponeva il suo visto. Inoltre Julien si era preso un aiutante che trascriveva le decisioni relative a ogni affare su un registro a parte, dove venivano ricopiate anche tutte le lettere.
Sulle prime questa idea sembrт al marchese estremamente ridicola e noiosa: ma, in meno di due mesi, egli si accorse dei vantaggi che comportava. Julien gli propose di prendere un contabile che avesse fatto pratica in banca e che fosse in grado di tenere in partita doppia i conti di tutte le entrate e di tutte le spese relative alle tenute agricole di cui gli era affidata l'amministrazione.
Grazie a queste misure, il marchese vide talmente chiaro nei propri affari che potй concedersi la gioia di intraprendere due o tre nuove speculazioni senza fare ricorso al suo prestanome, che lo derubava.
«Prendete tremila franchi per voi,» egli disse un giorno al suo giovane segretario.
«Signore, potrei essere calunniato!»
«Allora cosa volete?» ribattй il marchese, stizzito.
«Vorrei che scriveste di vostro pugno sul registro la decisione di assegnarmi la somma di tremila franchi. Del resto, и l'abate Pirard che ha avuto l'idea di tutta questa contabilitа.» La Mole eseguм, ma lo fece con l'atteggiamento seccato del marchese di Moncade che ascolta i rendiconti del suo intendente Poisson.
La sera, quando Julien si presentava in abito blu, non si parlava mai di affari. Le gentilezze del marchese erano cosм lusinghiere per l'amor proprio sempre dolorante del nostro eroe che, in poco tempo e suo malgrado, questi provт una specie di affetto per quell'amabile vecchio. Non che Julien fosse sensibile nel modo che si intende a Parigi: ma non era un mostro e nessuno, dopo la morte del vecchio maggiore medico, gli aveva parlato con tanta bontа. Notava con stupore che il marchese aveva per il suo amor proprio delle attenzioni che non aveva mai trovato neppure nel vecchio maggiore. Alla fine si rese conto che il maggiore era piщ fiero della sua decorazione di quanto lo fosse il marchese del suo cordone azzurro. Il padre del marchese era giа un gran signore.
Un giorno, alla fine di un colloquio mattutino dedicato agli affari, Julien, in abito nero, divertм il marchese, che lo trattenne un paio d'ore e volle dargli a tutti i costi alcuni biglietti di banca che il suo prestanome gli aveva appena portato dalla Borsa.
«Spero, signor marchese, di non venire meno al profondo rispetto che vi devo, supplicandovi di permettermi una parola.»
«Parlate, amico mio.»
«Signor marchese, lasciate che rifiuti questo regalo. Non и destinato all'uomo in abito nero e guasterebbe completamente i modi che avete la bontа di tollerare nell'uomo in abito blu.» Julien s'inchinт rispettosamente e uscм senza guardare La Mole.
Quella battuta divertм il marchese, che la sera stessa la raccontт all'abate Pirard.
«Devo confessarvi una cosa, mio caro abate. Conosco la nascita di Julien e vi autorizzo a non mantenere il segreto su questa confidenza.»
«Il suo comportamento di stamattina и stato nobile,» pensт il marchese, «e io faccio diventare nobile lui.»
Dopo qualche tempo, finalmente, il marchese ricominciт a uscire.
«Andate a Londra per un paio di mesi,» egli disse a Julien. «I corrieri straordinari e altri incaricati vi porteranno le mie lettere con i relativi appunti. Me le rimanderete allegando a ognuna la sua risposta. Ho calcolato che il ritardo non sarа superiore ai cinque giorni.»
In diligenza, sulla strada per Calais, Julien si stupiva della futilitа degli affari per cui era inviato a Londra.
Non staremo a dire con quale senso di odio e quasi di orrore egli mise piede sul suolo inglese. La sua folle passione per Bonaparte и risaputa. Julien vedeva in ogni ufficiale un sir Hudson Lowe, in ogni gran signore un lord Bathurst, colui che aveva ordinato le infamie di Sant'Elena ricevendone in cambio dieci anni di ministero.
A Londra Julien conobbe finalmente l'alta fatuitа. Aveva stretto amicizia con alcuni giovani nobili russi, che furono i suoi iniziatori.
«Siete un predestinato, caro Sorel,» gli dissero. «Voi avete per natura quell'aria fredda e lontana mille miglia dalla sensazione presente che noi cerchiamo in tutti i modi di assumere.»
«Voi non avete capito il vostro secolo,» gli disse il principe Korasoff. «Dovete fare sempre il contrario di quello che ci si aspetta da voi. Parola d'onore, questa и l'unica religione della nostra epoca. Non siate nй pazzo nй affettato, perchй allora tutti si aspetterebbero da voi delle pazzie o delle ostentazioni, e il precetto non sarebbe piщ rispettato.»
Un giorno Julien si coprм di gloria nel salotto del duca di Fitz-Folke; questi lo aveva invitato a pranzo insieme col principe Korasoff. Ci fu un'ora di attesa. Il comportamento di Julien, in mezzo alle venti persone che aspettavano, и ancora citato tra i giovani segretari d'ambasciata a Londra. La sua faccia era impagabile.
Il nostro eroe voleva andare a trovare, a dispetto dei dandy suoi amici, il celebre Philip Vane, l'unico filosofo che l'Inghilterra abbia avuto da Locke in poi. Stava terminando il suo settimo anno di prigione. «L'aristocrazia non scherza in questo paese,» pensт Julien. «E per giunta Vane и disonorato, vilipeso ecc.»
Il filosofo era pieno di energia: la rabbia della nobiltа lo divertiva. Uscendo dalla prigione, Julien pensт: «Questo и l'unico uomo allegro che io abbia visto in Inghilterra.»
L'idea piщ utile ai tiranni и quella di Dio, gli aveva detto Vane...
Sopprimiamo il resto del sistema in quanto cinico.
«Quali idee divertenti mi portate dall'Inghilterra?» gli domandт La Mole al suo ritorno. Julien tacque. «Quali idee mi portate, divertenti o no?» ripetй il marchese con vivacitа.
«Primo,» disse Julien, «il piщ saggio degli inglesi и matto un'ora al giorno: и visitato dal demone del suicidio, che и la divinitа del paese. Secondo, lo spirito e la genialitа perdono il venticinque per cento del loro valore, sbarcando in Inghilterra. Terzo, non c'и nulla al mondo di bello, di meraviglioso e di commovente come i paesaggi inglesi.»
«Adesso, a me,» disse il marchese. «Primo: perchй siete andato a dire, al ballo dato dall'ambasciatore di Russia, che in Francia ci sono trecentomila giovani di venticinque anni smaniosi di fare la guerra? Credete forse che questo possa far piacere ai regnanti?»
«Non si sa come fare, parlando ai nostri grandi diplomatici,» rispose Julien. «Hanno la mania di fare dei discorsi seri. Se ci si limita ai luoghi comuni dei giornali, si passa per sciocchi. Se ci si permette qualcosa di vero e di nuovo, restano stupefatti, non sanno che cosa rispondere e il giorno dopo, alle sette del mattino, vi fanno comunicare dal primo segretario d'ambasciata che siete stato sconveniente.»
«Non c'и male,» disse il marchese. «Del resto, signor uomo profondo, scommetto che non avete indovinato ciт che siete andato a fare in Inghilterra.»
«Scusatemi,» ribattй Julien. «Ci sono andato per pranzare una volta alla settimana dall'ambasciatore del re, che и il piщ gentile degli uomini.»
«Siete andato a cercarvi questa decorazione,» disse il marchese. «Non voglio che abbandoniate l'abito nero e, d'altro canto, mi sono abituato al tono piщ divertente della conversazione con l'uomo in abito blu. Fino a nuovo ordine, tenetevi in mente quanto segue: quando io vedrт questa decorazione, sarete il figlio minore del mio amico duca de Chaulnes, il quale figlio, senza saperlo, ha intrapreso da sei mesi la carriera diplomatica. Badate,» aggiunse il marchese molto seriamente, tagliando corto ai ringraziamenti, «che non voglio farvi abbandonare la vostra condizione sociale. Ciт и sempre un errore e una disgrazia, sia per il protettore che per il protetto. Quando i miei processi vi saranno venuti a noia o quando non farete piщ per me, vi procurerт una buona parrocchia come quella del nostro amico Pirard: niente di piщ,» concluse il marchese molto seccamente.
La decorazione placт l'orgoglio di Julien: egli divenne piщ loquace. Si sentм piщ raramente offeso e bersagliato da frasi suscettibili di essere interpretate in modo spiacevole e che, in una conversazione animata, possono sfuggire di bocca a chiunque.
Quella decorazione, inoltre, gli valse una strana visita: quella del barone Valenod, che veniva da Parigi per ringraziare il ministro del titolo concessogli e per prendere accordi con lui. Stava per essere nominato sindaco di Verriиres in sostituzione di Rкnal.
Julien rise molto, fra sй, quando Valenod gli lasciт capire che avevano fatto una scoperta: Rкnal era un giacobino. In realtа, in vista delle prossime elezioni, il neo-barone era candidato ministeriale, mentre per il grande collegio del circondario, a dire il vero molto reazionario, Rкnal era sostenuto dai liberali.
Invano Julien cercт di sapere qualcosa della signora de Rкnal: il barone sembrт ricordarsi della loro vecchia rivalitа e fu impenetrabile. Egli finм col chiedere a Julien il voto del vecchio Sorel nelle elezioni che dovevano avere luogo tra poco. Julien promise di scrivere al padre.
«Signor cavaliere, dovreste presentarmi al marchese de La Mole.»
«Infatti, dovrei,» pensт Julien. «Ma un simile mascalzone!...»
«In veritа,» rispose, «conto troppo poco all'hфtel de La Mole per assumermi la responsabilitа di presentare qualcuno.»
Julien diceva tutto al marchese: quella sera gli raccontт pretese, vita e miracoli di Valenod dal 1814 in poi.
«Domani mi presenterete il neo-barone,» rispose La Mole seriamente, «non solo, ma lo invito a pranzo per posdomani. Sarа uno dei nostri nuovi prefetti.»
«In tal caso,» replicт freddamente Julien, «chiedo il posto di direttore dell'ospizio di mendicitа per mio padre.»
«Benone!» disse il marchese ritrovando la sua allegria. «И cosa fatta. Mi aspettavo che mi faceste la morale. Vi state formando! Il posto per vostro padre и concesso.»
Valenod informт Julien che il titolare dell'ufficio del lotto di Verriиres era morto da poco. Julien trovт divertente dare quel posto a quel vecchio imbecille di Cholin, di cui una volta aveva trovato la petizione in camera del marchese de La Mole.
Il marchese rise di cuore della petizione che Julien declamт, facendogli firmare la lettera che chiedeva il posto al ministro delle finanze.
Appena Cholin fu nominato, Julien venne a sapere che quello stesso posto era stato chiesto dalla deputazione del circondario per il celebre geometra Gros. «Quell'uomo generoso non aveva che millequattrocento franchi di rendita annua, e ne aveva prestati ogni anno seicento al titolare morto da poco, per aiutarlo a mantenere la famiglia.»
Julien fu stupito di ciт che aveva fatto. «Questo и niente,» pensт. «Dovrт arrivare a ben altre ingiustizie, se voglio farmi strada, e per giunta le dovrт mascherare con belle parole sentimentali. Povero Gros! Era lui che meritava la croce, non io che l'ho ottenuta e devo agire secondo le direttive del governo che me l'ha conferita.»
VIII • QUAL И LA DECORAZIONE CHE DISTINGUE VERAMENTE?
«La tua acqua non mi rinfresca,» disse il genio assetato. «Eppure и il pozzo piщ fresco di tutto il Diar-Bйkir.»
Pellico
Un giorno Julien tornava dal bel podere di Villequier, in riva alla Senna, a cui il marchese si interessava particolarmente perchй era l'unico, tra quelli di sua proprietа, che fosse appartenuto al celebre Boniface de La Mole. A casa trovт la marchesa e sua figlia che erano appena tornate da Hyиres.
Julien era ormai un dandy e conosceva l'arte di vivere a Parigi. Egli fu di un'assoluta freddezza nei confronti della signorina de La Mole. Pareva che non avesse conservato alcun ricordo del tempo in cui ella gli chiedeva allegramente ogni particolare del suo modo di cadere da cavallo.
La signorina de La Mole lo trovт cresciuto e piщ pallido. La sua persona, il suo portamento non avevano piщ nulla di provinciale: non cosм la sua conversazione, in cui si notava ancora un eccesso di serietа, di spirito positivo. Nonostante questa base di solida razionalitа, il modo di parlare di Julien, grazie anche al suo orgoglio, non era quello di un subalterno. Ci si accorgeva soltanto che erano ancora troppe le cose cui egli dava importanza. Ma si capiva che era un uomo capace di sostenere quel che diceva.
«Manca di duttilitа, ma non di spirito,» disse Mathilde a suo padre, scherzando con lui sulla decorazione che questi aveva dato a Julien. «Mio fratello ve l'ha chiesta per diciotto mesi, ed и un La Mole!...»
«Sм: ma Julien ha qualcosa di imprevedibile, il che non и mai successo al La Mole di cui mi parlate.»
Fu annunciato il duca de Retz.
Mathilde venne assalita da uno sbadiglio irresistibile, ritrovando le antiche dorature e i vecchi assidui frequentatori del salotto paterno. Ella si faceva un quadro irrimediabilmente noioso della vita che stava per ricominciare a Parigi. A Hyиres, nondimeno, rimpiangeva Parigi.
«Eppure ho solo diciannove anni!» pensava. «И l'etа felice, come dicono tutti quei libri balordi col taglio dorato.» Guardava otto o dieci volumi che si erano accumulati sulla mensola in salotto, durante il suo viaggio in Provenza. Ella aveva la disgrazia di essere piщ intelligente di Croisenois, di Caylus, di Luz e degli altri suoi amici. Immaginava giа quello che le avrebbero detto sul bel cielo di Provenza, sulla poesia, sul mezzogiorno ecc. ecc.
Quegli occhi cosм belli, in cui spirava la noia piщ profonda e, peggio ancora, la disperata certezza di non poter trovare il piacere, si posarono su Julien. Lui, almeno, non era fatto sullo stampo degli altri.
Con quella voce secca e priva di qualsiasi femminilitа di cui si servono le ragazze dell'alta societа, gli disse: «Signor Sorel, venite stasera al ballo del duca de Retz?»
«Non ho avuto l'onore di essere presentato al signor duca.» (Parve che queste parole e questo titolo scorticassero la lingua dell'orgoglioso provinciale.)
«Il duca ha incaricato mio fratello di condurvi a casa sua questa sera, e, se veniste, potreste fornirmi dei particolari sul podere di Villequier: si parla di andarci in primavera. Vorrei sapere se il castello и abitabile e se i dintorni sono veramente belli come si dice. Ci sono tante fame usurpate!»
Julien non rispose.
«Venite al ballo con mio fratello,» aggiunse Mathilde in tono secco.
Julien s'inchinт rispettosamente. E pensт: «Sicchй, anche durante un ballo, devo rendere conto a tutti i membri della famiglia. Non sono forse pagato come uomo d'affari?» Il suo cattivo umore gli suggerм di aggiungere: «E Dio solo sa se quello che dirт alla figlia non contrarierа i progetti del padre, del fratello, della madre! И una vera e propria corte di principe sovrano. Bisognerebbe essere una perfetta nullitа, perт senza dare a nessuno il diritto di lamentarsi.» Poi continuт fra sй: «Come non mi piace questa ragazza!» pensт guardando la signorina de La Mole che si allontanava: sua madre l'aveva chiamata per presentarla a diverse amiche. «Esagera tutte le mode, il vestito le casca dalle spalle... и ancora piщ pallida di quando и partita... E che capelli privi di colore, a forza di essere biondi! Si direbbe che la luce ci passi attraverso! Che alterigia nel suo modo di salutare, nel suo sguardo! Che gesti da regina!»
La signorina de La Mole aveva chiamato suo fratello, proprio mentre egli stava per uscire dal salotto.
Il conte Norbert si avvicinт a Julien e gli disse:
«Mio caro Sorel, dove volete che vi passi a prendere, a mezzanotte, per andare al ballo del duca de Retz? Mi ha espressamente incaricato di condurvi con me.»
«So bene a chi devo tanta gentilezza,» rispose Julien inchinandosi fino a terra.
Il suo cattivo umore, non riuscendo a trovare nulla da ridire sul tono di cortesia e addirittura d'interessamento con cui Norbert gli aveva parlato, se la prese con la risposta che lui, Julien, aveva dato a quella frase premurosa. Gli pareva lievemente servile.
La sera, arrivando al ballo, Julien fu colpito dalla magnificenza dell'hфtel de Retz. Il cortile d'ingresso era coperto da un'immensa tenda di traliccio color cremisi con stelle d'oro nulla di piщ elegante. Sotto quella tenda il cortile era trasformato in un bosco di aranci e di oleandri in fiore. Avevano pensato a interrare i vasi in modo che gli oleandri e gli aranci sembravano uscire dalla terra. Il sentiero su cui passavano le carrozze era cosparso di sabbia.
L'insieme parve straordinario al nostro provinciale, che non aveva mai immaginato simile magnificenza: in un attimo la sua agitata immaginazione lo trasportт a mille miglia dal malumore. In carrozza, mentre andavano al ballo, Norbert era felice e Julien vedeva tutto nero: appena essi entrarono nel cortile, le parti si invertirono.
Norbert era sensibile solo ai pochi particolari che, fra tanto splendore, non avevano potuto essere curati. Calcolava il costo di ogni cosa e man mano che il totale si elevava Julien notт che egli pareva geloso e si imbronciava.
Quanto a lui, Julien, arrivт sedotto, pieno di ammirazione e quasi intimidito a forza di emozioni nella prima delle sale dove si ballava. Alla porta della seconda c'era una tale ressa che gli fu impossibile passare. La decorazione di questa seconda sala rappresentava l'Alhambra di Granada.
«И la regina del ballo, bisogna ammetterlo,» disse un giovanotto baffuto, la cui spalla era piantata contro il petto di Julien.
«La signorina de Fourmont, che и stata la piщ bella per tutto l'inverno, si accorge di essere passata al secondo posto: guarda che arie si da!» gli rispose il vicino.
«In veritа, sfodera tutti i mezzi per piacere. Guarda, guarda che sorriso grazioso, proprio nel momento in cui si trova sola nella contraddanza. Parola d'onore, и impagabile.»
«La signorina de La Mole sa padroneggiare il piacere che le procura il suo trionfo, di cui si accorge benissimo. Si direbbe che abbia paura di piacere a chi le sta parlando.»
«Benissimo! Questa и la vera arte della seduzione.»
Julien si sforzava invano di vedere quella donna affascinante: glie lo impedivano sette o otto uomini piщ alti di lui.
«C'и molta civetteria in quel suo nobile riserbo,» riprese il giovane coi baffi.
«E quei grandi occhi azzurri che si abbassano cosм lentamente proprio quando pare che stiano per tradirsi,» aggiunse il vicino. «Parola d'onore, и di un'abilitа unica.»
«Guarda come sembra comune la bella Fourmont vicino a lei,» disse un terzo.
«Il suo riserbo vuol dire: "Come potrei essere amabile con voi, se foste l'uomo degno di me!"»
«E chi puт essere degno della sublime Mathilde?» ribattй il primo. «Qualche principe reale, bello, intelligente, aitante, eroe in guerra e al massimo ventenne.»
«Il figlio naturale dell'imperatore di Russia... al quale, in virtщ di questo matrimonio, darebbero qualche regno... o forse, semplicemente, il conte de Thaler, con la sua aria da contadino in abito festivo...»
La porta si liberт. Julien riuscм a entrare.
«Visto che sembra cosм interessante a questi fantocci, vale la pena che io cerchi di studiarla,» egli pensт. «Capirт che cos'и la perfezione per questa gente.»
Mentre la stava cercando con gli occhi, Mathilde lo guardт. «Il mio dovere mi chiama,» si disse Julien: ma il malumore ormai era solo nelle sue parole. La curiositа lo spingeva, con un piacere che il vestito scollato di Mathilde accrebbe rapidamente, in modo poco lusinghiero per l'amor proprio di lui. «La sua bellezza и molto fresca,» egli pensт. Cinque o sei giovanotti, tra i quali Julien riconobbe quelli che aveva sentito parlare sulla soglia, lo dividevano da lei.
«Voi, signore, che siete stato qui tutto l'inverno,» gli disse Mathilde «non и vero che questo и il piщ bel ballo della stagione?»
Egli non rispose.
«Questa quadriglia di Coulon mi sembra meravigliosa e le signore la ballano in modo perfetto.» I giovanotti si volsero per vedere chi fosse il fortunato uomo dal quale Mathilde esigeva a tutti costi una risposta. E la risposta non fu affatto incoraggiante.
«Non potrei essere un buon giudice, signorina; passo la mia vita a scrivere, e questo и il primo ballo che vedo, almeno di simile magnificenza.»
I giovanotti baffuti rimasero scandalizzati.
«Siete un saggio, signor Sorel,» gli rispose Mathilde con accentuato interesse. «Voi vedete tutti questi balli, queste feste, come un filosofo, come Rousseau. Queste follie vi stupiscono senza sedurvi.»
Poche parole erano bastate a spegnere la fantasia di Julien e a bandire dal suo cuore ogni illusione. La sua bocca espresse un disprezzo forse un po' eccessivo. Ed egli rispose:
«Secondo me Rousseau non и che uno sciocco, quando pretende di giudicare il gran mondo: non riusciva a capirlo e lo frequentava con l'animo di un lacchи arricchito.»
«Ha scritto il Contratto sociale,» disse Mathilde in un tono pieno di venerazione.
«Sostiene la repubblica e il rovesciamento delle dignitа monarchiche. E poi parvenu scoppia di gioia se, dopo pranzo, un duca cambia l'itinerario della sua passeggiata per accompagnare uno dei suoi amici.»
«Ah, sм!... il duca di Lussemburgo, a Montmorency, accompagna un certo Coindet in direzione di Parigi.» rispose Mathilde col piacere e lo slancio di chi puт abbandonarsi per la prima volta alla propria pedanteria. Era ebbra della sua cultura, pressappoco come l'accademico che scoprм l'esistenza del re Feretrio. Lo sguardo di Julien rimase penetrante e severo. Mathilde aveva avuto un momento di entusiasmo: ma la freddezza del suo compagno la sconcertт profondamente. Fu tanto piщ stupita in quanto di solito era lei a produrre tale effetto sugli altri.
Proprio in quel momento il marchese de Croisenois veniva incontro a Mathilde con sollecitudine. Per un attimo rimase a tre passi da lei, senza riuscire a farsi avanti a causa della folla. La guardava, sorridendo dell'ostacolo. Vicino a lui c'era la giovane marchesa de Rouvray, cugina di Mathilde; ella dava il braccio al marito: era sposata da soli quindici giorni. Il marchese de Rouvray, giovanissimo anche lui, mostrava tutto l'ingenuo amore di un uomo che, dopo avere fatto un matrimonio di convenienza combinato unicamente dai notai, si trova poi ad avere una bellissima moglie. Rouvray sarebbe diventato duca alla morte di uno zio giа molto vecchio.
Mentre il marchese de Croisenois, non riuscendo a farsi largo, guardava Mathilde sorridendo, ella posava su di lui e sui suoi vicini i grandi occhi, di un colore fra il celeste e il turchino, e intanto pensava: «Questa gente и quanto si puт immaginare di piщ comune. Ecco Croisenois che ha la pretesa di sposarmi: и gentile, beneducato, i suoi modi sono perfetti come quelli di Rouvray. Se non fossero cosм noiosi, questi uomini sarebbero simpaticissimi. Anche lui mi seguirа al ballo con quell'aria limitata e contenta. Un anno dopo il matrimonio la mia carrozza, i miei cavalli, i miei abiti, il mio castello a venti leghe da Parigi saranno i piщ belli che si possano immaginare: proprio quel che ci vuole per far morire d'invidia una parvenue, una contessa de Roiville per esempio; e poi?...»
Mathilde si annoiava a priori.
Il marchese de Croisenoir riuscм ad avvicinarla e prese a parlarle, ma ella fantasticava senza ascoltare. Il suono delle parole di lui si confondeva col brusio del ballo. La fanciulla seguiva macchinalmente con gli occhi Julien, che si era allontanato con rispetto, ma altero e scontento. Poi ella scorse in un angolo, appartato dalla folla in movimento, il conte Altamira, condannato a morte nel suo paese e che i lettori giа conoscono. Al tempo di Luigi XIV una parente di lui aveva sposato un principe Conti: e il ricordo di tale parentela lo proteggeva un poco contro la polizia della Congregazione.
«Non vedo altro che la condanna a morte, per distinguere veramente un uomo,» pensт Mathilde. «И l'unica cosa che non si puт comprare. Ah! Ma questo и un motto di spirito! Peccato che non mi sia venuto in un momento piщ favorevole per farmene un merito!» Mathilde aveva troppo buon gusto per sfoggiare nella conversazione una battuta preparata in anticipo: ma era anche troppo vanitosa per non essere entusiasta di sй. Un'espressione felice sostituм quella di noia, che aleggiava sul suo viso. Il marchese de Croisenois, che continuava a parlarle, credette di essere vicino al successo e divenne ancora piщ facondo.
«Che cosa potrebbe obbiettare un maligno alla mia trovata?» pensт Mathilde. «Alle critiche risponderei: un titolo di barone, di visconte, si puт comprare; una decorazione, ve la danno, mio fratello l'ha appena avuta, e che cosa ha fatto per meritarla? Un grado, si ottiene: dieci anni di guarnigione o un parente ministro della guerra e si diventa capo squadrone come Norbert. Una grande ricchezza!... и ancora la cosa piщ difficile, e perciт piщ meritevole. И buffo! Proprio il contrario di quello che dicono i libri... Ebbene, per la ricchezza si sposa la figlia di Rothschild. Eh, sм, il mio motto и veramente profondo. La condanna a morte и l'unica cosa che a nessuno viene in mente di sollecitare.»
«Conoscete il conte Altamira?» ella domandт poi a Croisenois.
Mathilde pareva tornare da tanto lontano, e la sua domanda aveva cosм poca attinenza con tutto ciт che il povero marchese le stava dicendo da cinque minuti, che l'amabilitа di lui ne fu sconcertata. Egli era nondimeno un uomo di spirito e rinomato come tale.
«Mathilde и un'originale,» pensт, «e questo и un inconveniente. Ma ella procurerа una cosм bella posizione sociale a suo marito! Non so come faccia il marchese de La Mole, ma и legato con gli uomini piщ importanti di tutti i partiti e non c'и pericolo che possa colare a picco. D'altronde, questa originalitа di Mathilde puт passare per genialitа. Con una nascita illustre e una grande ricchezza, la genialitа non и piщ ridicola. E allora, che distinzione! Peraltro, quando vuole, eccelle in quel miscuglio di spirito, di carattere e di tatto che rende perfetta la cortesia...» Ma siccome и difficile fare bene due cose alla volta, il marchese rispose a Mathilde con aria assente, come se recitasse una lezione.
«Chi non conosce quel povero Altamira?» E cominciт a raccontarle la storia della sua congiura mancata, ridicola, assurda.
«Del tutto assurda!» confermт Mathilde, come parlando a se stessa. «Ma almeno egli ha agito. Voglio vedere un vero uomo: portatelo qui,» ordinт al marchese, che parve assai seccato.
Il conte Altamira era uno dei piщ schietti ammiratori dell'alterigia quasi impertinente della signorina de La Mole. La giudicava una delle piщ belle donne di Parigi.
«Come sarebbe bella su un trono!» egli disse a Croisenois: e lo seguм senza alcuna difficoltа.
Nel gran mondo non mancano persone che si sforzano di stabilire che nulla и di cattivo gusto come una cospirazione: и una cosa che sa di giacobino. E che c'и di peggio d'un giacobino fallito?
Lo sguardo di Mathilde si burlava del liberalismo di Altamira incrociandosi con lo sguardo di Croisenois: nondimeno ella ascoltava il conte con piacere.
«Un cospiratore al ballo и un bel contrasto,» pensava la fanciulla. E quello che le stava davanti, coi suoi baffi neri, le sembrava un leone in riposo; ma quasi subito ella si accorse che la mente di lui tendeva a un solo scopo: l'utile; e non ammirava che una cosa: l'utilitа.
Salvo ciт che poteva dare al suo paese il governo delle due Camere, il giovane conte non trovava nulla che fosse degno della sua attenzione. Ed egli lasciт con piacere Mathilde, anche se era la donna piщ affascinante del ballo, perchй vide entrare un generale peruviano.
Disperando dell'Europa, il povero Altamira era ridotto a pensare che, se gli stati dell'America meridionale fossero divenuti forti e potenti, avrebbero potuto restituire all'Europa la libertа spedita loro da Mirabeau.
Un nugolo di giovanotti coi baffi si era avvicinato a Mathilde. La fanciulla si era accorta benissimo che Altamira non si era lasciato sedurre, e si era sentita punta nel vivo quando si era allontanato; vedeva brillare i suoi occhi neri, mentre parlava al generale peruviano. Mathilde considerava i giovani francesi presenti con quella profonda serietа che nessuna delle sue rivali riusciva ad imitare.
«Quale di essi,» ella pensava, «potrebbe farsi condannare a morte, anche supponendo che tutte le circostanze gli fossero favorevoli?»
Quello sguardo singolare lusingava i meno intelligenti, ma metteva a disagio gli altri, che temevano l'esplosione di qualche parola tagliente e difficile da ribattere.
«Una nascita illustre dа cento qualitа la cui assenza mi offenderebbe, come mi dimostra l'esempio di Julien,» pensava Mathilde. «Ma indebolisce quelle qualitа dell'animo che possono portare a una condanna a morte.»
In quel momento qualcuno accanto a lei diceva: «Questo conte Altamira и il secondogenito del principe di San Nazarу Pimentel: un suo antenato cercт di salvare la vita a Corradino, decapitato nel 1268. Appartiene a una delle piщ nobili famiglie di Napoli.»
«Ecco,» si disse Mathilde, «una bella prova della mia massima secondo la quale una nascita illustre toglie la forza di carattere necessaria per farsi condannare a morte!! Stasera sono destinata a sragionare... E poichй non sono che una donna come tutte le altre, ebbene devo ballare!» Ella cedette alle insistenze del marchese de Croisenois, che da un'ora sollecitava un galop. Per distrarsi dal suo insuccesso in filosofia, Mathilde volle essere molto seducente. Croisenois fu affascinato.
Ma nй la danza nй il desiderio di piacere a uno dei piщ begli uomini della corte riuscirono a distrarre Mathilde. Eppure era impossibile ottenere maggior successo. Era la regina del ballo: se ne accorgeva, ma senza entusiasmo.
«Che esistenza grigia passerт con un uomo come Croisenois!...» pensava Mathilde, mentre il marchese la stava riaccompagnando al suo posto un'ora dopo. «Dove troverт mai il piacere,» ella soggiunse tristemente, «se, dopo sei mesi di assenza, non lo trovo in un ballo a cui tutte le donne di Parigi vorrebbero partecipare? E non basta: sono circondata degli omaggi d'una societа che non potrei immaginare migliore. Di borghesi non ci sono che pochi Pari e uno o due Julien Sorel, forse. Eppure», e la sua tristezza aumentava, «quali privilegi non mi ha dato la sorte? Nascita illustre, ricchezza, gioventщ. Ohimи! Tutto, tranne la felicitа. I miei privilegi piщ incerti sono proprio quelli di cui mi hanno parlato tutta la sera. Lo spirito... sм, a quello ci credo, perchй evidentemente faccio paura a tutti. Se si azzardano ad affrontare un soggetto un po' serio, dopo cinque minuti di conversazione arrivano col fiato mozzo e, come se facessero una scoperta, a una cosa che sto ripetendo loro da un'ora. Sono bella: ho questo dono, per il quale madame de Stael avrebbe sacrificato ogni cosa, eppure muoio di noia. C'и forse una ragione per cui io debba annoiarmi meno quando avrт cambiato il mio nome con quello del marchese de Croisenoir? Ma Dio mio!» ella concluse, e aveva quasi voglia di piangere, «non и forse un uomo perfetto? И il capolavoro dell'educazione di questo secolo. Non si puт guardarlo senza che trovi una parola gentile, e anche spiritosa, da dirvi; и coraggioso... Ma quel Sorel и un uomo singolare,» e la noia nei suoi occhi lasciava il posto all'irritazione. «L'ho avvertito che dovevo parlargli, e non si degna neppure di farsi vedere!»
IX • IL BALLO
Il lusso dei vestiti, il fulgore delle candele, i profumi: tante belle braccia, tante belle spalle; fiori, arie di Rossini che rapiscono, quadri di Ciceri! Io sono fuori di me!
Viaggi di Uzeri
«Siete di malumore,» le disse la marchesa de La Mole. «Vi avverto che и di cattivo gusto, al ballo.»
«Ho solo un po' di mal di capo,» rispose Mathilde sdegnosamente. «И troppo caldo, qui.»
Proprio in quel momento, quasi per giustificare Mathilde, il vecchio barone de Tolly si sentм male e cadde a terra: fu necessario portarlo fuori. Si parlт di apoplessia, fu un avvenimento sgradevole.
Mathilde non se ne preoccupт. Per partito preso non guardava mai i vecchi e tutti coloro che avevano fama di essere lagnosi. Si mise a ballare per sfuggire alle conversazioni sull'apoplessia, che poi non era tale, dal momento che il giorno dopo il barone tornт a farsi vedere in giro.
«Ma Sorel non si decide a venire,» pensт ancora Mathilde, dopo avere ballato. Lo stava quasi cercando con gli occhi, quando lo vide in un altro salotto. Cosa sorprendente, Julien sembrava avere perduto quell'espressione di impassibile freddezza che gli era cosм naturale: non aveva piщ l'aspetto inglese.
«Sta parlando col mio condannato a morte, il conte Altamira!» si disse Mathilde. «I suoi occhi sprigionano una cupa fiamma: egli pare un principe travestito, il suo sguardo si и fatto ancora piщ orgoglioso.»
Julien si avvicinava al punto in cui Mathilde si trovava, sempre parlando con Altamira; Mathilde lo fissava studiando i suoi tratti, quasi per cercarvi le eccelse qualitа che possono valere a un uomo l'onore di essere condannato a morte.
Passando vicino a lei, Julien disse al conte Altamira: «Sм, Danton era un uomo!»
«Cielo! Che sia un Danton?» si disse Mathilde. «Ma il suo volto и cosм nobile, mentre Danton era orribilmente brutto: un macellaio, mi pare.» Julien era ancora abbastanza vicino non esitт a chiamarlo. Aveva la coscienza e l'orgoglio di fare una domanda straordinaria per una fanciulla.
«Danton non era un macellaio?» gli domandт.
«Sм, per certuni,» le rispose il giovane, con l'espressione del piщ malcelato disprezzo e con lo sguardo ancora infiammato dalla conversazione con Altamira. «Ma sfortunatamente per la gente bennata, egli faceva l'avvocato a Mйry-sur-Seine; vale a dire, signorina,» aggiunse Julien con cattiveria, «che ha cominciato come molti Pari qui presenti. И vero che Danton aveva uno svantaggio enorme nei confronti di chi possiede la bellezza: era bruttissimo.»
Queste ultime parole furono pronunciate in fretta; il tono era singolare, certamente assai poco gentile.
Julien attese un attimo: stava col busto lievemente chino in avanti e aveva un'espressione orgogliosamente umile. Sembrava che dicesse: «Sono pagato per rispondervi, e vivo del mio stipendio.» Non si degnava di alzare lo sguardo su Mathilde: coi begli occhi sgranati e fissi su di lui, ella pareva la sua schiava. Alla fine, siccome il silenzio continuava, il giovane la guardт come un servo guarda il padrone per ricevere ordini. Benchй i suoi occhi incontrassero direttamente quelli di Mathilde sempre fissi su di lui con una strana espressione, egli si allontanт con fretta ostentata.
«Proprio lui, che и veramente tanto bello,» pensт infine Mathilde uscendo dalla sua fantasticheria, «doveva fare un simile elogio della bruttezza! Non si smentisce mai! Non и come Caylus o Croisenois: questo Sorel assomiglia un po' a mio padre quando imita cosм bene Napoleone al ballo!» Aveva del tutto dimenticato Danton. «Decisamente questa sera mi annoio.» Prese il braccio di suo fratello e, con gran dispiacere di lui, lo obbligт a fare un giro in mezzo alle danze. Le venne poi l'idea di seguire la conversazione del condannato a morte con Julien.
La folla era enorme. Tuttavia Mathilde riuscм a raggiungere i due nel momento in cui, a due passi da lei, Altamira si avvicinava a un vassoio per prendere un gelato. Egli stava parlando a Julien, volgendosi a metа verso di lui. Vide una manica ricamata e una mano che prendeva un gelato vicino al suo. Il ricamo sembrт attirare la sua attenzione: si volse del tutto per vedere a chi apparteneva quel braccio. Subito i suoi occhi, cosм nobili e ingenui, assunsero una lieve espressione di disprezzo.
«Vedete quell'uomo?» disse sottovoce Altamira a Julien. «И il principe d'Araceli, ambasciatore di ***. Stamattina ha chiesto la mia estradizione al ministro francese degli affari esteri, de Nerval. Guardate, eccolo laggiщ che gioca a whist. Nerval и propenso a consegnarmi per ricambiare i due o tre cospiratori che noi vi abbiamo dato nel 1816. Se mi restituiscono al mio re, sarт impiccato nel giro di ventiquattro ore. E ad agguantarmi sarа qualcuno di questi bei signori coi baffi.»
Quasi ad alta voce, Julien esclamт: «Infami!»
Mathilde non perdeva una sillaba della loro conversazione. La noia era scomparsa.
«Non tanto infami,» riprese il conte Altamira. «Vi ho parlato di me per colpirvi con una immagine viva. Guardate il principe d'Araceli: ogni cinque minuti dа un'occhiata al suo Toson d'oro; non riesce ancora a rimettersi dalla gioia di vedere quel gingillo sul proprio petto. Quel pover'uomo in fondo non и che un anacronismo. Cent'anni fa il Toson d'oro era un onore insigne, ma allora egli non avrebbe mai potuto aspirarvi. Oggi, tra gente bennata, bisogna essere un Araceli per subirne il fascino. Egli avrebbe fatto impiccare un'intera cittа per ottenerlo.»
«L'ha avuto a quel prezzo?» domandт ansiosamente Julien.
«Non precisamente,» rispose Altamira con freddezza. «Ma forse ha fatto buttare nel fiume una trentina di ricchi proprietari delle sue parti, che passavano per liberali.»
«Che mostro!» disse ancora Julien.
La signorina de La Mole, piegando il capo col piщ vivo interesse, era cosм vicina a lui che i suoi bei capelli gli toccavano quasi la spalla.
«Siete molto giovane!» rispose Altamira. «Vi dicevo che ho una sorella sposata in Provenza: и ancora bella, buona, dolce, и un'ottima madre di famiglia, fedele a tutti i suoi doveri, religiosa ma non bigotta.»
«Dove vuole arrivare?» pensava Mathilde.
«И felice,» continuт il conte Altamira, «o almeno lo era nel 1815. Allora io ero nascosto in casa sua, nel suo podere vicino ad Antibes. Ebbene, quando seppe dell'esecuzione del maresciallo Ney, si mise a ballare!»
«И mai possibile?» disse Julien, costernato.
«И lo spirito di parte,» riprese Altamira. «Non esistono piщ vere passioni nel XIX secolo ed и per questo che in Francia ci si annoia tanto. Si commettono le piщ atroci crudeltа, ma senza crudeltа.»
«Tanto peggio!» disse Julien. «Quando si compiono dei delitti, bisogna almeno compierli con piacere: solo cosм sono tollerabili e possono essere almeno in parte giustificati.»
Mathilde, dimenticando del tutto quel che doveva a se stessa, si era quasi ficcata tra Altamira e Julien. Suo fratello, che le dava il braccio, abituato com'era a obbedirle, si guardava intorno nella sala e, per darsi un contegno, fingeva di essere bloccato dalla folla.
«Avete ragione,» disse Altamira. «Ogni cosa viene fatta senza piacere e senza conservarne memoria, anche i delitti. Posso indicarvi in questo ballo forse una decina di uomini che saranno dannati come assassini. Essi l'hanno dimenticato, e l'ha dimenticato anche la gente. Molti di costoro si commuovono fino alle lacrime se il loro cane si rompe una zampa. Al cimitero, quando si gettano fiori sulla loro tomba, per usare la divertente espressione parigina, noi veniamo a sapere che riunivano in sй tutte le virtщ dei prodi cavalieri, e si parla delle grandi azioni di un loro antenato che viveva ai tempi di Enrico IV. Se nonostante i buoni uffici del principe d'Araceli non sarт impiccato, e se mai potrт godere la mia ricchezza a Parigi, voglio farvi pranzare con otto o dieci assassini da tutti onorati e privi di rimorsi. Voi ed io, a questo pranzo, saremo gli unici a non avere mai causato del sangue, ma io sarт disprezzato e quasi odiato come un mostro sanguinario e giacobino, e voi disprezzato soltanto come uomo del popolo che si и indebitamente introdotto nella buona societа.»
«Niente di piщ vero,» disse la signorina de La Mole.
Altamira la guardт stupito: Julien non la degnт di uno sguardo. Il conte proseguм: «Badate che la rivoluzione, a capo della quale mi sono trovato, non и riuscita solo perchй io non ho voluto far cadere tre teste e distribuire ai nostri partigiani sette o otto milioni custoditi in una cassa di cui avevo la chiave. Il mio re, che oggi arde dal desiderio di farmi impiccare e che prima della rivolta mi dava del tu, mi avrebbe insignito del gran cordone del suo ordine, se avessi fatto tagliare quelle tre teste e avessi distribuito quel denaro; poichй avrei ottenuto almeno un mezzo successo e il mio paese avrebbe una costituzione qualunque... Cosм va il mondo: и una partita a scacchi.»
«Allora,» rispose Julien con sguardi di fuoco, «voi non conoscevate il gioco: ma ora...»
«Volete dire che ora taglierei le teste e non sarei un girondino, come mi avete fatto capire l'altro giorno?... Vi risponderт,» disse tristemente Altamira, «quando avrete ucciso un uomo in duello, il che и assai meno ignobile del farlo giustiziare da un boia.»
«In fede mia,» disse Julien, «il fine giustifica i mezzi; se, invece di essere un granello di polvere, io contassi qualcosa, farei impiccare tre uomini per salvarne quattro.»
I suoi occhi esprimevano il fuoco che ardeva in lui e il disprezzo dei vani giudizi degli uomini, quando incontrarono quelli di Mathilde, vicinissima: allora, anzichй dar luogo a un'espressione di cortesia, il disprezzo si fece piщ intenso.
Mathilde ne fu profondamente ferita, ma da quel momento non fu piщ in grado di dimenticare Julien: si allontanт indispettita, trascinando con sй suo fratello.
«Devo bere un punch e ballare molto,» ella pensт. «Voglio scegliere il meglio e fare colpo a tutti i costi. Bene! Ecco quel famoso impertinente del conte de Fervaques.» Accettт il suo invito e ballarono insieme. «Si tratta di vedere,» pensт, «chi dei due sarа piщ impertinente; ma per burlarmi di lui fino in fondo, devo farlo parlare.» Da quel momento tutti coloro che erano impegnati nella contraddanza continuarono a ballare solo per decoro. Nessuno voleva perdere le frecciate di Mathilde. Fervaques si confondeva e, non riuscendo a trovare che parole eleganti ma vuote e prive di spirito, si rabbuiava. Mathilde, che era di malumore, fu crudele con lui e se ne fece un nemico. Ballт fino al mattino e alla fine se ne andт terribilmente stanca. Ma in carrozza le poche forze che le restavano riuscivano ancora a nutrire la sua tristezza e la sua infelicitа. Era stata disprezzata da Julien e non poteva disprezzarlo.
Julien, invece, era felice. Inconsciamente rapito dalla musica, dai fiori, dalle belle donne, dall'eleganza generale e, soprattutto, dalla sua immaginazione che sognava onori per lui e libertа per tutti.
«Che magnifico ballo!» egli disse al conte. «Non manca nulla.»
«Manca il pensiero,» rispose Altamira. E il suo volto tradiva quel disprezzo che la cortesia, nello sforzo evidente di nasconderlo, rende ancora piщ bruciante.
«Ci siete voi, signor conte. Il pensiero и ancora costretto a cospirare, non и vero?»
«Sono qui a causa del mio nome. Ma nei vostri salotti si odia il pensiero. Questo non deve mai andare oltre l'arguzia di un ritornello d'operetta: allora viene ricompensato. Ma l'uomo che pensa, se mette energia e novitа nelle sue uscite, lo chiamate cinico. Non и questo il nome che uno dei vostri giudici ha dato a Courier? L'avete messo in prigione come Bйranger. Tutti quelli che si distinguono per il loro spirito vengono portati dalla Congregazione davanti a un tribunale: e la gente di mondo applaude. Questo accade perchй la vostra societа invecchiata stima soprattutto le forme... Non vi innalzerete mai oltre le vette del valore militare: avrete dei Murat, ma mai dei Washington. In Francia non vedo altro che vanitа. Un uomo, che parlando espone delle idee, incappa con facilitа in qualche uscita imprudente e il padrone di casa si ritiene disonorato.»
A questo punto la carrozza del conte, che riaccompagnava a casa Julien, si fermт davanti all'hфtel de La Mole. Julien era innamorato del suo cospiratore. Altamira gli aveva rivolto questo bel complimento, che evidentemente corrispondeva a una profonda convinzione: «Voi non avete la leggerezza dei francesi e capite il principio di utilitа.» Per caso, proprio il giorno prima, Julien aveva visto la tragedia di Casimir Delavigne, Marin Faliero. E il nostro plebeo ribelle si diceva: «Israel Bertuccio, un semplice carpentiere dell'arsenale, non ha forse piщ carattere di tutti i nobili veneziani? Eppure и gente la cui provata nobiltа risale all'anno 700, un secolo prima di Carlomagno, mentre i piщ nobili che stasera erano presenti al ballo in casa del duca de Retz non riescono a far risalire le loro origini al XIII secolo, e per giunta molto a stento. Ebbene, in mezzo a tutti i nobili veneziani cosм illustri di nascita, ci si ricorda soltanto di Israel Bertuccio. Una cospirazione annulla tutti i privilegi dovuti ai capricci della societа. Un uomo assume di colpo il rango che gli conferisce il suo modo di considerare la morte. Perfino l'intelligenza perde il suo potere... Che cosa sarebbe oggi Danton, in questo secolo dei Valenod e dei Rкnal? Neppure un sostituto procuratore del re... Ma che dico? Si sarebbe venduto alla Congregazione: sarebbe ministro perchй alla resa dei conti il grande Danton ha rubato. Anche Mirabeau si и venduto. Napoleone aveva rubato milioni in Italia, senza di che la povertа gli avrebbe sbarrato la via, come a Pichegru. Solo La Fayette non ha mai rubato. Bisogna dunque rubare, bisogna vendersi?» pensт Julien. Questo problema arrestт di colpo i suoi pensieri. Egli trascorse il resto della notte a leggere la storia della Rivoluzione.
Il giorno dopo, scrivendo lettere in biblioteca, Julien continuava a pensare alla conversazione che aveva avuto con il conte Altamira.
«In realtа,» si diceva il giovane dopo un lungo fantasticare, «se i liberali spagnoli avessero compromesso il popolo con qualche delitto, non sarebbero stati spazzati via cosм facilmente. Erano dei bambini orgogliosi e chiacchieroni... come me!» gridт improvvisamente, come svegliandosi di soprassalto. «Che ho mai fatto di tanto difficile da poter giudicare dei poveri diavoli che, alla fin fine, almeno una volta in vita loro, hanno osato, hanno cominciato ad agire? Io sono come un uomo che, alzandosi da tavola, grida: "Domani non mangerт e questo non mi impedirа di essere forte e allegro come lo sono oggi." Chi puт immaginare che cosa si prova a metа strada di una grande azione?...» Queste elevate riflessioni furono turbate dall'arrivo imprevisto della signorina de La Mole, che entrava in biblioteca. Julien era talmente eccitato dalla sua ammirazione per le grandi qualitа di Danton, di Mirabeau, di Carnot, i quali erano riusciti a non essere dei vinti, che i suoi sguardi si posarono su Mathilde, ma senza che egli pensasse a lei, senza rivolgerle un saluto, senza quasi vederla. Quando finalmente i suoi grandi occhi spalancati percepirono la presenza di lei, il suo sguardo si spense. La signorina de La Mole lo notт con amarezza.
Invano gli chiese un volume della Storia di Francia di Vйly, che si trovava sullo scaffale piщ alto, il che costringeva Julien ad andare a prendere la piщ grande delle due scale. Aveva accostato la scala, aveva cercato il volume e glielo aveva porto senza essere ancora in grado di prestarle la minima attenzione. Rimettendo a posto la scala, assorto com'era nei suoi pensieri, diede una gomitata contro uno degli specchi della biblioteca: le schegge, cadendo sul pavimento, lo richiamarono finalmente alla realtа. Julien si affrettт a scusarsi con la signorina de La Mole, tentт di essere gentile, ma non fu nulla piщ che gentile. Mathilde vide chiaramente che lo aveva disturbato e che egli avrebbe preferito continuare le sue riflessioni, anzichй parlare con lei. Dopo averlo osservato a lungo, se ne andт lentamente. Julien la guardava camminare. Gli piaceva il contrasto tra la semplicitа della veste che indossava e la splendida eleganza di quella della sera prima. Non meno sorprendente era la diversitа delle due fisionomie. Mathilde, cosм altera al ballo del duca de Retz, in quel momento aveva uno sguardo quasi supplichevole. «In veritа,» si disse Julien, «questo abito nero mette ancora piщ in risalto la bellezza della sua figura. Ha un portamento da regina: ma come mai и in lutto? Se chiedessi a qualcuno le cause di questo lutto, commetterei un'ennesima goffaggine.»
Julien era ormai riemerso dalle profonditа del suo entusiasmo. «Devo rileggere tutte le lettere che ho scritto stamattina. Dio solo sa quante parole saltate e quante sciocchezze ci troverт.» Mentre leggeva con forzata attenzione la prima lettera, sentм vicinissimo il fruscio di un abito di seta, si voltт di scatto: la signorina de La Mole era a due passi dal suo tavolo e rideva. Questa seconda interruzione lo irritт.
Quanto a Mathilde, ella si era appena accorta fin troppo bene di non rappresentare nulla per Julien: il suo riso era un mezzo per nascondere l'imbarazzo e raggiunse lo scopo.
«Evidentemente state pensando a qualcosa di molto interessante, signor Sorel. Forse a qualche curioso episodio della cospirazione che ci ha spedito a Parigi il conte Altamira? Ditemi di che cosa si tratta; ho una gran voglia di saperlo: sarт discreta, ve lo giuro!» Fu stupita dal suono delle proprie parole. Ma stava davvero pregando un subalterno!? Il suo imbarazzo aumentava e aggiunse con finta disinvoltura:
«Quale sarа mai il movente per cui voi, abitualmente cosм freddo, siete divenuto un essere ispirato, una specie di profeta di Michelangelo?»
Quella domanda vivace e indiscreta ferм profondamente Julien e riportт a galla tutta la sua follia. «Ha fatto bene Danton a rubare?» le disse bruscamente e con un tono via via piщ rude. «I rivoluzionari piemontesi e spagnoli avrebbero fatto bene a compromettere il popolo con qualche delitto, o no? E a dare a chiunque, anche immeritatamente, tutte le cariche militari e tutte le decorazioni? E i decorati non avrebbero temuto il ritorno della monarchia? Bisognava abbandonare al saccheggio il tesoro di Torino? In un parola, signorina,» egli concluse avvicinandosi a lei con piglio feroce, «l'uomo che vuole cacciare l'ignoranza e il delitto dalla terra deve passare come la tempesta e fare il male quasi a caso?»
Mathilde ebbe paura, non riuscм a sostenere il suo sguardo e arretrт di due passi. Lo guardт un istante: poi, vergognandosi della propria paura, uscм dalla biblioteca con passo leggero.
X • LA REGINA MARGHERITA
Amore! In quale follia non riesci a farci trovare un piacere?
Lettere di una monaca portoghese
Julien rilesse le sue lettere. Quando la campana del pranzo si fece sentire, egli pensт: «Come devo essere stato ridicolo agli occhi di quella bambola parigina! Che pazzia, dirle realmente quello che pensavo! Ma forse non и poi stata una pazzia tanto grande. La veritа, in questa circostanza, era degna di me. Perchй venirmi a interrogare in quel modo su cose talmente intime? La domanda era indiscreta da parte sua. Ha mancato di tatto. Quello che penso su Danton non fa parte delle mansioni per cui suo padre mi paga.»
Quando arrivт in sala da pranzo, Julien fu distratto dal suo malumore vedendo il lutto strettissimo della signorina de La Mole, che lo colpм tanto piщ in quanto nessun'altra persona della famiglia era vestita di nero.
Dopo pranzo, l'accesso di entusiasmo che lo aveva assillato tutto il giorno era ormai svanito. Per fortuna tra gli invitati c'era l'accademico che conosceva il latino. «Costui si burlerа di me meno degli altri,» pensт Julien, «se, come presumo, la mia domanda sul lutto della signorina de La Mole sarа giudicata inopportuna e fuori luogo.»
Mathilde lo guardava con una strana espressione. «Ecco la civetteria delle donne di questo paese, proprio come me l'aveva descritta la signora de Rкnal,» si disse Julien. «Non sono stato cortese con lei stamattina, non ho ceduto al suo capriccio di conversare e, per questo, secondo lei, sono piщ degno di stima. Certo il diavolo non ci perde niente. Piщ tardi la sua sdegnosa alterigia saprа bene vendicarsi. Io l'ho spinta solo a far peggio. Che differenza con quanto ho perduto! Che carattere incantevole! Che ingenuitа!... Conoscevo i suoi pensieri prima di lei, li vedevo nascere: nel suo cuore non avevo rivali, se non la paura della morte dei suoi figli; il suo era un affetto ragionevole e naturale, caro anche a me che ne soffrivo. Sono stato uno sciocco. Le idee che mi facevo di Parigi mi hanno impedito di apprezzare quella donna sublime. Quale diversitа, gran Dio! E qui che cosa trovo? Una vanitа secca e altera, tutte le sfumature dell'amor proprio, e niente di piщ.»
Si stavano alzando da tavola. «Non devo lasciarmi sfuggire il mio accademico,» pensт Julien. Si avvicinт a lui mentre uscivano in giardino, assunse un contegno gentile e sottomesso e condivise il suo furore contro il successo dell'Ernani.
«Se fossimo ancora ai tempi delle lettres de cachet!...» disse.
«Allora lui non avrebbe osato!» esclamт l'accademico con un gesto alla maniera di Talma.
A proposito di un fiore, Julien citт qualche verso delle Georgiche di Virgilio e sentenziт che non c'era nulla di paragonabile ai versi dell'abate Delille. In una parola, adulт l'accademico in tutti i modi. Dopo di che, con l'aria piщ indifferente del mondo, disse: «Suppongo che la signorina de La Mole abbia ereditato da qualche zio, di cui porta il lutto.»
«Come! Voi siete di casa,» disse l'accademico fermandosi di colpo, «e non conoscete la sua mania? In realtа и strano che sua madre permetta simili cose; ma, sia detto tra noi, non и precisamente la forza di carattere la qualitа che brilla in questa famiglia: ma la signorina Mathilde ne ha per tutti e li comanda a bacchetta. Oggi и il 30 di aprile!» e l'accademico si fermт guardando Julien con aria arguta. Julien sorrise con l'espressione piщ intelligente che potй.
«Che rapporto puт esserci fra il comandare a bacchetta un'intera famiglia, l'indossare un abito nero e il 30 di aprile?» pensт il giovane. «Devo essere ancora piщ ottuso di quanto credessi!»
«Vi confesserт...» disse poi all'accademico, e il suo sguardo era sempre interrogativo.
«Facciamo un giro in giardino,» disse l'accademico che intravedeva con entusiasmo la possibilitа di una lunga e forbita narrazione. «Ma и proprio possibile che non sappiate ciт che и successo il 30 aprile 1574?»
«E dove?» domandт Julien, stupito.
«In place de Grиve.»
Julien era cosм stupefatto, che queste parole non gli dissero nulla. La curiositа, l'attesa di conoscere qualcosa di tragicamente interessante - il che era connaturato alla sua indole - mettevano nel suo sguardo quella luce che, a chi racconta un episodio, piace tanto vedere negli occhi dei suoi ascoltatori. L'accademico, felicissimo di trovare un orecchio vergine, raccontт diffusamente a Julien in che modo il 30 aprile 1574 Boniface de La Mole, il piщ bel giovane del secolo, e Annibale di Coconasso, gentiluomo piemontese suo amico, fossero stati decapitati in place de Grиve. La Mole era l'amante adorato della regina Margherita di Navarra. «E notate,» aggiunse l'accademico, «che la signorina de La Mole si chiama Mathilde-Marguerite. La Mole era anche il favorito del duca d'Alenзon e amico intimo del re di Navarra, il futuro Enrico IV, marito della sua amante. Il martedм grasso dell'anno 1574 la corte si trovava a Saint-Germain con il povero re Carlo IX, che si spegneva lentamente. La Mole tentт di liberare i principi suoi amici che la regina Caterina de' Medici teneva prigionieri a corte. Egli fece avanzare duecento cavalieri sotto le mura di Saint-Germain, il duca d'Alenзon ebbe paura, e La Mole fu consegnato al carnefice. Ma ciт che sconvolge la signorina Mathilde, e me lo ha confessato lei stessa sette o otto anni fa, quando ne aveva soltanto dodici, ma aveva giа un cervello, oh! che cervello!...» e l'accademico alzт gli occhi al cielo. «Ciт che l'ha colpita in una simile catastrofe politica, dicevo, и che la regina Margherita di Navarra, nascosta in una delle case di place de Grиve, osт far chiedere al carnefice la testa del suo amante. E, alla mezzanotte seguente, portт via quella testa nella sua carrozza, e andт a seppellirla lei stessa in una cappella ai piedi della collina di Montmartre.»
«И mai possibile?» esclamт Julien, emozionato.
«La signorina Mathilde disprezza suo fratello perchй, come vedete, non pensa affatto a tutta questa vecchia storia e non si veste a lutto il 30 di aprile. Dopo quel famoso supplizio, e per ricordare l'amicizia intima tra La Mole e Coconasso (il quale Coconasso, da buon italiano qual era, si chiamava Annibale), tutti gli uomini di questa famiglia portano quel nome.»
L'accademico, abbassando la voce, soggiunse: «Questo Coconasso, a detta dello stesso Carlo IX, fu uno dei piщ feroci assassini del 24 agosto 1572. Ma come и possibile, mio caro Sorel, che ignoriate queste cose, voi che vivete in questa casa?»
«Ecco, dunque, il motivo per cui due volte, a tavola, la signorina Mathilde ha chiamato Annibal suo fratello. Credevo di avere udito male.»
«Era un rimprovero. И strano che la marchesa sopporti simili stranezze... Il marito di quella ragazza ne vedrа delle belle!»
Queste parole furono seguite da cinque o sei frasi satiriche. La gioia e l'espressione confidenziale che brillavano negli occhi dell'accademico urtarono Julien: «Siamo qui - pensт - come due domestici intenti a parlar male dei padroni. Ma non c'и da stupirsi di nulla, con questo accademico.»
Un giorno Julien lo aveva sorpreso in ginocchio davanti alla marchesa de La Mole: le chiedeva uno spaccio di tabacchi per un suo nipote che abitava in provincia. La sera stessa, una cameriera della signorina de La Mole, che faceva la corte a Julien come un tempo Elisa, lo persuase che la sua padrona non si metteva in lutto per attirare gli sguardi: quella stranezza era profondamente radicata nel suo carattere ed ella amava veramente quel La Mole, amante riamato della regina piщ intelligente del suo secolo, che era morto per ridare la libertа ai suoi amici. E quali amici! Il primo principe del sangue ed Enrico IV,
Abituato alla perfetta spontaneitа che brillava in tutto il comportamento della signora de Rкnal, Julien non vedeva altro che affettazione in tutte le donne di Parigi; e, per poco che fosse disposto alla malinconia, non trovava niente da dire quando si trovava con loro. La signorina de La Mole fu un'eccezione.
Julien cominciт a non scambiare piщ per ariditа di cuore quel genere di bellezza che dipende da un nobile portamento, ed ebbe lunghe conversazioni con Mathilde, la quale, dopo pranzo, qualche volta passeggiava con lui in giardino, davanti alle finestre aperte del salotto. Un giorno gli disse che stava leggendo d'Aubignй e Brantome. «Strana lettura,» pensт Julien. «E poi la marchesa non le lascia leggere i romanzi di Walter Scott!»
Un giorno, con quegli occhi brillanti di piacere che testimoniano una sincera ammirazione, ella gli narrт il gesto di una giovane donna dei tempi di Enrico III, che aveva appena letto nelle Memorie di L'Йtoile: aveva pugnalato il marito poichй si era accorta che la tradiva.
L'amor proprio di Julien era lusingato. Una persona circondata di tanti omaggi e che, a sentire l'accademico, comandava a bacchetta tutta la famiglia, si degnava di parlargli in un tono che poteva anche sembrare amichevole. Ma presto Julien si ricredette e pensт: «Mi ero sbagliato. Non si tratta di familiaritа, io non sono che un confidente da tragedia; il suo и solo bisogno di parlare. In questa famiglia mi credono un uomo colto. Leggerт Brantome, d'Aubignй, L'Йtoile e, in questo modo, potrт contestare qualcuno degli episodi di cui mi parla la signorina de La Mole. Voglio liberarmi di questa parte di confidente passivo.»
A poco a poco le sue conversazioni con quella fanciulla dal portamento cosм maestoso e nel contempo cosм disinvolto divennero piщ interessanti. Julien dimenticava la propria parte infelice di plebeo ribelle: scopriva che Mathilde era colta e anche molto lucida. Le opinioni che ella esponeva in giardino erano ben diverse da quelle che confessava in salotto. A volte dimostrava con lui un entusiasmo e una franchezza che contrastavano affatto con il suo abituale modo di essere, cosм altero e cosм freddo.
«Le guerre della Lega Santa sono il periodo eroico della Francia,» ella disse un giorno, con occhi dove splendevano l'intelligenza e l'entusiasmo. «Allora ognuno si batteva per ottenere qualcosa che desiderava, per far trionfare il proprio partito e non per guadagnarsi bassamente una decorazione, come al tempo del vostro imperatore. Dovete ammettere che l'egoismo e la meschinitа erano piщ rari. Amo quel secolo, io.»
«E Boniface de La Mole ne fu l'eroe,» rispose Julien.
«Per lo meno, fu amato come forse и dolce esserlo. Quale donna del nostro tempo non avrebbe orrore di toccare la testa del suo amante decapitato?»
La marchesa de La Mole chiamт sua figlia.
L'ipocrisia, per servire a qualcosa, deve nascondersi; e Julien, come avete visto, aveva fatto a Mathilde una mezza confidenza sulla sua ammirazione per Bonaparte. «Ecco l'immenso vantaggio che essi hanno su di noi,» si disse Julien, rimasto solo in giardino. «La storia dei loro antenati li innalza sopra i sentimenti volgari e non hanno da pensare continuamente ai mezzi di sussistenza! Che miseria!» egli soggiunse con amarezza. «Io sono indegno di ragionare su cosм grandi problemi. La mia vita non и che una serie di ipocrisie, perchй non ho mille franchi di rendita per il pane quotidiano.»
«Su che cosa state fantasticando?» gli domandт Mathilde, che tornava di corsa.
Julien era stanco di disprezzarsi. Per orgoglio, disse francamente il suo pensiero. Si fece scarlatto in viso parlando della propria povertа a una persona tanto ricca: e cercт di mettere bene in chiaro, con la fierezza del suo tono, che non chiedeva nulla.
Non era mai sembrato cosм bello a Mathilde. Ella colse sul suo volto un'espressione di sensibilitа e di franchezza che spesso gli mancava.
Meno di un mese dopo, Julien passeggiava pensoso nel giardino dell'hфtel de La Mole, ma in lui non c'era piщ traccia della durezza e della filosofica arroganza generate dalla coscienza della sua inferioritа. Aveva appena riaccompagnato fino alla porta del salotto la signorina de La Mole, che sosteneva di essersi fatta male a un piede correndo con suo fratello.
«Si и appoggiata al mio braccio in modo molto strano!» pensт Julien. «Sono un vanesio o и forse vero che ha una certa inclinazione per me? Mi ascolta con tale dolcezza, anche quando le confesso tutte le sofferenze del mio orgoglio! Lei, che si mostra cosм altera con tutti! In salotto questa sua espressione susciterebbe una grossa sorpresa. Certo и che cosм dolce e buona non lo и con nessun altro.»
Julien cercava di non esagerarsi il valore di quella strana amicizia. Lui stesso la paragonava a un'alleanza armata. Ogni giorno, quando si ritrovavano, prima di assumere nuovamente il tono familiare del giorno prima, sembrava che si domandassero: «Oggi saremo amici o nemici?» Julien aveva capito che lasciarsi offendere impunemente, anche una sola volta, da quella ragazza cosм altera, significava perdere tutto. «Se devo litigare con lei, non и forse meglio farlo subito e per difendere i diritti del mio orgoglio, anzichй per respingere i segni di un disprezzo che seguirebbe ben presto alla minima rinuncia di ciт che devo alla mia dignitа personale?»
Parecchie volte, quando era di malumore, Mathilde cercт di assumere con lui un tono da gran dama, compiva quei tentativi con estrema abilitа, ma Julien li respingeva rudemente.
Un giorno la interruppe di scatto:
«La signorina de La Mole ha qualche ordine da dare al segretario di suo padre? Questi deve ascoltare i suoi ordini ed eseguirli con rispetto: quanto al resto, non ha una parola da rivolgerle. Non и pagato per comunicarle i suoi pensieri.»
Questo stato di cose e gli strani dubbi di Julien dissiparono la noia che lo assaliva regolarmente in quel salotto cosм splendido, ma dove si aveva paura di tutto e dove qualsiasi facezia era fuori luogo.
«Sarebbe bella che mi amasse!» pensava Julien, e soggiungeva: «Ma che mi ami o no, ho per confidente una ragazza di spirito, dinanzi alla quale vedo tremare tutta la casa, e, piщ di ogni altro, il marchese de Croisenois, quel giovane cosм gentile, cosм buono, cosм valoroso, e che, grazie a una nascita illustre e alla ricchezza, riunisce tutti quei privilegi di cui basterebbe uno solo a mettermi il cuore in pace! И innamorato alla follia di lei, deve sposarla. Quante lettere mi ha fatto scrivere ai due notai il marchese de La Mole per concludere il contratto di matrimonio! E io che mi vedo tanto in basso con la penna in mano, due ore dopo, qui in giardino, trionfo su quel giovane tanto amabile: a conti fatti, le preferenze di Mathilde sono palesi e dichiarate. Puт anche darsi che odii in lui un futuro marito. И abbastanza altera per questo. E io godo delle sue bontа a titolo di confidente subalterno! Ma no, o sono pazzo o mi fa la corte; piщ mi mostro freddo e rispettoso con lei, piщ mi corre dietro. Potrebbe essere un partito preso, un'affettazione: ma vedo i suoi occhi animarsi quando compaio inaspettatamente. Sanno fingere fino a questo punto le donne di Parigi? Che importa! Le apparenze sono per me, godiamo delle apparenze! Mio Dio, come и bella! Come mi piace vedere da vicino i suoi grandi occhi azzurri che mi guardano in quel modo! Quale differenza, tra questa primavera e quella dell'anno scorso, quando vivevo infelice, sostenendomi a forza di volontа, in mezzo a trecento ipocriti sporchi e malvagi! Ero cattivo quasi quanto loro.»
Nei giorni di diffidenza Julien pensava: «Questa ragazza mi prende in giro. И d'accordo con suo fratello per trarmi in inganno. Eppure sembra che disprezzi tanto la mancanza d'energia di Norbert! Mi dice: "И coraggioso, e basta. Non ha un pensiero che osi evadere dalla moda. Sono sempre io che devo prendere le sue difese. Una ragazza di diciannove anni! И possibile, a questa etа, essere fedeli in ogni istante del giorno a una finzione che ci si и imposti?"
«D'altra parte, quando la signorina de La Mole fissa su di me quei grandi occhi azzurri con una certa espressione, il conte Norbert si allontana immancabilmente. La cosa mi insospettisce: non dovrebbe indignarsi, vedendo sua sorella che mostra delle preferenze per un domestico di casa? Sм, perchй ho sentito io stesso il duca de Chaulnes parlare di me in questi termini.» A questo ricordo la collera sostituiva ogni altro sentimento. «Che sia solo una mania del vecchio duca, quella di esprimersi cosм, all'antica?» «Ma lei и tanto bella!» continuava Julien con sguardi da tigre. «Sarа mia e poi me ne andrт. E guai a chi cercherа di ostacolare la mia fuga!»
Questa divenne l'idea fissa di Julien; egli non riuscм piщ a pensare ad altro. Le sue giornate volavano come ore.
Continuamente, mentre cercava di occuparsi di qualche faccenda importante, il suo pensiero abbandonava ogni cosa ed egli tornava in sй un quarto d'ora dopo, col cuore che batteva forte, la testa sconvolta, tutto preso da questo pensiero: «Mi ama?»
XI • IL POTERE DI UNA FANCIULLA
Ammiro la sua bellezza, ma temo il suo spirito.
Mйrimйe
Se Julien avesse impiegato a osservare ciт che accadeva in salotto lo stesso tempo che impiegava a esagerarsi la bellezza di Mathilde o ad accalorarsi contro la naturale alterigia della sua famiglia, che ella deponeva solo per lui, avrebbe capito da cosa dipendeva il suo potere su tutto ciт che la circondava. Se qualcuno le dispiaceva, Mathilde sapeva punirlo con una frecciata cosм precisa, cosм ben scelta, cosм corretta nell'apparenza, cosм opportunamente lanciata, che la ferita si faceva sempre piщ profonda man mano che la vittima ci rifletteva, e a poco a poco diveniva insopportabile per l'amor proprio offeso. Siccome Mathilde non dava alcuna importanza a tutto ciт che era oggetto di sincero desiderio per il resto della famiglia, era sempre giudicata molto fredda da tutti. Chi esce dai salotti aristocratici ne parla volentieri, ma tutto si limita a questo: la cortesia, per se stessa, ha un certo valore soltanto nei primi giorni. Julien se ne stava accorgendo dopo il primo entusiasmo, il primo stupore. «La cortesia,» pensava, «и solo l'assenza di quella collera che la cattiva educazione lascerebbe apparire.»
Mathilde si annoiava spesso, forse si sarebbe annoiata dappertutto. Allora, ideare una battuta equivaleva per lei a una distrazione, a un vero piacere.
Forse soltanto per procurarsi delle vittime un po' piщ divertenti dei suoi nonni, dell'accademico e dei cinque o sei subalterni che facevano la corte alla famiglia, ella aveva dato delle speranze al marchese de Croisenois, al conte de Caylus e a due o tre giovani che emergevano sugli altri. Per lei, essi non erano che nuovi bersagli dei suoi epigrammi.
Confesseremo con dispiacere, perchй vogliamo bene a Mathilde, che aveva ricevuto delle lettere da parecchi di loro e che qualche volta aveva risposto. Ci affrettiamo ad aggiungere che Mathilde и un'eccezione ai costumi del secolo. In generale non и certo la mancanza di prudenza il difetto che si puт rimproverare alle allieve del nobile collegio del Sacro Cuore.
Una volta il marchese de Croisenois restituм a Mathilde una lettera molto compromettente che lei gli aveva scritto il giorno prima. Con questo gesto di grande prudenza egli credeva di fare un passo avanti. Ma era proprio il rischio ciт che piaceva a Mathilde nella corrispondenza. Si divertiva a rischiare la propria sorte. Per sei settimane non rivolse una parola al marchese.
La fanciulla si divertiva a leggere le lettere di quei giovanotti: ma secondo lei si assomigliavano tutte. Esprimevano sempre la passione piщ profonda e piщ melanconica.
«In tutti loro c'и sempre lo stesso uomo perfetto, pronto a partire per la Terra Santa,» diceva Mathilde a sua cugina.
«Avete mai visto niente di piщ insipido? Ecco le lettere che riceverт per tutta la vita! Credo che messaggi di questo tipo cambino solo ogni vent'anni, secondo il genere di attivitа che и di moda. Al tempo dell'Impero le missive dovevano essere meno incolori. Allora tutti i giovani dell'alta societа avevano visto o compiuto delle azioni nelle quali c'era realmente qualcosa di grande. Il duca de N***, mio zio, ha combattuto a Wagram.»
«Che intelligenza ci vuole per vibrare un colpo di sciabola? E quando l'hanno fatto una sola volta non smettono piщ di parlarne!» disse la signorina de Sainte-Hйrйditй, cugina di Mathilde.
«Ebbene! queste storie mi divertono. Trovarsi in una vera battaglia, una battaglia di Napoleone, quando venivano uccisi diecimila soldati, era una prova di coraggio. Esporsi al pericolo innalza l'anima e la salva dalla noia in cui i miei poveri adoratori sembrano immersi; e la loro noia и anche contagiosa. Chi di essi pensa mai a fare qualcosa di straordinario? Cercano di ottenere la mia mano. Bella impresa! Sono ricca, e mio padre spingerа suo genero. Ah! Potesse almeno trovarmene uno un po' divertente!»
Il modo di vedere di Mathilde, vivo, netto, pittoresco, si rifletteva un po' troppo nel suo linguaggio, come si puт notare. Spesso una sua parola era una stonatura violenta, secondo i suoi amici cosм corretti. Quasi quasi, se Mathilde non fosse stata cosм alla moda, essi avrebbero ammesso che le sue espressioni contenevano qualcosa di eccessivamente colorito per la delicatezza femminile.
Da parte sua, Mathilde era molto ingiusta con i bei cavalieri che popolano il Bois de Boulogne. Vedeva il futuro, non con terrore (questo sarebbe stato almeno un sentimento vivo) ma con un disgusto molto raro alla sua etа.
Cosa poteva desiderare? La ricchezza, la nobiltа, lo spirito, la bellezza, a quanto si diceva e a quanto ella stessa credeva, tutto era stato assommato in lei dalle mani del caso.
Ecco quali erano i pensieri della piщ invidiata ereditiera del faubourg Saint-Germain, quando cominciт a provare piacere nelle sue passeggiate con Julien. Fu stupita dell'orgoglio di lui e ammirт l'abilitа di quel piccolo borghese. «Riuscirа a diventare vescovo come l'abate Maury,» si disse.
Ben presto la resistenza sincera, non recitata, che il nostro eroe opponeva a molte delle sue idee, la occupт, le diede da pensare; la fanciulla raccontava alla sua amica i minimi particolari delle loro conversazioni e le pareva di non riuscire mai a ricostruirle nella loro vera luce.
Un'idea la illuminт improvvisamente. «Ho la fortuna di amare,» ella pensт un giorno, con un trasporto incredibile di gioia. «Io amo, io amo, и chiaro! Alla mia etа, una ragazza bella e intelligente dove puт trovare delle sensazioni, se non nell'amore? Posso fare quel che voglio, ma non amerт mai Croisenois, Caylus e tutti quanti. Sono perfetti, troppo perfetti, forse: mi annoiano, insomma.»
Ripassт mentalmente tutte le descrizioni della passione che aveva letto in Manon Lescaut, nella Nouvelle Hйloise, nelle Lettere di una monaca portoghese ecc. Non si trattava, beninteso, che della grande passione: un amore leggero sarebbe stato indegno di una ragazza della sua etа e della sua nascita. Ella chiamava amore soltanto quel sentimento eroico che si trovava in Francia al tempo di Enrico III e di Bassompierre. Quell'amore non si arrestava vilmente di fronte agli ostacoli: spronava, anzi, a compiere grandi azioni. «Che disgrazia, per me, che non ci sia una vera corte come quella di Caterina de' Medici o di Luigi XIII! Io mi sento all'altezza di tutto ciт che vi и di piщ grande e di piщ temerario. Che cosa non riuscirei a fare di un re coraggioso come Luigi XIII, che sospirasse ai miei piedi! Lo porterei in Vandea, come dice cosм spesso il barone de Tolly, e di lа egli riconquisterebbe il suo regno; allora niente piщ costituzioni... e Julien mi asseconderebbe. Che cosa gli manca? Un nome e la ricchezza. Si farebbe un nome, conquisterebbe la ricchezza.
"A Croisenois non manca nulla, e per tutta la vita non sarа che un duca per metа estremista e per metа liberale: un essere indeciso, sempre lontano dagli eccessi, e che per conseguenza si troverа sempre al secondo posto. Qual и la grande azione che non sia un eccesso nel momento in cui viene intrapresa? Solo quando и compiuta, sembra possibile al volgo. Sм, и l'amore con tutti i suoi miracoli, quello che regnerа nel mio cuore; lo sento dal fuoco che mi anima. Il cielo mi doveva questa grazia e non avrа accumulato invano tutti i privilegi su un solo essere. La mia felicitа sarа degna di me. Ogni mio giorno non assomiglierа freddamente al giorno precedente. Grandezza e audacia sono giа implicite in me, se oso amare un uomo d'una condizione sociale tanto lontana dalla mia. Vediamo: continuerа a meritarmi? Alla prima debolezza che scorgo in lui lo abbandono. Una fanciulla con un nome come il mio, e con il carattere cavalleresco che mi si attribuisce (questo era un giudizio di suo padre), non deve comportarsi come una sciocca. E non sarei forse tale se amassi il marchese de Croisenois? Avrei una seconda edizione della felicitа delle mie cugine, che io disprezzo in modo cosм totale. So a priori tutto ciт che mi direbbe il povero marchese, tutto ciт che avrei da rispondergli. Cos'и un amore che fa sbadigliare? tanto varrebbe essere una bigotta. La firma del contratto avverrebbe come per la minore delle mie cugine: i nonni si commuoverebbero, semprechй non fossero di malumore per un'ultima condizione introdotta il giorno prima nel contratto dal notaio della parte avversa."
XII • И FORSE UN DANTON?
Il bisogno di ansietа: tale era il carattere della bella Margherita di Valois mia zia, che sposт giovanissima il re di Navarra, oggi re di Francia col nome di Enrico IV. Il bisogno di rischiare era l'essenza segreta del carattere di quest'amabile principessa: di qui, le sue liti e le sue riconciliazioni con i fratelli, fin dall'etа di sedici anni. Ora, che cosa puт rischiare una ragazza? Quello che ha di piщ prezioso: la sua reputazione la rispettabilitа di tutta una vita.
Memorie del duca di Angoulкme, figlio naturale di Carlo IX
«Tra Julien e me non ci sono contratti firmati, nй notai: tutto и eroico, tutto sarа figlio del caso. Salvo la nobiltа che a lui manca, questo и l'amore di Margherita di Valois per il giovane Boniface de La Mole, l'uomo piщ notevole del suo tempo. И colpa mia se i giovani della corte sono cosм ligi alle convenienze e impallidiscono al solo pensiero della minima avventura un po' singolare? Un viaggetto in Grecia o in Africa и per essi il colmo dell'audacia, e per di piщ non sanno muoversi che in gruppo. Appena sono soli hanno paura, non delle lance dei beduini, ma del ridicolo, e questa paura li fa impazzire. Il mio Julien, invece, preferisce agire da solo. A quest'uomo privilegiato non viene mai in mente di cercare appoggio e soccorso negli altri! Egli disprezza gli altri ed и per questo che io non disprezzo lui. Se Julien, pur essendo povero, fosse nobile, il mio amore si risolverebbe in una volgare sciocchezza, in un banale matrimonio con un uomo socialmente inferiore a me e allora non ne vorrei sapere: verrebbe a mancare ciт che caratterizza le grandi passioni: l'immensitа degli ostacoli da superare e l'oscura incertezza dell'evento.»
Mathilde era cosм assorta in questi bei ragionamenti che il giorno dopo, senza accorgersene, si mise a vantare le qualitа di Julien al marchese de Croisenois e a Norbert. Fu tanto eloquente che finм col pungerli sul vivo. Suo fratello esclamт:
«State attenta a quel giovane che ha tanta energia! Se ricomincia la rivoluzione, quello ci farа ghigliottinare tutti quanti!»
Mathilde si guardт bene dal rispondere e si affrettт a prendere in giro suo fratello e il marchese de Croisenois a proposito della paura che incuteva loro l'energia. In fondo questa non и altro che la paura di trovarsi di fronte all'imprevisto, il timore di trovarsi interdetti di fronte all'imprevisto... «Sempre, signori, sempre la paura del ridicolo! Il ridicolo? Ma и un mostro che sfortunatamente и morto nel 1816!»
«Non esiste piщ il ridicolo,» diceva il marchese de La Mole, «in un paese dove ci sono due partiti.»
Sua figlia aveva afferrato l'idea. E diceva ai nemici di Julien:
«Sicchй, miei signori, voi passerete la vita ad avere paura, e poi vi sentirete dire:
"Non era un lupo, ma solo la sua ombra."»
Mathilde li lasciт poco dopo. Le parole di suo fratello le facevano orrore e la riempivano di inquietudine; ma solo il giorno dopo le parvero la migliore delle lodi.
«In questo secolo nel quale ogni energia и morta, la sua energia li spaventa. Gli riferirт le parole di mio fratello: voglio vedere come risponderа. Ma sceglierт un momento in cui i suoi occhi siano pieni di fuoco. In quei momenti Julien non puт mentirmi.» Dopo una lunga e vaga fantasticheria, Mathilde continuт: «Che sia un Danton? Ebbene, poniamo che torni la rivoluzione: che parte sosterrebbero Croisenois e mio fratello? Ma и scritto! Quella della sublime rassegnazione. Essi sarebbero delle pecore eroiche e si lascerebbero sgozzare senza dire una parola. La loro unica paura, al momento della morte, sarebbe sempre quella di dar prova di cattivo gusto. Il mio piccolo Julien farebbe saltare le cervella al giacobino che venisse ad arrestarlo, per poco che avesse qualche speranza di salvarsi. Non ha paura di essere di cattivo gusto, lui!»
Le ultime parole la resero pensosa, risvegliando in lei penosi pensieri e facendole perdere tutta la sua audacia: le ricordavano le facezie di Caylus, di Croisenois, di Luz e di suo fratello, che rimproveravano unanimemente a Julien il suo contegno da prete: umile e ipocrita.
Di scatto, e con gli occhi splendenti di gioia, Mathilde riprese: «Ma l'amarezza e la frequenza delle loro frecciate dimostrano a loro dispetto che Julien и l'uomo piщ notevole comparso quest'inverno. Che cosa importano i suoi difetti, i suoi lati ridicoli? In lui c'и qualcosa di grande, ed essi, peraltro cosм buoni e indulgenti, ne sono urtati. Certo, и povero e ha studiato in seminario. Essi sono comandanti di squadrone e non hanno avuto bisogno di studiare: una bella comoditа! Nonostante tutti gli svantaggi del suo eterno abito nero e della sua aria da prete (e la deve pur avere, povero ragazzo, se non vuole morire di fame) hanno paura dei suoi meriti: niente di piщ chiaro. Ma non appena restiamo soli qualche minuto, Julien perde ogni aria da prete. E quando questi signori dicono qualcosa che credono arguto e imprevisto, la loro prima occhiata non и forse per Julien? Me ne sono accorta benissimo. Eppure sanno perfettamente che egli non rivolge loro la parola, se non viene interrogato. Solo a me rivolge la parola, perchй pensa che ne sia degna. Risponde alle loro obiezioni solo quanto basta per non essere scortese, poi si trincera subito dietro il rispetto. Con me discute per ore intere: non и sicuro delle sue idee finchй io ho ancora qualcosa da obiettare. In conclusione, durante tutto l'inverno non c'и stata una sola fucilata, non и accaduto mai nulla: la conversazione era l'unico mezzo per mettersi in luce; ebbene, mio padre, che и un uomo superiore e che porterа lontano la fortuna della casata, rispetta Julien. Tutti gli altri lo odiano, nessuno lo disprezza, tranne le bigotte, amiche di mia madre.»
Il conte de Caylus aveva, o fingeva di avere, una grande passione per i cavalli: passava buona parte del suo tempo in scuderia e spesso vi faceva colazione. Quella grande passione, unita alla sua capacitа di non ridere mai, lo faceva tenere in gran conto dai suoi amici: era l'aquila del gruppo.
Il giorno dopo, appena furono tutti riuniti dietro la poltrona della marchesa de La Mole, Caylus, sostenuto da Croisenois e da Norbert, in assenza di Julien attaccт vivacemente la buona opinione che Mathilde aveva di lui, senza alcun pretesto, e quasi contemporaneamente alla comparsa di Mathilde. Ella capм il gioco lontano un miglio e ne fu contentissima. «Ecco che congiurano tutti,» si disse, «contro un uomo di genio, che non ha neppure dieci luigi di rendita e che puт rispondere loro solo quando и interrogato. Ne hanno paura anche sotto il suo abito nero. Cosa accadrebbe se avesse delle spalline?» Non era mai stata piщ brillante. Fin dai primi attacchi coprм di spiritosi sarcasmi Caylus e i suoi amici. Quando i motteggi di quei brillanti ufficiali cessarono, disse a Caylus:
«Che domani qualche signorotto montanaro della Franca Contea si accorga che Julien и suo figlio e gli dia un nome e qualche migliaio di franchi, e tra sei settimane egli avrа i baffi come voi, signori, tra sei mesi sarа ufficiale degli ussari come voi, signori. E allora la grandezza del suo carattere non sarа piщ una cosa ridicola. Vi vedo ridotto, signor futuro duca, a questo specioso argomento: la nobiltа di corte и superiore a quella di provincia. Ma che cosa vi resterа in mano, se voglio mettervi con le spalle al muro e ho la malizia di dare per padre a Julien un nobile spagnolo, prigioniero di guerra a Besanзon, al tempo di Napoleone, il quale, per scrupolo di coscienza, lo riconosce sul letto di morte?»
Queste ipotesi di una nascita illegittima furono trovate abbastanza di cattivo gusto da Caylus e da Croisenois. Nel discorso di Mathilde essi non videro altro.
Per quanto succube fosse Norbert, le parole di sua sorella erano talmente chiare da spingerlo ad assumere una serietа che stonava assai, bisogna ammetterlo, sul suo volto buono e sorridente. Egli osт dire qualche parola.
«Vi sentite male, amico mio?» gli rispose Mathilde, con un'arietta semiseria. «Dovete sentirvi malissimo per ribattere a qualche scherzo facendo la morale. Fare la morale, voi! State forse sollecitando una carica di prefetto?»
Mathilde dimenticт ben presto l'aria offesa del conte de Caylus, il malumore di Norbert e la silenziosa disperazione di Croisenois. Doveva risolvere un dubbio tremendo che si era impadronito di lei.
«Julien и abbastanza sincero con me,» ella pensт. «Alla sua etа, nella sua posizione di subordinato, e infelice com'и a causa della sua incredibile ambizione, ha bisogno di un'amica. Forse io sono questa amica: ma non vedo amore in lui. Con la sua audacia, me ne avrebbe parlato.»
L'incertezza, la discussione con se stessa, che da quel momento occuparono ogni istante di Mathilde e per cui ella trovava nuovi argomenti ogni volta che parlava con Julien, scacciarono le crisi di noia alle quali andava tanto soggetta.
Figlia di un uomo intelligente che poteva diventare ministro e restituire al clero le sue terre, la signorina de La Mole era stata oggetto, al collegio del Sacro Cuore, delle piщ smodate adulazioni: il che и una disgrazia irreparabile. L'avevano persuasa che, a causa dei suoi privilegi di sangue, di ricchezza ecc., doveva essere piщ felice di chiunque altra. Questa и l'origine del tedio di cui soffrono i principi, e di tutte le loro follie.
Mathilde non era sfuggita alla funesta influenza di una simile idea. Si puт essere intelligenti finchй si vuole, ma a dieci anni non ci si difende dalle adulazioni di un intero collegio e tanto meno se queste adulazioni sembrano ben fondate.
Dal momento in cui stabilм che amava Julien, Mathilde non si annoiт piщ. Tutti i giorni si rallegrava con se stessa perchй aveva deciso di concedersi una grande passione. «Un simile divertimento и molto pericoloso,» ella pensava. «Tanto meglio! Mille volte meglio! Senza una grande passione io languivo di noia nel periodo piщ bello della vita, quello che va dai sedici ai vent'anni. Ho giа perduto il tempo migliore costretta, come unico divertimento, ad ascoltare gli sproloqui delle amiche di mia madre, che nel 1792 a Coblenza non erano, a quanto si dice, cosм austere come i loro discorsi attuali.»
Mentre Mathilde era agitata da cosм gravi incertezze, Julien non capiva il significato dei lunghi sguardi che si posavano su di lui. Egli vedeva intensificarsi la freddezza del conte Norbert e accrescersi l'alterigia di Caylus, di Luz e di Croisenois. Ma vi era abituato. Questa disgrazia lo colpiva a volte dopo una serata in cui si era fatto notare piщ di quanto non convenisse alla sua posizione. Senza la particolare accoglienza che gli riservava Mathilde e la curiositа che gli ispirava tutto quel complesso, si sarebbe ben guardato dal seguire in giardino quei brillanti giovanotti coi baffi, quando vi accompagnavano la signorina de La Mole dopo pranzo.
«Sм, и inutile nasconderselo,» si diceva Julien. «Mathilde mi guarda in modo strano. Ma anche quando i suoi begli occhi azzurri mi fissano con maggiore abbandono, vi leggo sempre un fondo indagatore, freddo e cattivo. Possibile che anche questo sia amore? Quale differenza dagli sguardi della signora de Rкnal!»
Un giorno, dopo pranzo, Julien aveva seguito il marchese de La Mole nel suo studio, poi era tornato velocemente in giardino. Avvicinandosi senza precauzione al gruppo di Mathilde, sorprese alcune parole pronunciate a voce molto alta. Mathilde stava tormentando suo fratello. Per due volte Julien udм chiaramente pronunciare il proprio nome. Quando lo videro, cadde un improvviso silenzio, e tutti gli sforzi per romperlo furono vani. La signorina de La Mole e suo fratello erano troppo agitati per trovare un altro argomento di conversazione. Caylus, Croisenois, de Luz e un loro amico parvero a Julien di una freddezza glaciale. Il giovane si allontanт.
XIII • UN COMPLOTTO
Frasi scucite, occasioni casuali si trasformano in prove di estrema importanza agli occhi di un uomo di immaginazione, se questi ha qualche fiamma nel cuore.
Schiller
L'indomani Julien sorprese ancora il conte Norbert e sua sorella che parlavano di lui. Al suo arrivo si stabilм un silenzio di morte, come il giorno prima. I suoi sospetti non ebbero piщ limiti. «Che queste simpatiche persone abbiano deciso di prendermi in giro? Bisogna ammettere che ciт и molto piщ probabile, molto piщ naturale di una ipotetica passione della signorina de La Mole per un povero diavolo di segretario. E prima di tutto: gente come questa ha delle passioni? Il loro forte sta nel prendere in giro il prossimo. Sono gelosi della mia piccola, povera superioritа di parola. La gelosia и un'altra delle loro debolezze. In questo quadro, tutto si spiega. La signorina de La Mole vuol convincermi di avere un particolare interesse per me, soltanto nell'intento di darmi in spettacolo al suo promesso.»
Quel crudele sospetto cambiт tutta la posizione morale di Julien: trovт nel suo cuore un amore nascente e lo distrusse con facilitа. Quell'amore non era fondato che sulla rara bellezza di Mathilde o, meglio, sul suo portamento regale e sulla sua mirabile eleganza. In questo, Julien rivelava ancora la sua umile origine. A quanto si dice, una bella donna del gran mondo и ciт che stupisce maggiormente un contadino intelligente, quando questi riesce a raggiungere le piщ alte sfere della societа. Non era il carattere di Mathilde che aveva fatto sognare Julien nei giorni precedenti. Egli aveva abbastanza buon senso per rendersi conto di non conoscere affatto quel carattere e che tutto quanto ne trapelava poteva essere solo apparenza.
Ad esempio, per nessun motivo al mondo Mathilde avrebbe perso la messa domenicale: e quasi ogni giorno accompagnava a messa la madre. Se nel salotto dell'hфtel de La Mole, qualche imprudente dimenticava il luogo dove si trovava e si permetteva fosse pure la piщ lontana allusione a una spiritosaggine contro gli interessi, veri o presunti, del trono o dell'altare, Mathilde diveniva immediatamente gelida. Il suo sguardo, di solito cosм acuto, assumeva allora tutta l'impassibile alterigia di un antico ritratto di famiglia.
Eppure Julien sapeva con sicurezza che Mathilde aveva sempre in camera sua una o due delle opere filosofiche di Voltaire. Julien stesso rubava sovente qualche tomo della bella edizione cosм magnificamente rilegata. Distanziando un poco i volumi l'uno dall'altro, egli riusciva a nascondere il vuoto lasciato da quello che prelevava, ma ben presto si era accorto di non essere il solo a leggere Voltaire. Ricorse a un'astuzia da seminarista; mise qualche pezzetto di crine sui volumi che secondo lui potevano interessare Mathilde: sparivano per intere settimane.
Il marchese, irritato col suo libraio che gli mandava tutte le false Memorie, incaricт Julien di comperare le novitа scabrose e divertenti. Ma perchй il loro veleno non si diffondesse in casa, il segretario aveva l'ordine di depositare questi libri in una piccola biblioteca che si trovava nella camera stessa del marchese.
Ben presto Julien ebbe la certezza che, se questi nuovi libri rivelavano una sia pur lieve ostilitа nei confronti del trono e dell'altare, non tardavano a sparire. E non era certo Norbert a leggerli.
Esagerando il valore di queste osservazioni, Julien attribuiva a Mathilde la duplicitа di Machiavelli. Quella presunta empietа era un pregio ai suoi occhi, quasi l'unico pregio morale che ella avesse. Il fastidio dell'ipocrisia e dei discorsi virtuosi lo spingeva a tale eccesso.
Julien non era certo trasportato dall'amore: piuttosto dava via libera alla propria immaginazione. Solo dopo essersi perduto in fantasticherie sulla elegante figura di Mathilde, sul gusto squisito dei suoi abiti, sul candore della sua mano, sulla bellezza delle sue braccia, sulla disinvoltura di tutti i suoi movimenti, egli si sentiva innamorato. Allora, per completare l'incanto, la credeva una Caterina de' Medici. Non c'era niente di troppo profondo o troppo scellerato per il carattere che le attribuiva. Era l'ideale dei Maslon, dei Frilair, dei Castanиde da lui ammirati nella sua giovinezza. In una parola, per lui era l'ideale di Parigi.
Ma c'и mai stato niente di piщ comico che l'attribuire profonditа o scelleratezza al carattere parigino?
«И possibile che questo trio si prenda gioco di me?» pensava Julien. Conoscete ben poco il suo carattere, se non riuscite a immaginare l'espressione cupa e fredda che assunsero i suoi sguardi rispondendo a quelli di Mathilde. Un'amara ironia respinse le proteste di amicizia che la fanciulla, stupita, osт arrischiare due o tre volte.
Punta da quella improvvisa stranezza, la signorina de La Mole, che per natura era fredda, annoiata, sensibile solo alle cose dell'intelletto, provт tutta la passione che era compatibile con il suo temperamento. Ma nel carattere di lei c'era anche molto orgoglio, e la nascita di un sentimento, che faceva dipendere tutta la sua felicitа da un'altra persona, fu accompagnata da una cupa tristezza.
Julien aveva giа acquisito sufficiente esperienza, dopo il suo arrivo a Parigi, per accorgersi che non si trattava, questa volta, dell'arida tristezza che viene dalla noia. Mathilde sfuggiva gli spettacoli, le feste, insomma tutte le distrazioni di cui prima era avida.
La musica lirica cantata da artisti francesi la annoiava a morte: eppure Julien, che si faceva un dovere di assistere all'uscita dall'Opйra, notт che ella vi si faceva accompagnare piщ spesso che poteva; gli sembrт di notare che aveva perduto un po' del perfetto equilibrio che brillava in tutte le sue azioni. A volte Mathilde rispondeva ai suoi amici con battute offensive per la loro tagliente energia. A Julien parve anche che la fanciulla prendesse in uggia il marchese de Croisenois. «Questo giovane deve amare follemente il denaro, se non la pianta su due piedi per ricca come sia!» pensava Julien, il quale, da parte sua, indignato dalle offese arrecate alla dignitа maschile, divenne ancora piщ freddo con lei. Spesso arrivт al punto di risponderle in modo scortese.
Nonostante la sua ferma risoluzione di non lasciarsi ingannare dai segni d'interessamento che gli mostrava Mathilde, talvolta questi segni erano cosм evidenti e Julien i cui occhi cominciavano ad aprirsi, la trovava tanto bella, che finiva col sentirsene imbarazzato.
«L'accortezza e la longanimitа di questi giovani del gran mondo finirebbero col trionfare della mia scarsa esperienza,» egli pensт. «Devo andarmene, mettere fine a tutto ciт.» Il marchese gli aveva affidato l'amministrazione di una quantitа di piccoli poderi e di case che possedeva nella Linguadoca meridionale: un viaggio era necessario, ma La Mole vi acconsentм a malincuore perchй, salvo per le materie concernenti le sue alte ambizioni, Julien era diventato per lui una specie di alter ego.
«In fin dei conti non sono riusciti a farmela,» pensт Julien preparandosi a partire. «Che le frecciate della signorina de La Mole fossero veramente dirette contro quei signori, o che tendessero solo a ispirarmi fiducia, mi hanno comunque divertito. Se non c'и alcuna cospirazione contro il figlio del carpentiere, la signorina de La Mole agisce in modo inspiegabile: ma questo vale per Croisenois quanto per me. Ieri, per esempio, il suo malumore era autentico, e io ho avuto la gioia di riportare una vittoria su un giovane nobile e ricco quanto io sono plebeo e miserabile. Ecco il piщ bello dei miei trionfi: mi rallegrerа durante il viaggio in diligenza attraverso le pianure della Linguadoca.»
Julien aveva tenuta segreta la sua partenza, ma Mathilde sapeva meglio di lui che il giorno dopo egli avrebbe lasciato Parigi, e per molto tempo. Con la scusa di un terribile mal di testa, aggravato dall'afa soffocante del salotto, la fanciulla uscм in giardino; lм, dove passeggiт a lungo, si diede a tormentare con le sue battute mordaci Norbert, il marchese de Croisenoir, Caylus, Luz e alcuni altri giovani che avevano pranzato all'hфtel de La Mole, al punto che li costrinse ad allontanarsi.
Mathilde guardava Julien in modo strano.
«Forse questo sguardo и una commedia,» pensт Julien. «Ma quel respiro affannoso, ma tutto quel turbamento?... Bah! Infine, chi sono, io, per giudicare tutte queste cose. И una delle donne piщ nobili e raffinate di Parigi. Quell'affanno, che stava per commuovermi, forse lo ha imparato da Lйontine Fay, che le piace tanto.»
Erano rimasti soli. La conversazione languiva evidentemente. Mathilde pensava, con sincera desolazione: «No, non sente nulla per me!»
Mentre egli stava salutandola, la fanciulla gli strinse il braccio con forza.
«Stasera riceverete una mia lettera,» gli disse: la sua voce era talmente alterata che il timbro era irriconoscibile.
Questo fatto commosse immediatamente Julien.
«Mio padre,» ella continuт, «stima giustamente i servigi che gli rendete. Bisogna che non partiate domani, trovate un pretesto.» E si allontanт di corsa.
Aveva una figura incantevole. Era impossibile avere un piede piщ bello ed ella correva con tanta grazia che Julien ne fu affascinato. Ma potete indovinare quale fu il suo secondo pensiero quando la fanciulla fu scomparsa? Sм, egli si sentм offeso dal tono imperativo con cui aveva pronunciato la parola bisogna. Ma anche Luigi XV, al momento di morire, fu vivamente urtato dalla parola bisogna, di cui si era servito goffamente il suo medico personale: eppure Luigi XV non veniva dal nulla!...
Un'ora dopo, un domestico consegnт una lettera a Julien: era semplicemente una dichiarazione d'amore.
«Lo stile non и troppo affettato,» si disse il giovane; con le sue osservazioni letterarie egli tentava di frenare la gioia che gli faceva contrarre le gote e lo costringeva a ridere suo malgrado.
«Dunque io,» esclamт ad un tratto, non riuscendo a trattenere la violenza della sua passione, «io, povero contadino, ricevo una dichiarazione d'amore da una gran dama! Quanto a me, non c'и male!» soggiunse, cercando di reprimere il piщ possibile la sua gioia. «Ho saputo conservare la dignitа del mio carattere. Non ho detto che l'amavo.» Si mise a studiare la calligrafia: Mathilde aveva una bella scrittura inglese.
Julien aveva bisogno di un'occupazione fisica per distrarsi da una felicitа che raggiungeva il delirio.
«La vostra partenza mi costringe a parlare... Non vedervi piщ sarebbe superiore alle mie forze.»
Un pensiero colpм Julien come una scoperta, interruppe l'esame che egli stava facendo della lettera di Mathilde e raddoppiт la sua gioia. «Io trionfo sul marchese de Croisenois!» esclamт il giovane. «Io, che parlo solo di cose serie! E lui и cosм bello! Ha i baffi, ha una splendida uniforme, trova sempre al momento giusto una parola acuta e spiritosa da dire!»
Julien visse un istante delizioso, errando a caso in giardino, pazzo di felicitа.
Piщ tardi egli salм nel suo studio e si fece annunciare al marchese de La Mole, che per fortuna non era uscito. Gli dimostrт facilmente, esibendo alcuni fogli di carta bollata arrivati dalla Normandia, che, dovendosi occupare di certi processi in quella regione, era costretto a differire la sua partenza per la Linguadoca.
«Sono ben felice che non partiate,» gli disse il marchese quando ebbero finito di parlare d'affari. «Mi fa piacere vedervi.»
Julien uscм: le ultime parole lo avevano messo a disagio.
«E io sto per sedurre sua figlia! E forse sto per rendere impossibile il matrimonio di lei col futuro duca, marchese de Croisenois, che gli sta tanto a cuore: se non riesce a diventare duca lui, almeno sua figlia avrа diritto a uno sgabello a corte.» Julien pensт per un momento di partire per la Linguadoca, nonostante la lettera di Mathilde e nonostante le spiegazioni date al marchese. Ma questo lampo di virtщ durт molto poco.
«Ma io esagero con la bontа!» egli pensт. «Io, un plebeo, avere pietа di una famiglia cosм nobile! Io, che per il duca di Chaulnes sono un domestico! Come fa il marchese ad aumentare le sue immense ricchezze? Vende dei titoli quando a corte viene a sapere che il giorno dopo tirerа aria di colpo di Stato. E io, gettato all'ultimo gradino della scala sociale da una Provvidenza matrigna, che mi ha dato un cuore nobile e neppure mille franchi di rendita, vale a dire neppure il pane, sм, senza esagerare, neppure il pane, io dovrei rifiutare un piacere che mi viene offerto! Una limpida sorgente che viene a placare la mia sete nell'arido deserto della mediocritа che attraverso penosamente! In fede mia, non sono cosм stupido! Ognuno per sй, in questa landa di egoismo che si chiama la vita.»
E Julien ricordт alcuni sguardi carichi di disprezzo lanciatigli dalla signora de La Mole, e soprattutto dalle gran dame sue amiche.
Il piacere di trionfare sul marchese de Croisenois giunse a completare la disfatta di quell'ultimo barlume di virtщ.
«Come vorrei che egli si arrabbiasse con me!» pensт Julien. «Con quale sicurezza gli darei ora un colpo di spada!» E Julien eseguiva un a fondo in seconda. «Prima ero solo uno zotico, che approfittava bassamente di un certo coraggio. Dopo questa lettera, sono un suo pari.» «Sм,» diceva a se stesso con voluttа infinita e parlando lentamente, «i nostri meriti, i miei e quelli del marchese, sono stati pesati: e il povero carpentiere del Giura ha avuto il sopravvento. Ah ecco! Ecco, ho trovato la conclusione per la mia risposta. "Non crediate, signorina de La Mole, che io dimentichi la mia condizione sociale. Vi farт comprendere e sentire fino in fondo che per il figlio di un carpentiere voi tradite un discendente del famoso Guy de Croisenois, che seguм san Luigi alla crociata."»
Julien non riusciva a controllare la sua gioia. Fu costretto a scendere in giardino. La sua camera, dove si era chiuso a chiave, gli sembrava troppo stretta per poterci respirare.
«Io, povero contadino del Giura,» egli si ripeteva continuamente, «condannato a portare sempre questo triste abito nero! Ahimи! Vent'anni fa avrei portato anch'io l'uniforme come loro! Allora un uomo come me o veniva ucciso o diventava generale a trentasei anni.» La lettera che teneva stretta in mano gli conferiva idealmente la statura e l'atteggiamento di un eroe. «Oggi, и vero, con questo abito a quarant'anni si puт avere una prebenda di centomila franchi e il cordone azzurro, come il vescovo di Beauvais.» Ridendo mefistofelicamente egli continuт: «Ebbene, sono piщ intelligente di loro, so scegliere l'uniforme del mio tempo.» E sentм raddoppiare in sй le ambizioni e l'attaccamento per l'abito ecclesiastico. «Quanti cardinali di origini piщ umili delle mie hanno governato? Il mio compatriota Granvelle, per esempio.»
A poco a poco l'agitazione di Julien si calmт; venne a galla la prudenza. Come Tartufe, il suo maestro, di cui conosceva la parte a memoria, Julien si disse:
«Posso credere queste parole un onesto artificio.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Non mi fiderт punto di cosм dolci proteste,
se qualcuno dei suoi favori, per cui sospiro,
non verrа a confermarmi tutto ciт che mi hanno detto.»
(Tartufe, atto IV, scena V)
«Anche Tartufe fu rovinato da una donna, eppure valeva quanto un altro... La mia risposta puт essere mostrata in giro... Ma a ciт porremo questo rimedio,» egli aggiunse, pronunciando lentamente le parole col tono di una contenuta ferocia. «Cominceremo riportando le frasi piщ appassionate della lettera della sublime Mathilde... Sм, ma quattro lacchи di Croisenois si gettano su di me e mi strappano l'originale. Eh no, perchй sono bene armato e ho l'abitudine, come tutti sanno, di far fuoco sui lacchи. Bene, poniamo che uno di essi sia coraggioso: si precipita su di me. Gli hanno promesso cento napoleoni. Lo uccido o lo ferisco: и proprio ciт che si desidera. Mi gettano in prigione nel pieno rispetto della legge: compaio in tribunale e vengo spedito, con perfetta giustizia ed equitа dei giudici, a tenere compagnia nel carcere di Poissy a Fontan e a Magalon. Lа dormo alla rinfusa con quattrocento straccioni... E io dovrei provare un poco di pietа per gente simile!» esplose Julien alzandosi impetuosamente. «Forse che essi ne provano per quelli del Terzo Stato, quando li hanno in mano?»
Queste parole furono l'ultimo anelito della sua riconoscenza per il marchese de La Mole, che fino ad allora, suo malgrado, lo aveva tormentato.
«Piano, signori gentiluomini, capisco questa piccola trovata machiavellica: l'abate Maslon o l'abate Castanиde del seminario non avrebbero fatto meglio. Voi mi sottrarrete la lettera provocatrice e io sarт la seconda edizione del colonnello Caron a Colmar. Un momento, signori: io manderт la lettera fatale in un pacchetto ben sigillato all'abate Pirard perchй me la custodisca. И un uomo onesto, un giansenista e, in quanto tale, al sicuro dalle seduzioni dell'oro. Sм, ma egli apre le lettere... La manderт a Fouquй.»
Bisogna convenirne: lo sguardo di Julien era atroce e la sua fisionomia orrenda, da vero criminale. Julien era l'uomo infelice in lotta contro tutta la societа. «All'armi!» egli esclamт, e scese d'un balzo i gradini della scalinata d'ingresso. Entrт nel bugigattolo dello scrivano all'angolo della strada, lo spaventт. «Copiate,» gli disse, tendendogli la lettera della signorina de La Mole.
Mentre lo scrivano lavorava, scrisse lui stesso a Fouquй pregandolo di custodirgli un plico prezioso. Interrompendosi, pensт: «Ma l'ufficio segreto della posta aprirа la mia lettera e vi consegnerа quella che cercate... Ah! no, signori.» Andт a comprare un'enorme Bibbia da un libraio protestante, nascose con grande abilitа la lettera di Mathilde nella copertina, fece impacchettare il libro e il pacco partм con la diligenza, indirizzato a uno degli operai di Fouquй, del quale nessuno a Parigi conosceva il nome.
Fatto questo, Julien rientrт svelto e allegro all'hфtel de La Mole. «E adesso a noi!» esclamт, chiudendosi a chiave in camera sua e buttando via la giacca.
«Come!» scriveva a Mathilde, «и proprio la signorina de La Mole che, per mano di Arsиne, un domestico di suo padre, fa consegnare una lettera troppo lusinghiera a un povero carpentiere del Giura, senza dubbio per burlarsi della sua semplicitа?!» E trascrisse le frasi piщ esplicite della lettera che aveva ricevuto poco prima. La sua avrebbe fatto onore alla prudenza diplomatica del cavaliere de Beauvoisis. Non erano ancora le dieci: Julien, ebbro di felicitа e della certezza di essere potente, cosм nuova per un povero diavolo, entrт all'Opйra italien.
Sentм cantare il suo amico Geronimo. La Musica non lo aveva mai esaltato a tal punto. Si sentiva un Dio.
XIV • PENSIERI DI UNA FANCIULLA
Quante perplessitа! Quante notti trascorse senza sonno! Gran Dio! Farт dunque di me un essere spregevole? Lui stesso mi disprezzerа. Ma egli parte, si allontana.
Alfred de Musset
Non senza un'intima lotta Mathilde aveva scritto quella lettera. Comunque fosse nato, il suo interesse per Julien dominт ben presto l'orgoglio che da quando possedeva l'uso della ragione regnava incontrastato nel suo cuore. La sua anima fredda e altera era trasportata per la prima volta da un sentimento appassionato. Ma se questo sentimento dominava l'orgoglio, era tuttavia ancora fedele alle abitudini dell'orgoglio. Due mesi di lotte interiori e di nuove sensazioni rinnovarono, per cosм dire, tutto il suo essere morale.
Mathilde credeva di intravedere la felicitа. Questa prospettiva, onnipotente per le anime che al coraggio uniscono un'intelligenza superiore, dovette lottare a lungo contro la dignitа e il senso dei comuni doveri. Un giorno, alle sette del mattino, entrт nella camera di sua madre chiedendole il permesso di rifugiarsi a Villequier. La marchesa non si degnт neppure di risponderle e le consigliт di tornare a letto. Fu questo l'ultimo sforzo compiuto dal buon senso comune e dalla deferenza per le idee acquisite.
Il timore di sbagliare e di offendere le idee ritenute sacre dai vari Caylus, Luz e Croisenois, aveva uno scarso potere su Mathilde; esseri simili non sembravano fatti per capirla: avrebbe chiesto il loro consiglio se si fosse trattato di comprare un calesse o un podere. Il suo autentico terrore era che Julien fosse scontento di lei.
«E se fosse un uomo superiore solo in apparenza?»
Ella aborriva la mancanza di carattere: era questa la sua unica obiezione contro i bei giovani che le stavano intorno. Piщ essi si scagliavano contro tutto ciт che non и attinente alla moda, o la segue malamente credendo di seguirla, e piщ scadevano nell'opinione della fanciulla.
Erano dei coraggiosi, ecco tutto. «Ma coraggiosi come?» si diceva Mathilde. «In duello, sм: ma il duello non и piщ che una cerimonia. Si sa tutto in anticipo, anche ciт che si deve dire cadendo. Disteso sull'erba e con la mano sul cuore, il ferito deve concedere un generoso perdono all'avversario e trovare una parola per una bella creatura spesso immaginaria, o che va al ballo il giorno della vostra morte, per paura di far nascere dei sospetti.
Si sfida il pericolo in testa a uno squadrone tutto luccicante d'acciaio: ma il pericolo solitario, strano, imprevisto, veramente laido?...
«Ahimи!» pensava Mathilde. «Solo alla corte di Enrico III si trovavano uomini grandi per carattere e per nascita! Ah! se Julien avesse combattuto a Jarnac o a Moncontour, non avrei piщ dubbi. A quei tempi di forza e di vigore, i francesi non erano fantocci. Forse il giorno della battaglia era quello che suscitava minori titubanze. La loro vita non era soffocata come una mummia egiziana sotto un involucro comune a tutti e sempre uguale. Sм, occorreva piщ coraggio per uscire soli alle undici di sera dall'hфtel de Soissons, dove abitava Caterina de' Medici, di quanto ce ne voglia oggi per correre ad Algeri.
«La vita di un uomo era un susseguirsi di avventure governate dal caso. La civiltа ha abolito il caso e l'imprevisto. Se qualcosa di imprevisto emerge nelle idee, non ci sono sufficienti epigrammi per colpirlo: se poi affiora negli avvenimenti, la nostra paura и tale che non arretriamo di fronte ad alcuna viltа. E tutte le pazzie che puт farci commettere la paura sono scusate in anticipo. Secolo degenerato e tedioso! Che cosa avrebbe detto Boniface de La Mole, se sollevando dalla tomba il capo mozzo avesse visto, nel 1793, diciassette suoi discendenti lasciarsi prendere come pecore per essere ghigliottinati due giorni dopo? La morte era sicura, ma sarebbe stato di cattivo gusto difendersi e ammazzare almeno uno o due giacobini. Ah! nei tempi eroici della Francia, nel secolo di Boniface de La Mole, Julien sarebbe stato capo squadrone e mio fratello un giovane prete di buoni costumi, con la saggezza negli occhi e il senno sulle labbra.»
Qualche mese prima Mathilde disperava di trovare un uomo un po' diverso dallo stampo comune. Aveva provato un lieve piacere concedendosi la licenza di scrivere a qualche giovane della buona societа. Una simile audacia, cosм sconveniente, cosм incauta per una ragazza, poteva disonorarla agli occhi del marchese de Croisenois, del duca de Chaulnes suo padre e di tutto l'hфtel de Chaulnes, che, vedendo andare a monte il matrimonio, avrebbero voluto sapere il motivo. In quel periodo, nei giorni in cui scriveva una delle sue lettere, Mathilde non riusciva a dormire. Ma quelle lettere erano solo delle risposte.
Questa volta osava dire di essere innamorata. Scriveva per prima (che parola terribile!) a un uomo che occupava uno degli ultimi gradini della scala sociale.
Questa circostanza, se fosse stata scoperta, le avrebbe assicurato un eterno disonore. Quale fra le amiche di sua madre avrebbe osato prendere le sue difese? Quale argomento si sarebbe potuto fornire loro perchй fosse riferito in modo da attutire il colpo dello spaventoso disprezzo mondano?
Parlare era giа spaventoso, ma scrivere! Ci sono cose che non si scrivono! aveva esclamato Napoleone apprendendo la capitolazione di Baylen. Ed era proprio Julien che le aveva riferito quelle parole, dandole quasi una lezione in anticipo.
Ma tutto ciт era ancora nulla: l'angoscia di Mathilde aveva ben altre cause. Dimenticando il tremendo effetto che il suo atto avrebbe prodotto in societа la macchia incancellabile e il disprezzo che sarebbe ricaduto su di lei poichй oltraggiava la propria casta, Mathilde stava per scrivere a un essere di natura ben diversa da quella dei Croisenois, dei Luz, dei Caylus.
La profonditа, l'ignoto del carattere di Julien erano tali da spaventare anche chi avesse voluto stabilire con lui un rapporto comune.
E lei stava per farne il suo amante, forse il suo padrone!
«Quali saranno le sue pretese, se mai egli avrа un potere assoluto su di me? Ebbene! come Medea, mi dirт: Fra tanti pericoli, mi resto io.»
Mathilde credeva che Julien non avesse nessun rispetto per la nobiltа di sangue. Peggio ancora, forse non aveva alcun amore per lei!
In quegli ultimi momenti di dubbi atroci le nacquero i pensieri dell'orgoglio femminile. «Tutto deve essere singolare nel destino di una ragazza come me!» esclamт, spazientita: l'orgoglio, che le era stato inoculato fin dalla culla, lottava contro la virtщ. Le cose erano a questo punto, quando sopraggiunse la partenza di Julien a far precipitare ogni cosa.
(Simili caratteri, per fortuna, sono rarissimi.)
Quella sera, molto tardi, Julien ebbe la malizia di far portare una valigia pesantissima in portineria; per trasportarla chiamт il domestico che faceva la corte alla cameriera di Mathilde. «Puт darsi che questa manovra non abbia alcun risultato,» egli si disse. «Ma se va bene, ella mi crederа partito.» Si addormentт molto soddisfatto di quello scherzetto. Mathilde non chiuse occhio.
Il giorno dopo, di prima mattina, Julien uscм senza essere visto da nessuno, ma rientrт prima delle otto.
Era appena arrivato in biblioteca quando la signorina de La Mole comparve sulla soglia. Julien le consegnт la risposta. Egli pensava che fosse suo dovere parlarle: almeno, era la cosa piщ semplice, ma lei non volle ascoltarlo e scomparve. Julien ne fu felice: non sapeva cosa dirle.
«Se tutto ciт non и un giochetto combinato col conte Norbert, и chiaro che sono stati i miei sguardi gelidi ad accendere lo strano amore che questa ragazza cosм nobile osa nutrire per me. Sarei veramente piщ sciocco del necessario, se mi lasciassi andare a incapricciarmi di questa bambolona bionda.» Da tale ragionamento Julien emerse piщ freddo e piщ calcolatore che mai.
«Nella battaglia che si prepara,» continuт, «l'orgoglio del sangue sarа come un'alta collina, una posizione militare tra lei e me. И lм che bisogna manovrare. Ho fatto malissimo a restare a Parigi; avere rimandato la mia partenza mi umilia e mi mette allo scoperto, se si tratta solo di un gioco. Che pericolo correvo partendo? Se essi si burlano di me, mi sarei burlato di loro. Se invece l'interessamento di Mathilde per me ha qualche consistenza, lo avrei centuplicato.»
La lettera della signorina de La Mole aveva procurato una tale gioia alla vanitа di Julien che, pur ridendo di quanto accadeva, il giovane aveva dimenticato di pensare seriamente all'opportunitа della sua partenza.
Per volere del fato, egli era molto sensibile ai propri errori. Quello che aveva commesso restando lo contrariт a tal punto da fargli dimenticare l'incredibile vittoria che aveva preceduto questo piccolo smacco, quando verso le nove la signorina de La Mole ricomparve sulla soglia della biblioteca, gli gettт una lettera e scappт via.
«Sembra che stia per divenire un romanzo epistolare,» egli disse, raccogliendo il messaggio. «Il nemico fa un passo falso e io punto sulla freddezza e sulla virtщ.»
La fanciulla gli chiedeva una risposta decisiva, con un'alterigia che aumentт la sua intima allegria. Julien si concesse il piacere di prendere in giro per due pagine coloro che eventualmente avessero voluto prenderlo in giro e, sempre scherzando, verso la fine della risposta annunciт che la sua partenza era decisa per il giorno dopo.
Finita la lettera egli pensт: «Il giardino mi servirа per consegnarla», e vi si diresse. Guardava la finestra della signorina de La Mole: era situata al primo piano, di fianco all'appartamento della marchesa, ma sotto c'era un grande mezzanino. Il primo piano era alto, tanto che Julien, passeggiando nel viale dei tigli con la lettera in mano, non poteva essere visto dalla finestra di Mathilde. La volta formata dai tigli, tagliati con grande abilitа, intercettava la vista. «Ma come!» pensт Julien, irritatissimo. «Ecco un'altra imprudenza! Se hanno deciso di prendermi in giro, farmi vedere con una lettera in mano и come fare il gioco dei miei nemici!»
La camera di Norbert era proprio sopra quella di Mathilde e, se Julien usciva dalla volta dei tigli, il conte e i suoi amici potevano seguire tutti i suoi movimenti.
La signorina de La Mole comparve dietro i vetri: Julien le lasciт intravedere la lettera; lei assentм. Subito il giovane risalм di corsa in camera sua e sullo scalone incontrт per caso la bella Mathilde, che prese la lettera con perfetta disinvoltura e con occhi ridenti.
«Quanta passione c'era negli sguardi della povera signora de Rкnal,» pensт Julien, «quando, anche dopo sei mesi di relazione, osava prendere una mia lettera! Credo che non mi abbia mai guardato con occhi ridenti.» Non espresse con altrettanta chiarezza il resto della sua reazione: forse si vergognava della futilitа dei motivi che la generavano? «Perт, che differenza!» aggiungeva dentro di sй. «In tutto: nell'eleganza del vestito da mattina, nella grazia del portamento! Vedendo la signorina de La Mole a trenta passi di distanza, un uomo esperto indovinerebbe il posto che occupa in societа. Ecco quello che si puт definire un merito esplicito.»
Pur continuando a divagare, Julien non si confessava ancora tutto il proprio pensiero: la signora de Rкnal non aveva nessun marchese de Croisenois da sacrificargli. Con lei egli non aveva che un rivale: Charcot, quell'ignobile sottoprefetto che si faceva chiamare de Maugiron, perchй i Maugiron non esistevano piщ.
Alle cinque Julien ricevette una terza lettera: Mathilde glie la gettт dalla porta della biblioteca, poi scappт via un'altra volta. «Che mania di scrivere!» pensт Julien ridendo. «Sarebbe cosм comodo parlarsi! Il nemico vuole avere in mano delle lettere mie, questo и chiaro: e ne vuole molte!» Non si affrettт ad aprire quella che teneva in mano. Pensт: «Ancora delle frasi ricercate!» Ma leggendo, impallidм. Erano solo otto righe.
«Ho bisogno di parlarvi: devo parlarvi questa sera; quando suonerа l'una dopo mezzanotte trovatevi in giardino. Prendete la grande scala del giardiniere vicino al pozzo, appoggiatela alla mia finestra e salite da me. C'и chiaro di luna: non importa.»
XV • И FORSE UN COMPLOTTO?
Ah! come и crudele l'intervallo fra il momento in cui si concepisce un grande progetto e quello della sua realizzazione! Quanti vani terrori! Quante incertezze! Si tratta della vita. - Si tratta di assai piщ: dell'onore!
Schiller
«La cosa si fa seria...» pensт Julien. «E anche un po' troppo chiara,» aggiunse dopo avere riflettuto. «Come! Questa bella ragazza puт parlarmi in biblioteca e con una libertа che, grazie a Dio, и completa: suo padre, nel timore che io gli mostri dei conti, non ci viene mai. Come! Il marchese Norbert, le uniche persone che entrino qui, sono assenti quasi tutto il giorno e si puт facilmente controllare il momento in cui rientrano; e la sublime Mathilde, per la cui mano non sarebbe troppo nobile un principe regnante, vuole che io commetta un'imprudenza spaventosa! И chiaro: vogliono rovinarmi, o almeno burlarsi di me. Sulle prime hanno cercato di rovinarmi con le mie lettere: ma siccome queste erano prudenti, hanno bisogno di un'azione ancora piщ chiara della luce del sole.
Quei cari signorini mi credono troppo sciocco o troppo fatuo. Diavolo! Col piщ bel chiaro di luna del mondo, salire cosм, con una scala, fino a un primo piano alto venticinque metri! Avranno tutto il tempo di vedermi anche dai palazzi vicini. Sarт sulla mia scala!»
Julien salм in camera sua e cominciт a fare la valigia fischiettando. Era deciso a partire e a non rispondere nemmeno.
Ma quella saggia decisione non gli metteva il cuore in pace. «E se per caso,» egli si disse improvvisamente, quando aveva giа chiuso la valigia, «Mathilde fosse in buona fede? Allora ai suoi occhi faccio la figura del perfetto vigliacco. Io non sono nobile, ho bisogno di grandi qualitа, devo pagare in contanti, con atti significativi e senza affidarmi a benevole supposizioni...»
Rimase un quarto d'ora a riflettere. «A che scopo negarlo?» egli pensт infine. «Per lei sarт sempre un vile. Io perdo non solo la creatura piщ brillante dell'alta societа, come tutti la definivano al ballo del duca de Retz, ma perdo anche il divino piacere di vedermi sacrificare il marchese de Croisenois, figlio di un duca e che sarа duca a sua volta: un giovane affascinante, con tutte le doti che mi mancano: tatto, nobiltа, ricchezza... Un simile rimorso mi perseguiterа per tutta la vita: non per lei, di donne ce ne sono tante...
"Ma c'и un solo onore!"
dice il vecchio Don Diego. E qui, in modo chiaro e inequivocabile, io mi ritiro davanti al primo pericolo che mi si presenta: il duello col cavaliere de Beauvoisis, infatti, si presentava come uno scherzo. Qui tutto и diverso. Posso essere preso a fucilate da un domestico, ma questo и il pericolo minore: posso essere disonorato! La cosa si fa seria, ragazzo mio,» egli continuт, con un'allegria e un accento da guascone. «Ne va dell'onore. Un povero diavolo come me, buttato cosм in basso dalla sorte, non ritroverа mai una simile occasione: avrт dei successi con le donne, ma con donne di umili condizioni...»
Riflettй a lungo: andava avanti e indietro a passi precipitosi, fermandosi ogni tanto di colpo. In camera sua c'era un magnifico busto di marmo del cardinale Richelieu, che, suo malgrado, attirava i suoi sguardi. Quel busto pareva fissarlo severamente, e come per rimproverargli la mancanza di quell'audacia che deve essere connaturata allo spirito francese. «Ai tuoi tempi, grand'uomo, avrei forse esitato?»
«Alla peggio,» disse infine Julien, «supponiamo che si tratti solo di una trappola: sarebbe molto pericolosa e compromettente, per una ragazza! Sanno bene che non sono uomo da tacere. Dovranno uccidermi. Ma ciт poteva andare nel 1574, ai tempi di Boniface de La Mole: il suo discendente non ne avrebbe mai il coraggio. Questa gente non и piщ la stessa. Mathilde и tanto invidiata! Quattrocento salotti domani echeggerebbero della sua vergogna, e con quale piacere! I domestici chiacchierano tra loro sulle evidenti preferenze di cui sono oggetto: ne sono sicuro, li ho sentiti io stesso... D'altro canto, le sue lettere!... Possono credere che io le abbia con me. Se vengo sorpreso nella sua camera, me le portano via. Avrт a che fare con due, o tre, quattro uomini, che so? Ma dove andranno a pescarli, questi uomini? Dove trovare, a Parigi, dei servitori discreti? La giustizia fa loro paura... Perdiana! Ma ci sono i Caylus, i Croisenois, i Luz in persona. E proprio un simile momento, e la figura da cretino che farт in mezzo a loro, ciт che deve averli sedotti. Attenzione a non fare la fine di Abelardo, signor segretario! Ebbene... signori, vi lascerт un ricordo! Colpirт in faccia, come i soldati di Cesare a Farsalo... Quanto alle lettere, posso metterle al sicuro.»
Julien copiт le ultime due, nascose le copie in uno dei bei volumi di Voltaire che erano in biblioteca e portт di persona gli originali alla posta.
«In quale follia sto per lanciarmi!» disse al ritorno, con sorpresa e terrore. Aveva passato un quarto d'ora senza guardare in faccia l'impresa che lo aspettava quella notte. «Ma se mi tiro indietro, finirт poi col disprezzarmi! Per tutta la vita una simile occasione mi fornirа materia di dubbio e, per me, un simile dubbio и la piщ tremenda delle disgrazie. Non mi и forse giа successo con l'amante di Amanda? Credo che riuscirei a perdonarmi piщ facilmente un delitto ben definito: una volta confessato, non ci penserei piщ. Come! Avrт avuto per rivale un uomo che porta uno dei piщ bei nomi di Francia e mi sarт dichiarato io stesso, a cuor leggero, inferiore a lui? In fondo, non andare и una vigliaccheria. Questa parola и decisiva!» esclamт Julien rizzandosi. «E poi... Mathilde и tanto bella! Se questo non и un tranello, che follia ella compie per me!... Se invece и una trappola, accidenti, signori! Dipende solo da me trasformarla in una cosa seria! E cosм farт. Ma se mi immobilizzano le braccia appena entro nella camera?... Possono avere preparato qualche meccanismo ingegnoso! И come un duello,» aggiunse ridendo. «Si puт parare ogni mossa, come dice il mio maestro di scherma, ma il buon Dio, che vuole una conclusione, fa in modo che uno dei due se ne dimentichi. Del resto, ecco con che cosa posso rispondere.»
Trasse di tasca le pistole e, benchй l'esca fosse perfetta, la rinnovт.
C'erano ancora parecchie ore da aspettare; per fare qualcosa, Julien scrisse a Fouquй:
«Amico mio, non aprire la lettera qui acclusa che in caso di incidente, se senti dire che mi и successo qualcosa di strano. Allora cancella i nomi propri dal manoscritto che ti spedisco, fanne otto copie e spediscile ai giornali di Marsiglia, di Bordeaux, di Lione, di Bruxelles ecc.; dieci giorni dopo fa' stampare questo manoscritto e spediscine la prima copia al marchese de La Mole; e quindici giorni dopo getta le altre copie, di notte, per le strade di Verriиres.»
Il breve memoriale giustificativo, scritto in forma di racconto, che Fouquй doveva aprire solo in caso di incidente, fu redatto da Julien in modo da compromettere il meno possibile la signorina de La Mole, ma dando ugualmente un quadro molto esatto della situazione.
Julien stava finendo di chiudere il plico, quando suonт la campana del pranzo: i rintocchi fecero palpitare il cuore del nostro eroe. La sua mente, ancora assorta nel racconto che aveva appena ultimato, era piena di presentimenti tragici. Egli immaginava di essere afferrato dai domestici, saldamente legato, imbavagliato, condotto in cantina, sorvegliato a vista da un servo: se l'onore di quella nobile famiglia avesse richiesto una fine tragica di quell'avventura, sarebbe stato facile liberarsi di lui con uno di quei veleni che non lasciano tracce: avrebbero detto che il segretario era morto di malattia e avrebbero trasportato il suo cadavere sul letto.
Commosso dal suo stesso racconto come un autore drammatico, Julien aveva veramente paura quando entrт in sala da pranzo. Guardava tutti quei domestici in alta tenuta, studiava la loro fisionomia. «Quali sono i prescelti per la spedizione di stanotte?» si domandava. «In questa famiglia i ricordi della corte di Enrico III sono cosм presenti, cosм spesso rievocati, che costoro, ritenendosi offesi, dimostreranno maggiore risolutezza dei loro pari.» Egli guardт Mathilde per tentare di leggere nei suoi occhi i progetti della famiglia: la fanciulla era pallida, aveva una fisionomia medievale. A Julien non era mai sembrato tanto maestosa: era davvero bella e imponente. Quasi se ne innamorт. «Pallida morte futura,» si disse. «Il suo pallore annuncia i suoi piani grandiosi.»
Invano, dopo pranzo, Julien passeggiт a lungo e con ostentazione in giardino: Mathilde non si fece vedere. Parlarle, in quel momento, gli avrebbe tolto un grosso peso dal cuore. Perchй non confessarlo? Aveva paura. Poichй era deciso ad agire, si abbandonava alla paura senza vergogna. «Purchй io trovi il coraggio necessario al momento dell'azione,» egli pensт, «che importa ciт che posso sentire ora?»
Andт a fare una ricognizione e a rendersi conto del peso della scala. «И uno strumento,» si disse ridendo, «di cui il destino mi costringe a servirmi. Qui, come a Verriиres! Ma che differenza! Allora,» soggiunse sospirando, «non ero costretto a diffidare della persona per cui mi esponevo al pericolo. E che differenza anche nel pericolo! Se fossi stato ucciso nei giardini di Rкnal, non ci sarebbe stato nulla di disonorante per me. La mia morte sarebbe passata, senza difficoltа, come un fatto inspiegabile. Ma qui, che storie spaventose non si racconteranno nei salotti dell'hфtel de Chaulnes, dell'hфtel de Caylus, dell'hфtel de Retz, dappertutto, insomma. Per i posteri sarт un mostro.» Prendendo in giro se stesso, rise e aggiunse: «Per due o tre anni.» Ma questa precisazione lo annientт. «E io, come potrт essere giustificato? Supponendo che Fouquй faccia stampare il mio libello postumo, sarа solo un'infamia di piщ. Santo cielo! Vengo accolto in una casa e, in compenso dell'ospitalitа che vi ricevo, delle gentilezze di cui mi colmano, pubblico un opuscolo che mette in piazza i segreti della famiglia! Attacco l'onore delle donne! Ah! Mille volte meglio lasciarsi prendere in giro!»
Fu una serata tremenda.
XVI • L'UNA DI NOTTE
Quel giardino era molto grande, disegnato da pochi anni con un gusto perfetto. Ma gli alberi avevano piщ di un secolo. C'era qualcosa di campestre.
Massinger
Julien stava per scrivere un contrordine a Fouquй, quando suonarono le undici. Fece scattare rumorosamente la serratura della porta, come se si fosse chiuso a chiave in camera sua. Poi, a passi di lupo, andт a spiare ciт che succedeva in casa, specialmente al quarto piano dov'erano le camere dei domestici. Non c'era niente di straordinario. Una delle cameriere della marchesa dava una piccola festa: i suoi colleghi bevevano punch ed erano allegrissimi. «Quelli che ridono cosм,» pensт Julien, «non devono far parte della spedizione notturna: sarebbero piщ seri.»
Alla fine egli andт a collocarsi in un angolo buio del giardino. «Se hanno deciso di nascondere la cosa ai domestici di casa, faranno scavalcare il muro di cinta agli uomini incaricati di sorprendermi. Se Croisenois si comporta con un po' di sangue freddo, troverа meno compromettente, per la ragazza che vuole sposare, farmi sorprendere prima che io sia entrato nella camera di lei.»
Fece una ricognizione di tipo militare, molto scrupolosa.
«Si tratta del mio onore,» pensт. «Se faccio qualche sciocchezza, non sarа una scusa, per me, dirmi che non ci avevo pensato.»
Il tempo era di un sereno esasperante. La luna comparve verso le undici: a mezzanotte e mezzo illuminava in pieno la facciata del palazzo che dava sul giardino. «Mathilde и pazza,» pensava Julien. Quando suonт l'una, c'era ancora la luce alle finestre del conte Norbert. In vita sua Julien non aveva mai avuto tanta paura: non vedeva che i pericoli dell'impresa e non provava alcun entusiasmo. Andт a prendere l'enorme scala, attese cinque minuti per lasciar tempo a un eventuale contrordine, e all'una e cinque minuti appoggiт la scala contro la finestra di Mathilde. Salм adagio, con la pistola in mano, sorpreso di non essere aggredito. Mentre si stava avvicinando, la finestra si aprм senza rumore.
«Eccovi qui,» disse Mathilde, molto emozionata. «Da un'ora seguo i vostri movimenti.»
Julien era imbarazzatissimo, non sapeva come comportarsi, non si sentiva affatto innamorato. Nel suo imbarazzo pensт che bisognava osare: tentт di abbracciare Mathilde.
«Che diamine!» gli disse respingendolo.
Felicissimo di essere respinto, Julien si affrettт a guardarsi intorno: la luna era cosм splendente che le sue ombre, nella camera di Mathilde, erano nere. «Puт darsi benissimo che ci siano degli uomini nascosti e che io non li veda,» pensт.
«Che avete nella tasca laterale della giacca?» domandт Mathilde, contenta di trovare un soggetto di conversazione. Soffriva stranamente: tutti i sentimenti di ritegno e di timidezza, cosм naturali in una ragazza bennata, avevano ripreso il sopravvento e la tormentavano.
«Ho ogni sorta di armi e di pistole,» rispose Julien, non meno contento di avere qualcosa da dire.
«Bisogna ritirare la scala,» disse Mathilde.
«И enorme e puт rompere i vetri del salotto al pianterreno o quelli del mezzanino.»
«Non bisogna rompere i vetri,» disse Mathilde, sforzandosi invano di assumere il tono delle solite conversazioni. «Mi sembra che potreste adagiare la scala a terra, per mezzo di una corda legata al primo piolo. Ho sempre una provvista di corde in camera mia.»
«E questa и una donna innamorata!?» pensт Julien. «Ha il coraggio di dire che mi ama! Tanto sangue freddo, tanta accortezza nelle precauzioni mi mostrano a sufficienza che io non trionfo di Croisenois come scioccamente credevo, ma che mi limito a succedergli. In realtа, che me ne importa? Ne sono forse innamorato? E il mio trionfo sul marchese consiste in questo: egli sarа assai seccato di avere un successore, e ancora piщ seccato che questo successore sia io. Con quale alterigia mi guardava ieri sera al caffи Tortoni, fingendo di non riconoscermi! E con che espressione di cattiveria mi salutт poi, quando non potй piщ farne a meno!»
Julien aveva attaccato la corda all'ultimo piolo della scala e la faceva scendere adagio, sporgendosi molto in fuori dal balcone per fare in modo che non battesse contro i vetri. «Bel momento per uccidermi,» egli pensт, «se qualcuno и nascosto nella camera di Mathilde.» Ma un silenzio profondo continuava a regnare ovunque.
La scala toccт terra e Julien riuscм a collocarla nell'aiuola di fiori esotici lungo il muro.
«Che dirа mia madre,» disse Mathilde, «quando vedrа le sue belle piante tutte schiacciate!... Bisogna buttar giщ la corda,» aggiunse, con grande sangue freddo. «Se la vedessero attaccata al balcone, sarebbe una cosa difficile da spiegare.»
«E io come andarmene?» disse Julien scherzosamente, imitando la parlata creola (una delle cameriere di casa era nata a San Domingo).
«Voi andarvene dalla porta!» disse Mathilde, entusiasta di quell'idea. Poi pensт:
«Ah! Come и degno di tutto il mio amore, quest'uomo!»
Julien aveva lasciato cadere la corda in giardino: Mathilde gli strinse il braccio. Egli credette di essere stato afferrato da un nemico e si voltт di scatto, estraendo un pugnale. A lei era sembrato di sentire una finestra che si apriva. Restarono immobili, senza respirare. La luna li illuminava in pieno. Poichй il rumore non si ripeteva, cessт ogni inquietudine.
Allora ricominciт l'imbarazzo, era grande da entrambe le parti. Julien si assicurт che la porta fosse chiusa con tutti i catenacci; avrebbe voluto guardare sotto il letto, ma non ne aveva il coraggio: potevano esserci nascosti dei domestici. Alla fine, temendo di doversi rimproverare in futuro una mancanza di prudenza, si decise a guardare.
Mathilde era caduta in preda a tutte le angosce della piщ profonda timidezza. La sua situazione le faceva orrore.
«Che ne avete fatto delle mie lettere?» domandт infine.
«Che bella occasione di sconcertare quei signori se sono in ascolto, e di evitare la battaglia!» pensт Julien. Poi rispose:
«La prima и nascosta in una grossa Bibbia protestante, che la diligenza di ieri sera sta portando molto lontano.»
Fornendo questi particolari egli parlava chiaramente, in modo da essere udito dalle persone che potevano essere nascoste nei due grandi armadi di mogano in cui non aveva osato guardare.
«Le altre due sono alla posta e seguono la stessa strada della prima.»
«Ma santo cielo, perchй tutte queste precauzioni?» disse Mathilde stupita.
«A che scopo dovrei mentire?» pensт Julien: e le confessт tutti i suoi sospetti.
«Ecco, dunque, il motivo della freddezza di tutte le tue lettere!» esclamт Mathilde, in tono esaltato piщ che tenero.
Julien non colse questa sfumatura. Sentendosi dare del tu, perse la testa, o almeno svanirono i suoi sospetti. Ebbe il coraggio di stringere tra le braccia quella fanciulla tanto bella, che gli ispirava tanto rispetto. Ella lo respinse debolmente.
Julien ricorse alla memoria, come aveva fatto un tempo a Besanзon con Amanda Binet, e recitт parecchie delle piщ belle frasi della Nouvelle Eloise.
«Tu sei un vero uomo,» gli rispose Mathilde senza prestare troppo ascolto alle sue frasi. «Ho voluto mettere alla prova il tuo coraggio, lo confesso. I tuoi primi sospetti e la tua decisione ti mostrano ancora piщ intrepido di quanto io credessi.»
Mathilde faceva uno sforzo per dargli del tu e prestava maggiore attenzione a questo strano modo di parlare che alla sostanza di quanto diceva. Ma quel tu, privo di tenerezza, non faceva alcun piacere a Julien. Egli si stupiva di non essere felice: alla fine, per esserlo, ricorse alla ragione. Si sentiva stimato da quella ragazza cosм fiera, che non distribuiva mai una lode senza restrizioni: con questo ragionamento egli riuscм a sentirsi felice per l'amor proprio appagato.
Non era, и vero, quella voluttа dell'anima che aveva provato qualche volta vicino alla signora de Rкnal. Non c'era ombra di tenerezza nei sentimenti che provava in quel primo momento. La sua era la piщ viva felicitа che possa dare l'ambizione una volta soddisfatta, e Julien era soprattutto un ambizioso. Parlт nuovamente delle persone su cui erano caduti i suoi sospetti e delle precauzioni che aveva escogitato. Parlando, pensava al modo di approfittare della sua vittoria.
Mathilde, ancora piena di imbarazzo e visibilmente sconvolta da ciт che aveva fatto, fu felicissima di trovare un nuovo soggetto di conversazione. Parlarono del modo di rivedersi. Julien assaporт la gioia deliziosa derivante dallo spirito e dall'audacia di cui diede prova ancora una volta durante quella discussione. Avevano a che fare con persone chiaroveggenti: il piccolo Tanbeau era senza dubbio una spia, ma anche Mathilde e Julien non erano privi di accortezza.
Nulla era piщ facile che incontrarsi in biblioteca per prendere accordi su tutto.
«Posso farmi vedere senza suscitare sospetti in qualunque parte della casa,» continuт a dire Julien. «Quasi quasi, anche in camera della signora de La Mole» (era indispensabile attraversarla per raggiungere quella di sua figlia). Se Mathilde, tuttavia, riteneva meglio che egli si servisse sempre d'una scala, si sarebbe esposto a quel lieve pericolo con il cuore ebbro di gioia.
Mentre lo ascoltava parlare, Mathilde si sentiva urtata da quella sua aria di trionfo. E pensт: «Ma allora и il mio padrone!» Ormai ella era preda dei rimorsi. La sua ragione aveva orrore dell'insigne follia che aveva commesso. Se avesse potuto, avrebbe incenerito se stessa e Julien. A tratti, quando riusciva con la forza della volontа a far tacere i rimorsi, timidezza e pudore ferito la rendevano estremamente infelice. Non aveva affatto previsto il tremendo stato d'animo in cui si trovava.
«Tuttavia devo parlargli,» ella si disse alla fine. «Parlare al proprio amante и una regola.» E allora, per compiere un dovere, e con una tenerezza che si rivelava assai piщ nelle sue parole che nel tono della sua voce, raccontт le diverse decisioni che negli ultimi giorni aveva preso nei riguardi di lui.
Aveva deciso che, se egli avesse osato arrivare in camera sua servendosi della scala del giardiniere, come gli aveva ordinato, sarebbe stata sua. Ma cosм tenere parole non furono mai dette in tono piщ freddo e puramente cortese. Fino a quel momento l'incontro era stato glaciale. C'era di che far odiare l'amore. Che lezione di morale, per una ragazza imprudente! Vale forse la pena di rovinare il proprio avvenire per un simile momento?
Dopo lunghe incertezze, che a un osservatore superficiale avrebbero potuto sembrare generate da un odio spietato tanto il senso della dignitа femminile stentava a piegarsi anche a un volere cosм fermo, Mathilde riuscм ad essere con lui un'amante affettuosa.
In realtа i suoi slanci erano un po' voluti. L'amore rimaneva ancora un modello imitato, piщ che una realtа.
Mathilde credeva di compiere un dovere verso se stessa e verso il suo amante. «Questo povero ragazzo,» ella si disse, «и stato eccezionalmente coraggioso. Se non riesco a farlo felice, vuol dire che manco di carattere.» Ma avrebbe voluto riscattare a prezzo di un'eternitа di dolore la crudele necessitа in cui si trovava.
Nonostante la tremenda violenza che doveva esercitare su se stessa, Mathilde fu perfettamente padrona delle proprie parole.
Nessun rimpianto, nessun rimprovero vennero a guastare quella notte che a Julien parve piщ strana che felice. Che differenza con il suo ultimo soggiorno di ventiquattro ore a Verriиres! «I bei modi di Parigi hanno trovato il segreto di guastare tutto, perfino l'amore!» pensava Julien nella sua estrema ingiustizia.
Egli si abbandonava a simili riflessioni, stando ritto in uno dei grandi armadi di mogano in cui la fanciulla lo aveva fatto entrare ai primi rumori provenienti dall'appartamento contiguo, quello della marchesa.
La mattina seguente Mathilde seguм sua madre alla messa, le cameriere lasciarono poco dopo l'appartamento e Julien scappт senza difficoltа, prima che quelle tornassero a finire il loro lavoro.
Montт a cavallo e cercт i luoghi piщ appartati in una delle foreste vicine a Parigi. Era molto piщ stupito che felice. La felicitа, che di tanto in tanto gli invadeva l'animo, era come quella di un giovane sottotenente che, in seguito a qualche azione straordinaria, di primo acchito viene nominato colonnello dal generale in capo: si sentiva sollevato a un'enorme altezza. Tutto ciт che il giorno prima gli era superiore, adesso si trovava al suo livello o molto piщ in basso. Man mano che si allontanava, sentiva aumentare la propria felicitа. Se nel suo animo non c'era ombra di tenerezza, questo dipendeva dal fatto che, per quanto strano possa sembrare, tutta la condotta di Mathilde nei suoi confronti era stata dettata dal senso di un dovere da compiere. Non ci fu nulla d'imprevisto per lei negli avvenimenti di quella notte, se non la tristezza e la vergogna che aveva trovato, in luogo della completa felicitа di cui parlano i romanzi.
Ed ella pensт:
«Che mi sia ingannata? Che io non sia affatto innamorata di lui?»
XVII • UNA VECCHIA SPADA
I now mean to be serious; - it is time
Since laughter now-a-days is deem'd too serious
A jest at vice by virtue's called a crime.
«Don Juan», c. XIII
Mathilde non si fece vedere a pranzo. La sera andт un istante in salotto, ma non guardт Julien, al quale quella condotta sembrт strana. «Ma io non conosco le loro abitudini,» pensт. «Mi darа lei una valida spiegazione di tutto.» Nondimeno, agitato da un'estrema curiositа, egli studiava l'espressione del volto di Mathilde; non potй fare a meno di notare che aveva un'espressione dura e cattiva. Evidentemente non era la stessa che la notte prima aveva, o fingeva di avere, degli slanci di felicitа, troppo eccessivi per essere veri.
Il giorno dopo, due giorni dopo, stessa freddezza da parte sua: non lo guardava, non si accorgeva della sua esistenza. Julien, divorato dalla piщ viva inquietudine, era lontanissimo dal senso di trionfo che lo aveva esclusivamente animato il primo giorno. E pensт: «Che non sia, per caso, un ritorno alla virtщ?» Ma questa parola era troppo borghese per l'altera Mathilde.
«Nelle normali circostanze della vita,» continuт a pensare Julien, «ella non и affatto religiosa, o quasi: и legata alla religione come a una cosa molto utile agli interessi della sua casta.»
«Ma non puт essere che si rimproveri la colpa commessa per pura delicatezza?» Julien era convinto di essere il suo primo amante.
In altri momenti egli si diceva: «Perт bisogna ammettere che non c'и niente di piщ ingenuo, di semplice, di tenero in tutta la sua condotta: non l'ho mai vista piщ altera di cosм. Che mi disprezzi? Sarebbe degno di lei rimproverarsi ciт che ha fatto per me, per l'unico motivo che io non posso vantarmi delle mie origini.»
Mentre Julien, pieno di pregiudizi attinti nei libri e nei ricordi di Verriиres, inseguiva la chimera di un'amante tenera, dimentica della propria esistenza dal momento in cui ha reso felice il suo amante, la vanitа portava Mathilde a un vero furore contro di lui.
Poichй da due mesi a quella parte non si annoiava piщ, ella non temeva piщ la noia: cosм, senza poterlo minimamente sospettare, Julien aveva perduto il suo maggiore vantaggio.
«Mi sono data un padrone!» si diceva Mathilde, in preda al piщ cupo sconforto. «Per fortuna и un uomo d'onore: ma se esaspero la sua vanitа, Julien puт vendicarsi di me rivelando la natura dei nostri rapporti.» Mathilde non aveva mai avuto amanti e ora, in una circostanza che dа qualche tenera illusione alle anime piщ aride, era in preda alle piщ amare riflessioni.
«Ha su di me un potere immenso, perchй regna col terrore e puт punirmi atrocemente, se lo spingo agli estremi.» Questo solo pensiero bastava per trascinare Mathilde a offendere Julien. Il coraggio era la prima qualitа del suo carattere. Nulla poteva scuoterla e guarirla da un fondo di inesauribile tedio, salvo il pensiero che stava giocando a testa o croce tutta la sua vita.
Il terzo giorno, poichй Mathilde si ostinava a non guardarlo, Julien la seguм dopo pranzo e, con evidente disappunto di lei, fino alla sala da biliardo.
«Ebbene, signore, credete proprio di avere acquisito dei diritti molto forti su di me,» ella disse con ira a stento trattenuta, «visto che pretendete di parlarmi contro la mia dichiarata volontа?... Sapete che nessuno ha mai osato tanto?»
Mai nulla potrа essere ridicolo come il dialogo tra questi due amanti: senza saperlo, essi erano animati l'uno contro l'altro dall'odio piщ sincero. Poichй nessuno dei due aveva un'indole tollerante e poichй, d'altro canto, erano abituati a una grande schiettezza di rapporti, arrivarono ben presto a dichiararsi nettamente che tutto era finito.
«Vi giuro un eterno segreto,» disse Julien. «Prometterei anche di non rivolgervi mai piщ la parola, se un cambiamento cosм brusco non potesse danneggiare la vostra reputazione.» S'inchinт rispettosamente e scomparve.
Compiva senza troppa fatica quello che riteneva un dovere: era ben lungi dal credersi molto innamorato della signorina de La Mole. Senza dubbio tre giorni prima, quando era nascosto nel grande armadio di mogano, non l'amava. Ma tutto cambiт rapidamente nel suo animo, quando pensт di avere rotto definitivamente ogni rapporto con lei.
La sua memoria cominciт a ripresentargli crudelmente ogni minimo particolare di quella notte, che in realtа lo aveva lasciato tanto freddo.
La notte stessa che seguм la dichiarazione di eterna rottura poco mancт che Julien impazzisse, trovandosi costretto a confessare che amava Mathilde.
Questa scoperta fu seguita da terribili lotte interiori: tutti i sentimenti di Julien erano sconvolti.
Due giorni dopo, invece di sentirsi fiero quando vedeva Croisenois, lo avrebbe quasi abbracciato sciogliendosi in lacrime.
L'abito dell'infelicitа gli diede uno sprazzo di buon senso: il giovane si decise a partire per la Linguadoca, fece la valigia e andт alla stazione di posta. Si sentм venire meno quando, arrivato all'ufficio delle diligenze, gli dissero che per uno strano caso non c'erano posti disponibili sulla diligenza per Tolosa fino al giorno seguente. Julien fissт un posto e tornт a casa ad annunciare la sua partenza al marchese. Ma questi era uscito. Piщ morto che vivo, Julien andт ad aspettarlo in biblioteca. Quale fu il suo stupore nel trovare Mathilde!
Vedendolo comparire, ella assunse un'espressione cattiva sulla quale Julien non potй ingannarsi. Trascinato dalla sua infelicitа, sconvolto dalla sorpresa, ebbe la debolezza di dirle teneramente, in un tono che veniva dal cuore: «Cosм, non mi amate piщ?»
«Ho orrore di essermi concessa al primo venuto,» disse Mathilde, piangendo di rabbia contro se stessa.
«Al primo venuto!» esclamт Julien: e si slanciт su una vecchia spada del medioevo che era conservata in biblioteca come una curiositа.
Il suo dolore, che gli pareva al culmine nel momento in cui aveva rivolto la parola alla signorina de La Mole, si era centuplicato alla vista delle sue lacrime di vergogna. Sarebbe stato il piщ felice degli uomini se avesse potuto ucciderla.
Aveva appena estratto la spada, con un certo sforzo, dal suo antico fodero, quando Mathilde, felice di una sensazione cosм nuova, avanzт fieramente verso di lui: le sue lacrime si erano esaurite.
Il pensiero del marchese de La Mole, suo benefattore, si presentт in un lampo a Julien. E si disse: «E io ucciderei sua figlia?! Che orrore!» Fece il gesto di gettare la spada. «Certo Mathilde scoppierа in una risata per il mio atto melodrammatico!» Questo pensiero gli rese il suo sangue freddo. Guardт la lama della vecchia spada con curiositа, come se vi cercasse qualche macchia di ruggine: poi la rimise nel fodero e, con la massima calma, la riappese al chiodo di bronzo dorato che la sosteneva.
Questa manovra, compiuta con progressiva lentezza, durт almeno un minuto. Stupita, Mathilde guardava il giovane e pensava: «Dunque, per poco non sono stata uccisa dal mio amante!»
Un tale pensiero la trasportava ai piщ bei tempi di Carlo IX e di Enrico III.
Ella era immobile davanti a Julien, che aveva appena finito di rimettere a posto la spada: lo guardava con occhi da cui l'odio era scomparso. Bisogna convenire che in quel momento era molto seducente: certo nessuna donna era mai stata meno simile a una bambola parigina (queste due parole rappresentavano la maggiore critica di Julien alle donne della capitale).
«Sto per commettere nuovamente qualche sciocchezza per lui,» pensт Mathilde. «Se ciт accadesse, dopo la ricaduta egli si crederebbe veramente mio signore e padrone, specialmente ora che gli ho parlato con tanta fermezza!» E la fanciulla fuggм.
«Mio Dio, com'и bella!» si disse Julien guardandola correre. «E questa sarebbe la donna che otto giorni or sono si precipitava nelle mie braccia con tanta furia... E quei momenti non torneranno mai piщ! E per colpa mia! E mentre accadeva un fatto cosм eccezionale, cosм importante per me, io rimanevo insensibile!... Devo confessare di essere nato con un carattere spaventosamente mediocre e disgraziato.»
Sopraggiunse il marchese e Julien si affrettт ad annunciargli la propria partenza.
«E per dove?» domandт La Mole.
«Per la Linguadoca.»
«Ma neanche per sogno! Siete riservato a ben piщ alti destini: se partirete, partirete verso nord... anzi, in termini militari, siete consegnato a palazzo. Mi userete la cortesia di non assentarvi per piщ di due o tre ore. Posso avere bisogno di voi da un momento all'altro.»
Julien s'inchinт e se ne andт senza dire parola, lasciando il marchese assai stupito.
Il giovane non era in condizione di poter parlare e andт a rinchiudersi in camera sua, dove potй ingigantirsi a suo agio tutta la crudeltа della sua sorte.
«Cosм,» pensava, «non posso nemmeno allontanarmi! Dio solo sa quanti giorni il marchese mi tratterrа a Parigi. O Signore, che sarа di me? E neppure un amico cui chiedere consiglio: l'abate Pirard non mi lascerebbe finire la prima frase, il conte Altamira mi proporrebbe di affiliarmi a qualche setta di cospiratori. E intanto divento matto, lo sento: divento matto! Chi potrа guidarmi? Che sarа di me?»
XVIII • MOMENTI CRUDELI
Ed ella me lo confessa! Descrive anche le minime circostanze! I suoi occhi cosм belli, fissi nei miei, esprimono l'amore che provт per un altro!
Schiller
La signorina de La Mole era in estasi; pensava solo alla felicitа di essere stata sul punto di venire uccisa. Giungeva fino a dirsi: «И degno di essere il mio padrone, perchй per poco non mi uccideva. Quanti bei giovani del gran mondo bisognerebbe fondere insieme per ottenere un simile slancio di passione? Bisogna convenire che era molto bello, quando и salito sulla sedia per sistemare la spada nella stessa posizione pittoresca in cui l'ha messa il decoratore! Dopo tutto, non sono stata poi tanto pazza a innamorarmi di lui.» In quel momento, se le si fosse presentato qualche mezzo dignitoso per riallacciare i rapporti, lo avrebbe afferrato con gioia.
Julien, chiuso a doppia mandata nella sua camera, era in preda alla piщ violenta disperazione. Nella sua follia pensava di andare a buttarsi ai piedi di lei. Se invece di starsene nascosto in un luogo appartato, avesse vagato in giardino e nella casa, in modo da tenersi a portata di ogni occasione, forse, in un istante, avrebbe trasformato la sua spaventosa infelicitа nella gioia piщ viva.
Ma l'accortezza, di cui gli stiamo rimproverando la mancanza, gli avrebbe impedito il gesto sublime di afferrare la spada; ed era proprio quel gesto che ora gli conferiva tanto fascino agli occhi di Mathilde. In lei la capricciosa disposizione d'animo favorevole a Julien durт tutto il giorno; Mathilde si creava un quadro incantevole dei brevi istanti in cui l'aveva amato; e li rimpiangeva.
«In veritа,» pensava, «la mia passione per questo povero ragazzo non и durata, ai suoi occhi, che dall'una di notte, quando l'ho visto arrivare con la sua scala e con tutte le sue pistole nella tasca laterale della giacca, fino alle otto del mattino. Un quarto d'ora dopo, ascoltando la messa nella chiesa di Santa Valeria, ho cominciato a pensare che si sarebbe creduto il mio padrone e che avrebbe potuto costringermi all'obbedienza col terrore.»
Dopo pranzo, invece di fuggire Julien, Mathilde gli parlт e lo costrinse in qualche modo a seguirla in giardino: egli le obbedм. Doveva affrontare anche questa prova. Mathilde cedeva, quasi inconsciamente, all'amore che rinasceva in lei. Provava un estremo piacere passeggiando accanto a Julien e guardava con curiositа le mani che alcune ore prima avevano afferrato la spada per ucciderla.
Dopo un simile gesto, e dopo tutto ciт che era accaduto, non era piщ possibile riprendere le loro conversazioni di un tempo. A poco a poco Mathilde si mise a parlargli con intima confidenza dei propri sentimenti. Trovava una strana voluttа in questo genere di conversazione; arrivт fino a raccontargli i suoi passeggeri entusiasmi per Croisenois, per Caylus...
«Come?! Anche per Caylus!» esclamт Julien; e nelle sue parole esplodeva tutta l'amara gelosia di un amante abbandonato. Almeno cosм parve a Mathilde, che non ne fu affatto offesa.
Ella continuт a tormentare Julien analizzando in ogni particolare i suoi passati sentimenti, nel modo piщ pittoresco e con l'accento della piщ aperta veritа. Egli capiva che Mathilde descriveva qualcosa di ben determinato e presente, e si accorgeva con dolore che ella scopriva qualcosa di nuovo nel suo animo man mano che parlava.
Il tormento della gelosia non puт oltrepassare questo limite.
Sospettare che un rivale sia amato и giа molto crudele, ma sentirselo confessare particolareggiatamente dalla donna adorata и certo il colmo della sofferenza.
Oh! com'erano puniti in quell'istante gli impulsi d'orgoglio che avevano spinto Julien ad anteporsi ai Caylus, ai Croisenois! Con quale intimo e profondo dolore egli si esagerava ora i loro minimi pregi! Con quale ardente buona fede disprezzava se stesso!
Mathilde gli sembrava adorabile: le parole non bastano a esprimere la sua infinita ammirazione. Passeggiando al suo fianco, Julien guardava furtivamente le mani, le braccia, il portamento regale di lei, e poco mancava ch'egli cadesse ai suoi piedi implorando pietа.
«E questa creatura tanto bella, cosм superiore a tutto, e che una volta mi ha amato, tra poco amerа probabilmente Caylus!»
Julien non poteva dubitare della sinceritа di Mathilde: l'accento della veritа era troppo evidente in tutto ciт che ella diceva. E perchй il dolore di Julien fosse totale, in alcuni momenti, a forza di rievocare i sentimenti nutriti un tempo per Caylus, Mathilde arrivт a parlare di lui come se lo amasse anche allora. Certo era amore, quello che vibrava nel tono della sua voce; Julien lo sentiva con chiarezza.
Se gli avessero versato piombo fuso nel petto, avrebbe sofferto meno. Giunto a questo eccesso di infelicitа, in che modo avrebbe potuto indovinare, quel povero ragazzo, che la signorina de La Mole si compiaceva tanto nel rievocare le sue velleitа amorose per Caylus o per Luz, proprio perchй stava parlando con lui?
Sarebbe assolutamente impossibile descrivere le angosce di Julien. Mathilde gli confessava tutti i particolari dell'amore che aveva provato per altri, e ciт accadeva in quello stesso viale di tigli dove, pochi giorni prima, egli aveva aspettato il suono dell'una per salire da lei. Un essere umano non puт sopportare piщ grande infelicitа.
Questo genere di crudeli confidenze durт otto lunghi giorni. A volte Mathilde sembrava ricercare, a volte solo non sfuggire le occasioni di parlargli; e l'argomento, al quale entrambi parevano tornare con una specie di crudele voluttа, era sempre la rievocazione dei sentimenti da lei provati per gli altri: gli parlava delle lettere che aveva scritto, gli ricordava persino le parole di cui si era servita, glie ne recitava intere frasi. Negli ultimi giorni sembrava che osservasse Julien con una sorta di gioia maligna. Le sofferenze di lui erano un acuto piacere per Mathilde.
Come si vede, Julien non aveva nessuna esperienza della vita: non aveva letto neppure dei romanzi; se fosse stato un po' meno ingenuo, avrebbe parlato freddamente a quella creatura adorata, che gli faceva cosм strane confidenze. Le avrebbe detto: «Ammetterete che se non sono all'altezza di quei signori, tuttavia sono io quello che voi amate...»
Forse Mathilde sarebbe stata felice di vedere indovinati i suoi sentimenti: perlomeno l'efficacia delle parole di Julien sarebbe dipesa dal garbo di lui nel pronunciarle e dal momento prescelto. In ogni caso sarebbe uscito in bellezza e con vantaggio da una situazione che stava per divenire monotona per Mathilde.
Un giorno, sconvolto dall'amore e dall'infelicitа, Julien esplose: «E voi non mi amate piщ, mentre io vi adoro!» Era forse la piщ grande sciocchezza che potesse dire.
Queste parole annientarono in un lampo tutto il piacere che Mathilde provava nel parlargli dello stato del suo cuore. Cominciava a stupirsi del fatto che, dopo quanto era successo, Julien non si offendesse delle sue rievocazioni: arrivava persino a immaginare, quando Julien le rivolse quella sciocca frase, che egli non l'amasse piщ. «La fierezza ha sicuramente spento il suo amore,» ella pensт. «Non и uomo da lasciarsi preferire impunemente degli esseri come Caylus, Luz e Croisenois, che riconosce tanto superiori a lui. No, non lo vedrт mai piщ ai miei piedi!»
I giorni precedenti, nell'ingenuitа del suo dolore, Julien le faceva spesso un elogio sincero delle brillanti doti dei suoi rivali, cadendo perfino nell'esagerazione. Questa sfumatura non era sfuggita a Mathilde. L'anima appassionata di Julien, lodando un rivale che credeva amato, arrivava al punto di immedesimarsi nella felicitа di lui.
La sua frase cosм sincera, ma cosм stupida, cambiт tutto in un attimo: Mathilde, sicura di essere amata, lo disprezzт.
Stava passeggiando con lui quando venne fuori quella frase infelice: si staccт da Julien e il suo ultimo sguardo era carico del piщ oltraggioso disdegno. Rientrata in salotto, non lo guardт piщ per tutta la sera. Il giorno dopo, quel disprezzo le colmava il cuore: dell'impulso che per otto giorni le aveva dato tanta gioia, quando aveva trattato Julien come il piщ intimo amico, non c'era piщ traccia. Le dava fastidio vedere il giovane, anzi ne provт disgusto; и impossibile esprimere tutto il disprezzo che Mathilde sentiva vedendosi davanti Julien.
Questi non aveva capito nulla di tutto ciт che era accaduto nel cuore di Mathilde durante gli ultimi otto giorni, ma percepм il disprezzo della fanciulla ed ebbe il buon senso di comparirle davanti il meno possibile e senza mai guardarla.
Ma solo con una pena mortale egli riuscм in qualche modo a privarsi della sua presenza. Gli parve di sentire che la sua infelicitа si faceva ancora piщ intensa. «Il coraggio di un uomo non puт andare oltre,» egli si diceva. Passava le giornate a una piccola finestra della soffitta: le persiane erano chiuse e di lм, almeno, poteva scorgere la signorina de La Mole quando compariva in giardino. E quale non era la sua tortura, vedendola passeggiare dopo pranzo con Caylus o con Luz o con qualche altro per cui gli aveva confessato di aver nutrito un tempo delle velleitа amorose!
Julien non immaginava che si potesse soffrire tanto: aveva voglia di mettersi a gridare; il suo animo cosм fermo era completamente sconvolto. Ogni pensiero estraneo a Mathilde gli era diventato odioso: era incapace di scrivere anche le lettere piщ semplici.
«Siete impazzito,» gli disse il marchese. Nel timore di scoprirsi, Julien parlт di un malessere fisico e riuscм a farsi credere. Per sua fortuna, a tavola il marchese si mise a scherzare sul suo prossimo viaggio: e Mathilde capм che questo poteva essere lunghissimo. Giа da parecchi giorni Julien la sfuggiva e i giovani brillanti, dotati di tutte le qualitа che mancavano a quell'essere pallido e cupo, su cui una volta aveva riversato il suo amore, non riuscivano piщ a distrarla dal suo fantasticare.
«Una ragazza comune,» ella pensava, «avrebbe cercato l'eletto fra quei giovani, che in un salotto attirano gli sguardi di tutti: ma una delle caratteristiche del genio и quella di non trascinare il pensiero nel solco scavato dal volgo. Compagna di un uomo come Julien, cui manca solo la ricchezza che io possiedo, attirerт continuamente l'attenzione e non passerт inosservata nella vita. Ben lungi dal temere continuamente una rivoluzione come le mie cugine, che per paura del popolo non osano rimproverare un postiglione che guida male, io sarт sicura di sostenere una parte, e una parte importante, perchй l'uomo che ho scelto ha carattere e un'ambizione senza limiti. Che cosa gli manca? Amici, denaro? Glieli darт.»
Ma cosм pensando, ella trattava Julien un po' come un inferiore, da cui ci si fa amare quando si vuole.
XIX • L'OPERA BUFFA
O, how this spring of love resembleth
The uncertain glory of an April day;
Which now shows all the beauty of the sun
And by and by a cloud takes all away!
Shakespeare
Tutta presa dal futuro e dalla parte importante che sperava di sostenere, Mathilde arrivт ben presto a rimpiangere anche le discussioni aride e astratte che spesso aveva avuto con Julien. Qualche volta, stanca di cosм elevati pensieri, ella rimpiangeva i momenti di felicitа di cui aveva goduto con lui; ma questi ultimi ricordi non le si presentavano senza rimorsi: a volte ne era schiacciata.
«Ma se si commette una debolezza,» pensava, «и degno di una donna come me dimenticare i propri doveri solo per un uomo di valore: non si potrа mai dire che mi hanno sedotta i suoi bei baffi o la sua grazia nel montare a cavallo, bensм le sue profonde discussioni sul destino che attende la Francia, le sue idee sulla possibile somiglianza degli eventi che stanno per abbattersi su di noi con la rivoluzione inglese del 1688. Sono stata sedotta,» cosм ella rispondeva ai suoi rimorsi, «sono una donna debole, ma almeno non mi sono lasciata abbagliare da pregi esteriori. Se verrа una rivoluzione, perchй Julien Sorel non potrebbe essere un Roland e io una madame Roland? Preferisco la parte di quest'ultima a quella di madame de Stael: una condotta immorale sarа un ostacolo nel nostro secolo. Ma a me non si potrа mai rimproverare una seconda debolezza: morirei di vergogna.»
Non tutte le fantasticherie di Mathilde, bisogna ammetterlo, erano serie come quelle che abbiamo riferito. Ella guardava Julien e trovava una grazia straordinaria nei suoi minimi gesti.
«Senza dubbio,» pensava, «sono riuscita a distruggere in lui la benchй minima idea dei suoi diritti. Lo prova, del resto, il tono infelice e appassionato con cui il povero ragazzo mi ha detto quella frase d'amore, otto giorni or sono, bisogna ammettere che sono stata piuttosto strana, arrabbiandomi per una frase cosм piena di rispetto e di passione. Non sono forse sua? Quella frase era molto naturale e, confessiamolo, molto amabile. Julien mi amava ancora dopo interminabili conversazioni in cui gli avevo parlato, e in modo molto crudele, ne convengo, soltanto delle velleitа amorose che la noia della mia vita mi aveva ispirato per quei giovani del gran mondo di cui egli и geloso. Ah! se sapesse come sono poco pericolosi per me e come, al suo confronto, mi sembrano privi di vita e tutti uguali!»
Facendo queste riflessioni, Mathilde tracciava a caso dei segni a matita su un foglio del suo album. Uno dei profili che aveva portato a termine la riempм di stupore e di gioia: assomigliava a Julien in modo sorprendente. «И la voce del cielo! Ecco uno dei miracoli dell'amore!» ella esclamт con slancio. «Faccio il suo ritratto senza accorgermene.»
Scappт in camera sua, vi si rinchiuse, cercт con grande applicazione e serietа di fare il ritratto di Julien, ma senza riuscirvi: il profilo tracciato per caso era sempre il piщ somigliante. Mathilde ne fu felice e vide nel fatto una prova evidente di profonda passione.
Non si staccт dall'album che molto tardi, quando la marchesa la fece chiamare per recarsi all'Opйra italien. Non ebbe che un pensiero: cercare Julien con gli occhi, perchй sua madre lo invitasse ad accompagnarle.
Ma egli non comparve. Le due signore ebbero in palco soltanto alcune persone comuni. Durante il primo atto, Mathilde pensт all'uomo che amava con gli slanci della piщ viva passione; al secondo atto una massima d'amore, cantata, и vero, su una melodia degna di Cimarosa, le penetrт nel cuore. L'eroina dell'opera diceva: «Devo punirmi per l'eccessiva adorazione che provo per lui: lo amo troppo!»
Dal momento in cui Mathilde udм quel motivo sublime, tutto quanto esisteva al mondo scomparve ai suoi occhi. Le parlavano: non rispondeva; sua madre la rimproverava, Mathilde riusciva a guardarla solo con uno sforzo. La sua estasi arrivт a uno stato di esaltazione e di passione paragonabili agli impulsi piщ violenti che, da qualche giorno, Julien aveva provato nei suoi confronti. La melodia, piena di una grazia divina, che accompagnava quella massima sorprendentemente applicabile alla sua situazione, occupava tutti gli istanti in cui Mathilde non pensava direttamente a Julien. Grazie al suo amore per la musica, quella sera ella si trovт nello stato in cui era sempre la signora de Rкnal pensando a Julien. L'amore cerebrale ha certamente piщ spirito del vero amore, ma ha solo qualche momento di entusiasmo: ha troppa coscienza di sй, si giudica continuamente; lungi dallo sconvolgere il pensiero, non si regge che sul pensiero.
Una volta a casa, senza curarsi di ciт che diceva sua madre, Mathilde sostenne di avere la febbre e passт una parte della notte a ripetere quel motivo al pianoforte. Cantava le parole della celebre aria che l'aveva affascinata:
Devo punirmi, devo punirmi
Se troppo amai, ecc.
Il risultato di quella notte di follia fu che ella credette di essere riuscita a trionfare del suo amore. (Questa pagina nuocerа in diversi modi al suo disgraziato autore.) Le anime gelide lo accuseranno di indecenza. Ma egli non fa alle giovani donne, che brillano nei salotti di Parigi, il torto di supporre una sola di loro suscettibile degli impulsi di follia che degradano il carattere di Mathilde. Questo personaggio и del tutto immaginario, anzi immaginato al di fuori delle abitudini sociali che assicureranno un posto di assoluta preminenza alla civiltа del XIX secolo, nei confronti di quella degli altri secoli.
Non и certo la prudenza a mancare alle fanciulle che sono state il vanto dei balli di quest'inverno.
Non penso neppure che esse possano essere accusate di disprezzare troppo un cospicuo patrimonio, i cavalli, le opulente proprietа terriere e tutto ciт che assicura una gradevole posizione nel mondo. Lungi dal non vedere altro che tedio in tutti questi privilegi, li desiderano in generale con la maggiore costanza e riversano su di essi tutta la passione che puт albergare nei loro cuori.
E non и certo l'amore che fa la fortuna dei giovani dotati di un certo talento come Julien: essi si legano indissolubilmente a una consorteria e, quando questa fa fortuna, piovono su di loro i piщ ambiti doni della societа. Guai all'intellettuale che non appartiene a nessuna consorteria: gli saranno rimproverati anche dei piccoli successi molto incerti e l'alta virtщ trionferа derubandolo. Eh, signori, un romanzo и uno specchio che viene portato su una strada maestra. Ora riflette ai vostri occhi l'azzurro del cielo, ora il fango dei pantani. E voi accuserete d'immortalitа l'uomo che porta lo specchio nella sua gerla? Il suo specchio mostra il fango e voi accusate lo specchio! Accusate piuttosto la strada dov'и il pantano, e piщ ancora l'ispettore stradale che lascia imputridire l'acqua e formarsi i pantani.
Ora, dopo aver messo in chiaro che il carattere di Mathilde и impossibile nel nostro secolo non meno prudente che virtuoso, temo assai meno di suscitare irritazioni continuando il racconto delle follie di questa amabile ragazza.
Tutta la giornata seguente ella spiт ogni occasione per assicurarsi di avere trionfato della sua folle passione. Suo scopo principale fu quello di riuscire sgradita in tutto a Julien: ma non si lasciт sfuggire nessuno dei suoi movimenti.
Julien era troppo infelice, e soprattutto troppo agitato, per intuire una manovra sentimentale cosм complessa: e ancora meno riuscм a vedere tutto ciт che essa conteneva di favorevole per lui. Ne fu la vittima: e mai, forse, la sua infelicitа era stata cosм grande. Le sue azioni sfuggivano talmente al controllo della sua mente, che se qualche filosofo triste e amaro gli avesse detto: «Pensate ad approfittare in fretta delle disposizioni d'animo che vi sono favorevoli: in questi amori cerebrali che si vedono a Parigi, lo stesso atteggiamento non puт durare piщ di due giorni», egli non lo avrebbe capito. Ma per esaltato che fosse, Julien era un uomo d'onore. Il suo primo dovere era la discrezione: lo capм. Chiedere consiglio, parlare della sua sofferenza al primo venuto sarebbe stato un conforto paragonabile a quello dell'infelice che, attraversando un deserto infocato, riceve dal cielo una goccia d'acqua gelata. Il giovane si accorse del pericolo, ebbe paura di rispondere con un fiotto di lacrime all'indiscreto che lo avesse interrogato: e si chiuse in camera sua.
Vide Mathilde passeggiare a lungo in giardino; quando finalmente se ne fu andata, vi discese, si avvicinт a un roseto dove ella aveva colto un fiore: la notte era buia ed egli potй abbandonarsi a tutto il suo dolore senza paura di essere visto. Era evidente per lui che la fanciulla amava uno di quei giovani ufficiali con cui, poco prima, parlava cosм allegramente. Aveva amato anche lui, ma si era accorta della sua pochezza.
«In realtа valgo ben poco!» pensava Julien con piena convinzione. «In complesso sono un essere molto banale, volgare, noioso per gli altri, insopportabile a me stesso.» Era mortalmente disgustato di tutte le sue buone qualitа, di tutte le cose che aveva amato con entusiasmo: e in questo stato di immaginazione capovolta, si metteva a giudicare la vita con la sua immaginazione. И uno sbaglio da uomo superiore.
Parecchie volte gli si presentт l'idea del suicidio: questa immagine era piena di fascino, era come un'oasi deliziosa; era il bicchiere d'acqua gelata offerto all'infelice che, in mezzo al deserto, muore di sete e di calore.
«La mia morte aumenterа il disprezzo che ha per me!» egli esclamт. «Quale ricordo lascerт!»
Una volta caduto in quest'ultimo abisso d'infelicitа, un essere umano non ha altra risorsa che il coraggio. Julien non ebbe la genialitа di dirsi: «Bisogna osare!», ma, mentre guardava la finestra della camera di Mathilde, vide attraverso le persiane che ella spegneva la luce: immaginava quella camera deliziosa che aveva visto, ahimи, una sola volta in vita sua. Ma la sua immaginazione non andava piщ in lа.
Suonт l'una. Udire il suono della campana e dirsi: «salgo con la scala» fu questione di un attimo. E fu il lampo di genio. Le buone ragioni arrivarono in folla. Julien pensava: «Posso essere piщ infelice di cosм?» Corse alla scala: il giardiniere l'aveva legata con la catena. Servendosi del cane di una delle sue pistole, che mandт in pezzi, Julien, animato in quel momento da una forza sovrumana, forzт uno degli anelli della catena: in pochi minuti potй disporre della scala e l'appoggiт contro la finestra di Mathilde.
«Si arrabbierа, mi coprirа di disprezzo, che importa? Le do un bacio, un ultimo bacio, vado in camera mia e mi ammazzo... le mie labbra toccheranno la sua guancia prima di morire!»
Saliva la scala volando, bussa alla finestra: dopo qualche istante Mathilde lo sente, tenta di aprire la persiana ma la scala glielo impedisce: Julien si attacca all'uncino che serve a tenere aperta la persiana e, rischiando di cadere mille volte, dа un violento strattone alla scala e la sposta di poco. Mathilde puт aprire.
Si getta nella camera piщ morto che vivo.
«Sei tu, dunque!» dice precipitandosi fra le sue braccia.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chi potrа descrivere l'infinita felicitа di Julien? Quella di Mathilde fu quasi uguale.
Ella si accusava, si incolpava davanti a lui.
«Puniscimi del mio tremendo orgoglio!» gli diceva, stringendolo in modo da togliergli il respiro. «Sei il mio padrone, io sono la tua schiava, devo chiederti perdono in ginocchio per essermi voluta ribellare.» Smetteva di abbracciarlo per buttarsi ai suoi piedi. «Sм, tu sei il mio padrone,» ripeteva, ancora ebbra di felicitа e di amore. «Regna per sempre su di me, punisci severamente la tua schiava quando vorrа ribellarsi.»
Poi si strappa dalle sue braccia, accende la candela e Julien deve faticare non poco per impedirle di tagliarsi una gran ciocca di capelli.
«Voglio ricordarmi,» gli disse Mathilde, «che sono la tua serva: se mai il mio esecrabile orgoglio dovesse riprendermi, mostrami questi capelli e dimmi: "Non si tratta piщ d'amore, non si tratta piщ dei sentimenti che potete provare in questo momento. Avete giurato di obbedire: obbedite, per l'onore."»
Ma и meglio non descrivere una simile esaltazione e una simile felicitа.
La virtщ di Julien fu pari alla sua gioia. «Devo scendere con la scala,» egli disse a Mathilde, quando vide spuntare l'alba sui comignoli lontani, dalla parte orientale oltre il giardino. «Il sacrificio che mi impongo и degno di voi, mi privo di alcune ore della piщ straordinaria felicitа che un essere umano possa gustare. И un sacrificio che faccio alla vostra reputazione: se conoscete il mio cuore, dovete capire quale violenza io usi a me stesso. Sarete sempre per me come siete in questo momento? Ma l'onore parla, и sufficiente. Sappiate che, quando ci siamo visti la prima volta, non tutti i sospetti sono ricaduti sui ladri: il marchese ha istituito un servizio di sorveglianza in giardino. Croisenois и circondato di spie, si conosce tutto ciт che egli fa ogni notte...»
A quest'idea, Mathilde scoppiт a ridere. Sua madre e una donna di servizio si svegliarono; improvvisamente la chiamarono attraverso la porta. Julien la guardт: ella impallidм sgridando la cameriera, e non si degnт di rispondere a sua madre.
«Ma se pensano ad aprire la finestra, vedranno la scala!» disse Julien.
La strinse ancora una volta tra le braccia, saltт sulla scala e, piщ che scendere, si lasciт scivolare. Fu a terra in un attimo.
Tre secondi dopo, la scala era sotto il viale dei tigli e l'onore di Mathilde era salvo. Julien, riavutosi, si trovт seminudo e coperto di sangue: si era ferito lasciandosi scivolare senza precauzione.
L'infinita felicitа gli aveva reso tutta la sua forza di carattere: se venti uomini si fossero fatti avanti, aggredirli da solo non sarebbe stato che un piacere di piщ, in quel momento. Per fortuna la sua virtщ militare non fu messa alla prova: egli rimise la scala al suo posto, la riattaccт alla catena e non dimenticт neppure di cancellare l'impronta che la scala aveva lasciato nell'aiuola di fiori esotici sotto la finestra di Mathilde.
Mentre, nell'oscuritа, stava accarezzando con la mano la terra molle per assicurarsi che le tracce fossero scomparse del tutto, Julien si sentм cadere qualcosa sulle mani: era una grossa ciocca di capelli che Mathilde si era tagliata e che gli gettava. Era alla finestra e gli disse con voce abbastanza alta:
«Ecco quello che ti manda la tua serva. И il segno di un'obbedienza eterna. Rinuncio all'uso della mia ragione: sii tu il mio signore e padrone.»
Julien, commosso, fu a un pelo dall'andare a riprendere la scala per risalire da lei: ma alla fine prevalse la prudenza.
Rientrare in casa dal giardino non era facile. Il giovane riuscм a forzare la porta di una cantina e, una volta entrato, dovette sfondare il piщ silenziosamente possibile la porta della sua camera. Nella confusione aveva lasciato nella stanza di Mathilde, abbandonata con tanta fretta, anche la chiave che era nella tasca della sua giacca. «Purchй ella provveda,» pensт, «a nascondere quelle spoglie mortali!»
Alla fine la stanchezza ebbe la meglio sulla felicitа e, mentre il sole si alzava, Julien cadde in un sonno profondo.
La campana della colazione lo svegliт a fatica: comunque egli comparve in sala da pranzo. Quasi subito entrт anche Mathilde. L'orgoglio di Julien ebbe un attimo di felicitа, vedendo l'amore che sprizzava dagli occhi di quella creatura tanto bella e circondata di tanti omaggi. Ma ben presto, nella sua prudenza, ebbe motivo si spaventarsi.
Col pretesto di avere avuto poco tempo da dedicare all'acconciatura, Mathilde si era pettinata in modo che Julien potesse notare alla prima occhiata l'entitа del sacrificio che aveva fatto per lui la notte precedente. Se qualcosa avesse potuto rovinare un viso cosм bello, Mathilde ci sarebbe riuscita: un'intera banda dei suoi bei capelli biondo-cenere era tagliata a mezzo pollice dalla testa.
A tavola il comportamento di Mathilde fu consono a quella prima imprudenza. Pareva che si mettesse d'impegno per far conoscere a tutti la sua folle passione per Julien. Fortunatamente quel giorno il marchese e la marchesa erano molto occupati da una imminente concessione di cordoni azzurri che escludeva il duca di Chaulnes. Verso la fine del pranzo a Mathilde accadde di chiamare Julien mio signore. Egli arrossм fino alla radice dei capelli.
Fosse caso o precisa volontа, quel giorno la marchesa non lasciт sola sua figlia neppure un momento. La sera, tuttavia, passando dalla sala da pranzo al salotto, Mathilde trovт modo di dire a Julien:
«Non potrete pensare che sia un pretesto da parte mia, spero: mia madre ha deciso che una delle sue cameriere verrа a passare la notte nel mio appartamento.»
Quella giornata trascorse in un lampo. Julien era al colmo della felicitа. L'indomani, fin dalle sette del mattino egli si insediт in biblioteca. Sperava che Mathilde si sarebbe degnata di farsi viva: le aveva scritto una lettera interminabile.
Non la vide che parecchie ore dopo, a colazione. Quel giorno era pettinata con la massima cura: con arte meravigliosa si era acconciata in modo da nascondere il punto dove erano stati tagliati i capelli. Ella guardт una volta o due Julien, ma lo sguardo era cortese e calmo: era evidente che non l'avrebbe chiamato mio signore.
La sorpresa impediva a Julien di respirare... Mathilde si rimproverava quasi tutto ciт che aveva fatto per lui.
Riflettendoci a lungo, aveva stabilito che Julien era un essere, se non del tutto comune, per lo meno non tanto superiore da giustificare tutte le strane follie che aveva fatto per lui. In conclusione, non pensava all'amore; quel giorno, era stanca di amare.
Quanto a Julien, i sentimenti del suo cuore furono quelli di un ragazzo di sedici anni. Il dubbio atroce, lo stupore, la disperazione si alternarono crudelmente nel suo cuore durante quel pasto che gli sembrт eterno.
Appena potй alzarsi da tavola con decenza, piщ che correre egli si precipitт in scuderia, sellт lui stesso il cavallo e partм al galoppo: temeva di disonorarsi con qualche debolezza. «Devo uccidere il mio cuore a forza di fatica fisica,» si diceva galoppando nei boschi di Meudon. «Cosa ho mai fatto per cadere cosм in disgrazia?»
Rientrando a palazzo il poveretto pensт: «Oggi non devo nй dire nй fare nulla. Devo esser morto fisicamente come lo sono moralmente. Julien non vive piщ, quello che si muove ancora и il suo cadavere.»
XX • IL VASO GIAPPONESE
Sulle prime il suo cuore non capisce tutta la portata della sua infelicitа: egli и piщ turbato che commosso. Ma via via che la ragione ritorna, sente quanto sia profonda la sua sventura. Per lui tutti i piaceri della vita sono annientati, non sente piщ che le acute trafitture della disperazione che lo strazia. Ma a che serve parlare del dolore fisico? Quale dolore, sentito solo dal corpo, и paragonabile a questo?
Jean Paul
Sonava la campana del pranzo: Julien ebbe appena il tempo di vestirsi; in salotto trovт Mathilde che insisteva con suo fratello e con Croisenois perchй non andassero a trascorrere la serata a Suresnes, dalla marescialla de Fervaques.
Ella non avrebbe potuto essere piщ seducente e piщ gentile con loro. Dopo pranzo arrivarono Luz, Caylus e parecchi amici. Pareva che Mathilde avesse ritrovato, insieme col culto dell'amicizia fraterna, anche quello delle piщ scrupolose convenienze. Benchй il tempo quella sera fosse incantevole, ella insistй per non andare in giardino: non volle che ci si allontanasse dalla poltrona dove sedeva sua madre. Il divano azzurro fu il centro del gruppo, come durante l'inverno.
Mathilde aveva in uggia il giardino o almeno le sembrava assolutamente noioso: era legato al pensiero di Julien.
L'infelicitа ottunde l'intelligenza. Il nostro eroe fu tanto sciocco da fermarsi vicino a quella piccola sedia impagliata che un tempo era stata testimone di cosм brillanti trionfi. Quel giorno nessuno gli rivolse la parola: la sua presenza passava quasi inosservata e anche peggio. Gli amici di Mathilde che si trovavano vicino a lui all'estremitа del divano ostentavano, in certo qual modo, di voltargli le spalle, o almeno cosм parve a lui.
«И come cadere in disgrazia a corte,» egli pensт. Tentт di studiare un istante coloro che pretendevano di schiacciarlo col loro disprezzo.
Lo zio di Luz aveva una carica molto importante presso il re. Di conseguenza il bell'ufficiale, ogni volta che cominciava a parlare con un nuovo interlocutore, tirava fuori questo saporito episodio: suo zio si era messo in strada alle sette per Saint-Cloud e contava di passarvi la notte. La cosa era raccontata alla buona e come per caso, ma arrivava immancabilmente.
Osservando Croisenois con occhio reso severo dal dolore, Julien notт l'estrema influenza che quel giovane, buono e gentile, attribuiva alle cause occulte. E a tal punto che si rabbuiava e si indispettiva se vedeva attribuire un avvenimento di qualche importanza a una causa semplice e del tutto naturale. «Qui c'и un ramo di pazzia,» pensт Julien. «Questa indole assomiglia in modo sorprendente a quella dello zar Alessandro, come me l'ha descritta il principe Korasoff.»
Durante il primo anno del suo soggiorno a Parigi il povero Julien, reduce dal seminario, stordito dalle qualitа cosм nuove per lui di tutti quei giovani amabili, non aveva potuto fare altro che ammirarli: solo adesso il loro vero carattere cominciava a delinearsi ai suoi occhi.
«Qui sostengo una parte indegna,» egli pensт improvvisamente. Doveva lasciare con una certa disinvoltura la seggiolina impagliata. Julien tentт di ideare uno stratagemma nuovo, ma la sua fantasia era occupata altrove. Ricorrere alla memoria? Ma la sua, ammettiamolo, non pullulava affatto di simili risorse; il povero ragazzo era ancora molto sprovveduto: fu molto maldestro e si fece notare da tutti quando si alzт per lasciare il salotto. La sua infelicitа appariva con troppa evidenza dal suo contegno. Da tre quarti d'ora egli sosteneva la parte del subalterno indesiderato, al quale non ci si prende neppure la briga di nascondere quello che si pensa di lui.
Le osservazioni critiche, che aveva appena fatto sui suoi rivali, gli impedirono tuttavia di prendere le cose troppo tragicamente: a sostegno del suo orgoglio aveva il ricordo di quanto era accaduto due giorni prima. «Possono avere su di me tutti i vantaggi che vogliono,» pensava Julien uscendo in giardino, «ma con nessuno di loro Mathilde и mai stata quale si и degnata di essere con me per due volte nella mia vita.»
La sua saggezza non andт oltre. Non capiva affatto il carattere della singolare creatura che il caso aveva reso padrona assoluta di tutto il suo destino.
Il giorno dopo Julien si limitт ad ammazzare di fatica il suo cavallo e se stesso. La sera non tentт piщ di avvicinarsi al divano azzurro cui Mathilde si manteneva fedele. Notт che il conte Norbert, quando lo incontrava per casa, non si degnava neppure di guardarlo. «Deve fare uno strano sforzo,» pensт, «lui che и di natura cosм cortese.»
Per Julien il sonno sarebbe stato la felicitа. Ma a dispetto della stanchezza fisica, certi ricordi troppo affascinanti cominciavano a invadergli la fantasia. Non fu abbastanza intelligente da capire che le sue lunghe cavalcate nei boschi intorno a Parigi agivano solo su di lui, ma non sul suo cuore o sullo spirito di Mathilde, lasciando cosм la sua sorte nelle mani del caso.
Gli sembrava che una sola cosa avrebbe portato al suo dolore un sollievo infinito: parlare a Mathilde. Ma che cosa avrebbe osato dirle?
Una mattina, alle sette, Julien era tutto immerso in questo pensiero, quando improvvisamente la vide entrare in biblioteca.
«Io so, signore, che desiderate parlarmi.»
«Gran Dio! Chi ve l'ha detto?»
«Lo so: che importa il resto? Se siete privo d'onore, potete rovinarmi, o almeno tentare di farlo; ma questo pericolo, che non credo reale, non mi impedirа di essere sincera. Non vi amo piщ, signore; la mia folle immaginazione mi ha tratta in inganno.»
A questo terribile colpo Julien, pazzo d'amore e d'infelicitа, tentт di giustificarsi. Nulla di piщ assurdo. Ci si puт forse giustificare di essere sgraditi? Ma la ragione non aveva piщ nessun controllo sulle sue azioni. Un istinto cieco lo spingeva a ritardare la decisione della sua sorte. Finchй parlava, gli pareva che tutto non fosse ancora finito. Ma Mathilde non ascoltava le sue parole, il loro suono la irritava; non concepiva che egli avesse l'audacia di interromperla.
I rimorsi della virtщ e quelli dell'orgoglio, quel mattino, la rendevano infelice quanto lui. Era in certo qual modo annientata dalla spaventosa idea di avere concesso dei diritti sulla sua persona a un pretino, figlio di un contadino. Nei momenti in cui si esagerava la sua disgrazia ella pensava: «И quasi come se dovessi rimproverarmi un fallo con un servo.»
Nei caratteri arditi e fieri non c'и che un passo tra l'essere in collera con se stessi e l'ira contro gli altri: in tal caso gli scatti di furore costituiscono un vivo piacere.
In un attimo Mathilde arrivт al punto di schiacciare Julien sotto le sferzate di un estremo disprezzo. Era dotata di una grande intelligenza, che eccelleva nell'arte di torturare l'amor proprio altrui infliggendogli crudeli ferite.
Per la prima volta in vita sua Julien si trovava in balia di uno spirito superiore, animato contro di lui dall'odio piщ violento. In quel momento, lungi dal pensare sia pure minimamente a difendersi, egli arrivт a disprezzarsi. Vedendosi coprire di cosм crudeli contumelie, e cosм intelligentemente calcolate per distruggere ogni buona opinione che egli potesse avere di sй, gli sembrт che Mathilde avesse ragione e che non dicesse abbastanza.
Quanto a lei, provava un delizioso piacere d'orgoglio nel punire cosм Julien e se stessa dell'adorazione che gli aveva votato qualche giorno prima.
Mathilde non aveva bisogno di inventare le parole crudeli che gli rivolgeva con tanto compiacimento. Non faceva altro che ripetere ciт che, da otto giorni a quella parte, l'avvocato del partito avverso all'amore andava ripetendo nel suo intimo.
Ogni parola centuplicava l'atroce sofferenza di Julien. Egli tentт di fuggire, ma Mathilde lo trattenne per un braccio con autoritа. E Julien le disse:
«Degnatevi di notare che parlate molto forte. Vi sentiranno nella camera accanto.»
«Che importa!» ribattй fieramente Mathilde. «Chi oserа dire di avermi udita? Voglio guarire per sempre il vostro meschino amor proprio dalle idee che ha potuto farsi sul mio conto.»
Quando Julien uscм dalla biblioteca, era talmente stupito da sentire meno il suo dolore. «Ebbene! Non mi ama piщ!» si ripeteva ad alta voce, come per mettersi in testa la situazione. «A quanto pare mi ha amato per otto o dieci giorni e io l'amerт per tutta la vita. Ma и mai possibile? Non significava nulla, nulla per me, soltanto pochi giorni or sono!»
Le gioie dell'orgoglio inondavano il cuore di Mathilde: era dunque riuscita a rompere per sempre! Trionfare in modo tanto completo di una cosм forte inclinazione la riempiva di felicitа. «Cosм il signorino capirа una volta per tutte che non ha e non avrа mai alcun potere su di me!» Era talmente felice che in quel momento non c'era davvero piщ ombra d'amore in lei.
Dopo una scenata cosм atroce e umiliante, l'amore sarebbe divenuto impossibile per un uomo meno appassionato di Julien. Senza dimenticare neppure per un attimo la sua dignitа, Mathilde gli aveva detto delle cose sgradevoli cosм ben calcolate da poter sembrare vere, anche ripensandoci a sangue freddo.
La prima conclusione che ne ricavт Julien fu che Mathilde era dotata di un orgoglio senza limiti. Egli credeva fermamente che tutto fosse finito per sempre e tuttavia il giorno dopo, a colazione, fu goffo e timido davanti a lei. Era un difetto che fin lм nessuno aveva potuto rimproverargli. Nelle piccole come nelle grandi cose egli sapeva chiaramente quello che doveva e voleva fare, e lo metteva in pratica.
Quel giorno, dopo colazione, la marchesa gli aveva chiesto un opuscolo rivoluzionario e tuttavia abbastanza raro, che il suo parroco le aveva portato in segreto quella mattina. Julien, nel tentativo di prenderlo su una mensola, fece cadere un vecchio vaso di porcellana azzurra, brutto oltre ogni limite.
La marchesa de La Mole si alzт lanciando un grido di desolazione e venne a contemplare da vicino i resti del suo vaso prediletto. «Era un antico vaso giapponese!» disse. «Lo avevo avuto da una mia prozia, badessa di Chelles: era un regalo degli olandesi al loro reggente, il duca di Orlйans, il quale lo aveva dato a sua figlia...»
Mathilde aveva seguito i gesti di sua madre, felicissima di vedere rotto quel vaso che le sembrava orribilmente brutto. Julien taceva e non era poi troppo turbato: vide Mathilde vicinissima.
«Questo vaso,» le disse, «и rotto senza rimedio, cosм и di un sentimento che fu giа padrone del mio cuore: vi prego di gradire le mie scuse per tutte le follie che mi ha fatto commettere.» Poi se ne andт.
«A quanto pare,» disse la marchesa, quando se ne fu andato, «questo Sorel и fiero e contento di ciт che ha fatto.»
Tali parole colpirono in pieno il cuore di Mathilde. «И vero,» ella pensт. «Mia madre ha indovinato, и proprio questo il sentimento che lo anima.» Solo allora cessт la sua gioia per la scenata che gli aveva fatto il giorno prima. «Ebbene, tutto и finito,» si disse con calma apparente. «Mi resta un grande esempio: il mio errore и spaventoso, umiliante! Mi servirа a essere saggia per tutto il resto della vita.»
«Perchй non era vero ciт che ho detto?» pensava Julien. «Perchй l'amore per quella pazza mi tormenta ancora?»
Questo amore, invece di spegnersi come egli sperava, fece rapidi progressi. «D'accordo, и pazza,» si diceva. «Ma non per questo и meno adorabile! И mai possibile essere piщ belle di cosм?» Tutte le seduzioni che possono derivare dalla piщ raffinata civiltа erano riunite a gara nella persona della signorina de La Mole. I ricordi della passata felicitа si impadronivano di Julien e distruggevano rapidamente tutta l'opera della ragione.
La ragione lotta invano contro ricordi di questo genere: i suoi severi tentativi non fanno altro che aumentarne il fascino.
Ventiquattro ore dopo avere rotto l'antico vaso giapponese, Julien era decisamente uno degli uomini piщ infelici della terra.
XXI • LA NOTA SEGRETA
Poichй tutto quello che racconto, l'ho visto; e se ho potuto ingannarmi nel vederlo, certamente non vi inganno raccontandovelo.
Lettera all'autore
Il marchese lo fece chiamare. Sembrava ringiovanito, il suo occhio brillava.
«Parliamo un po' della vostra memoria,» disse a Julien. «Si dice che sia prodigiosa! Potreste imparare a memoria quattro pagine e andarle a recitare a Londra? Ma senza cambiare nemmeno una parola!...»
Il marchese spiegazzava con stizza la Quotidienne di quel giorno e cercava invano di dissimulare una certa serietа che Julien non gli aveva mai vista, nemmeno quando si parlava del processo di Frilair. Ma il giovane era giа abbastanza esperto per accorgersi che doveva fingere di lasciarsi ingannare dal tono leggero usato dal marchese.
«Non credo che questo numero della Quotidienne sia molto divertente, ma se il signor marchese lo permette, domani mattina avrт l'onore di recitarglielo a memoria per intero.»
«Come?! Anche la pubblicitа?»
«Con assoluta precisione, e senza dimenticare una virgola.»
«Mi date la vostra parola?» continuт il marchese con improvvisa solennitа.
«Sм, signore. Solo la paura di non riuscirci potrebbe turbare la mia memoria.»
«Avevo dimenticato di rivolgervi ieri questa domanda. Non vi chiedo di giurare che non ripeterete mai quanto ascolterete tra poco: vi conosco troppo bene per farvi un simile affronto. Ho garantito io per voi. Vi porterт in una casa dove si riuniranno dodici persone: voi terrete nota di quello che dirа ognuno di loro. Non preoccupatevi, non sarа una conversazione confusa: parleranno uno alla volta; non voglio dire, con questo, che parleranno con ordine,» aggiunse il marchese, riprendendo quel tono sottile e leggero che gli era cosм naturale. «Mentre discuteremo, voi scriverete una ventina di pagine; tornerete qui con me e ridurremo le pagine a quattro. Queste quattro pagine me le reciterete domani mattina, invece di tutta la Quotidienne. Partirete subito dopo: sulla diligenza vi comporterete come un giovane in viaggio di piacere. Il vostro scopo sarа quello di non farvi notare da nessuno. Arriverete da un personaggio importante. Qui dovrete essere piщ accorto. Si tratta di ingannare tutti quelli che gli stanno intorno: poichй tra i suoi segretari e i suoi domestici c'и gente venduta ai nostri avversari, persone che spiano i nostri agenti per intercettare le loro mosse. Avrete una lettera di raccomandazione insignificante. Quando sua Eccellenza vi guarderа, tirerete fuori questo orologio che io vi presto per il viaggio. Prendetelo e datemi il vostro, cosм non ci pensiamo piщ. Il duca in persona si degnerа di scrivere sotto vostra dettatura le quattro pagine che avrete imparato a memoria. Fatto questo, ma non prima, state bene attento, se sua Eccellenza vi rivolge delle domande, potrete parlargli della seduta a cui assisterete fra poco. Ciт che vi impedirа di annoiarvi durante il viaggio и che, tra Parigi e la residenza del ministro, c'и gente desiderosa soltanto di tirare una fucilata all'abate Sorel. In tal caso la sua missione и finita e io prevedo un grave ritardo; poichй infatti, mio caro, come potremmo essere informati della vostra morte? Il vostro zelo non puт arrivare al punto di venircela a comunicare. Andate immediatamente a prendervi un abito completo,» continuт La Mole con serietа. «Vestitevi secondo la moda di due anni fa. Stasera dovete avere un'aria trascurata. In viaggio, invece, vi vestirete come al solito. La cosa vi sorprende? La vostra diffidenza riesce a indovinare? Sм, amico mio: uno dei venerabili personaggi, di cui tra poco ascolterete le opinioni, и capacissimo di spedire informazioni per mezzo della quali potrebbero magari propinarvi dell'oppio in qualche buona locanda dove andrete per cenare.»
«И meglio,» disse Julien, «fare trenta leghe di piщ e non prendere la strada diretta. Si tratta di Roma, suppongo...»
Il marchese assunse un'espressione altera e scontenta quale Julien non gli aveva piщ visto dopo la cerimonia a Bray-leHaut.
«И quello che saprete, signore, quando io giudicherт opportuno dirvelo. Non mi piacciono le domande.»
«La mia non era una domanda,» rispose Julien con calore. «Ve lo giuro, signore, pensavo ad alta voce, cercavo nella mia mente la strada piщ sicura.»
«Sм, a quanto pare la vostra mente si spingeva troppo lontano. Non dimenticate mai che un ambasciatore, e della vostra etа per giunta, non deve mai avere l'aria di strappare una confidenza.»
Julien fu molto mortificato, ma aveva torto. Il suo amor proprio cercava una scusa e non la trovava.
Il marchese soggiunse: «Cercate di capire che ci si appella sempre al cuore, quando si commette qualche sciocchezza.»
Un'ora dopo Julien era nell'anticamera del marchese in un atteggiamento da subalterno: indossava un abito vecchio, con una cravatta d'un bianco assai dubbio; tutto in lui pareva denunciare lo zotico pedante.
Vedendolo, il marchese scoppiт a ridere: soltanto in quel momento egli lo scusт completamente. E pensт:
«Se questo ragazzo mi tradisce, di chi mai potrт fidarmi?
Eppure, quando si agisce bisogna pur fidarsi di qualcuno! Mio figlio e i suoi brillanti amici della stessa risma hanno coraggio e fedeltа da vendere: se fosse necessario battersi, si farebbero uccidere sui gradini del trono: sanno tutto... tranne quello di cui c'и bisogno in questa circostanza. Che io sia maledetto se uno di loro и in grado di imparare quattro pagine a memoria e di fare cento leghe senza essere scoperto. Norbert saprebbe farsi uccidere come i suoi antenati, ma anche un coscritto ne sarebbe capace...»
Il marchese si immerse in una profonda meditazione. E pensт, sospirando: «E forse, anche di farsi uccidere questo Sorel sarebbe capace come lui...»
«In carrozza,» disse poi il marchese, come per scacciare un'idea importuna.
«Signore,» disse Julien, «mentre mi accomodavano questo vestito ho imparato a memoria la prima pagina della Quotidienne di oggi.»
La Mole prese il giornale. Julien recitт a memoria, senza sbagliare una parola. «Bene,» pensт il marchese, che quella sera era molto diplomatico. «Nel frattempo questo ragazzo non bada alle strade che percorriamo.»
Entrarono in un vasto salotto piuttosto tetro, con le pareti in parte rivestite di legno e in parte tappezzate di velluto verde. Al centro, un domestico accigliato finiva di sistemare una grande tavola da pranzo, che poi trasformт in tavolo da lavoro mediante un immenso tappeto verde tutto coperto di macchie d'inchiostro, avanzo di qualche ministero.
Il padrone di casa era un uomo enorme, di cui non fu detto il nome; a Julien parve che egli avesse la fisionomia e l'eloquenza di uno che sta digerendo.
A un segno del marchese, il giovane si era fermato a una delle estremitа della tavola. Per darsi un contegno egli si mise a temperare alcune penne. Sbirciando con la coda dell'occhio riuscм a contare sette persone, ma le vedeva solo di spalle. Gli parve che due di loro si rivolgessero a La Mole da pari a pari e che gli altri, invece, lo trattassero piщ o meno con una certa deferenza.
Entrт un nuovo personaggio, senza essere annunciato. «И strano,» pensт Julien. «In questo salotto non si viene annunciati. Che una simile precauzione sia stata presa in mio onore?» Tutti si alzarono per accogliere il nuovo venuto. Questi aveva la stessa altissima decorazione di cui si fregiavano altri tre personaggi che erano giа nella sala. Si parlava piuttosto sottovoce. Per giudicare il nuovo venuto, Julien dovette limitarsi a ciт che potevano dirgli i suoi tratti e il suo aspetto. Era basso e tozzo, molto colorito in viso: i suoi occhi scintillanti non esprimevano che una cattiveria da cinghiale.
L'attenzione di Julien fu bruscamente distratta dall'arrivo quasi immediato di un tipo del tutto diverso. Era un uomo alto, magrissimo, che portava tre o quattro panciotti. Il suo sguardo era carezzevole, i suoi gesti gentili. «Ha tutta la fisionomia del vecchio vescovo di Besanзon,» pensт Julien. Quell'uomo era evidentemente un ecclesiastico; dimostrava dai cinquanta ai cinquantacinque anni e aveva un'aria molto paterna.
Comparve poi il giovane vescovo di Agde, il quale parve stupitissimo quando, nel passare in rivista i presenti, i suoi occhi caddero su Julien. Non gli aveva piщ rivolto la parola dopo la cerimonia di Bray-le-Haut. Il suo sguardo sorpreso mise in imbarazzo Julien e lo irritт. «Dunque,» pensт, «conoscere qualcuno mi nuocerа sempre? Tutti questi grandi signori, che non ho mai visto, non mi intimidiscono affatto, e lo sguardo di quel giovane vescovo mi raggela! Bisogna convenire che sono un essere ben strano e disgraziato.»
Un uomo piccolo, tutto nero, entrт poco dopo con gran fracasso e cominciт a parlare fin dalla porta: aveva una carnagione giallastra e l'aria un po' folle. Appena fu arrivato quel parlatore inesorabile si formarono dei gruppetti, forse per evitare la noia di ascoltarlo.
Man mano che si allontanavano dal caminetto, i presenti si avvicinavano all'estremitа della tavola dove si trovava Julien, il cui contegno rivelava sempre piщ un grande imbarazzo, poichй non poteva non udire e, per quanto scarsa fosse la sua esperienza, capiva tutta l'importanza delle cose di cui si parlava senza alcun riguardo. Eppure gli alti personaggi che aveva sotto gli occhi dovevano tenere molto alla segretezza dei loro discorsi!
Il piщ lentamente possibile, Julien aveva giа temperato una ventina di penne, e questa risorsa stava per mancargli. Egli cercava invano un ordine negli occhi del marchese de La Mole: si era scordato di lui.
«Ciт che faccio и ridicolo,» si diceva Julien continuando a temperare le penne. «Ma uomini come questi, con una fisionomia cosм mediocre, e che affrontano, per conto proprio o di altri, affari cosм importanti, devono essere molto suscettibili. Il mio sguardo, per mia disgrazia, ha qualcosa di interrogativo e di irrispettoso, che senza dubbio li offenderebbe. Ma se abbasso gli occhi, sembrerа ch'io faccia collezione delle loro parole.»
Il suo imbarazzo era estremo. Stava ascoltando delle cose stranissime.
XXII • LA DISCUSSIONE
La repubblica! Al giorno d'oggi, per uno disposto a sacrificare tutto al bene comune, ce ne sono migliaia e milioni che pensano solo ai loro piaceri, alle loro vanitа. A Parigi si и stimati per la propria carrozza, non per la propria virtщ.
Napoleone, «Memoriale»
Il domestico entrт precipitosamente annunciando: «Il signor duca di ***.»
«Tacete, non siete altro che uno sciocco,» disse il duca entrando: e pronunciт cosм bene queste parole, e cosм maestosamente, da indurre Julien a pensare, suo malgrado, che tutta la scienza di quel grande personaggio doveva consistere unicamente nel sapersi arrabbiare con un domestico. Julien alzт gli occhi e li abbassт immediatamente. Aveva indovinato cosм bene l'importanza del nuovo venuto da temere che il suo sguardo fosse indiscreto.
Il duca era un uomo di cinquant'anni, vestito come un dandy e camminava a scatti. Aveva una testa oblunga, un grosso naso e un viso grifagno, molto pronunciato: era insuperabilmente aristocratico e insignificante. Il suo arrivo determinт l'apertura della seduta.
Julien fu bruscamente interrotto nelle sue osservazioni fisiognomiche dalla voce del marchese de La Mole che diceva: «Vi presento l'abate Sorel. И dotato di una memoria straordinaria; solo da un'ora gli ho parlato della missione di cui poteva essere onorato e, per darmi una prova delle sue capacitа, egli ha mandato a mente la prima pagina della Quotidienne.»
«Ah! Le notizie estere di quel povero N...» disse il padrone di casa. Si affrettт a prendere il giornale e guardт Julien con tale aria d'importanza da rasentare la comicitа. Poi disse: «Parlate, signore.»
Il silenzio era profondo, tutti gli occhi erano fissi su Julien questi recitт cosм bene, che dopo venti righe il duca disse «Basta.» L'uomo dallo sguardo di cinghiale si mise a sedere. Era il presidente; infatti, appena ebbe preso posto, indicт a Julien un tavolo da gioco e gli fece segno di portarlo vicino a lui. Julien si mise a sedere con tutto l'occorrente per scrivere. Contт dodici persone sedute intorno al tappeto verde.
«Signor Sorel,» disse il duca, «ritiratevi nella stanza accanto. Vi faremo chiamare.»
Il padrone di casa assunse un'espressione molto inquieta. «Le persiane non sono chiuse,» disse sottovoce al suo vicino. E subito gridт stupidamente a Julien: «И inutile guardare dalla finestra.»
«Eccomi cacciato in una cospirazione,» pensт il nostro eroe. «Per fortuna non и una di quelle che possono portare in place de Grиve. E, anche se ci fosse pericolo, devo questo e ben altro al marchese. Felice me, se riuscissi a compensare tutto il dolore che le mie follie potranno procurargli un giorno!»
Pur continuando a pensare alle sue follie e alla sua infelicitа, Julien si guardava intorno a fissava ogni cosa in modo da non scordarsene mai. Solo allora ricordт che non aveva udito dare l'indirizzo al cocchiere; anzi il marchese aveva preso una carrozza pubblica, cosa che non faceva mai.
Per parecchio tempo Julien fu lasciato alle sue riflessioni; si trovava in un salotto tappezzato di velluto rosso, con larghi passamani dorati. Su una mensola c'era un grande crocefisso d'avorio e, sul camino, il libro Del Papa di De Maistre, magnificamente rilegato e col taglio dorato. Julien lo aprм, per non avere l'aria di ascoltare. Di tanto in tanto, nella stanza vicina, parlavano a voce altissima. Finalmente la porta si aprм e il nostro eroe si sentм chiamare.
«Pensate, signori,» diceva il presidente, «che da questo momento и come se parlassimo di fronte al duca de ***. Il signore», ed egli indicт Julien, «и un giovane levita, devoto alla nostra santa causa: ripeterа facilmente, grazie alla sua memoria straordinaria, ogni minimo particolare della nostra discussione. La parola al signore», e indicт l'uomo dall'aria paterna che portava tre o quattro panciotti. Julien pensт che sarebbe stato piщ naturale pronunciarne il nome. Prese della carta e scrisse a lungo.
(A questo punto l'autore avrebbe voluto far seguire una pagina intera di puntini. «Mancherebbe di gusto,» dice l'editore, «e per un'opera cosм frivola mancare di buon gusto equivale all'insuccesso.»
«La politica,» ribatte l'autore, «и una pietra attaccata al collo della letteratura: in meno di sei mesi la fa colare a picco. La politica, in mezzo a quanto richiama l'interesse dell'immaginazione, и un colpo di pistola in mezzo a un concerto. И un rumore lacerante, ma senza efficacia. Non si accorda col suono di nessuno strumento. Questa politica offenderа terribilmente metа dei lettori e annoierа l'altra metа, che l'ha trovata in modo ben piщ dettagliato ed energico sul giornale del mattino...» «Se i vostri personaggi non parlano di politica,» ribatte l'editore, «non sono francesi del 1830 e il vostro libro non и piщ uno specchio, come pretendete che sia...»)
Il verbale di Julien era di ventisei pagine; eccone un riassunto molto ridotto perchй, come sempre, и stato necessario sopprimere le ridicolaggini, il cui eccesso sarebbe sembrato odioso o poco verosimile (vedi la Gazette des Tribunaux).
L'uomo dall'aria paterna e dai molti panciotti, che forse era un vescovo, sorrideva spesso: allora i suoi occhi, orlati di palpebre cascanti, brillavano stranamente, acquistando una espressione meno indecisa del solito. Ascoltando questo personaggio, che veniva fatto parlare per primo davanti al duca («ma quale duca?» si domandava Julien), apparentemente per sostenere le tesi e la parte di un avvocato generale, Julien ebbe l'impressione che cadesse in quelle incertezze e in quella mancanza di conclusioni precise che vengono spesso rimproverate a tali magistrati. Nel corso della discussione il duca arrivт appunto a rimproverarglielo.
Dopo molte frasi moraleggianti e di indulgente filosofia, l'uomo dai panciotti disse:
«La nobile Inghilterra, guidata da un grand'uomo, l'immortale Pitt, ha speso quaranta miliardi di franchi per opporsi alla rivoluzione. Se questa assemblea mi permette di affrontare con una certa franchezza un triste argomento, dirт che l'Inghilterra non si rese sufficientemente conto che, con un uomo come Bonaparte, e soprattutto quando non si aveva da opporgli che una collezione di buoni propositi, di decisivo non c'erano che i mezzi personali...»
«Ah! ancora l'elogio dell'assassinio!» disse il padrone di casa, inquieto.
«Risparmiateci le vostre omelie sentimentali!» esclamт il presidente, seccato: i suoi occhi da cinghiale brillavano di un lampo feroce. «Continuate,» disse poi all'uomo dai panciotti. Le guance e la fronte del presidente si fecero di porpora.
«La nobile Inghilterra,» riprese il relatore, «si trova oggi in condizioni disastrose perchй ogni inglese, prima di pagare il suo pane, и costretto a pagare gli interessi dei quaranta miliardi di franchi che furono spesi contro i giacobini. Non ha piщ un Pitt...»
«Ha il duca di Wellington,» disse un militare, che assunse un'aria di grande importanza.
«Vi prego, silenzio, signori!» gridт il presidente. «Se continuiamo le dispute, sarа stato inutile far entrare il signor Sorel.»
«Si sa che il signore ha molte idee,» disse il duca irritato, guardando l'interruttore, che era un ex generale di Napoleone. Julien capм che queste parole alludevano a qualcosa di personale e di molto offensivo. Tutti sorrisero: il generale transfuga parve fuori di sй per l'ira.
«Non ci sono piщ Pitt,» continuт il relatore con l'aria scoraggiata di chi dispera di far intendere ragione a quelli che lo ascoltano. «E anche se in Inghilterra ci fosse un nuovo Pitt, non si puт ingannare due volte una nazione con gli stessi mezzi. . .»
«Ed и per questo che un generale vincitore, un Bonaparte, и ormai impossibile in Francia,» riprese il militare che aveva giа interrotto in precedenza.
Questa volta nй il duca nй il presidente osarono irritarsi, anche se a Julien parve di leggere nei loro sguardi che ne avevano molta voglia. Abbassarono gli occhi, e il duca si accontentт di sospirare in modo da essere udito da tutti.
Ma il relatore si era indispettito.
«Si ha fretta di sentirmi concludere,» egli disse con calore e lasciando completamente da parte quella sorridente cortesia che Julien credeva espressione del suo carattere: «I signori qui presenti desiderano che io concluda: non tengono in nessun conto gli sforzi che faccio per non offendere le orecchie di nessuno, per lunghe che siano. Ebbene, signori, sarт breve. E vi dirт in parole povere: l'Inghilterra non ha piщ un soldo da mettere a disposizione della buona causa. Anche se Pitt risuscitasse, con tutta la sua genialitа non riuscirebbe a mettere nel sacco i piccoli proprietari inglesi, perchй questi sanno benissimo che solo la breve campagna di Waterloo и costata loro un miliardo di franchi. Siccome volete delle parole precise,» aggiunse il relatore animandosi sempre piщ, «vi dirт: Aiutatevi da soli, perchй l'Inghilterra non ha neppure una ghinea da mettere a vostra disposizione e, se l'Inghilterra non paga, l'Austria, la Russia, la Prussia che hanno soltanto coraggio e niente denaro, non possono sostenere contro la Francia piщ di una campagna o due. Si puт sperare che i giovani soldati messi insieme dai giacobini vengano sconfitti alla prima campagna, forse anche alla seconda: ma alla terza... guardate, a costo di passare per un rivoluzionario ai vostri occhi prevenuti, vi dico che alla terza avrete i soldati del 1794, che non erano piщ i contadini irreggimentati del 1792.»
A questo punto l'interruzione venne da tre o quattro parti contemporaneamente.
«Signore,» disse il presidente a Julien, «andate nella stanza accanto a mettere in bella copia l'inizio del verbale che avete scritto.» Julien uscм, molto seccato. Il relatore prospettava, proprio allora, alcune ipotesi che costituivano il soggetto abituale delle sue riflessioni.
«Hanno paura che mi prenda gioco di loro,» pensт. Quando fu richiamato, La Mole stava dicendo, con una serietа assai comica per Julien che lo conosceva bene:
«... Sм, signori, soprattutto di questo popolo disgraziato si puт dire:
«Sarа dio, tavola o catino?
«Sarа dio! esclama il favolista. Queste parole cosм nobili e profonde sembrano appartenere a voi, signori. Agite per vostro conto, e risorgerа la nobile Francia, pressappoco quale l'avevano fatta i nostri antenati e quale i nostri sguardi hanno fatto in tempo a vederla, prima della morte di Luigi XVI. L'Inghilterra, o almeno i suoi nobili lord, detestano come noi l'ignobile giacobinismo: senza l'oro inglese l'Austria, la Russia, la Prussia non possono affrontare che due o tre battaglie. Basterа, per ottenere una felice occupazione come quella che Richelieu sprecт cosм stupidamente nel 1817? Non credo.»
A questo punto ci fu un'interruzione, ma soffocata dagli zittii generali. L'aveva tentata l'ex generale napoleonico, che voleva ottenere il cordone azzurro e voleva farsi notare tra i redattori della nota segreta.
«Io non credo,» ripetй il marchese de La Mole dopo il tumulto, calcando su quell'io con un'insolenza che entusiasmт Julien.
«Ecco un bel colpo,» egli pensт, pur facendo volare la penna ad una velocitа quasi pari a quella con cui parlava il marchese. «Con poche parole ben dette, La Mole riduce in polvere le venti campagne di questo transfuga.»
«Una nuova occupazione militare,» continuт il marchese in tono misuratissimo, «non puт venire esclusivamente dall'estero. Tutta questa gioventщ che scrive articoli incendiari sul Globe potrа fornirvi tre o quattromila giovani capitani, tra cui puт esserci un Klйber, un Hoche, un Jourdan, un Pichegru, ma meno benintenzionati.»
«Noi non abbiamo saputo procurargli la gloria,» disse il presidente. «Dovevamo dargli l'immortalitа.»
«Infine bisogna che in Francia ci siano due partiti,» riprese La Mole, «ma non solo nominalmente: due partiti ben delineati, ben differenziati. Dobbiamo sapere chi bisogna schiacciare. Da un lato i giornalisti, gli elettori, l'opinione pubblica, in una parola: la gioventщ e tutti quelli che l'ammirano. Mentre essa si stordisce nel brusio del suo vaniloquio, noi abbiamo il sicuro vantaggio di consumare il denaro pubblico!»
A questo punto, una nuova interruzione.
«Voi, signore,» disse La Mole all'interruttore, con una alterigia e una disinvoltura ammirevoli, «voi consumate, anzi, scusate se la parola vi urta, voi divorate quarantamila franchi registrati nel bilancio statale, oltre agli ottantamila che ricevete dalla lista civile. Ebbene, signore, poichй mi ci costringete, vi prenderт francamente ad esempio. Come i vostri nobili antenati che seguirono san Luigi alla crociata, voi, in cambio di questi centoventimila franchi, dovreste farci vedere almeno un reggimento, una compagnia, che dico!, una mezza compagnia, fosse pure soltanto di cinquanta uomini pronti a combattere e devoti alla buona causa per la vita e per la morte. Ma avete solo dei servi, che in caso di rivolta farebbero paura perfino a voi. Il trono, l'altare, la nobiltа possono perire, signori, fino a quando non avrete creato in ogni provincia una forza di cinquecento uomini devoti; ma per devoti, intendo uomini dotati non solo del coraggio francese, ma anche della costanza spagnola. La metа di questo esercito dovrа essere composta dei nostri figli, dei nostri nipoti, di veri gentiluomini, insomma. Ognuno di essi avrа al fianco non giа un piccolo borghese chiacchierone, pronto a mettere in mostra la coccarda tricolore se si presenta un secondo 1815, ma un buon contadino semplice e franco come Chatelineau, che verrа istruito dal nostro gentiluomo; anzi, se possibile sarа addirittura suo fratello di latte. Ognuno di noi sacrifichi la quinta parte delle proprie entrate per formare questo piccolo, fedele esercito di cinquecento uomini per provincia. Allora potrete contare su una occupazione straniera. I soldati stranieri non entreranno mai neppure fino a Dijon, se non saranno sicuri di trovare cinquecento soldati amici in ogni provincia. I re stranieri vi ascolteranno solo quando annuncerete che ventimila gentiluomini sono pronti a prendere le armi per aprire le porte della Francia ai loro soldati. Direte che и uno sforzo penoso da sostenere: signori, questo и il prezzo della nostra testa. Tra la libertа di stampa e la nostra esistenza come gentiluomini c'и guerra all'ultimo sangue. O diventate industriali e contadini o prendete il fucile. Siate pure timidi, se volete, ma non siate stupidi: aprite gli occhi. Formate i vostri battaglioni, vi dirт con la canzone dei giacobini: allora si troverа qualche nobile GUSTAVO ADOLFO che, commosso dall'imminente pericolo che incombe sul principio monarchico, si slancerа a trecento leghe dal suo paese e farа per voi quello che Gustavo fece per i principi protestanti. Volete continuare a parlare senza agire? Fra cinquant'anni, in Europa non ci saranno piщ che presidenti di repubbliche, e neppure un re. E con queste due lettere R, E, scompaiono anche i preti e i gentiluomini. Vedo solo dei candidati che faranno la corte a sporche maggioranze. Avete un bel dire che la Francia, in questo momento, non ha un generale accreditato, conosciuto e amato da tutti, che l'esercito и organizzato solo nell'interesse del trono e dell'altare e che sono stati eliminati tutti i veterani, mentre ogni reggimento prussiano o austriaco conta cinquanta sottufficiali che hanno visto il fuoco. Duecentomila giovani che appartengono alla piccola borghesia sono innamorati della guerra...»
«Basta, con le veritа sgradevoli,» disse boriosamente un solenne personaggio che doveva occupare un'alta carica nella gerarchia ecclesiastica, giacchй La Mole, invece di arrabbiarsi, sorrise gentilmente: e questo, per Julien, fu un indizio significativo.
«Basta con le sgradevoli veritа; ricapitoliamo, signori: sarebbe assolutamente fuori luogo che l'uomo a cui si deve tagliare una gamba in cancrena dicesse al chirurgo: questa gamba malata и sanissima. Consentitemi l'espressione, signori: il nobile duca di *** и il nostro chirurgo.»
«Eccolo, finalmente, il grande nome!» pensт Julien. «Stanotte galopperт verso il duca di...».
XXIII • IL CLERO, I BOSCHI, LA LIBERTА
La prima legge di ogni essere и di conservarsi, di vivere. Voi seminate cicuta e pretendete di veder maturare spighe.
Machiavelli
Il solenne personaggio continuava a parlare: era chiaro che conosceva bene la situazione; esponeva con una eloquenza dolce e moderata, che piacque infinitamente a Julien, queste grandi veritа:
«Primo: l'Inghilterra non ha neppure una ghinea da mettere a nostra disposizione; l'economia e Hume sono alla moda. Neppure i Santi ci daranno denaro, e Brougham si burlerа di noi.
"Secondo: и impossibile ottenere piщ di due campagne dai re europei, senza l'oro inglese; e due campagne non saranno sufficienti contro la piccola borghesia.
«Terzo: necessitа di formare un partito armato in Francia, senza il quale i sostenitori del principio monarchico in Europa non arrischieranno neppure le due campagne.
«Il quarto punto, che io oso proporvi come evidente, и questo:
«Impossibilitа di formare un partito armato in Francia senza il clero. Ve lo dico francamente perchй sto per dimostrarvelo, signori. Bisogna dare tutto al clero: primo, perchй, occupandosi giorno e notte del suo problema e guidato da uomini di alte capacitа che vivono lontano dalle burrasche, a trecento leghe dalle vostre frontiere...»
«Ah! Roma, Roma!...» esclamт il padrone di casa.
«Sм, signore, Roma!» riprese il cardinale con fierezza. «Quali che fossero le spiritosaggini piщ o meno ingegnose che erano di moda quando voi eravate giovane, io proclamo che nel 1830 solo il clero guidato da Roma и in grado di parlare al popolino. Cinquantamila preti ripetono le stesse parole nel giorno stabilito dai capi e il popolo, che dopo tutto fornisce i soldati, sarа piщ influenzato dalla voce dei suoi sacerdoti che da tutti i poetucoli del mondo...» (Questa allusione personale suscitт dei mormorii.)
«Il clero ha un ingegno superiore al vostro,» riprese il cardinale alzando la voce. «Tutti i progressi che avete fatto verso questo punto capitale, avere in Francia un partito armato, sono dovuti a noi.» Qui vennero fuori dei fatti... «Chi ha spedito ottantamila fucili in Vandea?... eccetera. Fino a quando il clero non rientrerа in possesso dei suoi boschi, non avrа mezzi a sua disposizione. Alla prima guerra, il ministro delle finanze scrive ai suoi agenti che non c'и piщ denaro, se non per i parroci. In fondo la Francia non и credente e arma la guerra. Chiunque le darа modo di farla, sarа doppiamente popolare, perchй fare la guerra significa mettere alla fame i gesuiti, come dice il volgo; fare la guerra significa liberare quei mostri d'orgoglio che sono i francesi dalla minaccia di un intervento straniero.» Il cardinale era ascoltato favorevolmente... Ed egli soggiunse: «Bisognerebbe che Nerval lasciasse il ministero: il suo nome provoca un'inutile irritazione.»
A queste parole, tutti si alzarono in piedi e cominciarono a parlare contemporaneamente. «Adesso mi mandano fuori un'altra volta,» pensт Julien; ma anche il saggio presidente aveva dimenticato la presenza e l'esistenza del nostro eroe.
Tutti gli occhi cercavano un uomo: Julien lo riconobbe. Era il primo ministro Nerval, che egli aveva intravisto al ballo in casa del duca di Retz.
Il disordine era al colmo, come dicono i giornali parlando della Camera. Dopo un buon quarto d'ora si ristabilм un po' di silenzio.
Allora Nerval si alzт e parlт assumendo il tono di un apostolo.
«Non voglio affermare che io non tengo al ministero,» disse con voce strana. «Mi viene dimostrato, signori, che il mio nome raddoppia le forze dei giacobini inimicandoci molti moderati. Quindi mi ritirerei volentieri: ma le vie del Signore sono visibili solo a pochi; tuttavia,» egli aggiunse guardando fissamente il cardinale, «io ho una missione da compiere; il cielo mi ha detto: "Tu porterai la testa al patibolo o ristabilirai la monarchia in Francia, riducendo le Camere a quello che era il parlamento ai tempi di Luigi XV." E questo, signori, io lo farт.»
Tacque, si rimise a sedere e ci fu un gran silenzio.
«Ecco un buon attore,» pensт Julien. Ma sbagliava, come al solito, aspettandosi troppo dall'intelligenza altrui. In quel momento, animato dai dibattiti di una serata cosм vivace e soprattutto dalla sinceritа della discussione, Nerval credeva veramente alla sua missione. Era dotato di grande coraggio, ma privo di cervello.
Mezzanotte suonт durante il silenzio che seguм alla bella frase Io lo farт. Parve a Julien che il suono del pendolo avesse qualcosa di solenne e di funebre. Il giovane era commosso.
La discussione riprese ben presto con crescente energia e, soprattutto, con incredibile ingenuitа. «Questa gente mi farа avvelenare,» pensava Julien in certi momenti. «Ma и mai possibile dire cose simili davanti a un plebeo?»
Suonarono le due, e si continuava ancora a parlare. Il padrone di casa dormiva da un pezzo: il marchese de La Mole fu costretto a suonare il campanello per far sostituire le candele.
Nerval era uscito all'una e tre quarti, non senza avere studiato a lungo, in uno specchio che si trovava accanto a lui, il viso di Julien. La sua partenza parve liberare tutti dal disagio.
Mentre si sostituivano le candele, l'uomo con molti panciotti disse al vicino: «Dio solo sa che cosa andrа a dire al re!» E soggiunse, pianissimo: «Puт coprirci tutti di ridicolo e rovinare il nostro avvenire. Bisogna ammettere che ha una bella faccia tosta, a presentarsi qui dentro. Veniva prima di ottenere il ministero; ma il portafoglio cambia ogni cosa, soffoca tutti gli interessi di un uomo: avrebbe dovuto capirlo!»
Appena uscito il ministro, l'ex generale napoleonico aveva chiuso gli occhi. Parlт poi della sua salute, delle sue ferite, consultт l'orologio e se ne andт.
«Scommetterei,» disse l'uomo dai panciotti, «che il generale corre dietro al ministro: si scuserа di essersi trovato qui, sostenendo che ci mette tutti nel sacco.»
Quando i domestici mezzo addormentati ebbero finito di sostituire le candele, il presidente disse:
«Ora deliberiamo, signori. Non tentiamo piщ di convincerci reciprocamente. Pensiamo al tenore della nota che tra quarantott'ore sarа sotto gli occhi dei nostri amici stranieri. Si и parlato di ministri. Ora che Nerval ci ha lasciato, possiamo anche dirlo: che cosa ci importa dei ministri? Li costringeremo a volere.»
Il cardinale approvт con un sorriso arguto.
«Nulla di piщ facile, mi pare, che riassumere la nostra posizione,» disse il giovane vescovo di Agde con l'ardore concentrato e trattenuto del piщ esaltato fanatismo. Fino a quel momento era rimasto in silenzio; il suo sguardo, che Julien aveva osservato, era stato mite e calmo dapprincipio, ma poi si era infiammato dopo la prima ora di discussione. Ora la sua anima traboccava come lava del Vesuvio. Egli disse:
«Dal 1806 al 1814 l'Inghilterra non ha avuto che un torto, quello di non agire direttamente contro la persona di Napoleone. Dopo avere creato duchi e ciambellani, dopo avere ristabilito la monarchia, quell'uomo aveva compiuto la missione affidatagli da Dio: ormai doveva essere immolato. In parecchi punti la Sacra Scrittura ci insegna il modo di liberarci dai tiranni.» (Qui ci furono parecchie citazioni latine.) «Oggi, signori, non и piщ un uomo che bisogna immolare, ma Parigi. Tutta la Francia copia Parigi. A che cosa servono i vostri cinquecento uomini armati per ogni provincia? Impresa rischiosa, che non avrа fine. Perchй coinvolgere la Francia in una cosa che riguarda solo Parigi? Solo Parigi, coi suoi giornali e i suoi salotti, ha fatto il male. Perisca dunque la nuova Babilonia. Bisogna mettere fine all'urto tra l'altare e Parigi. Questa catastrofe и negli interessi mondani del trono. Perchй Parigi non ha osato fiatare sotto Bonaparte? Chiedetelo al cannone di Saint-Roch...»
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Solo alle tre del mattino Julien se ne andт con il marchese de La Mole.
Il marchese era stanco e avvilito. Per la prima volta, mentre egli parlava a Julien, nella sua voce ci fu un tono di preghiera. Gli chiese la sua parola d'onore di non rivelare mai gli eccessi di zelo (cosм egli si espresse) di cui il caso lo aveva reso testimone. «Non parlatene al nostro amico straniero se non nel caso che egli insista veramente per conoscere il pensiero di questi giovani pazzi. Che cosa importa loro che lo Stato sia rovesciato? Diventeranno cardinali e si rifugeranno a Roma. Ma noi, nei nostri castelli, saremo massacrati dai contadini.»
La nota segreta, che il marchese redasse in base al lungo verbale di ventisei pagine scritto da Julien, fu pronta solo alle quattro e tre quarti.
«Sono stanco morto,» disse il marchese, «e lo rivela chiaramente questa nota che manca di precisione verso la fine: di tutte le cose che ho fatto nella mia vita, non ce n'и una che mi abbia lasciato cosм scontento. Prendete, amico mio,» concluse, «andate a riposarvi per qualche ora; ho paura che vi rapiscano, vi chiuderт a chiave in camera vostra.»
Il giorno dopo il marchese condusse Julien in un castello isolato, abbastanza lontano da Parigi. Lм si trovavano degli strani ospiti: Julien ritenne che fossero preti. Gli fu consegnato un passaporto con un nome falso, ma che indicava finalmente la vera meta del viaggio: Julien aveva sempre finto di ignorarla. Salм su un calesse, da solo.
Il marchese non aveva nessuna preoccupazione quanto alla memoria di Julien, perchй questi aveva recitato parecchie volte la nota; ma temeva molto che venisse fermato.
«Soprattutto, badate a sembrare un uomo fatuo e senza pensieri che viaggia per ammazzare il tempo,» gli disse amichevolmente La Mole, mentre Julien lasciava il salotto. «Forse c'era piщ di un falso congiurato nella nostra riunione di ieri sera.»
Il viaggio fu rapido e molto triste. Appena Julien si trovт lontano dagli occhi del marchese, dimenticт e la nota segreta e la missione, per non pensare piщ che al disprezzo di Mathilde.
In un villaggio, situato a qualche lega oltre Metz, il direttore della stazione di posta venne a dirgli che non c'erano cavalli. Erano le dieci di sera: Julien, molto contrariato, chiese la cena. Passeggiт davanti alla porta e pian piano, senza dare nell'occhio, scivolт nel cortile delle scuderie. Non vide cavalli.
«Eppure quell'uomo aveva un'aria strana,» pensт Julien. «Il suo sguardo villano mi esaminava...»
Come si vede, egli cominciava a non credere piщ, parola per parola, a ciт che gli veniva detto. Pensava di fuggire dopo cena e intanto, per raccogliere informazioni sul paese, uscм dalla sua stanza e andт a riscaldarsi davanti al fuoco in cucina.
Quale non fu la sua gioia nel trovare il celebre cantante Geronimo!
Sprofondato in una poltrona che aveva fatto portare accanto al camino, il napoletano gemeva ad alta voce e da solo parlava piщ dei venti contadini tedeschi che lo attorniavano stupefatti.
«Questa gente mi rovina!» egli gridт a Julien. «Ho promesso di cantare domani a Magonza. Sette principi sovrani si sono mossi per sentirmi cantare. Ma andiamo a prendere una boccata d'aria,» aggiunse con un cenno significativo.
Quando ebbero fatto cento passi sulla strada e furono lontani da orecchi indiscreti, Geronimo disse:
«Sapete che cosa capita? Il direttore della stazione di posta и un briccone. Mentre passeggiavo, ho dato venti soldi a un monello che mi ha detto tutto. Ci sono piщ di dodici cavalli in una scuderia, dall'altra parte del villaggio. Vogliono ritardare qualche corriere.»
«Davvero?» disse Julien con finto candore.
Non bastava avere scoperto l'inganno, bisognava partire: ed и ciт che Geronimo e il suo amico non riuscirono a fare. «Aspettiamo che faccia giorno,» disse alla fine il cantante. «Diffidano di noi. Forse ce l'hanno con me o con voi. Domani mattina ordiniamo una buona colazione: mentre ce la preparano, andiamo a fare due passi, scappiamo, prendiamo a nolo dei cavalli e raggiungiamo la prossima stazione.»
«E i vostri bagagli?» disse Julien, pensando che forse Geronimo stesso poteva essere incaricato di fermarlo. Non si poteva far altro che cenare e andare a letto. Julien era ancora nel primo sonno, quando fu svegliato di soprassalto da due persone che parlavano nella sua stanza, senza alcuna soggezione.
Riconobbe il direttore, munito di una lanterna cieca. La luce era diretta verso il cofano del calesse, che Julien aveva fatto portare nella sua stanza. Di fianco al gerente c'era un uomo che frugava tranquillamente nel cofano aperto. Julien non distingueva che le maniche della sua giacca, nere e strettissime.
«И una tonaca,» pensт il giovane: e prese, adagio adagio, le piccole pistole che aveva nascosto sotto il guanciale.
«Non abbiate paura che si svegli, signor curato,» disse il direttore. «Il vino che и stato servito a quei due era di quello che avete preparato voi stesso.»
«Non trovo traccia di documenti,» rispose il prete. «Una quantitа di biancheria, di profumi, di pomate, di sciocchezze: и un giovane di mondo, preoccupato dei suoi piaceri. L'emissario sarа piuttosto l'altro, che ostenta un accento italiano.»
Si avvicinarono a Julien per frugare nelle tasche della sua giacca da viaggio. Egli aveva la tentazione di ucciderli come ladri. Non doveva temere alcuna conseguenza. Ne ebbe molta voglia. «Sarei solo uno sciocco,» pensт poi. «Comprometterei la mia missione.» Dopo aver frugato nel suo vestito, il prete disse: «Non и un diplomatico.» Se ne andт e fece bene.
«Se mi tocca nel letto, guai a lui!» pensava Julien. «Potrebbe benissimo pugnalarmi, ma non glie ne darei il tempo.»
Il prete volse la testa: Julien aveva gli occhi semiaperti, e quale non fu il suo stupore riconoscendo l'abate Castanиde! In effetti, anche se i due cercavano di parlar piano, gli era sembrato sin dall'inizio di riconoscere una delle due voci. Julien fu preso da una voglia matta di liberare la terra da una delle sue piщ vili canaglie...
«Ma la mia missione!» si disse.
Il prete e il suo accolito uscirono. Un quarto d'ora dopo Julien finse di svegliarsi, chiamт, svegliт tutta la casa.
«Sono avvelenato!» gridт. «Soffro orribilmente!» Voleva un pretesto per correre in aiuto di Geronimo. Lo trovт mezzo morto per il laudano contenuto nel vino.
Temendo qualche scherzetto di questo genere, a cena Julien aveva preso soltanto cioccolata portata da Parigi. Non riuscм a svegliare Geronimo quel tanto che sarebbe bastato per deciderlo a partire.
«Potrebbero darmi tutto il regno di Napoli,» disse il cantante, «e non rinuncerei ugualmente, ora, alla voluttа di dormire.»
«Ma i sette principi sovrani?!»
«Che aspettino.»
Julien partм da solo e arrivт senza altri incidenti dal grande personaggio. Perse un'intera mattina a sollecitare invano un'udienza. Per fortuna, verso le quattro, il duca volle prendere una boccata d'aria. Julien lo vide uscire a piedi e non esitт ad avvicinarlo e a chiedergli l'elemosina. Quando fu a due passi da lui, tirт fuori l'orologio del marchese de La Mole e lo mise in mostra ostentatamente. «Seguitemi da lontano,» disse il duca senza guardarlo.
Un quarto di lega piщ in lа il personaggio entrт bruscamente in un piccolo caffи. In una stanza di quel locale d'infimo ordine Julien ebbe l'onore di recitare le sue quattro pagine.
«Ricominciate e andate piщ adagio,» gli disse il duca, quando ebbe finito. Poi questi prese degli appunti. «Raggiungete a piedi la stazione di posta piщ vicina. Lasciate qui i vostri bagagli e il vostro calesse. Andate a Strasburgo come potete e il ventidue del mese» (si era al dieci) «trovatevi a mezzogiorno e mezzo in questo stesso caffи. Non uscite che tra mezz'ora. Silenzio!»
Furono le uniche parole che Julien udм. Ma furono sufficienti a ispirargli la piщ profonda ammirazione. «И cosм che si trattano queste faccende,» egli pensт. «Che direbbe questo grande uomo di stato, se sentisse gli esagitati chiacchieroni di tre giorni fa?»
Julien impiegт due giorni per raggiungere Strasburgo: gli sembrava di non averci nulla da fare, sicchй fece un giro molto lungo. «Se quel diavolo dell'abate Castanиde mi ha riconosciuto, non и uomo da perdere facilmente le mie tracce... E che piacere sarebbe per lui burlarsi di me e mandare all'aria la mia missione!»
L'abate Castanиde, capo della polizia della congregazione per tutta la frontiera del nord, fortunatamente non lo aveva riconosciuto. E i gesuiti di Strasburgo, benchй molto zelanti, non pensarono affatto a tener d'occhio Julien, il quale, con la sua decorazione e la sua finanziera turchina, aveva l'aria di un giovane militare preoccupato solo della propria persona.
XXIV • STRASBURGO
Fascino! Tu hai dell'amore tutta la forza, tutto il suo potere di sentire la sventura. Solo i suoi piaceri incantevoli, le sue dolci gioie sono fuori della tua sfera. Io non potevo dire, vedendola nel sonno: ella и tutta mia, con la sua angelica beltа e le sue dolci debolezze! Eccola, abbandonata al mio potere, quale il cielo la fece nella sua misericordia per incantare un cuore d'uomo.
«Ode» di Schiller
Costretto a passare otto giorni a Strasburgo, Julien cercava di distrarsi con pensieri di gloria militare e di dedizione alla patria. Era dunque innamorato? Non ne sapeva nulla: ma nel suo animo tormentato trovava Mathilde padrona assoluta della sua felicitа e della sua fantasia. Aveva bisogno di tutta la sua forza di carattere per resistere alla disperazione. Pensare a qualche cosa che non fosse in rapporto con Mathilde era superiore alle sue forze. L'ambizione, i semplici successi di vanitа bastavano un tempo a distrarlo dai sentimenti che la signora de Rкnal gli aveva ispirato. Mathilde aveva assorbito tutto: se la ritrovava continuamente di fronte nell'avvenire.
E dovunque, in questo avvenire, Julien non vedeva che l'insuccesso. Questo essere, che a Verriиres abbiamo visto cosм pieno di presunzione e di orgoglio, era caduto in un ridicolo eccesso di modestia.
Tre giorni prima avrebbe ucciso con piacere l'abate Castanиde e ora, a Strasburgo, se si fosse messo a litigare con un bambino, avrebbe dato ragione al bambino. Ripensando agli avversari, ai nemici che aveva trovato nella sua vita, concludeva sempre che lui, Julien, aveva avuto torto.
Il fatto и che ora aveva un'implacabile nemica: quella stessa vivida immaginazione che un tempo era continuamente impegnata a rappresentargli futuri, brillantissimi successi.
La solitudine assoluta di quei giorni aumentava il dominio di quella tetra immaginazione. Che tesoro sarebbe stato un amico! «Ma c'и forse un cuore che palpita per me?» pensava Julien. «E anche se avessi un amico, l'onore non mi impone forse un eterno silenzio?»
Pieno di tristezza, cavalcava nei dintorni di Kehl; и un borgo sulle rive del Reno, reso immortale da Desaix e da Gouvion Saint-Cyr. Un contadino tedesco gli mostrava i piccoli ruscelli, i sentieri, gli isolotti del Reno, divenuti famosi grazie al coraggio di quei grandi generali. Julien, guidando il cavallo con la mano sinistra, teneva spiegata con la destra la splendida cartina che adorna le Memorie del maresciallo Saint-Cyr. Un'esclamazione di gioia gli fece alzare il capo.
Era il principe Korasoff, l'amico di Londra che alcuni mesi prima lo aveva iniziato alle regole della sublime fatuitа. Fedele a questa grande arte, Korasoff, che era arrivato il giorno prima a Strasburgo e a Kehl da un'ora, si mise a spiegare ogni cosa sull'assedio di Kehl nel 1796, senza avere mai letto in vita sua una sola riga sullo storico evento. Il contadino tedesco lo guardava stupefatto, perchй conosceva il francese in modo sufficiente per accorgersi delle enormi cantonate che prendeva il principe. Julien, ben lontano dal condividere i pensieri del contadino, guardava con stupore il bel giovane e ammirava la sua grazia nel montare a cavallo.
«Che bel carattere!» pensava. «Come stanno bene i suoi pantaloni, con quanta eleganza sono tagliati i suoi capelli! Ohimи! Forse, se io fossi stato cosм, Mathilde non mi avrebbe preso in odio dopo avermi amato per tre giorni.»
Quando il principe ebbe finito di parlare dell'assedio di Kehl, disse a Julien: «Sembrate un trappista. Esagerate le regole della gravitа che vi ho insegnato a Londra. Una faccia triste non puт essere di buon gusto: bisogna avere un'aria annoiata. Se siete triste, significa che qualcosa vi manca, che qualcosa non vi и riuscito. E questo equivale a dichiararsi in condizione d'inferioritа. Invece, se siete tediato, и inferiore ciт che ha tentato invano di piacervi. Sicchй, mio caro, cercate di capire quanto sia grave il vostro errore.»
Julien gettт uno scudo al contadino che li ascoltava a bocca aperta.
«Bene,» disse il principe, «il vostro gesto era fatto con grazia, con nobile disdegno! Molto bene!» e mise il cavallo al galoppo. Julien lo seguм, inebetito d'ammirazione.
«Ah! se io fossi stato cosм, non mi avrebbe preferito Croisenois!» Piщ la sua ragione era urtata dalle ridicolaggini del principe, piщ Julien si rimproverava di non ammirarle abbastanza e si sentiva infelice di non possederle. Non и possibile provare maggiore disgusto per se stessi.
Il principe lo trovт decisamente triste. «Ah ma che c'и, mio caro?» gli domandт rientrando a Strasburgo. «Avete perso tutto il vostro denaro o siete innamorato di qualche attricetta?»
I russi copiano i costumi dei francesi, ma sempre con cinquant'anni di ritardo. Ora sono al secolo di Luigi XV.
Questi scherzi sull'amore riempirono di lacrime gli occhi di Julien. «Perchй non dovrei consultarmi con quest'uomo tanto simpatico?» egli si disse improvvisamente.
«Ebbene, sм, mio caro,» rispose al principe. «Voi mi vedete, qui a Strasburgo, perdutamente innamorato e abbandonato per giunta. Una donna affascinante, che abita in una cittа vicina, mi ha piantato in asso dopo tre giorni di passione, e questo improvviso mutamento mi uccide.»
Descrisse al principe le azioni e il carattere di Mathilde, ricorrendo a un falso nome.
«Basta cosм,» disse Korasoff. «Per darvi piena fiducia nel vostro medico, continuerт io stesso la confidenza. Il marito di questa giovane gode di un'enorme fortuna o, meglio ancora, ella appartiene alla piщ alta nobiltа del luogo. Deve sicuramente essere fiera di qualcosa.»
Julien fece un segno con la testa, non aveva piщ il coraggio di parlare.
«Benissimo,» riprese il principe. «Ecco tre medicine abbastanza amare che prenderete senza indugio: primo: vedere tutti i giorni la signora... come si chiama?»
«De Dubois.»
«Che nome!» disse il principe scoppiando a ridere. «Ma scusatemi, per voi и sublime. Qui si tratta di vedere tutti giorni la signora de Dubois: soprattutto non mostratevi mai freddo e offeso; ricordatevi il gran principio del secolo: siate il contrario di quello che ci si aspetta da voi. Mostratevi esattamente come eravate otto giorni prima di essere onorato dalle sue bontа.»
«Ah! Ero tranquillo, allora!» esclamт Julien con disperazione. «Credevo di avere pietа di lei...»
«La farfalla si brucia alla candela,» continuт il principe. «И un paragone vecchio come il mondo. Primo: la vedrete tutti i giorni. Secondo: farete la corte a una donna del suo ambiente, ma senza mostrare una vera passione, capite? Non ve lo nascondo, la vostra parte и difficile: voi recitate una commedia e, se si indovina che state recitando, siete perduto.»
«Lei ha tanto spirito e io tanto poco... И finita, per me,» disse tristemente Julien.
«No, voi siete semplicemente piщ innamorato di quanto credessi. La signora de Dubois и profondamente occupata di sй, come tutte le donne che hanno avuto dal cielo troppa nobiltа o troppa ricchezza. Guarda se stessa invece di guardare voi: dunque non vi conosce. Durante i due o tre accessi di passione che si и creata in vostro favore, e con grande sforzo d'immaginazione, vedeva in voi l'eroe che aveva sognato e non quello che voi siete realmente... Ma che diavolo, queste sono cose elementari, caro Sorel: non sarete mica uno scolaro!... Perbacco, entriamo in questo negozio: ecco un bel colletto nero che pare confezionato da John Anderson, di Burlingtonstreet, fatemi il piacere di prenderlo e di buttare via quell'orribile corda nera che avete al collo. Ah! Dunque,» continuт poi il principe uscendo dal piщ elegante negozio di passamanerie di Strasburgo, «che gente frequenta, la signora de Dubois? Gran Dio, che nome! Non offendetevi, mio caro Sorel, и piщ forte di me... A chi farete la corte?»
«A una puritana per eccellenza, figlia di un merciaio ricchissimo. I suoi occhi sono i piщ belli del mondo e mi piacciono moltissimo: ha una posizione di primo piano in cittа, ma, nonostante questo, arrossisce e si turba se qualcuno parla di commercio e di botteghe. E per disgrazia suo padre и uno dei commercianti piщ noti di Strasburgo.»
«Cosм, se si parla di industria,» disse il principe ridendo, «siete sicuro che la vostra bella pensa a se stessa e non a voi. Questa mania и divina e utilissima: vi impedirа di cadere nel minimo impulso di follia per i suoi begli occhi. Il successo и sicuro.»
Julien pensava alla marescialla de Fervaques, che andava molto spesso all'hфtel de La Mole. Era una bella straniera e aveva sposato il maresciallo un anno prima che morisse. Tutta la sua vita sembrava tesa verso un unico scopo: far dimenticare che era figlia di un industriale; per essere qualcuno a Parigi, si era messa a capeggiare il partito della virtщ.
Julien ammirava sinceramente il principe: che cosa non avrebbe dato per avere le sue stravaganti manie! La conversazione fra i due amici si prolungт parecchio; Korasoff era in estasi; non gli era mai accaduto di essere ascoltato tanto a lungo da un francese.
«Cosм sono finalmente arrivato al punto di farmi ascoltare dando lezioni ai miei maestri!» egli pensava. «Siamo dunque d'accordo,» ripetй a Julien per la decima volta. «Neppure l'ombra della passione, quando parlerete a quella giovane bellezza figlia del mercante di Strasburgo, in presenza della signora de Dubois. Invece, una passione infuocata scrivendo. Leggere una lettera d'amore ben scritta и il massimo dei piaceri per una puritana: и un momento di distensione. Ella non recita la commedia, osa ascoltare il suo cuore; dunque, due lettere al giorno.»
«Mai, mai!» disse Julien scoraggiato. «Preferirei farmi pestare in un mortaio piuttosto che mettere insieme tre frasi; sono un cadavere, mio caro, non sperate piщ nulla da me. Lasciatemi morire sul ciglio d'una strada.»
«E chi vi dice di mettere insieme delle frasi? Nel mio bagaglio personale tengo sempre sei volumi di lettere d'amore manoscritte. Ce ne sono per tutti i caratteri femminili, anche per i piщ virtuosi. E Kalisky, allora, non ha forse fatto la corte alla piщ bella quacchera d'Inghilterra, quando era a Richemond-la-Terrasse, sapete, a tre leghe da Londra?»
Quando lasciт il suo amico alle tre del mattino, Julien era un po' meno infelice.
L'indomani il principe fece chiamare un copista, e due giorni dopo Julien ricevette cinquantatrй lettere d'amore, destinate alla piщ sublime e melanconica virtщ.
«Non ce ne sono cinquantaquattro,» disse il principe, «perchй Kalisky s'и fatto piantare: ma a voi che importa di essere maltrattato dalla figlia del merciaio, dal momento che volete agire solo sul cuore della signora de Dubois?»
Tutti i giorni i due amici facevano delle cavalcate: il principe era pazzo per Julien. Non sapendo come testimoniargli la sua improvvisa amicizia, finм con l'offrirgli la mano di una sua cugina, una ricca ereditiera di Mosca. «E una volta che sarete sposato,» soggiunse, «la mia influenza e la decorazione che portate sul petto vi faranno diventare colonnello in due anni.»
«Ma questa croce non mi и stata conferita da Napoleone. C'и una bella differenza.»
«Che importa!» disse il principe. «Non и stato lui a inventarla? И ancora la decorazione piщ importante d'Europa, e come !»
Julien fu sul punto di accettare: ma il suo dovere lo richiamava presso il grande personaggio. Congedandosi da Korasoff promise di scrivergli.
Ricevuta la risposta alla nota segreta che aveva portato si precipitт a Parigi. Ma, appena fu rimasto solo due giorni di seguito, lasciare la Francia e Mathilde gli parve un supplizio peggiore della morte. «Non sposerт i milioni che mi offre Korasoff,» pensт, «ma seguirт i suoi consigli. Dopo tutto, l'arte di sedurre и il suo mestiere; egli non pensa ad altro da piщ di quindici anni, perchй ormai ne ha trenta. Non si puт dire che manchi di spirito: и fine e cauto, l'entusiasmo, lo slancio poetico sono cose impossibili per il suo carattere. Agisce per procura, ragione di piщ perchй non si sbagli.
"Sм, bisogna che io faccia la corte alla marescialla de Fervaques, la quale, forse, mi annoierа alquanto; ma guarderт i suoi occhi tanto belli, cosм simili a quelli di colei che mi ha piщ amato al mondo. E poi и una straniera: un carattere nuovo da osservare. Sono pazzo, sto affondando, devo seguire i consigli di un amico e non dare retta a me stesso."
XXV • IL MINISTERO DELLA VIRTЩ
Ma se attingo a questo piacere con tanta prudenza e circospezione, non sarа piщ un piacere per me.
Lope de Vega
Appena di ritorno a Parigi, uscendo dallo studio del marchese (il quale sembrт molto sconcertato dai messaggi ricevuti), il nostro eroe corse dal conte Altamira. Al privilegio di essere condannato a morte, quello straniero univa molta serietа e la fortuna di essere religioso; questi due meriti, e soprattutto la sua nobile origine, erano molto apprezzati dalla marescialla de Fervaques, che lo vedeva spesso.
Julien confessт al conte di essere innamoratissimo della signora.
«Ella possiede la virtщ piщ alta e piщ pura,» rispose Altamira; «ha solo un'ombra di enfasi e di gesuitismo. Ci sono giorni in cui capisco ognuna delle sue parole, ma non capisco il significato dell'intera frase. Spesso ella mi costringe a pensare che non conosco il francese cosм bene come dicono. Se la frequenterete, si parlerа di voi: la sua amicizia vi varrа un posto nel mondo. Ma andiamo da Bustos,» concluse il conte Altamira, che possedeva il senso dell'ordine. «Egli ha fatto la corte alla marescialla.»
Don Diego Bustos si fece spiegare lungamente la faccenda senza dire nulla, come un avvocato nel suo studio legale. Aveva un grosso viso fratesco munito di baffi neri: era d'una serietа senza pari; per il resto, un buon carbonaro.
«Capisco,» egli disse infine a Julien. «La marescialla de Fervaques ha avuto o non ha avuto degli amanti? Avete quindi qualche speranza di riuscire? Ecco la questione. И come dirvi che per parte mia ho fatto fiasco. Ma ora che non me ne importa piщ, mi faccio questo ragionamento: spesso ella и di malumore e, come vi dirт fra poco, и abbastanza vendicativa. Non trovo in lei quel temperamento bilioso che и caratteristico di una grande intelligenza e che riveste di passione ogni atto. Anzi, proprio alla flemma e alla tranquillitа degli olandesi, ella deve la sua rara bellezza e il suo colorito cosм fresco.»
Julien si impazientiva per la lentezza e la calma imperturbabile dello spagnolo; di tanto in tanto, suo malgrado, gli sfuggiva qualche monosillabo.
«Volete ascoltarmi o no?» gli disse gravemente don Diego Bustos.
«Perdonate alla furia francese; sono tutt'orecchi,» rispose Julien.
«Dunque, la marescialla ha una forte tendenza all'odio: perseguita senza pietа degli uomini che non ha mai visto, avvocati, poveri diavoli di letterati che hanno composto canzoni come Collй, sapete?
«Ho la mania
d'amar Maria eccetera.»
E Julien dovette sorbirsi la citazione tutta intera. Lo spagnolo provava un vero piacere a cantare in francese. Ma quella splendida canzone non fu mai ascoltata con maggiore impazienza. Quando fu finita, don Diego disse: «La marescialla ha fatto perdere il posto all'autore di questa canzone
«Un giorno l'amante all'osteria...»
Julien fremette all'idea che volesse cantare. Ma quello si accontentт di analizzarla. Era davvero empia e indecente.
«Quando la marescialla si arrabbiт per questa canzone,» disse Don Diego, «le feci osservare che una donna del suo rango non deve leggere tutte le sciocchezze che si pubblicano. Per quanti progressi facciano la religione e l'austeritа, in Francia esisterа sempre una letteratura da cabaret. Quando la signora de Fervaques fece togliere a quel povero diavolo dell'autore un posto da milleottocento franchi, le dissi: "State attenta: voi avete attaccato quel poetastro con le vostre armi, egli puт rispondervi con le sue rime: scriverа una canzone sulla virtщ. I salotti eleganti saranno dalla vostra parte, la gente cui piace ridere ripeterа le sue frecciate." Sapete che cosa mi rispose la marescialla? «Per onorare il Signore, marcerei incontro al martirio davanti a tutta Parigi: sarebbe uno spettacolo nuovo in Francia. Il popolo imparerebbe a rispettare le persone di classe. Sarebbe il piщ bel giorno della mia vita.» I suoi occhi non furono mai tanto belli come in quel momento...»
«E sono davvero splendidi!» esclamт Julien.
«Vedo che siete innamorato... Dunque,» riprese gravemente Don Dieto Bustos, «ella non ha quella costituzione biliosa che porta alla vendetta. Tuttavia le piace far del male, ma ciт significa che и infelice, e io credo che si tratti di infelicitа interiore. Che sia una puritana stanca del suo mestiere?»
Lo spagnolo guardт Julien in silenzio per un intero minuto.
«Ecco tutta la questione,» aggiunse: «и su questo che si possono fondare le vostre speranze. Ci ho riflettuto a lungo durante i due anni in cui sono stato il suo umile servitore. Tutto il vostro avvenire, signore, dipende da questo grande problema: и una puritana stanca del suo mestiere e cattiva perchй infelice?»
«Oppure,» disse Altamira uscendo finalmente dal suo profondo silenzio, «puт trattarsi di quello che ti ho detto venti volte? Semplicemente di vanitа francese? И il ricordo del padre, famoso commerciante di stoffe, che rende infelice quella donna di indole tetra e arida. Per lei ci sarebbe una sola felicitа: abitare a Toledo ed essere tormentata da un confessore che ogni giorno le mostrasse l'inferno spalancato.»
Mentre Julien stava per uscire, con sempre maggior solennitа Don Diego gli disse: «Altamira m'ha detto che siete dei nostri. Un giorno ci aiuterete a riconquistare la libertа: per questo voglio aiutarvi in questa piccola distrazione. И bene che conosciate lo stile della marescialla: ecco quattro lettere scritte da lei.»
«Mi affretterт a copiarle,» esclamт Julien, «e a riportarvele.»
«E nessuno saprа mai niente di quello che abbiamo detto?»
«Mai, parola d'onore!» rispose Julien.
«Dio vi aiuti!» concluse lo spagnolo: e riaccompagnт silenziosamente fino alle scale Altamira e Julien.
La scena rallegrт lievemente il nostro eroe, che per poco non ritrovт il sorriso. «Ecco il pio Altamira,» egli pensт, «che mi dа una mano in un'impresa di adulterio.»
Durante tutta la seria conversazione di Don Diego Bustos, Julien era stato attento alle ore suonate dall'orologio dell'hфtel d'Aligre.
Si avvicinava l'ora di pranzo: stava per rivedere Mathilde! Rientrт e si vestм con molta cura.
«Prima sciocchezza,» si disse scendendo le scale. «Devo seguire alla lettera i precetti del principe.»
Risalм nella sua stanza e indossт un abito da viaggio semplicissimo. «Ora,» pensт, «devo controllare il mio sguardo.»
Erano solo le cinque e mezzo e si pranzava alle sei. Julien ebbe l'idea di scendere in salotto e lo trovт deserto. Alla vista del divano azzurro gli occhi gli si riempirono di lacrime e subito le sue gote si infiammarono. «Devo eliminare questa sciocca sensibilitа,» pensт, con ira. «Finirebbe col tradirmi.» Prese un giornale per darsi un contegno e passт tre o quattro volte dal salotto al giardino.
Tremante, e ben nascosto da una grande quercia, il giovane osт alzare gli occhi alla finestra di Mathilde. Era ermeticamente chiusa. Julien si sentм mancare e rimase a lungo appoggiato alla quercia; poi, con passo malsicuro, andт a rivedere la scala del giardiniere.
La catena che egli aveva forzato in circostanze, ahimи, tanto diverse, non era stata aggiustata. In un impeto di follia Julien vi appoggiт le labbra.
Dopo avere vagato per un pezzo dal salotto al giardino, si sentм orribilmente stanco; fu un primo successo, che egli percepм con chiarezza. «I miei sguardi saranno spenti e non mi tradiranno!» pensт. A poco a poco i commensali arrivarono in salotto: ogni volta che la porta si apriva, il cuore di Julien pareva fermarsi.
Si misero a tavola. Finalmente comparve Mathilde, sempre fedele alla sua abitudine di farsi attendere. Vedendo Julien si fece di porpora: non le era stato detto nulla del suo ritorno. Attenendosi alle raccomandazioni del principe Korasoff, Julien si guardт le mani: tremavano. Turbato oltre ogni limite da quella scoperta, ebbe la fortuna di poter sembrare soltanto stanco.
Il marchese lo elogiт: la marchesa gli rivolse la parola un momento dopo e si informт con gentilezza circa il suo aspetto affaticato. Julien si ripeteva continuamente: «Non devo guardare troppo Mathilde, ma i miei occhi non devono neppure sfuggirla. Devo sembrare quello che ero realmente otto giorni prima della mia disgrazia...» Ebbe modo di essere soddisfatto del proprio comportamento e restт in salotto. Premuroso, per la prima volta, nei confronti della padrona di casa, fece ogni sforzo per far parlare gli uomini che le stavano intorno e per mantenere viva la conversazione.
La sua gentilezza fu ricompensata: verso le otto fu annunciata la marescialla de Fervaques. Julien scappт via e ricomparve poco dopo, vestito con la massima cura. La marchesa de La Mole gli fu infinitamente grata di questo segno di rispetto e volle testimoniargli la propria soddisfazione parlando del suo viaggio alla signora de Fervaques. Egli prese posto vicino alla marescialla, in modo che Mathilde non potesse vedere i suoi occhi. Cosм sistemato, fedele a tutte le regole dell'arte, mostrт alla signora de Fervaques i segni della piщ viva ammirazione. Proprio con una tirata su questo sentimento cominciava la prima delle cinquantatrй lettere donategli dal principe Korasoff.
La marescialla annunciт che sarebbe andata all'Opйra-Buffa. Julien vi si precipitт: trovт il cavaliere de Beauvoisis, che lo condusse in un palco di gentiluomini della Camera, proprio di fianco al palco della signora de Fervaques. Julien la guardт continuamente. «Devo tenere un diario d'assedio,» si disse rincasando, «altrimenti dimenticherт i miei attacchi.» Si sforzт di scrivere due o tre pagine su quel noioso argomento e in questo modo, cosa straordinaria, riuscм quasi a non pensare a Mathilde.
Questa lo aveva quasi dimenticato durante il suo viaggio. «Dopo tutto non и che un essere comune,» pensava. «Il suo nome mi ricorderа sempre il piщ grosso sbaglio della mia vita. Bisogna tornare in buona fede ai normali princмpi di saggezza e di onore: una donna ha tutto da perdere dimenticandoli.» Si mostrт disposta ad accettare finalmente il matrimonio con Croisenois, preparato da tanto tempo. Quest'ultimo era folle di gioia: sarebbe rimasto molto stupito se gli avessero detto che c'era un fondo di rassegnazione nel modo di sentire di Mathilde, che lo rendeva cosм fiero.
Tutte le idee di Mathilde cambiarono quando ella vide Julien. «A dire il vero, и lui mio marito,» ella pensт. «E, se io torno in buona fede ai principi di saggezza, devo sposare lui.»
Si aspettava che Julien la importunasse, che assumesse un'aria infelice; si preparava a rispondere, perchй senza dubbio, alla fine del pranzo, egli avrebbe cercato di rivolgerle qualche parola. Invece Julien rimase fermo in salotto e non rivolse neppure uno sguardo verso il giardino, con quale sforzo lo sa Iddio! «И meglio avere subito una spiegazione,» pensт la fanciulla e andт sola in giardino; ma Julien non si fece vedere. Mathilde si mise a passeggiare avanti e indietro davanti alle vetrate del salotto e vide il giovane molto occupato a descrivere alla signora de Fervaques i vecchi castelli in rovina, che coronano le alture intorno alle rive del Reno e che le rendono cosм caratteristiche. Egli cominciava a cavarsela abbastanza bene con quel linguaggio sentimentale e pittoresco che in certi salotti и chiamato spirito.
Il principe Korasoff sarebbe stato molto fiero, se si fosse trovato a Parigi: quella serata andava esattamente secondo le sue predizioni. Avrebbe approvato anche la condotta che Julien tenne nei giorni successivi.
Mediante un intrigo fra i membri del governo segreto stavano per essere distribuiti alcuni cordoni azzurri. La signora de Fervaques esigeva che suo prozio fosse nominato cavaliere di quell'ordine, il marchese de La Mole aveva la stessa pretesa per suo suocero: riunirono i loro sforzi, e perciт la marescialla andava quasi ogni giorno all'hфtel de La Mole. Proprio da lei Julien venne a sapere che il marchese stava per diventare ministro: offriva alla Camarilla un piano molto ingegnoso per eliminare la costituzione in tre anni, senza scosse violente.
Julien poteva aspirare all'episcopato, se il marchese de La Mole giungeva al ministero. Ma su quei grandiosi progetti era calato un velo. La sua immaginazione non li vedeva piщ che vagamente e, per cosм dire, in lontananza. La terribile infelicitа, che faceva di lui un maniaco, lo induceva a riporre ogni interesse della vita nei rapporti con Mathilde. Egli calcolava che dopo cinque o sei anni di attenzioni sarebbe riuscito a farsi amare nuovamente.
La sua mente cosм fredda era ormai scesa, come si puт vedere, a un livello di assoluta follia. Di tutte le qualitа che lo avevano contraddistinto un tempo non gli restava che un po' di fermezza. Meccanicamente fedele alla linea di condotta suggeritagli dal principe Korasoff, ogni sera Julien andava a mettersi piuttosto vicino alla poltrona della signora de Fervaques, ma gli era impossibile trovare una parola da dire.
Lo sforzo che si imponeva per sembrare guarito agli occhi di Mathilde assorbiva tutte le forze del suo animo; egli restava vicino alla marescialla come un essere quasi senza vita. Perfino i suoi occhi, come nell'estrema sofferenza fisica, avevano perduto tutto il loro fuoco.
Poichй il modo di vedere della marchesa de La Mole era sempre e soltanto una controprova delle opinioni di quel marito che poteva fare di lei una duchessa, da qualche giorno ella portava alle stelle i meriti di Julien.
XXVI • L'AMORE MORALE
There also was of Course in Adeline
That calm patrician polish in the adress,
Which ne'er can pass the equinoctial line
Of any thing which Nature would express
Just as a Mandarin finds nothing fine,
At least his manner suffers not to guess
That any thing he views can greatly please.
«Don Juan», c. XIII, st. 84
«C'и un po' di follia nel modo di vedere di tutta questa famiglia,» pensava la marescialla. «Sono infatuati del loro giovane abate, che sa solo ascoltare e che ha due begli occhi, questo и vero.»
Julien, da parte sua, trovava nei modi della marescialla un esempio quasi perfetto di quella calma patrizia da cui spira una perfetta cortesia e, ancor piщ, l'impossibilitа di qualsiasi viva emozione. L'imprevisto nei gesti, la mancanza di autocontrollo avrebbero scandalizzato la signora de Fervaques quasi come l'assenza di un maestoso distacco nei confronti dei propri inferiori. Il minimo segno di sensibilitа sarebbe stato ai suoi occhi una specie di ubriachezza morale, di cui bisogna arrossire e che nuoce non poco alla dignitа di una persona di ceto elevato. La sua piщ grande gioia consisteva nel parlare dell'ultima caccia del re; sua lettura preferita, le Memorie del duca di Saint-Simon, specialmente per la parte genealogica.
Julien conosceva il punto che, in base alle disposizioni delle luci, era piщ conveniente alla bellezza della signora de Fervaques. Vi si andava a sistemare in anticipo e poneva sempre grande attenzione nel girare la sua sedia in modo da non vedere Mathilde. Stupita da questa costanza nel sottrarsi a lei, un giorno ella lasciт il divano azzurro e andт a lavorare a un tavolino accanto alla poltrona della marescialla. Julien la vedeva abbastanza da vicino, sotto il cappello della signora de Fervaques. Quegli occhi, che disponevano del suo destino, sulle prime lo spaventarono: poi lo scossero bruscamente dalla sua abituale apatia ed egli parlт, e anche molto bene.
Rivolgeva la parola alla marescialla, ma il suo scopo era quello di agire sull'animo di Mathilde. Si eccitт a tal punto che la signora de Fervaques finм col non capire piщ quello che diceva.
Era giа un primo merito. Se Julien avesse pensato a completarlo con qualche frase di misticismo tedesco, di alta religiositа e di gesuitismo, la marescialla lo avrebbe annoverato di colpo tra gli uomini superiori chiamati a rigenerare il secolo.
«Dal momento che ha tanto cattivo gusto,» pensava Mathilde, «da parlare cosм a lungo e con tanto ardore alla signora de Fervaques, non lo ascolterт piщ.» E sino alla fine della serata ella mantenne la parola, sebbene con sforzo.
A mezzanotte, quando prese il candeliere per accompagnare in camera sua madre, questa si fermт sulle scale per fare un elogio completo di Julien. L'esasperazione di Mathilde toccт il culmine: non riuscм a prendere sonno. Un pensiero la calmт. «Proprio ciт che io disprezzo puт fare di lui un uomo di valore agli occhi della marescialla!»
Julien, da parte sua, aveva agito ed era meno infelice; i suoi occhi caddero per caso sul portafoglio di cuoio russo dove il principe Korasoff aveva messo le cinquantatrй lettere di cui gli aveva fatto dono. Julien lesse in calce alla prima lettera: Si spedisce la n. 1 otto giorni dopo il primo incontro.
«Sono in ritardo!» egli esclamт. «Infatti, da parecchio tempo vedo la signora de Fervaques.» Si mise subito a trascrivere la prima lettera d'amore: era un'omelia piena di frasi sulla virtщ, noiosa da morire; Julien ebbe la fortuna di addormentarsi alla seconda pagina.
Qualche ora dopo, la piena luce del giorno lo sorprese appoggiato alla scrivania. Uno dei momenti piщ penosi della sua vita era quello in cui ogni mattina, svegliandosi, apprendeva la propria infelicitа. Quel giorno finм di copiare la lettera quasi ridendo. «И possibile,» pensava, «che ci sia stato un giovane capace di scrivere queste cose?» Contт parecchie frasi che occupavano nove righe. In fondo all'originale vide una nota a matita.
Queste lettere si portano di persona: a cavallo, cravatta nera, finanziera turchina. Si consegna la lettera al portiere: profonda melanconia nello sguardo. Se si vede qualche cameriera, asciugarsi gli occhi furtivamente. Rivolgere la parola alla cameriera.
Tutto ciт fu eseguito fedelmente.
«Quello che faccio и molto audace,» pensт Julien uscendo dall'hфtel de Fervaques, «ma tanto peggio per Korasoff. Scrivere a una donna cosм nota per la sua virtщ! Sarт trattato col massimo disprezzo e mi divertirт immensamente. In fondo, и l'unica commedia alla quale posso essere sensibile. Sм, coprire di ridicolo questo essere odioso che si chiama Io, mi divertirа. Se dessi retta a me stesso, commetterei qualche delitto, pur di distrarmi.».
Da un mese, il piщ bel momento della vita di Julien era quello in cui riportava il cavallo nelle scuderie. Korasoff gli aveva vietato espressamente di guardare, per qualsiasi motivo, l'amante che lo aveva abbandonato. Ma il passo di quel cavallo che Mathilde conosceva cosм bene, il modo in cui Julien bussava alla porta della scuderia col frustino per chiamare qualcuno, attiravano qualche volta Mathilde dietro le tende della finestra. La mussolina era leggerissima e trasparente tanto che Julien, guardando in un certo modo di sotto la tesa del cappello, scorgeva la figura di lei senza vedere i suoi occhi. «Di conseguenza,» egli si diceva, «neanche Mathilde puт vedere i miei, e questo non significa guardarla.»
Quella sera la signora de Fervaques si comportт con lui esattamente come se non avesse ricevuto la dissertazione filosofica, mistica e religiosa che la mattina egli aveva consegnato con tanta melanconia al portinaio. Il giorno prima Julien aveva imparato per caso il modo di essere eloquente; si sistemт in maniera da vedere gli occhi di Mathilde. Da parte sua, un minuto dopo l'arrivo della marescialla, la fanciulla lasciт il divano: equivaleva a disertare la sua abituale compagnia. Croisenois parve costernato di questo nuovo capriccio: il suo evidente dolore tolse a Julien ciт che di piщ atroce aveva la sua infelicitа.
Questo fatto imprevisto lo fece parlare come un angelo: e poichй l'amor proprio si insinua anche nei cuori che servono da tempio alla piщ augusta virtщ, la marescialla, risalendo in carrozza, si disse: «La marchesa de La Mole ha ragione; questo giovane abate non и un tipo comune. I primi giorni devo averlo intimidito con la mia presenza. In effetti tutte le persone che si incontrano in questa casa sono campioni di leggerezza: non vedo altro che virtщ sostenute dalla vecchiaia e che avevano molto bisogno dei rigori dell'etа. Quel giovane avrа saputo vedere la differenza. Scrive bene; ma ho molta paura che la richiesta di illuminarlo coi miei consigli, contenuta nella sua lettera, non sia in fondo che un sentimento inconsapevole. Tuttavia, quante conversioni sono cominciate cosм! Ciт che mi fa bene sperare, nel suo caso, и la differenza del suo stile da quello dei giovani di cui ho avuto occasione di leggere le lettere. И impossibile non riconoscere nella prosa di questo giovane levita una certa compunzione, una profonda serietа e molta buona fede; avrа la dolce virtщ di Massillon.»
XXVII • LE MIGLIORI CARICHE ECCLESIASTICHE
Servigi! talento! merito!
bah! affiliatevi a una consorteria.
Tйlйmaque
Cosм, per la prima volta, il nome di Julien si associava all'idea dell'episcopato nella testa di una donna che, prima o poi, avrebbe distribuito le migliori cariche ecclesiastiche di Francia. Ma un simile privilegio non avrebbe commosso Julien; in quel periodo egli non riusciva a rivolgere la sua attenzione a ciт che era estraneo alla sua infelicitа; anzi, ogni cosa la peggiorava. Per esempio, la vista della sua camera gli era diventata insopportabile. La sera, quando rientrava con la candela in mano, gli pareva che ogni mobile, ogni minimo oggetto decorativo trovasse una voce per annunciargli crudamente qualche nuovo particolare della sua sventura.
«Ho un lavoro forzato da compiere,» egli pensт quella sera rientrando, e con una vivacitа che da tempo non conosceva piщ. «Speriamo che la seconda lettera sia noiosa come la prima.»
Lo era anche di piщ. Ciт che copiava pareva tanto assurdo a Julien, che egli arrivт al punto di trascrivere riga per riga senza badare al significato.
«И ancora piщ enfatica,» si disse il giovane, «dei documenti ufficiali del trattato di Munster, che il mio insegnante di diplomazia mi faceva copiare a Londra.»
Solo allora si ricordт delle lettere della signora de Fervaques, che aveva dimenticato di restituire all'austero spagnolo, don Diego Bustos. Le cercт: erano realmente sconclusionate quasi quanto quelle del giovane russo. Piene di frasi vaghe e nebulose, dicevano tutto e niente. «И l'arpa eolia dello stile,» pensт Julien. «Fra alti pensieri sul nulla, sulla morte, sull'infinito ecc., di reale non vedo che una spaventosa paura del ridicolo.»
Questo monologo, che noi abbiamo abbreviato, fu ripetuto per quindici giorni di seguito. Addormentarsi trascrivendo una specie di commento dell'Apocalisse, recapitare l'indomani una lettera con aria melanconica, rimettere il cavallo in scuderia con la speranza di vedere l'abito di Mathilde, lavorare, andare all'Opйra le sere in cui la signora de Fervaques non si recava all'hфtel de La Mole: questi erano i monotoni avvenimenti della vita di Julien. Le cose andavano meglio quando la marescialla faceva visita alla marchesa: allora Julien poteva intravedere gli occhi di Mathilde sotto un'ala del cappello della marescialla e diveniva eloquente. Le sue frasi pittoresche e sentimentali cominciavano a farsi piщ incisive e nel contempo piщ tornite.
Egli capiva benissimo quanto fosse assurdo, per Mathilde ciт che diceva: ma voleva colpirla con l'eleganza del suo linguaggio. «Piщ и falso quello che dico, e piщ deve piacerle,» pensava il giovane; allora, con detestabile audacia, si abbandonava a grandi esagerazioni. Si accorse ben presto che, per non apparire volgare alla marescialla, era necessario soprattutto evitare le idee semplici e ragionevoli. Continuava in quel modo, oppure abbreviava le sue amplificazioni, secondo l'interesse o l'indifferenza che captava negli occhi delle due gran dame alle quali doveva piacere.
Nel complesso, la vita gli era piщ sopportabile di quando le sue giornate passavano nell'inattivitа.
Una sera egli pensт: «Ma eccomi qui a trascrivere la quindicesima di queste abominevoli dissertazioni; le prime quattordici sono state fedelmente consegnate al portiere della marescialla. Avrт l'onore di riempire tutte le caselle della sua scrivania. E tuttavia lei mi tratta esattamente come se non le scrivessi. Come andrа a finire questa storia? И possibile che la mia costanza la annoi come annoia me? Bisogna proprio pensare che quel russo, amico di Korasoff e innamorato della bella quacchera di Richemond, fosse un uomo terribile; non si puт essere piщ asfissianti di cosм.»
Come tutti gli uomini mediocri che il caso pone di fronte alle manovre di un grande generale, Julien non capiva nulla dell'attacco sferrato dal giovane russo contro il cuore della bella inglese. Le prime quaranta lettere non erano destinate ad altro che a farsi perdonare l'audacia di scrivere. Bisognava far prendere a quella dolce creatura, che forse si annoiava infinitamente, l'abitudine di ricevere lettere un po' meno insipide della sua vita di tutti i giorni.
Una mattina Julien ricevette una lettera: riconobbe lo stemma della signora de Fervaques e ruppe il sigillo con una premura che gli sarebbe parsa assolutamente impossibile alcuni giorni prima: non era che un invito a pranzo.
Il nostro eroe si precipitт sulle istruzioni del principe Korasoff. Per disgrazia il giovane russo aveva voluto essere leggero come Dorat, mentre sarebbe stato necessario essere semplici e intelligibili: sicchй Julien non riuscм a capire come doveva comportarsi al pranzo della marescialla.
Il salotto era splendido, ornato di dorature come la galleria di Diana alle Tuileries con quadri appesi alle pareti rivestite di legno. In quei quadri c'erano delle macchie chiare: Julien venne a sapere piщ tardi che i soggetti erano sembrati poco decenti alla padrona di casa, e che questa li aveva fatti ritoccare. «Secolo morale!» pensт il giovane.
In quel salotto egli notт tre dei personaggi che avevano assistito alla compilazione della nota segreta. Uno di essi monsignore il vescovo di ***, zio della marescialla, aveva carta bianca in ciт che concerneva l'assegnazione delle cariche e dei benefizi ecclesiastici e si diceva che non sapesse rifiutare nulla a sua nipote. «Che passi da gigante ho fatto!» pensava Julien sorridendo melanconicamente. «E come tutto ciт mi и indifferente! Eppure, eccomi qui commensale del famoso vescovo di ***!»
Il pranzo fu mediocre e la conversazione esasperante. «И come l'indice di un brutto libro,» pensava Julien. «Vengono affrontati decisamente i piщ grandi problemi del pensiero umano. Se si sta ad ascoltare tre minuti, ci si domanda se sia piщ grande l'enfasi dell'oratore o la sua spaventosa ignoranza.»
Il lettore ha senza dubbio dimenticato quel letteratucolo chiamato Tanbeau, nipote dell'accademico e futuro professore, che, con le sue basse calunnie, sembrava incaricato di avvelenare il salotto dell'hфtel de La Mole.
Fu questo omiciattolo a far pensare a Julien che molto probabilmente la signora de Fervaques, pur non rispondendo alle sue lettere, vedeva con indulgenza il sentimento che le dettava. L'anima nera di Tanbeau era straziata dai successi di Julien; ma poichй, peraltro, anche un uomo di valore, non meno di uno stupido, и impossibilitato a trovarsi contemporaneamente in due luoghi, il futuro professore si diceva: «Se Sorel diventa l'amante della sublime marescialla lei lo sistemerа brillantemente nella carriera ecclesiastica, e io sarт liberato dalla sua presenza all'htel de La Mole.»
Anche l'abate Pirard rivolse lunghi sermoni a Julien sui suoi successi in casa Fervaques. C'era gelosia di setta tra l'austero giansenista e il salotto gesuitico, rigeneratore e monarchico della virtuosa marescialla.
XXVIII • MANON LESCAUT
Ora, una volta che fu ben convinto della stupiditа e dell'asineria del priore, egli conseguм il successo con una certa regolaritа, chiamando nero quello che era bianco, e bianco quello che era nero.
Lichtemberg
Le istruzioni russe prescrivevano tassativamente di non contraddire mai, durante la conversazione, la persona a cui si scriveva. Non si doveva abbandonare per nessun motivo la parte del piщ estatico ammiratore: le lettere partivano sempre da questo presupposto.
Una sera, all'Opйra, nel palco della signora de Fervaques Julien portava alle stelle il balletto di Manon Lescaut. Suo unico motivo, parlando cosм, era la convinzione che il balletto fosse insignificante.
La marescialla disse che il balletto era di gran lunga inferiore al romanzo dell'abate Prйvost.
«Come!» pensт Julien, sorpreso e divertito, «una persona di cosм alte virtщ loda un romanzo!» Due o tre volte la settimana, la marescialla professava il piщ completo disprezzo per gli scrittori che, con simili opere di bassa lega, cercano di corrompere una gioventщ, ahimи, anche troppo disposta ai peccati dei sensi.
«In questo genere immorale e pericoloso,» continuт la marescialla, «pare che Manon Lescaut occupi uno dei primi posti. Le debolezze e le meritate angosce di un cuore criminale sono descritte con profonda veritа, si dice; il che non impedм al vostro Bonaparte di dichiarare a Sant'Elena: "Manon Lescaut и un romanzo buono per la servitщ."»
Queste parole restituirono a Julien tutta la sua energia. «Qualcuno ha voluto rovinarmi presso la marescialla, le ha svelato il mio entusiasmo per Napoleone. Il fatto l'ha tanto urtata che non sa resistere alla tentazione di farmelo capire.» Questa scoperta lo divertм per tutta la sera, e lo rese divertente. Mentre stava congedandosi dalla marescialla nel vestibolo dell'Opйra, ella gli disse: «Ricordatevi, signore, che non bisogna amare Bonaparte quando mi si ama: tutt'al piщ si puт accettarlo come una necessitа imposta dalla Provvidenza. D'altro canto, quell'uomo non aveva l'animo abbastanza duttile per sentire i capolavori artistici.»
«Quando mi si ama!» si ripeteva Julien. «Vuol dire tutto e niente. Ecco i segreti di linguaggio che mancano completamente a noi poveri provinciali.» Ed egli pensт molto alla signora de Rкnal, copiando una lettera interminabile destinata alla marescialla.
«Come mai,» gli disse il giorno dopo la signora de Fervaques con un'aria di indifferenza che a Julien parve mal simulata, «mi parlate di Londra e di Richemond in una lettera che, a quanto pare, mi avete scritto ieri sera dopo il teatro?»
Julien rimase molto imbarazzato: aveva copiato riga per riga, senza pensare a quello che scriveva, ed evidentemente aveva dimenticato di sostituire a Londra e a Richemond, che si trovavano nell'originale, Parigi e Saint-Cloud. Cominciт due o tre frasi senza riuscire a portarle a termine; si sentiva pronto a scoppiare in una folle risata. Finalmente, cercando le parole, approdт a questa idea: «Esaltato com'ero dalla discussione dei piщ sublimi e alti problemi dell'anima umana, scrivendovi ho avuto un attimo di distrazione.»
«Ho fatto colpo,» pensт poi Julien. «Adesso posso risparmiarmi la noia di continuare per tutto il resto della serata.» Uscм di corsa dall'hфtel de Fervaques. La sera, rileggendo l'originale della lettera che aveva ricopiato il giorno prima, arrivт rapidamente al punto fatale in cui il giovane russo parlava di Londra e di Richemond. Julien fu molto stupito nel trovare questa lettera quasi tenera.
Ciт che lo aveva reso interessante era il contrasto tra l'apparente leggerezza dei suoi discorsi e la profonditа sublime e quasi apocalittica delle sue lettere. Alla marescialla piaceva soprattutto la lunghezza delle frasi. Non era lo stile smozzicato messo di moda da quell'uomo immorale che era Voltaire! Benchй il nostro eroe facesse ogni sforzo per bandire dalla propria conversazione qualsiasi forma di buon senso, non riusciva a eliminare una certa sfumatura antimonarchica ed empia che non sfuggiva alla marescialla. Circondata di uomini d'alta moralitа, ma che spesso non riuscivano ad avere un'idea per sera, questa donna era profondamente colpita da tutto ciт che sapeva di novitа: ma contemporaneamente ella riteneva dignitoso offendersene. Quel difetto, la marescialla lo definiva serbare l'impronta della leggerezza del secolo...
Ma i salotti come questo vanno frequentati solo quando si vuole ottenere qualcosa. Tutta la noia della vita senza interesse che conduceva Julien и senza dubbio condivisa dal lettore. Sono queste le lande del nostro viaggio.
Durante tutto il periodo in cui la vita di Julien fu assorbita dall'episodio Fervaques, Mathilde dovette compiere grandi sforzi per non pensare a lui. Era in preda a lotte violente qualche volta si lusingava di disprezzare quel giovane cosм melanconico: ma, suo malgrado, la conversazione di lui l'affascinava. La stupiva soprattutto la sua perfetta falsitа: egli non diceva una parola alla marescialla che non fosse una menzogna o almeno uno spaventoso travisamento del suo modo di pensare, che Mathilde conosceva cosм bene su quasi tutti gli argomenti. Un simile machiavellismo la colpiva. «Che profonditа!» ella pensava. «Che differenza con gli enfatici idioti o i comuni furfanti come Tanbeau, che pure usano lo stesso linguaggio!»
Tuttavia Julien aveva delle giornate spaventose. Per lui era il piщ penoso dei doveri, quello di andare ogni giorno dalla marescialla. Gli sforzi compiuti per sostenere la sua parte finivano col togliergli ogni energia. Spesso, attraversando di notte l'immenso cortile dell'hфtel de Fervaques, egli riusciva a non piombare nella disperazione soltanto coi ragionamenti e con la forza del suo carattere.
«Ho vinto la disperazione in seminario,» pensava. «Eppure quali tremende prospettive mi si aprivano dinanzi, allora! Avessi fatto fortuna oppure no, nell'uno e nell'altro caso mi vedevo costretto a passare la vita con gli esseri piщ disgustosi e spregevoli della terra. La primavera successiva, solo undici mesi dopo, ero forse il piщ felice dei miei coetanei.»
Ma molto spesso questi bei ragionamenti erano inefficaci contro la terribile realtа. Ogni giorno Julien vedeva Mathilde a colazione e a pranzo. In base alle numerose lettere che gli dettava il marchese, il nostro eroe sapeva che la fanciulla stava per sposare Croisenois. Quel giovane cosм simpatico compariva giа due volte al giorno all'hфtel de La Mole: l'occhio geloso dell'amante abbandonato non perdeva uno solo dei suoi movimenti.
Quando gli sembrava di vedere che Mathilde era affettuosa col promesso sposo, rientrando in camera Julien non poteva fare a meno di guardare con amore le sue pistole.
«Ah! Quanto sarei piщ saggio,» egli pensava, «se togliessi le iniziali dalla mia biancheria e andassi in qualche foresta solitaria, a venti leghe da Parigi, per porre fine a questa esecrabile esistenza! Essendo sconosciuto in quei luoghi, la mia morte sarebbe ignorata per quindici giorni; e chi penserebbe a me dopo quindici giorni?»
Il ragionamento era molto saggio. Ma il giorno dopo, il braccio di Mathilde, intravisto tra la manica del vestito e il guanto, era sufficiente per tuffare il nostro giovane filosofo in crudeli ricordi che tuttavia lo tenevano legato alla vita. «Ebbene,» egli si diceva allora, «seguirт sino alla fine questa politica russa. Come andrа a finire? Quanto alla marescialla, dopo aver trascritto le cinquantatrй lettere io non ne scriverт certamente piщ. E quanto a Mathilde, o queste sei settimane di cosм penosa commedia non serviranno a placare la sua collera, o mi varranno un attimo di riconciliazione. Gran Dio! Morirei di felicitа!»Julien poteva a malapena formulare questo pensiero.
Quando dopo una lunga fantasticheria riusciva a riprendere il suo ragionamento: «Dunque,» si diceva «potrei ottenere un giorno di felicitа e poi ricominceranno i suoi rigori dovuti, ahimи, alle mie scarse possibilitа di piacerle? Non mi resterebbe piщ alcuna risorsa, sarei rovinato, perduto per sempre... Quale garanzia puт darmi, con il suo carattere? Ahimи! La mia pochezza spiega ogni cosa. Mancherт di eleganza nelle mie maniere, parlerт in modo pesante e monotono. O Signore! Perchй sono io?»
XXIX • LA NOIA
Sacrificarsi alle proprie passioni, sia pure; ma a passioni che non si sentono! O triste XIX secolo!
Girodet
Dopo avere letto, dapprima senza alcun piacere, le lunghe lettere di Julien, la marescialla cominciava a interessarsene: ma una cosa la desolava. «Peccato che Sorel non sia veramente prete! Potrei ammetterlo a una specie di intimitа: ma con quella decorazione e quegli abiti quasi borghesi puт espormi a domande indiscrete, e allora cosa potrei rispondere?» Non terminava il suo pensiero: «Qualche amica maligna potrebbe supporre, e anche mettere in giro la voce, che si tratta di un giovane di umili origini parente di mio padre, qualche mercante decorato dalla guardia nazionale.»
Fino al momento in cui ella aveva conosciuto Julien, il maggior piacere della signora de Fervaques era stato quello di scrivere marescialla di fianco al suo nome: poi una vanitа da parvenue, morbosa e pronta ad adombrarsi di tutto, si oppose alla nascente simpatia.
«Mi sarebbe cosм facile,» si diceva la marescialla, «farne un gran vicario in qualche diocesi vicino a Parigi! Ma signor Sorel soltanto... e per giunta segretario del marchese de La Mole! И una disperazione!...»
Per la prima volta in vita sua quell'anima timorosa di tutto si agitava per un interesse estraneo alle sue pretese di ceto e di superioritа sociale. Il suo vecchio portinaio si accorse che, quando portava una lettera di quel bel giovanotto cosм triste, era sicuro di veder scomparire l'aria distratta e scontenta che la marescialla aveva sempre cura di assumere all'arrivo di uno dei suoi domestici.
La noia di quel vivere sempre teso a far colpo sul pubblico senza che in fondo al suo cuore ci fosse una vera gioia per quel genere di successi, era divenuta cosм insopportabile alla marescialla, da quando pensava a Julien, che trascorrere anche un'ora soltanto della serata con quel giovane singolare le bastava per non maltrattare le cameriere tutto il giorno successivo. Il credito nascente di Julien resistй a lettere anonime molto ben fatte. Invano il piccolo Tanbeau fornм a Luz, a Croisenois e a Caylus due o tre calunnie molto abili che i tre si divertirono a mettere in circolazione, senza stare a sincerarsi troppo se le accuse fossero fondate. La marescialla, il cui spirito non era fatto per resistere a simili mezzi volgari, raccontava i suoi dubbi a Mathilde e veniva sempre consolata.
Un giorno, dopo avere domandato tre volte se ci fossero lettere, la signora de Fervaques si decise improvvisamente a scrivere a Julien. Fu una vittoria della noia. Alla seconda lettera la marescialla fu quasi bloccata dalla sconvenienza di scrivere di proprio pugno un indirizzo cosм volgare: al signor Sorel, presso il marchese de La Mole.
Quella sera ella disse a Julien, in tono molto secco: «Mi occorrono delle buste su cui ci sia scritto il vostro indirizzo.»
«Eccomi trasformato in amante cameriere,» pensт Julien, e si inchinт, divertendosi a imitare la faccia grinzosa di Arsиne, il vecchio servitore del marchese...
La sera stessa egli portт delle buste e l'indomani mattina, molto presto, ricevette una terza lettera: ne lesse cinque o sei righe all'inizio e due o tre alla fine. Erano quattro pagine, scritte con calligrafia piccola e molto serrata.
A poco a poco la marescialla prese la dolce abitudine di scrivere quasi tutti i giorni. Julien rispondeva copiando fedelmente le lettere russe, ed и tale il vantaggio dello stile enfatico, che la signora non si stupiva affatto dello scarso rapporto tra le proprie lettere e le risposte che riceveva. Come si sarebbe irritato il suo orgoglio, se il piccolo Tanbeau, che si era assunto il compito di spia volontaria di Julien, avesse potuto dirle che le sue lettere non venivano neppure aperte ed erano gettate a caso in un cassetto del giovane Sorel!
Una mattina il portinaio gli portт in biblioteca una lettera della marescialla; Mathilde lo incontrт, vide la lettera e l'indirizzo scritto da Julien. Entrт in biblioteca mentre il portinaio stava uscendo: la lettera era sull'orlo del tavolo. Julien, occupatissimo a scrivere, non l'aveva ancora riposta nel cassetto.
«Ecco una cosa che non posso sopportare!» esclamт Mathilde impadronendosi della lettera. «Voi vi dimenticate completamente di me, che sono vostra moglie. Vi comportate in modo spaventoso, signore.»
Dopo queste parole, il suo orgoglio, sconvolto dalla spaventosa sconvenienza di una simile mossa, la soffocт: scoppiт in lacrime. Poco dopo Julien ebbe l'impressione che ella non potesse respirare.
Sorpreso, confuso, il nostro eroe non riuscм a capire quanto fosse meravigliosa per lui quella scenata. Aiutт Mathilde a sedersi: ella si abbandonava quasi tra le sue braccia.
Quando si accorse di quell'atteggiamento, Julien ebbe un impulso di folle gioia. Poi il suo pensiero corse a Korasoff, e si disse: «Posso rovinare tutto con una sola parola.»
Le sue braccia si irrigidirono, tanto era penoso lo sforzo imposto dalla strategia amorosa: «Non devo neppure permettermi di stringere contro il mio cuore il suo corpo flessuoso e incantevole, altrimenti ella disprezza e mi maltratta. Che carattere spaventoso!»
Ma, maledicendo il carattere di Mathilde, l'amava cento volte di piщ; gli sembrava di avere tra le braccia una regina.
L'impassibile freddezza di Julien raddoppiт nell'animo di lei le strazianti trafitture dell'orgoglio. Era ben lungi dall'avere il sangue freddo necessario per leggere negli occhi di Julien ciт che egli sentiva per lei in quel momento. Non potй risolversi a guardarlo: tremava al pensiero di trovare un'espressione di disprezzo nel suo sguardo.
Seduta sul divano della biblioteca, immobile e con la testa voltata dalla parte opposta a Julien, Mathilde era in preda alle piщ vive sofferenze che l'orgoglio e l'amore possano far provare ad animo umano. Che gesto atroce aveva compiuto!
«Mi era riservato, disgraziata che sono, di veder respingere le offerte piщ indecenti! E respinte da chi?» aggiungeva il suo orgoglio, folle di dolore. «Respinte da un domestico di mio padre!»
«Non lo sopporterт!» disse la ragazza ad alta voce.
Alzandosi con furore, aprм il cassetto del tavolo di Julien, che si trovava a due passi da lei. Restт agghiacciata dall'orrore vedendo otto o dieci lettere non aperte, simili in tutto a quella che il portinaio aveva appena portato. Su tutti gli indirizzi riconosceva la calligrafia di Julien, piщ o meno contraffatta.
«Sicchй,» ella esclamт, fuori di sй, «non solo siete in buoni rapporti con lei, ma per giunta la disprezzate. Voi, un uomo da nulla, disprezzare la marescialla de Fervaques!
«Ah! perdono, amico mio!» aggiunse subito Mathilde cadendo in ginocchio, «disprezzami se vuoi, ma amami, io non posso piщ vivere senza il tuo amore!» E cadde a terra priva di sensi.
«Eccola dunque ai miei piedi, questa donna orgogliosa!» si disse Julien.
XXX • UN PALCO ALL'OPERA BUFFA
As the blackest sky
Foretells the heaviest tempest.
«Don Juan», c. I, st. 73
Fra tanta agitazione Julien era piщ stupito che felice. Le ingiurie di Mathilde gli dimostravano quanto fosse saggia la politica russa. «Parlare poco, agire poco, ecco il mio unico mezzo di salvezza.»
Risollevт Mathilde e, senza dire una parola, la rimise a sedere sul divano. A poco a poco le lacrime la vinsero.
Per darsi un contegno, ella prese in mano le lettere della signora de Fervaques e le aprм lentamente. Ebbe un visibile scatto nervoso quando riconobbe la grafia della marescialla. Girт e rigirт tra le mani i fogli, senza leggerli; per la maggior parte le lettere erano di sei pagine.
«Rispondetemi, almeno!» disse infine in tono supplichevole, ma senza avere il coraggio di guardare Julien. «Sapete bene che sono orgogliosa; devo questa disgrazia alla mia posizione sociale e anche al mio carattere, lo confesso. Allora la signora de Fervaques mi ha portato via il vostro cuore?... Ha fatto per voi tutti i sacrifici a cui mi ha trascinato questo fatale amore?»
Per tutta risposta Julien si chiuse in un cupo silenzio. «Con quale diritto,» egli pensт, «mi chiede una indiscrezione indegna di un uomo onesto?»
Mathilde cercт di leggere le lettere: glielo impedivano le lacrime.
Da un mese a quella parte era infelice, ma la sua anima altera era ben lungi dal confessare i propri sentimenti. Solo il caso aveva provocato questa esplosione. Per un attimo la gelosia e l'amore avevano avuto la meglio sull'orgoglio. Mathilde era seduta sul divano, molto vicina a Julien. Questi vedeva i suoi capelli e il suo collo di alabastro: per un attimo dimenticт tutto ciт che la sua dignitа esigeva: le passт il braccio intorno alla vita e quasi se la strinse al petto.
Ella girт lentamente la testa verso di lui e il giovane fu sorpreso dall'estremo dolore che si leggeva nei suoi occhi: la fisionomia consueta era divenuta irriconoscibile.
Julien sentiva che le forze lo abbandonavano, tanto era mortalmente penoso l'atto di coraggio che si imponeva.
«Tra poco i suoi occhi non esprimeranno che il piщ freddo disprezzo,» egli pensт, «se mi abbandono alla felicitа di amarla.» Eppure, con voce spenta e con parole che aveva appena la forza di pronunciare per intero, ella gli ripeteva proprio in quel momento tutto il suo rimorso per ciт che un eccesso di orgoglio aveva potuto farle commettere.
«Ho anch'io un orgoglio,» le disse Julien con voce appena percettibile, mentre i suoi tratti denunciavano un grande abbattimento fisico.
Mathilde si voltт di scatto verso di lui. Udire la sua voce era una gioia che non osava quasi piщ sperare. In quel momento non si ricordava della propria alterigia che per maledirla: volle tentare qualcosa di insolito, di incredibile, per provargli fino a che punto lo adorava e odiava se stessa.
«Probabilmente a causa di questo orgoglio,» continuт Julien, «mi avete mostrato per poco una certa preferenza; e sicuramente soltanto per questa mia coraggiosa e virile fermezza, voi mi stimate, adesso. Puт darsi che io ami la marescialla...»
Mathilde trasalм. I suoi occhi ebbero una strana espressione. Stava per udire la propria condanna. Quel moto non sfuggм a Julien: ed egli sentм venir meno il suo coraggio.
«Ah!» pensт, ascoltando, come un rumore estraneo, il suono delle vane parole che uscivano dalla sua bocca, «potessi coprire le tue pallide guance di baci, e tu non li sentissi!»
«Puт darsi che io ami la marescialla...» ripetй e la sua voce si affievoliva sempre piщ. «Ma и certo che non ho alcuna prova decisiva del suo interessamento per me...»
Mathilde lo guardт ed egli sostenne quello sguardo, o almeno sperт che la sua fisionomia non lo tradisse. Si sentiva penetrato dalla passione fin nelle piщ segrete fibre del cuore. Non l'aveva mai adorata tanto: era fuori di sй, quasi quanto Mathilde. Se ella avesse avuto sufficiente sangue freddo e coraggio per controllare le proprie azioni, le sarebbe caduto ai piedi, rinnegando ogni vana commedia. Julien fu abbastanza forte da continuare a parlare. «Ah! Korasoff!» esclamт fra sй, «perchй non siete qui! Che bisogno avrei di una vostra parola per guidarmi!» Intanto la sua voce diceva:
«In mancanza di altri sentimenti, basterebbe la riconoscenza a farmi provare un certo attaccamento per la marescialla: и stata indulgente con me, mi ha consolato quando ero oggetto di disprezzo... Non posso avere una fiducia illimitata in certe apparenze, certamente assai lusinghiere, ma forse anche di scarsissima durata.»
«Oh! mio Dio!» esclamт Mathilde.
«Ebbene! Quali garanzie mi dareste?» riprese Julien con vivace fermezza. Per un attimo egli parve abbandonare le prudenti forme della diplomazia. «Quali garanzie, quale dio mi assicureranno che il vostro attuale atteggiamento nei miei confronti durerа piщ di due giorni?»
«L'eccesso del mio amore e della mia infelicitа, se voi non mi amate piщ!» ella disse prendendogli le mani e voltandosi verso di lui.
Il suo gesto scattante le aveva lievemente aperto la mantellina: Julien vedeva le sue spalle incantevoli. I suoi capelli un po' spettinati gli richiamarono alla memoria un ricordo delizioso...
Stava per cedere. «Una parola imprudente,» si disse, «e farт ricominciare quella lunga serie di giorni trascorsi nella disperazione. La signora de Rкnal trovava dei pretesti per fare ciт che le dettava il cuore: questa ragazza del gran mondo lascia che il suo cuore si commuova solo quando puт fondatamente dimostrare a se stessa che deve commuoversi.»
Julien vide questa veritа in un batter d'occhio, e in un batter d'occhio recuperт il coraggio.
Ritirт le mani che Mathilde stringeva tra le sue, e con ostentato rispetto si allontanт un poco da lei. Il coraggio di un uomo non puт andare oltre. Poi il giovane si mise a riunire tutte le lettere della marescialla, che erano sparse sul divano: e con l'apparenza di un'estrema gentilezza, cosм crudele in quel momento, aggiunse:
«La signorina de La Mole si degnerа di permettere che io rifletta su tutto questo.»
Si allontanт in fretta e lasciт la biblioteca; Mathilde lo sentм chiudere tutte le porte una dopo l'altra.
«Il mostro non и affatto turbato...» si disse. «Ma che dico? Mostro? Egli и saggio, buono, prudente; sono io ad avere piщ torti di quanti se ne possano immaginare!»
Quello stato d'animo durт. Mathilde quel giorno fu quasi felice, perchй si abbandonт completamente all'amore; pareva che la sua anima non fosse mai stata agitata dall'orgoglio: e quale orgoglio!
Trasalм con orrore quando la sera, in salotto, un domestico annunciт la signora de Fervaques; la voce di quell'uomo le parve sinistra. Mathilde non riuscм a sopportare la vista della marescialla e si allontanт rapidamente. Julien, poco orgoglioso della sua penosa vittoria, aveva avuto paura dei suoi propri sguardi e non aveva pranzato all'hфtel de La Mole.
Il suo amore e la sua felicitа aumentavano man mano ch'egli si allontanava dal momento della battaglia: era giа arrivato al punto di rimproverarsi. «Come ho potuto resisterle?» pensava. «E se poi non mi amasse piщ? Basta un attimo per cambiare la sua anima altera, e bisogna ammettere che l'ho trattata molto male.»
La sera, Julien si rese perfettamente conto che bisognava andare a tutti i costi all'Opera Buffa, nel palco della signora de Fervaques che lo aveva invitato espressamente: Mathilde avrebbe senza dubbio saputo se vi era andato o se aveva preferito astenersene con grande scortesia. Nonostante l'evidenza di questo ragionamento, all'inizio della sera Julien non ebbe la forza di andare in mezzo alla gente. Parlando, avrebbe fatto svanire metа della sua gioia.
Suonarono le dieci: il giovane doveva assolutamente farsi vedere.
Per fortuna trovт il palco della marescialla pieno di donne, e fu relegato vicino alla porta, lм era completamente nascosto dai cappelli delle signore. Questa posizione lo salvт dal ridicolo, perchй i divini accenti della disperazione di Carolina nel Matrimonio segreto lo fecero sciogliere in lacrime. La signora de Fervaques vide quelle lacrime: facevano un tale contrasto con la maschia fermezza del suo aspetto abituale, che l'anima di quella gran dama, da tempo satura di tutto ciт che ha di piщ corrosivo l'orgoglio di una parvenue, ne fu commossa.
Quel poco che restava in lei di un cuore femminile la spinse a parlare. Voleva godere, in quel momento, del suono della propria voce.
«Avete visto la signora de La Mole e sua figlia?» domandт a Julien. «Sono in terza fila.» Immediatamente Julien si sporse in avanti, appoggiandosi con scarsa correttezza al parapetto del palco: vide Mathilde, e vide che i suoi occhi erano lucidi di lacrime.
«Eppure non и questo il giorno in cui vengono abitualmente all'Opera,» egli pensт. «Quale sollecitudine!»
Mathilde aveva convinto sua madre ad andare al teatro, nonostante l'inconveniente di quel palco di terza fila, che una compiacente amica di casa si era affrettata a offrire. La fanciulla voleva vedere se Julien avrebbe trascorso la serata in compagnia della marescialla.
XXXI • FARLE PAURA
Ecco dunque il bel miracolo della vostra civiltа! Dell'amore avete fatto un affare di ordinaria amministrazione.
Barnave
Julien si precipitт nel palco della marchesa de La Mole. Per prima cosa i suoi occhi incontrarono gli occhi pieni di lacrime di Mathilde: questa piangeva senza alcun ritegno, non c'erano che persone di condizione inferiore, l'amica che aveva prestato il palco e alcuni conoscenti. Mathilde posт la sua mano su quella di Julien; pareva avere dimenticato ogni timore di sua madre. Quasi soffocata dalle lacrime, non gli disse che queste parole: «Delle garanzie!»
«Almeno, che io non le parli,» pensт Julien, anch'egli assai commosso, coprendosi alla meglio gli occhi con la mano: buon pretesto era il lampadario che abbaglia la terza fila dei palchi. «Se parlo, non avrа piщ alcun dubbio sulla mia estrema emozione, il suono della mia voce mi tradirа, tutto puт essere perduto ancora una volta.»
Le sue lotte interiori erano molto piщ penose di quelle del mattino: egli aveva avuto il tempo di commuoversi. Temeva che Mathilde cedesse a un puntiglio di vanitа. Ebbro d'amore e di voluttа, si impose di non parlare.
Secondo me, questo и uno dei piщ bei tratti del suo carattere: un essere capace di simile sforzo su se stesso puт andare lontano, si fata sinant.
Mathilde insistй perchй Julien tornasse a casa con loro. Per fortuna pioveva molto forte. Ma la marchesa lo fece sedere di fronte a sй, gli parlт continuamente e gli impedм di dire una sola parola a sua figlia. Si sarebbe quasi potuto pensare che ella si prendesse cura della felicitа di Julien: ed egli, libero ormai dal timore di rovinare ogni cosa con la sua eccessiva emozione, vi si abbandonava follemente.
Oserт riferire che Julien, rientrando nella sua stanza, si gettт in ginocchio e copri di baci le lettere d'amore che gli aveva dato il principe Korasoff?
«O grand'uomo! Che cosa non ti devo!» egli esclamт nella sua follia.
A poco a poco ricuperт un certo sangue freddo. Si paragonт a un generale che ha vinto a metа una grande battaglia. «Il mio vantaggio и sicuro, grandissimo,» pensт il giovane. «Ma che cosa succederа domani? Un attimo puт rovinare tutto.»
Aprм con gesto appassionato le memorie dettate a Sant'Elena da Napoleone e, per due lunghe ore, si costrinse a leggerle; leggeva solo con gli occhi, ma che importava? Si costringeva ad andare avanti. Durante quella singolare lettura la sua testa e il suo cuore, innalzati fino alle stelle, lavoravano a sua insaputa. «Il suo cuore и molto diverso da quello della signora de Rкnal,» pensava Julien: ma non andava piщ in lа.
«Farle paura!» esclamт improvvisamente, buttando via il libro. «Il nemico mi obbedirа solo fino a quando gli farт paura. Allora non oserа disprezzarmi.»
Andava avanti e indietro nella sua stanza, ebbro di gioia. A dire il vero la sua felicitа era fatta d'orgoglio piщ che d'amore.
«Farle paura!» egli si ripeteva fieramente, e aveva ragione di esser fiero. «Anche nei momenti di maggiore felicitа la signora de Rкnal dubitava sempre che il mio amore non fosse uguale al suo. Qui, invece, io soggiogo un demonio: quindi bisogna soggiogare.»
Julien sapeva perfettamente che il giorno dopo Mathilde si sarebbe trovata in biblioteca fin dalle otto di mattina: ed egli non si fece vedere che alle nove; ardeva di passione, ma dominava il cuore con la testa. Neppure per un minuto cessт di ripetersi: «Fare in modo che sia sempre pungolata da un assillante dubbio: se l'amo o no. La sua posizione, le lusinghe di tutti coloro che le stanno intorno la spingono ad essere un po' troppo sicura di sй.»
La trovт pallida, calma, seduta sul divano, ma evidentemente nell'impossibilitа di muoversi. Gli tese la mano.
«Amico mio, ti ho offeso, и vero; ma puoi essere in collera con me?...»
Julien non si aspettava una tale semplicitа e per poco non si tradм.
«Voi esigete delle garanzie, amico mio,» ella soggiunse dopo un silenzio che aveva sperato di vedere interrotto. «И giusto. Rapitemi, partiamo per Londra... Sarт perduta per sempre, disonorata...» Ebbe il coraggio di togliere la mano da quella di Julien per coprirsi gli occhi. Il ritegno e il pudore femminile erano tornati in lei... «Ebbene, disonoratemi!» ella esclamт infine, sospirando. «Non и una garanzia?»
«Ieri sono stato felice perchй ho avuto il coraggio di essere severo con me stesso,» pensт Julien. Dopo un attimo di silenzio, riuscм a controllarsi tanto da poter dire in tono gelido.
«Una volta in strada per Londra, una volta che sarete disonorata, per usare le vostre parole, chi mi assicura che mi amerete? Che la mia presenza accanto a voi non vi sembrerа importuna? Non sono un mostro, e l'avervi disonorata pubblicamente sarа per me solo un dolore di piщ. L'ostacolo non и la vostra posizione nei confronti degli altri: disgraziatamente, и il vostro carattere. Potete garantire a voi stessa che mi amerete per otto giorni?»
(«Ah! Che mi ami otto giorni, otto giorni soltanto,» si ripeteva Julien fra sй, «e ne morrт di felicitа. Che mi importa dell'avvenire? Che mi importa della vita? E questa divina felicitа puт cominciare subito, se voglio: non dipende che da me!»)
Mathilde lo vide pensoso.
«Ma allora sono proprio indegna di voi?» disse, prendendogli la mano.
Julien l'abbracciт, ma subito il pugno di ferro del dovere tornт a stringergli il cuore. «Se vede quanto l'adoro, la perdo.» E prima di sciogliersi dall'abbraccio egli aveva giа recuperato tutta la dignitа che si addice a un uomo.
Quel giorno e quelli che seguirono Julien riuscм a nascondere l'eccesso della sua felicitа: in certi momenti si rifiutava persino il piacere di stringere Mathilde tra le braccia. In altri momenti il delirio della gioia aveva il sopravvento su tutti i consigli della prudenza.
In giardino c'era una pergola di caprifoglio, disposta in modo da nascondere la scala: lа Julien era solito recarsi per guardare da lontano le persiane di Mathilde e per piangere sulla sua incostanza. A pochi passi c'era una quercia enorme, il cui tronco lo celava ad eventuali occhi indiscreti.
Un giorno, passando con Mathilde in quello stesso luogo che gli richiamava cosм vivamente alla memoria l'apice della sua sventura, il contrasto tra la passata disperazione e la felicitа presente fu troppo forte per lui: i suoi occhi si inondarono di lacrime e, portandosi alle labbra la mano dell'amica, egli mormorт: «Qui vivevo pensando a voi; qui guardavo quelle persiane e attendevo per ore intere il momento in cui la vostra mano le avrebbe aperte.»
La sua debolezza non ebbe limiti. Le descrisse con quelle sfumature autentiche, che non si possono inventare, tutta la sua disperazione di allora. Brevi interiezioni testimoniavano l'attuale felicitа che aveva posto fine a quella pena atroce...
Ma d'improvviso, tornando in sй, egli pensт: «Che sto facendo, mio Dio? Cosм mi rovino!»
Nella sua estrema preoccupazione gli parve giа di vedere meno amore negli occhi di Mathilde. Era un abbaglio, ma il volto di Julien cambiт colore e impallidм mortalmente. I suoi occhi si spensero e l'espressione di un'alterigia non scevra di cattiveria succedette a quella dell'amore piщ appassionato e sincero.
«Ma che avete, amico mio?» domandт Mathilde con tenerezza e inquietudine.
«Io mento,» disse Julien con ira, «e mento a voi. Me lo rimprovero, eppure Dio sa che vi stimo abbastanza per non mentirvi. Voi mi amate, voi mi siete devota, e non ho bisogno di inventare delle frasi per piacervi.»
«Signore Iddio! Sono solo delle frasi, tutte le cose incantevoli che mi state dicendo da due minuti?»
«E me lo rimprovero duramente, amica mia. Le ho messe insieme un tempo per una donna che mi amava e mi annoiava... И il difetto del mio carattere; ve lo confesso. Perdonatemi.»
Lacrime amare inondavano le guance di Mathilde.
«Basta una sfumatura che mi urti e mi spinga a fantasticare,» continuт Julien, «perchй la mia odiosa memoria, che in questo momento maledico, mi offra uno spunto e io ne abusi.»
«Ma allora, senza volerlo, ho fatto qualcosa che vi и dispiaciuto?» disse Mathilde con incantevole ingenuitа.
«Ricordo che un giorno, passando vicino a questo caprifoglio, avete colto un fiore. Luz ve l'ha preso e voi glielo avete lasciato. Io ero a due passi.»
«Luz? И impossibile,» rispose Mathilde con la sua naturale alterigia. «Non ho certe abitudini.»
Julien ribattй: «Sono sicuro di ciт che ho visto.»
«Ebbene... и vero, amico mio,» disse Mathilde, abbassando tristemente gli occhi. Sapeva con assoluta certezza che da parecchi mesi non aveva permesso niente di simile a Luz.
Julien la guardт con inesprimibile tenerezza. «No,» pensт, «non mi ama meno.»
Quella sera Mathilde gli rimproverт ridendo il suo debole per la signora de Fervaques.

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