Genitori e figli

Materie:Tema
Categoria:Italiano

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Testo

Svolgimento tema n°2

Il rapporto tra adulti e ragazzi è un tema scottante e di cui si fa un gran parlare negli ultimi tempi. I giovani sono spesso disinteressati della scuola, vivono la giornata (anzi, a dire il vero la “nottata”), trasgrediscono le regole non appena sono in potere di farlo, non parlano se non con gli amici; queste sono solo alcune delle accuse che solitamente vengono fatte dagli adulti contro di noi giovani. Io credo che tanti di questi comportamenti che vengono etichettati come così preoccupanti siano invece normali. Non normali forse, ma sicuramente non peculiarità della mia generazione. Certo, gli atteggiamenti cambiano nel tempo, ma trovano sempre alla loro base la stessa motivazione di fondo: ovvero l’incomprensione tra due realtà così diverse.
Esiste da sempre, infatti, questo distacco generazionale: differenti interessi, molto spesso divergenti, differenti modi di vivere e, non dimentichiamolo, differenti situazioni sociali in cui le persone si vengono a trovare fanno si che la comunicazione tra adulti e ragazzi sia sempre più scarsa.
Non mi riferisco ovviamente a situazioni estreme, nelle quali la comunicazione sia completamente assente, le cui motivazioni vanno cercate in avvenimenti spiacevoli del passato riguardanti ognuno dei due.
La trasgressione, in un certo limite, è riconducibile ancora a questo disaccordo. Il giovane, non comprendendo alcuni comportamenti dell’adulto, vi si oppone come può: trasgredendo appunto. A volte poi lo fa anche senza motivo però, quasi per abitudine.
Molte volte ho avuto occasione di sentire gli adulti sfiduciati verso noi giovani “dell’ultima generazione”. In articoli dei giornali, in interviste, nelle comuni conversazioni sostengono che non abbiamo aspirazioni future, che non riusciamo ad impegnarci in una qualsiasi cosa in modo serio e costante, che non abbiamo voglia di lavorare o studiare, che non abbiamo valori.
Questi sono per me solo dei pregiudizi. Pregiudizi che gli adulti hanno sempre avuto, in ogni era, nei confronti dei più giovani. Alcuni racconti dei nostri parenti più anziani sono a testimoniare che la differenza fra generazioni è un problema vecchio come il mondo.
Io ritengo la maggior parte dei ragazzi ricchi di aspirazioni, di voglia di emergere, di diventare un qualcuno. Oggi per riuscire nella vita ci vuole molta più grinta e molto più impegno che un tempo. È difficile trovare la propria strada, sia essa un lavoro o un titolo di studio, in questa epoca così movimentata.
I miei amici, come del resto me, si dedicano a molte attività oltre allo studio: c’è chi suona uno strumento musicale, chi si dedica ad attività sociali, chi fa parte di una compagnia teatrale… insomma, non si può certo dire che siano vuoti e senza aspirazioni.
Ma perché allora gli adulti si ostinano a dire che siamo svogliati e amorfi?
Le risposte possono essere molte, anche se è molto difficile sviscerare il problema che è assai complesso.
Innanzitutto gli adulti che ci criticano sono di un’epoca molto differente dalla nostra.
Sono “dell’epoca del sacrificio”. Una volta la vita era un continuo susseguirsi di sacrifici: sacrifici per portare il pane in tavola, per avere un tetto sopra la testa, per farsi una cultura.
Ora questi problemi sono quasi del tutto scomparsi, per lo meno negli ambienti che frequento.
Noi abbiamo tutto subito e facilmente, compreso il cellulare in tasca: il sacrificio, in pratica, non c’è più. Questo, se da un canto dimostra a che livello di benessere economico è arrivata la società occidentale, dall’altro toglie un’ “esperienza” molto importante nella nostra crescita. Il sacrificio serve infatti a capire che non si può avere tutto e subito. È un modo per dare un valore a un oggetto. Un valore che va ben al di là di quello prettamente economico.
È ovvio che una persona che è cresciuta nell’epoca del sacrificio biasimi con disgusto la mia generazione. Tanti soldi, divertimenti, passatempi e soprattutto tanti sprechi. Non solo sprechi di soldi, ma anche di tempo e di capacità.
Infatti, è inutile negarlo, alcuni giovani non hanno molti interessi. Sprecano opportunità che potrebbero accrescerli culturalmente, preferendo la televisione, i videogiochi o quant’altro per passare il tempo.
Sono questi ragazzi che sono diventati, per gli adulti, gli esponenti della mia generazione. Questo mi infastidisce parecchio. È mai possibile che “i grandi” prendano in considerazione solo questi casi negativi?
Un altro fattore di critica degli adulti verso noi giovani si giustifica con un processo che si chiama generalizzazione, consistente nel fare di ogni erba un fascio.
La moda e i mass-media ci rendono un’unica grande massa uniforme. Gli adulti ci vedono come un enorme gregge di pecore nere, non solo per la “macchia della società” che rappresentiamo per loro, ma anche per la moda del nero che da un po’ di anni si è diffusa.
All’interno di questo grande gregge ci sono infatti ragazzi rassegnati, ragazzi nulla facenti ma anche ragazzi motivati, responsabili e ricchi di ideali. Questi ultimi di solito sono meno appariscenti.
Io credo che se non ci fermiamo di fronte alle apparenze e supereremo i pregiudizi troveremo la strada giusta per il dialogo e la reciproca comprensione.
Ritengo quindi questo loro modo di vedere i giovane e di giudicarli molto sbagliato o comunque è un discorso che deve richiedere più ragionamenti e un tempo più lungo di osservazione e di studio approfondito: un adulto prima di esprimere la sua opinione sui giovani deve immedesimarsi nel nostro mondo
Penso infatti che quelli espressi prima siano appunto pregiudizi formulati dai genitori a causa del dialogo inesistente tra i due diversi gruppi della società.
Penso dunque che ogni genitore ed ogni adulto in generale debba cercare di rapportarsi con i ragazzi per cercare di capire i loro veri pensieri, le loro vere aspirazioni e il proprio modo di vivere la vita. Ovviamente il giovane dovrà fare la sua parte nel cercare di capire il modo di pensare dell’adulto. Io credo che ogni essere umano sia fondamentalmente buono e stia bene solo quando è in comunicazione con gli altri esseri, e non solo con i coetanei.
Quindi se entrambe le parti cercassero di comprendersi a vicenda vivrebbero sicuramente meglio. Come critico gli adulti, critico però anche quei giovani che sostengono che per essere “liberi” bisogna andare contro i genitori a tutti i costi ed indistintamente qualsiasi sia l’argomento della contesa.
Ovviamente ciò che propongo, cioè il cercare l’accordo, è un processo lungo e talvolta impervio ma, quando riesce, porta abbondante armonia in entrambi.

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