Socrate e la sia filosofia

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Categoria:Filosofia

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Testo

SOCRATE
Durante il regime dei 30 tiranni Socrate mantiene una posizione distante: si rifiuta di partecipare all’ostracismo di un cittadino ateniese. Socrate è maestro di Krizia, zio di Platone e uno dei 30 tiranni.
La resistenza democratica cerca di ribellarsi a questo regime e guidata da Trasibulo, dopo una sanguinosa battaglia ad Atene, riesce a ritornare al potere. Durante la battaglia muore Krizia. La democrazia è però debole e teme di essere rovesciata, così non sempre si comporta in modo democratico, come nel caso del processo politico di Socrate.
La madre di Socrate era un’allevatrice la maieutica era l’arte di far nascere i bambini, e come la madre faceva nascere i bambini, Socrate aiutava gli uomini a far nascere la verità. Il padre era uno scultore.
Socrate non ha lasciato scritto nulla perché riteneva che il libro interrogato rimane muto: per lui la filosofia era discussione, discorso. Tutto ciò che sappiamo su Socrate ci proviene da opere di altri autori.
Socrate vive sempre ad Atene, tranne nel periodo in cui partecipa alle spedizioni militari, come oplita: questo implica che Socrate non era povero come si pensava, anzi doveva essere ricco perché gli opliti dovevano pagarsi l’armatura per conto loro. Sappiamo che intrattiene una forte amicizia con Alcibiade, che era anche suo amante. Durante una spedizione gli salva anche la vita. Era però l’amicizia con questo generale a creare il disaccordo con la democrazia: Alcibiade era, infatti, avido, ma porta Atene alla vittoria. Prima della spedizione in Sicilia viene trovato ubriaco e quindi gli viene tolto il comando della spedizione. Parte allora alla volta di Sparta dove ha un figlio con la regina: anche qui si ritrova costretto a fuggire, così ritorna ad Atene.
L’oracolo di Delfi, interrogato su chi fosse l’uomo più sapiente di tutta la Grecia, rispose che era Socrate. Socrate stesso non capiva perché; egli sapeva solo di sapere di non sapere, così comincia ad interrogare le categorie ritenute sapienti.
Si rivolge per primo ai POLITICI: l’uomo politico greco era ritenuto il sapiente per eccellenza perché possedeva la TECNE POLITICHE’. Ma il filosofo rimane deluso dall’interrogatorio perché il politico non sa che cosa fa.
Si rivolge agli INTELLETTUALI: nel dialogo del “Carmide”, chiede a questo poeta che cos’è la poesia, ma il poeta non sa rispondergli.
Si rivolge ai TECNICI: almeno questi sanno che cosa fanno però peccano di presunzione, considerando ciò che fanno la totalità.
Socrate conclude affermando che tutti coloro che sono considerati sapienti sono ignoranti, quindi non ricercano. Capisce che lui è il vero sapiente perché sa di non sapere, quindi continua a cercare e studiare. La filosofia per Socrate quindi è RICERCA CONTINUA, perché ogni soluzione è provvisoria. La ricerca si conclude con la morte e non sempre è portata a termine, nel senso che non sempre si trova la verità.
Socrate dava fastidio al potere politico per questo suo modo di procedere, cioè facendo domande per portare avanti la sua ricerca, così viene processato politicamente. Il processo socratico è politico perché la democrazia è debole. Come scusa prendono la presunta simpatia che Socrate aveva nei confronti dell’aristocrazia. La democrazia in qualche modo voleva colpire questa classe e anche se le idee politiche del circolo socratico erano differenti, cerca di riunirle in un’unica posizione, quella filoaristocratica, appunto. ANITO e MELETO sono i principali accusatori di Socrate: sono 2 esponenti della democrazia che accusano il filosofo di empietà e creazione di nuovi dei, e corruzione dei giovani.
Socrate decide di autodifendersi, il testo della sua difesa è l’apologia, tramandataci da Platone. Platone la pubblica quando ancora gli accusatori erano in vita, quindi più o meno, è la versione esatta del discorso pronunciato da Socrate, perché altrimenti questi lo avrebbero contestato.
I giudici propongono una pena alternativa alla morte a Socrate, l’esilio. Ma egli li istiga dicendo che dovrebbe essere mantenuto nell’Acropoli, per i suoi insegnamenti. I giudici allora non ci pensano su 2 volte a condannarlo a morte, bevendo la cicuta. Tra la condanna e l’esecuzione passa 1 mese, perché ricadeva una ricorrenza che prevedeva la sospensione di tutte le condanne, in onore di una donazione all’oracolo di Delfi, per ricordare il sacrificio delle vergini a Minotauro. In seguito a questo, il mito dice che Teseo sarebbe andato a Creta ad uccidere Minotauro. Sappiamo anche che il padre, Egeo, disse al figlio di issare una vela bianca, nel caso fosse tornato vincitore. Teseo però se ne dimentica, e il padre, preso dalla disperazione, si getta nel mare di Atene. Sappiamo che il mito era stato elaborato perché Atene era sotto il dominio cretese, all’epoca.
I dialoghi legati alla morte di Socrate sono essenzialmente 2: il “Critone” e il “Fedone”.
Nel Critone si narra che Critone, appunto, si reca da Socrate per farlo evadere: infatti essendo un uomo ricco riesce a corrompere le guardie. Ma Socrate si rifiuta perché altrimenti andrebbe contro i suoi principi e contro leggi giuste, applicate ingiustamente. Fuggendo all’estero si ritroverebbe comunque nella stessa situazione: infatti non potrebbe filosofare, dovrebbe stare zitto, cosa che per un filosofo non ha senso. Critone, comunque, non capisce perché Socrate preferisce morire piuttosto che tradire i suoi principi.
Nel Fedone, si narra la morte di Socrate e i discorsi sull’immortalità dell’anima, fatti prima di morire. La morte diventerà uno dei nuclei della filosofia socratica. Fedone non era ateniese ma proveniva dall’isola di Melo. Prigioniero di guerra, giunto ad Atene come schiavo, Fu notato da Critone per la sua straordinaria bellezza; Critone ne pagò il riscatto e Fedone divenne un liberto.

PROBLEMA SOCRATICO
Di Socrate abbiamo notizie solo grazie alle informazione dateci da altri autori. I principali sono:
1. SENOFONTE, storico: questa informazione ci permette di capire perché egli non capisce la filosofia socratica
2. PLATONE, filosofo
3. ARISTOFANE, commediografo
4. ARISTOTELE, filosofo
Senofonte era allievo di Socrate. Scrive “Detti memorabili”, in cui ci racconta il quotidiano di Socrate: in quest’opera ci appare quasi meschino. Senofonte ci dice che il filosofo era sempre seguito dalla seconda moglie Santippe, perché insegnava gratis, cosa che gli procurava sempre gravi problemi famigliari.
Platone detestava Senofonte perché capì che lo storico non aveva capito Socrate; in Platone però, Socrate viene troppo idealizzato: ci appare privo di difetti, grandissimo. Per avere un’idea corretta di Socrate dovremmo prendere le 2 fonti e toglierne tutte le esagerazioni. Nei dialoghi giovanili Platone parla della dottrina socratica, il Fedone segna il passaggio dai dialoghi giovanili, a quelli della maturità, mentre nei dialoghi della vecchiaia, Platone reincarna Socrate e gli mette in bocca dottrine sue.
Aristofane non fa parte del circolo socratico. Scrive la commedia “Le nuvole”, il cui protagonista è Socrate. Il filosofo viene presentato come un sofista, cosa che è sbagliata ma che ci permette di capire che i contemporanei confondevano Socrate con i sofisti. La differenza sta nel fatto che i sofisti ritenevano che la verità si poteva trovare in vita, mentre per Socrate ogni verità era provvisoria. I contemporanei quindi credono che la commedia sia una presa per il culo di Socrate. La commedia si apre con un padre che arriva ad Atene, dalla campagna per cercare suo figlio che si trovava ad Atene per studiare. Sapeva che il figlio era stato corrotto da un’insegnante, Socrate. Il padre credeva nei valori assoluti e quindi disapprovava Socrate: la commedia parla quindi di corruzione.
Aristotele non conosce Socrate di persona, ma attraverso le opere di Platone. La sua opera non è molto attendibile perché troppo filtrata. Aristotele fa però lo stesso lavoro di Platone, ovvero gli mette in bocca una sua dottrina, quella dei concetti, per attribuirgli maggiore significato, donandole il peso della tradizione.
Nei dialoghi di Socrate si cerca sempre una risposta: il Carmide è il dialogo sulla poesia, il Lachete sul coraggio, il Krizia sulla politica.
A chiunque Socrate abbia fatto queste domande, nessuno è stato in grado di rispondere, perché tutti descrivono azioni che sono conseguenze.
Nel Lachete, per esempio, lo stesso Lachete, un soldato che si distinse per il suo coraggio, descrive azioni coraggiose, ma non capisce che la domanda chiede che cos’è il coraggio, l’essenza del coraggio. Lachete fa esempi di azioni coraggiose, ma incalzato dalle domande di Socrate, capisce che le stesse azioni, tolte dal contesto, non sono più coraggiose. Socrate vuole una definizione di coraggio universale e sempre valida. Lachete arriva a dire che c’è coraggio dove c’è fermezza e perseveranza. Socrate sostiene che questa definizione è troppo vaga. Il coraggio può essere anche ostinazione. Quindi interviene NICIA che dice che il coraggio è la scienza di ciò che bisogna o non bisogna temere, il bene o il male futuri, perché il timore è sempre in funzione del futuro, ma anche per il bene bisogna essere equilibrati. Il bene e il male non sono tali solo relativamente al futuro, ma anche relativamente al passato e al presente. Il coraggio non è più una virtù particolare, ma una virtù generale. In realtà sono arrivati a dire che se voglio stabilire una virtù particolare, prima devo stabilire la virtù in quanto tale.
Tutti i dialoghi avvenivano nell’Agora. Erano tutti dialoghi aperti, senza fine, cioè con una definizione provvisoria. Quindi si arriva ad una definizione, ma il discorso può essere benissimo riaperto. La definizione provvisoria cui si arriva è che il coraggio è la via di mezzo tra temerarietà e pavidità: non si è arrivati all’essenza di coraggio.

Il metodo socratico consiste in 2 momenti:
1. IRONIA
2. MAIEUTICA
L’ironia è il momento negativo perché attraverso essa distruggo il falso sapere dell’interlocutore. Capiscono che ciò che credevano di sapere, non lo sanno. Qualunque sia l’argomento, la domanda è sempre “ti estin?” ("che cos'è?").
La maieutica è l’arte di far nascere i bambini, perché secondo Socrate, l’arte di insegnare vuol dire far venire fuori la verità che è dentro di noi. Aiuta la verità a nascere.

LISIDE
Socrate, Liside ed altri interlocutori, discutono su che cos’è la amicizia. Viene scelto proprio Liside, perché era un amico perfetto. L’amicizia è un sentimento molto importante. Socrate stava passeggiando fuori dalle mura della città, quando viene raggiunto da alcuni giovani che lo portano a conoscere Liside; egli era noto, aveva anche posato per alcune statue. Liside era fortemente amato da IPOTALE, un poeta che scriveva poesie per guadagnarsi l’amore di Liside. L’argomento di queste poesie erano sulla famiglia di Liside. Socrate prende in giro Ipotale perché pensa che non riuscirà mai a far innamorare Liside, perché non conosce FILIA, cioè l’amicizia, l’amore.
In greco ci sono 3 verbi per indicare amore:
- amore fisico =ERAO
- amore fisico e spirituale =FILEO
- amore spirituale =AGAPAO
Così Socrate introduce l’argomento: egli dimostra che l’essere felici e l’essere liberi sono entrambi legati alla conoscenza. Più conosci, più sei libero. L’ignorante può benissimo essere “comandato” da chiunque.
Socrate entra nell’argomento dicendo che l’amicizia non si fonda né sulla somiglianza né sulla dissomiglianza: il dissimile non può trovare nel simile nulla di ciò che non abbia già. Il simile non può amare ciò che è dissimile. Alla base dell’amicizia c’è il desiderio e si deve dire che un uomo desidera ciò che a lui e caro, nel momento in cui lo desidera. Non va bene questa definizione perché si cade nel RELATIVISMO di Protagora: ciò che è caro è un concetto che cambia così come cambia il suo significato.
Il dialogo si conclude dicendo che l’uomo non ama e non desidera che il bene. Esso è il solo e vero amico.

CRITONE è uno dei migliori amici di Socrate, è anche molto ricco e cerca di salvare il filosofo dalla sua morte. Il dialogo si apre con Critone che espone il suo piano a Socrate, il quale rifiuta. Fa un esempio: se esce da Atene e vede le leggi personificate che gli dicono: "Tu sei sempre vissuto sotto di noi, tu sei nato sotto di noi. La struttura civile si basa sulla legge. La tua esistenza è legate alla nostra. Le leggi sono fatte da uomini e come tali, possono essere cambiate. Se noi non fossimo andate bene, avresti dovuto batterti per cambiarci. Dal momento in cui non l’hai fatto, andavamo bene e quindi erano ingiusti gli uomini che le hanno applicate. Fuggendo offendi le leggi giuste.". Socrate dice che non saprebbe come replicare perché per tutta la vita ha predicato il rispetto e non può abbandonare la sua dottrina alla sua morte. Inoltre la sua vita è centrata all'insegnamento quindi in esilio non potrebbe insegnare, e la sua vita non avrebbe senso.
I dialoghi socratici finiscono con il Critone. In tutti quanti il punto debole è la morale. Quindi la MORALE è il punto debole della dottrina.

INTELLETTUALISMO ETICO
Socrate ha detto che solo il sapiente è virtuoso. Per Socrate si può essere AMORALI ma non IMMORALI. Uno non può scegliere il male consciamente, è la volontà che sceglie il male, e la volontà è data dal corpo. Nel sapiente prevale l’intelletto sulla volontà. Nell’ignorante prevale la volontà, quindi l’ignorante è malvagio perché non possiede la conoscenza. L’ignorante non può fare il bene perché non lo conosce. Socrate sbaglia a considerare solo l’intelletto o ragione, perché l’uomo è composto anche di corpo, e anche se inconsciamente possiede delle volontà.
SAPIENZA =VIRTU’ => NON SAPERE = MALE

Esempio