Platone: la filosofia attraverso le opere

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Testo

Platone

Ogni cosa sensibile è opinione, in esse infatti non si scorge la completezza dei concetti universali, per cui le cose sensibili appaiono diverse da diversi punti di vista (sono opinioni) perché esse partecipano solo in parte alla perfezione dei concetti ma non sono il concetto stesso. Esempio: esiste il concetto di grandezza che non muta mai pur nel mutare delle cose. Una città può partecipare nelle diverse epoche della sua storia al concetto di grandezza come a quello di piccolezza, essendo prima grande e poi ridiventando piccola, tuttavia il concetto di grandezza, in sé, non muterà mai, poiché identifica necessariamente solo uno stesso stato (non è possibile, infatti, che la grandezza sia allo stesso tempo grande e piccola). Questo concetto che mai muta viene chiamato da Platone idea (da eidos=forma). L'idea di Platone è allora l'autentico apparire della verità, contrapposta all'opinione che grava necessariamente attorno alle cose del mondo sensibile. L'idea è la forma autentica della realtà, la forma certa e immutabile, quella forma di cui non si può dire per nessun motivo che sia errore ed opinione. L'idea platonica non è comunque lo stesso concetto universale di ogni cosa presente alla mente degli uomini: nella scala platonica, prima viene l'idea, immutabile e abitante una sua propria dimensione ontologica, poi viene il concetto dell'idea che si forma nella mente (il concetto è il modo in cui l'idea viene percepita), solo dopo questi si collocano le cose sensibili. L'idea non è il semplice concetto, è un'entità dotata di esistenza vera e propria, una sorta di "oggetto" eterno. Fatto salvo l'essere che non muta (l'idea), Platone avverte quindi che l'essere sensibile, l'essere delle cose che ci appaiono davanti agli occhi ogni giorno, diventa una realtà intermedia tra l'essere e il non essere. Le cose sensibili, infatti, sono corruttibili, mutano, divengono, si generano e si distruggono, hanno in sé parte dell'idea immutabile di cui sono la forma sensibile e parte del suo contrario (una cosa, ad esempio, è più o meno bella in quanto parte di essa partecipa, oltre che all'idea di bellezza, anche all'idea del brutto). Dunque, per ogni concetto rivelabile dall'intelletto come immutabile nella sua perpetua astrazione (l'idea in quanto concetto che si pone al di fuori della temporalità), esiste un'idea corrispondente, ovvero, esiste l'idea del cavallo, dell'animale, dell'uomo e di qualsiasi altro ente pensato. Queste idee, vere e proprie "matrici" eterne e perfettissime, vanno a concorrere in diversa misura alla creazione dell'ente terreno. Questo è il meccanismo di partecipazione alle idee perfette degli enti terreni, ogni cosa terrena è opinione proprio perché partecipa in diversa misura a quelle idee assolute che mai verranno a farne parte interamente, perché questo comporterebbe che un ente terreno sia perfetto quando l'idea, cosa impossibile, perché questo non permetterebbe alle cose terrene di mutare e di rappresentare una molteplicità di idee, come in realtà accade nel mondo sensibile. Si pensi infatti a una cosa bella. Se essa fosse bellezza pura, non parteciperebbe a nessun altra idea che non sia la bellezza assoluta, quindi non potrebbe essere altro che pura bellezza. Questo è impossibile, perché la bellezza, nel mondo sensibile, si riferisce sempre a qualche ente concreto. Risulta chiaro, da queste premesse, che esistono due condizioni di esistenza, quella delle idee immutabili (il mondo intelligibile, percepibile dal puro intelletto) e quella degli enti sensibili (il mondo sensibile, percepito dai sensi).
Il mondo degli enti sensibili è il mondo che l'uomo ha davanti agli occhi quotidianamente, in cui gli enti, le cose esistenti, si generano e si corrompono; il mondo delle idee, chiamato da Platone Iperuranio (hyper=oltre; ouranos=volta celeste), è il mondo in cui risiedono le idee immortali e assolute alle quali gli enti terreni e corruttibili partecipano in diversa misura. L'Iperuranio si trova al di là della volta celeste, in una regione da sempre esistente al di là del tempo e dello spazio, è il vero e proprio "caveau" delle matrici, la dimora dei concetti eterni e incorruttibili che rappresentano il riferimento delle cose terrene. Platone risolve quindi il dilemma tra l'essere immutabile e l'essere diveniente creando due mondi separati: l'Iperuranio rappresenta l'aspetto autentico della realtà nella sua totalità (la verità); il mondo sensibile, rappresentante il mondo dell'incertezza, in cui nulla si può dire di certo che non sia opinione, è un mondo subordinato al primo, solo l'Iperuranio rappresenta infatti la verità, e la verità si pone in una posizione di precedenza rispetto all'opinione.
Ecco perché il vero filosofo, secondo Platone, è colui che si occupa della comprensione del mondo delle idee, il mondo sensibile non rappresenta la verità, e il filosofo, come primo dovere, ha quello di conoscere il vero. Dunque, per ogni cosa terrena esiste una molteplicità di idee iperuraniche che ne vanno a formare la realtà in diversa misura, ogni ente terreno partecipa in diversa misura alle diverse idee assolute. Quindi non solo il mondo sensibile è caratterizzato dal molteplice (ovvero è formato di cose diverse e divise) ma anche l'Iperuranio è formato da idee immutabili diverse e divise tra loro. L'ordine necessario e immutabile in cui sono riunite le idee dell'Iperuranio è chiamato da Platone dialettica. Essa è la struttura ordinata in cui si pongono in relazione tra loro le idee. La struttura dell'Iperuranio è piramidale: alla sommità della piramide le idee partecipate dalle idee (e quindi anche dagli enti sensibili), quali, ad esempio, l'idea iperuranica che rappresenta il concetto delle idee iperuraniche, alla base si troveranno le idee che vengono partecipate solo dagli enti sensibili. Nelle posizioni intermedie si troveranno tutte quelle idee che in diversa misura sono partecipate dalle idee delle gerarchie a loro inferiori. L'Iperuranio si viene a configurare, così, come una struttura complessa e determinata gerarchicamente. Dialogo è una parola che proviene dal verbo greco dialégo, che significa sia "raccolgo, unifico" che "distinguo, divido". La dialettica è allora la struttura unitaria della molteplicità delle idee eterne divise. Se la dialettica è poi la struttura immutabile dell'Iperuranio, ovvero il modo in cui le idee sono autenticamente in rapporto tra loro, il sapiente, il quale vive nell'opinione delle cose sensibili, dovrà rivolgersi alla conoscenza della dialettica (alla "reminescenza" della dialettica, come si vedrà meglio nel capitolo 7). La dialettica rappresenta allora la verità, ovvero la struttura autentica delle cose e dei mondi. Se l'anima dell'uomo ha dimenticato ogni cosa vista nell'Iperuranio, conoscere le cose del mondo sensibile significa riportare alla mente, ricordare, ridestare dalla memoria cose già conosciute: la reminescenza. Durante l'incarnazione dell'anima in un corpo, il trauma della nascita cancella la conoscenza delle idee, ma la loro memoria rimane comunque impressa nel profondo dell'anima stessa. Il processo di crescita e di conoscenza di un individuo è quindi un riportare alla luce le idee dimenticate. Quando infatti conosciamo qualcosa del mondo sensibile, ce ne facciamo un concetto, e il concetto che si forma nell'intelletto, proprio per la sua natura universale e la sua funzione di modello ideale, avrà sempre una maggiore perfezione rispetto alle cose sensibili. Questa precedenza dell'intellegibile rispetto al sensibile indica, secondo Platone, la precedenza dei concetti rispetto agli oggetti sensibili, per cui le idee dei concetti preesistono necessariamente alla loro realizzazione sensibile, conoscere non può che essere una attività di riconoscimento di questi concetti universali, i quali, proprio perché validi sempre indipendentemente dalle singole cose realizzate, sono eterni e salvi sotto forma di idee nell'Iperuranio, non potendo distruggersi nel distruggersi delle cose terrene. Nei suoi dialoghi Platone ricorre frequentemente al mito in quanto lo considera un espediente didattico-espositivo utile a comunicare in maniera più accessibile e intuitiva contenuti filosofici particolarmente ardui e intellettualmente impegnativi; il mito è anche un mezzo che assolve ad una funzione allegorica, dal momento che funge da supporto ai discorsi razionali quando questi sembrano spingersi oltre i limiti della pensabilità dei problemi affrontati.

Il mito della caverna
Platone dice poi di voler descrivere la nostra situazione di uomini, di come siamo e di come il nostro destino può cambiare. Si serve qui del celeberrimo mito della caverna, forse il più famoso mito platonico, dove emerge tutta la sua filosofia:
Descrive una caverna profonda stretta ed in pendenza, simile ad un vicolo cieco. Sul fondo ci sono gli uomini, che sono nati e hanno sempre vissuto lì; essi sono seduti ed incatenati, rivolti verso la parete della caverna: non possono liberarsi nè uscire nè vedere quel che succede all'esterno. Fuori dalla caverna vi è un mondo normalissimo: piante, alberi, laghi, il sole, le stelle...Però prima di tutto questo, proprio all'entrata della caverna, c'è un muro dietro il quale ci sono persone che portano oggetti sulla testa: da dietro il muro spuntano solo gli oggetti che trasportano e non le persone: è un pò come il teatro dei burattini,come afferma Platone stesso. Poi c'è un gran fuoco, che fornisce un'illuminazione differente rispetto a quella del sole. Questa è l'immagine di cui si serve Platone per descrivere la nostra situazione e per comprendere occorre osservare una proporzione di tipo A : B = B : C La caverna sta al mondo esterno (i fiori, gli alberi...) così come nella realtà il mondo esterno sta al mondo delle idee: nell'immagine il mondo esterno rappresenta però quello ideale tant'è che le cose riflesse nel lago rappresentano i numeri e non le immagini empiriche riflesse. Si vuole illustrare la differenza di vita nel mondo sensibile rispetto a quella nel mondo intellegibile.Noi siamo come questi uomini nella caverna,costretti a fissare lo sguardo sul fondo,che svolge la funzione di schermo:su di esso si proiettano le immagini degli oggetti portati dietro il muro. La luce del fuoco,meno potente di quella solare,illumina e proietta questo mondo semi-vero. Gli uomini della caverna scambieranno le ombre proiettate sul fondo per verità,così come le voci degli uomini dietro il muro:in realtà è solo l'eco delle voci reali. Gli uomini della caverna avranno un sapere basato su immagini e passeranno il tempo a misurarsi a chi è più bravo nel cogliere le ombre riflesse,nell'indovinare quale sarà la sequenza:è l'unica forma di sapere a loro disposizione ed il più bravo sarà colui il quale riuscirà a riconoscere tutte le ombre. Supponiamo che uno degli uomini incatenati riesca a liberarsi:subito si volterebbe e comincerebbe a vedere fuori gli oggetti portati da dietro il muro non più riflessi sul fondo della caverna. Poi comincerà ad uscire ma sarà piuttosto riluttante perchè infastidito dalla luce alla quale era desueto:quando finalmente uscirà si sentirà completamente smarrito e disorientato. Comincerà a guardare indirettamente la luce solare:ad esempio la osserverà riflessa su uno specchio d'acqua. Man mano che la vista si abitua guarda gli oggetti veri:gli alberi,i fiori...In un secondo tempo le stelle e poi riuscirà perfino a vedere il sole. Chiaramente vi sono chiare allusioni a varie dottrine platoniche:evidente risulta l'allusione ai 5 livelli di conoscenza;le immagini proiettate sul fondo della caverna sono l'eikasia la capacità di cogliere le realtà empiriche riflesse,grazie al fuoco che rende visibili questi oggetti "artificiali". Gli oggetti artificiali che portano dietro il muro sono la pistis,il mondo sensibile vero e proprio. Curioso è che l'atto di voltarsi da parte degli uomini nella caverna venga espresso con la parola "convertirsi":è l'atto fondamentale per il cambiamento della propria prospettiva esistenziale. Le cose dietro il muro riflesse nello specchio d'acqua rappresentano la dianoia, gli enti matematici; gli alberi ed i fiori sono invece le idee vere e proprie, la noesis.Il sole, invece, è il bene in sè.Le stelle sono le idee più elevate (i numeri ideali...).L'uomo che è fuggito dalla caverna e ha visto tutto si trova in una situazione piuttosto ambigua: da un lato vorrebbe rimanere all'aperto, dall'altro sente il bisogno di far uscire anche i suoi amici incatenati; alla fine decide di calarsi nella caverna e quando arriva in fondo non vede più niente, è come se accecato. Sostiene di essere tornato per condurli in un'altra realtà, ma essi lo deridono perchè non riesce più neppure a vedere le ombre riflesse sul fondo. Lui però continua a parlar loro del mondo esterno ma i suoi "amici" lo deridono e si arrabbiano e lo picchiano perfino. In realtà Platone vuole qui descrivere la storia di Socrate, un uomo che ha visto realtà superiori e ha cercato di farle conoscere agli altri che non hanno però accettato. Per quel che riguarda il fatto che l'uomo tornato nella caverna non riesca più a cogliere le realtà sensibili, possiamo portare ad esempio la vicenda del filosofo Talete, che guardando le stelle cadeva nei pozzi e veniva deriso per il fatto che voleva vedere le stelle lui che non vedeva neppure cosa c'era per terra. La liberazione dalle catene avviene (come la reminescenza) o per caso o grazie all'intervento di qualcuno. Comunque il mito rievoca pure il compito dei governanti, che una volta raggiunto il sapere devono per forza tornare nel mondo sensibile per governare. La fuoriuscita dalla caverna può anche essere metafora del lungo percorso educativo dei filosofi-re. Si può quindi definire correttamente il mito della caverna come una sorta di riassunto della filosofia platonica.
La biga alata
Un mito molto interessante è quello raccontato nel "Fedro", una dei dialoghi più conosciuti: Platone tratta qui un argomento non pienamente raggiungibile con la ragione, anche se il nucleo è alquanto razionale: racconta dell'esistenza dell'anima e dell'incarnazione. Per Platone l'anima è una biga trainata da cavalli alati: essa è composta da tre elementi: un auriga e due cavalli. Nell’esistenza prenatale le anime degli uomini stavano con quelle degli dei nel cielo, con la possibilità di raggiungere un livello superiore, l'iperuranio, una realtà al di là del mondo fisico che si riconnette alla celeberrima teoria delle idee, che esamineremo in seguito, secondo la quale vi erano due livelli di realtà: il nostro mondo e le idee. L’auriga impersonificava l'elemento razionale, mentre i cavalli quelli irrazionali: ciò significa che la nostra anima è per Platone costituita da elementi razionali ed irrazionali. Dei due cavalli, uno, di colore bianco, è un destriero da corsa ubbidiente e con spirito competitivo, l'altro, nero, è tozzo, recalcitrante ed incapace: compito dell'auriga è riuscire a dominarli grazie alla sua abilità e alla collaborazione del bianco. Il nero si ribella all'auriga (la ragione)e rappresenta le passioni più infime e basse, legate al corpo. Il bianco rappresenta le passioni spirituali, più elevate e sublimi. Significa che non tutti gli aspetti irrazionali sono negativi e che è comunque impossibile eliminarli: si possono solo controllare con la "metriopazia", la regolazione delle passioni. E’ una metafora efficace perchè è vero che guida l'auriga, ma senza i cavalli la biga non si muove: significa che le passioni sono fondamentali per la vita. Sta anche a significare che soltanto alla parte razionale, in quanto dotata di sapere, spetta il governo dell'anima. Anche le anime degli dei hanno i cavalli, ma solo bianchi. Lo scopo è arrivare all'altopiano dell'iperuranio: gli dei non incontrano particolari difficoltà, mentre le bighe delle anime umane hanno seri problemi perchè si creano ingorghi ed i cavalli neri tendono a volare nella direzione opposta, verso il basso. Accade spesso che le ali dei cavalli si spezzino e la biga precipiti sulla terra: questa è l'incarnazione. Una volta arrivato sulla terra, l'uomo non si ricorda più dell'altra dimensione, e vive con nostalgia: la vita dell'uomo non è nient'altro che un tentativo di tornare a quella situazione primordiale e le vie da percorrere per raggiungerla sono due, vale a dire la filosofia, che ci consente di vedere le ombre di quel mondo splendido, di cui quello terreno è solo un'imitazione, e la bellezza, una via più semplice, che fa nascere l'amore; se ha la meglio il cavallo bianco guidato dall'auriga l'amore assumerà connotazioni sublimi, se vincerà quello nero sarà un amore puramente fisico. La bellezza è una delle tante idee e filtra facilmente nel mondo sensibile perchè è coglibile per tutti grazie ad un senso, la vista. Secondo Platone per gli occhi degli innamorati intercorre un fluido che scorre fino al punto dove le ali dei cavalli s'erano spezzate osi che si ricreano e si può tornare alla dimensione primordiale: il liquido che viene a contatto con l'ala spezzata le dà nuovo vigore facendola rispuntare; proprio quando essa sta ricrescendo, esattamente come i primi denti che spuntano, fa soffrire. Quando si è vicini alla persona amata, contemplandola scorre nuovo flusso che fa passare il dolore dell'anima alimentandola. Quando si è lontani dalla persona amata, invece, non arrivando più il flusso, le ali si inaridiscono e si seccano, accentuando il dolore e la sofferenza. Quindi l'innamorato farà di tutto per vedere il più spesso possibile la persona amata e solo in sua presenza starà bene. Il concetto di amore platonico che abbiamo oggi deriva dal medioevo e non è completamente corretto in quanto i Medioevali credevano che per un innalzamento spirituale non ci dovesse essere amore fisico; per Platone c'è una scala gerarchica dell'amore: nei gradini più bassi si trova l'amore fisico, ma per arrivare in cima ad una scala bisogna percorrere tutti i gradini. Per Platone l'anima ed il corpo hanno caratteristiche opposte: l'una è spirituale e legata all'Iperuranio, alla dimensione delle idee, mentre l'altro è puramente materiale, affine al mondo sensibile e terreno, e soprattutto è mortale. Mentre il corpo spinge l'uomo a cercare piaceri sensibili e di livello basso, l'anima lo induce a cercare piaceri sublimi e spirituali. Va senz'altro notato come Platone riprenda la teoria dei Pitagorici(e degli Orfici)secondo la quale il corpo è la prigione dell'anima(si giocava sulla parola greca "soma"che indica il corpo e "sema", che indica invece la prigione).Il contrasto anima-corpo lo si affronta anche da un punto di vista gnosologico:il corpo talvolta ci aiuta a conoscere,talvolta ci ostacola:se si disegna un triangolo rettangolo e ci si ragiona,da un lato può essere un aiuto per passare all'astrazione e passare all'idea di triangolo,che è ben diversa dal triangolo disegnato che è solo un'imitazione mal riuscita,dall'altro può essere un ostacolo se ci si limita a ragionare su quel singolo triangolo senza passare al livello di astrazione. La principale differenza tra l'amore di oggi e quello dei tempi di Platone è che al giorno d'oggi abbiamo in mente un amore "bilanciato",biunivoco,dove i due amanti si amano reciprocamente;ai tempi di Platone era univoco,uno amava e l'altro si faceva amare:nel mondo greco o l'uomo amava la donna o l'uomo amava l'uomo:l'omosessualità era diffusissima. Talvolta ci poteva essere un amore biunivoco,che Platone spiegava ricorrendo sempre alla teoria del flusso che intercorre tra gli occhi:secondo lui poteva venirsi a creare una situazione di "specchio":in realtà l'amato vede negli occhi di chi lo ama se stesso perchè vede riflessa la propria bellezza;è una concezione mitica che rievoca i celeberrimi versi di Dante:"amor,ch'a nullo amato amar perdona...":è come se chi è amato si innamorasse del sentimento stesso.
Il mito di Er
Pur avendo già dimostrato che l'anima è eterna in modo razionale,Platone si serve poi di un mito,il celebre mito di Er ,un guerriero della Panfilia morto in battaglia. Il suo corpo viene raccolto e portato sul rogo (era un'usanza greca): proprio prima che gli diano fuoco si risveglia e racconta ciò che ha visto nell'aldilà,affermando che gli dei gli han concesso di ritornare sulla terra per raccontare agli altri uomini ciò che ha visto. Dice di aver visto 4 passaggi attraverso i quali le anime salgono nella dimensione ultraterrena,da un passaggio le buone,dall'altro le malvagie,e tramite i quali ritornano sulla terra. Infatti,dice,le anime buone finivano in una sorta di Paradiso dove godevano,le cattive in una sorta di Purgatorio (l'Inferno era un fatto raro,destinato solo ai più malvagi).I giusti ricevono premi per 1000 anni,i malvagi soffrono. Dopo questi 1000 anni le anime buone e quelle cattive si devono reincarnare. Esse si recano al cospetto delle 3 Moire che devono stabilire il loro destino. Le anime vengono radunate da una specie di araldo che distribuisce a caso dei numeri,seguendo una prassi che può ricordarci quella dei supermercati;infatti prende i numeri e li getta per aria ed ogni anima prende quello che le è caduto più vicino (questo sottolinea come nella nostra vita ci sia comunque una componente di casualità).Il numero serve per dare un ordine alle anime che devono scegliere in chi reincarnarsi;chiaramente chi ha il numero 1 è avvantaggiato perchè ha una scelta maggiore,ma deve comunque saper scegliere bene. Dunque c'è sì una componente di casualità,ma in fin dei conti la nostra vita ce la scegliamo noi:è vero che per chi nasce,per esempio,in una famiglia agiata è più facile essere onesti rispetto a chi nasce in una famiglia povera,oppure chi nasce in una famiglia onesta è avvantaggiato rispetto a chi nasce in una famiglia disonesta,ma tuttavia la nostra vita ce la scegliamo noi. Ma quelli che hanno numeri sfavorevoli non sono necessariamente svantaggiati perchè scelgono dopo:in primo luogo le possibilità di scelta che gli restano sono sempre tantissime,in secondo luogo chi è primo non sempre effettua buone scelte; Er racconta che nel suo caso chi scelse per primo scelse la tirannide che gli aveva fatto una buona impressione (infatti lassù si vedono le cose sotto forma di oggetti:forse la tirannide aveva dei bei colori,chi lo sa?).Costui,non appena si era accorto di ciò che comportava l'essere tiranno,non voleva più esserlo,ma era troppo tardi:le Moire gli danno l'incarico di tiranno e lo lanciano sulla terra,dopo averlo immerso nel fiume Lete perchè dimentichi (Er chiaramente non è stato immerso).Er dice che per ultima era arrivata l'anima di Ulisse e che,stanca della passata vita "movimentata",scelse la vita di un comune cittadino. Platone fa notare che di solito chi veniva dal Paradiso tendeva ad effettuare scelte sbagliate,mentre chi veniva dal Purgatorio e aveva sofferto sceglieva bene. Infatti chi aveva vissuto per 1000 anni di beatitudine si era scordato di che cosa fosse la sofferenza. Quindi chi ha sofferto sceglie bene e sceglie una buona vita che lo porterà al Paradiso,mentre chi ha goduto sceglie male e dopo che ri-morirà finirà in Purgatorio. Pare quindi un circolo vizioso,ma in realtà Platone dice che il motivo per cui si sceglie una vita buona o una cattiva può derivare da doti naturali:ci sono infatti persone portate a comportarsi bene per inclinazione naturale:vi è anche chi ha conoscenze basate sulla doxa (l'opinione) e che può cogliere alte realtà,ma solo casualmente,senza riuscire a fornire motivazioni:costoro,che conducono una vita buona per caso,non radicata nella coscienza,si smontano facilmente nel Paradiso quando godono e finiranno per scegliere male. Chi ha invece raggiunto il bene in sè,la super-idea del bene,non cadrà mai nel male.
Nella Repubblica Platone delinea una nuova concezione dello stato per realizzare l'ideale della conoscenza universale e necessaria. Secondo Platone lo stato si forma per soddisfare i propri bisogni con l'aiuto degli altri, ma l'eccessiva brama di potere e il desiderio di espansione territoriale provocano lotte continue e guerre. Occorre quindi creare un esercito di soldati di professione per difendersi, i custodi dello stato, la cui vita dovrà fondarsi sulla totale condivisione. È per questo motivo che Platone ritiene indispensabile l'abrogazione di ogni possesso individuale, abolizione che deve essere estesa anche alla famiglia. Inoltre, lo stato non solo si occuperà dell'educazione dei figli, ma controllerà anche le unioni sentimentali, e le donne dovranno essere educate per poter collaborare con gli uomini in tutti gli uffici pubblici, compresa la guerra. Solo la classe dei lavoratori è esentata dalla rinuncia alla famiglia e dall'obbligo della formazione.
Se per Socrate era importante occuparsi soprattutto dell'anima, Platone ritiene indispensabile non trascurare lo stato. Il superamento dell'orientamento socratico è evidente proprio nella corrispondenza che Platone realizza distinguendo le tre classi sociali che formano lo stato sulla base di una teoria dell'anima composta da tre parti. La parte concupiscile, l'istinto, equivale alla classe dei lavoratori, uomini di bronzo. La parte animosa, la forza emotiva, corrisponde invece ai custodi, uomini d'argento, mentre la parte razionale, la ragione, spetta ai governanti, uomini d'oro.
Lo stato deve essere governato da persone che racchiudono in sé filosofia e potenza politica. Dominio politico e vera conoscenza, ispirata dall'amore dell'idea, devono incontrarsi, e ciò accade solo con un governo aristocratico, tutte le altre forme (democrazia, oligarchia, democrazia, tirannia) non sono che la degenerazione di questo modello perfetto.
La principale differenza tra l'amore di oggi e quello dei tempi di Platone è che al giorno d'oggi abbiamo in mente un amore "bilanciato",biunivoco,dove i due amanti si amano reciprocamente;ai tempi di Platone era univoco,uno amava e l'altro si faceva amare:nel mondo greco o l'uomo amava la donna o l'uomo amava l'uomo:l'omosessualità era diffusissima. Talvolta ci poteva essere un amore biunivoco,che Platone spiegava ricorrendo sempre alla teoria del flusso che intercorre tra gli occhi:secondo lui poteva venirsi a creare una situazione di "specchio":in realtà l'amato vede negli occhi di chi lo ama se stesso perchè vede riflessa la propria bellezza;è una concezione mitica che rievoca i celeberrimi versi di Dante:"amor,ch'a nullo amato amar perdona...":è come se chi è amato si innamorasse del sentimento stesso. Platone ci parla dell'amore(in Greco "eros",che designa l'amore passionale ed irrazionale,diverso da "agapè",l'amore puro)nel "FEDRO":in realtà gli argomenti trattati sono due: 1)l'eros 2)la retorica .Quella di Platone,oltre ad essere un'epoca di passaggio tra oralità e scrittura,è anche un'epoca in cui emerge un importante quesito:come si fanno ad educare i cittadini?Vi era chi rispondeva che l'unica via era la filosofia(tra questi Platone stesso),e chi,come Isocrate,sosteneva che per tale funzione ci fosse la retorica. Platone,dunque,vuole argomentare in difesa della filosofia:le vicende si svolgono nella campagna circostante Atene,in una calda giornata estiva. Protagonista è Socrate ,che si potrebbe dire sempre presente nei dialoghi di Platone sebbene man mano che l'autore matura tenda a sfumare;Socrate in campagna si imbatte in Fedro,un suo discepolo che ama i bei discorsi a tal punto da trascriverli tutti. I due si siedono al riparo dal sole sotto un platano e Fedro mostra a Socrate un'orazione di Lisia,uno dei più grandi oratori greci,che si è appena trascritto:è un'orazione riguardante l'amore a carattere "sofistico",si cercano cioè di dimostrare cose paradossali ed assurde:Lisia (va senz'altro notato come Platone ben riproduca lo stile lisiano)cerca di dimostrare come sia meglio concedersi a chi non ama:Lisia parte dal presupposto che l'amore sia una "follia" e che concedersi a chi ama è una stoltezza:si avrebbe un amore troppo "appiccicaticcio" che se mai si rompesse farebbe soffrire terribilmente l'innamorato-amante;poi dopo che è passato l'ardore iniziale si torna in sè e ci si rimprovera di esseresi comportati così da "rimbambiti" e si finisce per soffrire di continuo. Con una persona non amata è chiaro che ci si comporterebbe in tutt'altro modo:più che altro si penserebbe ad essere felici noi rispetto all'amato non amato . Socrate a sua volta imposta due discorsi:nel primo conferma la tesi lisiana,mentre nel secondo sostiene che il suo "demone"(una specie di coscienza personale-angelo custode che si fa sentire solo quando Socrate sta commettendo un errore) lo sta ammonendo,facendogli capire che sta clamorosamente sbagliando. Anche per Socrate l'amore è una follia,però,a differenza di Lisia,per lui è positiva:vi sono infatti follie dannose e negative,ma anche positive e benigne. Poi Socrate formula un nuovo discorso per farsi perdonare per quel che ha detto dal dio dell'amore ("Eros").E' difficile comprendere quale sia il tema centrale(l'amore?La retorica?);fatto sta che sono due argomenti strettamente connessi tra loro in quanto l'amore(l'eros)è una metafora per indicare la filosofia:questa stretta parentela Platone la esamina meglio nel "SIMPOSIO"(dal Greco sun+pino=bere insieme),il suo capolavoro : Socrate si sta dirigendo verso la casa del tragediografo Agatone quando incontra un amico;allora invita anche l'amico e quando sono ormai arrivati , Socrate comincia a riflettere intensamente. Durante i simposi (all'epoca non c'era la TV e le serate si trascorrevano cosi')veniva nominato un simposiarca il cui compito era quello di dare un ordine alla discussione facendo passare la parola da un invitato all'altro e selezionare l'argomento da trattare. Si sceglie di parlare dell'amore:c'è chi dice che Eros è la divinità più giovane e più bella,chi dice che è la più vecchia in quanto forza generatrice di tutto,chi sostiene che sia una forza cosmica che domina la natura,chi suggerisce che sia un tentativo da parte di tutti gli enti finiti di eternarsi procreando,c'è chi è del parere che sia la divinità più valorosa in quanto riesce a dominare perfino la guerra,facendo riferimento all'episodio mitico secondo il quale Ares,il dio della guerra,sarebbe innamorato di Afrodite.Aristofane,celeberrimo commediografo,narra una storia semiseria:si tratta di un mito secondo il quale gli uomini un tempo erano tondi, sferici e doppi:questi esseri si sentivano forti e perfetti e peccarono di tracotanza;gli dei per punirli li tagliarono a metà e per ricucirli fecero loro un nodo(l'ombelico)sulla schiena;poi lo posizionarono sulla pancia perchè si ricordassero di quanto era successo ogni volta che guardavano in basso:questi esseri sentivano il bisogno di ritrovare l'altra metà e la cercavano disperatamente. Quando la trovavano si attaccavano e non si staccavano più neanche per mangiare e cosi' morivano di fame;cosi' gli dei crearono l'atto sessuale che consentiva di trovare un appagamento da questa unione. Questo mito originale ci spiega due cose: a ) in ogni epoca i rapporti sessuali sono sempre stati etero e omo. b )il tentativo di ritornare ad una situazione primordiale. Notare che nel mondo greco la forma sferica è sempre vista come unità originaria perfetta( cosi' era già in altri grandi filosofi quali Empedocle,Parmenide...).Se si leggono accuratamente tutti i discorsi ci si accorge che ognuno di essi contiene una parte di verità:il discorso finale di Socrate non sarà nient'altro che una sintesi in cui li unisce praticamente tutti. Egli racconta di essersi una volta incontrato con una sacerdotessa(Diotima)che gli ha rivelato tutti i misteri dell'eros:viene a proposito citato un mito riguardante i festeggiamenti divini per la nascita di Afrodite:tra le varie divinità ci sono anche Poros(astuzia,furbizia)e Penia(povertà).Essi,ormai ubriachi per l'eccessivo bere,si uniscono e viene cosi'concepito Eros,che ha quindi le caratteristiche dei suoi genitori:è ignorante,povero e brutto a causa di Penia,ma sa cavarsela sempre grazie a Poros.Non è bello,ma sa andare a caccia della bellezza;egli sente l'amore ed è soggetto della ricerca della bellezza e dell'amore,svolge le mansioni dell'amante e non dell'amato. Chiaramente se ricerca la bellezza significa che non la possiede:così il filosofo è privo e bisognoso del sapere (penia=povertà),ma ha anche le capacità di cercarsi e di procurarsi ciò di cui è privo (poros=astuzia,espediente);dato che Eros è privo di bellezza e le cose buone sono belle,manca anche di bontà;ciò che non è bello o buono,non è necessariamente brutto e cattivo;per Platone vi è un livello intermedio;tra il sapere e l'essere ignoranti la via di mezzo consiste nell'avere buone opinioni,senza però darne ragione;la posizione intermedia comunque non è un male perchè è uno stimolo per arrivare al top:chi si trova nella posizione più bassa sa di non potersi elevare e neanche ci prova,chi si trova in quella più alta non si deve impegnare perchè è già nella posizione ottimale:chi si impegna e lavora è chi si trova in una zona intermedia (i filosofi,che non sanno ma si sforzano di avvicinarsi al sapere).Tutti gli dei,gli aveva detto Diotima,sono belli e buoni e di conseguenza Eros non rientra nella categoria. Anche da questo punto di vista Eros riveste una posizione intermedia:non è un dio,ma neanche un mortale:è un qualcosa che nasce e muore di continuo;è una metafora con cui si vuole dimostrare che non si può mai possedere totalmente l'amore; l’amore è metafora della filosofia perchè l'uomo non possiede il sapere,ma si sforza per ottenerlo;può riuscire ad avvicinarvisi,ma non si tratta comunque di una conquista definitiva:il pieno sapere è irraggiungibile. Dunque Eros è una semi-divinità intermedia. Nella struttura sociale dell'epoca l'omosessualità era tipica dei filospartani e di coloro che avevano un'impostazione culturale arcaica:è questo il caso di Socrate e Platone. Il rapporto veniva vissuto "pedagogicamente",vale a dire che era un rapporto di tipo maestro-allievo. A differenza dell'amore eterosessuale,di livello più basso in quanto volto al piacere fisico e alla procreazione materiale,quello omosessuale era di più alto livello in quanto volto alla procreazione spirituale:vengono fecondate le anime per procreare nuove idee. Propriamente in Socrate non si parlava di amore,ma vanno tenute in considerazione le affermazioni a riguardo della maieutica(Socrate diceva di fare lo stesso lavoro della madre che era un'ostetrica:lei faceva partorire le donne,lui le idee): Socrate aveva quindi già in mente anime gravide da far partorire;Platone invece sostiene che ci sia una vera e propria fecondazione delle anime,che chiaramente non devono essere sterili. Ben si intuisce che la ricerca dell'amore combacia con quella della filosofia. Alla fine del Simposio irrompe improvvisamente il famoso Alcibiade,totalmente ubriaco,che racconta pubblicamente di aver fatto delle "avances" a Socrate ,che però non ha accettato:lui,bello,giovane,aitante con un vecchio decrepito che non ci sta:il che sta a significare che la bellezza esteriore conta meno di quella interiore,ed è anche un modo per ribadire il concetto della scala gerarchica dell'amore. Socrate non ci viene presentato come un asceta:egli è totalmente immerso nella sua realtà,ma non si lascia catturare:ai festini lui partecipa tranquillamente,pur non identificandovisi;dagli altri si distingue perchè mantiene sempre la sua capacità di giudizio(nel Simposio è l'unico a non addormentarsi).

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