Aristotele: dalla vita al confronto con Platone

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Testo

Aristotele
Contesto storico
Anche se gli anni che separano Platone da Aristotele erano pochi, il tempo storico sembra aver subito un profondo cambiamento. La crisi delle polis appare irreversibile di fronte all’avanzata della potenza macedone. La Grecia era, in effetti, stata conquistata da Alessandro Magno e suo figlio Carlo Magno. In questo clima il cittadino greco aveva perso l’interesse per la politica.
La vita
Aristotele nacque a Stagira il 384-383 a.C. dal padre Nicomaco, medico alla corte macedone. Egli entrò nella scuola di Platone a 17 anni dove ci rimase per vent’anni, fino alla morte del maestro. La sua formazione spirituale si compì sotto l’influenza e la personalità platonica; ma quando Aristotele apprese un’indipendenza di pensiero, mostrò un’ingratitudine nei confronti del maestro. Ma questa era una necessaria autonomia del pensiero che doveva caratterizzare l’indagine razionale.
Alla morte di Platone, Aristotele lasciò l’Accademia e si recò ad Asso. Seguì il matrimonio tra la figlia di Ermia, alleato di Filippo re di Macedonia, chiamata Pitia.
Nel 342 Aristotele fu chiamato dal re macedone per occuparsi dell’educazione del figlio Alessandro Magno. Più tardi Alessandro assunse nel suo governo le forme di un principato orientale e Aristotele si staccò da lui.
Dopo 13 anni Aristotele tornò ad Atene. Egli fondò il Liceo, che si contrapponeva all’università platonica, che comprendeva edificio, giardino, il peritato o passeggiata. Aristotele vi teneva li frequenti corsi, anche a studenti anziani. La scuola non era gratuita e non venivano ammesse le donne, che per entrare si travestivano. quando Aristotele ebbe 63 anni morì per una malattia allo stomaco.
Le opere
Oggi possediamo una buona serie di scritti aristotelici riguardanti molti campi del sapere. I trattati scolastici, scritti da Aristotele come appunti delle sue lezioni, erano destinati al pubblico ristretto degli studenti e presenta un pensiero sistematico e compiuto.
Altre opere sono quelle destinate ad un pubblico più vasto scritti su modello platonico. Questi scritti ci rivelano come Aristotele prima aderisce al pensiero platonico pero poi andarsene e modificarlo. In queste opere Aristotele faceva ricorso al mito e ad altri ornamenti stilistici.
Il trattato si presta meglio alla discussione di un argomento ben definito, infatti ognuno sviluppa una tematica in modo organico.
Confronto Platone e Aristotele
I due filosofi si differenziano innanzi tutto per il contesto storico. Platone si colloca nella cultura della polis e nella classicità greca: egli crede alla politica e vede il filosofo come il corretto legislatore della città. Secondo Platone, la filosofia deve indicare il giusto modo, individuale e collettivo, per consentire la felicità. Aristotele vive in una cultura tipica ellenistica, dove la Grecia ha perso la sua indipendenza, dove il cittadino non si sente appartenere alla polis.
Questo cambia anche il modo della visione del sapere. Platone vede il mondo secondo un’ottica verticale, gerarchica, e distingue le realtà vere da quelle apparenti. Aristotele, invece, vede il mondo secondo un’ottica orizzontale e unitaria. Egli considera tutte le scienze sullo stesso piano, a pari dignità.
Egli ritiene anche che la realtà si suddivide in varie regioni che costituiscono ciascuna l’oggetto di studio di un gruppo di scienze basate su principi propri. L’insieme di queste discipline costituisce l’enciclopedia del sapere, in cui si rispecchiano i molti aspetti dell’essere.
Tra queste spicca la filosofia, considerata da Aristotele la scienza prima, ossia la disciplina che studia l’oggetto comune (l’essere) e i principi comuni a tutte le scienze (i principi dell’essere).
Mentre la filosofia platonica è un’incessante ricerca, quella aristotelica è un sistema chiuso, un insieme fisso di regole rigidamente connesse tra loro. Mentre Platone fa uso di miti, Aristotele concepisce la filosofia in modo razionale e specialistica, senza alcun legame con la poesia. Mentre per Platone la matematica e la dialettica costituiscono le scienze più importanti, per Aristotele, figlio di un medico, sono le scienze naturali.
In comune hanno la concezione che la filosofia nasce dalla curiosità che l’uomo prova verso le cose e il suo bisogno di conoscere in modo spassionato e disinteressato.
Le scienze
Le scienze teoretiche hanno per oggetto il necessario, ossia ciò che non può essere diverso da come è, e hanno come scopo la conoscenza disinteressata del vero. Il loro unico obiettivo è l’osservazione e la comprensione della realtà. A tale ambito appartengono la metafisica, la fisica, la matematica e la psicologia.
Le scienze pratiche hanno come oggetto il possibile. Esse indagano l’ambito dei comportamenti umani sia a livello individuale (l’etica) sia a livello collettivo (la politica). Esse sono in grado di illuminare con la luce della ragione pratica le azioni degli uomini e dei popoli.
Le scienze produttive o poetiche comprendono le belle arti e le tecniche come l’architettura e la tessitura. Esse si fondano sulla conoscenza degli oggetti che trattano e delle regole di produzione materiale di ogni tecnica.
La metafisica
Il concetto
La metafisica è quella parte della filosofia che indaga le strutture profonde e le cause ultime del reale, che vanno al di la delle apparenze immediate dei sensi o del campo di studio della fisica. La metafisica è lo studio dell’essere. Per indicare questo Aristotele utilizzava l’espressione filosofia prima. Questa espressione risale ad Andronico di Rodi che, ordinando i capolavori aristotelici, mise i libri di filosofia dopo i libri di fisica ed ha scelto il termine metafisica, metà fisica, ossia dopo la fisica.
Nella sua opera Aristotele ha specificato le quattro definizioni della metafisica:
a) La metafisica studia le cause e i principi primi;
b) La metafisica studia l’essere in quanto tale;
c) La metafisica studia la sostanza;
d) La metafisica studia Dio e la sostanza immobile.
Mentre la matematica studia l’essere come quantità, la fisica come movimento, la metafisica studia l’essere in quanto tale.
Le cause e principi primi
Aristotele afferma che chiedere la causa significa chiedere il perché dell’oggetto, questo perché può essere diverso, per cui vi saranno varie specie di causa. Secondo Aristotele ogni oggetto è costituito da 4 cause: causa materiale, formale, efficiente e finale.
La causa materiale è la materia, ossia ciò di cui una cosa è fatta e che rimane nella cosa: l’argento è la causa della coppa.
La causa formale è la forma o il modello, cioè l’essenza necessaria di una cosa, non la forma dell’oggetto ma l’essere dell’oggetto. Forma inteso come eidos (eidos=forma=idea). Per esempio la natura razionale è la causa dell’uomo.
La causa efficiente è ciò che da inizio al mutamento o alla quiete, ossia cioè che origina qualcosa. È l’agente che produce la causa, è l’artefice che ha formato quella materia, che l’ha trasformata (fatta passare da una forma all’altra). Per esempio Michelangelo è la causa della Pietà (statua).
La causa finale è lo scopo cui una cosa tende, lo scopo che l’artefice voleva raggiungere nella trasformazione della materia. Per esempio il divenire adulto è il fine del bambino.
Queste cause sono le specificazioni della sostanza globalmente intensa, è dunque il vero principio o la vera causa dell’essere.
Nei processi naturali le quattro cause sono una cosa sola: la pianta è la forma, la causa efficiente e il fine della trasformazione del seme.
Nei processi artificiali le quattro cause possono essere distinte fra loro: la statua è la causa formale, l’artista è la causa efficiente, mentre la gloria che l’artista vuole raggiungere tramite essa è la causa finale.
L’essere in quanto tale
Aristotele afferma che l’essere non ha un’unica forma né un’unica accezione, bensì una molteplicità di aspetti e di significati.
L’essere in quanto tale si può dividere in sostanza e attributo della sostanza, la prima con valenza ontologica e la seconda con valenza logica.
Parmenide, con la sua affermazione «l’essere è e non può non essere, mentre il non essere non è e non può essere», afferma l’essere con valenza ontologica, l’esistenziale, l’essere serve ad ammettere l’esistenza del soggetto: con l’espressione “la scuola è” noi affermiamo che la scuola esiste. Parmenide ammette l’unicità.
Aristotele afferma la molteplicità dell’essere utilizzando l’essere come copula, ossia come legame tra un predicato ed un soggetto. Egli afferma la valenza logica dell’essere, l’essere serve al soggetto per esprimere i suoi predicati: noi possiamo affermare che “la scuola è gialla” ma anche che “la scuola è brutta”.
Aristotele ha indagato sulla valenza del verbo essere, ha studiato i modi fondamentali del pensare, ha studiato i modi fondamentali dell’utilizzazione del verbo, ha studiato la struttura del nostro pensiero ed ha dedotto 10 modi in cui si può costruire la preposizione, 10 categorie. Per categorie Aristotele intende le caratteristiche fondamentali dell’essere, cioè quelle determinazioni che ogni essere possiede necessariamente. Esse sono la sostanza, la qualità, la quantità, la relazione, l’azione, il patire, il luogo, il tempo, l’avere e il giacere. Il primo, l’essere in quanto sostanza, è il più importante, esprime la valenza ontologia dell’essere, dove il verbo essere specifica l’esistenza della sostanza.
Nelle altre categorie l’essere fa da copula perché questo predicato si lega alla sostanza. Possiamo esprimere attraverso la copula della sostanza una qualità, una quantità, una relazione, ecc…
1. Sostanza ->Socrate è
2. Qualità -> Socrate è bruno
3. Quantità -> Socrate è pesante
4. Relazione ->Socrate è più sapiente di te
5. Azione -> Socrate è insegnante di verità
6. Patire -> Socrate è stato ucciso
7. Luogo -> Socrate è nell’agorà
8. Tempo -> Socrate è nato nel 470 a.C.
9. Avere -> Socrate è fornito di sandali
10. Giacere -> Socrate è seduto
La sostanza
Per i pre-socratici la sostanza era l’elemento naturale, per Platone era l’idea, per le persone comuni la sostanza era la cosa concreta, gli essere individuali. Per Aristotele la sostanza era tutte queste cose. Era l’individuo concreto che funge da soggetto reale di proprietà e da soggetto logico di predicati, era il portatore di qualità che incontriamo nell’esperienza. L’essere è nient’altro che un insieme di sostanze e di qualità di tali sostanze.
Ognuna di queste sostanze forma un sinolo, ossia un unione indissolubile, inscindibile di due elementi: la forma e la materia. Per materia Arisotele intende il soggetto di cui una cosa è fatta, ossia il materiale recettivo che la compone e che funge da sub-strato del suo divenire. Per forma Aristotele non intende l’aspetto esterno di una cosa, ma la sua natura, ossia la struttura che la rende quello che è, il principio supremo intrinseco contenuto nella materia.
La forma è l’elemento attivo e determinante nel sinolo, che struttura la materia, mentre la materia è l’elemento passivo e determinato, che viene strutturato dalla forma.
La sostanza individuale è tutto ciò che esiste, gli oggetti del mondo sono sostanza individuale, l’unione inscindibile tra materia e forma è la sostanza individuale, Socrate è sostanza individuale.
Le idee platoniche sono l’essenza necessaria di una cosa, cioè la loro forma. Tutta via, essendo le idee separate da esse, non si capisce in che modo possano essere causa delle cose stesse. L’eidos, inteso da Platone come idee, sono trascendenti delle cose, ossia le idee sono separate dal mondo reale, ma inteso da Aristotele come forma, esse sono immanenti negli individui, ossia sono dentro la sostanza, la sostanza sta dentro la cosa, la forma è immanente nella materia. Questo fa notare come i pensieri platonici sono teoretici mentre quelli aristotelici sono scientifici.
Per pensare in modo adeguato al divenire, Aristotele elabora i concetti di potenza e atto. Potenza e atto sono dei concetti metafisici che spiegano il divenire. Per potenza si intende la possibilità, da parte della materia, di assumere una determinata forma. È il ricettacolo che può assumere forme innumerevoli. Per atto si intende la realizzazione congiunta di tale capacità. È l’attuazione di tutta la potenzialità del divenire.
Ma materia è la possibilità di assumere forme diverse, mentre la forma è la realtà in atto di tali possibilità. Per esempio il pulcino è la gallina in potenza, come la gallina e il pulcino in atto.
La potenza e l’atto sono la prospettiva della sostanza individuale perché spiegano il mutamento.
Dio o sostanza soprasensibile
Dio è chiamato da Aristotele sostanza soprasensibile perché sta al di sopra della sensibilità. Esso è privo di potenza poiché non ha materia ma solo forma. È sola e pura forma, è solo atto. Il Dio aristotelico non ama perché l’amare implica l’avere un bisogno (il bisogno della cosa o la persona che si ama) e Dio non ha bisogno.
Il Dio aristotelico è immobile, perché è atto e non potenza, e Dio non ha la possibilità di muoversi. Il muoversi implica un andare verso e questo crea incompletezza, mentre Dio non è soggetto al divenire. Dio è pensiero del pensiero.
Fisica
L’universo
Tutte le cose dell’universo fisico sono legate tra loro da una relazione causale, ogni cosa è effetto di una causa che l’ha preceduta. Nel risalire da causa a effetto non si può procedere all’infinito nella relazione causale ma bisogna affermare che esiste una causa incausata, Dio.
Dio non crea l’universo perché non esiste il principio di creazione dal nulla ma lo genera con l’ispirazione dell’amore.
Aristotele crede nello geocentrismo, in cui la terra sta ferma al centro dell’universo e tutti gli altri pianeti, luna, sole, girano di moto circolare intorno ad essa. I pianeti, con i loro movimenti perfettamente circolari, vogliono raggiungere Dio, vogliono assomigliare a Dio che provoca amore. Il moto circolare è quel moto che implica il minor tempo, assomiglia alla stasi, ossia al Dio che è fermo. i corpi celesti hanno poca materia, e con il loro movimento né perdono sempre più fino a perdere del tutto la potenzialità.

Il modo celeste è il mondo oltre la luna, mentre quello sub-lunare è il mondo che si trova prima della luna. Aristotele ritiene che l’etere, l’elemento che compone i corpi celesti, sia l’unico che si muova di movimento circolare. L’etere è una materia sottilissima, la meno materia possibile. Il corpo celeste non si muove con l’etere ma attraverso l’etere, poiché se il corpo si muoverebbe attraverso l’etere ne muterebbe lo stato.
Secondo Aristotele il vuoto non esiste. Non esiste quindi la concezione di spazio vuoto. Tutte le cose sono contenute nello spazio, ma non l’universo. L’universo non è contenuto in alcunché, poiché esso è ciò che tutto contiene. Nel vuoto non ci sarebbe movimento né un centro né un alto né un basso, e per questo che i corpi resterebbero fermi.
I luoghi naturali
Il mondo sublunare è caratterizzato dall’avere un movimento verticale, dall’alto verso il basso e da basso verso l’alto. I quattro elementi che compongono le cose sublunari; l’aria, l’acqua, il fuoco e la terra; si muovono verticalmente. Per spiegare questo Aristotele formula la teoria dei luoghi naturali. Ognuno di questi elementi ha nell’universo un suo luogo naturale; se una parte di essi viene allontanata dal suo luogo naturale essa tende a ritornarvi con un moto naturale.
Un sasso si muove dall’alto verso il basso, se infatti lasciamo cadere un sasso esso cerca di raggiungere il centro della terra; anche se lo lasciamo cadere nell’acqua esso tende a situarsi al di sotto dell’acqua. L’acqua si muove dall’alto verso il basso; se pensiamo alle cascate ci accorgiamo che anche l’acqua cerca di raggiungere il centro della terra.
L’aria si muove invece dal basso verso l’alto; di fatto una bolla d’aria nell’acqua tende a salire alla superficie dell’acqua sicché l’aria si dispone al di sopra dell’acqua.
Il fuoco fiammeggia sempre verso l’alto; esso tende a congiungersi alla sua sfera che sta al di sopra dell’aria. Esso è la sfera estrema dell’universo sublunare. In ordine:terra, sopra di esso l’acqua, sopra l’acqua l’aria e più su il fuoco.
Il tempo
Secondo Aristotele il tempo si definisce solo in relazione al concetto di divenire, poiché in un ipotetico universo di entità immutabili la dimensione tempo non esisterebbe. Egli osserva anche che il tempo non è il mutamento delle cose, bensì la misura del loro divenire. Il tempo nasce dalla limitatezza dell’esperienza dell’intelletto; è l’intelletto umano che stabilisce una cronologia.
Il mondo è eterno. Ciò significa che non ha avuto principio e non avrà fine.

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