Pace Perpetua Kant

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

ARTICOLI DEFINITIVI PER LA PACE PERPETUA
Lo stato di pace tra uomini assieme conviventi non è affatto uno stato di natura (status naturalis), questo è piuttosto uno stato di guerra nel senso che, se anche non vi sono sempre ostilità dichiarate, è però continua la minaccia ch'esse abbiano a prodursi. Dunque lo stato di pace deve essere istituito, poiché la mancanza di ostilità non significa ancora sicurezza.

Primo Articolo definitivo per la pace perpetua: “La costituzione civile di ogni Stato dev'essere repubblicana".
La costituzione fondata: 1. sul principi della libertà dei membri di una società (in quanto uomini); 2. sul principi della dipendenza di tutti da un'unica legislazione (in quanto sudditi);3. sulla legge dell'uguaglianza di tutti (in quanto cittadini)- e cioè l’unica costituzione che derivi dall'idea del contratto originario sul quale la legislazione di ogni popolo deve fondarsi- è la costituzione repubblicana. Questa costituzione è quindi in se stessa, per ciò che riguarda il diritto, quella che sta originariamente a fondamento di tutte le specie di costituzioni civili, e v'è solo da chiedersi se essa sia anche la sola che può condurre alla pace perpetua.
Ora la costituzione repubblicana, oltre alla schiettezza della sua origine, all'essere cioè scaturita dalla pura fonte dell’idea del diritto, presenta anche la prospettiva del fine desiderato, cioè della pace perpetua e per il seguente motivo: se (come in questa costituzione non può non accadere) è richiesto l'assenso dei cittadini per decidere se la guerra debba o non debba esser fatta, nulla di più naturale pensare che, dovendo far ricadere sopra di se tutte le calamità della guerra (cioè combattere personalmente, pagarne del proprio le spese, riparare a forza di stenti le rovine che la guerra lascia dietro di sé e da ultimo, per colmo dei mali, assumersi ancora un carico di debiti che per sempre nuove guerre renderà dura la pace stessa e non potrà mai estinguersi), essi rifletteranno a lungo prima di iniziare un così cattivo gioco. In una costituzione, invece, in cui il suddito non é cittadino e che pertanto non è repubblicana, la guerra diventa la cosa più facile del mondo perché il sovrano non è membro dello Stato, ma ne è il proprietario, e nulla ha da rimettere a causa della guerra dei suoi banchetti, delle sue cacce delle sue case di diporto, delle sue feste di corte ecc., e può quindi decidere la guerra come una specie di partita di piacere, per cause insignificanti, lasciando, per salvare le apparenze al corpo diplomatico, pronto a ciò in ogni tempo, il compito di giustificarla.

Secondo articolo definitivo per la pace perpetua: "Il diritto internazionale dev'essere fondato su un federalismo di liberi Stati."
I popoli, in quanto Stati, possono essere considerati come singoli individui che, vivendo nello stato di natura (cioè nell'indipendenza da leggi esterne), si recano ingiustizia già solo per il fatto della loro vicinanza; perciò ognuno di essi, per la propria sicurezza, può e deve esigere dall'altro di entrare con lui in una costituzione analoga alla civile, nella quale si può garantire ad ognuna il suo diritto. Questa sarebbe una federazione di popoli, ma non dovrebbe però essere uno Stato di popoli. In quest’ultima idea vi sarebbe una contraddizione, poiché ogni Stato implica il rapporto di un superiore (legislatore) con un inferiore (colui che obbedisce, cioè il popolo), mentre molti popoli in uno Stato costituirebbero un sol popolo, ciò che è contrario al presupposto (poiché qui noi dobbiamo considerare il diritto dei popoli tra loro in quanto essi costituiscono altrettanti Stati diversi e non devono confondersi in un solo ed unico Stato).
La ragione, dal suo trono di suprema potenza morale legislatrice, condanna in modo assoluto la guerra come procedimento giuridico, mentre eleva a dovere immediato lo stato di pace, che tuttavia non può essere creato o assicurato senza una convenzione dei popoli. Di qui la necessitò di una lega di natura speciale, che si può chiamare lega della pace, da distinguersi dal patto di pace in ciò: che quest’ultimo si propone di porre termine semplicemente a una guerra, quello invece a tutte le guerre e per sempre.

Terzo articolo definitivo per la pace perpetua: "Il diritto cosmopolitico dev'essere limitato alle condizioni dell'universale ospitalità".
Qui, come negli articoli precedenti, non si tratta di filantropia ma di diritto, e quindi ospitalità significa il diritto di uno straniero che arriva sul territorio di un altro Stato, di non essere da questo trattato ostilmente. Può essere allontanato, se ciò può farsi senza suo danno, ma fino a che dal canto suo si comporta pacificamente, non si deve agire ostilmente contro di lui. Si tratta di un diritto di visita spettante a tutti gli uomini, cioè di entrare a far parte della società in virtù del diritto comune del possesso della superficie della terra, sulla quale, essendo sferica, gli uomini non possono disperdersi isolandosi all'infinito, ma devono da ultimo rassegnarsi a incontrarsi e a coesistere. Nessuno in origine ha maggior diritto di un altro ad una porzione determinata della terra.
Se si paragona con questo la condotta inospitale degli Stati civili, soprattutto degli Stati commerciali del nostro continente, si rimane inorriditi a vedere l'ingiustizia ch'essi commettono nel visitare terre e popoli stranieri (il che è per essi sinonimo di conquistarli). L'America, i paesi dei negri, le Isole delle spezie, il Capo di buona speranza ecc., all'atto della loro scoperta erano per essi terre di nessuno, non facendo essi calcolo alcuno degli indigeni. Nell'India orientale, con il pretesto di stabilire stazioni commerciali, introdussero truppe straniere e ne venne l'oppressione degli indigeni, l'incitamento dei diversi Stati del paese a guerre sempre più estese, carestia, insurrezioni, tradimenti e tutta la lunga serie di mali che possono affliggere l’umanità.
E siccome ora in fatto di associazione di popoli della terra (più o meno stretta o larga che sia) si è progressivamente pervenuti a tal segno, che la violazione del diritto avvenuta in un punto della terra è avvertita in tutti i punti, così l'idea di un diritto cosmopolitico non è una rappresentazione fantastica di menti esaltate, ma il necessario coronamento del codice non scritto, così del diritto pubblico interno come del diritto internazionale, per la fondazione di un diritto pubblico in generale e quindi per l’attuazione della pace perpetua alla quale solo a questa condizione possiamo sperare di approssimarci continuamente.

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