alienazione

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Testo

ALIENAZIONE

Hegel

Nel pensiero filosofico-sociale moderno la prima vera e propria teoria dell’alienazione è stata elaborata da Hegel: la categoria dell’alienazione è centrale, infatti, sia nel sistema hegeliano complessivo in quanto categoria logico-metafisica, sia nella rappresentazione dialettica che Hegel ha dato della storia.
Naturalmente, le parole “alienazione” e “estraniazione”, che Hegel usa indifferentemente, sono state usate anche prima di lui. Esse sono, infatti, la traduzione tedesca della parola alienation, che si trova sia nell’economia politica inglese in riferimento alla vendita della merce, sia nelle teorie giusnaturalistiche in riferimento alla perdita della libertà originaria e al trasferimento di essa alla società politica sorta mediante il contratto sociale. D’altro canto un uso filosofico di “alienazione” è già presente in Fichte e nel giovane Schelling: si tratta, però, di esperimenti terminologici che non esercitano alcun influsso sui problemi fondamentali dei sistemi di quei pensatori.
In realtà Fichte e Schelling sono così lontani dall’elaborare una vera e propria teoria filosofica dell’alienazione, che Hegel, nella prefazione alla Fenomenologia dello spirito, proprio su questo polemizza aspramente con loro, in particolare con Schelling.
La Fenomenologia dello spirito è l’opera di Hegel che contiene la più ampia, coerente e impegnativa teorizzazione del concetto di alienazione; essa eserciterà un influsso fondamentale sul pensiero di Marx e sulla riflessione filosofico-sociale del Novecento. Come si è detto, l’alienazione è una categoria centrale della dialettica hegeliana: essa corrisponde, infatti, al momento della scissione, della particolarità e della determinatezza, del divenir-altro dello spirito. L’alienazione, sostiene Hegel, rappresenta il sacrificio dello spirito: in questa fase il suo percorso, infatti, che è necessario e finalistico, si mostra come un libero, accidentale accadere. E così lo spirito si aliena nello spazio, dando origine alla natura, e nel tempo, producendo la storia.
La teoria hegeliana dell’alienazione si articola in tre fasi distinte:
1) l’alienazione vera e propria, cioè il momento della scissione e dell’oggettività in generale (storica ed empirica), poiché nell’alienazione lo spirito diviene “oggetto”, e quindi “a sé un altro”;
2) il superamento dell’alienazione, cioè il superamento o la soppressione dell’oggettività in quanto estranea allo spirito, il momento in cui lo spirito riconquista l’unità con se stesso;
3) la necessità di questo superamento, poiché nell’alienazione lo spirito è uscito da sé solo apparentemente, mentre in realtà è rimasto in se stesso, e quindi esso non può non ricostituire l’unità originaria.
Questo è l’impianto logico-metafisico della Fenomenologia dello spirito di Hegel. Il punto di partenza di quest’opera è dato da una situazione di scissione: da un lato c’è la coscienza, dall’altro l’oggettività così come essa si offre. In questo inizio la coscienza è, come dice Hegel, “sapere di cose oggettive in contrapposizione a se stessa, e di se stessa in contrapposizione a quelle”. Ma la coscienza non si ferma a questa rigida contrapposizione, e stabilisce un rapporto con l’oggettività. Al termine di questo cammino, quando l’oggettività è stata percorsa dalla coscienza nella totalità delle sue determinazioni empiriche e storiche, dal sensibile emergono figure storiche e ideologiche, ciascuna delle quali non è che l’espressione di una particolare alienazione dello spirito.
Ma Hegel non si è limitato a questa generale elaborazione logico-metafisica della categoria di alienazione. Se avesse fatto soltanto ciò, probabilmente non avrebbe esercitato l’enorme influsso che ha esercitato su Marx e il marxismo, e sul pensiero filosofico-sociale del Novecento.
In realtà Hegel, come già detto, si è servito del suo concetto di alienazione per dare una rappresentazione dialettica della storia dell’umanità. Nella Fenomenologia dello spirito Hegel ricostruisce i principali avvenimenti della civiltà europea, dalla caduta dell’impero romano alla rivoluzione francese, sotto il segno e mediante la categoria dell’alienazione. Dove l’alienazione non è più da intendere in senso logico-metafisico, bensì in senso storico-sociale; la condizione di alienazione o estraniazione, infatti, ha un suo inizio storico (nell’epoca del tramonto della polis), ed una connotazione sociale precisa: il venir meno di quell’armonioso rapporto individuo-comunità, individuo-divinità e individuo-natura, che era appunto la caratteristica fondamentale dell’eticità greca.
La polis costituiva un tutto armonico, coeso e compatto, in cui gli individui non facevano valere le loro volontà e i loro interessi particolari, ma agivano e si sacrificavano per la cosa pubblica, per l’interesse generale e comune. Radicalmente diversa, invece, è la situazione storica successiva, che Hegel chiama dello “spirito estraniatosi”. Qui l’intero è divenuto qualcosa di duplice, di separato, di scisso, perché la coscienza individuale non si riconosce più nel mondo sociale circostante, e benché esso sia un suo prodotto, le si contrappone come una dura realtà estranea. Questa estraniazione della coscienza individuale è un impoverimento di quest’ultima, una perdita di essenza da parte di essa, in quanto emerge una vera e propria frattura tra la coscienza e ciò che essa ha prodotto.
I segni di questa lacerazione sono colti da Hegel nell’intera storia dell’umanità: essi sono rappresentati per mezzo di varie opposizioni dialettiche, delle quali la prima è l’opposizione fra Stato e Ricchezza. Entrambe queste potenze spirituali esprimono la sostanza della coscienza individuale, il suo contenuto e il suo fine: lo Stato costituisce, infatti, l’essenza degli individui, ed esprime la loro universalità; la Ricchezza, a sua volta, è il risultato del lavoro e del fare di tutti, che promuove il godimento di tutti e si risolve in esso.
In un primo tempo, quindi, la coscienza individuale si riconosce tanto nello Stato quanto nella Ricchezza. Ma essa deve dare un giudizio dialettico su queste due potenze, che appariranno così reciprocamente estraniate. E, infatti, la coscienza trova diseguale a sé, e quindi cattivo, lo Stato, poiché in esso trova negato l’operare come operare singolo; e trova eguale a sé, quindi buona, la Ricchezza, poiché è un universale che può essere goduto da tutti gli individui. Ma al tempo stesso la coscienza trova buono lo Stato, poiché esso “ordina i singoli momenti dell’operare universale” ed esprime, organizza e rende attivi il fondamento e l’essenza dell’individuo; e trova cattiva la Ricchezza, che non ha universalità perché essa rende possibile soltanto “il godimento di sé come singolarità”.
La coscienza si trova così davanti “a un duplice trovar eguale e a un duplice trovar diseguale”: ora lo Stato è il cattivo e la Ricchezza è il buono, ora lo Stato è il buono e la Ricchezza il cattivo. Questa, per così dire, ambiguità ha dato luogo, secondo Hegel, al passaggio alla Coscienza nobile e alla Coscienza ignobile. La prima è soddisfatta dell’ordine socio-politico esistente, e dunque è conservatrice; essa si riconosce nel potere pubblico, trova nello Stato la propria essenza e ubbidisce ad esso, così come si riconosce nella Ricchezza e “riconosce come benefattore colui che gliene ha procurato il godimento, ritenendosi obbligata a gratitudine”. La Coscienza ignobile, al contrario, è insoddisfatta dell’ordine socio-politico esistente ed è sovvertitrice; essa vede nel potere statale una catena e un’oppressione, e “obbedisce con malizia sempre pronta alla ribellione”, così come non si riconosce nella Ricchezza, che ama ma che disprezza.
La Ricchezza è, secondo Hegel, la categoria centrale della condizione estraniata del mondo moderno, in quanto coinvolge sia chi la riceve sia chi la dà, sia chi la possiede sia chi non la possiede. La Ricchezza produce infatti un sentimento di tracotanza in chi la dona, la credenza errata, cioè, di aver conquistato l’essenza più intima di colui di cui si vuol essere benefattori; questa superbia non tiene conto del sentimento di abiezione, ma anche di rivolta che si genera in colui che riceve la Ricchezza, sentimento da cui nasce disgregatezza, scissione, estraniazione reciproca, che vanificano l’opinione e l’intendimento del benefattore.
Un’altra opposizione dialettica trattata da Hegel è quella tra illuminismo e fede. L’illuminismo considera la fede come espressione dell’alienazione, e la fede considera l’illuminismo nello stesso modo. In realtà, secondo Hegel, illuminismo e fede, essendo i due lati nei quali si manifesta la scissione dello spirito, sono entrambi espressione dell’alienazione. Hegel dimostra come essi, essendo i due lati dell’unica e medesima coscienza, si convertono necessariamente l’uno nell’altro, che l’uno è la verità dell’altro. Ciò non toglie però che anche qui Hegel noti come l’illuminismo considera la fede come una forma di coscienza estraniata. E benché Hegel rifiuti questa tesi, poiché la ritiene astratta (che cioè non coglie l’intima natura del processo) e unilaterale (che cioè non vede il processo nella sua totalità), la visione della fede come alienazione in quanto scissione della coscienza, sarà destinata a importantissimi sviluppi nel pensiero filosofico-sociale di Feuerbach e di Marx.
Ciò che fa la forza della Fenomenologia è che tutta la storia dell’uomo è vista come storia dello ”spirito estraniatosi”. Essa è rappresentata attraverso la categoria dell’alienazione, e le sue singole contraddizioni e scissioni sono evidenziate e descritte mediante la stessa categoria. Il punto di partenza dell’estraniazione , che costituisce poi il motore di tutto il processo storico-dialettico dello spirito estraniato, è perciò la scissione tra individuo e collettività, tra individuo e divinità e tra individuo e natura; il momento in cui, cioè, è avvenuta la lacerazione tra particolare e universale, in seguito alla quale l’individuo non si riconosce più nel mondo sociale circostante, che pure è un suo prodotto e che gli diventa una realtà estranea e nemica.
Questa scissione fondamentale che, come già detto, ha avuto origine all’epoca del tramonto della polis, costituisce appunto il ritmo dialettico di tutta la storia umana, e si esprime e si articola di volta in volta in singole opposizioni o scissioni. Hegel può così disarticolare e ordinare tutta quella storia sulla base di alcuni temi e avvenimenti essenziali: la nascita del mondo borghese, il problema del lavoro e della ricchezza, il rapporto fra Stato e Ricchezza e la contraddizione fra Coscienza nobile e Coscienza ignobile, l’opposizione fra illuminismo e fede.
E’ importante rilevare che, se l’alienazione ha avuto una precisa origine storica col tramonto della polis, il suo superamento ha luogo anch’esso sul piano storico-sociale, con la rivoluzione francese. La grande rivoluzione ha infatti prodotto la “libertà assoluta” e la “volontà universale”, cioè ha fatto sì che la coscienza individuale sia consapevole di se stessa come di una volontà universale; la coscienza individuale non vede più il mondo sociale circostante come una realtà a sé estranea, bensì produce il suo mondo socio-politico, e si riconosce in esso perché è opera sua. A questo punto la fase dello spirito estraniato può dirsi superata: è infatti superata ogni contraddizione fra l’individuo, la coscienza singola, e il mondo socio-politico circostante.
Hegel ha dunque elaborato una teoria dell’alienazione sia come categoria logico-metafisica sia come categoria centrale per costruire una storia del mondo. Proprio per quest’ultimo aspetto la Fenomenologia ha avuto un influsso notevole su Marx e il marxismo. Infatti, nei Manoscritti economici-filosofici, Marx, che definisce la Fenomenologia come il “luogo d’origine della filosofia hegeliana” , pur prendendo le distanze dal concetto hegeliano di alienazione come categoria logico-metafisica, riconosce tutto il suo debito verso il concetto hegeliano di alienazione come categoria centrale per la costruzione di una storia del mondo. La Fenomenologia, infatti, contiene tutti gli elementi che consentono di costruire una versione critica, cioè materialistica, della storia; tali elementi si trovano in essa nascosti: dietro l’estraniazione dello spirito è dunque necessario cogliere il tema dell’estraniazione dell’uomo. La categoria storica di alienazione può divenire, secondo Marx, uno strumento concettuale di straordinaria portata per una critica dell’economia, della politica, della religione e dell’ideologia moderne, anche se essa dovrà essere prima liberata da ogni scoria speculativa o spiritualistica. E ciò avverrà, per Marx, con il contributo e la mediazione decisivi di Feuerbach.

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