Lettere a Lucilio (Seneca) Libro IX, lettera 4

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Testo

LETTERA IV
ACCETTARE LA MORTE RECA RIMEDIO A TUTTI I MALI DELLA
VITA. TUTTE LE COSE SONO EFFETTO DEL MODO CON CUI SI PENSA
Mi fa grande pena che tu soffra di frequenti catarri e piccole febbri che seguono i catarri troppo persistenti e diventati poi cronici: tanto piщ mi fa pena perchй anch'io ho sperimentato questo genere di malattia, che in principio ho trascurata. La mia giovinezza poteva ben spregiare le offese delle malattie e contrapporre loro sdegnosamente la sua forza. In seguito perт ho dovuto soccombere, e sono arrivato ad un momento nel quale, ridotto ad un'estrema magrezza, avevo l'impressione di liquefare. Piщ volte ho sentito una gran voglia di romperla con la vita: ma mi ha trattenuto la tarda etа del mio ottimo padre, ho smesso di pensare come potessi morire da forte, ed ho pensato piuttosto che il vecchio padre non aveva la forza di accettare un tale atto da parte mia. Pertanto m'imposi di vivere: ed ho fatto esperienza, che per vivere talora и necessaria della forza.
Ti dirт quali cose mi siano state allora di conforto, ma voglio dirti prima che queste cose in cui cercavo la quiete hanno avuto l'efficacia di una medicina. I buoni onesti conforti diventano rimedi, e ciт che ha sollevato lo spirito finisce per giovare anche al corpo. I nostri studi sono stati la mia salvezza: se mi sono alzato da letto ed ho riacquistata la salute ne rendo merito alla filosofia; alla filosofia io debbo la vita ed и il minore dei debiti che ho verso di essa. Alla piena guarigione hanno anche contribuito gli amici che colle loro premure, colla loro assistenza e anche colle loro conversazioni, mi hanno dato grande sollievo. Nulla, mio Lucilio ottimo fra gli uomini, ristora e solleva un ammalato come l'affetto degli amici, nulla giova tanto a rasserenarti l'aspettazione della morte e a toglierti i timori: pensando essi in vita, non avevo l'impressione di andare verso la morte. Mi pareva che sarei vissuto non con loro ma attraverso loro: mi pareva che non avrei dovuto esalare il mio fiato ma consegnano ad altri.
Cosм mi sono formata una decisa volontа di venire in aiuto a me stesso e di adattarmi perciт a soffrire pazientemente ogni dolore: quando si и messo da parte l'idea di affrontare la morte, l'estrema miseria и non avere l'animo di affrontare la vita. Cerchiamo dunque i rimedi a tutto questo. Il medico da parte sua ti prescriverа le passeggiate e gli esercizi che dovrai fare, ti dirа di non abbandonarti con troppa indulgenza all'ozio, a cui ci porta per natura la malferma salute, che tu legga a voce chiara e che tenga cosм in attivitа le vie e gli organi della respirazione dove risiede il male, ti consiglierа di andare in barca, e cosм con questo leggero ondeggiamento fare un po' di massaggio alle viscere; ti dirа che cibi devi prendere, quando devi bere un po' di vino per ravvivare le tue forze e quando devi cessare perchй non ti irriti e non ti esasperi la tosse. Io poi ti prescrivo un rimedio che deve servirti non solo per questa malattia ma per tutta la vita: disprezza la morte. Nulla piщ ci puт rattristare quando abbiamo superato la paura della morte. In ogni malattia vi sono queste tre cose gravi: la paura della morte, il dolore del corpo e l'interruzione dei piaceri. Della morte abbiamo detto abbastanza. Aggiungerт solo questo che la paura della morte non и un sentimento proprio soltanto dello stato di malattia, ma proprio della stessa natura umana. In molti casi и avvenuto che la malattia ha allontanata la morte e la salvezza и venuta agli ammalati dall'impressione di andare verso la morte. La ragione essenziale per cui tu dovrai morire non и che tu sia infermo ma che tu vivi. E questa permane anche quando tu sei guarito: e quando avrai riacquistato il pieno possesso delle tue forze, tu ti sarai salvato dalla malattia ma non dalla morte.
Torniamo ora a quello che и il vero incomodo: la malattia porta grandi sofferenze, che perт sono rese tollerabili dagli intervalli. Infatti l'accesso violento del dolore ha sempre un termine: non si puт soffrire molto e a lungo: la natura amorosamente provvida ha disposto in modo che il dolore sia tollerabile o breve. I dolori piщ forti hanno sede nelle parti piщ magre del corpo: i nervi e le articolazioni e tutto ciт che vi и di piщ esile nelle nostre membra soffrono aspramente quando hanno accolto in un membro il germe del male. Ma presto queste parti s'intorpidiscono e proprio per l'intensitа del dolore ne perdono il senso: e questo avviene a volte perchй lo spirito vitale, impedito nel naturale corso della sua attivitа, si altera e perde la virtщ da cui trae il vigore e per cui ha capacitа di avvertirci del male, ed altra volta avviene perchй l'umore corrotto non avendo piщ dove diffondersi, distrugge da se stesso la propria virtщ e toglie la sensibilitа alle parti che ha invaso. Cosм la podagra e la chiragra e ogni dolore di vertebre e di nervi danno un periodo di riposo quando hanno ottusa la sensibilitа delle parti che hanno prima tormentate. In principio il bruciore prodotto da queste malattie и causa di grande pena, ma quando l'accesso si prolunga, allora il male vien meno e si spegne in una specie di torpore. Il dolore ai denti agli occhi agli orecchi non meno che al capo и acutissimo proprio per questa ragione, che nasce nei limiti d'una angusta parte del corpo: ma se il dolore aumenta eccessivamente, allora si converte in una specie di sopore. Nei dolori eccessivi dunque vi и questo sollievo, che se li sentiamo troppo forti, si finisce necessariamente per cessare di sentirli.
Per gli ignoranti poi nelle sofferenze del corpo c'и anche questo male che, totalmente presi dalla preoccupazione del corpo, non si abituano a cercare le loro soddisfazioni nell'interioritа dell'anima. Pertanto l'uomo grande e saggio distoglie la sua attenzione dal corpo e si occupa molto di quella che и la parte migliore e divina dell'essere suo, mentre dell'altra gracile e lamentosa si occupa appena quel tanto che и assolutamente necessario. "Perт riesce spiacevole ", dirа qualcuno, "astenersi dal cibo, soffrire la sete e la fame." Senza dubbio in un primo momento queste privazioni sono penose: poi i desideri a poco a poco si smorzano perchй si stancano, e vengono meno quelle reazioni organiche da cui il desiderio nasce: lo stomaco s'impigrisce e l'aviditа del cibo si cambia in ripugnanza. Gli stessi desideri si spengono, e allora non и piщ dolorosa la privazione di ciт che hai cessato di desiderare. Aggiungi che qualsiasi dolore ha sempre delle pause, o almeno dei momenti in cui si fa piщ mite. E aggiungi anche che и sempre possibile guardarsi dal male prima che venga, e anche quando sia per assalirci opporglisi colle medicine: giacchй tutti i mali soprattutto quando si ripetono in maniera abitudinaria hanno sempre dei segni premonitori. La sofferenza di una malattia и sempre tollerabile quando si disprezza l'estremo effetto che essa ci minaccia. Non aggravare tu stesso i tuoi mali aggiungendo anche il peso dei lamenti: il dolore и sempre abbastanza leggero quando non lo aumentiamo noi stessi colle nostre idee. Se al contrario tu cominci a farti coraggio e a dirti: non и niente o almeno и cosa di poca consistenza, e allora resistiamo; presto cesserа i, tu rendi leggero il dolore in quanto lo ritieni tale. Tutte le cose dipendono sempre nel loro significato dall'idea che ce ne formiamo: e questo non solo sentiamo nell'ambizione, nell'amore delle pompe esteriori e nell'avarizia, ma avviene anche nel dolore. La sofferenza и sempre relativa al concetto che abbiamo delle cose che sono fonte di dolore. Ognuno и tanto infelice quanto crede di esserlo. Bisogna smetterla coi lamenti per ciт che si и sofferto nel passato: bisogna lasciare queste solite frasi: " nessuno mai ha avuto peggior sorte della mia, quanti crucci, quanti mali ho sofferto! Nessuno credeva che io mi sarei risollevato. Quante volte sono stato pianto dai miei e licenziato dai medici come ormai perduto! Non si и cosм tormentati nemmeno sul cavalletto della tortura." Anche se sono vere tutte queste cose, ormai una volta passate non sono piщ ragione di dolore. Ma che giova rinnovare i dolori passati e renderci infelici solo perchй siamo stati infelici? E non и forse vero che anche un poco esagerano i mali sofferti e mentono a se stessi? Osservo poi che pare sia quasi un piacere aver sopportato ciт che и doloroso sopportare: ed и naturale godere per la cessazione del proprio male. Due cose dunque bisogna con un taglio netto eliminare dal nostro spirito, il timore del futuro e il ricordo delle sofferenze passate: questo non ci riguarda piщ e quello non ci riguarda ancora. Qualche volta trovandoci fra le difficoltа cerchiamo di confortarci dicendo: "forse un giorno ci sarа grato ricordate queste cose. " Al contrario и dovere combattere quest'idea con tutte le forze; chi cede sarа vinto e chi si oppone al suo dolore vincerа. Purtroppo invece i piщ fanno proprio il contrario, attirano cioи essi stessi sopra di sй la rovina che dovrebbero fronteggiare. Se tu cerchi di sottrarti e sfuggire al peso che ti preme, ti minaccia e t'incalza, esso ti seguirа e ti verrа addosso in maniera anche piщ grave. Ma se invece tu resterai fermo e gli opporrai uno sforzo deciso, finirai per respingerlo. Quanti colpi prendono gli atleti sulla faccia e in tutto il corpo! per amore della gloria sopportano ogni dolore non solo mentre lottano, ma anche quando si preparano alla lotta con un esercizio che costa anch'esso patimenti. Superiamo anche noi tutte le avversitа; e il premio della vittoria, non sarа una corona o una palma, nй una suonata di tromba che faccia il silenzio generale per la proclamazione del nostro nome, ma sarа la virtщ, la saldezza dell'anima, la pace acquistata. " Sento un grande dolore ", tu mi dici. Ma puoi forse credere di non sentirlo piщ se lo sopporti con femminea debolezza? Il nemico и sempre piщ pericoloso quando и alle spalle del fuggente: si capisce che anche i mali della fortuna incalzino piщ duramente chi cede e si volge in fuga. " Ma и una cosa grave ", tu aggiungi. Ma dunque dobbiamo essere forti per portare pesi leggeri? Preferisci che la malattia sia lunga oppure che sia violenta ma breve? Se la malattia и lunga, la stessa sua lunghezza produce delle interruzioni, anche con qualche momento di confortante ripresa, e in molto tempo come ha avuto un principio cosм dovrа avere una fine. Se и breve e rapido il suo sviluppo, avrа anch'esso due alternative, o ha fine, o porta alla fine l'ammalato. Che differenza fa se a un certo momento non ci sia piщ la malattia, oppure non ci sia piщ io? In entrambi i casi и finito il dolore.
Potrа anche giovare volgere l'animo ad altri pensieri e distrarsi cosм dal dolore. Pensa alle azioni oneste e forti che hai compiute, e fermati a considerare con te stesso ciт che vi и in esse di meglio, e richiama alla memoria i fatti che tu hai piщ vivamente ammirato. Allora si presenteranno al ricordo tutti coloro che hanno dato maggior prova di fortezza e hanno vinto il dolore: uno che ha continuato a leggere un suo libro mentre stendeva la gamba per farsi tagliare le vene varicose: un altro che non ha cessato di ridere mentre i carnefici arrabbiati proprio per questo sperimentavano su lui tutti gli strumenti della loro crudeltа: si puт credere che la ragione non riesca a vincere il dolore, se и riuscito a vincerlo il riso? Ed ora parla pure di tutto ciт. che vuoi, delle tue flussioni, della tosse aspra che ti fa gettar fuori una parte delle viscere, parla della febbre che ti brucia dentro i precordi, della sete, delle membra sformate per le articolazioni contorte; ma evidentemente sono qualcosa di peggio i roghi, i cavalletti, le lastre infocate, tutti questi strumenti di tortura che vengono a gonfiare delle ferite per rinnovarle e renderle piщ gravi e piщ profonde. Eppure c'и stato chi fra questi tormenti non ha dato un gemito; e questo и ancora poco, vi и chi non ha chiesto nulla e vi и chi non ha nemmeno risposto alle domande rivoltegli, e vi и infine chi ha superato anche questo ridendo di tutto cuore. Non vuoi dopo tutto questo anche tu farti beffa del dolore? "Ma la malattia ", puт taluno soggiungerci "non mi lascia far nulla, mi ha strappato a tutte le mie occupazioni." E alla mia volta osservo che la malattia tiene il corpo ma non l'anima. Puт far lenti i piedi del corridore, puт impedire il lavoro delle mani del sarto e del fabbro; ma se hai tenuto l'animo in esercizio potrai pur sempre dare consigli e insegnamenti, potrai ascoltare ed imparare, chiedere e ricordare. Ma poi credi tu di non fare nulla, quando tu nella malattia riesci a darti un senso di saggia moderazione? Tu sanai riuscito a questo, cioи a dimostrare che una malattia si puт vincere o almeno sopportare. Credimi, per la virtщ c'и posto anche quando si sta a letto. Non solo le armi e il campo di battaglia danno la prova di un animo vivace, coraggioso, che non si lascia domare dai terrori: l'uomo fonte appare qual и persino sotto le coltri. Anche in quel momento egli ha pur sempre qualche cosa da fare, cioи resistere bene alla malattia: se questa non riuscirа a domare la tua volontа, costringendola suo malgrado a certe azioni e distogliendola da certe altre, tu darai un esempio insigne. Quante ragioni di lode potrebbero trovare spettatori della nostra malattia! Ebbene, se questo non и possibile, sii tu spettatore di te stesso e trova tu ragione di lodarti.
Osserviamo inoltre che ci sono due specie di piaceri. La malattia talvolta inibisce ma non toglie totalmente i piaceri corporali; anzi se consideri bene essa li eccita di piщ. Si beve con piщ piacere quando si ha sete, ed il cibo riesce piщ gradito quando si ha fame: dopo l'astinenza prendiamo con maggior aviditа tutto ciт che la buona sorte ci manda. I piaceri dello spirito poi che sono piщ grandi e piщ sicuri, non sono negati al malato da nessun medico: e d'altra parte chi persegue questi piaceri e sa gustarli disprezza tutti i blandimenti dei sensi. " Che infelice il malato! " Perchй diciamo questo? Forse perchй non scioglie la neve nel vino? Perchй spezzato il ghiaccio sulla bevanda che ha versato in una capace tazza non restituisce alla bevanda la sua primitiva freschezza? Perchй sulla mensa stessa non gli vengono aperte le ostriche del lago Lucrino? O infine perchй intorno alla sua stanza da pranzo non si agitano i cuochi in movimento portando essi stessi i fornelli colle vivande? Col crescere del lusso si и inventato anche questo sistema: la cucina si avvicina alla camera dove si cena in modo che il cibo non si raffreddi e qualche cosa sia poco caldo per il palato giа un po' indurito. "Che infelice il malato!" Egli mangerа quanto и stato ben cotto ed egli ha la possibilitа di digerire: non vedrа messa da parte carne di cinghiale come carne troppo vile per la sua mensa, nй vedrа petti di pollo accumulati sulla credenza per evitare che i polli interi gli diano la nausea. Che cosa ti и accaduto di male? Ti avverrа talora di mangiare come un ammalato e talora come un uomo sano. Ma noi ci adatteremo facilmente a tutto questo, alle bevande medicinali, all'acqua calda e ad ogni altra cosa che sembra intollerabile a quelle persone di effemminata delicatezza che nuotano nel lusso, e sono infermi piщ di anima che di corpo. Solo dobbiamo liberarci da questo continuo orrore della morte.
E ce ne libereremo quando ci saremo formati un preciso concetto dei beni e dei mali e del loro ultimo termine; cosм finalmente non ci sarа di tedio la vita e non ci farа paura la morte. La vita non puт essere pervasa da un penoso senso di sazietа se essa и tutta volta alla celebrazione di tante cose diverse, magnifiche, divine: soltanto l'ozio inerte puт portarla all'odio di se stessa. Chi indaga la natura delle cose ha di fronte a sй la veritа che non sazia mai: sono gli errori che danno il disgusto. D'altra parte se la morte si avvicina e ci chiama anche immaturamente e tronca a mezzo il corso della nostra vita, noi abbiamo giа raccolto sempre il frutto di una lunga vita. La natura in gran parte ci и giа nota, e noi sappiamo poi che ciт che и veramente onesto non si accresce col tempo. La vita appare necessariamente sempre breve a coloro che la misurano coi loro godimenti vani e quindi senza termine. Cerca di ricreare l'animo tuo con questi pensieri, e, finchй siamo divisi, con quanto ci possono dare le nostre lettere. Verrа tempo in cui torneremo a vivere uniti: ma lungo o corto che quel tempo possa essere, lo allungheremo colla scienza che ci apprende ad impiegarlo bene. Dice Posidonio che "una sola giornata si stende piщ ampia per i dotti che un lunghissimo tempo per gli ignoranti." Intanto tieni ben stretto coi denti questo principio: non lasciarsi abbattere dalle avversitа, non fidarsi degli eventi lieti, avere sempre avanti agli occhi la capricciosa licenza della fortuna capace sempre di qualunque cosa che sia mai possibile. Ciт che и aspettato a lungo giunge sempre piщ mite. " Addio.

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