La Soluzione Finale di Enzo Collotti

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Categoria:Storia

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Testo

Federica Ortu
V

LA SOLUZIONE FINALE
LO STERMINIO DEGLI EBREI

Dopo la prima guerra mondiale nuove teorie antisemite e razziste di diversa estrazione e matrice culturale si diffusero in tutto il territorio europeo, e la prima guerra mondiale fu sicuramente una delle cause principali e anche una buona occasione per sperimentare le nuove armi di distruzione di massa.
Collotti individua due cause principali per cui l’antisemitismo si diffuse nella maggior parte dell’Europa. La prima fu che dopo una catastrofe come la prima guerra mondiale, per forza si cercava un capro espiatorio, qualcosa( o in questo caso qualcuno) a cui attribuire la colpa di tutti i mali che affligevano l’intera Europa, e perseguitare gli Ebrei era, per i popoli vittime della guerra e perciò della fame e delle carestie che essa si trascina dietro, una valvola di sfogo. La seconda causa che alimento l’odio razzista fu la diffusione delle credenze secondo cui gli Ebrei collaborassero e tramassero seri complotti a favore della rivoluzione bolscevica in Russia; il fatto che qualche intellettuale Ebreo che viveva in Russia fosse a favore delle ideologie rivoluzionarie bolsceviche che si sviluppavano in quel periodo non centrava niente con un complotto ebreo internazionale inesistente.
Certo non fu d’aiuto il fatto che, dopo la caduta dell’impero zarista per il trionfo della rivoluzione bolscevica, molti ebrei si spostarono dall’est per andare in occidente. Non fu d’aiuto neanche il fatto che, per una forte autonomia culturale e religiosa, molti ebrei si raggruppavano omogeneamente ad altri gruppi di ebrei preesistenti nelle regioni centro occidentali. E altrettanto fatale fu per il popolo ebraico la divulgazione di un falso appartenente alla polizia zarista, in cui gli ebrei segretamente complottavano per la conquista del mondo.
In Germania l’antisemitismo e la lotta contro il “malvagio” popolo ebraico ebbe più larga diffusione che in Francia, che divenne a poco a poco, per il fatto che ospitava non solo manodopera di colore ma anche ebrei, una minaccia per l’intera Europa. Così tutti gli stati intorno alla Germania cominciarono a imporre nuove barriere contro il popolo ebraico, sia per creare un’alleanza con la Germania che per difendere la propria “razza”. È il caso dell’Italia sotto il controllo di Mussolini, che dal ’33 al ’38 accolse ebrei, che poi caccio appena le cose per questi ultimi in Germania cominciarono ad aggravarsi. Ovviamente Mussolini cerco di coprire tutto dicendo che la razza italiana era da secoli preservata, e tale doveva conservarsi. Chiaramente le manie di grandezza di quest’uomo gli fecero credere per qualche tempo di aver superato in grandezza e potere la Germania, ma l’unica verità è che il fascismo italiano, proclamandosi giusto e protettivo nei confronti degli italiani, lese irreparabilmente i diritti civili e umani di migliaia di ebrei che vivevano in Italia, e che quindi erano a tutti gli effetti cittadini italiani. Nessuna attenuante, scrive Collotti, dal punto di vista etico o politico può essere invocata a favore del fascismo italiano.
La Germania si caratterizzo subito per essere uno dei centri propulsori più importanti del periodo dell’antisemitismo, che diventava ogni giorno di più, la soluzione a tutti i problemi. A favore dell’antisemitismo il partito nazional-socialista trovò molte fonti da cui trarre spunto. Houston Chauberlain nel 1899 scrisse Fondamenti del XIX Secolo, in cui teorizza la superiorità della razza germanica, che perciò andava preservata e tenuta lontana da qualsiasi contaminazione; questo fu un grosso appiglio con cui i tedeschi poterono giustificare le loro barbarie.
Con l’emergere del partito nazional-socialista lo stato tedesco cominciava a farsi promotore di discriminazione razziale, non ancora apertamente, certo, ma aspirava a diventare questa discriminazione razziale una vera e propria politica di stato. Per la prima volta il programma del partito nazional-socialista, NSDAP, fissava al centro della propria politica la questione ebraica. Il progetto era che gli ebrei dovevano essere privati della cittadinanza, e non solo; essi dovevano essere espulsi dalla società tedesca definitivamente, ma non con l’espulsione diretta, ma attraverso la sospensione di qualsiasi diritto, civile e politico, e con la sospensione da qualsiasi carica pubblica. Era così in atto un “depuramento” che partiva dall’interno, e difatti molti stati cominciarono a temere la potenza distruttrice tedesca, e proprio per questo si allearono con essa e adottarono lo stesso sistema politico in uso in Germania. Un maggiore incremento di antisemitismo arrivo con la pubblicazione di Mein Kampf di Hadolf Hitler; questo mezzo di comunicazione antisemita e razzista fondava le sue basi sull’idea inconfutabile che la razza tedesca era una razza pura, ariana, che aveva il bisogno di non essere contaminata per mantenere il proprio prestigio. Hitler avanzò la tesi che la caduta dell’Impero asburgico era dovuta alla mescolanza con varie razze impure che avevano contribuito all’indebolimento della razza germanica. Chiaramente le sue tesi erano prive di qualsiasi fondamento, ma il fatto che col tempo lui stesse accrescendo i suoi consensi e le sue forze militari furono la ragione per cui nessuno andò a dirglielo.
Hitler basa le sue teorie antisemite all’inizio della storia e accusa il popolo ebreo di essere sempre stato un parassita nel corpo degli altri popoli, di averli raggirati con menzogne, per poter poi occupare i loro incarichi pubblici, e così insinuarsi nel quieto vivere dello stato solo per creare problemi. Già allora si capiva bene quale davvero fosse il vero e unico intento di Hitler, e cioè eliminare fisicamente tutta la popolazione ebrea. Inoltre aspirava all’espansione della Germania verso l’est, promuovendo ciò come lotta per il bene, lotta cioè contro giudaismo e bolscevismo. A poco a poco anche la stampa venne completamente conquistata dai sostenitori dell’antisemitismo e della razza ariana, e a questo punto sia riviste che libri rappresentano l’ebreo come un disgustoso e subdolo uomo pronto a raccontare qualsiasi bugia pur di fare del male; erano rappresentati come veri e propri “mostri”, non solo nei loro comportamenti, ma anche nelle loro fattezze fisiche.
Già dalle prime settimane in cui Hitler fu nominato cancelliere cominciò un vero e proprio boicottaggio nei confronti degli ebrei tedeschi. Collotti individua quattro principali fasi che caratterizzarono il periodo dal ’33 al ’41. Nella prima fase, dal ’33 al ’35, si alternarono violenze di fatto a provvedimenti amministrativi, per cui molti funzionari pubblici, come insegnanti, medici, furono costretti ad abbandonare il proprio lavoro perché non ariani. La seconda fase mirava a far sparire tutti gli ebrei dai territori del Reich, ma, avendo quest’ultimo preso tutti i sostentamenti degli ebrei, pochi riuscirono a emigrare e molti di quelli che restarono videro nella notte dei Cristalli le proprie speranze sparire, vennero distrutte e bruciate case, sinagoghe, negozi; molti ebrei furono arrestati. A questo periodo risalgono anche le leggi di Norimberga, che diventano la base della politica tedesca, che vietano agli ebrei di avere la cittadinanza tedesca e di unirsi in matrimonio con persone di razza pura o di avere qualsiasi rapporto con queste ultime. Nella terza fase, che ha inizio nel ’39, le ostilità crescono anche per gli ebrei al di fuori del Reich. In questi anni molti ebrei vengono ghettizzati, hanno un coprifuoco da rispettare e ormai pochissimi diritti. Dopo aver racchiuso la maggior parte degli ebrei in ghetti, molti dei quali vi morirono per le scarsissime condizioni igieniche e per il poco cibo e vestiario che possedevano, nel ’42 cominciò la quarta e ultima fase, la deportazione in campi di concentramento da cui nessuno sarebbe più uscito vivo; questa era la “Soluzione Finale”.
Bisognava però poter mandare gli ebrei cacciati dal Reich in un territorio che comunque potesse essere controllato e rispondesse agli ordini dei tedeschi, e la Polonia fu senz’altro un luogo adatto, visto che ci vivevano già circa 3 milioni di ebrei. La Polonia fu dunque una sorta di laboratorio dove si sperimentava, attraverso assassinii di massa, quello che era “l’obbiettivo finale”. In Olanda e in Francia non ci fu il fenomeno della ghettizzazione, ma ciò non significa che gli ebrei non furono comunque deportati. La Polonia fu però concepita proprio come discarica delle scorie umane, per cui neanche lo Stato in se aveva alcun valore per i nazisti, e infatti qui era ammissibile qualsiasi orrore, cosa che non era permesso né in Francia né in Olanda, che per il Reich avevano un futuro nell’Europa nazista.
La ghettizzazione fu un primo assaggio di ciò che poi sarebbero stati i campi di concentramento. Molte persone morivano di fame e di freddo, soprattutto le più deboli come anziani e bambini, che all’inizio delle deportazioni furono i primi ad essere uccisi nelle camere a gas. I tedeschi avevano imposto ai ghetti l’autogestione attraverso lo Judenrat, cioè gli ebrei dovevano fare il lavoro sporco dei tedeschi. La fase di ghettizzazione serviva anche a far isolare gli ebrei che non dovevano più avere notizie dal resto del mondo, sentirsi soli dunque; questo certo non aiuto ad instaurare rapporti di amicizia tra gli ebrei, al contrario erano sempre più frequenti liti all’interno dei ghetti, frutto della disperazione.
In Polonia si trovavano la maggior parte dei campi di sterminio, e avevano tutti una posizione strategica per non essere visti o scoperti. Uno dei complessi più importanti fu quello di Auschwitz-Birkenau. Anche gli ebrei italiani furono presi dai ghetti e portati a est, e si può dire con certezza che il governo fascista sapeva esattamente quale sarebbe stata la loro fine. Quello che i campi di concentramento facevano era utilizzare gli uomini come semplici numeri, Stck, pezzi, da cui spremere sino all’ultima forza prima di gettare in una fossa comune o in un forno; ovviamente bambini e anziani avevano ben poche speranze di sopravvivere. Il fatto che nei ghetti girassero le voci su cosa accadesse in questi campi era sicuro. Nel ’42 cominciarono le vere e proprie deportazioni anche dal resto dell’Europa, Francia, Olanda, Norvegia. In Danimarca i nazisti riuscirono e deportare meno del 10 per cento della popolazione, perché gli altri erano già riusciti a scappare, anche grazie all’aiuto del governo. La Bulgaria invece si rifiuto del tutto di dare i propri cittadini ebrei.
I campi di concentramento non prevedevano la sopravvivenza di nessuno, infatti gli ebrei venivano illusi che se avessero lavorato duramente, come per esempio medici ebrei che facevano esperimenti su bambini ebrei, sarebbero stati salvi, ma così non era. Una serie di campi furono chiusi dopo che il lavoro nazista fu terminato, per far si che non restasse alcuna traccia. Con l’avvicinansi delle Armate Rosse molti nazisti costrinsero gli ebrei a spostarsi da un campo all’altro, in pieno inverno; questo significava perciò uccidere anche gli ultimi superstiti, per cancellare dunque ogni traccia di crimine.
La macchina omicida di sterminio continuò a lavorare sino all’ultimo. E allora nasce spontanea una domanda: è possibile che un operazione colossale come questa potesse restare così nascosta? No ovviamente, e chiunque restò in silenzio diventò automaticamente un partecipante attivo dello sterminio. Se anche gli ebrei nei ghetti sapevano che cosa accadeva nei campi, come poteva non essere trapelato nulla nel resto del mondo? Lo stesso Himmler, che si presentava come un avversario dell’antisemitismo, dell’ideologia ma non dello sterminio in se, ammise l’impossibilità del fatto che nulla trapelasse. Il mondo infatti sapeva, sapeva attraverso chi era emigrato, sapeva attraverso fughe di notizie, per cui non c’è dubbio che lo sterminio era divenuto un fatto noto. Ma ancora più grave è che lo stato pontificio non si sia esposto al riguardo. Anche il pontefice sapeva,perché molti uomini di chiesa denunciavano le deportazioni di massa, dalla Francia, dalla Germania, dalla Slovacchia. Il fatto che anche la Chiesa aveva una larga tradizione antisemita fu certo all’origine di insensibilità e complicità. Sicuramente la parola del papa Pio XII non sarebbero rimaste senza conseguenze, anche se lui sosterrà il contrario; ma questa era solo una scusa, perché oramai si era già toccato il fondo, per cui le parole del pontefice non avrebbero certo aggravato la situazione. Anche il fatto che lo stato della Chiesa avrebbe avuto ripercussioni dalla Germania nazista non era una scusa valida per giustificare il silenzio di Pio XII.
Non si nega che la responsabilità di questo obbrobrio fu sicuramente della Germania nazista, ma tutti coloro che non denunciarono le deportazioni e che, anzi, ghettizzavano e poi offrivano ai tedeschi come merce gli ebrei sono altrettanto responsabili, come lo è il papa e come lo è l’Italia fascista, e tutti coloro che in cambio di potere hanno offerto migliaia di vite umane come insignificanti numeri al nemico. Nel 1942 gli ebrei uccisi erano già più di tre milioni.
Lo sterminio degli ebrei è stato è stato un attacco intenzionato a un gruppo minoritario progettato da uno Stato moderno. Molti trovano in Hadolf Hitler l’agente promotore di questa oscenità, ma ovviamente non avrebbe potuto avere così successo la sua opera di “depuramento” se anche le altre persone non avessero creduto in quello che lui diceva, se subito lo avessero contrariato forse tutto questo non sarebbe mai accaduto.
La necessità di quantificare il genocidio ebreo è utile non solo per aiutarci a non dimenticare, perché la storia è un ripetersi di eventi, ma per aiutare anche chi nega che uno sterminio di massa ci sia mai stato. Si cerca ancora di dare un numero approssimativo delle vittime, ma gli artefici nazisti hanno cercato di eliminare qualsiasi traccia di crimine, distruggendo così la maggior parte dei documenti; senza contare poi che gli ebrei che venivano scelti subito dopo essere arrivati al campo per essere portati nelle camere a gas non venivano nemmeno contati. Ma già dalle prime acquisizioni della corte internazionale di Norimberga la stima delle vittime ebree era di circa sei milioni di persone.
La persecuzione degli ebrei ha segnato profondamente la storia dell’Europa, e soprattutto una popolazione ha visto la propria distruzione, perché circa un terzo della popolazione ebrea nel mondo è stata annientata. Si pensi a quante cose l’Europa ha perso, non solo le idee di tolleranza, ma anche mestieri, tradizioni, e di quanti sopravvissuti hanno scelto di andare via per non restare in quei contesti dove le loro vite avevano perso ogni forma di umano.
La memoria di ciò che è accaduto deve restare per sempre viva e, come fece Primo Levi, bisogna testimoniare senza avere paura, né vergogna. Bisogna comportarsi in modo che il passato non possa tornare, non cancellare mai la memoria e prendere coscienza di ciò che è successo, della profonda lesione che la dignità umana ha subito.

Esempio



  


  1. giustino travaglini

    il riassunto capitolo per capitolo della soluzione finale di enzo collotti