L'Unione Sovietica

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Testo

Riassunto “La costruzione dell’Unione Sovietica”

1. Il comunismo di guerra.
Negli anni venti, nell’Unione sovietica, avvenne la trasformazione della repubblica dei soviet in un governo dittatoriale dominato dalla figura di Stalin. Dopo una sanguinosa guerra civile,durata dal 1917 al 1921, i bolscevichi riuscirono a far prevalere la loro linea politica e ad assumere il controllo effettivo dello stato.
Gli alleati di un tempo, che intendevano vendicarsi dell’uscita della Russia dalla guerra, intervennero con forze proprie e portarono aiuto alle armate “bianche” che si contrapponevano a quelle “rosse” dell’esercito rivoluzionario. Sulla base di un accordo stipulato a Parigi nel 1917, Francia e Gran Bretagna delimitarono le rispettive zone di intervento in Russia; successivamente intervennero anche le truppe americane, giapponesi e italiane. L’Armata rossa fu in grado di sconfiggere una dopo l’altra le armate della controrivoluzione. L’ultimo scontro, fu quello con la Polonia, che aveva cercato di conquistare l’Ucraina. A esso pose fine il trattato di Riga, stipulato nel 1921 che, oltre a definire le controversie sulla frontiera tra questi due paesi, dimostrò alle altre nazioni europee l’impossibilità di fermare la rivoluzione russa con l’intervento armato.
Le potenze europee ricorsero ad un nuovo strumento: un “cordone sanitario”, costituito attraverso il sostegno aperto ai governi anticomunisti dei paesi confinanti con la Russia, con lo scopo di isolare il centro della rivoluzione. Nel 1919 il partito bolscevico, che si era nel frattempo dato il nome di partito comunista, diede vita alla Terza internazionale (o Komintern) per poter meglio organizzare tutte le energie rivoluzionarie esistenti nel movimento operaio internazionale.
In questi anni si vennero delineando alcuni caratteri della nuova organizzazione statale. Il primo dato saliente riguarda il forte accentramento del potere nelle mani dei leader del partito bolscevico, che progressivamente si impose come partito unico. Il secondo riguarda la sostanziale incomprensione della questione agraria. Nel tentativo di controllare l’approvvigionamento delle città, il governo mise in atto alcuni drastici provvedimenti economici, ricordati poi come il “comunismo di guerra”, primo fra tutti fu la requisizione integrale dei prodotti dell’agricoltura. Con questi provvedimenti si intendeva colpire i contadini ricchi; in realtà furono proprio quelli poveri ad essere schiacciati, mentre questa “dittatura alimentare”, voluta dal governo, creò un vastissimo mercato nero che controllava la quasi totalità degli scambi. Ne scaturì una pericolosa contrapposizione tra città e campagna e una divaricazione tra contadini e operai, la cui unificazione sul piano politico costituiva il presupposto stesso della rivoluzione bolscevica. I provvedimenti descritti crearono un vasto malcontento anche tra le forze sostenitrici della rivoluzione e causarono momenti di tensione e di ribellione: l’episodio più grave fu l’insurrezione dei marinai della guarnigione di Kronstadt (marzo 1921). Nel 1921 si apriva la nuova fase di stabilizzazione del regime, che si tradusse innanzitutto nell’abbandono dell’economia di guerra. Nel 1921 il gruppo dirigente bolscevico cominciò ad attuare una Nuova politica economica (Nep) l’anno successivo si definì inoltre l’assetto istituzionale federale, sancito nel 1918, e lo stato assunse la denominazione di Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, cominciando ad ottenere i primi riconoscimenti diplomatici. Si aprì così una nuova fase nella storia della Russia, nella quale poter definire una politica estera e una strategia internazionale, capace di consolidare il ruolo dell’Urss come punto di riferimento della rivoluzione mondiale.

2. La terza internazionale.
La nuova internazionale avrebbe dovuto essere la sintesi delle due precedenti. Della prima doveva avere lo spirito intransigente e rigoroso; della seconda, l’organizzazione; ma rispetto alla seconda era anche in antitesi, in quanto doveva costituire un netto rifiuto del parlamentarismo e dello spirito di compromesso che erano stati tipici delle socialdemocrazie europee. La nascita del Partito comunista tedesco (Kpd) nel 1918 fu il primo passo in questa direzione. La nascita della Terza internazionale fu però voluta più dal vertice bolscevico che dai partiti europei: convinti del carattere mondiale del processo rivoluzionario da loro aperto, i bolscevichi intendevano costruire al più presto non un nuovo “parlamento internazionale della classe operaia”, ma un “partito internazionale dell’insurrezione”.
Tra i gruppi di sinistra che avevano aderito all’Internazionale comunista si erano formate due tendenze: l’una, sostanzialmente fedele al sindacalismo rivoluzionario e a una concezione quasi anarchica dei soviet (il “comunismo dei consigli”), aveva costituito una propria centrale ad Amsterdam; l’altra, a Berlino.

3. L’Urss da Lenin a Stalin.
Nel 1921, aveva preso avvio la fase della Nep. In questo periodo si attenuarono alcune delle drastiche misure d’emergenza prese precedentemente. Nella nuova fase fu introdotta una sorta di economia di mercato, per cui i contadini potevano vendere liberamente i loro prodotti, una volta pagata un’imposta in natura. Fu inoltre ricostituita la proprietà privata, e la circolazione della moneta riprese il suo tradizionale ruolo.
La Nep, il cui massimo teorico fu Nikolaj Bucharin, era in sostanza una forma di economia mista che lasciava ampi margini all’iniziativa privata; soprattutto era basata sul presupposto che l’industrializzazione avrebbe potuto avviarsi solo quando si fosse consolidato nelle campagne un processo di accumulazione di risorse tale da innescare la domanda di prodotti manifatturieri.
Contro questo progetto si mosse tutta l’opposizione di sinistra, capeggiata da Lev Trockij, fautrice di un rapido processo di industrializzazione, di un forte ridimensionamento dell’agricoltura e contraria soprattutto all’autonomia economica dei contadini ricchi. Attorno alla Nep si giocò un’accesa partita politica, parte integrante di una più complessa lotta per la successione a Lenin, che si scatenò tra Trockij e Stalin. Stalin, nel 1922, fu nominato segretario generale del comitato centrale, un ruolo non politico ma organizzativo. Stalin si trovò così ai vertici del partito nel momento in cui nel 1924, la morte di Lenin portò a una ridefinizione degli equilibri e dei ruoli all’interno del gruppo dirigente comunista bolscevico. Questa ridefinizione assunse diverse forme: quella del dibattito teorico, come era nella tradizione del movimento socialista; quella della lotta personale per il potere; quella della eliminazione fisica degli avversari. Lo scontro tra Stalin e Trockij non si limitò alla poliica economica ma riguardò il modello stesso della rivoluzione socialista che i comunisti sovietici volevano diffondere in tutto il mondo. Riguardava in sostanza la politica internazionale che l’Unione sovietica avrebbe dovuto seguire. Accresciuto il potere personale dopo l’eliminazione di tutti i suoi oppositori, Stalin poté affrontare il problema dell’industrializzazione dell’Urss con l’avvio del primo piano quinquennale. A questo punto Stalin fece proprio il programma dell’opposizione trockista dando avvio all’industrializzazione forzata. Per attuare questo piano occorreva trasformare l’organizzazione sociale delle campagne, abolendo le proprietà individuali e creando organismi di gestione collettiva, in grado di promuovere un’accumulazione di risorse economiche da investire nelle attività industriali. Nello stesso periodo si verificò un notevole incremento dell’apparato industriale.
Il 1928 rappresentò dunque una svolta e una rottura di continuità rispetto al passato, e determinò in maniera irreversibile i futuri destini della società sovietica. L’assoluto centralismo della pianificazione economica determinò la creazione di vaste zone d’ombra in cui proliferarono le inefficienze, i clientelismi e gli sprechi.

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