L'illuminismo e le riforme

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Testo

L’illuminismo
Movimento ideologico e culturale (dal francese illuminisme, capacità illuminatrice della ragione), che informò di sé tutto il Settecento, inteso a portare i lumi della ragione in ogni campo dell’attività umana, allo scopo di rinnovare non soltanto gli studi e le varie discipline, ma la vita sociale intera, la cultura e le istituzioni, combattendo per mezzo della critica gli infiniti pregiudizi, frutto d’interessato inganno, che impediscono il cammino della civiltà e si oppongono al progresso e alla felicità degli uomini. L’i. fu il modo di pensiero organico della borghesia nella lotta per la completa conquista del potere economico e politico e dell’egemonia ideologica: come tale, lo si può vedere storicamente crescere per circa un secolo dai tempi della Rivoluzione inglese del 1688 sino alla grande Rivoluzione francese del 1789, stabilendo ben presto il suo fulcro e divenendo il vessillo di un vero parti philosophe in quella Francia in cui alla preponderanza economica della borghesia e alla crescente coscienza, da parte di tale classe, della propria funzione sociale propulsiva si opponevano tenacemente i radicati poteri politici e privilegi civili dei nobili e del clero, alleati della monarchia assoluta. Meno impetuosa e radicale fu la fioritura dell’i. nella stessa Inghilterra, dove pure esso era sorto con Locke, perché il nuovo equilibrio fra aristocrazia e borghesia stabilì un clima favorevole al conservatorismo ideologico, che in filosofia si rispecchiava esemplarmente nell’involuzione dall’empirismo lockiano all’idealismo soggettivo del vescovo Berkeley e all’agnosticismo del tory Hume. Per il condizionamento di una relativa arretratezza economico-sociale, risultano complessivamente minori, e talvolta parzialmente debitori, rispetto al francese, l’i. tedesco (Aufklärung), che pure conta personalità come Wolff, Lessing e Mendelssohn, e l’i. italiano, nei suoi centri principali di Milano, con i fratelli Verri e Beccaria, e Napoli, con Genovesi, Galiani e Filangieri. L’i. si presenta come movimento sostanzialmente unitario nella sua pars destruens, e invece variegato di contrasti interni nella sua pars construens, così come diversi erano aspirazioni e interessi degli strati della borghesia di cui gli illuministi si facevano interpreti. Così, in filosofia, i bersagli della critica erano la metafisica della Scolastica e la dottrina cartesiana delle idee innate; ma dal comune convincimento che le conoscenze vadano fondate tutte e unicamente sull’esperienza si dipartono due correnti metodologiche: l’una, fatta propria p. es. da d’Alembert, tende a restringere il compito della scienza all’analisi e alla sistemazione rigorosa e descrittiva dei fenomeni, mentre l’altra, che ha il suo più geniale fautore in Diderot, mira all’ardita escogitazione di ampie ipotesi teoriche che hanno lo scopo di consentire l’esplorazione di nuove zone del sapere e il progressivo disegno di un quadro unitario dell’universo. A questo contrasto si accompagna, pur nella generale avversione per il fanatismo e il pernicioso fideismo delle religioni positive, l’opposizione fra deisti, come Voltaire, e materialisti atei, come Diderot e d’Holbach. Ancora più articolate in diverse tendenze sono le dottrine politiche dell’illuminismo : a Montesquieu, teorico del liberalismo moderato, si contrappone Rousseau, ispiratore col suo Contratto sociale del giacobinismo prima e poi delle più avanzate forme di democrazia borghese; mentre, raccogliendo l’attacco mosso da Rousseau alla proprietà privata nel suo secondo Discorso, si spingono fino a posizioni di socialismo utopistico Mably e Morelly, e Diderot denuncia l’ingiustizia sociale con grande sensibilità ed efficacia in articoli dell’Encyclopédie e nelle opere di narrativa. Vario fu dunque il modo d’intendere i tre valori di Liberté, Égalité, Fraternité, che campeggeranno sulle bandiere della Rivoluzione, ma la loro rivendicazione costituì comunque una tappa fondamentale nella storia dell’umanità. La morale, sganciata dalla religione, si poneva come obiettivo la «felicità per il maggior numero», riconoscendo i diritti dei sentimenti e dei sensi e indicando nell’utilità sociale o bienfaisance la virtù essenziale. Da questa visione della vita scaturiva la nuova dissacratoria concezione del diritto penale, di cui Beccaria fu il primo rigoroso sostenitore, concezione che nella pena non vedeva più l’espiazione di un peccato, ma semplicemente l’equilibrato strumento di difesa dell’ordine e del benessere sociali. E a questa stessa matrice ideologica, intrecciata alla giustificazione e propulsione dei concreti interessi economici della borghesia capitalista, si rifanno le dottrine economiche liberiste dei fisiocrati e di A. Smith. Da parte idealistica e romantica si è tacciato di antistoricismo l’aspro antitradizionalismo degli illuministi. L’i. ebbe invece il merito, in particolare con Voltaire, di elaborare una categoria essenziale per l’interpretazione della storia: quella di progresso, difficile e rischioso, opera degli uomini e non di un disegno provvidenziale; mentre, d’altronde, Montesquieu, Voltaire e Gibbon offrirono i primi validi esempi di una storiografia moderna più scientificamente fondata e condotta.
Le riforme politico sociali
L’illuminismo attuò le sue prime conquiste politiche e sociali nella sua stessa patria d’origine, l’Inghilterra, con la concezione di un nuovo diritto dello Stato che segnò l’ascesa della borghesia e la sua affermazione non solo politica ma anche economica. In Francia quegli stessi principi costituirono la premessa ideologica della Rivoluzione che portò alla proclamazione dei «diritti dell’uomo». In Germania Federico II di Prussia accolse la lezione illuministica dell’amico Voltaire e razionalizzò le strutture del suo Stato, affrancandolo da un feudalesimo agrario, impegnando la nobiltà nella nuova organizzazione militare e dando alla borghesia maggior respiro per abbinare le attività commerciali a quelle ormai insufficienti dell’agricoltura. Il suo esempio ebbe imitatori in Caterina II di Russia e in Maria Teresa e Giuseppe II d’Austria. Esperienze politiche ispirate all’i. si ebbero anche in Spagna, in Portogallo, in Danimarca e in Svezia. Sebbene limitato da un preciso disegno di accentramento dello Stato, l’i. dei vari sovrani portò a una maggiore tolleranza religiosa, ridusse lo strapotere della Chiesa cattolica, limitò i privilegi della nobiltà, i diritti delle comunità rurali a favore dell’individualismo agrario; promosse le sorgenti attività industriali annullando i privilegi delle corporazioni; favorì l’aumento demografico per la colonizzazione delle terre vergini o abbandonate e aprì l’istruzione a nuovi ceti. In definitiva lo Stato si trovò rafforzato, ma con sudditi meno poveri e meno oppressi; caddero anche numerose barriere politiche e sociali. In Italia le riforme ispirate all’i. trovarono applicazione in Lombardia, nella Toscana e nel Regno di Napoli: esse portarono all’abolizione del diritto d’asilo e dell’Inquisizione, allo sviluppo della libertà di commercio, al potenziamento dell’istruzione elementare e superiore; alle riforme delle amministrazioni locali; alla creazione di una piccola proprietà contadina.

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