Famiglia, mass media e società

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Testo

Famiglia, mass media e società
“Famiglia, mass media e società: percorso incrociato”

LA FAMIGLIA OGGI
Mi sembra opportuno iniziare questo discorso con una precisazione a proposito di famiglia.
Quando si tenta di definirla, almeno all'interno delle società complesse come quella occidentale, ci si accorge che si tratta di una realtà che ognuno è in grado di riconoscere e identificare nel vissuto, ma per la quale ogni definizione suona parziale, insufficiente, relativa.
La famiglia è una realtà sociale multidimensionale, che risente profondamente delle concezioni
religiose ed etiche, dei modelli antropologici e culturali di chi la osserva. Essa, infatti, cambia volto, estensione e senso a seconda del particolare punto di vista da cui la si guarda.
Tuttavia la difficoltà di individuare nella realtà sociale odierna un unico tipo di famiglia non significa che, almeno a livello ideale, non sia possibile affermare che esiste un modello famiglia in grado di garantire meglio delle altre quelle funzioni, per l'individuo e per la società, che sono
universalmente riconosciute come sue caratteristiche.
Quali sono queste caratteristiche? Possono essere rilevate individuando le funzioni che la famiglia ha svolto, svolge o dovrebbe svolgere sul piano individuale e sociale. Sinteticamente esse sono:
•••soddisfare il bisogno psicologico di dare/ricevere amore, sicurezza, nello stare insieme, nella
con-vivenza; bisogno esercitato nella sessualità che frutta la procreazione (nell’asse coniugale) e
la reciproca educazione (nell’asse intergenerazionale);
•••realizzare in modo più completo il Sé di ciascuno;
•••costruire un mondo, ovvero un orizzonte di significato in cui inscrivere i singoli frammenti che
formano l'esperienza dell’esistenza;
•••partecipare attivamente alla funzione di riproduzione del sistema sociale, sia a livello della
conservazione della specie che della cultura sociale;
•••partecipare come protagonista alla vita di detto sistema sociale in tutte le sue dimensioni.1
Naturalmente ci sono altre definizioni della famiglia, nascenti da altri percorsi culturali. Possiamo
citarne almeno due: quella propria dell’ideologia liberale, che vede la famiglia come comunità
d’affetti fondata sulla libertà del sentimento e sulla privacy, spazio libero per i valori individuali, in
contrapposizione alla società che è spazio esterno e pubblico;
1 Cfr. G.Crucitti, in Le famiglie interrogano le politiche sociali, CD-ROM del convegno di Bologna, marzo 1999
quella marxista, che considera la famiglia strumento di trasmissione (attraverso la continuità di
sangue) della proprietà privata (o della sua assenza, che è lo stesso) e dell’accettazione delle
norme sociali (attraverso l’interiorizzazione dell’autorità paterna).2
Possiamo dire che, sotto sotto, tutte queste definizioni possono considerarsi in certo modo visioni
diverse da diverse prospettive di un’unica realtà che tutti vorrebbero che la famiglia fosse.
VERSO LA SOCIETA’
La famiglia è la prima forma sociale con cui l’uomo entra in contatto quando nasce, ma è anche la
prima radice della società, o meglio è generatrice di socialità. Del resto, già Cicerone la definiva
‘principio della città e quasi semenzaio dello Stato3.
Secondo la paleo-antropologia, già gli uomini primitivi univano le famiglie per costituire gruppi
maggiormente in grado di sopravvivere e di occupare il territorio. Nei secoli poi le varie civiltà
hanno sviluppato diversi modelli famigliari.
Non è questo il luogo per una ricerca simile, che poi andrebbe differenziata paese per paese,
cultura per cultura, secolo per secolo… Una ricerca infinita.
Siamo quindi costretti a parlare di noi, partendo al massimo dal nostro ieri.
La Rivoluzione Francese (tanto per fissare un paletto) ha segnato l'avvento della concezione laica
della famiglia e il codice napoleonico detterà al mondo le linee maestre di un'organizzazione
familiare intesa come nucleo elementare e essenziale dell'organizzazione dello stato, tutt'oggi
pressochè intatte.4
Morte della famiglia? C’è stato chi ha pensato che la famiglia non fosse indispensabile alla
società (Platone, Kibbutz, Comuni del sette-ottocento, Società comuniste XX secolo ecc.). Anche
recentemente si è parlato di morte della famiglia, soffocata dall’ambiente scientifico tecnologico.
Succede sempre quando vengono meno forme particolari di famiglia.5
L’era industriale, ad esempio, si può dire che abbia in certo modo ricacciato la famiglia nel privato,
mentre si affermavano a livello sociale i poteri economico – imprenditoriale - sindacale. E ancora
oggi, politica, cultura, arte, tendono a privilegiare l’individuo, eredità della cultura liberale. La
famiglia è spinta in un processo di privatizzazione che le toglie visibilità.
2 Cfr C.Mancina, La famiglia, Editori Riuniti 1981, p.52-53
3 Cfr. C.Lubich, La famiglia è il futuro, in Nuova Umanità n.125, p.479
4 Cfr. G.Crucitti, in Le famiglie interrogano le politiche sociali, CD-ROM del convegno di Bologna, marzo 1999
5 Cfr. A. e A. Friso, Sociologia della famiglia, in Corso per mediatore familiare 1999, Scuola Loreto di Loppiano (Incisa
FI), inedito
Ma negli ultimi decenni qualcosa sta decisamente cambiando: da una parte, la nascita
dell’associazionismo familiare ha fatto crescere una coscienza più precisa dei diritti-doveri della
famiglia; dall’altra, i centri del potere politico si sono via via resi conto che la famiglia, mentre può
integrare e sostituire lo Stato nelle sue deficienze di servizio sociale, associandosi può divenire
prezioso interlocutore di base e orientatore delle politiche sociali.
La “nuova cittadinanza” della famiglia rappresenta appunto la presa di coscienza di questo
processo, non soltanto in nome dei valori di cui è portatrice, e che restano fondamentali per ogni
società (dalla solidarietà alla capacità di mediare e superare la conflittualità), ma anche in
considerazione dei guasti non solo personali bensì pure sociali che deriverebbero, come di fatto
derivano, dalla sua crisi o addirittura dalla sua disgregazione (con costi economici e soprattutto
umani giudicati insostenibili da tutte le società industriali avanzate).
I MASS MEDIA
Sul finire dell’ ‘800 intanto, aveva iniziato ad apparire sulla scena sociale un nuovo protagonista,
che poteva essere l’ideale “medium” di relazione per la società, tra le sue varie componenti, e tra
la famiglia e la società: i mezzi di comunicazione sociale. La stampa, la radio, il telefono, il cinema,
la TV, i new-media… ed è una apparizione che non ha finito di manifestarsi.
La nascita, la crescita e l’esplosione dei mezzi di comunicazione di massa è lo specifico dell’era
moderna. Si tratta di una autentica nuova rivoluzione che lascia presagire, nel disegno evolutivo
dell’umanità, il costituirsi, per così dire, di un “biosistema nervoso” che, analogamente a ciò che
esso realizza nel corpo umano (pulsione istintiva all’unità delle varie parti fino all’auto-coscienza
della singola individualità), immette nell’umanità una tensione inarrestabile dalla complessità
all’uno, alla ricerca dell’unità interna in tempo reale, abbattendo ogni barriera di spazio e tempo.6
Per quanto questa ‘ipotesi umana’ possa sembrare ardita e suggestiva, l’evolversi delle situazioni
non la contraddicono, pur evidenziando sempre nuovi rischi e pericoli.
Rischi e pericoli perché?
Noi oggi viviamo avvolti inesorabilmente dalle maglie sempre più fitte di una rete di rapporti
comunicativi assolutamente nuova nella storia dell’uomo. E’ impossibile vivere isolati. Anche nella
famiglia, la privacy ha cambiato qualità, perché siamo continuamente sollecitati da impulsi,
immagini e messaggi che contemporaneamente coinvolgono milioni di altre famiglie. L’offerta di
informazione è enorme, eppure sembra manchi sempre l’informazione adeguata, costruttiva, per
6 Cf R.Bertacchini, Bit selvaggio?, Roma, 1985, p.103
cui in casa è facile la mancanza di intesa tra generazioni. Basta poco per accorgersi di aver perso
la capacità di comunicare.
I media non sono neutrali sul piano dei valori e dei modelli di comportamento che veicolano, in
rapporto alle relazioni familiari. Essi sono qualcosa di più e di diverso da un puro mezzo tecnico,
che si possa usare o meno, in un modo o nell’altro.
Dal momento che esistono, essi possono solo incrementare le comunicazioni, e possono farlo solo
in certi modi e non in altri. Essi sostituiscono e modificano la comunicazione familiare.
ALCUNE INTERAZIONI TRA MASSMEDIA E FAMIGLIA
I campi di interattività tra mass-media e famiglia sono infiniti. Sarebbe importante che ognuno di
noi si aggiornasse e documentasse in questo campo. Per le dimensioni di questa conversazione
vorremmo però soffermarci brevemente su alcune situazioni particolarmente significative per la
comunicazione familiare.
Cominciamo con le “news”.
Tra ciò che accade e quello che effettivamente il pubblico capta di ciò che accade, vi è una lunga
serie di intermediari che funzionano da canali di messaggio, ma influiscono tutti sulla qualità della
notizia e sulla relazione tra polo emittente e polo ricevente.
Tutti gli agenti che entrano in gioco (informatori, agenzie di stampa, proprietà del media, redazioni,
giornalisti, diffusori…) hanno, più o meno, la facoltà di mettere in circolo la notizia o tacerla, di
darle un taglio o un altro, di metterla in luce o in ombra. La sola scelta delle notizie (tra le tante
disponibili) con cui riempire le pagine di un quotidiano o la scaletta di un telegiornale, è una
inevitabile restrizione pregiudiziale della verità. Anche prescindendo da manipolazioni volute,
l’organizzazione professionale dell’informazione si svolge sempre nel quadro e sotto l’influsso del
corredo culturale e del contesto politico del comunicatore.
Ciò premesso, risulta evidente come sia opportuno che i messaggi mediali vadano accolti con
vigile senso critico e diversificazione delle fonti, e come sia indispensabile una etica della
comunicazione.
Ma oltre a questo, ci sono anche limiti e rischi legati alla tipologia del media. Prendiamo ad
esempio in esame due media ormai inevitabili nella vita della famiglia: la televisione ed il personal
computer.
Il mezzo che è diventato quasi il simbolo dei media domestici, è la Televisione. Tra tutti i media, è
quello che quasi naturalmente sembra fatto sulla misura del nucleo famigliare, come un
interlocutore discreto e affascinante in grado di intrattenere contemporaneamente tutti i membri
della famiglia. Attiva 24 ore su 24, spesso accesa automaticamente come sfondo discreto delle
faccende domestiche, la TV però continua a creare uno spazio nuovo, diverso dal nostro spazio
fisico o interiore, nel quale tenta sempre di aspirarci. E' uno spazio dove i ritmi veloci, le musiche, il
linguaggio, le atmosfere, impastano insieme tutto: la notizia drammatica, la sfilata di moda, lo spot
pubblicitario, i fatti di una famiglia, i gol della domenica di calcio... Chi ascolta, ha anzitutto la
convinzione di poter in qualsiasi momento uscire dal suo influsso; ma viene sempre più distolto
dalla convivenza e trasformato in consumatore di notizie fatte spettacolo. L’ambiente reale, abitato
da persone concrete, moglie, marito, figli, sfumano in secondo piano. In certo modo diventano
irreali, si guardano con occhi spenti. Quasi appaiono ostacoli all’immaginario che in quel momento
ha preso il posto della nostra interiorità.
Momenti sempre più lunghi e sistematici vissuti in questo "territorio dell’irrealtà" finiscono per
svuotare i rapporti, inibirci la capacità di entrare in relazione con le persone vere.
L’esplosione della nuova comunicazione sistemica coincide con l’implosione della comunicazione
familiare, che diventa vuota, perde di valore e di sostanzialità.
La TV finisce per sostituirsi all’altro, che dovrebbe essere il nostro vero spazio.
La copertina del n.8/1982 del periodico americano Newsweek riportava una grande scritta: “Home
is where the computer is” , “La casa è là dove c’è un computer”.
Sul simbolo stesso della famiglia (home), luogo di rapporti umani legati dall’amore, alza la sua
bandiera uno strumento sofisticato di informazione e servizio. L’idea che la famiglia sia pura
comunicazione (idea tanto cara a certa cultura americana), non poteva essere più esplicita.
Che la comunicazione elettronica sia sorgente di democrazia, rimane un mito tecnologico finora
smentito dai fatti. La Rand Corporation, una grande multinazionale, in una ricerca durata dieci
anni, ha assodato che la comunicazione informatica non influisce sull’abbattimento delle barriere
gerarchiche, ma tende a rafforzare i legami sociali preesistenti. A risultati identici sono pervenute la
IBM e altre grandi aziende.
La comunicazione elettronica non è, in sé, un fattore di trasformazione in senso democratico delle
organizzazioni. Essa gestisce una materia scottante come l’informazione, il cui controllo dà
legittimità a decidere in ogni struttura. Il top-manager è colui che sa. Per questo può comandare, e
ciò facendo elabora ed interpreta l’informazione per tutti.
I personal computer sono in grado di offrire un paradigma di inediti rapporti tra famiglia e media:
non più solo fruizione passiva, ma l’invito a gestire la produzione dell’informazione, la creazione di
una nuova realtà.
La frontiera avanzata infatti dei new-media si chiama “realtà virtuale”. Essa viene descritta, dai suoi
teorizzatori, come un “appagamento pulsionale altrimenti non permesso a livello corporeo”.
La scomparsa della fisicità nella tecnologia virtuale, grazie alla possibilità di simulare, amplificare e
replicare esperienze vissute convertendole in esperienze possibili, porta alla ribalta dinamiche
psichiche profonde che hanno inevitabile ricaduta sulla dimensione fisica dell’esistenza e sulla
relazionalità familiare.
Varie sono le problematiche sollevate: il tuffarsi continuo in un mondo virtuale non provoca forse
disadattamento sempre più marcato alla realtà, perdita di identità, senso di autosufficienza,
incapacità di socializzare?
Fino a che punto è libero un individuo che si muove all’interno di un mondo virtuale? La libertà di
muoversi e di agire è determinata dai dati inseriti da chi ha concepito il modulo virtuale. Questo
significa che esso, dando l’illusione della libertà, obbliga chi la vive a restare all’interno di una
volontà predefinita.
PER UNA NUOVA QUALITA’ DELLA VITA FAMILIARE
E’ evidente, dai pochi cenni fatti, che tra famiglia e mass-media il rapporto non può essere
naturalmente idilliaco o poggiato su un feeling costituzionale: in realtà hanno spesso fini antitetici e
dinamiche contrastanti.
La soluzione non può essere quella di ignorare questi nuovi strumenti, ma di cercare una
comprensione obiettiva e critica del fenomeno mediatico. E’ come una grande sorgente di energia
comunicativa e di relazionalità a disposizione. Occorre domarla e inserirla nei circuiti del progetto
familiare, usandone per migliorare la qualità della vita, per aprire nuove dimensioni alla socialità,
per aumentare l’umanità dei membri della famiglia.
I mezzi elettronici, le immagini, le informazioni che entrano in casa devono entrarci in un certo
modo, acquistando un senso che è dato dalla tensione ideale della vita familiare.
Alcune indicazioni programmatiche:
- usare i media selettivamente per specifici bisogni, attivando nuove motivazioni e competenze
per una distribuzione equilibrata del tempo delle attenzioni verso l’una o l’altra forma comunicativa;
- attenzione a non de-materializzare il codice simbolico che sostiene la famiglia, la quale è fatta
sì di affetti e contenuti valoriali, ma in parti uguali anche di corporeità e fisicità. L’astratta
spiritualizzazione della famiglia è l’equivoco su cui giocano i manipolatori dei media, per farne un
luogo simbolico, impalpabile di gratificazioni e di consumi individualistici;
- sviluppare una forma familiare che sia soggetto della propria salute, facendo dei media uno
strumento di reciprocità, di apertura all’esterno, per creare nuove reti di solidarietà;
- tendere ad incorporare nella famiglia i new-media non individualisticamente, come succubi di
un potere lontano ed occulto, ma come reti sociali o raggruppamenti a scala locale di nuclei
familiari, capaci di attivare tra loro una relazionalità che scende alla solidarietà più concreta.
CONCLUSIONI
Il rapporto di forze tra famiglia e mass-media è impari: troppo debole essa appare davanti allo
strapotere dei processi di colonizzazione che i centri di comunicazione sistemica avviano senza
soste.
Eppure la famiglia possiede in sé stessa una auto-referenza ideale che nessuna istituzione statale
o imprenditoriale possiede. Questo le dà una gamma di potenzialità ed una flessibilità vitale che
può farla riemergere intatta da ogni bombardamento mediatico.
La salute del tessuto sociale dipende dalla qualità della famiglia. Quindi sarebbe dovere delle
istituzioni creare un habitat idoneo per essa. Ma l’esperienza ci dice quanto lontana sia questa
preoccupazione dalle emergenze della comunità politica, così come è utopico attendersi attenzioni
o trasformazioni risolutive da parte dei padroni dei mezzi di comunicazione.
Però quanto accade nella famiglia non può essere indifferente alla comunità. La
privatizzazione dei valori familiari dovrebbe lasciare il posto al processo inverso,
cioè all’assorbimento, da parte del tessuto sociale, dei valori fondanti la famiglia.
Ma la famiglia, che deve fare?
Quando due si sposano, spesso li si consiglia di privilegiare anzitutto il loro rapporto per i primi
tempi, lasciando gli amici e le frequentazioni di prima, per andare a fondo nel dialogo e nella
conoscenza reciproca. Sarà un consiglio saggio? Certo, spingere due giovani appena sposati a
dialogare tra di loro è cosa buona. Devono abituarsi a comunicare anche in profondità. Però il
chiudersi non serve a niente, se non in casi particolari.
L'intimità non coincide con la chiusura, ma ne è in un certo senso proprio l’opposto. Sembra un
paradosso, ma la vera intimità crea l’unità tra i due, e l’unità è la massima apertura, perchè è la
massima accoglienza dell’altro in un dono totale di sè. E' un valore dell'essere, non del ‘fare’, del
possedere, e l'essere ha la sua parola che dice 'umanità'.
Mounier ha una espressione bellissima per sintetizzare il concetto: “Il privato vissuto intensamente,
diventa pubblico”.
Ma come trasformare un fatto privato in evento sociale? E’ un problema di qualità; delle qualità
dell’amore autentico, che sono varie: la gratuità, la fedeltà, la tensione all’unità e a far emergere la
positività dell’altro e, appunto, la socialità, quasi facce di un diamante che è tale se le ha tutte.
Quindi la dimensione sociale dell’amore di coppia nasce dall’amore stesso tra uomo e donna ed è
all’origine dell’apertura della famiglia. Che non è qualcosa che si aggiunge ad un certo punto della
vita, ma è un ‘naturale’ sviluppo dell’esperienza famigliare, una conseguenza della verità
dell’amore. Ed è lo specifico che la famiglia deve portare alla società e che la società attende dalla
famiglia.
Il positivo o il negativo della famiglia è sempre in ricaduta nella società. Quando un bambino a
scuola va male, dietro c'è sempre un disagio famigliare, che si allarga a macchia d’olio. Mentre un
padre o una madre, che portano sul posto di lavoro o nell’ambiente professionale la positività e la
ricchezza di un rapporto famigliare creativo, si fanno costruttori di socialità, assorbitori di tensioni
negative, semi di solidarietà.
La famiglia oggi sa che esiste perché dà, e perché mutua nello scambio con le realtà sociali
contenuti, prospettive e valori della sua presenza. La sua apertura sociale nella forma più ampia, è
il miglior antidoto al rischio di auto-referenzialità con conseguente ripiegamento involutivo su se
stessa.
Questi postulati di “nuova famiglia” che stanno emergendo, sono anche frutto di semi sparsi da
tempo nel pensiero contemporaneo. Si pensi a Mounier, si pensi a maestri del “pensiero positivo”
come Lévinas, Fromm, Buber, Jonas, Ricoeur.
E’ come una realtà nascosta in seno al divenire dell’umanità, che preme nei cuori, nelle coscienze,
nei sensori di politici, pensatori, costruttori del sociale.
“Il segno di profezia di una famiglia così – questa è una bella frase di Campanini - nei confronti
della società, sta nel proporre con forza, all'interno di un mondo dominato dall'efficienza e dal
consumismo, il significato dell'inutile (tra virgolette). Nulla è più inutile (tra virgolette), dell'amore.
Esso non edifica ponti né produce automobili, non trova posto nella bilancia commerciale nè
concorre a determinare il reddito nazionale. Ma è appunto dell' apparentemente inutile che il
mondo oggi ha bisogno. Testimoniare questa apparente inutilità, mostrarne e rivelarne tutta la
fecondità, la forza e la capacità critica, è il servizio eminente che può rendere al proprio tempo,
quel segreto microcosmo che è la coppia dove vive l’amore…"7. Un certo tipo di amore, aggiungo
io.
Stando a questi sociologi, insomma, nel futuro riuscirà a sopravvivere solo una famiglia di grande
idealità, capace di vivere insieme e di farsi carico del bisogno dei deboli, tesa all’unità con le altre
7 G.Campanini, La Famiglia gen-feb. 1994, pag. 42
famiglie, capace con la sola presenza di inoculare positività nel tessuto sociale8, capace di usare i
media senza esserne usata.
In quest’ottica, la famiglia si pone quasi generatrice della società.
La società ne è quasi figlia, vive dei suoi valori, ne espande ed incarna i contenuti nelle strutture
culturali e sociali.
Famiglia e società interagiscono attraverso le vie e le reti dei media.
I percorsi di famiglia, mass media e società, così, non sono parallele che non s’incontrano mai se
non per ostacolarsi. Sono percorsi che s’incrociano per scambiarsi idee e vissuto, per diffondere
una inondazione valoriale che accresce il nostro tasso di umanità.
Come sta succedendo oggi, qui, in questo incontro.

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