Pedagogia generale

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Testo

La pedagogia non esiste, esistono le pedagogie. Prof => concezione del personalismo cristiano.
Rispettare e promuovere tutte le diversità culturali => non manipolare le coscienze.
- le sfide dell’educazione nel XXI secolo;
- le pedagogie in altri continenti: - Africa (Kiserbò),
- zona latino-americana (Frei),
- Asia (Panikar),
- Europa (Agazzi);
- la coesione sociale e il rispetto delle identità culturali (le sfide dell’oggi), educazione interculturale al plurale;
GLOBALIZZAZIONE
Rapporto Delor evidenzia le problematiche del XXI secolo: tensioni fra locale e globale, universale e singolare, tradizione e modernità, lungo e breve termine, straordinario sviluppo delle conoscenze e capacità di assimilazione dell’uomo, dimensioni materiali e dimensioni spirituali. 3 diritti:
- all’educazione,
- al lavoro,
- alla partecipazione.
Una solidarietà-cooperazione, senza competizione che stimoli, diventa pura assistenza => obiettivi piatti.
E’ giusto stare dalla parte dei deboli, ma la società deve cambiare, unificare, non scartare
Assicurare l’unità della vita spirituale ed evitare le lacerazioni spirituali di un individuo.
Distinguere: fatti portatori di avvenire/eccentricità, rispetto della cultura/perdita di valori, innovazione/deviazione/anomalia.
Scoprire le ricchezze delle singole persone e scoprire le ricchezze delle storie dei popoli.
Delor: bisogna cominciare a comprendere se stessi in un viaggio interiore attraverso la conoscenza, la meditazione e l’autocritica; non lasciarsi sommergere dal flusso di informazioni che più o meno effimere che invadono spazi pubblici e privati. L’educazione deve fornire le carte di un mondo complesso e agitato e la bussola (dovremmo averla già noi) che permette di navigarvi.
La libertà non coniugata con la solidarietà porta alla disuguaglianza; l’eccesso di uguaglianza limita la libertà.
Globalizzazione => Vantaggi: mette in contatto persone e popoli e fa prendere la coscienza che un cittadino deve avere una valenza comunale, nazionale e mondiale. Globalizzatori: posseggono l’insieme dei capitali (risorse, conoscenze, monopolio dell’informazione). Globalizzati: lavoratori, consumatori, scarse e informali conoscenze. Esclusi: non hanno accesso ai saperi, no hanno peso come consumatori, ruolo inesistente nella produzione. Svantaggi: uniforma le diversità, diventano tutti omogenei, si perdono le caratteristiche dei popoli.
Rapporto Delor presenta 4 pilastri:
1- imparare a conoscere (acquisire gli strumenti della comprensione),
2- imparare a fare (per trasformare l’ambiente),
3- imparare a vivere insieme (partecipazione e cooperazione con gli altri),
4- imparare ad essere (sviluppo completo dell’uomo nelle sue espressioni e impegni personali e sociali).
Il punto 1 è quello privilegiato, i punti 3 e 4 sono quelli fondanti. Dalle diversità costruire l’unità, non esaltare le diversità fino a renderle corporative (si ammazzerebbe l’unità). La globalizzazione è positiva se si dà spazio a tutti i soggetti. L’educazione, secondo il rapporto Delor, deve puntare sull’emancipazione dell’uomo, sull’immaginazione, sulla creatività, sullo spirito d’iniziativa, sulla valorizzazione per la dimensione culturale presenti nelle diverse comunità => saranno attori principali della società.
Globalizzazione nella solidarietà: sintesi fra uomo delle radici (uomo antropologico, vive dimensioni personali e del suo territorio, vive la sua cultura) e uomo delle antenne (h rapporto con gli altri popoli, costruisce con gli altri). Solo radici: uomo tribale (la sua comunità è tutto), solo antenne: contatta tutti, ma non è nessuno. L’uomo deve essere radicato nella sua comunità e aperto agli altri per vivificare la sua identità.
Uno degli aspetti negativi della globalizzazione è dare il primato all’economia che si espande avendo come legge soltanto il profitto. Chi rimane isolato deve essere circondato da assistenza.
La tensione più forte oggi è fra globale e locale; l’uomo se vuole dare il proprio contributo deve essere radicato nel proprio ambiente e avere le antenne per contattare gli altri e confrontarsi con loro. Uomo tribale (solo radici)/uomo gregario (solo antenne). L’identificazione se rimane solo identificazione non esprime l’originalità.
Prospettive della globalizzazione:
- prima prospettiva: la creazione di una società post-industriale il cui fattore determinante sarà l’evoluzione continua della tecnologia;
- seconda prospettiva: una società centrata sulla persona nella quale, attraverso dei processi di rottura, compariranno dei nuovi valori umanistici e post-economici.
Secondo Rizzi il futuro della società mondiale sarà contrassegnato soprattutto dalla seconda ipotesi. Il problema della globalizzazione deve essere visto in modo totale, studiando anche gli squilibri presenti nel proprio stato.
I SETTE SAPERI NECESSARI ALL’EDUCAZIONE DEL FUTURO
Testo UNESCO: i sette saperi necessari all’educazione del futuro (sintesi di Morin con contributo di specialisti, di cui l’unico italiano e Cerreti, preside della facoltà di lettere e filosofia a Milano).
L’educazione oggi è la forza del futuro perché è lo strumento più importante per realizzare il cambiamento, ma noi oggi abbiamo la sfida più difficile: modificare le nostre forme di pensiero di fronte alla complessità dei problemi di fronte, di fronte alla rapidità dei problemi e di fronte all’imprevedibile. Cambiare il modo di conoscere: dobbiamo collegare le varie discipline, eliminando le barriere che esistono tra loro; riformulare le nostre politiche e i programmi educativi.
1. La cecità della conoscenza (errore ed illusione);
il modo di comunicare delle conoscenze oggi è cieco di fronte ai dispositivi/problemi della conoscenza umana e alle sue propensioni all’errore e alle illusioni; la conoscenza non è solo un mezzo, bisogna anche studiarla nella sua natura, armare ogni spirito per la battaglia vitale per la lucidità.
2. il principio di una conoscenza pertinente;
ottenere una conoscenza capace di iscrivere le conoscenze parziali e locali nei problemi globali e fondamentali, le conoscenze frammentate rendono l’uomo incapace di operare dei legami fra le parti, è necessario sviluppare attitudini capaci di collocare le informazioni in un contesto e in un insieme.
3. insegnare la condizione umana;
insegnare l’unità complessa della natura umana che oggi è disintegrata attraverso le discipline, è diventato difficile apprendere cosa significa essere umano (psichico, cultura, fisico, sociale, storico); la sfida è, a partire dalle discipline attuali, riconoscere l’unità e la complessità umane, cercare il legame indissolubile fra l’unità e la diversità di tutto ciò che è umano. Siamo noi che dobbiamo ricercare l’unità.
4. insegnare l’identità terrestre;
insegnare la storia dell’era planetaria, prendendo in esame il XVI secolo, che è il più importante perché i continenti sono entrati in comunicazione, i popoli si sono organizzati; avrebbero dovuto essere intersolidali, ma ciò non si è verificato (ad es. noi parliamo di “invasioni barbariche”, ma in altri casi ci siamo definiti “civilizzatori”)
5. affrontare le incertezze;
affrontare l’inatteso, “imparare a navigare in un oceano di incertezze attraverso dei punti chiave di certezze”, abbandono delle concezioni deterministe che pensavano di prevedere il futuro e l’accettazione che nel nostro secolo ci sarà spazio per l’imprevisto.
6. insegnare la comprensione;
insegnare la comprensione reciproca delle relazioni umane, delle radici altrui che ci permette di conoscere le forme di razzismo e di xenofobia.
7. comprendere l’etica del genere umano;
la condizione umana dovrà aver presenti:
- individuo,
- società,
- specie;
individuo e società = democrazia;
individuo e specie => dal XXI secolo: cittadinanza terrestre.
Due finalità etico-politiche del XXI secolo:
A) relazioni di controllo specifico società/individuo (democrazia);
B) realizzare l’umanità come comunità planetaria.
1- LA CECITA’ DELLA CONOSCENZA: L’ERRORE E L’ILLUSIONE
Le diverse teorie dell’informazione dimostrano che ci sono dei rischi di errore in tutte le trasmissioni e comunicazioni di messaggi. Tutte le nostre percezioni sono traduzioni e ricostruzioni cerebrali a partire dai diversi stimoli e codici. All’errore della percezione sensibile spesso si aggiunge anche l’errore intellettuale attraverso i mezzi del linguaggio/pensiero; capita anche di avere la proiezione dei nostri desideri e timori che causano delle perturbazioni dovute a flussi emotivi della razionalità. La dimensione affettiva è importante nell’essere umano: l’affettività può sostenere o demotivare gli sforzi della ricerca; la debolezza affettiva può causare comportamenti irrazionali. Affettività e ragione devono camminare insieme.
Esistono 3 tipi di errore:
- mentale: nel nostro sistema neurologico => 2%, funzionamento interiore => 98%;
possibilità di menzogna verso se stessi la memoria può anche deformare i ricordi, a volte i ricordi sono fantasie e non fatti,
- dimensione dell’egocentrismo,
- tendenza a giustificare,
- tendenza a spostare sugli altri le nostre tensioni,
- tendenza a dimenticare gli eventi spiacevoli.
- intellettuali: dovuti a ideologie, teorie, dottrine, perché appresa una teoria diventa difficile accettarne altre, ci si fissa solo su quelle di origine e le altre vengono considerate “nemiche”
(resistenza alla critica);
- della ragione: permette di capire distinzioni (veglia/sonno, reale/immaginario,
oggettivo/soggettivo); razionalità => semaforo contro l’errore e l’illusione, costruttrice
quando elabora teorie coerenti, verifica compatibilità idee/dati e fatti empirici ai quali le
teorie si applicano, è aperta a nuovi contributi, se si chiude diventa dottrina e
razionalizzazione; razionalizzazione => (negativo) conoscenza che non accetta
contestualizzazione, verifica empirica, fonte più potente dell’errore e dell’illusione.
Obiettivo: raggiungere la razionalità, cioè operare una navetta incessante tra l’istanza logica e l’istanza empirica ed è il frutto di un dibattito argomentato dalle idee e non è una dottrina chiusa. Il razionalismo che ignora l’affettività e la soggettività è irrazionale. La razionalità deve essere critica e soprattutto autocritica.
2- PERTINENZA DELLA CONOSCENZA
Come acquisire l’accesso alle informazioni sul mondo e organizzarle. L’educazione del futuro dovrebbe rispondere a 4 ambiti:
- contesto, ogni espressione deve avere dei riferimenti (chiarire a che cosa si riferisce una parola, ad es. amore => per persone, per denaro…);
- globale (la società va al di là del contesto, rapporto tutto/parte: nella parte c’è la presenza del tutto, allo stesso modo la società è presente in ogni persona attraverso il linguaggio, le norme, i saperi…);
- multidimensionale (ci sono varie dimensioni della società: sociologica, religiosa, economica, storica);
- complesso (tessuto insieme interdipendente e interattivo, complessità è il legame che esiste tra unità e molteplicità).
Obiettivo: raggiungere e promuovere un’intelligenza generale capace di riferirsi al contesto, al complesso, con modalità multidimensionali (si parte dal proprio punto di vista) in una concezione globale.
Complessità = collegare => ogni parte è interattiva e interdipendente.
L’espressione della curiosità, della novità, della ricerca di piste nuove deve essere migliorata. Le scienze sono specializzate e autocentrante, per cui le realtà complesse vengono sbriciolate. Le caratteristiche soggettive, esistenziali, etiche vengono relegate in alcuni insegnamenti (letteratura/ poesia) e anche la filosofia rischia di rinchiudersi in se stessa.
Economia: scienza sociale che è matematicamente più avanzata, ma umanamente più arretrata, perché non considera le ragioni sociali, storiche, politiche che sono inseparabili dalle attività di tipo economico.
L’intelligenza della specializzazione è miope, spesso cieca. Nel XX secolo si è sviluppata una pseudo-razionalità che ha atrofizzato la comprensione, la visione a lungo termine. Il XX secolo ha prodotto conoscenze spettacolari in ambito tecnologico e scientifico, ma ha prodotto una cecità per i problemi complessi, globali. Es. tutti sono d’accordo che il disboscamento in Amazzonia costituisce un grave pericolo per l’umanità, ma nessuno è disposto a cambiare il suo sistema di sviluppo, perché raggiunta una posizione, nessuno è disposto a retrocedere.
3- LA CONDIZIONE UMANA
Cultura è dare significato alla natura. La cultura non è legata al titolo di studio. La conoscenza per essere pertinente, deve essere contestualizzata e non astratta. Le domande che dobbiamo porci e insegnare sono:
- chi siamo?
- dove siamo noi?
- da dove veniamo?
- dove andiamo?
Nell’intelligenza generale si deve recuperare il senso dell’umanità; spesso viviamo con un pensiero riduttivo e l’uomo nella sua complessità scompare; l’uomo attuale è un grande specialista, ma un grande ignorante nella visione globale (concezione bancaria).
L’uomo vive queste tre condizioni:
- condizione cosmica: l’uomo fa parte del cosmo e non è altro che una piccolissima parte di esso;
- condizione fisica: essere consapevoli che dipendiamo dal sole;
- condizione terrestre: essere consapevoli che la terra ha i suoi cicli e le sue regole.
L’uomo esce da queste dimensioni, le supera perché va al di là del mondo fisico; l’uomo è sì biologico, ma anche “sapiens” (ragione, pulsione).
Più individui formano la società, il centro rimane però l’individuo. Le società “costituiscono” la specie umana e la complessità umana dovrebbe raggiungere questi obiettivi:
- sviluppo delle autonomie individuali,
- sviluppo della partecipazione comunitaria,
- sviluppo del senso di appartenenza alla specie umana.
La diversità non deve cancellare l’unità e l’unità deve saper integrare la diversità; la cultura si esprime nelle diversità delle società.
L’uomo complesso viene definito in modo bipolare:
- sapiens/demens,
- faber/ludens,
- empirico/immaginario,
- economico/consumatore,
- prosaico/poetico.
L’uomo complesso è quindi un uomo contradditorio. E’ importante capire le diversità dell’uomo per capire le contraddizioni delle società. L’educatore deve rispettare le diversità, altrimenti diventa un “addestratore”.
4- INSEGNARE L’IDENTITA’ TERRESTRE
Il mondo necessita di un pensiero “policentrico”, capace di cogliere la complessità. In questo pensiero si deve osservare che se da una parte la globalizzazione è unificatrice, dall’altra dei germi di conflittualità creano degli effetti separanti. Punto cruciale del XX secolo: alleanza tra due barbarie:
- guerre, massacri, deportazione e fanatismo;
- barbarie interna, deriva da un tipo di razionalizzazione che non conosce che il calcolo e ignora le persone, la loro anima, e che moltiplica le potenze di morte e le potenze di asservimento tecnico-industriale.
Aspetti della crescita della potenza di morte del XXI secolo:
- minaccia di morte globale dell’umanità per armi nucleari,
- possibilità di morte ecologica,
- morte della dimensione umana (droghe),
- aumento delle solitudini e delle angosce.
Gli educatori devono trasmettere queste speranze => apporti delle controcorrenti:
- ecologiche,
- qualitative,
- alla vita prosaica,
- al primato del consumo standardizzato,
- contro la tirannia del denaro,
- contro la violenza.
La cittadinanza terrestre riparte da un’identità delle proprie radici culturali, trova le fonti nel passato
che devono vivere nel presente e proiettarsi nel futuro. Il mondo dovrà essere sempre più confederato culturalmente e politicamente.
Obiettivo: civilizzare e solidarizzare la terra; trasformare la specie umana con autentica umanità.
5- AFFRONTARE LE INCERTEZZE
Questo sarà sempre più un problema in futuro: futuro = incertezza.
La storia avanza contemporaneamente con forze costruttrici e distruttrici, essa è ricca di contraddizioni. Tutte le evoluzioni sono il frutto di una devianza riuscita. Nel sistema occorre essere un po’ devianti (creativi, innovatori). Cambiare il sistema rimanendo nel sistema. Ognuno ha il proprio modo di intendere il reale:
- adattamento,
- sottrarsi alle difficoltà.
E’ importante affrontare le incertezze del reale; il reale non è tutto ciò che conosciamo; nelle incertezze interviene la coscienza del rischio (ecologia dell’azione),
- iniziativa,
- decisione,
- coscienza dell’imprevisto,
- coscienza della trasformazione.
La strategia deve prevalere sul programma e comprenderlo considerando tutte le variabili ipotetiche; nella strategia ci vuole:
- prudenza,
- audacia.
L’educatore deve essere:
- maturo,
- equilibrato,
- programmatore,
- flessibile,
- audace,
- prudente.
6- INSEGNARE LA COMPRENSIONE
Educare per comprendere l’uomo; devo interagire con gli altri.
Due poli di comprensione:
- polo planetario (cittadino terrestre) => relazioni tra persone portatrici di diverse culture;
- polo individuale => relazioni private tra le persone.
Due tipi di comprensione:
- comprensione intellettuale o oggettiva,
- comprensione umana o intersoggettiva.
L’informatica è una condizione necessaria ma non sufficiente per la comprensione. La comprensione umana va al di là della spiegazione, è il percepire l’altro come un soggetto e non come un oggetto da educare. E’ doveroso proiettarsi e identificarsi ed è importante essere flessibili, aperti, simpatici e generosi.
Ostacoli della comprensione:
- diversi significati che le persone assumono,
- ignoranza dei riti di cortesia e dei costumi degli altri,
- incomprensione dei valori tradizionali,
- incomprensione di razionalità (pensare in modo diverso),
- egocentrismo (non si accettano le proprie debolezze),
- etnocentrismo,
- sociocentrismo,
- arroganza/disprezzo.
L’etica della comprensione:
è un’arte del vivere che chiede il comprendere in modo disinteressato (apertura mentale e tolleranza). L’Occidente deve correggere il suo attivismo (pragmatismo), deve rigenerare quello che ha di specifico nel suo patrimonio (democrazia, diritti umani, protezione della sfera privata del cittadino).
7- INSEGNARE LA DEMOCRAZIA
non ci deve essere un regime politico, ma una rigenerazione continua del vivere sociale: i cittadini producono la democrazia e la democrazie produce i cittadini.
Educazione civica: educare il cittadino ad entrare nella società rispettando le regole sociali.
Educazione politica: entrare nella società e cambiare, conoscere le regole per migliorare:
- lo Stato deve limitare la sua sovranità, garantendola;
- la democrazia ha bisogno di consenso, diversità antagonismo.
Futuro della democrazia: deve fare i conti con la scienza, la tecnica e la burocrazia; più avanza la tecnica, più la competenza democratica regredisce.
IN AFRICA: KI - ZERBO’
Ki – Zerbò (Burkina Faso).
- “La società globale coloniale si è ritirata lasciando dietro la sua scuola come una bomba a scoppio ritardato che non è stata adattata…”
- “Se hai perso la tua strada non correre avanti, m ritorna fino al punto che conosci”
- “Il grande male dell’Africa non è che i popoli mancano di fondamenta, ma che ne sono stati amputati con la colonializzazione…”
Pensiero africano:
- unitario: cerca sempre una corrispondenza tra le cose e gli esseri viventi; corpo-anima; cosmo-dimensione sociale;
- pluralista: attribuisce a diversi ambiti diverse forze;
Miti e simboli => espressione dell’inconscio che aprono la mente a nuove forme di conoscenza, costituiscono una simbiosi tra immaginario e concreto. Visione antropocentrica => evidenzia il carattere relazionale tra uomo e mondo. Il dio è la sintesi di tutte le forze. L’uomo costruisce la sua personalità e si mette alla prova, non è libero se non affronta il dolore fisico e non domina le passioni.
La cultura africana valorizza il silenzio, perché favorisce la riflessione e guida i contatti tra dimensione spirituale e materiale.
Le azioni interpersonali si giocano nella famiglia: al primo posto ci sono gli antenati, poi il padre (capofamiglia) che deve condividere la sua autorità con i figli (specialmente il primo).
Nella persona è essenziale la componente spirituale => devono usare beni materiali e risorse famigliari per la crescita spirituale della famiglia e della società. Il nome dato ai bambini denota l’aspetto partecipativo e dinamico della persona:
- aspetto partecipativo => connota il legame della persona con la parentela e con il clan;
- aspetto dinamico: indica le principali tappe della vita che vengono contrassegnate dai riti di passaggio; pluralismo coerente della persona africana; tre nomi:
- conosciuto da pochi, quasi mai pronunciato,
- ricevuto dal contesto,
- nome sociale, esterno, di uso comune.
Il problema più urgente è quello delle lingue che oggi è molto sentito in Africa. Ci sono 4000 lingue parlate e solo 300 sono usate per l’insegnamento; molte lingue poi sono solo orali, quindi è ancora più difficile trasmettere i saperi.
Francese, inglese e arabo: lingue parlate in Africa e utilizzate per l’insegnamento.
Si svaluta la lingua autoctona se si usa per l’insegnamento la lingua ufficiale. In alcuni Paesi la lingua che unifica e lo staili. Il problema di fondo è riflettere sui messaggi che vengono forniti. Si è sempre in presenza di messaggi culturalmente alienanti, cioè non toccano i problemi del contesto africano. Ed è un insegnamento del disprezzo, perché si ritiene che la cultura occidentale sia più avanzata rispetto a quella africana. La lingua è espressione del proprio pensiero.
Secondo Ki – Zerbò ogni africano dovrebbe parlare tre lingue:
- lingua materna,
- lingua nazionale (es. swaily),
- lingua del veicolo (es. francese, inglese…).
Rendimento: occorre migliorare le redditività dei sistemi africani. Uno dei primi problemi è che quando alcuni stati non sono ancora industrializzati vi sono molti disoccupati intellettuali.
L’università di Kartun aveva 5.000 impiegati su 7.000 studenti; l’università della Nigeria aveva 52.000 impiegati su 70.000 studenti.
1- E’ importante utilizzare in modo razionale gli edifici universitari (scolastici); Ki –Zerbò ritiene che bisognerebbe dividere in 4 semestri gli edifici per utilizzare le strutture a tempo pieno.
2- Redistribuzione degli insegnanti, valorizzando le scuole normali e gli istitui pedagogici che mettono in alternanza lavoro/studio.
3- Garantire l’educazione: Ki – Zerbò prevede uno spazio educativo:
- educazione di base: collegare l’educazione primaria con l’esperienza di educazione
informale;
- università nazionali e interafricane;
- legare la scuola secondaria con la formazione professionale.
Programmi educativi
Linee di orientamento:
- dimensione storica: studio del passato dell’Africa e reinterpretazione in base agli eventi attuali;
- dimensione del futuro: esplorare nuove modalità produttive e associative, educare alla curiosità e all’invenzione;
- dimensione materna (della vita): legame tra cultura e ambiente, modo di percepire lo spazio geografico, accogliere e partire dall’ambiente recependone i valori, trasmissione della vita; la donna è il valore per eccellenza perché in Africa rappresenta la continuità della vita;
- dimensione normativa: la coscienza delle proprie norme e la capacità di aprirsi alle altre culture, senza perdere di vista i significati etici che spingono le azioni umane;
- dimensione delle interferenze culturali: la cultura deve essere intesa come una particolare visione del mondo accanto ad altre culture; se una persona si chiude nella propria cultura => “coscienza culturale amputata”, ad es. molti africani danno importanza alla cultura greco/latina.
Accanto a questi parametri l’educazione fondamentale se vuole avere come scopo l’educazione del cittadino africano, deve comprendere questi sei elementi:
- sanità,
- alimentazione e nutrizione,
- elementi di tecnologia scientifica,
- l’ambiente e l’ecologia,
- lettura/scrittura/contabilità,
- elementi di educazione civica (storia, geografia, istruzioni e valori).
Spesso si ironizza sui valori, perché si ha una concezione limitata, sono il carburante che deve alimentare l’auto che oggi è in panne (l’Africa). I valori sono:
- uomo: fonte delle risorse supreme, ingegnere dei mezzi e dei fini,
- solidarietà: l’uomo nasce NOI e non solo IO,
- responsabilità: deve diventare una delle pietre fondatrici dell’edificio africano,
- creatività: si deve avere fiducia nell’attività produttrice immaginativa,
- educazione permanente: “l’essere umano non nasce tutto fatto”.
L’uomo africano ha due fasi:
- fase di crescita fino a 63 anni (gli educatori sono sempre in crescita),
- fase di decadimento da 63 anni.
IN ASIA: PANIKKAR
Panikkar partecipa di una pluralità di tradizioni (indiana ed europea, indù e cristiana, scientifica ed umanistica). La madre era spagnola e cattolica, il padre indiano e induista; è laureato in chimica, in filosofia e in teologia; è un prete, vive in Catatonia. Fra le opere scritte in italiano:
- “La torre di Babele”,
- “La nuova innocenza”,
- “La pienezza dell’uomo”,
- “Mito, fede ed ermeneutica”,
- “I fondamenti della democrazia”.
In un’economia internazionale che rende tutte le merci “monetizzabili” e omogenee, il potere rimane in poche mani => frutto di una concezione meccanicistica e quantitativa.
La civiltà tecnocratica non privilegia nessuna razza, ma non è neutrale, il fatto è che l’uomo ha bisogno di un centro (punto di riferimento) che ha trovato nel mercato e non nel proprio io. Aggiunge che se si perde di vista il centro della realtà si è condannati a cadere nei precipizi del potere, della moda e della morte.
Pluralismo culturale: ogni cultura deve trovare il suo centro, se non lo si trova, l’“homo sapiens” diventa “animal imitans” (animale scimiottante). L’importante è essere se stessi, rispettando le altre culture. L’educatore deve dire chi è, deve esprimere se stesso.
Critica ai diritti dell’uomo
Secondo Panikkar la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo non è universale, ma occidentale. Equivalente omeomorfo: trovare una corrispondenza tra le due culture prese in esame; significa chiedersi come si esprime l’idea di un ordine sociale e politico in Asia. I diritti dell’uomo sono una delle finestre attraverso cui una cultura giunge alla visione di un ordine umano giusto, ma rimane una finestra.
I postulati sono:
- una natura umana universale comune a tutti gli uomini: la natura umana deve essere conoscibile attraverso la ragione (organo di conoscenza universale), tale natura umana è differente dal resto del reale (ad es. la vita animale è diversa dalla vita vegetale);
- la dignità dell’individuo: ogni individuo e irriducibile a qualsiasi altro; indica la separazione tra individuo e società, la società può diventare una minaccia o un fattore di alienazione per l’individuo; l’autonomia del genere umano nei confronti del cosmo può generare contraddizioni (sfruttamento della natura);
- l’ordine democratico: si è convinti che la società non sia basata su una legge divina, ma sull’insieme degli individui che si associano per raggiungere obiettivi comuni; il presupposto è che ogni individuo sia visto con uguale importanza (ciascuno è investito di uguale responsabilità); i diritti di libertà possono essere limitati quando compromettono i diritti e le libertà degli altri.
Il concetto dei diritti dell’uomo non è universale perché:
- nessun concetto è di per sé universale, perché ogni concetto è valido nel luogo in cui è nato;
- se fosse universale dovrebbe soppiantare tutti gli altri concetti omeomorfi;
- all’interno della cultura occidentale i postulati non sono uguali, basti pensare alla teologia, al marxismo, alla storia.
Teologia: se i diritti dell’uomo non pongono alla base un valore trascendente possono diventare strumenti politici. La dichiarazione è contaminata da un ottimismo ingenuo sulla bontà e autonomia della natura umana. La persona umana è contraddistinta da più bisogni; in caso di dubbio decide la maggioranza (eufemismo per designare la legge della giungla, cioè dei più forti) => dovrebbe decidere la “competenza” del popolo e non la maggioranza (sono due cose diverse).
Marxismo: la dichiarazione riflette gli interessi di una determinata classe, essa non è radicata nella realtà dei gruppi particolari; inoltre ha un carattere individualista e l’individuo è concepito in conflitto con la società, e non come parte integrante di essa.
Storia: la dichiarazione è un’arma politica che dà la possibilità ai Paesi ricchi di conservare i propri privilegi.
Politica: disaccordo completo, ma Panikkar non la tratta.
Distinzione tra individuo e persona
La persona umana è distinta dall’individuo: l’individuo è una semplice astrazione, è una selezione di alcuni aspetti della persona; la mia persona si trova anche nei miei genitori, nei miei amici, nei miei nemici, nei miei antenati, nei miei successori. La mia persona ha delle radici e una continuità (concezione orientale).
Un individuo è un nodo isolato, la persona è l’intero tessuto che c’è intorno a questo nodo; i confini di una persona dipendono dalla sua personalità. Senza i nodi il tessuto si disfa, la società si distrugge, ma senza il tessuto i nodi non esisterebbero. Individuo e persona sono due realtà che devono andare avanti parallelamente.
La democrazia non può essere imposta, Panikkar sostiene che debbano crearsi nuove democrazie diverse da quelle occidentali.
Il concetto dei diritti dell’uomo è occidentale, non orientale. Il simbolo dei diritti dell’uomo è universale? Sì e no.
Sì: in ogni cultura si scoprono alcuni valori ultimi; prima alcuni valori erano riconosciuti solo a certe classi privilegiate, attualmente con la Dichiarazione qualsiasi essere umano è dotato di diritti inalienabili che tutti devono rispettare. Oggi gli uomini pensano con gli occhi degli altri, perché “è più importante l’espressione sociale e l’immagine piuttosto che i valori”; agiamo con le maschere che oscurano i nostri volti umani, agire per avere le osservazioni altrui.
No: perché ogni cultura esprime la propria esperienza attraverso dei simboli propri, della tradizione, che non sono quindi universali; la difficoltà sta nel fatto che il simbolo che colgo non deve avere la presunzione di giudicarlo universale, accusando chi non h questa visione di stupidità o di primitivismo. L’uomo occidentale vuole capire il tutto, osservando solo una parte del globale.
Panikkar sostiene: “E’ la tentazione dell’intelletto sensibile considerare il proprio pensiero come universalmente valido”.
Per i Cristiani Cristo è il simbolo della totalità, per gli altri invece Cristo è solo il simbolo dei Cristiani. Gli Indiani hanno un concetto omeomorfo dei diritti dell’uomo (buddismo, giansenismo…).
Dharma è un’espressione che ha più significati:
- legge, norma di condotta, carattere delle cose, giustizia…;
- conferisce coesione, dà forza a tutte le cose, costruisce legami.
La giustizia tiene uniti i rapporti umani. Tutti i dharma di tutti gli esseri umani fanno riferimento alla svadharma (risultante di tutti i dharma uniti ed una reazione ad essi).
Il punto di partenza non è l’individuo, ma la totalità. Dio ha istituito l’ordine delle cose; il dovere dell’individuo non è difendere i suoi diritti, ma trovare il proprio posto nella società e nel cosmo.
I diritti dell’uomo non sono solo i diritti dell’uomo individuale; in Occidente l’individuo ha caratteristiche sostanziali. In India l’individuo è una categoria funzionale. I diritti dell’uomo sono anche doveri: bisogna rispettare gli altri e la natura. I diritti umani non possono essere separati.
Le prospettive
Ogni cultura arricchisce l’altra: occorre conoscere bene la propria identità. le società tradizionali hanno insistito molto sulla rete (parentela, strutture gerarchiche della società), tale società ha però rischiato di soffocare il nodo. Invece la società moderna insiste molto sui nodi, sulla libertà individuale e spesso l’individuo si trova nella solitudine ed è alienato. Le future generazioni dovrebbero considerare questi aspetti e partire dalla nozione di “personalità estesa”. In futuro le società dovrebbero trovare un legame tra dimensione divina, cosmica e umana.
PAOLO FREIRE
Brasiliano, ha avuto 20 lauree ad honoris causa; i suoi libri sono stati tradotti in 18 lingue; ha lavorato in America latina e in alcuni Paesi africani (Guinea, Angola, Mozambico); si è occupato dell’alfabetizzazione e dell’educazione degli adulti. Fu espulso dal suo Paese, perché si era allineato con gli ideali del popolo (Cile, USA, Svizzera); fu un uomo d’azione, un militante progressista.
Secondo Freire, ogni contesto deve inventare il proprio metodo; occorre evitare una manipolazione riduzionista e la trasformazione dell’uomo in un mito.
Freire ha studiato la filosofia del diritto tedesco, il positivismo francese, il liberalismo anglosassone, il marxismo, il cattolicesimo di Munier.
Libri:
- “Educazione come pratica della libertà”,
- “Pedagogia degli oppressi”.
Superamento di una pedagogia depositaria per giungere ad una pedagogia liberatrice
Pedagogia depositaria: vede l’educatore come il trasmettitore di saperi che devono essere memorizzati, ripetuti (recitati); tale pedagogia non è teorica. Il gusto della sperimentazione e della ricerca è verbale, sonora, assistenzialista: non comunica, ma dirama dei comunicati (che è diverso), la comunicazione lascia possibilità di altre interpretazioni.
L’educazione è improntata su un dialogo; la cultura di un popolo è matrice e motrice dello sviluppo.
Elementi costitutivi del dialogo:
- coerenza tra parola e gesto di chi testimonia,
- l’audacia di chi testimonia,
- radicalizzazione dei problemi (andare alla radice),
- coraggio di amare (trasformazione di questo mondo attraverso crescente liberalizzazione degli uomini).
Educazione depositaria: l’educatore è un narratore di contenuti che tendono a fossilizzarsi. La narrazione o dissertazione comporta:
- un soggetto narrante,
- oggetti pazienti che ascoltano (gli educandi).
L’educatore è l’agente indiscutibile che ha il compito sacro di nutrire gli educandi di contenuti con la narrazione.
I postulati dell’educazione depositaria sono:
- l’educatore sa, gli educandi no;
- l’educatore pensa/parla, gli educandi non pensano/ascoltano;
- l’educatore prescrive la sua scelta, gli educandi seguono la scelta;
- l’educatore è il soggetto del processo, gli educandi sono gli oggetti del processo.
E’ normale in questo tipo di educazione che gli uomini siano destinati ad adattarsi.
Il tipo di educazione che si dovrebbe avere per Freire:
- coraggio di amare => l’amore è un impegno con gli uomini, per la liberazione degli uomini;
- dialogo => incontro tra uomini con il compito di saper agire, il dialogo presuppone l’umiltà: “ci si educa insieme, nessuno educa nessuno”, l’autosufficienza è incompatibile con il dialogo, fede negli uomini non ingenua, ma critica;
- pensare critico => deve accettare la dicotomia mondo-uomini e riconoscere che esiste una solidarietà che non si spezza sia con gli uomini che con il mondo, mentre il pensiero acritico comporta un adattamento e una normalizzazione, il pensiero critico mette l’accento sulle azioni e fa sì che l’uomo conosca la situazione, si inserisca e progetti (l’obiettivo è la partecipazione di tutti per trasformare il mondo).
Creare un’educazione problematizzante:
- passaggio dalla coscienza semi-intransitiva (caratterizzata dalla soddisfazione dei bisogni immediati),
- passaggio alla coscienza transitiva (caratterizzata dalla semplicità nell’interpretazione dei problemi),
- passaggio alla coscienza critica (che sa interpretare i problemi, che sa decodificare, collegare, sintetizzare tra l’azione e la riflessione).
Se manca l’azione => verbosità
Se manca la riflessione => attivismo
Fasi che l’educatore deve osservare:
- inventario del patrimonio lessicale,
- elaborazione dei temi generatori,
- rappresenta dei quadri di vita tipici di un gruppo,
- le schede per i coordinatori,
- scomposizione delle famiglie di fonemi.
Rapporto tra pedagogia e politica:
- educazione delle coscienze e cambiamento delle strutture,
- l’educatore promuove le originalità, le diversità, orienta, ma non inquadra, problematizza, ma non sovrappone; non considera le masse come potenziali attivisti politici, ma come uomini e cittadini che costruiscono liberamente il loro futuro.
Il pericolo è che la politica si sovrapponga all’educazione.
Manifesto 2000: preparato dai premi Nobel per la pace, elaborato, perché il 2000 è considerato l’anno della cultura e della pace per tutti i bambini del mondo.
Coscientizzazione:
- relazione dialettica tra coscienza e mondo,
- atto di conoscenza ,
- inserimento critico della persona coscientizzata in una realtà demitologizzata.
ALDO AGAZZI
1968 “Pedagogia didattica. Preparazione all’insegnante”.
Accanto a delle doti di personalità occorrono anche delle doti di umanità (relazione) per l’insegnante. L’educazione è un processo che si articola su tre aspetti che devono essere sempre compresenti:
- aspetto personale => la formazione indica un’idea astratta, un modello a partire dal quale si modella l’alunno, promuovere le caratteristiche sociali di ogni persona (autopromozione), “scuola uguale per tutti, ma diversa per ciascuno”;
- aspetto sociale => la persona si realizza con gli altri (“altri se stessi”), rapporti tra soggetti (rapporto con l’intero genere umano);
- aspetto culturale => trasmettere la cultura formatasi nel corso delle generazioni e contribuire all’arricchimento della cultura.
Per essere innovatori è necessario soprattutto essere eredi, altrimenti si costruisce sul vuoto.
Concezione dell’uomo: uomo = dinamismo; il dinamismo può essere visto come:
- funzionale => in ogni attività specifica e determinata dell’uomo sono compresenti tutte le funzioni,
- evolutivo => le diverse attività o funzioni si sviluppano nel tempo con variazioni differenziatici (fasi dell’età evolutiva). In queste fasi e nell’uomo restano alcuni caratteri:
- unità,
- totalità (significa che l’uomo è sempre presente tutto integralmente),
- continuità (ogni soggetto è la storia di se stesso, e il presente del suo passato),
- identità (l’uomo, anche se cambia, porta sempre la responsabilità dei propri atti e la sua
personalità).
L’uomo è il risultato costante di queste quattro funzioni.
Le note dell’educazione autentica sono:
- integralità => l’educazione deve promuovere tutele strutture dinamiche del soggetto,
- integrazione => mentre si cura una specificità, ognuna di esse deve coinvolgere le altre funzioni,
- armonia => equilibrio,
- gerarchia => gerarchia sui valori, importante la sanità, ma di più la bontà, più del bello conta il bene,
- simultaneità:
- Rousseau => ci sono diverse età e ad ogni età corrispondono più funzioni,
- Rgazzi => l’educatore deve volgersi a tutte le funzioni mediante un’educazione
progressiva, tutte le attività devono essre svolte a tutte le età.
Le caratteristiche che un’insegnante dovrebbe avere sono:
- equilibrio psichico,
- capacità di accettare gli altri,
- capacità di cooperare.
Le problematiche dell’interculturalità
Le emigrazioni sono in aumento (Asia, Africa, Est). Il problema migratorio può essere definito come un problema sociale (le emigrazioni creano delle tensioni che vanno controllate con politiche di integrazione e assistenziali) e di società (le emigrazioni sono un carattere strutturale delle società). Questi eventi daranno origine ad una nuova società interculturale; tale società è da costruire, anche con tensioni e conflitti, perché richiede strategie politiche, economiche e anche educative. Tuttavia occorre regolare i flussi migratori => cooperazione internazionale.
- vanno cambiate le strategie educative: non ci si può più riferire ad un modello unico, la pedagogia deve essere interculturale, altrimenti non è più pedagogia;
- imparare a gestire le tensioni.
Coesione sociale e rispetto delle identità culturali
Ciò che oggi crea un problema non è la pluralità, ma è il tentativo di ridurre il plurale all’unico (scuola italiana).
Genocidio turco (1917), epurazioni etniche (Est Europeo), sterminio ebreo, trasferimenti obbligati in India, esodo palestinese, disastri etnici in ex-Yugoslavia. Esiste un diritto delle minoranze a rispetto delle proprie identità collettive (razziali, religiose, etniche). Uguaglianza e libertà sono due beni primari, vanno però affermati anche i diritti collettivi.
Politica delle diversità: è il passaggio dall’universalismo di una natura umana astratta alla sua storicità, che è legata ai contesti sociali e ai cicli vitali dell’uomo (diversa dalla politica liberale che considera l’uomo in astratto).
Occorre partire dal contesto, valorizzando le diversità per giungere all’unità (politica delle diversità), non bisogna uniformare e appiattire le diversità. Le identità culturali oggi vengono viste con sospetto perché si ha paura che sfocino in affermazioni accentuate di comunitarismo (che crea comunità chiusa).
Centro Universitario di Friburgo => il contesto attuale è caratterizzato da due processi:
- processo della dissociazione => c’è una rottura fra economia e cultura, fra il mondo simbolico e quello razionale, fra il mondo tecnologico e le diversità delle culture, tra lo spazio pubblico e lo spazio privato;
- processo della desocializzazione => la globalizzazione nelle comunicazioni ci porta ad avere dei contatti “diretti” virtuali, però siamo decontestualizzati (si crede di essere ovunque, ma non si è in nessun luogo realmente).
Secondo il Centro Universitario di Friburgo, noi dobbiamo “democratizzare” la società, ossia soggettivare la vita politica (rendere politica la vita della società civile). La vita politica deve assumere come bene primario la protezione delle identità delle persone (con sfondo politico).
La democrazia può essere politica o sociale; oggi la nuova sfida è la democrazia culturale: in tale democrazia cambiano la democrazia politica e la scuola, la quale non dovrà più essere concepita come un’istituzione per la società che prepara il cittadino, ma essa dovrà avere come obiettivo quello di accrescere la capacità degli individui ad essere soggetti in relazione tra loro (Turin).
Identità personale: quella che ciascuno di noi esprime; è un bene individuale e sociale; ciascuno di noi è una risorsa e l’educatore deve valorizzare queste risorse. Tramite il processo di identificazione, similirizzazione e differenziazione si giunge all’identità personale => “visione che una persona ha di quello che è”, ciascuno di noi ha anche una visione di ciò che vorrebbe essere (identità di valore). Noi negoziamo sempre ciò che siamo, che vogliamo o che possiamo essere. La nostra identità non possiamo trovarla da soli, abbiamo bisogno degli altri:
- bisogna essere capaci di orientarsi nel mondo,
- sapere dove si è,
- riconoscere il proprio contesto,
- sapersi muovere con sicurezza per scegliere il proprio soggetto.
Concetto di comunità e delle diverse forme di comunità
Comunità: luogo in cui le identità personali e collettivie si formano e si costituiscono, nel quale esse sono riconosciute, confermate, si alimentano e si trasformano (Turin). Tale definizione è diversa dalla concezione liberale (perché decontestualizza), e dal com’unitarismo (perché contestualizza troppo => la comunità diventa un assoluto).
- Comunità morale: ha una visione uniforme del bene.
- Comunità culturale: comunità alla quale si appartiene per nascita, educazione e pratica.
- Comunità politica: ha un linguaggio comune del rapporto tra persone che è il diritto, è quella che sviluppa la dimensione politica delle nostre identità; essa non deve essere confusa né con la prima (non può avere una visione uniforme del bene), né con la seconda (perché è, per definizione, particolare). La comunità politica ha come obiettivo l’interazione, l’intreccio dei discorsi fra le diversità particolari, l’unità della comunità politica.
La politica non ha come scopo la comunanza culturale, la sua unità non viene dall’etnia, dalla lingua, dalla religione, dallo Stato, ma dal linguaggio comune, dall’interazione. La ragion d’essere della politica è il pluralismo e lo scopo della politica è la comunicazione tra le diversità.
Il principio base che esiste in tutte le culture e la ragionevolezza ( la ragione che si pone come obiettivo la capacità di comprendere le diversità). se non si costruisce una società interculturale, ne risulterà una società sbriciolata; le identità culturali, se non entrano in relazione tra loro, diventano illusorie, difficili, assassine.
Posizione liberale: considera la cultura universale già esistente e la identifica con la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Politica di differenza: pensa che l’universalità debba essere costruita (meta da raggiungere) con l’apporto delle altre culture.
Se non si prende in considerazione il pluralismo, ci possono essere delle perversioni:
- società chiusa nel comunitarismo,
- società caratterizzata da una coesistenza di comunità che non comunicano tra loro,
- le identità culturali se non si realizzano possono diventare identità difficili, “abusive”, illusorie o assassine.
Il pluralismo in Europa è frutto delle emigrazioni ed è la carta di identità dell’Europa, è la matrice culturale (prof. Rizzi).
Dal punto di vista mondiale nel 1965 le persone emigranti erano 77 milioni circa; nel 1990 gli emigranti erano 111 milioni, oggi si valuta che gli emigranti siano circa 150 milioni (3% della popolazione mondiale) => in queste cifre non sono comprese le emigrazioni clandestine e temporanee. Tra le cause degli spostamenti: povertà. In più di 80 Paesi il reddito per abitante è inferiore rispetto a 10 anni fa; se poi si prende in esame 1/5 della popolazione che vive nei Paesi ricchi e 1/5 dei Paesi poveri, si può osservare lo scarto (nel 1997 da 1 a 71). 4/5 del mercato mondiale è nelle mani dei Paesi ricchi, 1/5 è dei Paesi poveri. I Paesi ricchi hanno il 68% degli investimenti, 1/5 dei Paesi poveri ha l’1%. Ci sono Paesi poveri che hanno un minimo di possibilità di sopravvivenza, ci sono Paesi ancora più poveri in cui le persone non hanno possibilità. L’emigrazione avviene nei Paesi poveri con un minimo di possibilità che investono per emigrare.
Il pluralismo culturale in Europa e i processi educativi
Il pluralismo culturale non si può ridurre al pluralismo determinato dall’emigrazione perché il diverso esisteva già prima: la diversità culturale è alla radice della storia europea. Enfatizza l’appartenenza religiosa ed etnica, mentre ci sono altre differenze che non vengono considerate (classe, sesso, ambiente).
Il pluralismo portato dagli immigrati è comunque un pluralismo-chiave perché mette al centro le identità personali e collettive nonché le storie; tuttavia costituisce una sfida alla vocazione universale dell’uomo, ed è una sfida per gli educatori perché dovrebbero conciliare la libertà, la ragione e la storia. Per inquadrare il problema dell’educazione ci sono tre concetti chiave:
- inculturazione: ogni persona deve acquisire la cultura d’origine e la cultura della propria società;
- acculturazione: acquisire dei tratti culturali di un altro gruppo;
- etnocentrismo: comprensione degli altri a partire dalla propria cultura; non bisogna assolutizzare la propria cultura, è importante essere flessibili e aperti => “accoglienza curiosa e crisi riflessiva”; alcune volte le diverse culture si urtano (shock culturali).
In Europa abbiamo il plurale che è iscritto nelle nostre culture; nessuna civiltà si può considerare autonoma, ciascuna cultura è debitrice nei confronti di altre. In Europa si rischia di dimenticare (memoria selettiva): occorre che gli europei si riapproprino della loro cultura passata. C’è un pluralismo che è derivato dalla dialettica tradizione/modernità. Passaggio da una società omogenea a una nodale (non esiste un solo punto di riferimento omogeneo, ma esistono gruppi che esprimono reti molteplici di valori e di identificazioni sociali). Di fronte a queste realtà l’Europa corre dei rischi: non rispettare le eredità culturali multiple che sono state introdotte in Europa negli ultimi 30 anni.
Condizioni di base per una società interculturale
• La società europea è già una società multiculturale => argomento realistico. Gli educatori devono educare al plurale.
• Nelle recenti ricerche si è dimostrato che l’individuo riesce a raggiungere lo sviluppo personale se viene mantenuta la continuità con il passato (cultura dell’ambiente famigliare, soprattutto con la madre) => argomento scientifico.
• Non bisogna privilegiare una cultura a danno di altre: ognuno ha il diritto al mantenimento e alla promozione della propria cultura => argomento etico.
• Le diverse popolazioni esprimono diversi modi di pensare, ogni forma di pensiero è quindi una ricchezza => argomento filosofico.
Le prime informazioni:
- antropologiche di base: avere informazioni corrette sulle culture;
- strutture delle culture: ogni cultura ha una sua logica interna, non esiste un modello campione, ogni cultura è legittima e va vista nel suo insieme, va vista nella situazione concreta, non va studiata in astratto.
Occorre anche moderare l’orgoglio culturale del partner e resistere alla tentazione di chiudersi nel proprio sistema. E’ importante la dimensione emotiva ed affettiva => atteggiamenti profondi di eterofobia (complesso di rappresentazioni che portano a reazioni negative, stereotipi e pregiudizi).
L’eterofobia ha tre cause principali:
- sentimenti di insicurezza,
- sensi di inferiorità,
- frustrazioni,
su problemi oggettivi => fattori di tensione tra nazionali e stranieri:
- tensioni create da abitudini diverse,
- problemi legati alla poligamia,
- uccisione rituale degli animali,
- problemi di carattere economico sociale.
ADATTAMENTO: processo che si riferisce al saper fare di una persona di fronte ad una situazione nuova; per l’immigrato è la capacità di entrare in alcune strutture e il saper utilizzare queste strutture. E’ un processo a senso unico, il cambiamento avviene dalla parte dell’immigrato.
ASSIMILAZIONE: la società di accoglienza cerca di rendere conforme l’altro ai suoi modelli di comportamento, obbliga l’altro a spogliarsi di tutti gli elementi culturali. Comporta un ruolo passivo di una cultura di fronte all’altra, così passivo di fronte ad una cultura dominante che si considera superiore alle altre.
CULTURA: una struttura complessa di conoscenze, di codici, di rappresentazioni, di regole formali e informali, di valori, di interessi, di aspirazioni, di miti…. Ricopre il vivere e il fare e comprende tutte le trasformazioni tecniche, economiche e sociali ed è il risultato di tre protagonisti della vita: uomo, natura e società.
IDENTITA’ CULTURALE: l’identità si rapporta alla percezione propria di esistere insieme agli altri. Questo tipo di identità è un riconoscimento reciproco tra l’individuo e la società, ha un aspetto soggettivo e un aspetto relazionale e collettivo (ordine psicologico). Norme di condotta, valori, costumi. Identità culturale = identità globale => più appartenenze (ordine sociologico).
IDENTITA’ ETNICA: concezione più ristretta dell’identità culturale e fa riferimento ad una storia, ad un’origine, è un fragmento di una cultura collettiva, si basa su una lingua, una religione comune, un territorio o anche delle istituzioni. E’ il primo momento dell’identità culturale.
INSERIMENTO: si riferisce a dei processi che riguardano le sfere funzionali e strumentali dell’esistenza e si realizza nella sfera del sociale lasciando intatta l’identità culturale delle persone. Inserimento:
- scolastico,
- nell’habitat,
- professionale.
Esempio di carattere strumentale: insegnare l’italiano agli stranieri
INTEGRAZIONE: è diversa dall’assimilazione; processo graduale attraverso cui i nuovi residenti diventano dei partecipanti attivi alla vita economica, sociale, civica, culturale e spirituale. Aspetto essenziale => aspetto relazionale (comunicazione e garantire l’identità). Si escludono la funzione dell’identità e la giustapposizione.
SOCIALIZZAZIONE: trasmettere la cultura di una società alle nuove generazioni. Si produce nello stesso tempo in cui una persona cresce e si sviluppa. Si distingue la socializzazione primaria, che si realizza in famiglia, e la socializzazione secondaria che si realizza a scuola o nei contatti con gli altri.
SOCIETA’ INTERCULTURALE: è un progetto politico che parte dal pluralismo (multiculturalismo) e tende a sviluppare una nuova sintesi culturale. Obiettivo => elaborazione dei modelli originali partendo dai modelli presenti, sfida della nuova società interculturale.
La pedagogia interculturale
Assume tre funzioni principali:
- pedagogia sistemica => integrazione della complessità,
- pedagogia paradossale => superamento delle contraddizioni e presa in carico delle differenze inconciliabili,
- pedagogia transizionale => promozione di spazi di sperimentazione, delle dinamiche di creazione e ricreazione dei codici culturali.
Decentramento dagli schemi abituali di rappresentazione e distacco dall’attualità:
- distacco temporale => ricerca delle memorie perdute, confronto fra la storia dei popoli che vivono nello stesso territorio;
- distacco spaziale => studio dei comportamenti socio-culturali di un determinato ambiente, riscoprire come ciascuna persona e ciascun popolo pensa l’universo;
- distacco simbolico => capacità di accedere al codice culturale dell’altro, di entrare nei sistemi di significato dell’altro, è la messa in relazione fra i due codici.
• Modello individualista => è il nostro modello perché punta sulla valorizzazione della persona (famiglia nucleare, sviluppo della tecnologia, la competenza, la specializzazione, il ritorno al primato del codice cartesiano).
• Modello comunitario (e non comunitarista che indica l’assolutizzazione di una comunità culturale) => l’individuo viene considerato come oggetto di relazioni sociali, espressione del gruppo sociale di appartenenza; l’io è vissuto come esperienza dell’altro, come una parte organica di una comunità.
Con le emigrazioni tali modelli si trovano in relazione; l’individualità e la comunità sono due poli attivi di una realtà che è sempre in movimento e che mal si adatta a delle letture datate e meccaniche che sono incapaci di cogliere gli sforza vitali che sono imprevedibili.
Diritto alla genialità (idea regolativi kantiana) => orientare i cammini per costruire delle reti di incontro e entrare nelle comunità di appartenenza e aprire dei varchi, assumere i conflitti e trasformare le asperità dei conflitti in valenze positive. Non è un cambiamento all’interno di un sistema, ma è una ristrutturazione dei sistemi di significati. Mette in discussione alcune premesse che governano i sistemi chiusi; non è il cambiamenti dell’identità, ma è questa che si rapporta. Passaggio da un’educazione etnocentrica a una allocentrica (affermare che nel patrimonio dell’umanità ci sono altri valori, idee, tradizioni oltre ai propri).
Pedagogia paradossale => affrontare ciò che a prima vista sembra paradossale (la conciliabilità delle divisioni, garantire la globalità senza la genialità del particolare, conservare le identità nei processi di cambiamento, ricerca dei simboli di unione e dei simboli di separazione che generano dei nuovi significati).
Pedagogia transizionale => rottura nella continuità (tranquillità) per garantire uno sviluppo continuo costruttivo (rompere/costruire, costruire/rompere…); la continuità è garantita dalla struttura (persona o istituzione) e la rottura significa il senso dell’apporto, del contributo, dei soggetti sia come singolo, sia come organizzazioni che si desatellizzano (si tolgono) e aprono dei nuovi cammini. Impediscono la rottura costruttiva:
- rifiuti,
- chiusure,
- esotismi (ci si immedesima nelle altre culture),
- labilità di una persona,
- primo approccio emotivo molto positivo (bisogna però accettare la reciproca sofferenza).
L’identità che adattiamo agli altri:
- dare l’identità al negativo => l’extracomunitario: “l’altro non sono io”;
- generalizzazione => dire che gli extracomunitari sono tutti marocchini o che tutti gli arabi sono musulmani.
Uscire da sé è provare a capire le idee regolative dell’altro; è una forma di plasticità della persona che mette in contatto i circuiti della spiritualità e che lavora per associare pur sapendo di mantenere le distinzioni; al centro c’è l’educatore, perché entra in rapporto con gli altri (allievi, genitori, società “nazionale”, società degli immigrati). Il suo compito è quello di far apprendere a gestire le appartenenze multicategoriali, far apprendere le diversità in movimento, le rotture e le crisi.
I programmi educativi interculturali si giustificano secondo:
- argomenti etici => combattere le discriminazioni prodotte dal razzismo e dall’etnocentrismo;
- argomenti giuridici => rispettare i diritti dell’uomo;
- argomenti epistemologici (differenziare il modo di pensare le forme dell’intellegibilità e la struttura del sapere).

DAZEN (Svizzera)
Sono indispensabili sei approfondimenti:
1- Noi attualmente siamo chiamati a vivere in un mondo di diversità; bisogna trovare modalità per risolvere problemi ed evitare conflitti e dominazioni.
2- L’uomo, come l’albero, cresce sulle radici, però nessuno può ritenersi autosufficiente, perché l’innovazione è un intreccio interno/esterno; rispettare l’altro non significa immobilismo.
3- La cultura è per sua natura dinamica e sempre in trasformazione; i rapporti con gli latri possono avvenire in modo sofferto, armonioso, contradditorio.
4- L’interculturalità si deve basare sull’apprezzamento della propria cultura (saperi scientifici e saperi popolari): se disprezzi la tua cultura, non puoi accogliere le altre.
5- Il passaggio da un codice cumulativo (accetta l’altro e lo mette da parte) ad uno integrativo (tutte le diverse realtà – genitori e insegnanti – devono collaborare).
6- Il rispetto dell’altro richiama un’attitudine simmetrica; la relazione interculturale si pratica più che si scrive; gli scambi di esperienze modificano le relazioni.
Dazen condanna le espressioni “interculturalismo” e “interculturale”.
Alleman Ghionda (lavora con Dazen) sostiene che oggi bisogna considerare la pluralità come fondamento della pedagogia generale (la pedagogia non è tale se non è interculturale).
DE BEAVVOIS
Distingue quattro tipi di educazione:
- Pluriculturale: si fonda sulla constatazione che esiste una pluralità di culture;
- Multiculturale: riconosce il diritto ad ogni gruppo residente in un paese il riconoscimento della sua specificità nel sistema educativo;
- Interculturale: ha come obiettivo quello di integrare gli apporti di ciascuna cultura nei contenuti dell’educazione;
- Transculturale: ha per ambizione quello di fondare l’educazione su un insieme di valori comuni a tutte le culture del mondo.
Il valore specifico da riconoscere è la tolleranza; l’obiettivo è il superamento della visione etnocentrica; il fondamento è il sentimento di una solidarietà planetaria.
Noi dovremmo educare ad una cittadinanza mondiale che da una parte prenda certe e dall’altra susciti attitudini e atteggiamenti positivi nei confronti del pianeta. Fino ad oggi le scuole hanno preparato un cittadino solo per la propria nazione; si tratta invece di preparare i cittadini che, rispettando le diverse nazionalità, si impegnino a costruire una patria mondiale.
Tappe per educare gli studenti dai 5 ai 19 anni:
- 5=>7 anni: porre l’accento sulla collaborazione,
- 8=>11 anni: porre l’accento sulla tolleranza,
- 11=>15 anni: porre l’accento sulle conoscenze di base che concernono i diritti della persona,
- 16=>19 anni: porre l’accento sulle azioni che i ragazzi svolgono nell’ambito della loro comunità.
Nei testi scolastici occorrerebbe predisporre dei capitoli scritti da specialisti di religioni e filosofie differenti [Luciano Corradini “Pedagogia, ricerca e formazione”]
ELENCAZIONE DELLE FASI DELLA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE
1- Preistoria: ciascun gruppo minoritario o si lascia assimilare dalla cultura ospitante o risponde in proprio ai bisogni educativi (politica dell’appartheid culturale);
2- Cooperazione linguistica: fase della funzione strumentale della lingua, un immigrato deve padroneggiare la lingua per integrarsi => organizzazione di corsi di lingua;
3- Fase dei programmi delle lingue di origine: ad esempio attualmente sta assumendo sempre più importanza l’arabo;
4- Fase di insegnamento delle culture di origine: promozione dell’identità culturale, diritto alla diversità;
5- Fase dell’educazione interculturale: l’insegnamento delle culture delle minoranze diventa parte integrante di un nuovo curriculum per tutti gli studenti.
Secondo Rizzi l’Italia si trova in varie fasi: per alcuni ambiti siamo nella quarta fase, per altri siamo più indietro; nessuno è nella preistoria. C’è bisogno di un maggior approfondimento culturale, di più guide, che gli insegnanti con esperienze interculturali si confrontino tra loro.
Periodi dei percorsi occupati dalla pratica pedagogica:
1° periodo (prima degli anni ‘60): l’alterità è ignorata, lo straniero è considerato uno studente qualunque, inerzia e silenzio nei suoi confronti;
2° periodo (anni ‘60/’70): forte immigrazione europea, si percepisce l’alunno straniero, ma solo per il suo handicap linguistico; lo scopo della scuola diventa quello di inserire linguisticamente lo straniero => pedagogia della compensazione;
3° periodo (anni ‘70/’75): vengono considerate lingua e cultura di origine per due motivi:
- utilitaristico-strumentale (aiutare a tornare nel proprio Paese),
- rispetto all’identità personale.
1972: il Consiglio d’Europa inizia i programmi delle classi sperimentali; rapporti intensificati con i Paesi del Magreb, l’insegnamento della lingua araba viene introdotto in Europa.
4° periodo (fine anni ‘70): la scuola è costretta a considerare non solo l’identità culturale, ma anche l’identità sociale; l’altro è diverso anche socialmente e subalterno dal punto di vista giuridico; crisi economica, comportamento di razzismo e xenofobia. La pedagogia si impegna in progetti di integrazione nei quartieri, negli ambienti di vita.
5° periodo (anni ‘80): la pedagogia si concentra sempre di più sulle condizioni di pluralismo culturale e religioso e pure sulla necessità di superare la categoria etnica; si comincia a riflettere in modo specifico sulla formazione dei maestri; pratica della laicità soprattutto in rapporto alla religione.
6° periodo (anni ‘90): si assiste alla frammentazione delle diversità (=>rivendicazioni forti delle identità). Separazione tra mondo strumentale e mondo simbolico (occorre separare istanze scientifiche, vissute nel pubblico, da istanze religiose, vissute nel privato). Istanze di globalizzazione e di informatizzazione.
TURIN: oggi il concetto di laicità deve essere lenito, perché non c’è più una Chiesa da combattere, si rischia di ridurre l’insegnamento scolastico ad una semplice trasmissione di saperi, mentre la scuola ha anche l’importante compito di educare.
Sfide: divisione e coesione, come si vive la laicità (garanzia di scientificità) => promozione di tutte le visioni culturali.
Immagine che gli immigrati possono avere quando arrivano nel nostro Paese:
1- io mi assimilo
2- io non so chi sono 3- il mio divenire è altro
4- qui io sono sfortunato, ritorno al mio Paese
1: desidera l’assimilazione.
2: è l’ambivalenza della situazione, qui si registra il più ampio tasso di insuccesso, devianza,
delinquenza.
3: effettua un lavoro di ristrutturazione => “Voglio costruire il mio divenire”; è il tipo più difficile,
fa confronti di valori tra la cultura di appartenenza e quella ospitante (bisogna anche vedere come
vive i passaggi).
4: posizione di ritirata, effetti a medio e a lungo termine.
Possibilità di coniugare identità e diversità, modalità di acculturazione:
Integrazione
Assimilazione
separazione
Marginalizzazione o esclusione
È importante salvaguardare l’identità culturale?
SI’
NO
SI’
NO
È importante mantenere le relazioni con i gruppi?
SI’
SI’
NO
NO
Gli Italiani vorrebbero l’assimilazione, l’integrazione è difficile.
Caratteristiche della diversità:
- nazionalità,
- lingua,
- età,
- statuti,
- quantità,
- organizzazione,
- professioni e scolarizzazione,
- progetto di immigrati,
- anzianità di presenza,
- atteggiamenti nostri nei confronti degli immigrati.
Fra queste differenze esistono alcune dimensioni di identità:
- identità dovuta allo sradicamento,
- a situazioni di svantaggio,
- al diritto di espressione,
- al rispetto dei diritti dell’uomo,
- giuridico amministrativa.
Integrazione: cambiamento reciproco, frutto di relazione, di negoziazione, di scambi ai diversi livelli di cultura; quattro livelli di cultura:
- microcultura: carattere delle piccole entità (tribù, minoranze, classi sociali);
- cultura nazionale: valori, istituzioni, i modi di comportamento che sono propri di un dato Paese;
- cultura regionale: particolarità che un Paese condivide con Paesi più vicini (reione: zona dei Grandi Laghi);
- macrocultura: è costituita dagli aspetti che sono comuni a più culture regionali (es. cultura africana).
Processi di inculturazione e acculturazione sia per gli immigrati che per noi.
Reinculturazione per gli immigrati, il folclorico con la tradizione culturale.
Folclorico: rinuncia a cogliere nell’altro le somiglianze, la diversità diventa oggetto di consumo, per gli immigrati diventa esibizione di tratti parziali e selezionati al fine di avere un riconoscimento e un’accettazione (non confondere il folclore consumistico con il vero folclore delle radici culturali).
Il rischio del folclore sta nel fornire chiavi di lettura semplificatrici che accentuano le dimensioni etniche e sottovalutano l’aspetto relazionale che partendo dai rapporti individuali si estendono fino ai livelli macrosociali.
Cosa chiede l’immigrato? Nella sua terra chiede la propria scuola e il proprio sistema educativo; in Europa chiedono gli spazi per continuare ad essere loro stessi e a per offrire con pari dignità un contributo alla società di accoglienza.
Il consiglio d’Europa ha organizzato delle iniziative di pedagogia di sostegno, ma dall’altra parte ha fatto presente che nella costruzione della nuova Europa sono presenti nuove identità collettive e nuove religioni (Islam, Induismo, Buddismo). Accanto a queste risorse nascono e rinascono movimenti religiosi integralisti e dei movimenti politici nazionalisti.
Direttive del Consiglio d’Europa:
- l’insegnamento nelle scuole dovrebbe essere riorientato secondo alcune azioni-chiave (democrazia, diritti dell’uomo, libertà fondamentali);
- tolleranza e pluralismo;
- interdipendenza e cooperazione;
- unità e diversità umane e culturali;
- conflitti e cambiamenti.
Bottani ha definito “corsi-vampiro” i corsi per gli immigrati. La scuola non tiene conto delle vicende personali, tratta in modo omogeneo ciò che è eterogeneo, privilegia l’uniforme al diverso, il semplice al complesso. Nella scuola occorre cambiare i contenuti, agire sui metodi e sulle strutture.
Pedagogista francese: uragano sui contenuti, tempesta sui metodi, ciclone sulle strutture.
L’immigrazione ha creato delle nuove prospettive (fenomeno sociale e totale).
Documento di Francoforte
- il cittadino può essere sottomesso alle decisioni pubbliche solo se partecipa attivamente => diritto di voto per gli immigrati nelle lezioni comunali;
- piena appartenenza alle comunità locali;
- libera circolazione.
Le collettività locali dovrebbero avere servizi per la gestione dell’immigrazione e per l’integrazione (compresi i mezzi finanziari corrispondenti). Gli Stati dovrebbero quindi riorientare le loro politiche perché, se la prospettiva è quella di creare una società multietnica, non possiamo considerare gli immigrati come ospiti temporanei o fruitori di servizi: devono essere considerati cittadini, cioè attori sociali e politici.
Cittadinanza => costruzione di una città (cittadinizzazione).
La cittadinanza, nel pensare comune, è un dono non negoziabile; per il futuro cittadino europeo essa sarà la sperimentazione di stati multinazionali. Negli ultimi 25 anni i rapporti tra l’Europa e gli altri Paesi del mondo sono diventati più complessi => triplice penetrazione economica (USA/Giappone), l’Europa cerca di difendersi con l’Euro.
⇨ modelli consumistici (Nord America).
⇨ Penetrazione sociale e demografica.
Oggi in Europa abbiamo 50 milioni di persone che parlano lingue di tipo regionale: a queste lingue l’Europa ha garantito la piena cittadinanza (tedesco, ladino, sloveno, francese, albanese, greco). L’Europa sarà caratterizzata da diversi volti che costituiscono la strutturazione dell’essere. La cittadinanza europea sarà sempre alla ricerca di equilibrio tra l’alterità e l’urbanità (ricerca dell’unità). Attuazione dialettica tra dimensione personale e dimensione sociale.
• uguaglianza dei diritti e dei doveri di tutti (prima esigenza);
• diritto all’espressione delle identità collettive minoritarie (seconda esigenza);
• libertà per tutti gli individui di scelta della loro appartenenza (terza esigenza);
bisogna collegare l’universale, il particolare e il singolare. Costruire la cittadinanza è anche accettazione delle sofferenze relazionali delle diversità:
Tre modelli di processi integrativi per raggiungere la cittadinanza (docente canadese del Quebec):
- Modello degli spazi multipli: ogni comunità culturale fa riferimento ai valori ancestrali e si esprime in modo isolato; ogni comunità difende la propria cultura (inviolabile).
- Modello dello spazio culturale comune: fa sì che i contatti producano un’interpretazione delle diversità generando uno scambio che arricchisce il modo identitario con alcuni tratti distintivi dell’altro.
- Modello spazio civico comune: il frutto dello scambio fa sì che ciascuno può vivere molteplici appartenenze e ciò che distingue non sono le frontiere etniche, ma i valori e i sistemi di credenze; modello teso a costruire qualcosa di nuovo insieme.
Rischi oggi esistenti:
- fondamentalismo, perché esalta i valori ancestrali e favorisce delle forme aggressive di conflittualità;
- relativismo pragmatico che ha come conseguenza la fluidità identitaria (ostacola l’originalità) => si assumono le identità a seconda delle circostanze, è una specie di adattamento continuo.

Esempio



  


  1. fatou

    sto cercando il riassunto del libro intitolato elementi di pedagogia di giorgio chiosso. sostengo l'esame ala facoltà di scienze della formazione. università degli studi di messina