Tema su D'Annunzio

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Testo

TEMA : Nelle opere di D’Annunzio è possibile individuare l’influenza di diverse correnti letterarie e filosofiche.
Se l’influenza del naturalismo e dei romanzieri russi appare un elemento episodico, alcuni aspetti del decadentismo (estetismo, superomismo) hanno invece un’importanza rilevante.
Sviluppare queste affermazioni facendo uso di opportuni riferimenti alle opere.

Gabriele D’Annunzio nasce a Pescara nel 1863.
Dopo gli studi liceali si dedica interamente alla produzione teatrale fino al 1903.
Nel 1910 si trasferisce in Francia dove scrive testi teatrali in francese.
Nel 1925 ritorna in Italia e partecipò alla Prima Guerra Mondiale come volontario.
A guerra finita si fa interprete dell’insoddisfazione per la "vittoria mutilata" e alla testa dei legionari di Ronchi occupò Fiume. Infine ottiene addirittura un riconoscimento da Mussolini.

La sua vita è stata caratterizzata dal desiderio di un’esistenza inimitabile, sempre sopra le righe, mai banale, volta all’affermazione della sua personalità.
Egli non accetta di essere una persona qualunque, il poeta vuole essere qualcuno, vuole lasciare un’indelebile traccia della sua esistenza : ciò richiama le tesi fondamentali del mito del superuomo , apprese da D’Annunzio in maniera semplice e indiretta attraverso la mediazione degli spettacoli di Wagner.
Molteplici sono i generi presenti nell’opera dannunziana: poesia lirica, poesia epica, romanzo, novelle, teatro, scritti di critica, cronaca giornalistica, prosa d’arte.
Ciò potrebbe dare un’impressione di dispersione nella sua produzione ; in realtà percepiamo grande apertura mentale, verso i più svariati campi.
Egli sa, infatti, combinare modelli antichi e moderni rielaborandoli secondo le proprie strategie.
Una costante di tutta l’opera dannunziana è la sua aderenza all’estetismo decadente, nei suoi due aspetti prevalenti.
Per lui, l’estetismo è aspirazione ad un’esistenza di eccezione, al vivere inimitabile, a fare della propria vita un’opera d’arte, infatti, egli aspirava ad una fusione tra vita e scrittura: la sua vita assume pose estetizzanti, la sua arte ricalca di continuo esperienze esistenziali.
Estetismo è anche culto delle sensazioni, culto del corporeo e dell'istintivo, in senso irrazionalistico.
Il “culto” (ne era talmente convinto D’Annunzio che questa è la giusta connotazione) della sensazione tende a collocare la vita dell’uomo dentro la vita della natura assimilando l’una e l’altra; inoltre porta a frantumare la realtà , scomponendola e ricomponendola a suo piacere in oggetti senza più ordine né gerarchia.
Dall’estetismo dannunziano deriva il programma del poeta inteso come "supremo artefice" ovvero come colui che produce gli oggetti dell’arte sottoponendoli a una lunga elaborazione tecnica.
L’arte è per D’Annunzio il prodotto di una mente superiore.
Egli stesso si definiva il "magnifico", creatore di immagini, attraverso suoni e parole ricercatissimi.
Egli giunge ad un’idea eterna della poesia, come sottratta al tempo: per questo preferisce i termini arcaici e sottolinea i rapporti con le etimologie greche o latine delle parole che usa.
Se l’idea del poeta-artefice sembra avvicinare D’Annunzio alla tradizione classica, egli però, se ne distacca per l’indifferenza che mostra rispetto ai messaggi e ai contenuti, cui la poesia classicistica mirava : l’unico messaggio, è proprio l’assenza di messaggi, in quanto il fine dell’opera d’arte è d’imporre la propria bellezza, suscitando inebrianti sensazioni nei lettori.
La parola è tutto, sostituisce il mondo.
D’Annunzio si propone quindi come intellettuale di tipo nuovo e ciò diventa un fenomeno di costume.
Tutte queste riflessioni si riversano nelle sue opere.
Il primo romanzo dannunziano, “Il piacere “ (1889), nasce nel clima della raffinata e mondana esperienza romana e segna la compiuta espressione del decadentismo italiano.
L’autore si autoritrae con ingenuo entusiasmo nel giovane Andrea Sperelli, che disprezza ogni forma di vita volgare.
Dominato dall’artificio e dalla finzione, Andrea instaura un rapporto ambiguo, ora passionale, ora distaccato, con gli oggetti e le persone che lo circondano.
L’autore orienta i lettori verso una sbalordita ammirazione per il bello di cui il romanzo offre molteplici immagini, dagli ozi del protagonista agli scorci monumentali di Roma e dell’ambiente circostante.
Il “Trionfo della morte” (1894) è narrato in terza persona con il solito stile fastoso e musicale.
Dominano i toni cupi e tutto è pervaso da un senso funereo di orrore.
Con questa opera D’Annunzio vuol creare la prosa moderna in cui si fondono scrittura d’arte e lirica, e in cui sono prevalenti i valori formali ed autobiografici.
Il capolavoro del D’Annunzio lirico è costituito dalle “Laudi”.
Motivo unitario delle "Laudi" è la cadenza musicale che esprime in forma di canto continuo l’istintiva felicità originata dalla funzione corporea con la natura.
Un esempio eloquente è la poesia “Temporale”, dove D’annunzio si immerge completamente nella natura, applicando tutte le regole e le strutture prima spiegate.
L’ “Alcyone”, terzo libro delle "Laudi", è giudicato il capolavoro della produzione poetica dannunziana: in una serie di ottantotto componimenti di metro e lunghezza varia, lo scrittore celebre la grande estate, da giugno a settembre 1902, e canta soprattutto la parabola discendente della stagione estiva, il suo prossimo esaurirsi nell’autunno e il progressivo venir meno dell’energia vitale e dell’ottimismo.
Il poeta si immerge nella natura e si dissolve in essa: ne interpreta le voci segrete, interroga le misteriose presenze femminili che essa evoca, modula la propria voce all’unisono con l’infinita varietà dei toni e delle voci della pioggia, del mare, del vento.
In Alcyone le cose sfumano per lasciare il posto alla musica dei suoni.
La vita di D’Annunzio può essere quindi considerata una delle sue opere più interessanti: secondo i principi dell’estetismo, bisognava fare della vita un’opera d’arte e D’Annunzio fu costantemente teso alla ricerca di questo obiettivo.

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