Riassunti dei Promessi sposi: capp. XIII-XVI

Materie:Riassunto
Categoria:Letteratura
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Data:17.04.2007
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Testo

Capitolo XIII
Il vicario aveva cominciato a sentire le conseguenze della sommossa: sulla sua tavola non era arrivato il pane fresco e lui stava facendo una digestione agra e stentata. D'un tratto sente venire delle voci, poi la voce possente della folla che si muove con il ritmo di un torrente inarrestabile. I servitori provvedono a chiudere porte e finestre e a barricarsi in casa: il vicario, preso da paura, si raccomanda a tutti e crede di trovar salvezza in soffitta. Renzo che, ormai, è entrato dentro la psicologia della folla e si accorge che questa si muove per una richiesta di giustizia, parteggia per essa, ma non è d'accordo quando sente alzarsi delle voci che chiedono la morte del vicario. E ad alta voce dice la sua disapprovazione: scambiato per un partigiano del vicario, si sottrae alla folla solo perché l 'attenzione generale è attratta dalla voce che dice che sta per arrivare il cancelliere Ferrer, l'amico del popolo: viene, dicono, a portare in carcere il vicario. Ferrer si affaccia agli sportelli della carrozza distribuendo sorrisi e gesti affettuosi di saluto: a tutti da ragione, al cocchiere in spagnolo consiglia fretta e prudenza. Renzo che, dalla folla, ha saputo che Ferrer è l'uomo della giustizia, un uomo che va bene anche per lui che ha subito da poco una grave ingiustizia, si dà da fare per creare spazio alla carrozza di Ferrer. Si trova a lui vicino, recita la parte del protagonista, fa da battistrada. Ferrer, giunto alla porta del palazzo del vicario, si fa aprire e senza che la gente s'avveda fa entrare nella carrozza il vicario ed inizia il viaggio di ritorno. Stavolta le cose vanno più rapidamente: i sorrisi si sprecano, la folla e più che mai certa che le cose stanno per cambiare. L'angoscia e tutta concentrata nel vicario che, in fondo alla carrozza, dice che vuol tirarsi via dalla politica per andare a vivere in una montagna, in una grotta, a far l'eremita.
Capitolo XIV
La folla ora non è più compatta: si dirada e si ricompone in piccoli capannelli a commentare e a prevedere. Si parla dell'accaduto, delle ragioni che vi stanno sotto, si manifestano propositi di ritorno per il giorno seguente. Renzo che per la nuova e straordinaria esperienza vissuta in quelle ore vive come in una sorta di eccitazione, quasi di ubriachezza, al centro di un crocchio prende la parola e dal fatto milanese risale al fatto personale: parla ad alta voce di ingiustizia, di prepotenze di certi tiranni, del tutto dissimili da Ferrer, manifesta propositi di vendetta e di pulizia, avanza la proposta del tutto rivoluzionaria dell'alleanza di tutto il popolo per la restaurazione della giustizia. Tutti applaudono. Ma ormai è buio. La gente si dispone a tornare a casa. Renzo da uno che gli si è messo alle costole e che gli si dimostra premuroso (è un informatore della polizia) si fa accompagnare in una trattoria vicina: lì può mangiare e dormire. A tavola lo sbirro cerca di farlo parlare e di fargli dire nome e cognome: non ci era riuscito l'oste. Ma lui lo fa cadere in un tranello, favorito anche dal fatto che Renzo da uno stato di esaltazione passa, per il molto vino che beve, ad uno stato di effettiva ubriachezza. Sproloquia e nelle sue parole in modi oscuri ed incerti torna l'immagine di don Rodrigo, il persecutore, l'ingiusto e prepotente tiranno che lo ha indotto alla fuga dal suo paese. Finalmente l'oste riesce a portarlo in camera e a buttarlo sul letto.
Capitolo XV
L'oste, uno dei tanti osti del romanzo, quasi tutti furbi e portati alla difesa dei potenti e della polizia, messo con fatica Renzo a letto, evitato quindi il pericolo che la sua trattoria diventi un covo di rivoltosi, si reca dalla polizia a fare denuncia di ciò che era successo da lui e della presenza di Renzo, descritto come una delle teste più calde, da controllare quindi ed arrestare. La polizia di Renzo aveva già nome e cognome, forniti dal finto spadaio che Renzo nella sua ingenuità aveva eletto a suo confidente. La mattina Renzo è destato dal sonno profondo, cagionatogli dal vino e dalle fatiche della tumultuosa giornata, da un notaio criminale, da una sorta di commissario di polizia, che ha accanto due birri. Arrestato e ammanettato vien avviato verso il carcere. Ma per la strada incontra gruppi di persone che lo guardano con una certa partecipazione. Furbescamente attira su di sè l'attenzione della gente, che si fa sotto il gruppo, e libera il prigioniero. Gli sbirri davanti al pericolo di essere linciati non oppongono resistenza e se la squagliano. Renzo ormai libero gira a vuoto per la città cercando la persona adatta che gli indichi la strada per Bergamo, dove vorrebbe avviarsi: lì c'è il cugino Bortolo e Bergamo inoltre non fa parte dello Stato di Milano.
Capitolo XVI
Sfuggito ai birri, con incombente la minaccia di finire di nuovo nelle loro mani e con la prospettiva della fine che si riservava ai rivoluzionari, trattati peggio che i delinquenti, Renzo percorre le strade di Milano con animo preoccupato e diviso. Vorrebbe chiedere informazioni sulla via che conduce alla porta che immette sulla strada per Bergamo, ma teme di essere riconosciuto o di imbattersi in un nuovo birro. Alla fine ci riesce: e ottenuta l'informazione giusta, attraversa la porta senza che da parte delle guardie ci sia opposizione. Presa la strada che conduce a Bergamo, cerca di evitare il percorso principale: non si sa mai. Di conseguenza la marcia di avvicinamento a Bergamo o meglio al confine si fa lunga, nervosa, massacrante. Ha bisogno di mangiare e si ferma a Gorgonzola, in un'osteria che gli pare rassicurante. Da Milano nello stesso tempo arriva un mercante, uno di quei rappresentanti di commercio che sono pieni di notizie e che frequentano sempre gli stessi posti, mangiano lo stesso cibo, dormono nel solito letto. Gli sfaccendati che inutilmente avevano cercato di ottener notizie da Renzo le ottengono e particolarmente minute e colorate dal mercante. C'è un punto del racconto che desta l'attenzione di Renzo. Il mercante dice che dietro il tumulto c'era una congiura, che la mattina era stato ancora una volta tentato l'assalto della casa del vicario, che era stato saccheggiato il forno del Cordusio, che parecchi malintenzionati erano stati arrestati, che era stato preso un capo dei rivoltosi, ma che dopo, aiutato dai suoi, era riuscito a scappare. Ricercato Renzo sa che ora, se trovato e preso, non c'è per lui altro che la forca Sono bocconi amari per lui, cui s'aggiunge la rabbia non solo di non essere stato capito ma di esser descritto come un delinquente, di quelli più colpevoli. Esce e s'avvia verso il confine, segnato dall'Adda: e tanto sconvolto che non chiede informazioni a nessuno: si affida alla Provvidenza e parte .

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