Letteratura ed illuminismo in Italia

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Testo

Goldoni
Goldoni e la società veneziana
Letteratura e illuminismo in Italia
Goldoni nacque nel 1707, a Venezia, da famiglia borghese. Laureato in legge, intraprese la professione di commediografo. È dovuta a lui la riforma della commedia italiana. Morì a Parigi nel 1793.
La Venezia del primo ‘700 è un’oligarchia, governata dalla nobiltà conservatrice. Come i maggiori paesi europei, Venezia possiede un solido ceto borghese, di origine mercantile, che è la classe economicamente dominante.
Goldoni interprete della borghesia
Goldoni è il consapevole interprete e il celebratore degli ideali della contemporanea borghesia. Il personaggio principale dei suoi primi copioni è il mercante veneziano. Anche la visione che ha della nobiltà è pienamente borghese. I nobili vengono criticati poiché non partecipano alla vita economica del paese e conducono una vita oziosa e parassitaria.
col declino dell’economia mercantile veneziana, diminuisce anche il fondamentale ottimismo del Goldoni, così come è in declino la prima fiorente borghesia.
Goldoni ed illuminismo
L’ambiente veneziano era particolarmente aperto alla cultura illuministica, che era stata assimilata dalla borghesia in maniera realistica e concreta.
Goldoni della cultura illuminista accetta l’egualitarismo e il razionalismo, ma non esprime il bisogno di una riforma radicale.
Goldoni e la rivoluzione
Il suo modello ideale di stato è l’Inghilterra, dove i borghesi condividono il potere politico con la nobiltà, e non certo la Francia rivoluzionaria e giacobina con il suo egualitarismo radicale. In Goldoni non si aspira al conflitto tra classi sociali, bensì alla collaborazione.
Goldoni e la riforma della commedia
Goldoni trasformò la commedia in una forma teatrale che potesse esprimere una visione del reale in sintonia con gli ideali del tempo. Fino ad ora la scena era dominata dalla commedia dell’arte, basata sulla sola improvvisazione. Goldoni attuò una riforma graduale, eliminando le maschere e scrivendo interamente le parti. Egli, a differenza dei letterati del tempo che si provarono nella riforma, era un uomo di teatro e le sue commedie erano scritte per essere rappresentate e per incontrare il gusto del pubblico.
Parini
Parini nacque nel 1729 in Brianza da una famiglia di modeste condizioni. Intraprese la carriera ecclesiastica e così poté istruirsi. Lavorò come precettore presso alcune famiglie nobili milanesi, poi ottenne diversi incarichi pubblici. Si ritirò a vita privata durante la dominazione francese di Milano e morì nel 1799.
Parini e la nobiltà
Essendo entrato nell’ambiente nobiliare, Parini ha la possibilità di conoscerlo e di vederne i difetti. Pubblica dei poemetti satirici, Il mattino e Il mezzogiorno criticando la vita oziosa ed improduttiva della nobiltà.
Parini e i lumi
Tra i principi illuministi Parini accetta con entusiasmo l’egualitarismo, ossia la necessità di riconoscere ad ogni individuo pari dignità umana, e l’umanitarismo, lo sdegno per tutto ciò che offende l’uomo. Rifiuta invece l’irreligiosità dell’illuminismo francese e rifugge gli estremismi del Terrore giacobino.
Parini e la rieducazione della nobiltà
La stessa critica alla nobiltà è rivolta solo alla sua degradazione. Il suo fine è la rieducazione della nobiltà, perché questa riprenda la funzione sociale che aveva rivestito in passato. In questo si trova in sintonia con il riformismo illuminato di Maria Teresa d’Austria.
Parini e la rivoluzione
Come altri intellettuali del tempo Parini vede con favore e speranza la rivoluzione francese, come realizzazione dei principi di egualitarismo e libertà, ma dopo gli eccessi sanguinari del terrore , si colloca su posizioni sempre più negative, per poi ritirarsi in isolamento sdegnoso a causa dei contrasti con l’occupante amministrazione francese.
Miscere utile dulci: il fine educativo della poesia

La concezione della poesia del Parini può essere riassunta nel motto oraziano “miscere utile dulci”. Il Parini, dopo aver abbandonato l’Arcadia per la sua mancanza di contenuti, aderisce all’accademia dei Trasformati, che proponeva una conciliazione tra l’impegno civile nella poesia e la cultura classica.
La dignità della poesia
Così le odi del Parini si propongono di educare il lettore, di diffondere la cultura dei lumi come strumento per migliorare la realtà contemporanea, ma senza ridurre la poesia ad un semplice veicolo di informazioni a fini pratici.
La poesia deve sempre possedere perfezione formale e seguire le regole del classicismo, e mantiene quindi una sua dignità, autonoma dai contenuti.
Alfieri
Alfieri nacque ad Asti nel 1749 da una famiglia della ricca nobiltà piemontese. La sua principale produzione letteraria sono le tragedie.
Di indole ribelle ed insofferente ad ogni imposizione, Alfieri intraprende una serie di viaggi per tutta Europa, ma più che appagare il desiderio di conoscenza comune agli intellettuali illuministi, Alfieri sente crescere dentro di sé un desiderio di libertà e di insofferenza verso la tirannide monarchica delle corti d’Europa.
Alfieri artista della crisi
Alfieri esprime un’inquietudine che lo avvicina al Romanticismo, facendo di lui un uomo che sente i limiti e la crisi dell’illuminismo. Tuttavia il fatto di esprimere questo tormento interiore tramite l’avversione alla tirannia lega comunque Alfieri all’Illuminismo.
la solitudine esistenziale
Alfieri inizia a scrivere tragedie per esprimere la sua solitudine. Rinuncia alla sua ricchezza per potersi dedicare interamente alla letteratura, poiché vede anche in essa una limitazione alla sua libertà.
Titanismo ed anarchismo libertario
Alfieri intende la libertà come assenza di ogni limitazione politica, intellettuale, passionale.
Questa concezione della libertà è detta anarchismo libertario, poiché non esiste nessuna forma di governo che posa garantire una tale libertà. La ricerca di passioni forti e senza limiti è il titanismo, un’ansia di infinita grandezza e di infinita libertà che si scontra con tutto ciò che la limita e la ostacola. Da ciò nasce il profondo pessimismo di Alfieri ed il disprezzo per la piccolezza degli uomini del suo tempo.
Alfieri e la rivoluzione
Alfieri rifiuta lo spirito borghese teso all’utile e all’interesse materiale, vede nello sviluppo economico solo l’incentivo al moltiplicarsi di gente meschina e fredda , incapace di alti ideali e forti passioni.
Per Alfieri la rivoluzione Americana non ha portato vera libertà perché non è stata sostenuta dall’amore per la libertà ideale, ma da ragioni materiali economiche. Simili rivoluzioni non portano alla distruzione della tirannide, ma la costruzione di una tirannide nuova. Allo stesso modo alfieri rifiuta la rivoluzione francese quando questa si rivelò principalmente una rivoluzione borghese.
La tragedia: l’eroe titanico protagonista assoluto

La tragedia Alfieriana è costruita tutta intorno all’eroe che esprime forza e grandezza titanica e si impone su tutti i personaggi minori. Un motivo ricorrente delle tragedie è la lotta dell’eroe, solo e amante della libertà, contro il tiranno.
struttura della tragedia alfieriana
La tragedia deve esprimere la passione, il contrasto interiore e tra i personaggi. Alfieri definisce i canoni della sua tragedia perché possa esprimere pienamente il forte sentire: deve essere breve, in cinque atti, con pochi personaggi per non distogliere dall’azione tragica dell’eroe, il ritmo deve essere incalzante per aumentare la tensione tragica, deve essere dialogata e non cantata.

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