Appunti misti di Letteratura Italiana

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

- Cisti il Fornaio (VI,2)
Nella novella del Boccaccio apppare come protagonista un fornaio di nome Cisti, il quale avendo la bottega sulla medesima strada frequentata dal messere Geri, riesce con arguzia e intelligenza ad entrare nelle sue grazie.
Cisti ha innanzitutto la virtщ di riuscir ad essere cortese senza contravvenire alle regole sociali. Egli possiede inoltre le virtщ cortesi. la liberalitа e la generositа disinteressata. la sintonia che si crea tra Cisti e messer Geri puт essere lo specchio della situazione sociale nella Firenze del Trecento. Si ha infatti la nuova aristocrazia cittadina, i ceti medi borghesie infine i lavoranti e la servitщ.

- Federigo degli Alberighi. (V,9)
Nella novella Federigo degli Alberighi sperpera tutto il suo patrimonio conquistare la donna amata, pur sapendo di non poter ottenere nulla da lei. Rimasto povero si ritira in un suo podere in campagna con il suo unico avere, un falco da caccia. Qui lo scrittore riporta in primo piano le basi materiali su cui si basavano i cavalieri cortesi, ovvero disponibilitа di molto denaro. Federigo infine ha l’occasione di rivedere la propria donna amata quando questa lo viene a trovare per chiedergli il falco per il suo figlio malato. Paradossalmente Federigo sacrifica il suo ultimo avere per servirlo a tavola. il sacrificio gli impedisce di soddisfare la richiesta e provoca la morte del figlio. La donna rimane comunque colpita dalla sua generositа che decide comunque di sposarlo.

- Lorenzo de’ Medici.
Lorenzo, detto per antonomasia il Magnifico, fu signore di Firenze dall’etа di vent’anni fino alla morte. ereditata la signoria dal padre, riuscм a consolidare il potere anche dopo la congiura dei Pazzi, che portт alla morte del fratello. Egli riuscм ad imporre agli altri principi italiani con la sua abilitа politica e la sua diplomazia, la sua politica di pace e di equilibrio.
Lorenzo fu anche un mecenate, che raccolse intorno a se i migliori artisti dell’epoca. Tipico esempio della sua attenzione per la cultura fu la raccolta Aragonense che inviт in dono a Ferdinando d’Aragona. Lorenzo era stato allievo e discepolo del filosofo Marsilio Ficino, animatore dell’Accademia Platonica: e appunto a questa corrente che sono ispirate le Selve d’Amore. A questo filone tematico si collega l’interesse per la lirica italiana del due e trecento (Commento ad alcuni sonetti d’amore). Un altro genere i cui si cimenta Lorenzo и quello bucolico e idilliaco, per il quale scrive il Corinto. Fanno singolare contrasto alle altre opere, i componimenti religiosi: i Capitoli, le laude, e la sacra rappresentazione dei santi Giovani e Paolo.

- Trionfo di Bacco e Arianna.
Il canto carnascialesco и dedicato all’amore tra Arianna e Bacco, rispettivamente la figlia di Minosse e la divinitа del vino, della gioia e del piacere. Lorenzo canta il godimento della vita e dei sensi, anche se questo carattere edonistico deriva da una concezione di fondo pessimistica, ovvero sul trascorrere del tempo e sulla caduta dei beni terreni. La ballata и costituita da sette ottonari e da una ripresa di quattro versi.

- Matteo Maria Boiardo.
Fu un nobile feudale appartenente agli estensi. Nacque nel 1441 e morм nella stessa cittа nel 1494. Boiardo ebbe una formazione umanistica e inizialmente lavorт alla traduzione volgare di classici latini e greci. Il canzoniere raccoglie le sue liriche i volgare ispirate dall’amore per Antonia Caprara. L’opera, composta da 180 testi, и organizzata in tre volumi: il primo tratta le gioie dell’amore corrisposto; il secondo le sofferenze per il tradimento e infine il terzo i rimpianti e il pentimento.
Dal 1476 il Boiardo cominciт a scrivere l’orlando Innamorato. Nel 1483 furono pubblicati i primi due libri, composti da 60 canti, mentre il terzo rimase incompleto per via della sua morte. il poema riprende la materia cavalleresca ed и destinato al diletto di una corte signorile. Il protagonista и il paladino di Carlo Magno, Orlando, caduto in preda dell’amore. Il Boiardo riunisce in questo modo i due cicli cavallereschi, quello Carolingio e quello arturiano.

- Giа vidi uscir de l’onde una matina.
Il sonetto appartiene al genere stilnovistico, trattando l’apparizione della bella donna sullo sfondo di una natura primaverile . ogni strofa и dedicata a un elemento differente: nella prima il sole nascente, la rosa che sboccia, l’erba che spunta, e infine nell’ultima strofa il paragone della dona con le bellezze naturali.

L’autoritratto del Margutte dal Morgante.
Il gigante Morgante, durante il suo viaggio incontra casualmente in un incrocio il mezzo gigante Margutte, che in seguito si rivelerа compagno di avventure del gigante. E’ Margutte stesso che traccia il suo ritratto, compiacendosi a parlare delle sue cattive qualitа. L’autoritratto comincia con le sue idee riguardo la fede, ovvero il gusto di rovesciare beffardamente tutto ciт che и sacro. dal tema della miscredenza passa a quello dell’ingordigia: l’unica cosa in cui crede и infatti il cibo. Si presenta in seguito come un ribelle, un trasgressore che gode a infrangere tabщ e a demolire ogni principio morale. Anche la sua nascita и sacrilega, poichй generato da una monaca greca e da un prete musulmano. Margutte continua a presentare i suoi peccati: oltre che miscredente и giocatore, baro, truffatore, sodomita, sfruttatore di donne, ladro, falsario, bestemmiatore, mentitore e infine patricida.
Dietro la scrittura di questo canto, si puт individuare come fonte di ispirazione la vecchia corrente goliardica latina e duecentesca.

Rinascimento.
Movimento culturale letterario e artistico che si sviluppт in Italia e poi nel resto dell’Europa nel secoli XV e XVI e che fu caratterizzato dalla ripresa dei valori spirituali e delle forme d’arte che avevano reso gloriosa la civiltа antica dei Greci e dei Romani. Il termine, che и pure usato per altri movimenti di rinascita culturale, indica perт soprattutto la rinascita italiana, dalla filosofia alla scienza, dalla poesia alle arti figurative e all’architettura, dal costume alla politica.
Il fenomeno fu dapprima esclusivamente culturale: un vero e proprio recupero della cultura antica da contrapporre a quella medioevale; e sotto questo aspetto prese il nome di Umanesimo, perchй tendeva a recuperare dagli antichi il senso della dignitа umana, dell’uomo al centro del mondo. Il movimento, per la sua precisa collocazione nell’ambito delle corti, acquistт forti tinte aristocratiche, ma ebbe anche vaste ripercussioni fuori degli ambienti cortigiani e interessт intere cittа, come avvenne a Firenze, a Ferrara, Mantova. La critica ha voluto il rinascimento ora come un’etа rivoluzionaria, ora come un momento i reazione, ora come il trionfo di un rinato paganesimo, ora come un’affermazione dell’autentico messaggio cristiano. Basti pensare anche che in Germania fu associato alla riforma luterana e in Inghilterra con quella anglicana.

Umanesimo.
Movimento culturale, iniziato in Italia sul finire del XIV secolo e da qui sviluppatosi anche nel resto dell’Europa per tutto il secolo successivo. Prende il nome da un’espressione latina di Cicerone, che chiamava in quel modo gli studi letterari e filosofici. Durante la ripresa economica dei Comuni e in seguito delle Signorie, si venne a sviluppare una nuova cultura, non piщ strettamente religiosa e teologica, ma laica. Le conseguenze del movimento furono molteplici: grande sviluppo della filologia, riaffermazione del latino, pubblicazione dei testi antichi, ripresa dello studio del greco, inizio della ricerca scientifica in modo moderno.

Manierismo.
Il termine indica un movimento artistico italiano ed europeo sviluppatosi dal 1520 circa fino alla fine del secolo; corrisponde alla crisi del Rinascimento ed esprime i turbamenti e le incertezze di un’epoca complessa e drammatica. I manieristi si orientarono o verso forme di esasperato sprirtualismo o di esteriore eleganza e preziositа.

Le strutture politiche, economiche e sociali.
Con la morte di Lorenzo il magnifico, ha termine quella politica di equilibrio e di pace che aveva caratterizzato le vicende della storia italiana negli ultimi decenni del Quattrocento. Nel 1494 il re di Francia Carlo VIII scende in Italia con le sue truppe, aiutato da Ludovico il Moro, che riesce a impadronirsi di Milano cacciando Gian Galeazzo Sforza; entra senza difficoltа a Firenze e viene accolto benevolmente dal pontefice Alessandro VI, a Napoli intanto l’aristocrazia aveva deposto Ferdinando d’Aragona. Iniziava qui quel processo che in trent’anni avrebbe visto la perdita della libertа per la maggior parte d’Italia. L’Italia debole e divisa, diventa terra di scontri e di conquista per le grandi nazioni europee quali la Spagna, la Francia e l’Austria.
Dopo la calata di Carlo VIII, i francesi scendono nuovamente in Italia, conquistando nel 1500, il ducato di Milano, mentre la Spagna, poco dopo, si insedia nell’Italia meridionale. Nel 1530, a Bologna, Carlo V viene incoronato imperatore e re d’Italia dal Pontefice Clemente VII. Nel 1527 le sue truppe mercenarie, i lanzichenecchi, avevano saccheggiato e incendiato Roma. Anche lo stato della Chiesa rivela una debolezza profonda. Il figlio del pontefice spagnolo Alessandro Vi, Cesare Borgia detto il Valentino, conquista le Romagne e tenta di realizzare un forte stato nell’Italia centrale. Solo Venezia che conserva le istituzioni repubblicane, mantiene la sua autonomia e la sua forza, legata alla prosecuzione dell’attivitа mercantile e marinara. Con la pace di Cateau-Chambresis, a partire dal 1559, la situazione si stabilizza, rimanendo poi a lungo sostanzialmente statica. La Spagna, che ha sconfitto la Francia, estende e consolida il suo predominio in Italia, occupando Milano, Napoli, la Sicilia e la Sardegna, mentre alla Francia non rimane che il marchesato di Saluzzo.
Economia e societа. Per quanto riguarda le condizioni economico sociali, la societа delle corti и costituita dall’aristocrazia e da una ricca borghesia, che tende a convertire le proprie ricchezze nel possesso delle terre e nell’acquisto di beni immobili. Nell’Italia settentrionale permangono condizioni piщ favorevoli allo sviluppo di iniziative industriali, mentre nell’Italia meridionale prevale un tipo di economia che si puт nuovamente definire feudale. Mentre in Italia si assiste al processo di rifeudalizzazione, nel Nord Europa nasce e si afferma il capitalismo moderno. A incrementare questo tipo di economia contribuisce notevolmente la portata delle scoperte geografiche. In questo contesto si realizzano le condizioni per la politica espansionistica e accentratrice delle monarchie.

Centri di produzione e diffusione della cultura.
La corte, nel Cinquecento, non costituisce solo il centro della vita politica, ma anche dell’attivitа culturale. essa viene considerata come una misura di civiltа, nella quale si elaborano valori e contenuti della letteratura e dell’arte. Qui il letterato appare legato organicamente alla corte, contribuendo a elaborare e migliorare le varie ideologie.
Nella letteratura romanza il termine cortese sottolinea un sistema di rapporti ideali e trasfigurati, di cui lo scrittore si fa interprete nelle sue opere; il termine cortigiana indica anche uno status sociale che riguarda il ruolo dell’intellettuale. Si rafforza in questo periodo il mecenatismo, ossia la protezione che i principi e i signori accordano ad artisti e scrittori, dei quali in seguito traggono lustro e splendore. Lo scrittore che rappresenta le ideologie ufficiali viene protetto e stipendiato dal principe, che gli assicura degli impieghi e delle rendite, affidandogli anche incarichi di rappresentanza diplomatica. L’intellettuale infatti puт dare lustro e prestigio al potere, celebrando la figura del principe e rappresentandone le glorie dinastiche.
Posta la vertice della vita sociale italiana del Quattrocento e del Cinquecento, la corte svolge cosм un ruolo dominante per quanto riguarda l’elaborazione dell’ideologia ufficiale, in tutta la varietа dei suoi aspetti: dalle convinzioni politiche ai costumi mondani, dalle forme della conversazione alle scelte artistiche e letterarie.
Edonismo: dottrina filosofica che considera il piacere come l’unico bene possibile.
Parziali eccezioni: Firenze e Venezia. Anche se a Firenze, dopo anni di lotte, si affermт il regime signorile, i contrasti che rimangono, lasceranno tracce evidenziate sulla produzione letteraria del periodo. La riflessione politica del Machiavelli si puт cosм meglio comprendere se si tiene conto dei legami che ancora intrattiene con la cultura dell’Umanesimo, la quale poneva la letteratura alla base della difesa dei valori cittadini.
Ancora piщ diversa appare la repubblica di Venezia, la quale perт resta un organismo politico chiuso , oligarchico e aristocratico, il cui potere и detenuto dalle famiglie piщ nobili e influenti, entro le quali и eletto il doge.

Intellettuali e pubblico.
A Firenze sopravvive ancora una figura di intellettuale che si puт ricondurre nel solco delle tradizioni comunali e repubblicane, sia per il suo impiego presso le istituzioni cittadine, sia per il suo rapporto con le professioni civili. Ma si tratta di una figura in netto declino.
Risulta prevalente, in questo periodo, la condizione del cortigiano letterato, che vive alle dipendenze del principe, oppure cerca nella Chiesa una sistemazione analoga. Si rafforza i questo modo il mecenatismo, giа affermatosi nel secolo precedente. Il letterato si pone al servizio delle grandi case aristocratiche, da qui viene stipendiato, ottenendo favori e protezione, che a sua volta contraccambia , svolgendo anche mansioni di tipo cancelleresco o di rappresentanza diplomatica. Ma soprattutto paga il suo debito attraverso la letteratura. In questo modo si potrebbe parlare di una coincidenza tra la figura dl cortigiano e quella dell’intellettuale. E’ questa l’immagine che si ricava dalla lettura del “Cortigiano” del Castiglione, dove all’uomo di corte и richiesto il possesso di notevoli doti culturali.
Naturalmente il Castiglione ci ha tramandato un quadro luminoso e idealizzante questa figura. Al contrario, l’Aretino ci mostra il negativo: l’adulazione, come pratica servile, le umiliazioni subite e la perdita di ogni dignitа. Di qui l’ambiguitа di una condizione che puт essere di grande prestigio sociale e nello stesso tempo di elevata precarietа. La realtа d’altronde non offre altre alternative , sicchй la maggior parte degli intellettuali trova nella corte il punto di maggior riferimento. Gli avvenimenti negativi quali la calata di Carlo VIII e il sacco di Roma rendono sempre piщ trasparente la debolezza politica italiana, comportando una progressiva perdita di potere delle corti, che si risolve conseguentemente in una crisi di ruolo degli intellettuali.
La ricerca di una stabile collocazione sociale ed economica aveva indotto anche non pochi scrittori a intraprendere una carriera religiosa, che dava diritto al godimento di particolari rendite e benefici, offrendo maggiori garanzie di sicurezza. Anche un intellettuale come il Gucciardini, laico e anticlericale, pensт a un certo punto di prendere gli ordini religiosi.
Sia esso laico o chierico, l’intellettuale cortigiano fiancheggia le direttive del potere, diventando l’interprete dell’ideologia e delle concezioni di elitиs sociali molto selezionate e ristrette.

Pietro Bembo.
Letterato italiano nato a Venezia nel 1470 e morto a Roma nel 1547. Visse tra Venezia, nella casa paterna, e Roma, dove coprм alte cariche in Vaticano e dove si stabilм definitivamente dal 1539, anno in cui fu fatto cardinale. Frequentт anche le corti di Ferrara e di Urbino, centri di dotte conversazioni letterarie. Uomo di profonda cultura umanistica, avvertм la forza espressiva del “volgare “, contrapposto al latino dei dotti, e ne indicт i modelli da imitare, in Petrarca per la poesia e in Boccaccio per la prosa.
Le sue opere maggiori sono: gli Asolani, dedicati a Lucrezia Borgia, ovvero dialoghi di gentiluomini e di gentildonne sull’amore, intramezzati da liriche e ambientati nella villa di Caterina Cornaro ad Asolo; Prose della volgar lingua, trattato sull’arte dello scrivere e del parlare in volgare, considerate la prima grammatica della lingua italiana. Per il grande successo di quest’opera e delle teorie in essa espresse, col Bembo si diffuse quell’indirizzo linguistico, detto bembismo, che impose definitivamente l’uso del volgare toscano in Italia come lingua letteraria.

Francesco Berni.
Poeta italiano, nato a Lamporecchio, in Toscana, intorno al 1497 e morto a Firenze nel 1535. raggiunta una buona cultura umanistica, fu per tutta la vita segretario di principi e cardinali, a Firenze, dove secondo la leggenda, implicato in un intrigo in casa de’ Medici, perse la vita per veleno essendosi rifiutato di avvelenare un nemico di Alessandro de’ Medici. Godette, ancor vivo, grande fama per la spregiudicatezza della sua poesia, che, contro il gusto raffinato del tempo, cantava situazione plebee e magari oggetti spregevoli, col preciso intento di satireggiare sia la moda di imitare il Petrarca sia i costumi corrotti della societа. Diede cosм origine a un genere letterario che da lui prese il nome , la poesia bernesca. Ritrascrisse anche, in lingua toscana l’orlando Innamorato del Boiardo.

Pietro Aretino.
Scrittore italiano, nato ad Arezzo nel 1492 e morto a Venezia nel 1556. Abbandonata la famiglia a 15 anni, visse a Perugia dove tentт di diventare pittore. Nel 1517 si stabilм a Roma, e in quel mondo, fastoso e corrotto si mise subito in vista per il suo carattere bizzarro. Si divertiva a punzecchiare con i suoi scritti principi e prelati. Queste poesie procurarono all’Aretino molti nemici che cercarono piщ volte di ucciderlo. Ferito in un agguato, lasciт Roma e, dopo aver combattuto con il condottiero Giovanni delle Bande Nere, si stabilм a Venezia. La vita romana gli aveva fatto capire quale mezzo di persuasione avrebbe potuto essere la letteratura e cosм l’aretino inondт l’Italia di versi satirici e di lettere velatamente ricattatorie. Scrisse numerose poesie e le Lettere, piщ di 3000, pubblicate dal 1537 al 1557. Le sue opere maggiori sono: la Cortigiana, che descrive le vicende di uno studioso pedante e pieno di se, il Marescalco, la Talanta, L’ipocrito, Il filosofo, Orazia e i Ragionamenti.

Teofilo Folengo, detto Merlin Cocai.
La sua fama и legata alla sua produzione poetica , che lo distingue in modo nettissimo dagli altri poeti del secolo, sia per la lingua da lui usata, uno strano latino, misto a vocaboli e modi della lingua toscana, il cosiddetto latino maccheronico, sia per il realismo volutamente antiletterario delle sue opere, popolaresco e sanguigno: sia infine per la satira alle convenzioni e alle ipocrisie del tempo. Il suo capolavoro sono le maccaronee, che comprendono la Moscheide, e il Baldus.

Francois Rabelais. Figlio di un avvocato, nacque intorno al 1494. Affascinato dal mondo classico, intrecciт un intenso scambio epistolare, in greco e in latino, con l’umanista Budи. verso la fine del 1537 scrisse il primo libro della sua opera piщ famosa, il Pantagruelle, divenuto poi il secondo, in quanto il successo lo costrinse a scrivere il Gargantua, narrazione della vita e delle gesta del giovane padre di Pantagruele. Il romanzo venne censurato ripetutamente dai docenti della Sorbona.

Ludovico Ariosto. Ariosto rappresenta la tipica figura dell’intellettuale cortigiano del Rinascimento: egli infatti operт per tutta la vita all’interno di una corte, ma nello stesso tempo nei confronti di essa ebbe sentimenti di rifiuto e di polemica. Il poeta proveniva da una nobile famiglia: il padre era funzionario dei duchi d’Este, e comandava la guarnigione militare. In seguito, da Reggio Emilia, si trasferм a Ferrara, dove studiт diritto. In seguito si dedicт allo studio letterario e umanistico. Sempre in questa cittа si incontrт con l’umanista Pietro Bembo, il quale lo indirizzт verso la poesia volgare. Nel frattempo iniziт anche a frequentare la corte del duca Ercole I, dove divenne un cortigiano stipendiato, e in seguito, dopo la morte del padre, divenne capitano della rocca di Canossa. A causa dei rapporti tesi tra il nuovo duca, Alfonso I, e il papa Giulio II , Ariosto vestм la funzione di ambasciatore a Roma. Nel 1516 pubblicт la prima versione dell’Orlando Furioso, dedicata al cardinale Ippolito.
Le satire. Tra il 1517 e il 1525 Ariosto scrisse sette satire in forma di lettere indirizzate a parenti e amici. Queste satire, ispirate ai componimenti omonimi di Orazio, sono dei componimenti che permettono di toccare i piщ vari argomenti senza un ordine prefissato. Ariosto impiega la forma del capitolo in terzine dantesche. La struttura di questi componimenti и quella della chiacchierata alla buona , che trascorre disinvoltamente. I temi centrali delle satire sono la condizione dell’individuo cortigiano, l’aspirazione a una vita quieta ed agiata, il fastidio per le incombenze pratiche che ostacolano l’esercizio poetico. L’atteggiamento dell’autore и ironico, ma raramente in polemica. Nel complesso le satire sono un’opera fondamentale, che permette di capire gli atteggiamenti riflessivi e conoscitivi che sono anche nei poemi, ma nascosti dalla trama.

Il proemio da l’Orlando Furioso - Ariosto.
L’Orlando Furioso ha inizio con un proemio che contiene l’esposizione dell’argomento, l’invocazione e la dedica al signore, seguendo i canoni tradizionali della poesia epica. Il poeta si concentra su i tre filoni principali dell’azione, la guerra portata dai Mori ai franchi, la vicenda di Orlando e la storia del capostipite della casata degli Estensi. Il proemio и formato da quattro ottave: la prima tratta dell’argomento guerresco con un tono solenne; la seconda si impernia su Orlando e sulla sua pazzia. La terza e la quarta contengono la dedica al cardinale Ippolito, che richiama il rapporto tra signore e cortigiano nel Rinascimento.

Plauto Tito Maccio. Commediografo latino nato tra il 260 e il 250 a.C. a Sarsina e morto forse a Roma nel 184. Le date di nascita e morte sono perт incerte, come tutto и incerto nella vita. Pare comunque che ancor giovane si recasse a Roma e si dedicasse all’attivitа teatrale, profondendo in essa ogni sua fortuna, col risultato di finire schiavo per debiti. Tuttavia, anche nella condizione di schiavo, ebbe modo di continuare a scrivere e a rappresentare le sue opere. Potй cosм riscattarsi e dedicarsi tutto al teatro con successo. La sua opera и comica, secondo il modello della commedia greca di costume. Plauto uso un procedimento tecnico che riprese intere scene e le intrecciт con altre a formare commedie nuove piщ adatte al nuovo ambiente; un procedimento che prendeva il nome di contaminazione e che и caratteristico di molta della produzione letteraria antica. Gli antichi infatti cercavano l’originalitа piuttosto nello spirito nuovo di un’opera e nel suo linguaggio, che non nella trama e nelle situazioni. Del centinaio di commedie a lui attribuite se ne considerano autentiche solo una ventina. Le piщ note commedie di Plauto sono: Il soldato millantatore, Anfitrione, La commedia della pentola e Menecmi.

L’Orlando Furioso.
Proposta di lavoro #10. Il furore di orlando appare come il rovesciamento ironico della concezione cortese dell’amore, che nella civiltа rinascimentale si si era rivestita delle forme del Platonismo. Nel caso di Orlando la pazzia, l’amore e la fedeltа non nobilitano l’uomo ma lo degradano ad una condizione animalesca. Con l’amor cortese sono strettamente legati i valori cavallereschi: con la follia, la cavalleria finisce per autodistruggersi. L’eroe inoltre, invece di usare la sua forza per nobili fini, la usa distruggendo alberi, facendo guerra a dei contadini, e facendo strage di animali. Senza dimenticare che l’amore platonico insieme con le virtщ cavalleresche, era uno dei valori fondamentali della societа cortigiana, verso la quale Ariosto nutriva una profonda avversione.

Niccolт Machiavelli.
Nacque a Firenze nel 1469 e morм nella stessa cittа nel 1527. Apparteneva ad una famiglia aristocratica che aveva dato a Firenze numerosi magistrati ma che economicamente non poteva contare su forti rendite. Nel 1498, dopo la morte di Savonarola, ebbe i due importanti incarichi di segretario della repubblica e di capo dei dieci di libertа e di pace, i quali si occupavano dei rapporti con i paesi stranieri e delle questioni di guerra. In questa posizione Niccolт ebbe l’occasione di recarsi in Francia e in Germania, e seguм da vicino le imprese di Cesare Borgia, figlio del papa Alessandro VI. Nel 1512 la politica di papa Giulio II che , alleatosi con i Veneziani e con i Spagnoli, sconfisse i Francesi, permise ai Medici di tornare a Firenze. Machiavelli si era compromesso politicamente sostenendo fino all’ultimo la resistenza della repubblica; fu quindi allontanato dai suoi incarichi e fu confinato per un anno entro il territorio della repubblica. Nel 1513, sospettato di aver preso parte a una congiura contro i Medici, fu imprigionato e torturato, poi, riconosciuto innocente, rilasciato. Scaduto il termine del confino rimase ugualmente fuori da Firenze in un casa, l’Albergaccio, vicino a San Casciano, dove si dedicт alla compilazione di scritti storici e letterari. Nel 1520 i Medici cominciarono ad affidargli nuovamente incarichi, tra i quali anche quello di scrivere la storia di Firenze. Erano tuttavia incarichi di scarso rilievo che non potevano essere di alcuna soddisfazione per un uomo che aveva affrontato missioni gravi e impegnative. Nel 1527 il sacco di Roma e la sconfitta subita da papa Clemente VII segnarono la fine del principato fiorentino: si tornт alla repubblica. Machiavelli chiese di far parte della segreteria, ma ai nuovi repubblicani la sua condotta sembrт poco chiara e l’incarico gli fu rifiutato. Morм lo stesso anno e fu sepolto in Santa Croce.
Opere politiche. Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il Duca di Gravina Orsini. Come dice il lungo titolo, l’opera descrive un fatto di sangue del 1502 avvenuto durante il tentativo di Cesare Borgia di conquistare la Romagna. Ritratto di cose di Francia, relazione scritta a seguito di un viaggio in Francia. E’ un lucido quadro della situazione politica e economica di quel paese. Dello stesso genere и il Ritratto di cose della Magna. Il Principe, 1513, и un trattato in 26 capitoli sul problema della fondazione di un principato e sui modi di conservarlo. I primi capitoli I-XI esaminano la formazione del principato che и sempre strettamente legata alla capacitа di lottare contro i nemici esterni. I capitoli XII- XIV trattano della formazione dell’esercito del principato, che non deve avere forze armate mercenarie. I capitoli XV-XXIII sono interamente dedicati alla figura del principe e alle doti necessarie per governare. Nel capitolo XXV Machiavelli esamina i motivi per cui certi principi hanno perduto i loro principati e nell’ultimo capitolo esprime la certezza che anche in Italia possa formarsi un principe prudente e virtuoso che allontani i dominatori francesi e spagnoli. L’opera fu tradotta in tutte le lingue e diffusa in tutta Europa: il suo significato spesso venne frainteso, nacque il termine machiavellismo e il pensiero dell’autore fu riassunto nella popolare frase “Il fine giustifica i mezzi”. Il fine deve essere di tale natura che serva davvero per pacificare una nazione, per ristabilire la giustizia, sotto l’autoritа di chi и piщ virtuoso. Il principe fa di Machiavelli il fondatore della politica moderna, della politica come scienza: lo stile и nervoso, passionale. Discorsi sotto la prima deca di Tito Livio 1513-1519. Analisi e commento dell’opera del grande storico latino e in particolare analisi dell’origine dello stato repubblicano dell’Antica Roma. L’opera di Tito Livio offre all’autore lo spunto per osservazioni di carattere generale come la necessitа che ogni governo possieda armi proprie e non debba servirsi di truppe mercenarie. Dell’arte della guerra, 1519-1520. Trattato teorico militare in cui l’autore espone il suo pensiero sull’organizzazione dell’esercito. Ricorre sempre il concetto delle armi non mercenarie e viene elogiato il cittadino soldato che consideri il servizio militare un dovere e non un mestiere.
Opere storiche. La vita di Castruccio Castracani. Biografia romanzata di un celebre ghibellino divenuto signore di Lucca, ritratto del principe ideale. Le istorie fiorentine, 1520-1525. Narrano la storia di Firenze dalla caduta dell’impero Romano al 1492, morte di Lorenzo il Magnifico.
Opere letterarie. la Mandragola, 1518. Una delle prime commedie del XVI secolo, di grande comicitа ma con qualcosa di amaro e doloroso che affascinт sempre i lettori. Segue di appena dodici anni la prima commedia in senso assoluto che и la Cassaria di Ludovico Ariosto. Belfagor Arcidiavolo, 1518. Novella che ha per protagonista un diavolo inviato sulla terra con una difficile missione: verificare se le donne sono veramente la causa della rovina dei loro mariti. Belfagor, dopo molte avventure preferisce tornare all’inferno. Le lettere. Dalle lettere si puт capire il carattere dell’autore, acuto e bonario, ora pessimistico e ironico, pronto a ricavare profonde veritа anche dalle occasioni banali. Tra le lettere и famosa quella a Francesco Vettori nella quale descrive all’amico la vita nell’Albergaccio e gli annuncia di aver appena terminato il principe.

La Dedica. Nella Dedica si possono trovare tre caratteristiche salienti: una riguarda l’estremo orgoglio che il Machiavelli ha verso la sua conoscenza delle leggi della politica da lui acquisita in molti anni di attivitа. La seconda riguarda la formula con la quale l’autore definisce la fonte della sua conoscenza politica, “Lungia esperienzia delle cose moderne” e la “continua lezione delle antique”. Machiavelli tiene a ribadire che la sua conoscenza non и mai astratta, ma scaturisce sempre dall’esperienza della realtа concreta. Questa esperienza puт perт presentarsi in due forme: il contatto diretto con la politica, e i dati appresi dai libri, in special modo dai testi di scrittori classici. Il terzo punto rilevante riguarda la lingua e lo stile dell’opera. Lo scrittore rifiuta il periodo complesso e la terminologia aulica, poichй la sua opera vuol avere un carattere militante e attivo, e anche perchй Machiavelli и un uomo di impronta umanistica anzichй classicheggiante. Per questo suo stile di scrivere egli puт essere definito come il fondatore del linguaggio moderno della prosa scientifica.
Il Procedere dilemmatico. L’allinearsi delle varie osservazioni l’una dopo l’altra si organizza in un modo che и caratteristico del pensiero e del metodo espositivo di Machiavelli, quello dilemmatico. La realtа si scinde sempre in due possibilitа nettamente contrapposte. Questo procedere viene definito propagginato.

T19. In questo punto del libro si apre una nuova sezione dedicata ai modi di comportarsi del principe con i sudditi e con gli amici, e Machiavelli sente il bisogno di ripensare ai fondamenti della sua costruzione. Lo scrittore ha una chiara consapevolezza della propria originalitа, sa di allontanarsi radicalmente da tutta la tradizione del pensiero politico precedente. Non vuole mettere una costruzione puramente teorica, ma fornire un’opera militante. Innanzitutto Machiavelli delimita il campo della nuova scienza, distinguendolo da altri ambiti dell’azione umana. Questa distinzione и la premessa essenziale per un operare scientifico. Il campo della politica и dal pensatore distinto primariamente da quello morale. Machiavelli afferma che una stessa azione puт essere valutata a seconda di due metri di misura: o in base al criterio morale, fondato sulla distinzione tra bene e male, o in base al criterio politico, fondato sulla distinzione tra utile e danno. Questi sono criteri tra loro autonomi. Alla base di questa rigorosa distinzione tra politica e morale e dell’affermazione dell’autonomia delle due sfere vi и un sostanziale pessimismo sulla natura umana, la convinzione che gli uomini siano malvagi. la seconda grande conquista del Machiavelli riguarda il metodo di indagine operativa. Egli afferma con molto vigore il suo proposito di partire dall’esperienza, dalla realtа cosм com’и.

T21. In questo capitolo Machiavelli affronta direttamente il problema che и a fondamento di tutta l’opera, il rapporto tra la virtщ e la fortuna. Lo scrittore non teorizza in astratto il problema, ma lo tratta in relazione ad una specifica situazione politica, quella italiana del ‘cinquecento. Anche questo capitolo prende avvio da una contrapposizione polemica nei confronti di concezioni largamente dominanti: in Machiavelli c’и sempre un’estrema consapevolezza della propria originalitа, e una vigorosa affermazione di essa. Egli fa riferimento alla convinzione comune che le cose del mondo siano regolate dalla fortuna e da Dio in modo tale che gli uomini non hanno modo di intervenire e constata che da tale convinzione deriva un atteggiamento fatalistico, rassegnato e passivo, poichй ritenendo che non vi sia alcun margine per la loro azione, gli uomini rinunciano a lottare contro la fortuna, vedendola come una forza invincibile, e si lasciano governare da essa. Machiavelli osserva che questo atteggiamento и divenuto molto diffuso negli ultimi anni e lo collega alla crisi italiana. Afferma di seguito con vigore che l’uomo conserva un margine di iniziativa nel confronto con la fortuna. Il margine consiste nel porre ripari preventivi all’azione della fortuna quando i tempi sono quieti. Da qui la famosa similitudine che paragona la fortuna a un fiume in piena e la virtщ umana agli argini. In questo capitolo Machiavelli riprende un filone tematico tipico della letteratura umanistica, a partire dal Boccaccio, l’esaltazione umana contro la fortuna. Nella seconda parte del capitolo vengono affrontati problemi piщ specifici: le ragioni per cui un principe ora abbia successo, ora vada in rovina, senza che lo si veda cambiare comportamento. La causa del fallimento и proprio nell’incapacitа di mutare la direzione del proprio operato. Poichй la fortuna и varia e mutevole, anche il principe deve saper essere duttile, flessibile, e di adattarsi a tutte le variazioni e ai cambiamenti.

T22. In quest’ultimo capitolo il Machiavelli cambia il tono del discorso: se fin dall’inizio l’andamento della trattazione era stato scientifico ed accademico, ora il tono si fa piщ brillante. Il linguaggio si fa immaginoso, tutto concentrato intorno alla personificazione dell’Italia devastata, ripresa con immagini metaforiche. In alcuni punti compaiono citazioni bibliche, trasformando lo “scienziato” in un profeta. Nulla da stupirsi se alla fine del brano compare una citazione poetica, tratta dalla “Canzone all’Italia” del Petrarca.
In questo capitolo il fervore fa passare in secondo piano il calcolo preciso delle possibilitа di una rinascita politica italiana. Tuttavia, dinanzi a una situazione di estrema decadenza egli si abbandona allo slancio volontaristico, sfidando e cercando si scuotere in tal modo quel clima di fatalismo e di scetticismo che domina nei suoi tempi. In base a queste analisi si puт quindi definire l’ultimo capitolo non un membro staccato dal corpo del trattato, ma una parte integrante, e quindi indispensabile e essenziale per la comprensione delle analisi del Machiavelli.
Anche in questo brano, sono rintracciabili i fondamenti teorici della politica. Riprendendo la teoria dell’occasione, secondo lo scrittore la condizione disperata dell’Italia, и l’occasione migliore perchй un principe nuovo prenda l’iniziativa del riscatto.

La Mandragola. Il testo letterario piщ importante del Machiavelli и una commedia, la Mandragola, che и un autentico capolavoro, senz’altro il testo piщ vivo di tutta la produzione comica cinquecentesca. Fu scritta nel 1518, a poco tempo dalla Cassaria e dai Suppositi di Ariosto, e dalla Calandria del Bibbiena. Risale al periodo in cui Machiavelli era forzatamente escluso dall’attivitа politica. Venne rappresentata nello stesso anno per le nozze di Lorenzo de’ Medici. La vicenda, che si svolge a Firenze, ricalca gli schemi propri del teatro comico del tempo: una vicenda d’amore contrastato, che si risolve felicemente grazie all’intervento di uno scaltro parassita, sul modello della commedia latina, e, intrecciata ad essa, la vicenda di uno sciocco beffato, che risale alla novellistica Boccaccesca. La comicitа del Machiavelli non и serena e distesa, ma cupa e amara. la commedia rappresenta un mondo senza luce, dove domina solo la legge dell’interesse economico, dell’astuzia e dell’inganno. Lo scrittore scaglia la sua satira e la sua polemica contro la corruzione e l’amoralitа della societа contemporanea, mentre perт ammira la virtщ di quei personaggi che sanno commisurare le azioni ai fini.

Guicciardini Francesco. Uomo politico e scrittore italiano, nato a Firenze nel 1483 e morto a Arcetri nel 1540. Di nobile famiglia fiorentina, compiuti gli studi giuridici, praticт per alcuni anni l’avvocatura. Fu ambasciatore per Firenze presso il re di Spagna nel 1511, e dal 1512, ovvero dal crollo della repubblica, servм la casata dei Medici. Durante la contesa tra l’imperatore Carlo V e i re di Francia, propose e realizzт la lega di Cognac tra la Francia, il papato e gli stati italiani. Dopo la cacciata dei Medici, Guicciardini si ritirт dalla vita politica, alla quale ritornт tre anni dopo, quando l’imperatore impose di nuovo a Firenze la signoria medicea. Nel 1537 con l’avvento al potere di Cosimo I si ritirт definitivamente a Santa Margherita in Montici, dove si dedicт alla stesura della sua opera principale, “La storia d’Italia”.
Lasciт numerose opere di carattere politico e di memorie (La relazione di Spagna, Il dialogo del reggimento di Firenze, le considerazioni intorno ai “Discorsi” del Machiavelli e numerose pagine autobiografiche). La sua fama и legata a due opere postume: I ricordi e La storia d’Italia. La prima и una raccolta pervenuta in piщ stesure di sentenze e di osservazioni di acuta introspezione psicologica, attraverso le quali egli spiega il comportamento dell’uomo politico, respingendo la possibilitа di trovare leggi e norme di validitа universale, come pretendeva Machiavelli. Per Guicciardini, l’uomo politico deve sapersi adattare con discrezione (cioи con tempestiva capacitа di scelta) agli avvenimenti che solo in apparenza si ripetono nella storia, ma sono in realtа sempre diversi nel contesto di diverse situazioni, nelle quali egli riconosce come stimolo all’azione l’interesse personale dei singoli. I Ricordi sono un testo di osservazioni ricavate dall’esperienza di uomo politico quale il Guicciardini. La storia d’Italia и una storia non piщ di Firenze sola, ma di tutta l’Italia. Essa parte dalla morte di Lorenzo de’ Medici (1492) fino alla morte di papa Clemente VII (1534), quando ormai l’Italia era stabilmente sotto il dominio degli spagnoli. Sono 20 libri di vicende turbinose e drammatiche, rivissute con l’occhio appassionato e lo spirito cosciente di chi aveva visto giorno per giorno morire la libertа del suo paese per l’insipienza di principi e l’egoismo cieco degli uomini. Con quest’opera Guicciardini si pone tra i primi grandi nomi, in Europa, di scrittori moderni di storia, modello a tutta la storiografia successiva, e tra i piщ suggestivi prosatori del Rinascimento italiano.

- Ricordi

La discrezione. E’ uno dei pensieri fondamentali del Guicciardini, che illustra completamente le basi della sua concezione. La realtа umana non obbedisce a regole assolute e generali; spiegarla in base a questi criteri significa travisarla, renderla indifferenziata e indistinta, cioи astorica. la varietа delle circostanze fa della storia il vasto campo delle distinzioni e delle eccezioni, che non si possono ridurre, se non falsificandola, a una comune e costante unitа di misura.
Il Guicciardini rifiuta la storia intesa come maestra di vita: i libri non insegnano nulla e, di fronte al carattere sempre mutevole degli eventi, conta unicamente la discrezione, ossia la capacitа di valutare i dati del reale e di scegliere, di volta in volta, le occasioni piщ opportune.
E’ evidente la polemica con il Machiavelli, che aveva cercato di interpretare la storia e la politica sulla base di categorie esemplari e di valori assoluti: ugualmente netta и la presa di distanza nei confronti del classicismo.

La corruzione del clero. Il Guicciardini riprende la polemica contro la corruzione del clero, che costituisce un motivo “topico” della tradizione letteraria. Anche il Guicciardini, non diversamente dal Machiavelli, subordina la propria fede e azione politica alle oggettive condizioni e possibilitа offertegli dalla circostanza storica. Il discorso va quindi inserito in un contesto piщ ampio, come risulta da un ricordo che non venne poi inserito nella versione definitiva: “Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte, ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna; uno vivere di repubblica bene ordinato nella cittа nostra, l’Italia liberata da tutti i barbari e liberato il mondo della tirannide di questi scellerati preti”. Assieme alle contraddizioni della storia, il Guicciardini mette a nudo le contraddizioni dell’individuo. I due momenti interagiscono qui nel giudizio della riforma protestante e su Martin Lutero, di cui l’autore condivide le ragioni, non sul piano della fede e del dogma, ma su quello della lotta contro la corruzione delle gerarchie ecclesiastiche.

Topica: ricerca di argomenti atti a dimostrare una tesi o a discutere una questione.

La fortuna. Il Guicciardini, in contrasto con le ipotesi del Machiavelli, attribuisce alla fortuna un grandissimo potere, ovvero il peso maggiore e decisivo nel determinare l’esito degli eventi. L’equilibrio cercato dal machiavelli si spezza a favore di una concezione della realtа come imprevedibile e casuale.
Proposte di lavoro sul Principe:
1) Riflettere sull’occasione che portт Machiavelli alla stesura del trattato.
Alla base della stesura del trattato vi и la particolare situazione politica ed economica italiana di quel periodo. Infatti l’Italia attraversava una crisi politica, in quanto essa non presentava quei solidi organismi statali unitari tipici delle maggiori potenze europee, e appariva frammentata in una moltitudine di stati regionali. Per Machiavelli l’unica via di uscita da quella situazione era un principe dalla straordinaria virtщ, capace di organizzare le energie che sussistevano nelle genti italiane e di contrastare l’espansionismo degli stati vicini. Partendo da questa situazione, e cercando di dare una risposta immediata ed efficace, Machiavelli elabora una teoria che aspira ad avere una portata universale, a fondarsi su leggi valide in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Tutto ciт и contenuto nel Principe, che mira quindi a fornire a un regnante tutti quei mezzi che possano consentirgli la conquista e il mantenimento dello stato.

4) Trovare i punti del testo che dimostrano come per Machiavelli la sfera della politica sia del tutto autonoma da quella morale.
Nei capitoli XV-XXIII, trattanti il comportamento modello di un principe con i sudditi e con gli amici, il Machiavelli, anzichй esibire il catalogo delle virtщ morali che sarebbero auspicabili in un regnante, va dietro alla veritа effettuale della cosa: poichй gli uomini sono malvagi, il principe, che и costretto ad agire tra di essi non puт seguire in tutto e per tutto le leggi morali, ma deve imparare anche ad essere non buono, ove le circostanze lo esigano, ossia a porre la morale in secondo piano rispetto al fine giusto da conseguire.

6) In sintesi quali sono le qualitа che secondo Machiavelli deve avere il principe “nuovo”?
Il principe deve essere duttile, ovvero sapersi adattare ad ogni situazione, il saper conformare l’azione la contesto concreto che si ha di fronte.

Dalla Riforma alla Controriforma. Con la pace di Cateаu-Cambresмs, l’Italia passa di fatto sotto il dominio spagnolo, presentando una situazione che rimarrа immutata a lungo. In questo periodo prosegue da un lato, la crisi economica, e si accentua il processo di rifeudalizzazione, che comporta l’abbandono delle attivitа economiche e il ritorno alla campagna; la corte conserva le sue caratteristiche essenziali, accentuandole in senso autoritario e burocratico. Le trasformazioni sono da imputare alla riforma protestante, destinata a dividere l’Europa e a modificarne radicalmente l’assetto politico. L’esigenza di riformare le istituzioni non era nuova e aveva giа caratterizzato la storia religiosa a partire dal medio Evo. Assai profonda risulterа la lacerazione cui darа luogo il monaco agostiniano tedesco Martin Lutero, che nell’ottobre del 1517 affisse sul portale della cattedrale di Wittemberg, un elenco di 95 tesi con le quali condannava la pratica di vendere le indulgenze da parte del clero. L’azione di Lutero, colpм ben presto gli stessi principi e dogmi della fede. Il rifiuto dell’obbedienza al pontefice и parallelo al rifiuto di ammettere il sacramento della penitenza; nello stesso modo la salvezza eterna и assicurata dalla fede e non dalle opere. Lutero auspica un rapporto diretto tra il fedele e Dio: la parola di Dio deve essere direttamente accostata al fedele tramite una lettura personale della Bibbia, la quale venne tradotta in tedesco e diffusa in larga maniera dalla recente invenzione della stampa a caratteri mobili.
Ma le ragioni della riforma non sono solamente religiose. Ad essa si accompagnano motivi di carattere politico e sociale, che esprimono l’esigenza di sottrarsi al dominio dell’impero e del clero. Per questo la riforma si diffonderа in quei paesi che presentano altre organizzazioni sociali, sia che esse siano piщ arcaiche o moderne. Il protestantesimo darа luogo ad altre correnti religiose quali il Calvinismo, fondato da Italo Calvino, che si diffuse specialmente in Svizzera, e caratterizzato per il suo rigorismo morale e religioso.
Per trovare una soluzione e dissolvere i contrasti, la Chiesa convocт il Concilio di Trento, che non riuscм comunque a ottenere i risultati auspicati. La Chiesa si accanм quindi contro gli eretici, e particolarmente contro i Calvinisti francesi, detti Ugonotti, massacrati durante la notte di San Bartolomeo. Alleatasi con l’Impero, la Chiesa rafforzт i suoi poteri e riorganizzт le sue istituzioni, dando inizio alla Controriforma.
Nel 1542 Paolo III organizzт l’Inquisizione come strumento di repressione. Con quest’istituzione si avviarono processi contro gli eretici e contro la stregoneria, compiendo atrocitа e torture.

Torquato Tasso. Nacque a Sorrento nel 1544 e morм a Roma nel 1595. Era figlio di Bernardo Tasso, letterato e poeta di nobile famiglia originaria di Bergamo che si trovava allora la servizio del principe Ferrante di Sanseverino: quando si trasferм a Napoli, fece studiare il figlio nelle scuole dei gesuiti della grande cittа campana, che era all’epoca il centro piщ importante sotto la dominazione spagnola. A dieci anni, Torquato lasciт la madre e la sorella per raggiungere il padre che, coinvolto nella disgrazia politica del principe di Sanseverino, si era stabilito a Roma. L’anno dopo la madre, Porzia de Rossi, morм senza che il figliolo potesse rivederla. Fu per lui un dolore profondo, che lasciт una traccia di inconsolabile rammarico e di grande malinconia nel suo temperamento sensibile. Intanto il padre riprese la vita errabonda di corte in corte; divenuto segretario del duca di Urbino, condusse con se il figlio, che iniziт cosм ad appena tredici anni a familiarizzare con gli ambienti cortigiani, ben accetto per la sua intelligenza e per la sua straordinaria precocitа nell’esercizio delle lettere e della poesia. Il che gli permise di avere come compagno di studi il figlio del duca, al quale si legт con una lunga amicizia, e di usufruire dei migliori maestri del tempo.
Nel 1559, raggiunse a Venezia il padre, che stava allora curando la pubblicazione del suo poema “Amadigi”; e benchй avesse appena quindici anni iniziт la stesura del poema intitolato “Gierusalemme”, destinato a divenire il tormento e la gloria della sua vita. Dal 1559 al 1565 Torquato studiт a Padova e a Bologna, interrotta la stesura del “Gierusalemme”, si dedicт a un poema cavalleresco di minori ambizioni, il “Rinaldo”, che gli permise l’accesso alla corte di Ferrara. Al servizio del cardinale Luigi d’Este e in seguito con lo stesso duca di Ferrara Alfonso II, il Tasso si dedicт ad un’intensa attivitа letteraria, culminante con la composizione di uno dei gioielli piщ puri del teatro italiano, la favola pastorale “Aminta”, e nel 1575 nel poema “Goffredo”, che riprendeva il giа interrotto “Gierusalemme” e che nel 1581, sarebbe stato pubblicato col titolo definitivo di “Gierusalemme liberata”. Il poema era appena terminato, che giа il poeta era preso da angosciosi dubbi sulla sua validitа; lo sforzo creativo, l’incertezza sulla struttura dell’opera e su di alcuni episodi, certe critiche che gli erano state mosse, la sua sensibilitа, minarono la sua salute e lo spinsero a gesti clamorosi: una sera del giugno del 1577, mentre a Ferrara, a corte, si intratteneva con la duchessa Lucrezia d’Este, scagliт un coltello contro un servo e dette in tali smanie che il duca lo fece rinchiudere nel convento di san Francesco. Fuggм pochi giorni dopo, e in seguito peregrinт a lungo per l’Italia, e a Sorrento si presentт travestito alla sorella, per annunziarle la propria morte; di nuovo a Ferrara, nel marzo del 1579, durante un ricevimento a corte, sembrando di essere male accorto, insolentм i presenti e fu di nuovo rinchiuso, questa volta, nell’ospedale di sant’Anna, dove rimase per sette anni, alternando momenti di luciditа a momenti di pazzia. Liberato per intercessione del duca di Mantova, fu a Bergamo, a Mantova, a Roma e a Napoli, inquieto e perpetuamente preoccupato per il suo capolavoro, che stava riscrivendo da capo a fondo, e di cui a Napoli portт a termine, nel 1592, la nuova stesura, da lui intitolata “Gerusalemme conquistata” che ebbe tuttavia a scarsa fortuna. Per altri due anni continuт le sue peregrinazioni, stabilendosi finalmente a Roma, dove il papa Aldobrandini gli aveva promesso il riconoscimento solenne della sua poesia con l’incoronazione in Campidoglio. Ma la cerimonia non potй aver luogo. Stanco e ammalato, il poeta si rifugiт nel monastero di sant’Onofrio sul Gianicolo, dove il 25 aprile 1595 a 51 anni morм.
La fama e la grandezza di Tasso sono legate soprattutto a due opere, l’”Aminta” e la “Gerusalemme liberata”, per l’influsso enorme che esse ebbero nello sviluppo della poesia lirica ed epica sia in Italia che in altri paesi d’Europa per almeno tre secoli. ma notevole importanza rivestono anche le opere minori: le “Rime”, tra le quali particolarmente note quelle ispirate alle passioni amorose della sua giovinezza, la tragedia “Re Torrismondo” imitata dall’Edipo re di Sofocle; il poemetto incompiuto “monte Oliveto”, in cui il poeta lamenta la vanitа delle passioni e dei beni del mondo; il poemetto “Le sette giornate del mondo creato”, in cui sono rivissute le meraviglie della creazione. Di notevole importanza sono pure le opere in prosa, come i saggi di estetica “Discorsi dell’arte poetica” e “Discorsi del poema eroico”, che sviluppano e chiariscono le sue concezioni poetiche e specialmente le ragioni e le forme dei suoi capolavori. Di alto interesse sono anche i 26 dialoghi, nei quali egli discute di svariatissimi argomenti, con minuziose e sottili argomentazioni, raggiungendo talvolta pagine commosse e ricche di affetti. Infine sono fondamentali, per intendere il suo temperamento e la tragica avventura della sua follia, le lettere, che costruiscono uno dei piщ dolorosi e vivi epistolari del XVI secolo.

L’Aminta. E’ una commedia pastorale, o favola boschereccia, come la chiamт il poeta, e prende il nome dal protagonista, il pastore Aminta. Egli ama fin dall’infanzia una ninfa, Silvia, che lo respinge anche quando egli la salva dalle furie di un satiro. Un giorno Silvia si libera a stento da un branco di lupi; Aminta crede che essa sia morta e cerca egli pure di morire gettandosi da una rupe. Silvia allora si commuove, corre da lui, lo trova vivo ai piedi della rupe, salvato da un cespuglio che aveva arrestato la caduta, e gli rivela il suo pentimento e il suo affetto. La trama и puro pretesto per intessere un gioco raffinato di sospiri d’amore, di offerte e di rifiuti, di eleganti schermaglie; e i personaggi non sono che la proiezione, in un mondo di evasione e di sogno, delle dame e dei cavalieri della corte Estense per i quali la commedia fu scritta. L’opera rappresentata la prima volta nel 1573 nell’isola di Belvedere sul Po, dove fu accolta come un capolavoro ed ebbe uno straordinario influsso su tutta la produzione teatrale e lirica dei due secoli successivi.

Il proemio dalla “Gerusalemme liberata”. Il proemio fornisce tutta una serie di preziose informazioni sulle tematiche del poema, sulla sua organizzazione interna e sui principi di poetica che lo ispirano. Il verso iniziale ci fa capire come Tasso voglia adeguarsi al modello del poema epico classico, che veniva contrapposto al modello del romanzo cavalleresco di Ariosto. Nella prima ottava, in cui и sintetizzato l’argomento del poema, si puт vedere la tematica e la struttura ideologica principale. Le due ottave seguenti, dedicate all’invocazione della Musa, contengono fondamentali indicazioni di poetica. Si nota anzitutto la volontа di conciliare il classicismo con la religione controriformista. Il poeta invoca si la Musa, come esige il classicismo, ma si affretta a precisare che non и la Musa pagana, bensм una pura allegoria dell’ispirazione che viene dal cielo al poeta cristiano. La poesia con la sua dolcezza e gradevolezza diviene veicolo di precetti ed edificanti insegnamenti. Il meraviglioso, l’amore l’avventura diventano strumenti per la diffusione di messaggi morali e religiosi.
Nella terza sezione del proemio, quella encomiastica, emerge in primo piano un’immagine che il poeta ama spesso dare di se, quella del peregrino errante, perseguitato dalla fortuna e dalla sventura. Si delinea cosм un’opposizione tra la sua esistenza errabonda e instabile e la corte, vista come rifugio sicuro, garanzia di stabilitа. L’auspicio infine della nuova crociata contro i Turchi non и solo un convenzionale motivo encomiastico, ma riflette il clima del tempo, percorso dalle paure per l’avanzata ottomana e dai desideri di rivalsa dell’occidente cristiano, e testimonia come la materia del poema sia strettamente collegata all’attualitа e agli interessi vivi nella coscienza contemporanea.

Benvenuto Cellini. Orafo e scrittore italiano, nacque a Firenze nel 1500 e morм nella stessa cittа nel 1571. Fu il piщ grande orafo del Rinascimento ma и famoso anche per avere scritto la sua autobiografia, dal titolo La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino scritta per lui medesimo in Firenze, conosciuta come La Vita. Giovanissimo, fu coinvolto in clamorose zuffe e dovette piщ volte fuggire per sottrarsi alla giustizia, finchй nel 1523 si rifugiт definitivamente a Roma. Qui lavorт per papa Clemente VII, che gli affidт fra l’altro il compito di modellare le monete per la zecca vaticana. Nel 1538, in seguito a due omicidi, ma soprattutto per l’accusa di essersi appropriato di alcuni gioielli del tesoro vaticano, fu fatto imprigionare dal papa Paolo III. Dopo un’acrobatica evasione fu ripreso e solo due anni dopo venne liberato. Si rifugiт allora in Francia presso Francesco I per il quale fece la saliera, massimo esempio dell’oreficeria rinascimentale e unica opera di oreficeria del Cellini giunta fino a noi. Nel 1545 Cellini tornт a Firenze dove il duca Cosimo I gli commissionт il Perseo della Loggia dei Lanzi. In seguito si ritirт, scrivendo la Vita e alcuni trattati, fra i quali il Trattato di oreficeria.
La Vita. E’ la cronaca di emozionanti avventure; и un rapporto di prima mano sulla Roma di Clemente VII, la Parigi di Francesco I, la Firenze di Cosimo I; ed и un autoritratto straordinariamente vivo, anche nelle spacconate. Le ingenue autoesaltazioni di Cellini rivelano infatti l’altissimo concetto si se, che fu la forza di questo grande artista ma nello stesso tempo anche il suo lato piщ vulnerabile.

Galileo Galilei. Nacque a Pisa nel 1564 da una famiglia fiorentina di nobili origini. Si dedicт in un primo momento alla medicina, presto abbandonata per la matematica e la filosofia naturale. Abbandonata l’universitа il giovane Galilei vi rientrт nel 1589 come docente di matematica, dedicandosi prevalentemente a ricerche di meccanica. A questi anni risalgono i primi tentativi di superare i presupposti tradizionali della disciplina. Nel 1592 si trasferм all’universitа di Padova, dove lavorт all’isocronismo del pendolo, al compasso geometrico e militare, e al cannocchiale, sfruttandolo appieno per scrutare le stelle. La scoperta dei quattro satelliti di Giove, delle macchie della Luna e delle fasi di Venere non contraddiceva solamente la cosmologia tradizionale, ma ne minava inesorabilmente le fondamenta, poichй risultava evidente che il modello tradizionale dell’universo non sarebbe valso a spiegare le nuove realtа rivelate dall’osservazione. Superate felicemente, grazie a Keplero, le polemiche di cui era stato oggetto, si trasferм a Firenze, presso la corte dei Medici. L’appoggio dell’Accademia romana dei Lincei non gli bastт a porre fine al conflitto apertosi con molti esponenti della chiesa, preoccupati per le conseguenze teologiche delle scoperte del Galilei; il quale decise di tradurre e di scrivere le sue opere in volgare, per garantirsi un pubblico piщ vasto. le ipotesi di Galilei implicavano il riconoscimento pieno del diritto della scienza a proseguire la sua esplorazione del mondo secondo i criteri che essa stessa avrebbe elaborato per perseguire i propri scopi nel piщ efficace dei modi. Proponeva inoltre un’interpretazione delle sacre scritture di tipo storicistico, perchй basata sull’ipotesi che esse andassero interpretate tenendo conto del livello di conoscenze raggiunte dagli autori dei libri. Nel 1615 egli fu denunciato all’Inquisizione dai domenicani: nel febbraio del 1616 la teoria copernicana del mondo fu condannata come incompatibile con la fede cristiana. L’elezione del cardinal Barberini al soglio pontificio, permise a Galilei di scrivere “Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. vecchio e malato, Galilei fu costretto a comparire di fronte al tribunale dell’inquisizione nel 1633, il quale lo costrinse a ritirare le sue teorie, e al domicilio coatto.

Dal “Discorso sull’origine della disuguaglianza” di Rousseau

La ricostruzione che Rousseau propone dell’origine dell’organizzazione sociale dei paesi “civili” implica un giudizio fondamentalmente negativo sugli esiti di questa rivoluzione. Rousseau parte dalla stessa intuizione, che abbiamo giа visto presente nei grandi scrittori del Seicento: della distanza tra apparenza e realtа, tra parola e cosa. Ma in Rousseau il presupposto si rovescia: l’uomo ha conosciuto uno stadio di sviluppo vicino alla “felicitа” proprio nel passato, in una fase della sua storia in cui era sufficientemente vicino alla natura da avere ancora ben presenti i bisogni essenziali, che questa instilla in lui, e sufficientemente evoluto da riuscire a soddisfarli. Ogni successivo avanzamento nel processo evolutivo si basa sullo sviluppo di bisogni accessori, artificiosi, che lo distraggono dall’essenziale e pongono le basi di un’organizzazione efficiente dal punto di vista produttivo, ma assolutamente alienante dal punto di vista culturale: tale cioи da privare l’uomo della percezione dei propri bisogni autentici, condannandolo quindi ad una ricerca insensata di impossibili soddisfazioni, resa ancora piщ angosciosa e perdente dall’astrattezza dei mezzi con cui l’uomo cerca di entrare in contatto con la realtа. Per Rousseau, comunque, esiste una via privilegiata, e obbligata, q questo punto dell’evoluzione storica, nella ricerca dell’autenticitа: essa consiste, ed egli la percorrerа nella successiva opera narrativa e autobiografica, nello sccavo interiore, nell’esameil puщ onesto possibile degli stati d’animo “irrazionali”, dei ricordi, delle fantasticherie: di quelle realtа interiori all’individuo che possono aprire una nuova dimensione di vita, estranea ai criteri correnti di giudizio e d’azione, perciт capace di orientare la vita di ciascuno verso mete ed esperienze rivoluzionarie nel loro cosciente e radicale anticonformismo.
le classi dominanti sono spinte alla difesa dei loro privilegi da una pretesa, del tutto infondata da un punto di vista razionale, della naturalitа del diritto di proprietа; dal principio cioи che ha snaturato l’uomo, aprendo la strada al prevalere della prevaricazione e della violenza , connaturate con uno sviluppo sociale proteso a realizzare la massima efficenza produttiva di beni superflui da destinare ai privilegiati.

Giuseppe Parini. Poeta italiano nato a Bosisio nel 1729 e morto a Milano nel 1799. Il padre lo mandт a studiare a Milano dove il giovane si fece prete per poter usufruire di una piccola rendita di una zia. Il costume del tempo non si scandalizzava davanti a compromessi del genere; e del resto Parini rimase sostanzialmente fedele per tutta la vita ai doveri della sua condizione di sacerdote. L’esordio poetico fu piuttosto scanzonato: una raccolta di poesie, stampate con lo pseudonimo di Ripano Eupilino. Ma le rime della giovinezza furono ben presto dimenticate, urgeva anche la necessita del lavoro; e il giovane prete, come molti ecclesiastici del tempo, fu precettore in alcune nobili case milanesi, come quella dei Serbelloni e degli Imbonati, trovando cosм il modo di penetrare nel mondo della nobiltа. Se questo contatto coltivт in lui la naturale attrazione verso l’eleganza, la raffinatezza, il gusto per le cose belle, dall’altro generт ben presto una dura e decisa indignazione verso una societа che godeva sfacciatamente di immensi e immeritati privilegi, senza poi esser piщ capace di svolgere un ruolo serio, di avere una qualche funzione. Parve cosм al giovane poeta che la nobiltа ormai fosse davanti a un drammatico bivio: o rinnovarsi profondamente o scomparire. Per lunghi anni egli ebbe l’illusione che fosse possibile un rinnovamento dietro la spinta dell’Illuminismo che andava sempre piщ diffondendosi. Parini partecipт a questo sforzo di rinnovamento soprattutto quando ebbe incarichi ufficiali importanti, come quello di direttore de La gazzetta di Milano, il giornale governativo della capitale lombarda. Intanto faticosamente elaborate, uscivano la prima e la seconda parte del poemetto Il Giorno, intitolate Il Mattino e Il Mezzogiorno. Nel poemetto, egli, fingendosi precettore di un nobile e immaginando di dargli norme di vita e di comportamento per tutta la giornata, in effetti attacca con sarcasmo violento l’oziosa improntitudine della gioventщ aristocratica. Il poemetto, che sarebbe stato completato con le due restanti parti, Il Vespro e la Notte, apparentemente legato alle forme eleganti e classicheggianti del XVIII secolo, in sostanza era, anche in campo letterario, una novitа che rinnovava profondamente i contenuti della nostra poesia strappando l’attenzione dalle frivolezze e guidando l’arte verso un impegno di vita assai piщ serio e innovatore.

Esempio



  


  1. Giacomo

    costruzione della La favola del piacere di Giuseppe Parini