Le lettere di Galileo

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

Voto:

1.5 (2)
Download:285
Data:13.02.2001
Numero di pagine:5
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
lettere-galileo_1.zip (Dimensione: 5.52 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_le-lettere-di-galileo.doc     26 Kb


Testo

§ LE LETTERE

Le lettere scritte da Galileo Galilei nel periodo compreso fra il 1588 e il dicembre 1641 costituiscono un epistolario di oltre 400 lettere. Tra queste, alcune erano destinate dall’autore stesso alla stampa o ad un’ampia diffusione, volendo contribuire così alla divulgazione delle sue scoperte anche tra persone meno colte e quindi fino ad ora meno interessate alle scienze. Tuttavia le più importanti sia dal punto di vista letterario che per la comprensione del suo pensiero sono le restanti, indirizzate a familiari, amici, colleghi italiani e stranieri, autorità religiose e politiche. Tra queste ricordiamo quelle scritte alla sua figlia prediletta, Suor Maria Celeste, con cui aveva instaurato un rapporto molto intenso (lui stesso la definì “donna di esquisito ingegno, singolare bontà e a me affezionatissima”); di altro genere sono quelle destinate ai suoi colleghi, scritte dopo la carcerazione ad Arcetri e che sono l’unico mezzo con il quale, eludendo la vigilanza dell’Inquisizione, poteva mantenere viva una fitta rete di relazioni intellettuali ed umane con le menti più aperte della cultura europea costruendo una sorta di corte di fisici in cui studia la causa delle maree insieme a scienziati del calibro di Christiaan Huygens, Keplero o Tyco Brahe.
Di indiscutibile valore sono infine le quattro lettere conosciute sotto il nome di “copernicane” scritte fra il 1613 e il 1615. Sono indirizzate alla classe dominante con lo scopo di dimostrare la fondatezza delle proprie teorie. In particolare una, la più lunga ed impegnata, è diretta alla granduchessa Cristina di Lorena, madre di Cosimo II, esponente quindi della nobiltà di cui cercava l’appoggio economico per continuare gli studi, mentre le altre tre sono destinate ad esponenti della Chiesa (monsignor Piero Dini e il padre benedettino Benedetto Castelli), con il dichiarato intento di convincerla che la propria posizione, e in generale quella copernicana, non mette a repentaglio né la fede cattolica né l’autorità religiosa della Chiesa stessa. Inoltre l’appoggio della Chiesa era indispensabile affinché i suoi studi potessero superare le diffidenze e le perplessità dell’ambiente in cui si trova ad agire.
Tra queste ne ricordiamo in particolare due: quella al Castelli e quella a Cristina di Lorena.
Bisogna innanzi tutto ricordare che le tesi copernicane apparivano pericolose alla Chiesa che allora pensava di dover interpretare la Bibbia letteralmente: si legge infatti in Giosuè 10,12-13: “[…] Sole, fermati su Gabaon! E tu, luna, sulla valle di Aialon! Il sole si fermò, la luna restò immobile […]”. Inoltre la Controriforma non poteva ammettere che fosse un credente qualsiasi a stabilire i principi di interpretazione della Bibbia. Galileo invece separa la scienza dalla fede. Egli dice: “l’intenzione dello Spirito Santo [è] d’insegnarci come si vadia al cielo e non come vadia il cielo”. Infatti “se gli scrittori sacri avessero avuto pensiero di persuadere al popolo le disposizione e movimenti de’corpi celesti, e che in conseguenza dovessimo noi ancora dalle Sacre Scritture apprender tal notizia, non ne avrebbon, per mio credere, trattato così poco, che è come niente in comparazione delle infinite conclusioni ammirande che in tale scienza si contengono e si dimostrano”. Invece lo studio razionale del cielo così come di tutti i fenomeni della Terra tocca agli scienziati che adopereranno il metodo empirico senza basarsi in alcun modo su quanto scritto da altri (il riferimento evidente è all’aristotelismo dominante in quei secoli): infatti scrive “mi par che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio; ed essendo di più, convenuto nelle Scritture, per accomodarsi, l’intendimento dell’universale, dire molte cose diverse, in aspetto e quanto al nudo significato delle parole, dal vero assoluto; ma all’incontro, essendo la natura inesorabile ed immutabile, e mai non trascendente i termini delle leggi impostegli, come quella che nella cura che le sue recondite ragioni e modi di operare sieno e non sieno esposti alla capacità degli uomini; pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone dinanzi agli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in dubbio, non che condannato, per luoghi della Scrittura che avessero nelle parole diverso sembiante, poiché non ogni detto della Scrittura è legato a obblighi così severi com’ogni effetto di natura, né meno eccellentemente ci si scuopre Iddio negli effetti di natura che ne’sacri detti delle Scritture”. In sintesi, le Sacre Scritture sono vere, ma non devono essere lette nel loro significato letterale, ma in modo concordante a quanto studiato dagli scienziati. Infatti, solo la scienza può darci una descrizione oggettiva e quindi vera della realtà perché descrive le qualità oggettive dei corpi, quantitative e misurabili, escludendo le qualità soggettive che sono proprie non dell’oggetto studiato ma del soggetto studiante. E’ facile capire come queste idee e più in generale il suo pensiero che intende l’attività gnoseologica dell’uomo basata esclusivamente sull’osservazione della realtà e contemporaneamente sulla sistemazione organica di questi dati attraverso l’uso della matematica (metodo induttivo) siano apparse estremamente rivoluzionarie ai suoi contemporanei. La Chiesa dopo un’iniziale approvazione delle teorie galileiane, si accorse delle contraddizioni che esse presentavano rispetto alla propria visione del mondo, così prima attraverso l’azione singola di alcuni preti, poi attraverso il Sant’Uffizio intimò a Galileo di non sostenere e insegnare più la teoria copernicana perché “stolta e assurda in filosofia e formalmente eretica” (26 febbraio 1616). Galileo, che era credente e che non voleva affatto mettersi contro la Chiesa e la religione in particolare, acconsentì e promise di ubbidire. Dopo l’elezione al soglio pontificio di Papa Urbano VIII, Galileo riprende la sua battaglia culturale, scrive “Il Saggiatore” e il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Proprio a causa di quanto scritto in quest’ultima opera, l’Inquisizione prima ne ordina la sospensione della pubblicazione e poi, il 12 aprile 1633, chiama Galileo a Roma per l’inizio del processo, che si conclude il 22 giugno con una sentenza di condanna, dopo la quale Galileo pronuncia la sua abiura.
Dopo più di un secolo, il 16 aprile 1757, la Congregazione dell’Indice decide di non inserire più i libri che insegnano il moto della terra nell’elenco dei libri proibiti. La riabilitazione ufficiale di Galileo è avvenuta nell’ottobre del 1992 con Papa Giovanni Paolo II, quando la Chiesa, dopo la revisione del processo fatto nel 1633, riconosce i “torti” fatti allo scienziato e assume sui rapporti tra scienza e fede un atteggiamento simile a quello di Galileo, pur con le dovute differenziazioni.

Esempio