Il poema cavalleresco del 1400

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura
Download:2736
Data:23.05.2001
Numero di pagine:10
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
poema-cavalleresco-1400_1.zip (Dimensione: 12.68 Kb)
trucheck.it_il-poema-cavalleresco-del-1400.doc     44.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

IL POEMA CAVALLERESCO DEL 1400

Il poema cavalleresco nacque nel XI e XII secolo in Francia con le Chansons De Geste e con la materia di Bretagna. Queste forme prendevano il nome di cantari; durante il Medioevo essi restarono una forma di letteratura popolare perché venivano cantati nelle piazze ed avevano genesi e destinazione popolari. Nel corso del Medioevo erano venuti a meno l’elemento religioso e quello epico, dove prevalevano elementi fantastici; erano storie inventate che prendevano libero spunto dalle storie reali.
All'origine si trattava di un insieme di testi raggruppabili in tre famiglie: il ciclo bretone, quello carolingio e quello classico.
ciclo bretone(racconta le imprese di re Artù, dei cavalieri della Tavola rotonda e le vicende di Tristano e Isotta: è il ciclo di Bretagna, basato su antiche leggende celtiche.
ciclo carolingio(narra le avventure di Rolando nella guerra di Carlo Magno contro i mori, e ha dunque un fondamento storico. Episodio centrale delle opere di questo secondo gruppo è l'eroica morte del paladino Orlando, capo della retroguardia dell'esercito di Carlo Magno nella gola di Roncisvalle, nei Pirenei (storicamente, il fatto avvenne nel 778).
ciclo classico(rielabora alcune leggende classiche sopravvissute in forma romanzata attraverso compilazioni greco-bizantine. Protagonisti ne sono personaggi come Enea e Alessandro Magno, e a essere raccontate sono vicende come la guerra di Troia, anche se non mancano narrazioni di impianto mitologico.
In Italia, la materia cavalleresca diede vita a una linea "bassa" e a una "alta". Da un lato si sviluppò la letteratura franco-veneta, che riprendeva soprattutto il ciclo carolingio assieme ai cantari, componimenti in volgare recitati da cantastorie. Dall'altro, e con ben maggiore consapevolezza letteraria, si sviluppò la linea che ha il suo capolavoro nell'Orlando furioso (1532) di Ludovico Ariosto. L'aveva preceduto il Morgante (1478) di Luigi Pulci, poema in ottave in cui la materia cavalleresca carolingia è un pretesto parodico, un comico rifacimento delle canzoni di gesta, funzionale all'esercizio di un linguaggio fortemente personale.
Anche l'Orlando innamorato (1495, pubblicato postumo) di Matteo Maria Boiardo adotta una lingua composita, un emiliano illustre che include espressioni popolari. Il contenuto del poema, però, questa volta è serio: aggrovigliate avventure tradiscono un'evidente nostalgia per un mondo ormai tramontato, interpretato da energici eroi guerrieri.
Ariosto riprese l'argomento del suo poema là dove Boiardo, che aveva lasciato incompiuto il suo lavoro, si era interrotto. Alcuni elementi dell'Orlando furioso sono già presenti nell'Orlando innamorato, come la dimensione magica e fiabesca, la centralità del tema dell'amore, il gusto per avventure intricate.

Differenze tra poema epico -cavalleresco
e cantari
1. I poemi vengono scritti da letterati, non sono più testi orali, ma sono scritti, sono fatti per la letteratura, quindi sono molto più elaborati.
2. Il pubblico dei poemi è cortigiano; i poemi vengono prodotti e letti a corte. Hanno genesi e destinazione d’èlite.
3. Hanno carattere enconomiastico; vengono commissionati per elogiare il signore.
I due principali poemi sono l’Orlando Innamorato di Boiardo e Il Morgante di Pulci: sono due opere molto diverse perché Il Morgante costituisce l’esito comico e sta a metà tra il poema popolare medievale e quello d’èlite rinascimentale, mentre l’Orlando Innamorato costituisce l’esito tragico e sarà l’antecedente dell’Orlando Furioso di Ariosto.

LUIGI PULCI
E’ un autore fiorentino di famiglia nobile, ma si ridusse in miseria: doveva contemporaneamente lavorare e studiare. Nel 1461 entrò a far parte della corte dei Medici, diventando amico di Lorenzo; si trasferì a Porte e svolse anche impegni diplomatici per i Medici. Per loro scrisse Il Morgante, commissionato dalla madre di Lorenzo. I rapporti con i Medici si deteriorarono e Pulci si allontanò da loro e, nell’ultima parte della sua vita, ebbe fama di miscredente; per questo venne seppellito come un eretico. Il Pulci ebbe temperamento vivace ed esuberante, portato, a cogliere il lato comico delle cose. Fu soprattutto uno spirito spregiudicato e bizzarro con un fondo però di cordialità schietta, nonostante la tristezza della sua vita.
Non ebbe una vera cultura umanistica.

Il morgante
Il Morgante è tratto dalla materia carolingia, è un poema in ottave. Il protagonista non è Orlando, ma Morgante, un musulmano convertito al Cristianesimo, diventato scudiero di Orlando. E’ un gigante che vive in modo avventuroso, usando come strumento di battaglia il battacchio di una campana. Vive in modo materiale: grandi abbuffate, bevute, bòtte. L’altro protagonista è Margutte, un mezzo gigante, miscredente ed astuto. Insieme compiono molte avventure: Morgante muore per un morso di un granchio, Margutte muore di risate perché una scimmia gli aveva rubato gli stivali.
L’opera ha una forte componente popolare. La struttura del poema non è organica, l’intreccio è dispersivo, intricato e gli episodi sono isolati.
I personaggi non sono approfonditi psicologicamente e sono statici. Dal punto di vista linguistico si ha una novità: Pulci è l’erede della poesia comico-realista e utilizza un linguaggio espressivo.
Mentre il linguaggio dei cantari medievali era standardizzato, Pulci ne utilizza uno molto differenziato. L’opera è costruita sulla parodia: Pulci vuole parodizzare il mondo di Carlo Magno mettendolo in ridicolo e contrapponendo la materia al linguaggio; tende a ribaltare la serietà del mondo epico.
Inoltre fin dall’antichità i poemi cominciavano con l’invocazione alle Muse e, nel Medioevo, con l’invocazione ai Santi. Pulci invoca Dio e i Santi in maniera parodica. Nel proemio c’è una contaminazione di due registri stilistici: popolare e comico.

L’orlando innamorato
Sommariamente il testo può essere diviso in quattro sequenze:
l’inizio con il destinatario e l’espediente del manoscritto, la descrizione della sontuosa corte reale, aperta a tutti, l’entrata in scena di Angelica e la reazione che provoca l’arrivo di questa sugli invitati, soprattutto sui paladini.
La novità che inserisce il Boiardo è quella di aver composto un’opera creando un miscuglio di elementi appartenenti al ciclo bretone ed a quello carolingio, per questo l’autore parla di cose “nove”.
Rispetto a quanto accadeva nel passato il Boiardo ha voluto dare una grande importanza all’amore facendolo addirittura diventare tema portante dell’opera, infatti il fatto che Orlando si innamori è così innovativo e degno di nota che l’autore cita proprio questo inaspettato cambiamento agli spettatori, con i quali vi è un rapporto molto diretto che si può notare in alcuni dei versi iniziali.
Altra cosa degna di nota è l’introduzione dell’artificio del manoscritto: in questo modo si fa risalire l’origine dell’opera all’arcivescovo di Reims Turpino, il quale avrebbe scritto questa storia e poi l’avrebbe nascosta con il pretesto che quelle cose sarebbero dispiaciute allo stesso Orlando.

La scena passa poi nella corte di Carlo Magno, nella quale sono presenti tutti i paladini provenienti da ogni parte del mondo e, per il fatto che quella è un’occasione speciale, vi sono addirittura i Saraceni.
Dalla descrizione del banchetto e degli invitati possono essere ritrovati tutti i valori cavallereschi ma allo stesso tempo vediamo l’entrata in scena di valori nuovi, più legati al mondo della ragione e dello studio, che tendono ad elevare l’uomo spiritualmente.
Finita questa descrizione è il momento di Angelica che entra fra quattro giganti nella sala e la bellezza che sprigiona viene subito paragonata a quella di una stella la cui luce riesce ad abbagliare ed a soverchiare le altre seppur belle dame.
Il ritorno all’ideale classico di bellezza è chiaro ed è ricorrente anche il fatto che ella, con un solo sguardo, riesca a fare innamorare anche i più duri di cuore.
L’apparenza però a volte inganna, infatti non appena Angelica rivolge la parola ad Orlando riusciamo a capire il vero intento della ragazza: indebolire le forze cristiane per far sì che Gradasso abbia via libera per poter raggiungere il suo scopo. Naturalmente la visione di Angelica turba profondamente i paladini presenti i quali, attirati dalla proposta che gli viene fatta (otterranno Angelica se batteranno suo fratello Argalia), sono ancora più attratti da così immensa bellezza.
Tutti cedono alla tentazione, persino Orlando, il quale capisce che innamorarsi non è una cosa adatta ad un tipo come lui che deve invece spendere tutta la sua vita a combattere per Dio, per il re e per la patria. Tuttavia neanche il paladino francese riesce a resistere; l’unica persona che capisce il vero intento di Angelica è Malagigi; un mago cristiano che legge nel cuore della dama e vede quali sono le sue mire.
Il Boiardo ha inoltre pensato di rendere più attuale l’opera usando alcuni elementi provenienti dall’ambiente toscano ed altri che risalgono al mondo pagano.
La godibilità del testo è dovuta anche da altri fattori tra i quali ricordiamo le figure retoriche quali l’iperbole o ancora l’ironia con la quale è trattata l’intera vicenda.

LUDOVICO ARIOSTO
Ariosto rappresenta il tipico intellettuale cortigiano del Rinascimento anche se egli critica l’ambiente della corte. Il suo rapporto con la corte è quindi duplice: da un lato l’apprezza dall’altro la critica. Questo fatto avrà poi importanti riflessi sulle sue opere.
Primogenito di dieci fratelli apparteneva ad una famiglia nobile. Il padre Niccolò era al servizio dei duchi d’Este e comandante della guarnigione di Reggio Emilia.
Ludovico intraprese i primi studi a Ferrara (dove si trasferì con la famiglia nel 1484) studiando diritto sotto l’imposizione del padre. In seguito approfondì gli studi umanistici.
Ariosto fu amico di Pietro Bembo, amicizia che lo fece avvicinare alla poesia volgare.
Nel 1497 entrò a far parte degli intellettuali stipendiati della casa d’Este, e nel 1500, a causa della morte del padre, dovette occuparsi del patrimonio familiare, di diventare tutore dei fratelli minori e di trovare marito alle sorelle.
Per far fronte alle necessità familiari dovette intraprendere cariche ufficiali fu, infatti, nel 1501 capitano della rocca di Canossa.
Nel 1503 entrò poi al servizio del cardinale Ippolito d’Este, figlio del duca Ercole1°, svolgendo gli incarichi più svariati, alcuni dei quali giudicava disonorevoli per la sua dignità di letterato. Per aumentare le entrate prese gli ordini minori diventando chierico e ottenendo così i privilegi ecclesiastici.
Intanto a Firenze aveva stretto legami con una donna sposata, Alessandra Benucci. Nel 1515 il marito morì, ma Ariosto non poté mai convivere con lei a causa del voto di celibato; la sposò comunque in segreto anni più tardi.
Nel 1516 pubblicò la prima versione dell’Orlando furioso dedicandola al cardinale Ippolito al quale non fu molto gradita.
Nel 1517 si rifiutò di seguire il cardinale Ippolito in Ungheria e passò al servizio del duca Alfonso, che, tra il 1522 e il 1525 gli affidò il governo della provincia della Garfagnana, territorio turbolento e infestato dai banditi, dove riuscì a dare prova delle sue capacità politiche.

LE SATIRE
Tra il 1517 e il 1527 Ariosto scrive sette satire in forma di lettere indirizzate a parenti e amici, il titolo si rifà al modello della satira latina in altre parole delle opere in versi.
Il termine satira è di origine greca e deriva da satura lanx che può indicare o un piatto ricolmo di diversi frutti, o un genere teatrale che inglobava in esso vari tipi di spettacolo.
La parola satira è usata come titolo di un genere letterario perché troviamo nell’opera diversi argomenti e diversi tipi di verso e di metrica.
Le sette satire di Ariosto partono da episodi personali e hanno diverse tematiche e gli episodi narrati sono esemplificati dalle favole, lo stile è discorsivo, apparentemente colloquiale, quindi uno stile della conversazione quotidiana ottenuto con espressioni e termini tratti dal parlato e con uso di metafore che si rifanno alla vita comune ma non mancano però termini più rari o del linguaggio letterario. Il tutto è elaborato in modo tale che lo stile diventa il risultato di un lungo lavoro di limatura.
Dalla satira scaturisce il desiderio di Ariosto di condurre una vita serena, tranquilla, modesta, ma indipendente da qualsiasi tipo di servitù. Questo pensiero contrastava con la condizione dell’intellettuale dell’Italia rinascimentale perché vivendo nella corte non poteva essere né completamente libero né completamente rinchiuso.
Da ciò nasce la posizione di critica nei confronti della corte che scaturisce da tutte le satire di Ariosto.
Le satire di Ariosto hanno struttura dialogica perché il poeta dialoga, al loro interno, sia con se stesso sia con i destinatari delle satire che sono suoi parenti o amici.
A volte può capitare che l’interlocutore sia immaginario; questa caratteristica insieme al racconto mitologico è usata nell’Orlando furioso che è la sua opera più grande.
Tematiche delle varie satire di Ariosto:
• La condizione dell’intellettuale cortigiano
• L’ambizione di riuscire a rendersi indipendente e condurre così una vita tranquilla dedicata agli studi e alla famiglia
• Tutti i compiti di natura pratica che gli venivano imposti dal principe che gli impedivano di dedicarsi agli studi
• La follia degli uomini (che sarà poi al centro dell’Orlando furioso) che riguardava il rincorrere da parte dell’uomo la fama, il successo, la gloria e l’avidità di potere
Rispetto a questa follia l’Ariosto è ironico e polemico e sottolinea che nella vita di corte, tutti questi valori fittizi si sostituiscono ai veri valori e impediscono di raggiungere la serenità interiore.
Le satire sono importanti per capire l’Orlando furioso perché è sempre presente un atteggiamento di riflessione e di conoscenza del reale.
Nell’Orlando furioso quest’aspetto è meno appariscente perché è velato dal fiabesco, dal meraviglioso che è descritto attraverso le avventure cavalleresche.

L’ORLANDO FURIOSO

La prima edizione formata in 40 canti e scritta nel 1515/1516 è stata revisionata nel 1521, revisione di carattere linguistico poiché l’opera conteneva troppe strutture.
Una seconda edizione è del 1521 ed è formata da 46 canti.
Infine c’è una terza versione del 1532, corretta e revisionata secondo i canoni della lingua che ha prevalso, cioè quella di Pietro Bembo che ha pubblicato le vulgari lingue nel 1532.
Questa terza edizione contiene novità nei contenuti perché Ariosto ha introdotto molti avvenimenti della storia contemporanea.
• La prima edizione usa una lingua cortigiana mentre la terza usa quella di Petrarca e Boccaccio
• La terza edizione è stata pubblicata dal figlio dell’Ariosto con l’aggiunta di cinque canti composti dal padre nel 1518/1519.

Il poema di Ariosto è epico cavalleresco, scritto in ottave e attraverso le avventure dei personaggi celebra la casa d’Este.
Il poema è dedicato ad Ippolito d’Este; lo stesso titolo “Orlando furioso” indica che sono raccontate vicende del ciclo carolingio, unite però alle avventure del ciclo bretone.
La tematica è perciò amorosa e Ariosto la integra alla tematica della follia (Orlando furioso per amore). Queste tematiche sono trattate attraverso il fiabesco e il meraviglioso.
Anche la struttura dell’opera è tipica dei poemi cavallereschi e cioè è aperta. Una struttura si dice aperta quando le vicende si snodano le une dalle altre ed è l’autore a decidere di porre fine alle avventure dei personaggi che però potrebbero continuare all’infinito.

Il suo scopo è quello di intrattenere il pubblico e i modelli cui si rifà Ariosto sono i poemi cavallereschi medievali e i cantari popolari. Nell’Orlando furioso ci sono anche reminiscenze classiche. Ariosto, in base al principio d’imitazione umanistico rinascimentale, trae per intero episodi da autori come Virgilio e Ovidio (Eneide, Metamorfosi). Il risultato è che l’opera assume un rivestimento di forme classiche che però sono rielaborate secondo la visione della vita rinascimentale. L’autore realizzando un opera originale riprende l’opera di Matteo Maria Boiardo dal punto in cui lui l’aveva interrotta.

La materia dell’Orlando furioso è la guerra tra Carlo Magno e i Saraceni (mori d’Africa); essa inizia con l’assedio di Parigi.

Nel poema dell’Ariosto abbiamo tre filoni narrativi che sono:
1) La guerra dei mori contro Carlo Magno
2) Amore di Orlando per Angelica e pazzia di Orlando (Angelica è in continua fuga ed è continuamente ricercata da Orlando che diventerà pazzo quando Angelica si sposerà con Medoro. Alla fine Orlando recupererà il senno grazie al cugino Astolfo che andrà a recuperarlo sulla Luna)
3) Storia di Ruggero e Bradomante
Il terzo filone narrativo ha carattere encomiastico perché dai due personaggi sopra citati l’Ariosto farà discendere la casa d’Este. La storia di Ruggero e Bradomante si svolge affrontando continui contrasti perché Ruggero, essendo pagano, non poteva sposare Bradomante che era cristiana per questo alla fine Ruggero si convertirà al cristianesimo.

Esempio



  


  1. Mattia

    Sto cercando un breve scrittura su poema cavalleresco a Firenze e Ferrara

  2. carlo

    un saggio breve con tutta la struttura, sul poema cavalleresco