Luigi Pirandello: cronologia della vita e pensiero

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura Italiana

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Testo

LUIGI PIRANDELLO
(1867-1936)
VITA
➢ La vita e la produzione artistica di Pirandello possono essere distinte in quattro fasi:
1. l’intellettuale: scrive racconti e il romanzo L’esclusa, lasciando le opere teatrali nel cassetto;
2. la declassazione (1903-1910): continua tuttavia a scrivere racconti;
3. il teatro (1910-1930): si ha la prevalenza di commedie;
4. la fase finale (1930-1936): Pirandello raccoglie le sue opere e scrive I giganti della montagna.
➢ Luigi Pirandello è, come anche Verga, siculo; nasce infatti nel 1867 a Girgenti (Agrigento) da una famiglia agiata e borghese (il padre possiede miniere di zolfo). Il pensiero politico del luogo in cui nasce è prevalentemente garibaldino-rinascimentale. Frequenta il liceo a Palermo e poi si iscrive alla facoltà di lettere a Roma. Dopo un bisticcio con un professore va a Bonn dove si laurea in filologia romanza. Il soggiorno tedesco è importante perché in Germania entra in contatto con i letterati romantici, i quali lo influenzeranno per quanto riguarda l’umorismo.
➢ Nel 1892 comincia a dedicarsi alla letteratura, scrivendo a Roma il romanzo L’esclusa. Riesce così a vivere di letteratura per mezzo degli assegni che il padre gli corrisponde. Si sposa intanto con una siciliana con la quale va a vivere a Roma, trovando occupazione come professore di lingua italiana all’Università. Scrive la prima commedia, Il nibbio.
➢ Nel 1903 il padre ha un crack finanziario: la sua miniera di zolfo si allaga. Questo provoca:
- la crisi psicologica della moglie di Pirandello (che diventerà ben presto pazza);
- la declassazione.
La gelosia della moglie e la condizione matrimoniale cominciano a essere sentiti da Pirandello come una trappola. Egli deve inoltre lavorare il doppio per vivere; continua quindi a fare l’insegnante e a scrivere libri, lavorando anche per il cinema e scrivendo soggetti per alcuni film. Comincia così a sentirsi un intellettuale sfruttato dalla società.
➢ Nel 1910 si occupa di teatro e fa rappresentare le commedie Lumìe di Sicilia e La morsa. Diventa così scrittore di teatro anche se non lascia del tutto perdere i racconti e la letteratura. Sempre per il teatro scrive Il piacere dell’onestà, Pensaci Giacomino, Se non così, Lì o là, Il gioco delle parti.
➢ Nel 1915 c’è la guerra: Pirandello si schiera su posizioni interventiste perché vede nella guerra la fine del Risorgimento. Stefano, il figlio, viene catturato e non riesce a riscattarlo. Le condizioni della moglie quindi peggiorano e viene ricoverata. Dietro l’umorismo di Pirandello c’è sempre il tragico così come dal tragico nasce il comico.
➢ Nel 1920 abbandona il lavoro di insegnante. Nel 1921 scrive Sei personaggi in cerca d’autore, che all’inizio non ha molto successo ma nelle ultime rappresentazioni sì. Pirandello decide quindi di dedicarsi definitivamente alle commedie abbandonando la cattedra. Nel 1925 diventa direttore del teatro d’Arte a Roma (siamo già sotto il fascismo) e si lega all’attrice Marta Abba. Il fascismo provoca in Pirandello sostanzialmente due reazioni e comportamenti:
- dapprima lo accoglie con favore perché promette ordine, legalità e non più scioperi;
- dopo il delitto Matteotti (1924) anche lui deve però aderire al regime. Sotto sotto è però un anarchico, perché vorrebbe liberarsi e rifiutare i vincoli e le imposizioni della società; segue quindi l’altro lato del fascismo, ovvero quello rivoluzionario. Ben presto si accorge però che quella del fascismo è solo una maschera che dissimula il suo carattere autoritario. Per continuare a lavorare liberamente decide comunque di non opporsi ad esso, se ne sta in disparte e lo disprezza.
➢ Così nel 1930 si allontana un po’ dal fascismo. Raccoglie le sue opere nelle Novelle per un anno e le produzioni teatrali in Maschere nude. Nel 1934 riceve il Nobel per la letteratura. Lavora molto per il cinema, il quale si propone di riprodurre alcune sue opere (come ad esempio Il fu Mattia Pascal).
➢ Nel 1936 muore d’infarto lasciando incompiuto I giganti della montagna, terminato poi dal figlio.
POETICA
➢ La poetica che sta alla base della produzione pirandelliana è unitaria.
➢ Pirandello è influenzato dai filosofi del tipo di Bergson, dai quali ricava una concezione vitalistica della vita intesa come un fluire continuo e incessante, come uno slancio vitale e un perpetuo movimento di trasformazione e di evoluzione. Ogni volta che l’uomo cerca però di bloccare questo fluire per crearsi una forma (ovvero una personalità propria) comincia a “morire” e a inaridirsi, poiché la vita non si può bloccare.
➢ Le forme nelle quali l’uomo cerca di intrappolarsi sono quindi falsità, non sono la vita ma sovrastrutture. L’uomo tende a crearsi forme e categorie che però non gli corrispondono, perché esse si configurano come maschere e personalità vuote: l’uomo crede di essere uno ma in realtà è centomila.
➢ La possibilità di capire e di vedere la realtà è per Pirandello relativa e soggettiva. Ognuno ha difatti la sua visione della realtà, che in quanto tale è personale e limitata, ognuno vede quello che vuole e che può vedere. Ogni visione è quindi diversa e gli individui non riescono a comunicare perché non hanno un a visione univoca delle cose: il proprio giudizio non sempre corrisponde con quello altrui e ciò determina l’impossibilità di comunicare. Si perviene così al relativismo dei valori.
➢ Si arriva quindi anche alla crisi della società, ma in particolare dell’intellettuale, che è declassato, e dell’individuo, che si ritrova:
- ad essere come un burattino per la meccanizzazione del lavoro e la ripetitività dei gesti portate dall’industria;
- ad essere spersonalizzato nelle metropoli, dove gli apparati burocratici rendono l’impiegato un mezzo e l’uomo di importanza infinitesimale;
- ad essere “distrutto” e soppiantato dalle concentrazioni monopolistiche e dai grandi complessi industriali che distruggono l’individualità e l’uomo stesso.
➢ Nella prima fase del Decadentismo, in seguito alla crisi del Positivismo, l’intellettuale si ritira così nell’io (nella coscienza, unico punto di riferimento) perché capisce che non si può conoscere la realtà. Solo che con Pirandello, nella seconda fase del Decadentismo, l’io è frantumato. Egli infatti critica tutti quei tentativi di bloccare la spontaneità degli individui con le convenzioni sociali e borghesi (che sono delle maschere), quali soprattutto il matrimonio ma anche il lavoro, il quale determina per gli impiegati una condizione oppressiva che rende l’uomo prigioniero di schemi e regole. L’io è frantumato perché ogni tentativo di crearsi una personalità definita (ovvero un io) fallisce. L’io, in fin dei conti, non esiste, giacché ogni tentativo di bloccare la vita e di costruire una forma ferma la vita stessa portando alla morte. Ci sono quindi due “categorie” di personaggi pirandelliani, distinguibili in base alla loro reazione di fronte a questa questione. Tali personaggi riflettono quindi anche l’atteggiamento dello stesso uomo moderno:
- ci sono quelli che non si rendono conto del problema e di non poter essere “unici”;
- ci sono quelli che comprendono il fatto che ognuno giudica in modo diverso, ovvero che non è possibile avere una visione della realtà valida per tutti. La loro prima sensazione di fronte a questa consapevolezza è prima di smarrimento e di dolore, e quindi di pessimismo. Questi personaggi capiscono bene che per l’individuo non ci sono soluzioni né vie d’uscita, che all’uomo non resta altro che tirarsi in disparte senza pretendere di cambiare le cose. Essi però iniziano con l’accettare questa condizione e dall’esterno possono ridicolizzare chi pensa di avere la verità. L’uomo è quindi un burattino, un forestiero della vita, e la vita una pupazzata. Per Pirandello, come per Verga, il cambiamento non è possibile.
➢ L’intellettuale (che ha realmente capito come stanno le cose) dall’alto della sua consapevolezza guarda gli altri con umorismo, ovvero con pietà (comica) ma anche con irrisione. Dietro l’umorismo pirandelliano c’è però sempre una parte di tragico (ovvero di pessimismo), come anche dal tragico si intravede e nasce il comico.
➢ La poetica pirandelliana è quindi basata sul relativismo conoscitivo e sul soggettivismo (il reale è frammentato e multiforme, non ci sono comprensioni complessive perché la realtà è frantumata). Mentre però i decadenti affermavano che oltre la frantumazione della realtà è possibile ritrovare nelle cose stesse la vera essenza, Pirandello ritiene che, oltre questa frantumazione, non sia possibile nessuna unità e nessuna ricerca della vera essenza. Inoltre l’epifania, ovvero il momento di ispirazione divina che fa congiungere con l’Assoluto, mentre per i decadenti è possibile per Pirandello non lo è più. Pirandello comincia quindi a prendere le distanze dal Decadentismo. Chi accetterà invece la macchina della modernità saranno i futuristi.
➢ Il pessimismo nasce dalla crisi dell’individuo che nel mondo moderno si ritrova senza personalità e senza un’interiorità su cui possa contare.
➢ La poetica dell’umorismo, che traduce la visione di Pirandello circa la vita, si ritrova in un saggio del 1908, intitolato appunto L’umorismo, il quale si divide in due parti:
- la parte storica, ovvero dell’arte umoristica;
- la parte teorica, nella quale esplica la teoria sull’umorismo. Un’opera d’arte nasce dal libero movimento interiore ed è quindi essa stessa espressione del movimento. L’artista quando compone solitamente non riflette ma usa i sentimenti. Non c’è quindi riflessione perché essa si traduce in sentimento. L’umorista usa però la riflessione perché gli permette di scomporre e analizzare anche i sentimenti (cfr. l’esempio della vecchietta). L’arte umorista non si limita ad evidenziare il paradosso (ovvero l’avvertimento del contrario) ma cerca di spiegarlo, andando in fondo al comportamento umano. Infatti l’artista cerca di capire con la riflessione perché una persona si comporta in un certo modo e quindi indaga sui sentimenti. Nell’artista nasce perciò anche la pietà.
Per Pirandello l’arte è sempre accompagnata dalla consapevolezza di sé; essa non è inoltre armonica ma stridente (fuori di chiave) e pluriprospettica perché evidenzia l’aspetto contraddittorio e paradossale della realtà, una realtà che essa riproduce fedelmente. L’arte tende quindi a scomporre e non a ricomporre perché mette in evidenza le sue assurdità (antinomie).
OPERE
➢ La variegata produzione pirandelliana comprende poesie, novelle, romanzi e opere teatrali.
Poesie
Pirandello comincia a scrivere poesie dall’età di 16 anni, pubblicandole anche in raccolte. In esse rifiuta i metodi narrativi moderni (futurismo e simbolismo) e recupera uno stile classico (che subisce l’influenza di Carducci). Nelle ultime raccolte (Fuori di chiave) si sente l’ironia.
Novelle
Pirandello scrive molto per pubblicare e quindi per guadagnare. Alla fine ipotizza una raccolta di Novelle per un anno, composta inizialmente di 24 volumi anche se ne scrive solamente 14.
Mentre Boccaccio ha e dà un’idea chiara del mondo (raccogliendo le novelle e unendole con la cornice), dalle novelle di Pirandello (che non sono collegate fra loro) si capisce che nella realtà domina il caso.
Il modo descritto da Pirandello nelle novelle non è un mondo deterministico e fa vedere le combinazioni più assurde, il paradosso e il caso; in esse non c’è determinismo naturalistico. Viene invece evidenziato il fluire indistinto di stati d’animo in continuo mutamento ed è analizzata la psiche umana che viene caricata per evidenziare e dimostrare l’esistenza delle maschere.
La raccolta Novelle per un anno comprende:
- novelle siciliane (che possono ricordare quelle di Verga perché ambientate in Sicilia);
- novelle cittadine (ambientate a Roma e in ambiente piccolo-borghese);
➢ Novelle siciliane (Ciaula e la luna).
E’ la storia di un caruso (l’aiutante del minatore), che di giorno lavora e la sera va a casa. L’ambiente è quindi lo stesso di quello di Rosso Malpelo, ovvero la cava; stesso è anche l’atteggiamento duro nei confronti dello sfruttamento dei minatori. Nonostante ciò è molto diversa dalle novelle verghiane:
- non c’è la regressione (il narratore è lucido, distaccato e critico);
- non c’è la descrizione minuziosa dell’ambiente o meglio: c’è sì descrizione ma essa è deformata. Infatti i casi che Pirandello tratta sono paradossali (è come se in un caso solo si avessero tutte le anomalie del mondo);
- c’è la riscoperta di archetipi e di miti, che acquistano un significato simbolico (la miniera è metafora del mondo, del ventre materno e l’uscita di Ciaula da essa è come una nuova nascita);
- mentre Malpelo è consapevole della lotta per la vita Ciaula è più istintivo e spontaneo e non è conscio della sua situazione.
Questa è quindi una novella che interpreta i miti popolari (ad esempio quello della miniera come rinascita) e che critica una società che imprigiona in forme convenzionali il flusso della vita.
➢ Novelle cittadine.
Non sono novelle naturaliste. In esse Pirandello critica le convenzioni sociali come la trappola del matrimonio. Fa parte di queste Treno fischiato, nel quale l’autore critica nuovamente il lavoro, la famiglia e le convenzioni borghesi e dove non c’è soluzione: o la fuga o la follia.
Romanzi
➢ L’esclusa.
Cominciata nel 1893 all’inizio doveva chiamarsi Marta Ajala. E’ la storia (ambientata in Sicilia) di una donna ingiustamente accusata di adulterio dal marito e riammessa in casa solo dopo essersi dichiarata colpevole. L’ambiente è arcaico e provinciale, la situazione è assurda e paradossale e il fatto – che sottolinea ancora una volta l’aspetto paradossale della vita umana – è inconsistente, è solo una convinzione soggettiva del marito, perché lei non è adultera. All’inizio Pirandello parte con moduli che ricordano il naturalismo. Il narratore è infatti in terza persona e focalizza sulla protagonista; qui però il fatto non sussiste e non è vero. La struttura è a chiasmo e sottolinea l’assurdo.
➢ Il turno.
E’ la storia di un innamorato che deve aspettare il suo turno per sposare la donna che ama. La situazione è giocata sul comico e sul bizzarro.
➢ Il fu Mattia Pascal.
E’un romanzo particolare e diverso dagli altri, pubblicato nel 1904 sulla rivista Nuova antologia.
Trama. Il protagonista è Mattia Pascal, un giovane che vive in un paese della Liguria in una famiglia benestante. Morto il padre eredita una grossa fortuna e prende un amministratore, il quale ruba tutti i suoi averi. Si ritrova quindi improvvisamente povero e per vendicarsi mette in cinta la nipote dell’amministratore, ritrovandosi a doverla sposare. Il matrimonio risulta evidentemente infelice. Deve lavorare (perché non ha più beni) e fa il bibliotecario di paese. Pensa di andarsene in America, molla la sua vita, fa una puntatina in casinò e inaspettatamente vince un’alta somma (esempio del dominio incontrollato del caso). Ritorna così al paese ma scopre di essere morto, dato che moglie e suocera lo hanno riconosciuto in un cadavere annegato. Scoprendo che è morto si scopre anche liberato dalla forma e grazie alla fortuna accumulata viaggia. E’ finalmente contento. Ben presto però sente la solitudine perché non riesce ad avere più rapporti sociali (egli infatti non è più nessuno). Si inventa così una personalità (identità), Adriano Meis, ma è ancora legato alla forma e alle convenzioni. A Roma va a pensione da una famiglia, si innamora della figlia del proprietario ma non può sposarsi perché non è nessuno: questa forma invece di aiutarlo lo ostacola! Si inventa così un suicidio e ritorna in paese cercando di riconquistare la vecchia identità ma la moglie si è intanto sposata con un altro e ha anche una figlia. Lui quindi non è più neanche Mattia Pascal. Decide così di vivere rinchiuso nella biblioteca del paese come forestiero della vita, scrivendo appunto della sua vita. Mattia alla fine si chiede chi sia e, a questa domanda, non riesce a trovare risposte.
Temi. Nel romanzo si ritrovano alcuni temi tipicamente pirandelliani come:
- le istituzioni e le convenzioni sociali che bloccano il fluire della vita (la famiglia, il lavoro e lo stesso nome come trappole);
- la critica all’identità individuale (le persone che noi crediamo di essere sono solamente maschere che nascondono tutto un fluire di sentimenti e di emozioni);
- il bisogno di estraniarsi dalla vita senza imporsi ruoli, compiti e scopi;
- l’assenza di alcun disegno e destino provvidenziale (il caso domina);
Mattia da un lato è contento e prova euforia mentre dall’altro si sente escluso perché percepisce di non avere più alcun ruolo. Il romanzo è quindi da un lato drammatico (la tragedia della solitudine) ma dall’altro comico (ad esempio quando Mattia è creduto morto).
Forma narrativa.
- La forma è autodiegetica, ovvero in prima persona (Pascal rintanato in biblioteca narra della sua vicenda): il punto di vista è quindi inattendibile.
- Mattia è sia narratore (ovvero interviene) che personaggio (non interviene): questa dicotomia sottolinea l’imprevedibilità degli eventi (il lettore scopre le cose di volta in volta).
- Nell’età moderna non è possibile scrivere un romanzo: non è possibile cioè trasferire nel romanzo una verità di fatto e assoluta. Quello di Pirandello è un romanzo nato solo per distrazione.
➢ I vecchi e i giovani (pubbl. 1909).
In questo romanzo Pirandello torna ad un impianto tradizionale eterodiegetico e storico-naturalistico (ricorda infatti i romanzi di De Roberto).
Trama. La vicenda si svolge in Sicilia al tempo dei fasci siciliani e dello scandalo della Banca Romana. C’è un contrasto fra la vecchia generazione e la nuova generazione. La prima lotta con Garibaldi e rimane delusa dopo le lotte e dopo la corruzione della Banca; il suo modello è il vecchio Cosmo Laurentano. La seconda è smarrita: i giovani non sanno come comportarsi e cosa fare. Il modello per loro è il giovane socialista Lando Laurentano, che dopo la repressione di una rivolta delude le speranze dei giovani che lo avevano esaltato a modello di vita.
Temi.
- Pirandello non propone soluzioni. Cosmo Laurentano si configura come il tipico filosofo pirandelliano, il quale afferma che gli ideali e le rivolte non sono delle illusioni.
- In questo romanzo emerge il disincantamento di fronte al teatrino della vita e la visione disincantata di essa.
➢ Suo marito (1911).
E’ ambientato a Roma. Silvia è una scrittrice di provincia che sposa Giustino, un materialista che gestisce il patrimonio economico. I due non s’intendono: fra loro c’è un’incomunicabilità di fondo. Alla fine i due romperanno. Il tema è appunto quello dell’incomunicabilità fra le persone.
➢ Si gira (1915).
Il titolo viene cambiato nel 1925 in I quaderni di Serafino Gubbio operatore. In questo romanzo si ritorna all’impianto autodiegetico (è Serafino stesso che racconta la sua storia).
Temi.
- Il protagonista ha capito che la vita è illusione.
- La pellicola blocca la forma (le scene): la macchina da presa diventa quindi metafora del distacco contemplativo di Serafino. Mentre di fronte alla machina Pascoli si ritirava nel nido e D’annunzio invece la esaltava (con il mito del volo), Pirandello afferma che la cinepresa meccanizza e imprigiona il movimento vitale.
- Pirandello critica anche la mercificazione dell’arte.
- Serafino diventa muto dopo lo Shock causato da una scena che stava riprendendo: egli è quindi come il letterato che non può reinterpretare e comunicare la realtà.
- c’è un misto di tragico, di comico e di effetto di straniamento, dato dall’assurdità della vicenda e dal fatto che sotto l’aspetto comico c’è la sofferenza vera.
➢ Uno, nessuno e centomila (1925).
Riprende il tema della crisi dell’individualità e dell’esistenza già affrontato nel Mattia Pascal. Ogni individuo crede di avere una personalità ma in realtà non è nessuno, perché non è possibile bloccare il fluire della vita. Inoltre è anche centomila, perchè ognuno lo vede in modo diverso.
Trama. Il protagonista è Vitangelo Moscarda, che scopre per caso di avere un naso lungo, quando invece pensava di avercelo bello. Egli crede inoltre di avere un certo carattere ma gli altri lo reputano in modo diverso (ovvero un usuraio, anche se egli in realtà lavora in banca). Questo stravolge tutto il suo modo di vivere, vende la banca, fa costruire un ospizio dove si fa ospitare, rinuncia a tutte le forme (marito) e anche al nome, lasciandosi vivere senza condizionamenti di forma (Pascal invece non rinuncia proprio a tutte le forme, che in seguito recupera).
Temi e forma narrativa.
- Il tema principale è quello della crisi dell’individualità, infatti il romanzo termina con questo irrazionalismo misticheggiante.
- La crisi investe anche la logica narrativa, che si avvicina alla forma dell’Ulisse di Joyce: non c’è più trama, infatti buona parte del romanzo è un monologo del protagonista che si esprime con un fluire magmatico di stati d’animo, di elucubrazioni interiori e con gesti folli e inconsulti. - La forma narrativa riproduce l’andare convulso dei pensieri del protagonista.
- Egli si rivolge sempre a un tu immaginario.
- Nella seconda parte del romanzo si intravede una sorta di intreccio.
Teatro
Pirandello nel 1910 fa rappresentare a Roma Il nibbio, scritto anni prima, con il nome Se non così.
Dal 1916 comincia ad occuparsi veramente e solamente di teatro scrivendo commedie e anche testi in dialetto siciliano (Il berretto a sonagli, Lì o là, Pensaci Giacomino, La giara, Lumìe di Sicilia)
Quando Pirandello comincia a scrivere teatro i drammi sono di tipo naturalistico-borghese (parlavano cioè della famiglia, dei tradimenti, dei problemi economici, etc.). E’ un teatro che si basa sulla verosimiglianza, nel quale lo spettatore si identifica, ma anche sulla psicologia dei personaggi. Pirandello parte da questo tipo di teatro ma poi stravolge questa situazione esasperandola e portandola alle estreme conseguenze.
➢ Pensaci Giacomino.
E’ il primo dramma. Un vecchio professore, mai sposato, si sposa solamente quando va in pensione e con una giovinetta, mettendo perciò in conto le corna (con Giacomino), anzi sollecitandole. Il tema è l’esasperazione del tradimento.
➢ Così è (se vi pare).
Il sig. Ponza tiene relegata in una casa di periferia la moglie senza farla vedere alla suocera, che va ad accusarlo dai carabinieri. Ponza dice però alla suocera che la figlia di lei (sua moglie) è morta e che quella che tiene relegata è un’altra. Alla fine la verità non si scopre perchè la donna dice: “Io sono colei che mi si crede”. Il tema è quello del relativismo conoscitivo assoluto (non si può pretendere di conoscere la verità).
➢ Il piacere dell’onestà.
Un poveraccio fallito accetta di sposare una donna incinta per dare un padre al nascituro. In realtà poi vuole fare il padre fino in fondo, e non solo “per finta”. L’intento di Pirandello, con questo dramma, è quello di smascherare l’ipocrisia borghese che combina intrighi per nascondere la verità.
➢ Il gioco delle parti.
Leone Gala vive separato dalla moglie che se la fa con l’amante e viene sfidato a duello da uno che ha offeso la moglie in pubblico. Prima Leone accetta il combattimento poi, visto che la moglie lo tradisce, invita l’amante a battersi per la sua donna. Con questo dramma Pirandello fa vedere l’assurdità delle convenzioni sociali. Inoltre sconvolge:
- la verosimiglianza dei fatti (il mondo è stravolto, parodico e assurdo);
- le psicologie dei personaggi (non coerenti, sdoppiati, contraddittori, irrigiditi nella forma, sembrano quasi marionette;
- il linguaggio (convulso, pieno di esclamazioni e d’interruzioni, agitato).
Tutti questi sconvolgimenti impediscono l’immedesimazione e l’identificazione emotiva degli spettatori ma solamente la riflessione. Con questo teatro Pirandello si avvicina al teatro del grottesco (che fa parte del teatro dell’assurdo, affermatosi a partire dal 1916), che è l’equivalente della poetica dell’umorismo: il comico e il tragico sono legati e si presentano come le due facce della stessa medaglia (sotto il tragico c’è il comico e viceversa).
➢ Sei personaggi in cerca di autore (1921).
E’ il dramma più assurdo, quello che sconvolge definitivamente il confine tra platea e palcoscenico, tra spettatori e attori, e quindi tra realtà e finzione; fa infatti parte dei drammi meta-teatrali (si fa teatro discutendo sul teatro), ovvero dell’assurdo.
Il sipario è già alzato e la rappresentazione inizia con dei protagonisti che si stanno esercitando perchè devono recitare Il gioco delle parti. Entrano dal fondo della sala sei personaggi (padre, madre, figliastra, bambina, giovinetta, figlio) e chiedono agli attori se sono disposti ad interpretare il dramma della loro vita, perchè vogliono essere sbloccati dalla forma nella quale sono imprigionati. Gli attori accettano. Inizia quindi la storia della famiglia. Il padre scopre che la moglie lo tradisce, e lei mette su famiglia con l’amante che intanto muore. La moglie va quindi a lavorare in un atelier e la figlia di lei si prostituisce. Il padre va nell’atelier e sta quasi per avere un rapporto con la figliastra, che stava aiutando la madre col lavoro, ma viene fermato dall’ex moglie. Alla fine il figlio si spara e la bambina più piccola annega. I personaggi non si riconoscono però nell’interpretazione degli attori. C’è quindi:
- incomunicabilità, ovvero l’impossibilità di rappresentare una commedia (e il teatro stesso), la quale diventa meta-teatrale: non si riesce più a fare una parte che rappresenti il dramma di altri;
- un rapporto realtà-finzione ribaltato;
- il conflitto tra forma e vita.
Sono presenti anche diverse critiche:
- alla letteratura drammatica;
- alla pratica scenica (a come si comportano gli attori, che interpretano e recitano a modo loro);
- al teatro stesso che pretende di rappresentare la realtà, che tradisce il pensiero dell’autore e non segue il suo reale progetto.
Per Pirandello bisognerebbe quindi tornare al teatro delle maschere.
➢ Ciascuno a suo modo.
Parla del conflitto tra attori e pubblico (che irrompe sulla scena).
➢ Questa sera si recita a soggetto.
Tratta del conflitto fra regista e attori (che non vogliono fare quello che lui dice).
➢ Enrico IV.
Durante una festa in maschera questo personaggio, vestito appunto da Enrico IV, cade da cavallo e impazzisce, pensando di essere veramente Enrico IV. Tutti quindi lo assecondano ma ad un certo punto un dottore cerca di curarlo con uno psico-dramma, al fine di farlo tornare come prima; vuole quindi farlo incontrare con la figlia (Frida) della sua amante (Matilde), la quale assomiglia tanto alla madre. Intanto lui però ritorna in sé ma continua la sua mascherata come un rifugio dalla realtà. Laddove però gli presentano la ragazza vuole di nuovo la sua vita e quando arriva l’amante di Matilde lo ammazza.
Enrico IV se da un lato ama la maschera dall’altro vuole la vita. Ciò nonostante alla fine decide di continuare a essere Enrico IV, soprattutto perchè ha ammazzato un uomo. Egli ha quindi paura della vita e delle responsabilità, è ambivalente e incarna l’uomo del Novecento, il quale non è più maturo. Il dramma contiene anche una scena interna, nella quale il protagonista, credendo di essere Enrico IV, costringe gli altri a recitare.
Pirandello continua a scrivere teatro per guadagnare: compone opere simili alle ultime ma più noiose e meno interessanti.
L’ULTIMO PIRANDELLO
➢ Già col pirandellismo si ha una ripetizione stanca degli stessi temi. Al posto dell’umorismo (nelle novelle) e del grottesco (nel teatro) si ha una poetica irrazionale e misticheggiante.
➢ Se prima non c’era unità ora Pirandello va alla ricerca di valori al di là: sembra infatti tornare alle poetiche del Decadentismo con quella che si potrebbe definire una “involuzione”. Nel primo Novecento ci sono poi le avanguardie e col fascismo si ha un ritorno all’ordine e l’arte acquisisce un valore simbolico e mitico.
➢ Dimostrazione di questa nuova poetica sono i drammi teatrali:
- Lazzaro;
- I giganti della montagna;
- Nuova Colonia.
➢ L’avvenuto cambiamento si nota sopprattutto:
- nell’ambientazione. L’atmosfera è ora mitica e simbolica e i luoghi diventano leggendari. In Nuova Colonia c’è un’isola dove si rifugia un gruppo di contrabbandieri per creare una società utopica. In Lazzaro c’è una campagna che si configura come un’isola felice. Nei Giganti c’è una villa dove il mago Cotrone fa incantesimi;
- nelle azioni, che non sono più quotidiane (come tradimenti, matrimoni, etc.) ma anche fantastiche.
I giganti della montagna
➢ Parla di un’attrice che vorrebbe portare l’arte e il messaggio estetico fra gli uomini e rappresentare così la favola del figlio cambiato. Il pubblico però rifiuta l’arte e lei chiede aiuto al mago Cotrone, il quale la dissuade e le consiglia di andare dai giganti. Sennonché tutti gli attori e anche lei stessa vengono sbranati dai servi dei giganti. Il dramma viene ultimato dal figlio di Pirandello secondo gli appunti lasciati dal padre.
➢ Il racconto assume un forte significato simbolico secondo il quale:
- i giganti rappresenterebbero il potere, ovvero il fascismo, col risultato che l’arte, se vuole sopravvivere, deve adeguarsi e chiedere aiuto al potere;
- i servi dei giganti raffigurerebbero i gerarchi fascisti, servi del potere.
➢ Da ciò Pirandello si pone il problema del rapporto tra arte e potere. Secondo lui l’artista deve rinunciare al rapporto col pubblico e chiudersi finalmente nella sua arte, di fronte ad un pubblico che non lo capisce e che non vuole capirlo.
➢ In questo periodo Pirandello scrive inoltre le novelle raccolte negli ultimi libri di Novelle per un anno, come:
- Berecche e la guerra;
- I piedi nell’erba, che tratta del ritorno alla natura;
- Una giornata.
Sono novelle nelle quali Pirandello scava nell’inconscio dei personaggi e affronta temi come la morte e la meccanizzazione della società moderna.
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