Il romanticismo inglese

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Il romanticismo inglese
Fu innanzitutto in Inghilterra che l’aggettivo “romantico” (romantic) trovò un fertile terreno. Esso veniva usato nella seconda metà del Seicento per denominare, in senso spregiativo, i temi e le atmosfere di certi romanzi cavallereschi. Infatti, in contrapposizione col gusto dominante (che amava l’ordine, la concretezza, la scientificità e il razionalismo), questi romanzi riportavano storie incredibili, imprese inverosimili, avventure ai limiti dell’immaginazione e della fantasia. Di conseguenza veniva poi definito sprezzantemente romantico tutto ciò che appariva irrazionale e prodotto da una sregolata fantasia.
Nel corso del Settecento, però, si ebbe una lenta ma inesorabile trasformazione del gusto: non solo molti intellettuali cominciarono a prendere le distanze (per stanchezza o per sfiducia) dai miti della scienza e della ragione, ma iniziarono anche ad
• apprezzare le antiche saghe popolari e i vecchi romanzi cavallereschi
• a riconoscere l’importanza della fantasia nell’arte
• ad amare quei luoghi, quei paesaggi, quelle atmosfere (cimiteri, paludi, castelli abbandonati, rovine, montagne solitarie, foreste selvagge...) particolarmente adatte a stimolare l’immaginazione e a regalare suggestioni spesso irrazionali e misteriose (oggi parleremmo di immagini che fanno appello all’inconscio).
L’aggettivo romantico, quindi, cominciò a designare (questa volta in senso positivo) tali tendenze.

Ufficialmente il Romanticismo si impone (come movimento consapevole e programmatico) dopo il 1798. In tale anno, infatti, William Wordsworth e S. T. Coleridge pubblicano le Lyrical Ballads. Nella prefazione (che è però del 1801) i due autori affermano che la poesia non può essere niente altro che espressione del sentimento (“la buona poesia è spontaneo traboccare di forti emozioni”); essi pertanto manifestano l’intenzione di rinnovare la poesia stessa, sia nella forma (il linguaggio deve essere semplice, spontaneo, vicino al quotidiano) che nei contenuti. Già in questa prima raccolta emersero le due direzioni lungo le quali la loro poesia si sarebbe sviluppata in futuro: la predilezione per soggetti semplici e quotidiani in Wordsworth; le suggestioni esotiche e fantastiche in Coleridge, ben esemplificate dalla Ballata del vecchio marinaio. Per Wordsworth, i temi di maggiore interesse rimasero quelli collegati a paesaggi naturali e personaggi umili, tratteggiati con affettuosa adesione. Centrali nella sua poetica sono le idee della mistica vicinanza tra la natura e l'animo umano e della ricchezza spirituale che l'uomo attinge dal suo rapporto con gli oggetti della creazione divina. L'opposizione ai criteri neoclassici si rivela non solo nella naturalezza con cui l'esperienza viene a costituire la materia principale della poesia, ma anche nella scelta di uno stile e di un linguaggio poetico semplici e immediati. Altrettanto lontana dall'estetica neoclassica è la poesia di Coleridge, che, pur privilegiando atmosfere misteriose, ricercate e irreali, raggiunse in poemi come Kubla Khan e Christabel una straordinaria forza nell'espressione delle sensazioni.
Il libro fu considerato un vero e proprio manifesto ed un’intera generazione di giovani poeti si ispirò ai due sensibili autori, soprattutto a Coleridge le cui liriche si svolgono su una trama di sogni e di incantesimi che travolgono la volontà e la razionalità dei protagonisti in un’atmosfera incantata e surreale. Si impose così la tendenza romantica al contatto intenso con la natura, all’evasione nel sogno, alla creazione di atmosfere esotiche e fiabesche. Insomma: molti intellettuali, spaventati dall’imporsi sempre più rapido e caotico della industrializzazione, ossessionati dalle metropoli fumose e disumane si volgevano alla natura per cercarvi rifugio e protezione. Altri, altrettanto delusi dal presente, si sentivano in conflitto con la società: assumevano atteggiamenti da eroe-ribelle e/o cercavano di evadere con fughe nello spazio (=> amore per l’esotico, per le mitiche terre lontane non ancora contaminate dalla civiltà e dalla ragione), nel tempo (=> amore per le epoche lontane, soprattutto per il Medioevo barbaro e cristiano) nel sogno e nei paradisi artificiali (non di rado alcool e droga). Le poesie trasudano quasi sempre un’aria di malinconia, tristezza, abbandono, chiusura in se stessi, angoscia... tanto che alcuni critici parlano di un vero e proprio “male del secolo”, tipico del romanticismo inglese di inizio secolo, ma anche di molti altri intellettuali europei, soprattutto nordici.
La reazione all'urbanismo e all'industrializzazione portò i poeti ad esplorare la natura, vista come un essere vivente, non più statica ma in movimento. In una visione panteistica, la natura rappresentava l'espressione di Dio nell'universo, la fonte di ispirazione ed il mezzo per trovare veri valori morali. Le descrizioni dei paesaggi, minute e dettagliate, non rappresentavano però sempre la realtà, ma cambiavano a seconda dei sentimenti dell'autore. L'immaginazione, caratteristica fondamentale del periodo, poneva il poeta come mediatore tra l'uomo e la natura. I romantici inglesi crearono opere di grande valore nelle quali, implicitamente, erano presupposte le nuove concezioni letterarie basate sugli ideali di libertà politiche e morali conseguenti alla Rivoluzione Francese.

Gli autori romantici inglesi vengono generalmente divisi in due diverse generazioni : una che concerne la fine del 1700, e un'altra che è vissuta nella prima metà del 1800. Della prima fanno parte Wordsworth, legato al concetto di epifania (intesa come riflessione profonda stimolata inaspettatamente da un fatto prosaico e quotidiano), Coleridge, poeta generalmente definito onirico a causa dell'atmosfera suscitata dalle sue opere, nelle quali sembra di essere in un sogno, e Blake, poeta visionario, che vedeva nella natura dei simboli che si qualificavano come chiavi di lettura di una realtà oltre quella fenotipo. I poeti della prima generazione, detti anche Lake poets, si occuparono soprattutto di teorizzare e sperimentare la nuova poesia piuttosto che esprimere se stessi. Della seconda generazione si possono definire poeti come John Keats, un nostalgico dell'era classica, Byron, il prototipo del poeta ribelle ed esule, e Shelley, che aveva molto caro il tema della libertà (basti pensare al titolo di una sua opera : Prometeo liberato). La tendenza di questi fu quella di non esprimere nelle proprie poesia i propri animi inquieti, scossi dalla Rivoluzione Francese, che aveva accesso in loro una nuova percezione della libertà. Essi,pur essendo inglesi,sentivano un rifiuto per la loro terra: Ribellione è la parola chiave di questi poeti, specialmente in Byron e Shelley.
Soprattutto al passato si ispirò invece Walter Scott, poeta che godette di immensa popolarità tra i suoi contemporanei prima che la grandezza di Wordsworth fosse pienamente riconosciuta. Romantico per il senso della storia, per l'innato gusto del pittoresco e la sua esplorazione del passato medievale, Scott è oggi più famoso come prosatore che come autore di poemi epico-lirici ispirati alle tradizioni scozzesi, fra cui La donna del lago (1810).

Diversamente da Wordsworth, Coleridge e Scott, una seconda generazione di poeti romantici mantenne inalterato lo spirito rivoluzionario. George Byron è una delle figure più rappresentative della ribellione contro le convenzioni sociali. Sia nella sua tempestosa vita personale, sia in poemi come Il pellegrinaggio di Aroldo (1812) e Don Giovanni (1818-1824), rivelò con ineguagliabile pathos e pungente ironia i sentimenti profondi di una grande anima imprigionata in un mondo mediocre.
L'altro grande poeta rivoluzionario fu Percy Bysshe Shelley, nella cui opera permangono l'idealismo e l'anelito alla libertà morale e politica degli altri romantici. Insofferente alla tirannia dei governanti, alle ingiustizie sociali e ai pregiudizi umani, era anche convinto che l'intrinseca bontà degli individui sarebbe riuscita a debellare il male dando vita a un regno eterno di amore trascendente. È in Prometeo liberato (1820) che questi temi trovano completa espressione, anche se le più alte qualità poetiche di Shelley si rivelano in poesie come Ode al vento dell'Occidente (1819), A un'allodola (1829) e l'elegia Adonais (1821), scritta per Keats, il più giovane dei grandi romantici.
Autore di odi e poemi narrativi che sono tra le più perfette e suggestive espressioni del romanticismo inglese, John Keats non ebbe né il tempo né l'inclinazione per elaborare un sistema filosofico, morale o sociale. Scrisse tra il 1818 e il 1821, gli ultimi anni della sua breve vita, raggiungendo in poesie come La vigilia di Sant'Agnese, Su un'urna greca e A un usignolo un'ineguagliabile profondità nel percepire e rappresentare l'immediatezza delle sensazioni. Di tutti i romantici, fu Keats a influire maggiormente sui poeti vittoriani nella seconda metà del secolo.

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