Campi Flegrei

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Categoria:Geografia

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Testo

CAMPI FLEGREI
Regione geografica della Campania, che si estende per circa 200 km2 immediatamente a ovest di Napoli, attorno al golfo di Pozzuoli; è formata da una serie di rilievi vulcanici dell'Antiappennino, che culminano nel monte Camaldoli (458 m). Il paesaggio si presenta come un'irregolare successione di basse colline e conche crateriche, che a volte ospitano piccoli laghi; la morfologia è assai complessa, dato l'intersecarsi l'uno nell'altro di vari apparati vulcanici. L'attività esplosiva, iniziata addirittura verso la fine dell'era terziaria (o cenozoica), è continuata sino ad epoca recente, con l'eruzione per lo più di ceneri e lapilli (molto modesta è stata l'emissione di lave); continua tuttora soprattutto con emissioni di fumi bollenti (anidride carbonica, vapore acqueo, idrogeno solforato) e ribollimenti di fanghi ad altissima temperatura. I fenomeni sono particolarmente vistosi nella solfatara, presso Pozzuoli; suggestivo è anche il lago d'Averno, così chiamato perché gli antichi ritenevano che costituisse l'ingresso al regno dei morti, cioè appunto l'Averno.
Miti e culti legati all'oltretomba e a fenomeni magici furono associati nei secoli passati ai Campi Flegrei, il cui nome deriva dal termine greco phlegraios, che significa "ardente". A Cuma, vivace colonia greca poi altrettanto importante centro romano, trovava sede il più famoso oracolo, la Sibilla. Il clima mite e la straordinaria fertilità dei suoli resero nell'antichità tutta la regione dei Campi Flegrei un'area di intenso popolamento e di fiorente agricoltura; oltre ai citati Cuma e Pozzuoli, centri di particolare notorietà si trovavano a Bacoli, di fondazione greca, a Baia, celebre per le sue terme e residenza di vari imperatori romani, e a Miseno, sul promontorio omonimo, che in epoca romana fu il più munito porto militare sul mar Tirreno. Anche le acque termali di Agnano erano famose già nell'antichità.
Divenuta un'immensa palude malarica in epoca medievale, la regione si spopolò; la bonifica territoriale, avviata alla fine del Settecento e potenziata nel corso del Novecento, ha trasformato l'intero comprensorio che oggi è molto popolato e la cui economia poggia sulla sua originaria vocazione, l'ortofrutticoltura, praticata in forme straordinariamente intensive. Un'altra risorsa di rilievo è il turismo balneare e culturale, quest'ultimo sostenuto dalla grande ricchezza archeologica della zona. La straordinaria fertilità dei terreni consente una vegetazione estremamente rigogliosa, anche se l'ambiente naturale è stato quasi tutto trasformato dall'uomo, e vigneti e orti hanno sostituito la macchia mediterranea e i boschi originari (soprattutto castagneti).
La solfatara di Pozzuoli

Caratterizzata da continue esplosioni e da emissioni di fango, vapori e gas a temperature superiori ai 100° C, la solfatara di Pozzuoli rappresenta uno dei più vistosi fenomeni di attività vulcanica nei Campi Flegrei. Il brano della Guida Rossa Napoli e dintorni del Touring Club Italiano ne descrive dettagliatamente le caratteristiche.

La solfatara di Pozzuoli, il Forum Vulcani degli antichi, cratere di un vulcano allo stato quiescente, costituisce l’esempio classico dei vulcani durante la fase detta appunto di solfatara.

È la località dei Campi Flegrei che presenta i fenomeni più vistosi di attività vulcanica, riscontrandovisi tutti i fenomeni inerenti ai vulcani quiescenti: zolfo, solfuri, arseniuri, ecc.; sorgenti di anidride carbonica (mofete) e di acqua minerale; getti di fango caldo (vulcanetti di fango). Il cratere è di forma ellittica (l’asse maggiore misura circa 770 metri; il minore 580; il perimetro superiore è di circa 2,3 km; il fondo è a 92 metri) e appartiene, come il cratere di Agnano, al 3° periodo eruttivo dei Flegrei. Le pareti sono formate da tufi e conglomerati vulcanici trachiandesitici e da masse di trachite. La massa maggiore s’innalza a sud a costituire la Punta sud della Solfatara e il principio della corrente lavica del Monte Olíbano. Secondo alcuni studiosi, nel 1198 si ebbe alla Solfatara una eruzione che però, molto probabilmente, potrebbe corrispondere solo a un incremento, sia pur vistoso, della normale attività fumarolica.
Si entra per una apertura tagliata nella parete ovest. Per il viale delle Acacie si arriva a un piano completamente arido, nel quale si aprono parecchie fumarole, e corrispondente al lago fangoso della Solfatara, prosciugatosi naturalmente tra il 1500 e il 1770. In questa zona si produssero a varie riprese (1874, 1898, 1907, 1910, 1913, 1970), in seguito a piogge, sprofondamenti (pseudo-vulcanetti) generalmente imbutiformi e profondi pochi metri, che proiettano il fango bollente e si chiudono durante la stagione secca. Il vulcanetto (fanghiera) che si osserva attualmente corrisponde press’a poco a quello apertosi il 28 gennaio 1913 e ha una temperatura inferiore ai 100°. Percuotendo il terreno si sente un rumore di vuoto, che in realtà non esiste, perché a 10 metri di profondità (ove sono state misurate temperature fino a 109°) è uno strato sufficientemente duro e difficile a essere perforato; il suono di vuoto è dovuto alla disgregazione operata dai gas e dai vapori delle fumarole.
Si passa alla Piccola Solfatara, alla base della colata lavica del Monte Olíbano; essa con le continue esplosioni riproduce in piccolo i fenomeni avvenuti in passato in tutti i Flegrei. L’ultima esplosione avvenne il 21 aprile 1921 formando la grande fumarola, i cui vapori uscivano con forte sibilo a 143,5° e ora hanno circa 98°.
A circa 150 metri, a tergo di una casetta (antico osservatorio), è la Bocca Grande, ove negli ultimi tempi la temperatura più alta è stata di 162,5°, la massima dei Flegrei. Oltre alle svariate sublimazioni, depositate dai gas, interessante osservare il fenomeno della condensazione del vapore acqueo che si determina in presenza di una fiamma (anche di un cartoccio incendiato). Il vapore soprassaturo si condensa in goccioline e appare come nube, se trova delle particelle (nuclei di condensazione) su cui depositarsi. Funzionano da nuclei di condensazione alcuni germi nonché gli ioni. Le fiamme (come i raggi solari ultravioletti, i raggi Röntgen e le scariche elettriche) producono la ionizzazione dell’aria e l’immissione di particelle solide provenienti dal fumo; la presenza di questi nuovi germi determina una più abbondante condensazione. I vapori e i gas uscenti con forte sibilo dalla Bocca Grande danno alla sabbia un movimento di saltellamento. A qualche metro dalla Bocca Grande, tra le varie fumarole ve n’è una che emette solo anidride carbonica. Dalla Bocca Grande verso nord, prima di imboccare il viale delle Acacie, si passa accanto alle Stufe, costruzione racchiudente alcune fumarole a 98°, e alla Pietra Spaccata, fumarola pure a 98°. Qui ebbero luogo le prime esplosioni che formarono la Solfatara, e in essa fino al XV secolo si notava la massima attività, che andò poi spostandosi verso la Bocca Grande e ora tende a portarsi verso la Piccola Solfatara.

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