Nicola Cusano

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

- Nicola Cusano -
LA VITA
Nicola Cusano (1401 – 1464) é di origini tedesche, sebbene dal nome sembrerebbe essere italiano a tutti gli effetti: nel Rinascimento vi era la tendenza a latinizzare i nomi e il nome Cusano deriva dalla sua città natale (Kues). La precisazione geografica nel caso di Cusano é piuttosto importante perché lui, pur essendo influenzato dall'Umanesimo, viaggiando assiduamente per tutta l'Europa per via delle importanti cariche che ricopriva, risente assai del pensiero scolastico: la Germania è, infatti, una realtà periferica nel '400, dove l'Umanesimo si sviluppa più lentamente e con minore profondità.
Ciò che va rilevato della sua vita é il gran numero di cariche ricoperte, sia in campo politico sia in campo ecclesiastico; si occupò non solo della teologia vera e propria, ma anche dell'andamento della Chiesa e del suo potere.
Due episodi della sua vita risultano particolarmente interessanti: fu coinvolto dalle vicende del conciliarismo, ossia di quella teoria sviluppatasi nella prima metà del '400; dopo la parentesi trecentesca della cattività avignonese, dei papi e degli anti – papi il concilio dei vescovi aveva rivendicato a sé l'autorità della Chiesa; la tesi conciliarista era questa: la Chiesa non é fatta dal papa, ma dall'assemblea dei vescovi; l’opinione che si opponeva a questa era quella curialista, che vedeva il potere concentrato nelle mani del papa e che, alla fine, prevalse sulla posizione conciliarista. Cusano fu coinvolto da questa battaglia ideologica e a distanza di pochi anni assunse, probabilmente anche per interessi personali, ambedue le posizioni: prima sostenne l'autorità del concilio, poi quella del papa.
Il secondo episodio fondamentale della vita di Cusano fu il viaggio in Oriente; in questo periodo Costantinopoli vive la minaccia dei Turchi, tant'é che nel 1453 cadrà in loro potere. L'Oriente, nel momento in cui si accorse del pericolo della minaccia turca, cercò un accordo con la Chiesa d'Occidente per poter godere di un aiuto politico, e così per qualche anno si ebbe un’unificazione della Chiesa orientale con quella occidentale. Cusano ebbe a che fare con queste vicende e della sua personalità emerse una grande tolleranza per tutte le fedi; in alcune sue note autobiografiche racconta che nel viaggio di ritorno ebbe l'intuizione del concetto della dotta ignoranza, che é la base della sua filosofia. Cusano fu la massima personalità filosofica del suo periodo e fu fortemente influenzato dai dotti bizantini.
La sua filosofia è indirizzata in campo teologico e mistico ed egli contribuì alla rinascita del platonismo in Italia nella sua accezione neoplatonica, occupandosi, in particolare, di matematica, scienza speculativa in grado di fornire strumenti simbolici con cui rappresentare il punto più nascosto e più intimo della realtà.
LA TOLLERANZA
Cusano, nei confronti delle altre fedi, mostra grande tolleranza e per spiegare ciò che intende immagina che Dio abbia convocato al suo cospetto saggi appartenenti a diverse culture e fedi per trovare una pace della fede. Cusano é pienamente consapevole che la divisione delle varie religioni ha provocato molti lutti e molte guerre religiose, come le crociate; tuttavia, egli non ha di fronte a sé il problema della Riforma, che si proporrà anni dopo. Al cospetto di Dio ci sono ebrei, cristiani e musulmani, ma il discorso può essere esteso anche alle guerre interne allo stesso mondo cristiano, che avverranno successivamente. Dio li invita perché possano trovare un accordo; un percorso verso di esso può suggerirlo il concetto di fede: a parlare nel dialogo immaginario c'é anche san Paolo che rivendica il nucleo della salvezza proprio nella fede.
In questo contesto intellettuale, Cusano inizia ad avanzare sue ipotesi: é effettivamente la fede a dare la salvezza, ma egli della fede fa un utilizzo erasmiano; la fede non porta per Cusano alla spada, come sarà per Lutero, ma alla tolleranza, come dirà Erasmo.
Cusano sostiene che in fondo in tutte le tre religioni c'é l'idea di fede, che può essere vista come nucleo comune; queste tre religioni sono imparentate tra loro poiché il cristianesimo e l'islamismo sono figlie dell'ebraismo. Tutte e tre sono monoteistiche e quindi prevedono la credenza in un unico Dio: é assurdo dividersi, secondo Cusano, nei vari modi in cui si adora Dio perché nessuno può sapere quale sia il modo giusto di adorarlo; non si può criticare un'altra religione per come adora Dio non sapendo come effettivamente vada adorato.
E poi, secondo Cusano, la pluralità delle religioni é positiva perché può creare uno spirito emulativo reciproco dove ciascuna religione cerca di superare le altre nell'adorare Dio: é come se l'esistenza di più religioni desse adito ad una gara a chi più adora Dio.
Sullo sfondo di questa concezione c'é un'idea tipicamente di Cusano: per lui l’infinito, l'assoluto, in ultima istanza Dio, non é mai pienamente attingibile. Il concetto di dotta ignoranza vuol sottolineare l'inattingibilità da parte dell'uomo dell'assoluto: il rapporto tra la nostra conoscenza e Dio (l'assoluto) é lo stesso che si instaura tra un poligono inscritto e la circonferenza alla quale é inscritto; il poligono e la circonferenza, per definizione, non saranno mai uguali; tuttavia man mano che si moltiplicano i lati del poligono ci si avvicina sempre di più alla circonferenza. Così l'uomo può avvicinarsi sempre di più a Dio senza mai raggiungerlo definitivamente.
Questo modo di pensare é sotteso alla tolleranza di Cusano: pur convinto che il cristianesimo di tutte e tre sia la religione migliore, Cusano sostiene che nessun punto di vista non potrà mai esaurire l’essenza di Dio e darne un'immagine giusta; la pluralità delle fedi aumenta la conoscibilità di Dio, quasi come se moltiplicasse i lati del poligono. Se ci fosse una religione che da sola cogliesse l'intera essenza di Dio allora le altre sarebbero erronee e da scartare, ma visto che non é così allora la pluralità delle fedi, ossia i più punti di vista che si hanno di Dio, diventano una ricchezza: é come se si moltiplicassero i lati del poligono, ci si avvicina sempre di più a Dio.
Di fatto, secondo Cusano, l'essenza di Dio, nella sua inesauribilità e ineffabilità (riprendendo Plotino) potrebbe essere colta solo se Dio fosse visto da un’infinità di punti di vista, cosa che però é inattuabile. Cusano non usa questa metafora, ma é come se vedesse Dio sotto forma di sfera: da qualsiasi punto di vista la osserviamo abbiamo una corretta visuale, ma non completa; se siamo in due e sommiamo le nostre visuali, che sono entrambe corrette, la visuale complessiva risulterà maggiore; se ipoteticamente potessimo moltiplicare all'infinito i punti di vista avremmo una visuale completa di Dio; quindi, quante più religioni ci sono, tanti più punti di vista su Dio (tutti corretti) si hanno.
CONCILIARISMO E CURIALISMO
L'idea di tolleranza non é solo un'idea di tolleranza religiosa, ossia un puro e semplice buonismo, ma dipende dallo stesso impianto generale della filosofia di Cusano. Un discorso analogo vale per le tesi con cui difende, prima, il conciliarismo e con cui lo attacca, dopo.
La distinzione che Cusano effettua in primo luogo é tra presiedere il concilio e presiedere nel concilio; il papa non presiede il concilio, ma nel concilio, il che é diverso; per arrivare a questa conclusione Cusano si serve delle parole di Cristo in persona, rivolte ai discepoli: "Ogni volta che vi ritrovate in nome mio, io sono lì presente". Quindi, il concilio, ossia l’assemblea di tutti i fedeli, quando si riunisce in nome di Dio, é come se fosse presieduto da Dio stesso.
Secondo Cusano, il Papa presiede nel consiglio, ha cioè un ruolo di coordinamento, di dare attuazione alle delibere, di primus inter pares, ma non ha assolutamente funzione di comando.
Filosoficamente più interessante é l'argomentazione di cui Cusano si serve per dimostrare contro il conciliarismo: il papa compendia la Chiesa; con il papa é come se fosse lì presente tutta la Chiesa riunita in un punto solo. Cusano parla di Chiesa complicata nel papa, ossia piegata insieme. La Chiesa, invece, é la sua esplicazione.
Quest'idea deriva a Cusano da Platone e dai neoplatonici: vi é rapporto tra il bene in sé e le cose che da lui derivano e la Chiesa altro non é che lo sviluppo del papa. Questo rapporto di complicazione (papa) – esplicazione (Chiesa) non va letto in chiave aristotelica, quanto piuttosto in chiave platonica; infatti, Cusano prende da Aristotele i concetti di potenza (il papa, la complicazione) e atto (la Chiesa, l'esplicazione), però per lui l'atto non é superiore alla potenza, ma, viceversa, la potenza (il papa) é superiore all'atto (la Chiesa), riprendendo il rapporto platonico tra bene e realtà: il bene in Platone era una complicazione della realtà, però si trovava ad un livello superiore ad essa. Il papa risulta essere superiore alla Chiesa e, di conseguenza, anche al concilio.
LA DOTTA IGNORANZA
Il testo più importante e dove meglio emerge l'intera filosofia di Cusano é la dotta ignoranza, concetto che dice aver avuto nel viaggio di ritorno dall'Oriente; dice che questo concetto non é propriamente suo, ma che l' ha elaborato e ripreso da altri filosofi più antichi. Il concetto di dotta ignoranza si richiama a Socrate, il quale affermava so di non sapere, e ad Agostino.
Cusano con la dotta ignoranza non intende evidenziare qualcosa di negativo, ossia il non sapere di per sé, quanto piuttosto sottolineare l'aspetto positivo di questo non saper, riprendendo in questo senso lo scetticismo: il fatto di non sapere diventa stimolo a sforzarsi di sapere.
Alla base di questo ragionamento stanno due presupposti:
o presupposto aristotelico: l'uomo per sua natura tende alla conoscenza e questa tensione non può che essere soddisfatta; Aristotele sottolineava che l'uomo prova piacere nel provare sensazioni conoscitive e che per nulla al mondo si priverebbe degli organi che gli consentono di provarle; il sapere é naturale e proprio in quanto naturale tende ad essere soddisfatto;
o presupposto platonico (e più generalmente neoplatonico): Cusano ragiona su cosa sia la conoscenza: la conoscenza consiste nell'instaurare rapporti di proporzione tra quello che già conosciamo e quello che non conosciamo ancora; ogni nuova conoscenza va collegata, confrontata e proporzionata alle precedenti. Questo ridurre tutto a rapporti quantitativi porta Cusano a conclusioni ulteriori: se é vero che ogni conoscere é proporzionare, si arriva a concludere che l'assoluto, il massimo, come lo chiama Cusano, che in ultima istanza é Dio, non sarà mai pienamente conoscibile perché matematicamente non c'é rapporto tra il finito e l'infinito. Il nostro intelletto e le nostre conoscenze sono indubbiamente finite, ma Dio, l'infinito, é assolutamente incommensurabile rispetto alle cose finite: ne risulta che Dio (l'infinito) non sarà mai pienamente conoscibile.
Ma il discorso di Cusano si fa ancora più scettico nel momento in cui arriva a dire che non solo non possiamo conoscere la natura di Dio, ma non possiamo neanche conoscere le cose finite perché anche il rapporto tra cose finite tenderà sempre ad essere infinito: il rapporto con le cose da conoscere, tramite le proporzioni, sarà sempre più preciso, ma non potrò mai arrivare ad una conoscenza assoluta. È come con il poligono inscritto alla circonferenza e la circonferenza stessa: il poligono (ossia la nostra conoscenza) e la circonferenza (gli oggetti della conoscenza) potranno essere sempre più vicini man mano che moltiplico i lati del poligono, ma non arriveranno mai a coincidere totalmente perché il poligono i lati li ha finiti, ma la circonferenza li ha infiniti: mi posso avvicinare sempre di più nella conoscenza di una cosa senza però mai conoscerla effettivamente.
Per capire meglio questo concetto occorre prendere in considerazione il De coniecturis di Cusano: la conoscenza, secondo Cusano, consisterebbe nell'elaborare una serie di congetture, ossia nell'avanzare ipotesi che si avvicino il più possibile alla realtà presa in esame; le congetture non saranno mai effettivamente adeguate alla realtà. Potrò fare sempre nuove congetture che si avvicineranno sempre di più all'oggetto in questione, senza però mai raggiungerlo: quindi anche per una realtà finita il processo conoscitivo finisce per essere infinito. Farò sempre nuove congetture, sempre più vicine all'oggetto, ma che tuttavia mai lo colpiranno.
I lati del poligono inscritto possono identificarsi con le congetture: infatti, proprio come i lati, io posso moltiplicarle all'infinito senza mai raggiungere ciò che mi ero proposto di raggiungere. Quindi Cusano in un primo tempo nega la conoscenza dell'infinito, ma ammette quella del finito, poi le nega ambedue: ne deriva la dotta ignoranza: é un'ignoranza, perché la conoscenza resta sempre un poligono che mai coinciderà con la circonferenza, ma é dotta perché so di non sapere, e in più quest'ignoranza, in quanto dotta, non é il punto di arrivo, ma di partenza, come testimonia il De coniecturis, che fa vedere più che la dotta ignoranza, il lato positivo: potrò fare sempre nuove congetture e avvicinarmi alla conoscenza, senza mai raggiungerla. Quindi i due presupposti, aristotelico e platonico sono compatibili.
Secondo Cusano il fondamento della conoscenza non può esser rappresentato dalla sfera della sensibilità, ma la sensibilità può al massimo rappresentare una sorta di sintomo psicologico che richiede poi un’ulteriore ricerca dell’intelletto. Si chiede come sia possibile giungere alla conoscenza della sapienza divina che si presenta con caratteri di assolutezza e di in finitezza, se la mente umana è finita e contingente. Solo i simboli matematici presentando una sintesi degli opposti possono aiutare l’uomo ad accostarsi alla realtà divina.
In ultima istanza, potremmo paragonare la dotta ignoranza all'eros di Platone: é qualcosa che sta a metà strada tra il non sapere e il sapere, e che quindi diventa stimolo per una ricerca continua.
LA TEOLOGIA NEGATIVA
La caccia della sapienza é uno degli ultimi scritti di Cusano e, in esso, l'autore paragona l'attività del filosofo ad una caccia le cui prede sono rappresentate dalle varie forme del sapere. Una preda che però sfugge sempre é la conoscenza di Dio, al quale ci si può accostare solo per via negativa. Si tratta di un concetto analogo a quello della dotta ignoranza: Cusano riprende la teologia negativa di Plotino; l'uomo non sa come Dio sia e quindi l'unico modo che ha per definirlo consiste nel dire non cosa é, ma cosa non è; é impossibile conoscere un Dio talmente grande che non c'é alcun limite alla sua grandezza.
Quella di Cusano é una riflessione teologica e quindi l'obiettivo sarà Dio, che in termini filosofici lui chiama l'assoluto, o il massimo, inteso in termini anselmiani, come ciò di cui nulla si può pensare di maggiore, il massimo.
LA COINCIDENZA DEGLI OPPOSTI
La dotta ignoranza può farci cogliere la coincidentia oppositorum , ossia la coincidenza degli opposti: nella realtà assoluta cose che nella realtà finita sono opposte possano convivere insieme e coincidere; già Plotino parlando dell'Uno, dove coincide tutta la realtà, ammette la coincidenza degli opposti.
La dotta ignoranza può arrivare a far cogliere questo aspetto e Cusano, per spiegare ciò, si serve di metafore matematico – geometriche: il poligono e il cerchio sono usati per dimostrare che dei concetti di per sé contradditori, portati alle estreme conseguenze, non sono più contradditori, ossia che cose contraddittorie nel finito non lo sono più nell'infinito. Esempio tipico é quello del cerchio e del poligono, due realtà che si escludono a vicenda perché uno ha a che fare con la linea retta, l'altro con la curva. Curva e retta sono concetti inconciliabili e contradditori; ma se portiamo all'infinito i lati del poligono otteniamo esattamente una linea curva; fin quando rimaniamo nell'ambito del finito sarà sempre un poligono, ma quando entriamo nell'ambito dell'infinito, diventa una circonferenza.
Il metodo di Cusano é fatto di tre livelli:
o enuncio una verità geometrico – matematica riguardante il finito;
o la estendo all'infinito
o con le nuove verità paradossali riguardanti l'infinito interpreto le verità metafisiche del massimo.
L'infinità matematica é puramente spaziale, quella divina no; Dio é ciò di cui nulla si può pensare di maggiore, non solo in termini spaziali, ma anche in termini qualitativi.
L'altra metafora é di tipo aritmetico e riguarda il concetto di massimo; fa notare che anche solo riferendoci al concetto di massimo vale quanto detto sulla coincidenza degli opposti: qui si vede meglio il passaggio da quantitativo a qualitativo; sia massimamente piccolo sia massimamente grande sono due manifestazioni del massimo opposte nell'ambito del finito; ma se passiamo al piano infinito piccolo e grande coincidono nel concetto stesso di massimo, massimamente piccolo e massimamente grande: si unificano nel concetto di massimo.
IL RAPPORTO TRA DIO E IL MONDO
Problema fondamentale in Cusano é il rapporto tra Dio e il mondo: Cusano deve fare attenzione a non scivolare nel panteismo; il neoplatonismo con la metafora della sorgente e dell'acqua faceva notare che il legame Dio – mondo creato é indisgiungibile; Cusano deve trovare qualcosa che distingua Dio dal mondo creato, cioè giustificare nella concezione neoplatonica la distinzione tra creato e creatore: egli si serve dei concetti di complicazione, esplicazione e contrazione.
Cusano usa tale rapporto per descrivere il rapporto tra Dio e il mondo: Dio é la complicazione di ciò che sarà il mondo (oppure il mondo é l'esplicazione di ciò che é Dio). Ancora una volta si serve di una metafora per descrivere ciò che intende: il rapporto tra l'uno e i numeri; l'uno complica in sé tutto ciò che i numeri saranno in maniera esplicata: l'uno può essere visto come l'origine di tutti i numeri, sulla scia dell'antico pitagorismo che chiamava l'uno parimpari. Dall'uno derivano i numeri, nel senso che, partendo dall'unità, se aggiungo l'uno vado a due, poi aggiungo ancora l'uno e vado a tre e così via.
Come per tutte le metafore matematiche di Cusano, anche qui si parte da una verità matematica per poi arrivare a una verità metafisica: l'uno come unità rappresenta Dio.
Il rapporto di complicazione – esplicazione non va letto in termini aristotelici: Cusano fa un paragone tra il rapporto complicazione – esplicazione e quello di potenza – atto, però lo reinterpreta secondo categorie neoplatoniche. Nell'aristotelismo, la potenza era sempre subordinata all'atto: una cosa in potenza per diventare in atto ha bisogno di qualcosa già in atto. Nel rapporto esplicazione – complicazione é superiore ciò che é complicato, come emergeva a riguardo del papa e della Chiesa: il papa é superiore perché complica in sé tutte le cose.
Comunque Cusano usa espressamente la parola di derivazione aristotelica potenza, che assume un valore diverso: la potenza del Padre, nel senso che Dio ha in sé la forza ontologica. Il rapporto complicazione – esplicazione viene reinterpretato in chiave neoplatonica nel senso che nell'uno é tutto complicato ciò che si esplicherà poi nel mondo.
È implicita nel discorso la coincidenza degli opposti, caratteristica propria di Dio: in Dio non vale il principio di contraddizione che vale per le realtà materiali, finite, nel senso che tutta la molteplicità é complicata in lui; le cose diverse si riconducono nell'unità.
A questo punto dobbiamo seguire il ragionamento cusaniano che porta a dire che il mondo é un’esplicazione di Dio; ciò che in Dio é tutto complicato, nel mondo si esplica. Non dobbiamo fare l'errore di vedere il tutto in chiave aristotelica, altrimenti il mondo come atto sarebbe superiore a Dio come potenza; dobbiamo pensare nell'ottica neoplatonica, dove nell'Uno tutto é complicato e perfetto. Dobbiamo superare anche il rischio di incappare in una concezione panteistica: se dico che il mondo é esplicazione di Dio finisco per dire che Dio e il mondo siano la stessa cosa; già nel neoplatonismo in quanto tale era implicita questa sorta di panteismo: infatti, si sottolinea la trascendenza di Dio, ma tuttavia c'è anche una sorta di relazione che lega tutto ciò che esce dall'Uno all'Uno stesso.
La posizione neoplatonica è una sorta di equilibrio instabile, nel senso che c'é un elemento di ambiguità tra trascendenza e immanenza. Cusano deve porsi il problema di non scivolare nel panteismo, di segnare la divisione tra Dio e il mondo.
In fin dei conti sarà condannato dalla Chiesa come panteista, nonostante abbia provato a depurare il concetto di Dio dal panteismo: Cusano ci provò servendosi del concetto di teologia negativa, ossia quella teologia che non dice cosa Dio é, ma cosa non é. Dio é totalmente altro rispetto a tutto ciò che ci circonda: é pienamente coerente con la dotta ignoranza e con le congetture; infatti, ammettere che di Dio si può dire solo ciò che non é non significa chiudersi in una sorta di scetticismo teologico. Cusano dice che non tutte le affermazioni sono identiche, così come non tutte le negazioni lo sono: da un lato é vero che nessuna definizione di Dio lo coglierà pienamente, tuttavia le affermazioni non sono tutte identiche. Ci sono affermazioni che si avvicinano a Dio e altre che non si avvicinano.
Quando Cusano parla del massimo, dice che lo si può pensare in tre termini:
o il massimo assoluto: é Dio;
o il massimo contratto: é il mondo;
o il massimo contemporaneamente assoluto e contratto: ciò che é esplicato coincide con ciò che é contratto, ciò che é complicato coincide con ciò che é assoluto.
L’INFINITO
Per Cusano il mondo é tendenzialmente infinito come Dio. Ockham diceva che il mondo é finito, ma visto che l'onnipotenza di Dio non ha limiti, Dio avrebbe potuto farlo infinito. Quest'affermazione é di fondamentale importanza: da Aristotele in poi c'era sempre stata una difficoltà concettuale insormontabile per dimostrare l'infinitezza del mondo: era una sorta di contraddizione interna che impediva all'universo di essere infinito; i corpi muovono ai loro luoghi naturali e quindi c'é un alto e un basso assoluto, dice Aristotele, quindi c'é un centro, e se c'é un centro significa che il mondo é finito. Ockham sostiene l'onnipotenza totale di Dio: Dio può sovvertire tutte le leggi fisiche e ne sono esempio i miracoli. Non é una realtà logica la finitezza del mondo per Ockham, perché abbatterebbe ogni remora logica.
Cusano, afferma che, se Dio é una causa infinita non può che avere un effetto infinito e che ciò che Dio é in forma complicata, il mondo é lo stesso ma in forma esplicata. Tuttavia, questo rapporto é caratterizzato da una contrazione: anche ammesso che il mondo sia infinito, resta il fatto che l'infinità di Dio é diversa da quella dell'universo; ammettendo che l'universo sia infinito: le cose di cui questo infinito é fatto, però, non sono a loro volta infinite; l'universo é infinito, nel senso che é somma infinita di enti finiti; chiaramente l'infinità dell'universo é spaziale, quella di Dio é di un altro genere.
Dio é infinito tutto insieme senza differenziazioni interne, quali invece ha l'universo (gli enti finiti); vale la coincidenza degli opposti: ciò che in Dio é tutt'insieme, si dispiega nell'universo e dà vita a caratteri contrastanti; tutte le cose in Dio sono tutt'uno e quindi infinite, nell'universo, invece, diventano finite. Il massimo assoluto é Dio, il massimo contratto é l’universo, quasi come se tutto l'infinito non riuscisse a stare tutt'insieme in esso e si contraesse di volta in volta in ogni singolo essere. L'universo é un infinito di volta in volta limitato da ogni singolo essere. Il massimo assoluto e contratto insieme é la figura di Cristo perché unione di natura umana e divina; la natura umana é un aspetto del mondo contratto caratterizzata dal finito la natura divina é aspetto del massimo assoluto, che ha come caratteristica quella di essere infinito.
LA TRINITÀ
Questo discorso della contrazione, nel discorso di Cusano, ha la funzione di consentirgli di non assumere una piega panteistica e di mantenere una separazione: la contrazione depotenzia l'assoluto e crea un vero stacco. Questo rapporto, poi, Cusano l'ha formulato più volte e in vari modi e si é servito del meccanismo platonico: nel massimo contratto si trovano imitazioni imperfette di modelli presenti nel massimo assoluto; ad esempio, nel movimento, che si articola in tre momenti (punto di partenza, forma che deve essere realizzata e passaggio che lega le due cose, ossia il movimento vero e proprio) e che, come già dicevano Aristotele e Platone, é ciò che caratterizza il mondo fisico, vede che ci sono tre concetti fondamentali: materia, forma che deve assumere la materia, e movimento (passaggio da potenza ad atto).
Questo tipo di spiegazione aristotelica Cusano la rivede in chiave platonica: questo processo di moto non é altro che l'esplicazione, ossia la contrazione, nel mondo fisico, di una sorta di modello ideale presente in Dio: la Trinità; Dio padre é la potenza, Dio figlio é la forma che deve assumere e lo Spirito Santo é il movimento, l'amore che lega le prime due persone.
Tra l’intelligenza finita dell’uomo e la sapienza infinita di Dio esiste una congiunzione nella natura umana del Verbo, inteso come Figlio di Dio e Gesù Cristo. Anche l’uomo come sintesi di due sentimenti, il bene e il male, può esser considerato come sintesi di opposti o come uomo divino, in cui i caratteri divini sono comunque presenti. Se in Dio gli opposti coincidono, allora la nozione di luogo e di movimento è relativa e proprio la constatazione di tale relatività porta Cusano al rifiuto della tesi geocentrica. Non ha senso parlare di centro e di periferia dato che in Dio coincidono centro e circonferenza.
Cusano confonde il concetto di potenza come pre – atto, come potenzialità con quello di potenza come forza, potere. Dio é da interpretarsi per Cusano come idea platonica che ha presenti complicate in sé tre persone, la Trinità, ma nell'universo queste tre cose si esplicano nel movimento, in tre aspetti distinti.
Questo gli serve per dimostrare che ciò che nel massimo contratto é unificato, non presenta aspetti contrastanti, nel massimo esplicato, invece, é esplicato, non contratto. Tuttavia la Chiesa finì per cogliere in Cusano istanze panteistiche e non poté accettare le sue dottrine, nonostante egli, per non scivolare nel panteismo, ossia per non sostenere l'identificazione tra Dio e mondo, avesse spinto il neoplatonismo verso la trascendenza, a differenza di come farà Bruno.
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