MARX: Materialismo storico e Filosofia della Prassi

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Testo

KARL MARX Materialismo storico e Filosofia della Prassi
Come afferma Engels, le influenze culturali che stanno alla base del marxismo sono essenzialmente tre:
I
II
III
la filosofia classica tedesca da Hegel a Feuerbach;
l’economia politica borghese, da Smith a Ricardo;
il pensiero socialista, da Saint-Simon a Owen.
Queste influenze culturali costituiscono come le tre coordinate cartesiane entro cui si determina la genesi del marxismo:

La filosofia di Marx, infatti, trae origine proprio dall’analisi critica delle succitate correnti di pensiero, delle quali decreta, però, il definitivo superamento.
I CRITICA DELLA FILOSOFIA TEDESCA
A. -- Critica al (misticismo logico( di Hegel --
Nell’opera Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico Marx muove ad Hegel alcune obiezioni riguardanti il metodo e il pensiero politico.
1. Critica filosofico-metodologica:
Secondo Marx, il metodo di Hegel è (mistico( (=(ideologico(), in quanto nel suo sistema le realtà empiriche vengono ipostatizzate come manifestazioni necessarie dello Spirito e si pongono, quindi, come razionali e logiche.
Così le istituzioni, che sono realtà di fatto, vengono considerate verità di ragione, quasi personificazioni della realtà spirituale.
Questo perché Hegel ha capovolto il rapporto soggetto-predicato, ossia il rapporto tra realtà concrete e concetti astratti, facendo delle realtà concrete nulla più che le manifestazioni dei concetti astratti.
Marx rileva dunque la necessità di opporre, al metodo (mistico( di Hegel, un metodo(trasformativo(, atto cioè a (ri-capovolgere( ciò che l’idealismo ha capovolto.
2. Critica filosofico-politica:
Considerando (razionali( le istituzioni del suo tempo, Hegel aveva finito con il giustificarle, cosicché il suo idealismo si configurava come “conservatore” e “reazionario”.
Marx afferma che, tuttavia, il suindicato metodo (trasformativo( può valere a (demistificare( l’hegelismo anche sul piano politico. Esso, infatti, (ri-capovolgendo( i (capovolgimenti( dell’Idealismo, ricondurrebbe le istituzioni a semplici realtà di fatto (= né necessarie, né razionali), il che consentirebbe di puntare al progresso, attraverso l’abbattimento delle stesse istituzioni e, con esse, dello Stato (progressismo rivoluzionario).
In verità nella concezione hegeliana lo Stato era stato elevato ad organismo universale, mediatore di interessi particolari della società per il perseguimento del bene e dell’interesse comune. Per Hegel, infatti, lo Stato era la sintesi della famiglia e della società civile; la (realizzazione della libertà concreta(; la più alta espressione dell’Eticità razionale, il fine supremo della Storia universale.
Per Marx, invece, lo Stato è semplicemente lo strumento degli interessi particolari delle classi più forti. In particolare, lo Stato borghese è la diretta espressione della società borghese, in cui vige la logica del (bellum omnium contra omnes( di hobbesiana memoria.

B. -- Critica alla (ideologia( della Sinistra hegeliana --- e alla dottrina di Feuerbach
Nell’opera Ideologia tedesca (1846) e nelle Tesi su Feuerbach, Marx, pur riconoscendo la fondatezza della polemica anti-hegeliana della Sinistra, ne rileva il carattere puramente ideologico, in quanto la critica al sistema hegeliano è condotta dai “Giovani hegeliani” sul piano esclusivamente teorico, senza mai calarsi veramente nella concretezza storica della prassi, che sola può effettivamente trasformare il mondo.
All’Ideologia della Sinistra, che, pur tentando di rivalutare l’uomo ridotto da Hegel ad astratto momento dello Spirito, ne aveva disperso il carattere determinatamente storico, Marx oppone il “materialismo storico”, che scaturisce dall’analisi “scientifica” dell’umanità e della storia.
Alla luce della (scienza reale e positiva(, umanità e storia mostrano, al di là di ogni (mistificazione( ideologica, la loro struttura autentica:
a) l’umanità, infatti, viene a definirsi come (specie evoluta(, composta di (individui associati( che (lottano per la propria sopravvivenza(;
b) la storia viene a configurarsi, non come processo spirituale, bensì come (processo materiale( fondato sulla dialettica (bisogno-soddisfacimento( e sulla conflittualità tra le (forze produttive( nei (rapporti di produzione(.
Le (forze produttive(1 e i (rapporti di produzione(2 costituiscono come i pilastri portanti della società, della quale determinano la configurazione e l’interno dinamismo.
Le forze produttive e i rapporti di produzione costituiscono insomma la (struttura economica( della società, la quale è la (base reale su cui si eleva una “sovrastruttura” giuridica e politica(, che è data dalle leggi, dallo Stato, dalle forze politiche, dalle dottrine etiche, artistiche, religiose e filosofiche: in una parola, dalla (coscienza sociale(.
Da qui il (ri-capovolgimento( dell’Idealismo hegeliano e dell’Idelogia tedesca: (non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza”, secondo lo schema:
In particolare a Feuerbach, cui tuttavia riconosce il merito di aver teorizzato il (rovesciamento materialistico( di soggetto - predicato e di avere, così, (demistificato( la dialettica hegeliana, Marx rimprovera di aver trascurato, nella sua rivendicazione della naturalità e della concretezza dell’uomo, la sua dimensione essenzialmente storica e sociale: (l’uomo è l’insieme dei rapporti sociali(.
Pertanto, non una nuova idea filosofica può mutare il mondo, ma l’azione concreta, la (prassi rivoluzionaria(.
II CRITICA DELL’ ECONOMIA BORGHESE
Nei Manoscritti economico-filosofici (1844) Marx esamina le dottrine di economia politica borghese, che considera valide, nella misura in cui danno una compiuta descrizione analitica del sistema capitalistico.
Tale descrizione è, però, una (mistificazione(, in quanto fornisce un’immagine falsa e deformata della società borghese. Questo perché i teorici del capitalismo considerano il sistema economico borghese come l’unico che rifletta l’ordine naturale e razionale dell’Universo e lo assolutizzano, trascurandone la dimensione storico-processuale.
Anzi essi fondano le loro ricerche di economia sul principio della proprietà privata, che considerano come un dato di fatto (positivo(, un postulato inoppugnabile e certo al di là di ogni dimostrazione.
La tendenza a considerare il sistema economico al di fuori della dialettica del concreto processo storico impedisce agli economisti classici di scorgere la struttura contraddittoria del capitalismo, che si realizza come opposizione tra capitale e lavoro salariato e come conflittualità tra borghesia e proletariato.
Tale conflittualità è determinata dallo stato di (alienazione( del lavoratore.
Nel sistema capitalistico, infatti, il lavoratore è (alienato(:
a) rispetto al prodotto del suo lavoro (che non gli appartiene e va ad accrescere il capitale, cioè ciò che dà al capitalista il potere e quindi il dominio nei suoi confronti);
b) rispetto alla sua stessa natura di uomo, cioè di “essere vivente” che si distingue dagli altri animali in quanto capace di produrre in modo libero e creativo i propri mezzi di sussistenza (il lavoratore dipendente non può produrre in modo libero e creativo, né produce direttamente i propri mezzi di sussistenza);
c) rispetto al suo lavoro, nel quale si realizza come schiavo, cioè come bestia (invece che come uomo), sentendosi uomo (cioè libero) paradossalmente solo quando soddisfa i suoi bisogni bestiali (mangiare, bere, procreare);
d) rispetto agli altri, in particolare rispetto al capitalista, al quale è venduta, come una qualunque merce, la sua forza-lavoro.
III CRITICA AL SOCIALISMO DA SAINT-SIMON A OWEN
Nel Manifesto del partito comunista, redatto da Marx in collaborazione con Engels e pubblicato a Londra nel 1848, si esaminano le dottrine dei teorici del socialismo della prima metà dell’Ottocento, raggruppate in tre correnti fondamentali che sono efficacemente stigmatizzate come:
1. (Socialismo reazionario(: a tale corrente apparterrebbero quelle teorie che auspicano l’abolizione del sistema capitalistico attraverso un antistorico ritorno al passato pre-rivoluzionario, pre-borghese e pre-industriale.
2. (Socialismo borghese(: a tale corrente apparterrebbero quelle teorie che, come la dottrina di Proudhon, pretendono di (correggere( il capitalismo, senza distruggerlo e, in particolare, di eliminare i mali connessi con la proprietà, senza sradicarne l’istituto, ma semplicemente procedendo ad una più equa redistribuzione dei mezzi di produzione.
3. (Socialismo borghese(: a tale corrente apparterrebbero quelle teorie che, come quelle di Saint-Simon, Fourier e Owen, pur individuando le contraddizioni insite nel sistema capitalistico e pur avvertendo la tensione antagonistica creatasi tra la classe imprenditoriale e quella operaia, fanno appello, invece che al potenziale rivoluzionario del proletariato, alla capacità di rinnovamento, in senso umanitario e riformistico, delle stesse classi dominanti, elaborando i modelli di (utopistiche( società ideali.
A tali correnti Marx oppone la propria dottrina, che definisce (socialismo scientifico( in quanto fondato sull’analisi (scientifica( delle contraddizioni del capitalismo e della dinamica delle forze sociali in opposizione.
IV IL CAPITALE
Nell’opera Il Capitale (in tre libri, di cui il primo edito nel 1867 e gli altri due pubblicati postumi a cura di Engels), Marx si propone di (svelare la legge econimica del movimento della società moderna(.
A tal fine, Marx procede, preliminarmente, all’analisi scientifica del fenomeno (merce(.
La (merce(, secondo Marx, è definita da:
1. il (valore d’uso(, cioè dalla sua utilità in ordine al soddisfacimento di bisogni materiali o spirituali;
2. il (valore di scambio(, cioè dalla sua capacità di scambio con altra merce3.
Il (quantum( (= la misura) del valore di scambio è dato dalla (quantità di lavoro socialmente necessario( per produrre la merce.
Nel sistema capitalistico lo schema di scambio non è:
M. D. M. (MERCE ⇒ DENARO ⇒ MERCE)
bensì:
D. M. D’ (DENARO ⇒ MERCE ⇒ PIÙ DENARO)
Cioè lo scambio non è finalizzato al consumo, ma all’accumulazione di denaro, ossia all’incremento del capitale investito.
La differenza tra D’ e D (cioè tra il capitale maggiorato degli interessi e il capitale investito) è il cosiddetto (plus-valore(.
Il (plus-valore( deriva dalla differenza tra il valore prodotto dall’operaio e il salario (inferiore al valore prodotto) a lui corrisposto.
Infatti il capitalista, detentore dei mezzi di produzione, non paga il lavoro dell’operaio, ma (compra( la sua forza-lavoro, considerata alla stregua di una (merce( a sua volta soggetta alla legge della domanda e dell’offerta ((domanda( dell’industria, in termini di posti di lavoro, e (offerta( di manodopera da parte dei lavoratori) e definita dal valore di scambio (che è determinato dai mezzi minimi di sussistenza necessari perché la forza-lavoro si riproduca).
Quindi il capitalista non paga tutto il lavoro, ma solo una parte del lavoro, quella cioè che basta per riprodurre la forza-lavoro.
Il resto del lavoro, di cui approfitta il capitalista, è detto (plus-lavoro(. Infatti all’operaio si richiede un numero di ore di lavoro superiore a quello che è effettivamente ricompensato dal salario. Le ore lavorative in eccedenza costituiscono il (plus-lavoro( che determina il (plus-valore(.
Marx distingue tra:
a) (capitale costante(, cioè il capitale investito in macchinari, materie prime, etc.; e
b) (capitale variabile(, cioè i salari.
Il (saggio( del plus-valore, cioè la percentuale del plus-valore rispetto al capitale variabile investito, è dato dal rapporto tra il plus-valore e il capitale variabile:
saggio del plus-valore =
Ma il (saggio( del profitto, cioè la percentuale di guadagno rispetto a tutto il capitale investito, è dato dal rapporto tra il plus-valore e la somma del capitale costante e di quello variabile:

saggio di profitto =
Nato dalla scissione tra capitale e lavoro, il capitalismo è inoltre caratterizzato dalla più iniqua scissione tra il carattere sociale del lavoro e il carattere privato del profitto.
La “logica del profitto” induce il capitalista ad attuare ogni accorgimento per aumentare il plus-valore.
Per aumentare il plus-valore assoluto , si tende ad aumentare la giornata lavorativa (fino a 15-16 ore). Ma questo sistema ha un limite al di là del quale la capacità produttiva della forza-lavoro verrebbe meno.
Allora si ricorre al plus-valore relativo, con l’introduzione di macchine che, accelerando il ritmo produttivo, consentono all’operaio di occupare un maggior numero di ore nel plus-lavoro.
Senonché il continuo rinnovamento tecnologico produce la (caduta tendenziale( del saggio di profitto. Infatti, aumentando il capitale investito nei macchinari, il saggio di profittto, nonostante l’incremento del plus-valore, tende a scendere, in quanto, come si è detto:
Il resto del lavoro, di cui approfitta il capitalista, è detto (plus-lavoro(. Infatti all’operaio si richiede un numero di ore di lavoro superiore a quello che è effettivamente ricompensato dal salario. Le ore lavorative in eccedenza costituiscono il (plus-lavoro( che determina il (plus-valore(.
saggio di profitto =

Inoltre, poiché l’uso dei macchinari consente una produttività sempre maggiore e la logica del profitto consiglia, per di più, d’incrementare maggiormente quei settori che consentono più alti guadagni, ricorrono ciclicamente delle crisi di sovrapproduzione.
Durante i periodi di crisi, il capitalismo tende a diminuire gli investimenti e i costi con i licenziamenti in massa.
Così una parte dell’ (esercito attivo( (=lavoratori occupati) va ad incrementare l’ (esercito di riserva( (= i disoccupati, che costituiscono come una (riserva( cui l’industria può attingere in caso di ripresa economica).
La maggiore disoccupazione, peraltro, aggrava la crisi, in quanto riduce le capacità di acquisto del proletariato e, quindi, il consumismo.
Queste contraddizioni interne, in aggiunta alla progressiva concentrazione dei capitali, per effetto della concorrenza, sono i germi che, secondo Marx, produrranno l’abbattimento della società borghese, in quanto la lotta tra proletariato e capitalisti si configurerà sempre più come lotta (dell’enorme maggioranza( contro una sparuta minoranza.
Il passaggio dal capitalismo al socialismo appare, quindi, come l’esito necessario ed inevitabile della conflittualità esistente nella società borghese.
IV LA (DITTATURA DEL PROLETARIATO(
Nella Critica del Programma di Gotha (1875), Marx afferma che il passaggio dalla società capitalistica alla società comunistica non può avvenire senza una fase di transizione, in cui alla (dittatura della classe borghese( sarà sostituita la (dittatura rivoluzionaria del proletariato.
In tale fase la società comunistica non è ancora pienamente realizzata in quanto la proprietà, invece di essere soppressa, è nazionalizzata, cioè attribuita alla comunità rappresentata dallo Stato.
La vera società comunistica si realizzerà quando, con la soppressione dello Stato e di ogni divisione tra gli uomini, si attuerà una forma (superiore( di eguaglianza e ciascuno potrà liberamente godere delle ricchezze collettive (secondo le sue capacità( e i (suoi bisogni(.
1 Per “forze produttive” sono da intendersi:
==> gli uomini che producono;
==> il modo (= le tecniche) con cui producono;
==> i mezzi di produzione.
2 Per “rapporti di produzione” sono da intendersi le relazioni che si instaurano tra gli uomini nel corso della produzione: essi sono essenzialmente “rapporti di proprietà”, in quanto dipendono dal possesso o meno dei mezzi di produzione. Infatti sono quelli che si instaurano nel corso della produzione fra i possessori dei mezzi di produzione e quelli che, privi di tale possesso, sono costretti al lavoro dipendente.
3 Il prezzo, però, non si identifica con il (valore di scambio(, ma con il “valore di mercato”, che fa oscillare il valore reale (cioè il “valore di scambio”) secondo la legge della domanda e dell’offerta.
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