LEIBNIZ

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Leibniz nacque a Lipsia nel 1646dove condusse i suoi primi studi di filosofia e matematica. Successivamente si laureò in giurisprudenza e si unì alla società alchimista dei Rosacroce a Norimberga dove iniziò la ricerca naturalistica.
Ma ben presto divenne consigliere del principe elettore di Magonza e passò la maggior parte della sua vita prestando servizio presso i potenti. In questo periodo compose vari scritti politici e giuridici, ma anche di logica e di fisica; oltre a svolgere attività diplomatica che contribuì ad allargare le sue conoscenze.
Nel 1676 diventa bibliotecario del duca di Hannover per il quale svolge diversi incarichi, che gli permettono cmq di rimanere in contatto con i più dotti dell’epoca.
Altra attività alla quale Leibniz si dedica è la organizzazione delle scienze e contribuì in maniera determinante alla fondazione dell' Accademia delle scienze di Berlino, di cui diviene preside .
Morì ad Hannover nel 1716.
Scrive opere di giurisprudenza, politica, storia, teologia, matematica, fisica e raramente di filosofia. Questo perché egli era pieno di impegni che gli impedivano un’esposizione organica e globale delle proprie concezioni. Le sue opere più notevoli sono il Discorso di metafisica,
il Nuovo sistema della natura, i Princìpi della natura e della grazia e i Princìpi di filosofia che espongono la dottrina della monade; l' opera è infatti anche chiamata Monadologia .
Nel 1710 infine scrive i Saggi di teodicea incentrati sulla bontà di Dio, la libertà dell’uomo e l’origine del male. Molte sue opere scritte in francese furono però pubblicate postume.
Al contrario di Spinoza per Leibniz esiste un ordine non geometricamente determinato ma necessario e spontaneamente determinabile quindi libero. Mentre per Spinoza c’è un solo ordine univoco e necessario che è Dio stesso, per Leibniz vi è un ordine contingente (casuale) frutto di una scelta di una divinità, la cui esistenza è necessaria al contario di quella del mondo che è contingente. Proprio perché è Dio ad averlo scelto l’ordine è il più perfetto tra tutti gli ordini, in grado di salvaguardare anche la libertà umana.
Leibniz impiegherà tutta la sua vita nel ricercare e realizzare quest’ordine in tutti i campi del pensabile. Ciò deriva dal tentativo di conciliare la scienza moderna con la metafisica e di ricercare una “caratteristica universale” o lingua generale. La sua più grande ambizione infatti era realizzare un metodo logico che matematizzasse il pensiero, eliminando da esso ciò che vi é di soggettivo e riconducendo le operazioni mentali ad una sorta di calcolus ratiocinator.
A questo scopo egli voleva realizzare un linguaggio simbolico composto di segni come quello matematico applicabile a tutti i campi del sapere, una sorta di "alfabeto del pensiero umano", nel quale cercò di rappresentare tutti i concetti fondamentali usando simboli, e combinando questi simboli per rappresentare pensieri più complessi. Attraverso questa riconduzione alla matematica infatti la logica è in grado di dimostrare gli enunciati con assoluta certezza e permettere di inventare un nuovo sapere. È per questo che si tende a considerare Leibniz lo scopritore della moderna logica formale.
In base a questa logica si ottiene la verità quando la combinazione dei concetti avviene senza comportare alcuna contraddizione. Quindi la verità si fonda sul principio di identità e di non-contraddizione (una proposizione é identica, e quindi vera, se in essa il predicato é già contenuto nel soggetto) . Le verità fondate sui principi di identità e non-contraddizione hanno il nome di verità di ragione e hanno la peculiarità di essere necessarie e infallibili. Essendo fondate solo sul rapporto formale dell' identità o della non-contraddizione tali verità si riferiscono solo a ciò che é logicamente possibile come concetto astratto, ma non dicono nulla circa la realtà esistente di fatto, in quanto la loro proposizione non può essere ne vera né falsa.
Esse non possono però derivare dall’esperienza sono quindi innate. Queste idee innate non sono chiare e distinte ma confuse ed oscure. Sono delle piccole percezioni, ossia delle possibilità: è l’esperienza che le rende attuali, ossia chiare e distinte. Quindi le verità di ragione delineano il mondo della pura possibilità molto più vasto di quello della realtà.
Accanto alla verità di ragione Leibniz pone le verità di fatto, delle quali é sempre possibile il contrario. Le verità di fatto non dipendono dal principio di identità e non contraddizione sono quindi contingenti e si fondano sul principio di ragion sufficiente. Tale principio non rimanda ad una causa necessitante (cioè esclusiva, che non può essere altrimenti) in quanto ammette che ciò che si realizza avrebbe potuto realizzarsi in modo differente, ma si limita a mettere in luce perché qualcosa esiste o accade: Nulla accade senza una ragione sufficiente,cioè senza che sia possibile dare una ragione sufficiente a determinare perchè é accaduto così e non altrimenti.
Esso spiega senza necessitare (determinare, dimostrare con precisione). Questo principio implica la causa finale in quanto se Dio ha creato il mondo, egli ha agito in vista di un fine, vera causa della sua scelta.
La verità consiste per Leibniz nell'identità del predicato con il soggetto. Nelle verità di fatto però il predicato non è identico al soggetto può anche essere negato deve però contenere la ragione sufficiente affinché ciò avvenga. Un soggetto di questo tipo è sempre reale e esistente e Leibniz lo identifica con la sostanza. E poiché tutti i predicati riferibili a questo soggetto lo definiscono in maniera assoluta, distinguendolo da tutti gli altri soggetti, la sostanza nella quale sono contenuti i predicati è una sostanza individuale.
Essendo fondata sulla nozione di sostanza individuale , la metafisica di Leibniz ha carattere pluralistico. Essa si contrappone da un lato al dualismo di Cartesio, che dava una definizione generica della sostanza, privilegiando su tutti gli altri un solo attributo o predicato, l' estensione o il pensiero; dall' altro al monismo di Spinoza, nel quale l'infinitezza degli attributi conduceva all'unicità della sostanza. Leibniz riprende invece la teoria aristotelica che riconosce nell' individuo una "forma sostanziale", in cui convergono tanto l' aspetto razionale quanto quello spirituale. La sostanza aristotelica individuale: ciascuna sostanza è definita in modo particolare e irripetibile dai predicati che sono in essa contenuti. Non è dunque possibile trovare due sostanze perfettamente uguali poiché se così fosse queste conterrebbero gli stessi attributi sarebbero quindi la stessa sostanza (principio dell' identità degli indiscernibili ).
I predicati della sostanza individuale esprimono tutto ciò che di essa si può affermare: quindi le proprietà accidentali, ma anche le azioni o gli effetti che da essa derivano.
Perciò chi conosca perfettamente la sostanza individuale di un individuo può derivare a priori tutto ciò egli farà e tutto ciò che gli accadrà: ma questo è possibile solo alla mente infinita di Dio. Gli uomini che non possono conoscere la sostanza individuale nella sua completezza, hanno nozione delle sue azioni soltanto a posteriori e di esse possono dare una spiegazione soltanto sulla base del principio di ragion sufficiente.
Il fatto che nella sostanza individuale siano già contenuti tutti gli effetti significa che tra le diverse sostanze individuali non esistono rapporti di causalità reciproca, ma ciascuna di esse è in un mondo chiuso in sé.
Se la dottrina della sostanza individuale consente di vedere la stretta connessione presente in Leibniz tra metafisica e logica, la sua nozione di forza mette invece in luce una convergenza tra metafisica e fisica.
Leibniz rifiuta la fisica di Cartesio che vede nell' estensione .e nel movimento gli elementi originari del mondo fisico e della materia. Con ciò egli implicava che ciò che rimane costante nei fenomeni fisici è il movimento. Leibniz critica questa affermazione e riconosce invece alla base di ogni fenomeno fisico una energia o forza viva che rimane costante cioè l’energia cinetica ( mv2 ).
La legge di Cartesio della conservazione del movimento va assolutamente sostituita con quella della conservazione dell' energia. La forza è più reale del movimento e dell’estensione che sono solo una manifestazione o un fenomeno della forza: è il principio metafisico che fonda le leggi stesse della fisica.
Queste innovazioni rispetto al quadro concettuale cartesiano hanno importanti conseguenze . Comportano il passaggio da una concezione meccanica e causale ad una concezione dinamica e finalistica della realtà.
Leibniz distingue due tipi di forza: la forza passiva corrispondente alla massa di un corpo che oppone resistenza alla penetrazione del movimento e la forza attiva che è la vera e propria forza che è conatus o tendenza all’azione.
Con queste affermazioni egli in un certo senso riduce la realtà fisica ad una realtà incorporea e spirituale e che nel mondo tutto è spirito e vita poiché tutto è forza: è così che fisica e metafisica convergono, anzi la prima trova nella seconda la sua ultima giustificazione .
La metafisica di Leibniz é costantemente caratterizzata dall'esigenza di pervenire agli elementi ultimi che compongono le cose. Così come nella logica va alla ricerca di concetti semplici dai quali possano derivare tutti gli altri pensieri, e parlando degli individui riconosce l’esistenza della sostanza individuale nel 1696 egli introduce il concetto di monade con il quale riesce a conferire una forma sostanziale anche ai corpi fisici con chiaro riferimento all’atomismo.
La monade è un centro di forza assolutamente privo di estensione infatti è atomo spirituale, una sostanza semplice senza parti e quindi che non può estendersi o dividersi. Queste monadi sono simili a sfere di cristallo e costituiscono i veri atomi della natura e gli elementi delle cose.
Il fatto che le monadi siano prive di parti impartisce loro altre due prerogative cioè che non sono né generabili né corruttibili, dal momento che generazione e corruzione sono processi che comportano rispettivamente la composizione di parti in un tutto o la dissoluzione del tutto nelle parti. Solo Dio può creare le monadi con un atto non processuale , di immediato passaggio dal non essere all' essere, che Leibniz esprime come fulgurazione ; così come da Dio soltanto possono essere improvvisamente distrutte. Ciò implica un innatismo totale nelle monadi cioè queste traggono tutto dal loro interno anche la conoscenza viene dal loro interno: il loro sapere è completamente innato.
Ogni monade è diversa dall’altra per il principio dell' identità degli indiscernibili per il quale non è possibile trovare due sostanze perfettamente uguali poiché se così fosse queste conterrebbero gli stessi attributi e sarebbero quindi la stessa sostanza.
In quanto sostanze semplici le monadi “non hanno finestre”, cioè non possono influenzarsi ma a vicenda ma vivono come mondi a sé. Ogni monade ha una propria logica di comportamento: una logica di calcolo probabilistico che consiste nel fare un calcolo delle nostre azioni quantitative e qualitative per verificare se queste la porteranno alla conoscenza.
Malgrado ciò le monadi sono sottoposte a modificazioni perchè se non lo fossero la realtà sarebbe totalmente priva di mutamento. Tali modificazioni sono il risultato dell' attività interna della monade, un’ininterrotta attività che deriva dalla forza in esse contenuta.
Questa attività interna della monade coincide con la percezione o rappresentazione, ossia con il fatto che la monade rappresenta idealmente a se stessa ciò che avviene nel mondo: ognuna rappresenta l’universo da un suo particolare punto di vista perciò è uno specchio dell' universo.
Pertanto le monadi hanno diverse configurazioni di loro stesse a seconda di come percepiscono il mondo, ossia tutte le altre monadi. Inoltre, essendo attività ininterrotta, la monade non riproduce sempre la stessa percezione, ma passa continuamente da una percezione all' altra.
Ciò che la spinge a questa continua crescita su se stessa é uno sforzo interno che Leibniz chiama appetizione ( appetitus ).
Le monadi più elevate hanno inoltre anche l’appercezione ossia la consapevolezza di percepire e costituiscono l’anima. Il corpo è un aggregato di monadi dotate della sola percezione mentre l’anima è costituita dalle monadi che hanno appercezioni, più chiare. È intorno a queste che in genere si aggregano le monadi più scure per costituire l’organismo umano che in questo modo risulta per il 10% composto di spirito che lo porta a non allontanarsi da Dio. L’anima è caratterizzata da delle piccole percezioni o percezioni insensibili di cui non è consapevole , perchè la loro intensità è troppo bassa per superare la soglia della coscienza e pensa anche quando non sa di farlo. Ma questo non significa che tutte le sue percezioni siano coscienti , come dimostrano il sonno o i casi di manifesta incoscienza.
Le monadi possono avere diversi gradi di perfezione che sono determinati dalla chiarezza e dalla distinzione delle loro percezioni. Esse formano pertanto una catena gerarchica , alla base della quale troviamo le monadi le cui percezioni sono tanto oscure e confuse da non essere consapevoli. Queste monadi costituiscono la materia che è anche essa una percezione dell' universo: ma di questa percezione esse non hanno consapevolezza alcuna.
Poi si passa dalla percezione inconscia all' appercezione, cioè alla percezione consapevole di se stessa. Anche qui é possibile comunque avere diversi gradi di perfezione infatti negli animali la coscienza di percepire si accompagna soltanto alla memoria, mentre negli uomini é congiunta alla consapevolezza dell'identità del proprio io, ossia alla consapevolezza di se come spiriti forniti di ragione.
Il più alto livello di consapevolezza , e quindi di perfezione , é in Dio. Egli é la monade delle monadi: in lui non solo le percezioni del mondo sono perfettamente chiare e distinte, ma si realizza pure l' unità di tutte le percezioni, di tutti i punti di vista sull' universo espressi dalle singole monadi è quindi anche l' essere in cui tutte le monadi comunicano.
Anche la materia è costituita di monadi ma più in generale è un aggregato di sostanze spirituali. Esistono monadi che hanno la facoltà di dominare le altre, in quanto le loro percezioni sono il fondamento della percezione di altre. Questo spiega la differenza che intercorre tra la materia prima o inorganica e quella seconda o organica .
La materia seconda o organica è costituita da un aggregato di monadi che nel corpo degli uomini e degli animali è tenuto insieme e diretto da una monade superiore che è l’anima vera e propria e fa sì che le diverse monadi obbediscano a un principio vitale unitario.
Mentre la materia prima o inorganica manca di una monade dominante che riconduca le altre all’unità, ed è la potenza passiva della monade. Nelle monadi superiori costituisce l’insieme delle percezioni confuse.
A questo punto Leibniz stabilisce come possa essere la comunicazione fra le monadi o il rapporto tra anima e corpo. Egli esclude la soluzione dell’influenza reciproca perché è in contraddizione con quanto affermato, e dell’assistenza poiché implica il controllo di Dio sulle monadi e sceglie la soluzione dell’armonia prestabilita secondo la quale all'atto della creazione del mondo Dio ha dato a ciascuna monade una legge di sviluppo che si armonizza con quella di tutte le altre, in modo tale che ogni cosa scaturisca dal suo interno.
Così anche l’anima il corpo seguendo ognuno le proprie leggi (meccaniche il corpo e finalizzate quelle dell’anima) sono in costante armonia.
Leibniz elabora anche delle prove per dimostrare l'esistenza di Dio. Egli elabora la prova a posteriori ricorrendo al principio di ragion sufficiente. Egli dice che Dio è la prima ragione delle cose poiché queste sono contingenti e non hanno in se nulla che renda necessaria la loro esistenza.
Poi egli elabora una prova ontologica o a priori utilizzando il concetto del possibile per il quale si deve partire dall’possibilità di Dio per arrivare alla sua esistenza perciò ritiene che se Dio è possibile bisogna che esista (possibilità e realtà coincidono in Dio).
Leibniz risolve anche il problema della teodicea (dal greco theos=dio e dikaios=giusto), ovvero il problema della compatibilità del male nel mondo con l'esistenza e la bontà di Dio. Quando dice che il mondo in cui viviamo e' il migliore dei mondi possibili, egli non intende che esso sia immune da mali ma che sia quello in cui è contenuta la minor quantità di male.
Infatti una certa quantità di male, sia metafisico sia morale, è inevitabile in un mondo finito. Il male metafisico è soltanto un concetto negativo, come gia aveva sostenuto Agostino, e deriva dalla diversa perfezione tra il creato e il creatore. Il male esprime la semplice mancanza di perfezione che necessariamente differenzia la creatura dal creatore. Per Leibniz ad esistere é solo il bene , l' essere , la perfezione ; ma vi sono gradi diversi di essere, di bene, di perfezione. Ciò che manca ai singoli esseri , ai singoli beni , alle singole perfezioni per essere assoluti , questo é il male .
Così anche il male morale nasce dall'imperfezione necessaria dell'uomo. Infatti, le percezioni e le conoscenze umane, per quanto tendano alla perfezione, non possono mai raggiungere quella chiarezza e distinzione assoluta che e' propria di Dio: nell'uomo rimane dunque sempre un residuo di oscurità e di confusione che sta all'origine di ogni errore e di ogni peccato.
Leibniz dà anche una giustificazione più specifica del male fisico e del male morale . Il primo é talora usato da Dio come strumento per conseguire il bene; il secondo é a volte imposto dalla necessità di realizzare un dovere superiore, Dio non lo ha voluto, ma soltanto permesso . Per spiegare ciò Leibniz ricorre alla distinzione tra volontà antecedente e volontà conseguente. La volontà antecedente è quella che tende all' oggetto voluto in assoluto, senza tener conto delle condizioni della sua realizzazione. La volontà conseguente é quella che prende invece in considerazione tali condizioni. In virtù della sua volontà antecedente Dio vuole realizzare ogni forma di perfezione. A causa della sua volontà conseguente invece , Dio vuole non il bene in assoluto , ma soltanto il meglio possibile. La differenza tra la volontà antecedente del bene e quella conseguente del meglio é che la prima esclude ogni forma di male, ma non conduce alla realizzazione di nessuna forma di bene, dal momento che disattende le condizioni della sua realizzazione; la seconda invece permette il verificarsi della minima quantità di male necessaria per realizzare la massima quantità possibile di bene.
Secondo Leibniz la predeterminazione e la prescienza divina non annullano la libertà umana, anche se Dio tende al meglio, la scelta del meglio da parte delle creature è libera e responsabile.

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