Gadamer

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

GADAMER

Gadamer è considerato il massimo filosofo dell’ermeneutica che non deve venire intesa come mera interpretazione. La sua prima opera filosofica appare nel 1960 e il titolo è: “verità e metodo”.
Chi capisce è l’intelletto che intellige cioè capisce la comprensione come meccanismo che ti fa entrare, per esempio nella lingua, e ti fa ragionare e produrre in lingua, essa non è strumento ma è un’identità culturale. Si incontra l’alterità e la si sposa. In sede filosofica la comprensione è diversa è un passaggio ulteriore all’intelligire. Io capisco il costrutto ma otre a ciò vado ad intercettare significati ulteriori e qui la visione si allarga e si approfondisce. Arriva ad un sopravvanzamento teoretico: non solo conosci il costrutto ma anche il perché esiste tale costrutto, ne ghermisci i perché più remoti. Non sei più il tecnico ma il filosofo cioè vai oltre e recuperi le ragioni lontane che però non sono meno importanti.
Ermeneutica = tecnica che interpreta. Il primo significato deriva da ermes, sta per scambiare, spostare è un’operazione di tipo mercantile questo elemento è presente nell’ermeneutica ma non è l’unico, anche l’esegesi biblica è una interpretazione delle allegorie. L’interpretazione è essenzialmente intercettare e spostare un significato.

A partire da Hegel ci sarà una profonda svolta che risolse la questione socratica sulla ricerca del vero. Platone si chiedeva come si possa cercare la verità. Infatti se ce l’hai non la cerchi ma se ce l’hai cosa cerchi? Preso da questo dilemma che non giustifica la ricerca, perché senza indizi non puoi partire, Heidegger arriva ad una soluzione e cioè l’ermeneutica e poi con una successiva maturazione giungerà all’essere che coincide con l’ente e si manifesta e questo svelarsi è la verità. Arriva ad intendere l’essere non come ipostasi ma accadimento, non è ma accade e l’accadimento avviene nella verità e il suo luogo è il linguaggio. Noi siamo parlati dal linguaggio che non è frutto degli uomini ma è presistente, l’uomo lo parla ma non ne è autore e qui si manifesta l’essere in forma più elevata cioè nella poesia.il poeta per Heidegger che meglio mette in luce l’accadimento dell’essere è Hoelderling. L’essere non è ma accade e accade nel linguaggio che non è un parto umano. Gadamer partirà da qui, era allievo di Heidegger ma infine si allontanò da lui.

L’ermeneutica di Gadamer non si configura come tecnica dell’interpretazione ma in lui è un’ontologia. Tra essere e interpretazione non c’è soluzione di continuità. L’interpretazione è condizione propria dell’essere. L’idea comune di interpretazione è di compito ausiliare ma in Gadamer ciò viene eliminato perché essa è un’ontologia. L’ermeneutica non è una tecnica o un insieme di tecniche per sondare i contenuti e significati ma è più sostanziale.
Quando Kant scandagliava la scienza non illustrava le tecniche ma illuminava il meccanismo di funzionamento dell’intelletto. Quando Gadamer sonda l’interpretazione vede che è essa stessa essere, è parte dell’essere. L’interpretazione non è un’operazione del solo soggetto ma inerisce l’essere.

Egli contesta che l’arte è considerata estetica ovvero di mera apparenza. L’arte va oltre a una questione estetica di fedele rappresentazione o idealizzazione del reale.
Noi in forza di questa idea di arte abbiamo isolato le opere dal contesto, le abbiamo avulse o ipostatizzate in un museo e questa è un’operazione indebita perché altera la coscienza estetica. Le abbiamo strappate dal contesto storico e topico (del luogo). Il contesto non va inteso solo come luogo che contiene od ospita il dipinto ma esso fa un corpo unico con il dipinto, quindi non si può toglierlo da dove si ubica. Per una lettura corretta dell’opera e dell’artista come persona atipica non si può separarla dal tessuto sociale dove opera perché esso non è solo un contenitore. Sia il dipinto che l’autore vivono questa alienazione e collocazione in luoghi specifici (musei). Tutto questo secondo Gadamer va abbattuto perché è indebito. L’arte non è un evento da segregare ma è comprensione e autocomprensione. Un’opera d’arte non è solo descrizione, non è solo soggettivistico anche se è soggettivo ma apre degli squarci che propongono nuove letture del mondo. L’artista toglie un velo e va avvertito come uomo fra gli uomini che opera questa lettura.

Egli propone un nuovo concetto di arte. L’arte come gioco. L’artista è un giocatore e il gioco è dato dall’arte. Quindi esiste il gioco che è l’arte e i giocatori che fanno il gioco quindi artisti che fanno arte. E ci sono gli spettatori che si deprimono o emozionano. Gli uomini sono fruitori dell’opera d’arte. L’artista interpreta il gioco mette in atto una singolare realizzazione del gioco e cioè dell’arte. Per Gadamer esiste l’arte e gli artisti interpretano le sue varie possibilità. Quando uno gioca mette in atto una delle infinite possibilità del gioco le cui soluzioni sono infinite.
L’arte non è soggettivistica/individuale ma è soggettiva e si relaziona con ciò che la trascende.

Nella produzione artistica c’è interazione tra artista e spettatore. Ma come si realizza questa relazione che secondo Gadamer è reale e non artificiosa? È ontologica! Si realizza in virtù del circolo ermenetico.
Io vedo un’opera d’arte quando mi ci accosto non sono del tutto sguarnito di requisiti e prerequisiti, non sono tabula rasa.
Io ho già dei pregiudizi che non sono negativi ma sono dei giudizi che sono sedimentati in me e possono agevolare od ostacolare l’approccio all’opera, ma sia che lo facilitino o lo ostacolino portano ad una interpretazione. Egli non vede i pregiudizi come qualcosa che impedisce la relazione ermeneutica, la possono facilitare o rendere più difficile. Quando mi rapporto ad un’opera io detengo elementi o non si darebbe l’interpretazione. Quando mi avvicino all’opera io faccio un’interpretazione che è quella soluzione mediana tra totale ignoranza e totale conoscenza.
Ho elementi anticipatori dell’opera che creano comunanza, ma in me non agiscono soltanto elementi simili che creano ponti ma anche altri e tutti insieme formano i pregiudizi che possono ostacolare o facilitare l’interpretazione.
Essa detiene questi elementi che portano ad aprirti all’interpretandum e a non chiuderti. Questa comunanza di elementi porta ad un approccio aperto anche se alcuni facilitano e altri ostacolano. L’assoluta assenza di elementi non si da, non c’è un interpretandum con cui non hai nulla in comune, ci sono sempre anche se a volte sono debolissimi. L’uomo è portatore di pregiudizi che fungono da elementi che ti danno omogeneità anche se minima. Es. con il banco: hai nozione di oggetto, hai visto cose simili come il tavolo. In realtà quando interpreto SONO INTERPRETATO.

Io parlo il linguaggio, e la forma più evoluta è l’interpretazione che è esplicitazione del linguaggio che è il modo di essere dell’essere. IL LINGUAGGIO è L’ESSERE. Esso preesiste, è l’essere prima di me. Io sono dell’essere, io ne sono parte. Io non posso pensarmi indipendentemente dalla natura, io ascolto digerisco ecc senza che mi sia stato detto. In questo senso il linguaggio mi precede. Il linguaggio ci precede. L’uomo non è più autore del linguaggio ma ne è voce e quindi l’opera d’arte non è una tua intuizione ma una delle varie interpretazioni che ne puoi dare.

L’interpretazione avviene perché c’è un X in me e quando interpreto do una visione/concezione. Quello che do è definito, preciso, ma questa lettura risedimenta quello che è gia in me. Vedo un dipinto e con i miei pregiudizi faccio delle interpretazioni. Si mettono a contatto opere e pregiudizi, si crea così l’interpretazione che si deposita in me, si sedimenta e ciò riavvia una nuova interpretazione che sarà diversa perché nel frattempo io sono cambiato grazie all’interpretazione pre acquisita. Non è una iterazione ma ogni interpretazione mi arrichisce e mi porta ad una nuova interpretazione.
Le varie interpretazioni sono sfaccettature differenti, più creo interpretazioni più la mia conoscenza avanza. L’interpretazione X non va considerata più importante di quella Y. Entrambe portano a conoscere meglio il vero.
Il ciò che interpreti ti modifica e questa modificazione non può sollecitare un’ interpretazione identica e questo circolo è senza fine prchè quando vivi l’impatto con l’imterpretandum si modificano sia interpretans che interpretandum ciò che accade non accadrà mai uguale.

L’opera “verità e metodo” scritta a 60 anni è la prima opera di Gadamer. La filosofia del 900 si smembra in più dottrine e i suoi esponenti non vengono univocamente considerati.
L’opera ha più percorsi, entra subito nel merito dicendo che si chiede se la verità appartiene sia alla scienza sperimentale che a quella dello spirito. È tipico dell’inizio del 900 quando la filosofia era ormai in disparte chiedersi se la verità poteva essere raggiunta dallo spirito. La verità è centrale anche se nel 900 per la filosofia post-moderna il suo raggiungimento appare impossibile. Gadamer dirà che la verità è ciò che c’è dopo. La parola post-moderno venne coniata da Lyotard un sociologo/filosofo francese. Nel 900 oltre a trovare filosofi troviamo pensatori che non sono filosofi ma bensì sociologi e antropologi come Todov e Baumann che teorizzò la società liquida..
Heidegger parlava di arte nell’opera “origine dell’opera d’arte” e Gadamer conosceva il suo concetto di arte ovvero come messa in opera della verità che è manifestazione dell’essere.
Gadamer aveva presente il concetto di arte secondo Heidegger ovvero la messa in opera della verità e quindi dell’essere. Secondo Gadamer l’arte ci apre ad un’esperienza di verità ed è quindi indissociabile dalla verità che si da per esperienza.Non c’è relazione passiva di chi osserva. Io non sono mera recezione. L’opera d’arte è espressione di chi ha prodotto l’opera ma io stesso vengo coinvolto e divento artefice dell’opera. Il dipinto è materialmente prodotto dal pittore ma dando la mia interpretazione divento coartefice.
Dare un’interpretazione vuol dire rigenerare-ricreare. Io ho elementi comuni per mettermi in contatto e questi innescano il circolo ermeneutico perché arrivo ad un’interpretazione che sarà la base di una nuova interpretazione.
L’opera d’arte è esperienza di verità e ci coinvolge perché io mi mobilito e interpreto. L’opera sostiene l’esperienza estetica: non è un’emozione momentanea. A volte ci si avvicina all’opera, la consideri bella ma questo è epidermicamente emotivo e non può corrispondere all’esperienza estetica. Questo non va distrutto ma va considerato nella giusta valenza. Se ci si ferma a questo livello non si può vedere bello ciò che interessa lo spirito. L’esperienza estetica registra i motivi emotivi, arazionali come il sogno, fantasia e irrealtà. Arazionale vuol dire che non è governato dalla ragione ma non la respinge. L’esperienza estetica è da ritenere sempre in strutturale relazione con l’esperienza di verità.

L’opera d’arte non è solo dell’autore ma anche dell’osservatore o fruitore. Fruizione non è sinonimo di utilizzo. La fruizione è un uso di qualcosa per se stesso invece l’utilizzazione è l’uso di qualcosa non per se ma per qualcosa di altro. La fruizione è uso e godimento, è una frequentazione dell’opera per se stessa per goderne e non è un godimento epidermico/superficiale. Entri in contatto con il dipinto e nel sostare presso di esso metti in atto un processo di fruizione. La fruizione dell’opera mi rende attivo e implica una ripetuta frequentazione se no è possibile perché si arriva solo alle suggestioni e a coinvolgimenti debolmente emotivi.
L’orizzonte di senso è qualcosa che va oltre il significato che è l’intelligenza tecnica e precisa. Spesso i si ferma ad essa e non si va al senso dell’opera che esonda i confini del significato. È nell’orizzonte di senso che l’opera arriva a porti davanti alla verità quindi è anche esperienza di verità che noi viviamo quando grazie all’opera ci apriamo all’orizzonte di senso. Non mi limito alle emozioni che da una poesia che è fermarsi al significato ma mi pongo in contatto con il tema della verità e divento coartefice. Non è più solo di chi la eseguita ma anche del fruitore che interviene con la sua interpretazione. La ricrei perché in forza della tua soggettualità dai un pertugio nuovo per aprire un nuovo orizzonte cioè apertura alla totalità o qualcosa di indefinibile cioè ci si cimenta con qualcosa non positivamente (in senso ontologico e non morale) configurabile. Ma quando traccio questo orizzonte viene già travolto, quindi è dinamico. Questo orizzonte non può mai essere considerato definitivo
Gadamer non approda allo scetticismo che nega ogni verità. L’opera d’arte è come un gioco. Quando facciamo un gioco esso è mio o tuo? Di nessuno e di tutti perché entrambi giocano al gioco. Quando crei un’opera essa non è mero frutto di te ma mette in atto un gioco che implica il fruitore.
L’arte si spersonalizza anche se è comunque personale perché nel gioco tu ti conformi quindi sei giocata dal gioco anche se lo interpreti e coinvolgi l’altro.
Il gioco è vivo e si da quando è in atto.
Ogni volta che vedo un’opera d’arte è diversa dalla volta precedente.

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