filosofia:il '68 in italia

Materie:Tesina
Categoria:Filosofia

Voto:

1.5 (2)
Download:483
Data:30.12.2005
Numero di pagine:17
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
filosofia-68-italia_1.zip (Dimensione: 16.39 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_filosofia:il-68-in-italia.doc     54 Kb


Testo

IL ’68 IN ITALIA
Il 1968 è stato un anno eccezionale in cui grandi movimenti di gruppi socialmente disomogenei come operai, studenti e gruppi etnici minoritari muovono la propria contestazione quasi in tutto il mondo, facendo vacillare moltissimi governi e vari sistemi politici. È molto importante conoscere l’intero quadro storico degli anni ’60 per poter comprendere a fondo i motivi che hanno portato al grande periodo del ’68, analizzando la situazione politica in Italia, la posizione della Chiesa e l’aspetto economico. Per quanto riguarda la politica in Italia dobbiamo dire che un’azione di governo stabile, continua ed efficace, non esiste più da quando la formula centrista si è esaurita e la DC oscilla tra stanche ripetizioni del centrismo: la DC deve abbandonare il governo che non deve cadere sotto l’influenza dei comunisti. All’aprirsi del decennio ’60-’70 la DC è sotto il controllo dei due leader , per l’occasione alleati, Moro e Fanfani che fanno rotta verso il centro sinistra. A loro si allinea prudentemente Andreotti, mentre Mario Scelba si oppone, convinto che socialisti e comunisti siano una cosa sola: tutti marxisti e nemici di Dio. Questo turbò una parte della DC mentre l’altra è scossa dal progetto di Fanfani di appoggiare la sinistra.La DC confermò nel ’62 la necessità di collaborare con i socialisti. L’alleanza di centro sinistra fu dapprima sperimentata a livello amministrativo in alcune grandi città come Milano, Genova, Firenze e Napoli. Furono varate alcune riforme come quella della scuola media inferiore che portò l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 14 anni.In questo modo il centro sinistra poté compiere dei passi avanti. Nel ’64 la situazione si fece seria; infatti sono in deficit i bilanci di 3000 comuni su 8046. Qualcosa non funzionava, il sistema andava cambiato però nulla cambiò se non in peggio. Intanto i fascisti ne approfittarono per picchiare e i manganelli entrarono anche nelle università. Gli esponenti dei partiti di sinistra sembrano speranzosi che sai la volta buona per smuovere le acque del centro sinistra per dare una spinta alle riforme. Viene anche approvata una nuova legge sulle pensioni dalla Camera: la pensione dei lavoratori con almeno 40 anni di anzianità sarà portata al 65% della retribuzione media degli ultimi 3 anni.Analizzando la posizione della Chiesa negli anni ’60 dobbiamo dire che nel mondo cattolico si era aperta una stagione di profondo rinnovamento. Per tutti gli anni 50, la Chiesa faceva fatica a liberarsi da una concezione fatta di remissione, di accettazione delle sofferenze terrene e ad affermare il valore e la dignità della vita umana in sé. Nel 1958 fu nominato papa Angelo Roncalli con il nome di Giovanni XXIII. Grazie alle sue doti comunicative e al suo spirito pastorale egli seppe avvicinarsi alla sensibilità delle genti. Dopo soli 3 mesi di pontificato il papa annunciò la convocazione del concilio vaticano II. Dalla discussione furono creati il sinodo di vescovi, la conferenza episcopale italiana (Cei) e il collegio dei cardinali. La valorizzazione delle culture particolari rese possibile l’aprirsi del dialogo con le altre chiese, tanto che il dialogo con le altre confessioni e con i non credenti divenne uno dei capisaldi dell’azione postconciliare. La riforma liturgica fu un necessario corollario del diverso modo di intendere la presenza ecclesiale. L’abbandono del latino e l’introduzione delle lingue realmente parlate dalla gente si configurarono come riconoscimento delle molteplici manifestazioni culturali umane, in quanto tappe di un cammino alla ricerca di Dio e dunque intrinsecamente valide. Innovazioni si ebbero negli anni ’60 anche dal punto di vista economico con lo sviluppo delle multinazionali. Si ebbero tre fasi nell’arco di tempo che va dagli anni ’60 agli anni ’80, ma la fase che favorì lo sviluppo delle multinazionali negli anni ’60 fu etnocentrica: controllo del potere centralizzato, potere decisionale affidato a personale nazionale che ricopriva, spesso, cariche di rilievo anche nelle filiali. Tra il 1956 ed il 1963 l’economia italiana conobbe una fase espansiva senza precedenti: aumentò il divario tra nord e sud dando vita ad un interrotto flusso migratorio dalle campagne alle città; si innestò un processo di disgregazione sociale in intere regioni meridionali, ideale terreno di sviluppo per mafia e camorra; a causa della scarsità delle attività agricole fu necessario importare prodotti alimentari dall’estero; mancò una politica adatta ad interessate i risparmiatori al mercato azionario; cambiarono gli usi ed i costumi delle grandi città che videro il nascere di enormi e squallide periferie e conobbero una crescita tumultuosa e caotica manifestando spesso la mancanza di infrastrutture e drammatici problemi di disadattamento di gente che si era lasciata alle spalle tradizioni e costumi di una civiltà contadina; aumentò la disoccupazione, soprattutto al sud che raggiunse il 7,3% della forza-lavoro disponibile, mentre negli altri paesi dell’Europa Occidentale si aggirava intorno al 2%; il grande movimento di denaro portò ad un aumento dell’inflazione anche se contenuto.
GIOVANNI XXIII
Giovanni XXIII nacque a Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, il 25 novembre 1881, primo figlio maschio di Marianna Mazzola e di Giovanni Battista Roncalli. La sera stessa il neonato venne battezzato dal parroco don Francesco Rebuzzini, ricevendo il nome di Angelo Giuseppe. Gli fece da padrino l'anziano prozio Zaverio Roncalli, il primo dei sette zii di papà Battista, uomo molto pio, che, rimasto celibe, si era assunto il compito di educare religiosamente i numerosi nipoti. Il futuro Giovanni XXIII conservò un ricordo commosso e riconoscente per le cure e le sollecitudini di questo vecchio patriarca.Manifestando fin dalla fanciullezza una seria inclinazione alla vita ecclesiastica, terminate le elementari, si preparò all'ingresso nel seminario diocesano ricevendo un supplemento di lezioni di italiano e latino da alcuni sacerdoti del luogo e frequentando il prestigioso collegio di Celana. Il 7 novembre 1892 fece il suo ingresso nel seminario di Bergamo, dove fu ammesso alla terza classe ginnasiale. Dopo un avvio difficoltoso per l'insufficiente preparazione, non tardò a distinguersi sia nello studio che nella formazione spirituale, tanto che i superiori lo ammisero prima del compimento del quattordicesimo anno alla tonsura. Avendo proficuamente terminato nel luglio del 1900 il secondo anno di teologia, fu inviato il gennaio successivo a Roma presso il seminario romano dell'Apollinare, dove esistevano alcune borse di studio a favore dei chierici bergamaschi. Pur con l'intermezzo di un anno di servizio militare prestato a Bergamo a partire dal 30 novembre 1901, la formazione seminaristica risultò particolarmente fruttuosa.Il 13 luglio 1904, alla giovanissima età di ventidue anni e mezzo, conseguì il dottorato in teologia. Con il più lusinghiero giudizio dei superiori, il 10 agosto 1904, fu ordinato sacerdote nella chiesa di S. Maria di Monte Santo; celebrò la prima Messa il giorno seguente nella Basilica di S. Pietro, durante la quale ribadì la sua donazione totale a Cristo e la sua fedeltà alla Chiesa. Dopo un breve soggiorno nel paese natale, nell'ottobre iniziò a Roma gli studi di diritto canonico, interrotti nel febbraio del 1905, quando fu scelto quale segretario dal nuovo Vescovo di Bergamo Mons. Giacomo Radini Tedeschi. Furono circa dieci anni di intenso impegno accanto ad un Vescovo autorevole, molto dinamico e ricco di iniziative che contribuirono a fare della diocesi bergamasca un modello per la Chiesa italiana.Oltre al compito di segretario, svolse altri numerosi incarichi. Dal 1906 ebbe l'impegno dell'insegnamento di numerose materie in seminario: storia ecclesiastica, patrologia e apologetica; dal 1910 gli fu assegnato anche il corso di teologia fondamentale. Salvo brevi intervalli, svolse questi incarichi fino al 1914. Lo studio della storia gli consentì l'elaborazione di alcuni studi di storia locale, tra cui la pubblicazione degli Atti della Visita Apostolica di s. Carlo a Bergamo (1575), una fatica durata decenni e portata a termine alla vigilia dell'elezione al Pontificato. Fu anche direttore del periodico diocesano "La Vita Diocesana" e dal 1910 assistente dell'Unione Donne Cattoliche. La prematura scomparsa di Mons. Radini nel 1914 pose fine ad un'esperienza pastorale eccezionale, che, se pur segnata da qualche sofferenza come l'infondata accusa a lui rivolta di modernismo, il futuro Giovanni XXIII considerò sempre punto di riferimento fondamentale per l'assolvimento degli incarichi a cui fu di volta in volta chiamato. Lo scoppio della guerra nel 1915 lo vide prodigarsi per più di tre anni come cappellano col grado di sergente nell'assistenza ai feriti ricoverati negli ospedali militari di Bergamo, giungendo ad atti di autentico eroismo. Nel luglio del 1918 accettò generosamente di prestare servizio ai soldati affetti da tubercolosi, sapendo di rischiare la vita per il pericolo di contagio.Del tutto inaspettato giunse nel dicembre del 1920 l'invito del Papa a presiedere l'opera di Propagazione della Fede in Italia, quando a Bergamo aveva da poco avviato l'esperienza della Casa degli studenti, un'istituzione a metà tra il pensionato e il collegio, e contemporaneamente fungeva da direttore spirituale in seminario. Dopo forti titubanze, finì con l'accettare, iniziando con molta cautela un incarico che si presentava molto delicato per i rapporti con le organizzazioni missionarie già esistenti. Compì un lungo viaggio all'estero per la realizzazione del progetto della Santa Sede mirante a portare a Roma le varie istituzioni di sostegno alle missioni e visitò diverse diocesi italiane per la raccolta di fondi e l'illustrazione delle finalità dell'opera da lui presieduta.Nel 1925 con la nomina a Visitatore Apostolico in Bulgaria iniziò il periodo diplomatico a servizio della Santa Sede, che si prolungò fino al 1952. Dopo l'ordinazione episcopale avvenuta a Roma il 19 marzo 1925, partì per la Bulgaria con il compito soprattutto di provvedere ai gravi bisogni della piccola e disastrata comunità cattolica. L'incarico inizialmente a termine si trasformò in una permanenza decennale, durante la quale Roncalli pose le basi per la fondazione di una Delegazione Apostolica, di cui lui stesso venne nominato primo rappresentante nel 1931. Non senza difficoltà riuscì a riorganizzare la Chiesa cattolica, ad instaurare relazioni amichevoli con il Governo e la Casa Reale bulgara, nonostante l'incidente del matrimonio ortodosso di re Boris con la principessa Giovanna di Savoia, e ad avviare i primi contatti ecumenici con la Chiesa Ortodossa bulgara. Il 27 novembre 1934 fu nominato Delegato Apostolico in Turchia ed in Grecia, paesi anche questi senza relazioni diplomatiche con il Vaticano. A differenza della Grecia, dove l'azione di Roncalli non ottenne risultati di rilievo, le relazioni con il governo turco invece migliorano progressivamente per la comprensione e la disponibilità mostrate dal Delegato nell'accettare le misure ispirate dalla politica di laicizzazione perseguite da quel governo. Con tatto e abilità organizzò alcuni incontri ufficiali con il Patriarca di Costantinopoli, i primi dopo secoli di separazione con la Chiesa Cattolica. Durante la Seconda Guerra Mondiale conservò un prudenziale atteggiamento di neutralità, che gli permise di svolgere un'efficace azione di assistenza a favore degli Ebrei, salvati a migliaia dallo sterminio, e a favore della popolazione greca, stremata dalla fame.Inaspettatamente, per decisione personale di Pio XII, fu promosso alla prestigiosa Nunziatura di Parigi, dove giunse con grande sollecitudine il 30 dicembre 1944. Lo attendeva una situazione particolarmente intricata. Il governo provvisorio chiedeva la destituzione di ben trenta Vescovi, accusati di collaborazionismo con il governo di Vichy. La calma e l'abilità del nuovo Nunzio riuscirono a limitare a solo tre il numero dei Vescovi destituiti. Le sue doti umane lo imposero alla stima dell'ambiente diplomatico e politico parigino, dove instaurò rapporti di cordiale amicizia con alcuni massimi esponenti del governo francese. La sua attività diplomatica assunse una esplicita connotazione pastorale attraverso visite a molte diocesi della Francia, Algeria compresa.L'effervescenza e l'ansia apostolica della Chiesa francese, testimoniata dall'avvio dell'esperienza dei preti operai, trovarono in Roncalli un osservatore attento e prudente, che riteneva necessario un congruo periodo di tempo prima di una decisione definitiva.Coerentemente al suo stile di obbedienza, accettò prontamente la proposta di trasferimento alla sede di Venezia ove giunse il 5 marzo 1953, fresco della nomina cardinalizia decisa nell'ultimo Concistoro di Pio XII. Il suo episcopato si caratterizzò per lo scrupoloso impegno con cui adempì i principali doveri del Vescovo, la visita pastorale e la celebrazione del Sinodo diocesano. La rievocazione della storia religiosa di Venezia gli suggerì iniziative pastorali nuove, come il progetto di riavvicinare i fedeli alla Sacra Scrittura, rifacendosi alla figura del proto-patriarca s. Lorenzo Giustiniani, solennemente commemorato nel corso del 1956.L'elezione, il 28 ottobre 1958, del settantasettenne Cardinale Roncalli a Successore di Pio XII induceva molti a pensare ad un Pontificato di transizione. Ma fin dall'inizio Giovanni XXIII rivelò uno stile che rifletteva la sua personalità umana e sacerdotale maturata attraverso una significativa serie di esperienze. Oltre a ripristinare il regolare funzionamento degli organismi curiali, si preoccupò di conferire un'impronta pastorale al suo ministero, sottolineandone la natura episcopale in quanto Vescovo di Roma. Convinto che il diretto interessamento della diocesi costituiva una parte essenziale del Ministero Pontificio, moltiplicò i contatti con i fedeli tramite le visite alle parrocchie, agli ospedali e alle carceri. Attraverso la convocazione del Sinodo diocesano volle assicurare il regolare funzionamento delle istituzioni diocesane mediante il rafforzamento del Vicariato e la normalizzazione della vita parrocchiale.Il più grande contributo giovanneo è rappresentato senza dubbio dal Concilio Vaticano II, il cui annuncio fu dato nella basilica di s. Paolo il 25 aprile 1959. Si trattava di una decisione personale, presa dal Papa dopo consultazioni private con alcuni intimi e col Segretario di Stato, Cardinale Tardini. Le finalità assegnate all'Assise Conciliare, elaborate in maniera compiuta nel discorso di apertura dell'11 ottobre 1962, erano originali: non si trattava di definire nuove verità, ma di riesporre la dottrina tradizionale in modo più adatto alla sensibilità moderna. Nella prospettiva di un aggiornamento riguardante tutta la vita della Chiesa, Giovanni XXIII invitava a privilegiare la misericordia e il dialogo con il mondo piuttosto che la condanna e la contrapposizione in una rinnovata consapevolezza della missione ecclesiale che abbracciava tutti gli uomini. In quest'apertura universale non potevano essere escluse le varie confessioni cristiane, invitate anch'esse a partecipare al Concilio per dare inizio ad un cammino di avvicinamento. Nel corso della prima fase si poté costatare che Giovanni XXIII voleva un Concilio veramente deliberante, di cui rispettò le decisioni dopo che tutte le voci ebbero modo di esprimersi e di confrontarsi. Nella primavera del 1963 fu insignito del Premio "Balzan" per la pace a testimonianza del suo impegno a favore della pace con la pubblicazione delle Encicliche Mater et Magistra (1961) e Pacem in terris (1963) e del suo decisivo intervento in occasione della grave crisi di Cuba nell'autunno del 1962. Il prestigio e l'ammirazione universali si poterono misurare pienamente in occasione delle ultime settimane della sua vita, quando tutto il mondo si trovò trepidante attorno al capezzale del Papa morente ed accolse con profondo dolore la notizia della sua scomparsa la sera del 3 giugno 1963.

LA RIVOLUZIONE STUDENTESCA
Il sessantotto come sappiamo è l’anno della grande rivolta studentesca. Ad accendere la miccia della rivolta furono gli studenti universitari. Nell’autunno del 1967 infatti occupano gli atenei di tutte le principali città italiane con l’esclusione di Roma. Gli studenti universitari contestavano soprattutto la connotazione classista del sistema dell’istruzione, denunciata anche da Lorenzo Milani e l’autoritarismo accademico. Avranno luogo in questo periodo, per i motivi sopra citati, molte occupazioni tra cui va ricordata quella di Torino, quando un gruppo di studenti occupa Palazzo Campana, sede della facoltà umanistica. Il 2 febbraio viene occupata anche l’università di Roma. Occupazioni, sgombri e arresti si susseguono. Il primo marzo un corteo di protesta arriva a Valle Giulia sede della facoltà di architettura e si scontra con la polizia, generando una vera e propria battaglia.fino allo scontro di Valle Giulia gli studenti avevano combattuto solo contro l’istituzione scolastica ma successivamente verrà colpito tutto l’assetto sociale. La protesta infatti arriva anche nelle grandi fabbriche del nord come quella di Valdagno dove gli operai tessili della Marzotto si scontrano con la polizia. In estate, con le università chiuse, la contestazione si sposta sul terreno delle istituzioni culturali.
FRANCO BASAGLIA: L’ANTIPSICHIATRIA
L’Antipsichiatria è una corrente di pensiero che si sviluppa durante gli anni ’60 attraverso la critica della psicoanalisi e della psichiatria ufficiale. L’antipsichiatria si sviluppa fin dall’inizio come un arcipelago diffuso a livello internazionale e molto differenziato al suo interno. In Gran Bretagna gli esponenti più noti sono Ronald Laing e David Cooper mentre in Italia Franco Basaglia. Le varie tendenze antipsichiatriche contestano innanzitutto le forme correnti di trattamento dei malati mentali per giungere fino ad una critica radicale del concetto di malattia mentale. Egli non nega l’esistenza delle malattie mentali, quello che cambia completamente però è la posizione in cui l’operatore psichiatrico si colloca nei confronti di questo disagio. L’antipsichiatria rifiuta le terapie coatte e soprattutto la segregazione manicomiale. Il disagio mentale, anziché venir segregato, deve essere interpretato: esso è un modo in cui l’individuo risponde a condizionamenti o a pretese contraddittorie che il suo ambito di relazioni sociali solleva nei suoi confronti. In Italia ebbe uno straordinario impatto culturale e politico, l’esperimento avviato da Franco Basaglia nell’ospedale psichiatrico di Gorizia: porte aperte, abbattimento di grate e reti, abbandono della contenzione fisica dei malati, gestione comunitaria dell’istituzione.questa esperienza darà avvio ad una lunga battaglia che porterà infine alla chiusura dei manicomi e alla difficile costruzione di nuove strutture di aiuto e di cura del disagio mentale quella di Basaglia fu anche un’esperienza che intrecciò subito un rapporto con il movimento degli studenti.
LA SCUOLA DI FRANCOFORTE
Il nucleo originario della Scuola di Francoforte si forma a partire dal 1927, presso il celebre “istituto della ricerca sociale” per iniziativa di Felix Weil. Tra le figure di maggior spicco che gravitano intorno all’istituto sono da ricordare gli economisti Henryk Grossman e Friederich Pollock, i filosofi Max Horkheimer, Theodor W. Adorno ed Herbert Marcuse. Con l’avvento del nazismo il gruppo francofortese dovette rifugiarsi all’estero, prima a Ginevra poi a Parigi ed infine negli Stati Uniti. Al termine della seconda guerra mondiale alcuni esponenti della scuola rimasero in America(Marcuse, Framm e Lowental) mentre altri (Horkheimer, Adorno e Pollock) fecero ritorno in Germania.
CONCEZIONE TEORICA
La scuola di Francoforte si propone di elaborare una teoria critica della società attuale, guidata dall’ideale rivoluzionario di un’umanità futura libera. In vista di questi obiettivi i francofortesi si riallacciano a tre autori fondamentali: Hegel, Marx e Freud. La scuola di Francoforte ha la tendenza filosofica ad impostare un discorso dialettico e totalizzante intorno alla società; dialettico perché volto ad evidenziarne le contraddizioni intrinseche; totalizzante perché cerca di metterla in discussione nella sua globalità, esprimendosi nel frattempo su ciò che dovrebbe essere. Da un punto di vista storico – sociale il progetto filosofico della Scuola di Francoforte si muove lungo tre direttive principali:
1. l’avvento del nazismo e del fascismo con i relativi problemi legati all’autorità e alla struttura della società industriale moderna;
2. l’affermazione del comunismo sovietico utilizzato come esempio negativo di “rivoluzione fallita”
3. il trionfo della società tecnologica ed opulenta
L’IMMAGINAZIONE AL POTERE
L’immaginazione al potere fu lo slogan forse più celebre del maggio francese ma questi non fu solo uno slogan provocatorio ma anche la formula che più precisamente restituiva il vissuto di quei giorni, lo stato d’animo dei molti che parteciparono all’insurrezione. Nel momento culminante del maggio , il potere era praticamente sparito, era stato provvisoriamente sloggiato dalle sue sedi abituali. Qualche cosa aveva sostituito il potere e occupato interamente lo spazio fisico e simbolico di Parigi. Si trattava dell’occupazione di uno spazio pubblico in cui tutto poteva e doveva essere sperimentato. L’immaginazione al potere indicava quel tempo che si colloca tra un “non più” e “un non ancora”, una dimensione che aveva materialmente invaso e occupatola scena del reato e che alimentò una straordinaria creatività di massa nei linguaggi e nelle forme di comunicazione. L’immaginazione al potere non designò un delirante programma di governo, ma una parola d’ordine che prevedeva radicalmente di mira le forme stesse della politica anche quella di opposizione che furono poi uno dei principali bersagli del movimento del 1968. in questo senso fu una corrente critica e un bisogno di innovazione creativa che attraversò, con risultati più o meno apprezzabili, movimenti di protesta in diversi posti.
EMANCIPAZIONE FEMMINILE
Due gli avvenimenti di grande importanza sul piano del costume e della mentalita' della societa' di fine anni sessanta. Una negativa che "mal si concilia con la realta' del mondo di oggi" scrivera' La Stampa il 29 luglio a proposito della enciclica di Paolo VI, la Humana vitae, e l'altra positiva quando il 19 dicembre la Corte costituzionale abolisce il primo e secondo comma dell'art.559 del codice penale, che stabiliva le pene per la donna adultera e il suo correo; e il secondo comma dell'art. 151 che non ammetteva la separazione per adulterio del marito. E' il primo piccolo ma grande passo verso l'istituzione del divorzio, che riconosce alla donna la parita' di diritto (e dignita') dell'uomo a separarsi dal congiunto se gli e' infedele.L'altra questione delicata dove e' stato invece chiamato il capo della Chiesa Cattolica a decidere in merito all'uso dei contraccettivi (e in primo piano la "pillola") non riceve la stessa comprensione che invece dal Papa il mondo cattolico si aspettava. La Stampa cosi' commenta il giorno dopo a firma di Vittorio Gorresio "Un documento che mal si concilia con la realta' del mondo di oggi. Il divieto e' piu' drastico del previsto. L'enciclica e' dura, la pillola non e' lecita. La lunga attesa dei cattolici per la decisione del papa non ha contribuito a creare quell'atmosfera di serena obbedienza o remissione, che avrebbe giovato alla Chiesa in una causa tanta controversa e delicata. C'e' chi non ha aspettato, e oggi si ha quindi l'impressione che il divieto papale sia arrivato un po' tardi. Non riesce facile conciliare il documento vaticano con la mentalita' moderna, o per dir meglio con la mentalita' di oggi. Una di queste e' indubbiamente che i contraccettivi sono di uso tanto largo che la loro condanna appare arduo da applicare, e' improbabile che basti frenare il consumo, facendolo considerare peccato".
(nessuno ha dimenticato che non era peccato frequentare una casa di tolleranza. Ndr.)Si torna nel documento a mettere l'accento sulla procreazione come fine primario ed esclusivo del matrimonio. E c'e' un punto, addirittura in cui l'amore fisico e' degradato a mancanza di rispetto per la donna qualora non sia destinato al fine unico della prole: ed e' un concetto difficile da condividere, anche dal punto di vista morale"Il movimento femminista (ma meglio sarebbe dire "Movimento di liberazione della donna") si sta preparando a entrare sulla scena italiana di questa "realta' del mondo di oggi"; lo fara' con una mobilitazione collettiva, manifestazioni, sfilate, cortei, rivolte. E se per gli studenti l'anno da ricordare e' il '68, per la donna sara' il '69 e il '72 a essere ricordato come l'anno dell'emancipazione femminile.Il Movimento punta quasi esclusivamente sulla contraccezione, sull'aborto e sul divorzio, fondamentalmente come una liberta' della donna, senza il controllo statale e tanto meno quello religioso, che stabilisce questo è morale e quest'altro no. Una legislazione - affermano le donne del movimento -su queste liberta', non costringerebbe nessun cattolico e nel nostro movimento ci sono cattoliche -se e' veramente cattolico- a rinnegare i suoi principi, ma la stessa legislazione non puo' impedire (e lo Stato dovrebbe difendere la sua sovranita' nella sfera che gli e' propria) ai non credenti di ricorrervi a pieno titolo e con diritto.
Il 21 aprile del 1967, fra l'altro, il Consiglio Superiore della Sanita' aveva dato parere favorevole all'uso della "pillola", ed era il primo passo per togliere le norme restrittive sulla propaganda e sul commercio dei farmaci anticoncezionali sul territorio italiano. L'enciclica del papa fu dunque interpretata come un'ingerenza. Non solo ma anche dentro la Chiesa c'erano correnti di pensiero diverse. Sempre nel 1967 in Civilta' Cattolica, i Gesuiti, non avevano preso posizioni drastiche, e il resto dei cattolici -leggendole- le aveva interpretate come una liberta' di coscienza individuale. Ecco perche' l'enciclica arrivava in ritardo. Paolo VI adduceva anche alla non certezza scientifica del farmaco, ma gli scienziati risposero "in nessuna scienza c'e' la certezza, inoltre le teorie scientifiche non devono di sicuro essere confermate dalla Chiesa, e' semmai l'ultima a doverlo fare, da Galileo in poi; non e' certo la scienza materia di discussione della Chiesa".
COSTUME - Il comune senso del pudore è decisamente cambiato in Italia in questo '68; alcuni attenti giudici (anche se ancora pochi) seguono l'evoluzione del costume; questo dopo l'anno della prima foto di un casto pube di una fanciulla su una rivista, subito sequestrata. Rivista che ando' a scandalizzare gli ipocriti, i moralisti che si erano sempre abbeverati a una morale bigotta o erano diventati tali per opportunismo politico. Se la presero tanto per un casto pube che qualcuno ironicamente disse "fanno gli intransigenti e gli scandalizzati perche' forse devono rimuovere il loro vergognoso complesso di essere da quel pube usciti dopo un amplesso maldestro della propria madre... lucciola". Intervengono alcuni giudici del "nuovo regime" che recitano la parte; con zelo ordinano sequestri, processi, falo', e certi intellettuali, sempre pronti a salire sul carro che "fa la storia" si affiancano allo sdegno del potente, che da' loro da vivere, e scrivono tante scemenze. Basta leggere sui giornali dell'epoca alcune grandi firme.Sono piu' intellettuali e sociologi i cronisti di alcuni giornali di provincia. Sapientemente con le loro notizie in cronaca fotografano l'ambiente, la vera "realistica" nuova societa'. Sono loro a permettere che si allentino i cordoni, sono i primi a capire (seguendo i -banali ma mica tanto- fatti quotidiani, che il cambiamento della mentalità e' un processo inarrestabile.Del resto, il mondo dei consumi preme. In qualche nicchia di alcune redazioni c'e' ancora qualche bigotto, ma per fortuna altri capiscono, e sono i giornalisti attenti, che sanno che è cambiato il comune senso del pudore, e certi processi li trasformano abilmente in vere e proprie barzellette. Faranno (ecco qui la grande abilita' e intelligenza del cronista) sempre piu' spesso notizia quei magistrati che hanno preso certi provvedimenti che non il fatto in se stesso incriminato; anzi per quest'ultimo c'è sempre più comprensione, se non addirittura complicità e solidarietà con la vittima. Il costume sta cambiando: rileggendo oggi le pagine interne dei giornali ci si accorge che furono proprio questi cronisti a determinare i grandi cambiamenti, dalle borgate della grande città fino all'ultimo paese di provincia.Come non ridere e compiangere quel magistrato che ha fatto sequestrare i manichini da una vetrina; e come non essere solidale con il povero malcapitato negoziante!

Esempio