Eleatismo

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

LA FILOSOFIA ELEATICA:

L’ Eleatismo nasce a Elea, una cittadina in Magna Grecia, sulla costa Amalfitana, vicino a Pestum.
Mentre la filosofia ionica aveva ricercato il principio e la sostanza fisica delle cose, qualcosa che fosse capace di spiegare di spiegare il mutamenti della Natura, l’Eleatismo pretende di giungere ad un Essere unico, eterno e immutabile, di fronte al quale il nostro mondo è solo apparenza ingannatrice. Gli Eleati sostengono infatti che le cose non sono realmente con i nostri sensi e le nostre esperienze le mostrano, ma come la ragione le pensa secondo una logica rigorosa.
Nasce così una nuova concezione della metafisica, non più ricerca legata alla natura, all’osservazione, ma puramente al ragionamento; la ricerca attraverso la natura è infatti soggettiva, poiché legata ai nostri sensi, propri di ogni essere vivente (Talete = acqua, Anassimene = aria, ecc…).

SENOFANE
Come iniziatore dell’eleatismo ritroviamo tradizionalmente Senofane di Colofone, anche se oggi molti studiosi ritengono inesatta questa notizia e tendono a porlo tra gli ionici, poiché la sua ricerca non è ancora del tutto distaccata. Egli nacque probabilmente tra il 580-565 a.C. e visse a lungo, girovagando nella Grecia e componendo vari versi diretti soprattutto contro Omero e Esiodo, alternando le sue poesie con riflessioni teologiche e filosofiche.
Il punto di partenza di Senofane è la critica assoluta dell’antropomorfismo religioso, ossia sull’attribuzione di caratteri umani al Dio tutto, che è credenza Greca e si ritrova soprattutto in Omero ed Esiodo. Questo antropomorfismo porta le varie popolazioni a ritenere il proprio Dio simile a loro, sia per aspetto fisico (colore capelli, occhi, pelle), sia per i comportamenti (adulteri, furti, inganni = dei Greci). In realtà, per Senofane, uno solo è il Dio vero e questo è completamente distaccato da ogni caratteristica umana. Quest’unica divinità si identifica con l’universo, è un dio-tutto, e ha l’attributo dell’eternità: non nasce, non muore ed è immutabile.

PARMENIDE:
Parmenide di Elea è il fondatore della scuola Eleatica. Egli visse tra il 550 e il 450. Espose il suo pensiero in un’opera indicata poi con il nome di “Intorno alla Natura”. Nell’introduzione del poema Parmenide immagina di essere trasportato al cospetto di una Dea, la quale gli rivela “il solido cuore della ben rotonda Verità”. Quest’opera, scritta con toni ispirati e oracolari, manifesta da un lato il congiungimento tra filosofia e poesia, e da un altro la probabile appartenenza di Parmenide ad un ambiente di tipo aristocratico che riteneva il sapere un privilegio di pochi eletti (solo lui viene portato dalla Dea).

Note: considerando quello che Parmenide dice sul viaggio alla Dea, la sua ricerca dell’essere vero, la sua considerazione del Dio con un unico, immutabile, ingenerato, ecc… è dal conto mio non ancora del tutto distaccata da quello che erano i vecchi dei => probabilmente da considerare si iniziato di un nuovo pensiero, ma ancora ionico.

Secondo Parmenide di fronte all’uomo si aprono sostanzialmente due vie: il sentiero della verità, l’alétheia, basato sulla ragione, che ci porta a conoscere l’Essere vero, e il sentiero dell’opinione (doxà), basato sui sensi, che ci ‘porta a conoscere l’Essere apparente (come per Eraclito fanno i dormienti: seguono le sensazioni e l’esperienza). Il filosofo deve ovviamente imboccare quella della verità, della ragione, che, per Parmenide, basandosi su due principi, quello di identità e quello di non-contraddizione, dice sostanzialmente una cosa: l’essere è e non può non essere, mentre il non-essere non è e non può essere. Con questa tesi Parmenide intende affermare che solo l’essere esiste, mentre il non essere, per definizione, non esiste e non può quindi essere pensato.
Partendo da questo presupposto chiave, Parmenide elabora le caratteristiche dell’essere vero o autentico, mediante una logica che deve escludere tutto ciò che non è. Queste caratteristiche sono:
➢ Ingenerato e duraturo: poiché se nascesse, dovrebbe per forza morire, quindi non-essere;
➢ Eterno: non infinito, ma al di là del tempo, poiché se fosse implicato nel tempo avrebbe un inizio e una fine, un prima e un dopo, quindi una morte, quindi il non-essere;
➢ Immutabile: poiché se muta è compreso nel tempo quindi…
➢ Immobile: poiché se si muove muta quindi….
➢ Unico e omogeneo: perché se fosse molteplice o diverso implicherebbe degli intervalli di non-essere;
➢ Finito: poiché secondo la mentalità greca, il limite è caratteristica del divino e quindi perfezione.

Parmenide utilizza l‘immagine della sfera per semplificare la sua concezione dell’essere vero. La sfera infatti è indice di perfezione poiché è il luogo geometrico di punti equidistanti da un centro, e non implica il non-essere.
Il problema principale che riguarda questa concezione è l’identificazione dell’essere di Parmenide. Poiché abbiamo pochi frammenti che riguardano questo argomento, le ipotesi su cosa fosse in realtà l’essere vero di Parmenide sono tre:
➢ Dio, legata con la sua inclinazione teologica;
➢ Una costruzione logico-grammaticale, fondata sull’utilizzo della ragione e delle parole (essere e non-essere);
➢ Sfera, perfezione;

Per Parmenide quindi, il mondo in cui viviamo, poiché implica la morte e quindi il non-essere, è pura apparenza ingannatrice.
Le vie prospettate da Parmenide sembrano in realtà più di due. Sembra che egli concepisse anche una terza via: a) la via dell’assoluta verità; b) la via dell’opinione ingannevole (la doxà fallace); c) la via dell’opinione plausibile (la doxà plausibile).
Questa terza via era basata si su una conoscenza sensibile, ma escludeva a priori il non-essere, facendo leva sul dualismo giorno – notte; si pensava infatti che nella concezione degli opposti che regolava l’universo, ci fosse un elemento positivo, concepito come essere, e uno negativo, concepito come non-essere. Secondo Parmenide invece, l’errore stava proprio qui; infatti i contrari devo essere pensati come l’unita dell’essere, e quindi considerati entrambi essere. La deduzione di Parmenide è quindi basata si sul dualismo luce-notte, ma entrambi vengono considerati essere (es. cadavere).

Nella storia:
Anche se pieno di oscurità e interrogativi, il pensiero parmenideo resta comunque molto importate, tanto che tutti i filosofi futuri che si sforzeranno di pensare a una realtà assoluta ed eterna, l’eredità dell’eleate sarà sempre presente.

ZENONE:

Zenone di Elea fu scolaro e amico di Parmenide, di cui era più giovane di 25 anni. Morì coraggiosamente sotto le torture di un tiranno.
Secondo Platone, Zenone difendeva quasi la teoria di Parmenide di un essere unico e immutabile. Secondo lui le contraddizioni di una realtà molteplice e mutabile sarebbero insostenibili. Perciò Zenone riduce all’assurdo le teorie degli avversari di Parmenide. Attraverso la dialettica, la quale consiste nell’ammettere le teorie dell’avversario per ricavarne conseguenze che le contestano. Zenone ammette la molteplicità della realtà espressa dai Pitagorici, e il mutare della realtà espressa da Eraclito, per poi arrivare a dimostrarne l’assurdità.
Per confutare la tesi dei Pitagorici, lui parte con l’ammettere che la realtà è molteplice e la confuta dicendo che se le cose sono molte, di conseguenza i loro numero sarà, in un certo tempo, sia finito che infinito: finito poiché non possono essere ne più ne meno di quanto sono, ma infinito, perché tra due di queste cose ce ne sarà sempre un’altra. Il considerare quindi una realtà molteplice, significa includere l’infinito, che per i Pitagorici rappresentava l’imperfezione. Si viene così a creare una contraddizione: la realtà rappresenta nello stesso momento la perfezione e l’imperfezione…ed ecco confutata la tesi pitagorica.
Per confutare la tesi di Eraclito, del mutare della realtà, Zenone pone quattro argomenti contro di esso, contro il movimento: quello dello stadio (non si può mai arrivare all’estremità opposta), quello di Achille (non può raggiungere la tartaruga), la freccia (sempre ferma), le masse nello stadio (treni).

Con queste dimostrazioni Zenone afferma indirettamente la tesi del suo maestro secondo la quale l’essere vero e logico non è quello in cui viviamo, poiché noi, che parliamo di molteplicità e di movimento, siamo sopraffatti dalle sensazioni. Con queste dimostrazioni, soprattutto con quelle del moto, avviene però una spaccatura tra il mondo fisico che oggi conosciamo, e la matematica-logica su cui Zenone si basa per la dimostrazione.

Nella storia:
Zenone fu molto importante nella storia in quanto con le sue dimostrazioni, creò dei seri problemi di logica e filosofia della scienza, che i filosofi posteriori etichettarono come falsi e futili ragionamenti, poiché probabilmente non furono mai in grado di risolverli, come non lo siamo noi oggi.

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