Purgatorio, canto I

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Testo

IL PURGATORIO
PROEMIO DEL PURGATORIO
Enunciata la proposizione, il poeta invoca le Muse e, in particolare, Calliope, perché accompagnino il suo canto con il suono con cui esse vinsero le figlie di Pierio
Per percorrere acque più tranquille rispetto a quelle dell’Inferno, la nave del mio intelletto alza le vele, lascia dietro di sé quel mare così tormentato; e io con il mio canto parlerò del secondo regno, in cui lo spirito umano si purga e diventa, in questo modo, degno di entrare in Paradiso.
Ma qui la poesia, morta, risorga, o sante Muse, poiché sono vostro; e qui Calliope s’innalzi un po’, accompagnando il mio canto con quella musica di cui le sciagurate figlie di Pierio avvertirono la superiorità, al punto che persero la speranza del perdono.
o v. 1: Le miglior acque sono quelle del Purgatorio, che circondano la montagna; è espressa una dimensione più lieve di quella dell’Inferno, le cui acque sono un mar sì crudele.
o v. 1 – 6: A differenza dell’Inferno, dove la materia più umile non lo richiedeva, il Purgatorio, per l’argomento più solenne, si apre con un ampio proemio, di cui i primi sei versi sono l’argomento della cantica e i sei seguenti l’invocazione alle muse.
o v. 1 – 12: I verbi dei primi dodici versi indicano innalzamento e lievità.
o v. 2: La navicella è una metafora per indicare l’ingegno del poeta, o la poesia stessa; attraverso l’ingegno poetico, Dante si prepara ad affrontare un argomento più piacevole rispetto a quello trattato nell’Inferno.
o v. 3: Il mar sì crudele è quello dell’Inferno, che viene descritto come un magma oppressivo, in confronto alle acque calme de Purgatorio.
o v. 4: Il secondo regno è il Purgatorio, rispetto al primo, che era l’Inferno.
o v. 7: La morta poesì, una metonimia, è la poesia dei morti spiritualmente, di coloro che hanno perso per sempre Dio e che si trovano nell’Inferno, il regno della morta gente, poiché aveva parlato di anime spiritualmente prive di vita. La materia più elevata esige un tono più alto, perciò la poesia deve risorgere.
o v. 8: I poeti sono i sacerdoti delle Muse e appartengono a loro, poiché esse ispirano la composizione religiosa. Con l’affermazione di completo abbandono nelle mani delle Muse, Dante cita Orazio, che si definiva loro possesso. Le Muse sono sante e pur essendo divinità pagane, sono considerate metafora di ideali cristiani
o v. 9: Calliope era la musa della poesia epica, invocata da Dante sul ricordo virgiliano e ovidiano; Dante non scrive un’opera definita, secondo la distinzione aristotelica dei generi letterari, epica, ma assume un genere medio e vario.
o v. 11: Si allude al mito, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, delle nove figlie di Pierio, re di Tessaglia, che osarono sfidare nel canto le Muse; Calliope le vinse e, per punizione della loro tracotanza (ύβρις), le trasformò in gazze.
o v. 11 - 12: Le Piche hanno la sensazione che alla vittoria delle Muse, segua una condanna per loro.
Dante, uscito dalle tenebre infernali, gode della purezza dell’aria serena e osserva la volta celeste, illuminata dalle stelle; è colpito dallo splendore di quattro di esse, che non furono mai viste, se non da Adamo ed Eva, e compiange il nostro emisfero, perché privo della loro bellezza.
Il carezzevole colore dello zaffiro orientale, che si espandeva nell’aria chiara, intatto fino al primo cielo, rinnovò quella gioia del vedere ai miei occhi, non appena fui uscito dall’atmosfera di morte, che mi aveva addolorato gli occhi e il cuore.
Venere, il pianeta che esercita il suo influsso accendendo le anime d’amore, illuminava l’Oriente, nascondendo con la sua luce più viva la Costellazione dei Pesci che l’accompagnava.
Io mi voltai verso destra e fissai la mia attenzione al polo antartico, e vidi quattro stelle, che sono state viste solamente dai primi uomini.
Il cielo pareva gioire della loro luminosità: o sfortunato emisfero settentrionale, dolorosamente privo di quella luce poiché non puoi più contemplarla!
o v. 13: Lo zaffiro orientale è una pietra preziosa di colore azzurro, che diffonde una luce pura e brillante, paragonata a quella del cielo dell’emisfero antartico. Dolce color è una sinestesia.
o v. 13 – 18: E’ la prima nota di paesaggio che caratterizza il Purgatorio. L’atmosfera della seconda cantica è quella della progressiva liberazione dell’anima dal peccato, della sua ansiosa ascesa verso il cielo.
o v. 15: Il mezzo è il termine scientifico per indicare l’elemento interposto tra un soggetto percipiente e un oggetto percepito, riferendosi al fenomeno della visione; è ciò che sta in mezzo fra il cielo e la terra. Il primo giro potrebbe essere: il cerchio della luna, nel Paradiso; la linea dell’orizzonte; la sfera del fuoco, cioè la sfera purificatoria che si trova prima della luna; il primo mobile, cioè il primo cielo dell’Empireo, il nono a partire dalla Terra.
o v. 16: Da quando era entrato nell’Inferno, Dante non aveva più provato la gioia di contemplare il cielo stellato.
o v. 17: L’aura morta è una metafora che indica l’atmosfera di morte caratteristica dell’Inferno.
o v. 18: Si indica la sofferenza fisica e spirituale del viaggio infernale.
o v. 19: Il pianeta Venere influisce sulla terra nell’inclinazione all’amore.
o v. 19 – 21: La posizione spaziale e temporale di Dante è data attraverso le condizioni astronomiche e riferimenti mitologici.
o v. 21: Venere copre con la sua luce la costellazione dei Pesci, che erano sotto la sua guida, cioè che si trovavano in congiunzione con lei. Poiché siamo due ore prima del levar del sole, sull’orizzonte del Purgatorio appare la costellazione dei Pesci, ed essendo Venere lucente al mattino e congiunta con questa costellazione, la offusca. Secondo calcoli astronomici, nella primavera del 1300, Venere era vespertina e non mattutina, ma l’imprecisione scientifica dimostra che Dante immagina concomitanze ideali. La notizia astronomica serve a dare un’indicazione di tempo, che dà l’impressione di un rendiconto di un viaggio, scandito nel tempo e nello spazio.
o v. 22: La man destra simboleggia la giustizia..
o v. 23: Il Purgatorio è agli antipodi di Gerusalemme, quindi nell’altro emisfero. Le quattro stelle simboleggiano le quattro virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza), come le tre stelle che Dante ammirerà, verso l’ora del tramonto, nella valletta dei Principi, rappresentano le tre virtù teologali (Fede, Speranza e Carità).
o v. 24: I primi uomini furono Adamo ed Eva che, commettendo il peccato originale, furono privati delle quattro virtù cardinali. Dante introduce spunti polemici della realtà con un fine pedagogico.
o v. 26: La terra viene descritta come un deserto morale e spirituale, con cui Dante esprime il decadimento del suo tempo.
Volgendosi verso l’altro emisfero, Dante vede, vicino a sé, un vecchio dall’aspetto venerando: sul suo volto si riflette la luce delle quattro stelle, che lo illuminano.
Quando distolsi lo sguardo da loro, volgendomi un poco verso il polo artico, in quel punto dell’orizzonte in cui il Gran Carro era già sceso, vidi vicino a me un vecchio solo, all’apparenza degno di grande rispetto, pari a quello che un figlio deve nutrire nei confronti del padre.
Aveva una lunga barba con qualche pelo bianco, dello stesso colore dei capelli, che scendevano sul petto in due ciocche diverse.
I raggi delle quattro stelle sante illuminavano il suo volto, così che io lo vedevo come se il sole fosse davanti a lui.
o v. 30: Dante si volge nella direzione in cui era già sparita, scesa sotto l’orizzonte, l’Orsa Maggiore.
o v. 31: Marco Porcio Catone Uticense, nato nel 95 a.C. e uccisosi a Utica nel 46 a.C., aspirò a liberare Roma dalla tirannide di Silla; dopo aver combattuto nella guerra di Macedonia, fatto tribuno, fu nemico di Catilina e avversò il triumvirato. Seguì Pompeo, che gli parve il solo capace di salvaguardare la libertà repubblicana, e si uccise ad Utica, dopo il trionfo di Cesare, per non cadere nelle mani del vincitore e per non sopravvivere alla caduta della Repubblica da lui difesa per tutta la vita. Dante salva e pone custode del Purgatorio un pagano, per di più suicida, perché Dante aveva di lui un’immagine di figura ideale, degna di riverenza e piena di gravità solenne. Anche Virgilio lo aveva posto come legislatore nei Campi Elisi. Il suicidio è qui visto come un martirio destinato ad un fine superiore, che è la libertà, quindi Catone è posto su un piano di eccezione; Catone, visto come auctor libertatis, da personaggio pagano qual era, viene cristianizzato. Catone era anche un filosofo stoico, fatto per cui dimostrava coerenza morale e rispetto della legge. Il provenzalismo veglio e l’aggettivo solo servono a isolare e a dare rilievo alla figura di Catone, che appare statuario e solenne.
o v. 34 – 36: La descrizione è ricavata da Lucano, dove si dice che Catone, dall’inizio della guerra civile, non si tagliò più né barba né capelli. La descrizione di Dante dà un’impressione di solennità e di grandezza reverenziale.
o v. 37: Le stelle, simbolo delle quattro virtù cardinali, si traducono in Catone, che appare illuminato dalla loro luce.
o v. 39: La luce delle quattro stelle che illuminano il volto di Catone indica che le quattro virtù cardinali splendettero in Catone.
Catone, credendo che i due poeti siano dei dannati, chiede loro come possano essere fuggiti dall’Inferno, infrangendo le leggi eterne. Virgilio, fatto inginocchiare Dante, risponde a Catone rivelandogli la loro condizione, chiarendo le ragioni del viaggio e supplicandolo di lasciar loro visitare il regno di cui egli è custode.
“Chi siete voi, che risalendo il ruscello in senso contrario, siete fuggiti dall’Inferno?”, disse quello, movendo quella barba che gli conferiva dignità, “Chi vi ha guidato o vi ha fatto da guida, aiutandovi ad uscire fuori dal buio che rende sempre tenebroso l’abisso infernale? Le leggi che impediscono ai dannati di uscire dall’inferno sono state infrante a tal punto? O in cielo è stato fatto un nuovo decreto che permette ai dannati di venire alla mia montagna?”.
La mia guida, allora, mi afferrò e, con le sue parole, le sue mani e i suoi cenni, mi fece inginocchiare a capo chino, in atto di riverenza.
Dopo di che, rispose: “Non venni per mia iniziativa: una donna scese dal Paradiso e, per le sue preghiere, soccorsi quest’uomo con la mia compagnia. Ma, giacché tu vuoi che io ti spieghi quale sia la nostra vera condizione, non è possibile che il mio desiderio si neghi al tuo volere. Egli non è morto, ma a causa della sua superbia intellettuale, la morte gli si avvicinò a tal punto che mancò poco che avvenisse. Come ho già detto, fui mandato a lui per salvarlo e non c’era altra via che questa. Gli ho mostrato tutti gli spiriti dannati e ora gli voglio far vedere quelle anime che si purificano sotto la tua custodia. Raccontarti come l’ho condotto fin qua sarebbe cosa lunga da fare: dall’alto scende la virtù di Dio che mi ha aiutato a condurlo, a vederti e ad ascoltarti. Ora degnati di prendere in considerazione benevola il suo arrivo: va cercando la libertà morale, che è così importante, che lo può sapere solo colui che, in nome di essa, ha rinunciato alla vita. Tu lo sai, poiché non ti fu grazie a lei amara la morte ad Utica, dove lasciasti il tuo corpo che nel giorno del giudizio universale e della resurrezione dei morti risplenderà tra i beati. Non sono stati infranti gli editti eterni, poiché egli è ancora vivo e io non sono legato al giudizio di Minosse, ma sono nel cerchio dove si trova Marzia dagli occhi casti che nel volto ancora prega, o anima santa, che tu la tenga con sé. In nome del suo amore, acconsenti alle nostre preghiere.Lasciaci andare per le sette cornici del Purgatorio: ringrazierò anche lei per il tuo favore, se ti fa ancora piacere di essere ricordato laggiù”.
o v. 40: Catone si riferisce al ruscello che unisce il centro della terra, dove è conficcato Lucifero, all’isola del Purgatorio. Il fiume è cieco perché nascosto sotto terra, nelle tenebre, e poiché è infernale.
o v. 41: La pregione etterna è l’Inferno.
o v. 42: L’aggettivo oneste è riferito a Catone, e non alla sua barba, quindi è in ipallage.
o v. 46: Le leggi infernali vietano che un dannato possa uscire dal luogo della sua pena.
o v. 46 – 48: L’apostrofe risulta particolarmente rude e cruda grazie alle parole rotte e grotte in fine di frase.
o v. 48: Le parole di Catone, così aspre e severe, contrastano con l’atmosfera idillica del paesaggio, che Dante ha creato come sfondo di questo incontro. Grotte è una sineddoche che indica il luogo cui fa la guardia Catone.
o v. 49: Virgilio cercherà di spiegare a Catone le ragioni del loro viaggio e incomincerà un discorso con cui cerca di ottenere la sua benevolenza (captatio benevolentiae) e con cui esprime ammirazione nei suoi confronti.
o v. 50: Anafora di e con e gradatio (climax) ascendente.
o v. 52: Tutto il discorso di Virgilio è costruito con alta e solenne oratoria, dopo aver giustificato la presenza sua e del discepolo sull’isoletta del purgatorio. Non manca la captatio benevolentiae, con il ricordo di Marzia, né la perorazione nella chiusa.
o v. 53 – 54: Virgilio sintetizza ciò che è stato narrato nel II canto dell’Inferno.
o v. 56: Vera ha valore avverbiale.
o v. 58: Virgilio spiega che Dante non è ancora morto fisicamente, ma si è avvicinato alla morte spirituale.
o v. 59: La follia di Dante consiste nella superbia intellettuale, cioè nell’aver cercato di uscire dai propri limiti e dalla propria coscienza.
o v. 66 – 67: C’è una rima interna tra balìa e saria.
o v. 70: Comincia la captatio benevolentiae e termina la parte informativa.
o v. 73: Il verso è un anacoluto.
o v. 74: Il suicidio pare nobilitato come atto di eroica rinuncia, quasi come un martirio. Utica è la città africana, a nord di Cartagine, dove gli ultimi resti dell’esercito pompeiano tentarono l’estrema resistenza contro Cesare. Catone, che era uno dei capi dell’esercito, si diede ivi la morte nel 46 a.C.
o v. 75: Dante indica la futura beatitudine di Catone, con un riferimento al Giudizio Universale.
o v. 77: Dante è ancora vivo e Virgilio, essendo nel Limbo, è al di fuori della giurisdizione di Minosse, che comincia con il secondo cerchio dell’Inferno.
o v. 78: Gli occhi casti sono una sineddoche, e casti è un’ipallage.
o v. 79: Marzia, figlia di Lucio Marcio Filippo, andò in sposa a Catone, che poi la cedette a Quinto Ortensio, ma, dopo la morte di questo, essa tornò all’Uticense. Il ricordo di Marzia è una captatio benevolentiae.
o v. 80: Il santo petto è una sineddoche, e santo è un’ipallage.
o v. 81: I sette regni sono le sette cornici del Purgatorio che sono sotto la balìa di Catone.
Catone risponde di aver amato Marzia e di aver fatto per lei ogni favore, finché visse; ora che essa dimora al di là dell’Acheronte, non può più influire su di lui per quella legge che fu fatta quando egli lasciò il Limbo. Ma se un volere celeste guida i due poeti, basta ciò per concedere il suo permesso. Virgilio dovrà lavare il volto di Dante, togliendovi le tracce dell’Inferno, e recingerne i fianchi con un giunco che coglierà sulla spiaggia dell’isola. Detto questo, Catone sparisce.
“Marzia piacque tanto ai miei occhi durante la mia vita terrena”, disse allora, “che feci tutto quello che lei volle. Ora che si trova dall’altra parte del fiume dell’Inferno, non ha più influenza su di me, a causa di quella legge che fu fatta nel momento in cui Cristo liberò le anime degne della salvezza dal Limbo. Ma se è una donna del Paradiso a determinare il tuo viaggio, come dici tu, non è necessario richiamarmi al mio amore terreno: è sufficiente che tu mi richieda ciò che mi sta chiedendo nel nome di questa donna celeste. Vai, dunque, e fai in modo di cingere costui con un giunco liscio e di lavargli il volto e gli occhi, in modo da cancellare dal volto ogni traccia di bruttura, poiché non è appropriato presentarsi all’angelo che sta sulla porta del Purgatorio con l’occhio offuscato dalla nebbia. Questa piccola isola, nella parte più bassa della spiaggia, là dove è percossa dalle onde marine, presenta dei giunchi sopra la fanghiglia: nessun’altra pianta che produca foglie o abbia un tronco vi può vivere, perché non cede alle percosse dell’onda, assecondandola. Poi il vostro ritorno non avvenga da questa parte; il sole che ormai sta sorgendo vi mostrerà come affrontare il monte verso una salita meno aspra, più agevole”.
Detto questo, Catone sparì; io mi alzai senza parlare, mi avvicinai a Virgilio e alzai gli occhi a lui.
o v. 85: Il discorso di Catone si apre con il nome della moglie: è un cedimento affettivo, da cui Catone si riprende per affermare che ormai essa non può più nulla su di lui; il dovere impostogli dalla nuova funzione fa tacere anche gli affetti più teneri, divenuti un lontano ricordo.
o v. 88: Marzia si trova al di là dell’Acheronte, nel Limbo, che è il I cerchio dell’Inferno, anche se non vi sono né pene né peccatori. Catone, inizialmente, si trovava lì con gli altri spiriti magni, ma fu tratto da Cristo e portato al Purgatorio.
o v. 89: Dante si riferisce alla legge che venne fatta nel momento in cui Cristo, sceso nel Limbo, vi trasse gli ebrei giusti e i Patriarchi dell’Antico Testamento per farli beati. Catone stette nel Limbo un’ottantina di anni, fu tolto da quel luogo e collocato a custodia del Purgatorio dopo la discesa di Cristo nel Limbo.
o v. 91 - 92: Il ricordo di Marzia, nella coscienza dell’Uticense, è considerato una lusinga.
o v. 93: Catone si sottomette al richiamo religioso da parte della donna celeste.
o v. 95: Il giunco è il simbolo dell’umiltà, poiché è una pianta che cresce bassa ed è semplice. L’azione di lavare il viso corrisponde ad un lavaggio spirituale e di purificazione.
o v. 96: Il sudiciume è il simbolo dei peccati infernali, che hanno lasciato una traccia sul volto del pellegrino.
o v. 98: La nebbia è il residuo del fumo degli Inferi.
o v. 98 – 99: Il primo ministro è l’angelo posto a guardia della prima cornice.
o v. 102: I giunchi nascono in terreno molle e fangoso.
o v. 103 - 105: Nessun’altra virtù, come l’umiltà, induce al pentimento e, quindi, alla purificazione.
o v. 109: La sparizione, come l’apparizione di Catone, così improvvisa e miracolosa, serve a introdurci nel clima del Purgatorio, fatto di mistero, di simboli e di riti sacrali.
o v. 110: Dante è rimasto, per tutto questo tempo, inginocchiato e in silenzio, con un atteggiamento raccolto e umile che si conviene a questo inizio del viaggio di redenzione.
Dante volge gli occhi al maestro, che lo invita a seguirlo; i due poeti scendono verso la spiaggia e Dante scorge il tremolio del mare. Giunti in un luogo in ombra, dove l’erba è bagnata di rugiada, Virgilio lava con essa il volto di Dante, poi recinge i suoi fianchi con un giunco che, appena strappato, rinasce miracolosamente.
Egli cominciò: “Segui i miei passi, volgiamoci indietro, poiché la pianure scende da questa parte, dove ha la sua parte più bassa”.
L’alba, sorgendo, vinceva e faceva fuggire l’ultima ora della notte, in modo che al nuovo albore potei vedere il tremolare del mare in lontananza.
Noi camminavamo per la pianura solitari come chi torna a cercare la strada che ha perduta, al quale pare di fare un tragitto inutile fino a quando non l’ha trovata.
Quando fummo là dove la rugiada resiste al calore del sole e, trovandosi in un luogo dove si trova l’ombra, evapora lentamente, entrambe le mani, con delicatezza, il mio maestro distese delicatamente sulla rugiada; non appena compresi lo scopo del suo atto, avvicinai verso di lui le mie guance piene di lacrime: mi rese nuovamente e del tutto visibile il colore naturale che era stato nascosto dal sudiciume dell’Inferno.
Ritornammo poi per la spiaggia deserta, che non vide mai avvicinarsi un navigante che fosse poi in grado di tornare.
Virgilio mi cinse con un giunco, come aveva voluto Catone: che meraviglia! Non appena egli colse l’umile pianta del giunco, un’altra rinacque là dove la prima era stata divelta.
o v. 115: L’alba vince, a poco a poco, con il suo chiarore, le ultime ore della notte.
o v. 117: Il tremolio del mare suggerisce il movimento della luce sull’acqua, che Dante, dopo essere passato per l’ombra dell’Inferno, riesce a riconoscere e riflette la trepidazione dell’anima di arrivare alla purificazione.
o v. 118: La solitudine del luogo e questo cammino silenzioso dei due poeti aumentano la suggestione della scena e preparano al rito sacrale dell’abluzione e della recinzione col giunco.
o v. 123: L’orezza è un luogo ombroso.
o v. 131 – 132: Allusione al viaggio di Ulisse.
o v. 136: La rinascita immediata del ramoscello di giunco ha un significato allegorico: l’umiltà non si esaurisce mai.
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