DANNI AL SISTEMA NERVOSO DOVUTO A DROGA

Materie:Tesina
Categoria:Biologia
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Testo

La ricerca biologica ha consentito di acquisire significative conoscenze riguardo ai meccanismi secondo cui la droga, le diverse sostanze e i vari farmaci che inducono dipendenza agiscono sulle strutture nervose umane. Il sistema nervoso è un sistema delicato e complesso e può essere alterato in modo irreversibile da molte sostanze. Fra queste le più pericolose sono le droghe.

Il sistema nervoso è un complesso di organi altamente specializzati nelle loro funzioni che ci permettono di vedere,di udire e, soprattutto, di pensare. Il normale equilibrio psichico di un individuo, dipende in buona parte dall’integrità anatomica di queste strutture e dalla loro normale funzionalità.
Qualunque fattore che ne alteri la struttura, o la funzione, influisce sul normale corso dei pensieri, creando situazioni che definiamo “patologiche”.
Il sistema nervoso dell’uomo è costituito da due parti:
• il sistema nervoso centrale;
• il sistema nervoso periferico.
L’ elemento funzionale di tutto il sistema nervoso è il NEURONE, o cellula nervosa. I neuroni possiedono la fondamentale proprietà di essere cellule conduttrici, in grado cioè di trasmettere segnali di natura elettrici, detti impulsi. Il neurone è costituito dal corpo cellulare, dove troviamo il nucleo e altri orfanelli cellulari fondamentali, e da cui si diramano due tipi di prolungamenti di lunghezza e aspetto diversi:
• i dendriti assomigliano a microscopici tentacoli che si ramificano già vicino al corpo cellulare e sono paragonabili a minuscole antenne che raccolgono i segnali provenienti dalle altre cellule nervose;
• l’assone è solitamente molto più lungo dei dendriti e si ramifica solo all’estremità formando numerose fibre terminali; esso è il prolungamento che porta gli impulsi elettrici dal corpo cellulare alla periferia, per raggiungere un’altra cellula nervosa, una fibra muscolare o una ghiandola.
L’assone è avvolto dalla guaina mielinica, che fornisce sostegno e nutrimento e fanno da “nastro isolante”, in modo che ci sia una conduzione di impulsi più rapida ed efficiente.
Ciascun assone termina con delle ramificazioni su ognuna delle quali troviamo un rigonfiamento, detto bottone sinaptico che, avvicinandosi ad un neurone, forma una fessura,una struttura di collegamento, detta sinapsi.
Queste cellule hanno dimensioni microscopiche e, solo nel sistema nervoso centrale, ce ne sono circa trenta miliardi.
Ma perché è così pericoloso l’uso della droga?
Innanzitutto per la sua azione generale sul sistema nervoso, e quindi su tutto il nostro organismo,che si esplica con un’ interferenza continua nella trasmissione degli impulsi nervosi. La droga infatti ,soprattutto quella pesante, va a sostituirsi ai mediatori (i responsabili della trasmissione degli impulsi a livello delle sinapsi) con le più tragiche conseguenze. Infatti è stato accertato che gli psico-stimolanti agiscono su recettori cerebrali sensibili alla dopamina, un' importantissimo mediatore chimico presente nell'organismo umano, che presiede alla trasmissione degli impulsi nervosi (neurotrasmettitore). Così è stato scoperto, ad esempio, che la cocaina agisce mantenendo alti i livelli della dopamina nel tessuto nervoso, impedendone la degradazione, mentre le amfetamine agiscono stimolando il rilascio della dopamina stessa.

L'ecstasy, dal canto suo, oltre a stimolare il rilascio di dopamina (come le amfetamine), sembra anche responsabile dell'incremento di un'altro importante neurotrasmettitore: la serotonina.

Anche le altre "droghe" sono responsabili di specifiche interazioni con varie strutture dell'organismo: è stato infatti accertato, ad esempio, che per gli oppiacei e anche per la cannabis esistono specifici recettori nel tessuto nervoso che riconoscono le particolari molecole (simili ad altre fisiologicamente presenti), provocando attivazione cellulare e con ciò perturbando il normale equilibrio biochimico.

Per quanto riguarda l'alcool etilico, anche se non sono ancora stati chiariti i meccanismi specifici, sembra che questo interferisca, oltre che con la dopamina, con altre due molecole endogene (glutammato e GABA o acido gamma-amminobutirrico) altresì molto importanti nella conduzione degli impulsi nervosi.

La conoscenza dei meccanismi d'azione delle specifiche sostanze non consente di formulare chiare ipotesi circa il modo in cui esse possano creare dipendenza. Ciò anche in relazione al fatto che le specifiche e differenti sostanze, o categorie di esse, determinano, all'interno dell'organismo, un numero sconcertante di risposte neurochimiche.

Negli ultimi anni è stato evidenziato, ad esempio, che tutte le sostanze capaci di generare "addiction" esplicano significativi effetti in una specifica regione del cervello nota come nucleo accumbens . Tale struttura, ricca di dopamina, sottostante alle regioni cerebrali deputate al controllo del movimento, fa parte del "sistema limbico", che svolge un ruolo basilare relativamente alle emozioni fondamentali e alla percezione del piacere e del dolore.

Alcuni esperimenti su animali da laboratorio dimostrano, (attraverso misurazione diretta mediante particolari sonde) che somministrando cocaina, amfetamine, alcol, cannabis o nicotina aumenta la concentrazione di dopamina nel nucleo accumbens. Inoltre, se si procede a bassi dosaggi, il nucleo accumbens si evidenzia come unico distretto in cui si registrano aumenti del livello di dopamina. Infine, la distruzione selettiva dei neuroni dopaminergici del nucleo accumbens, mediante una specifica tossina, determina nelle cavie dipendenti la cessazione del comportamento di autosomministrazione di amfetamine o cocaina.
Naturalmente i risultati ottenuti su animali da laboratorio non sono immediatamente riconducibili all'uomo; ad ogni modo la prospettiva delineata fornisce notevoli elementi su cui riflettere.
Alcuni ricercatori hanno messo in luce alcune "sussidiarietà" fra sostanze aventi caratteristiche per altri aspetti diverse; ad esempio: l'accresciuta secrezione di dopamina nel nucleo accumbens provocata dalla cannabis sembra attivata indirettamente, attraverso il meccanismo utilizzato dagli oppiacei. Ciò risulta dal fatto che il naloxone, antagonista degli oppiacei, impedisce il rilascio di dopamina nel nucleo accumbens in seguito a somministrazione di cannabis. Sembra inoltre che un altro antagonista degli oppiacei, il naltrexone, possa interferire con l'assunzione di alcool etilico (tanto da essere utilizzato negli USA nella prevenzione di ricadute da parte di alcolisti;).
“L’uomo prende un po’ di droga,la droga chiama altra droga, infine la droga prende l’uomo”
Più subdolo e forse poco conosciuto dai giovani che incautamente si avvicinano alla droga è il pericolo che fa della droga quello che viene definito un “viaggio senza ritorno”.
Prima che l’insana voglia di provare solo per una volta una droga anche leggera possa sfiorare un ragazzo è bene sapere che non è falso allarmismo dire che dall’inferno della droga è difficile venirne fuori.
La tossicodipendenza è infatti caratterizzata da due importanti e gravi fenomeni: la dipendenza e l’assuefazione. La dipendenza è ciò che crea nell’individuo quell’irrefrenabile bisogno di continuare a fare uso di droga. Si parla di dipendenza psichica quando è solo lo stato psichico-mentale dell’individuo a dipendere dall’uso della droga, creando, quando cessa l’assunzione della sostanza, stati nervosi di ansia e angoscia che spesso conducono al suicidio. Mentre, si parla di dipendenza fisica quando è l’organismo in tutte le sue componenti a vivere in schiavitù nei confronti della droga, tutto l’insieme dei gravi disturbi vengono definiti con il nome di sindrome di astinenza: dolori in tutto il corpo, nausea,vomito,collasso cardiocircolatorio,angoscia e confusione mentale.
In stato di crisi di astinenza un tossicodipendente rappresenta un grave pericolo per se stesso e per la società; pur di procurarsi ciò di cui il suo organismo ha ormai assolutamente bisogno, la droga, egli è disposto a tutto:rubare, aggredire e anche uccidere. E chi gli procura la droga sa come sfruttare questa dipendenza, trasformando il drogato in un esecutore delle più losche azioni, a cui non può sottrarsi.
Spesso l’uso prolungato di una sostanza determina la cosiddetta tolleranza o assuefazione, cioè quel fenomeno per cui l’organismo di un tossicodipendente si abitua a una certa dose di una sostanza reagendo ogni volta in modo sempre meno forte; ciò induce il consumatore ad aumentare le dosi per ottenere gli stessi effetti che prima otteneva con dosi minori.
E’ facilmente comprensibile come ciò renda qualsiasi droga un pericolo molto grave, spesso mortale.
Vari sono i modi che possono spingere una persona a drogarsi dal più banale al più serio, ma il sapere a che cosa si va incontro, un suicidio lento e penoso, deve essere sufficiente per indurre ognuno di noi a dire “no” droga, ma anche a battersi attivamente contro di essa e a trovare il modo di fare uscire da questo terribile gorgo chiunque vi sia entrato, o abbia intenzione di farlo. Negli ospedali medici e psicologi specializzati si dedicano al recupero dei drogati collaborando con enti privati e pubblici.

LE DROGHE ILLEGALI
Le droghe illegali comprendono un gruppo vasto di varie sostanze, in parte estratte da funghi e poi trattate e in parte prodotte per via sintetica. Esse sono oggetto di un commercio illegale e criminale che coinvolge numerosi paesi.
Le droghe si possono dividere in due grosse categorie: i sedativi e gli stimolanti. Tra le sostanze del primo gruppo ne fa parte l’oppio. L’oppio è un succo biancastro estratto dal papavero officinale o Papaver somniferum, che è originario dei paesi del Medio Oriente. Il gambo del papavero da oppio (famiglia delle Papaveracee), che può raggiungere e superare un metro di altezza, si presenta rigido e vuoto, avvolto dalle grandi foglie dentate e senza picciolo; anche i fiori sono di notevoli dimensioni e risultano formati da quattro petali, il cui colore varia dal bianco al lilla, attraverso il porpora, con una macchia scura alla base. Numerosi semi sono racchiusi nel frutto, costituito da una capsula (treto) che può raggiungere le dimensioni di una noce.
Il papavero da oppio è tradizionalmente coltivato in Turchia, Iran, Cina, Sud-Est asiatico e in Europa. Anche in altre zone del pianeta sono presenti coltivazioni, talvolta destinate all'estrazione di sostanze per il mercato illegale. Ad ogni modo il papavero sonnifero è anche coltivato a scopi ornamentali nei giardini delle zone temperate e calde di Europa e America. Non di rado, inoltre, il papavero sonnifero cresce spontaneamente a margine di campi coltivati.

Del papavero sonnifero possono essere utilizzati i semi che, assolutamente privi di sostanze stupefacenti, forniscono oli alimentari ricchi di lecitina e quindi di buon valore dietetico, soprattutto in relazione al controllo del livello di colesterolo nel sangue. I semi del papavero sonnifero sono inoltre tradizionalmente usati, in alcune zone, per arricchire il pane o in pasticceria.

Dalla capsula matura del papavero sonnifero, immediatamente dopo la fioritura, mediante incisione, si ricava una sostanza lattiginosa: quest'ultima, condensata e scurita (dall'ossidazione a contatto con l'aria), costituisce l'oppio.

Da esso derivano sostanze naturali come la morfina e la codeina, seminaturali come l’eroina e sintetiche come il metadone.
MORFINA e EROINA
L'eroina è una sostanza semi-sintetica derivata dalla morfina, principale alcaloide dell' oppio in cui è contenuta e da cui viene ricavata.
Fu introdotta alla fine del secolo scorso per combattere gli effetti della morfina, in realtà si scoprì ben presto che la diacetilmorfina (questo il nome tecnico dell'eroina) produce negli assuntori, per giunta con maggiore intensità e rapidità, gli stessi effetti farmacologici della morfina.
L'uso proprio della morfina è esclusivamente riservato (e attentamente disciplinato) nello specifico ambito del trattamento di sindromi dolorose di intensità molto severa (infarti del miocardio, dolori oncologici, gravi traumi). In questo ambito (terapia del dolore) la capacità analgesica della morfina é "selettiva" (la morfina, cioè , ha azione antidolorifica anche a dosaggi che non interferiscono con la percezione di altri stimoli sensoriali).
L'attività analgesica della morfina (e dunque anche dell'eroina) si esplica su due versanti: innalzamento della soglia del dolore e contestuale riduzione della risposta emozionale al dolore stesso. Ciò significa che anche quando la sensazione di dolore non viene del tutto eliminata (ma soltanto diminuita) essa viene comunque resa molto più tollerabile (se non trascurabile) in relazione all'assenza dei suoi "corollari" emotivi: ansia, panico, paura, sofferenza, prostrazione...

Morfina ed eroina interagiscono con l'organismo umano producendo diversi effetti. L'intensità di tali effetti varia notevolmente a seconda che la sostanza sia introdotta per via orale, inalatoria (fumata o "sniffata"), intramuscolare, sottocutanea o endovenosa.
Morfina ed eroina producono sensibili ripercussioni sulla funzione respiratoria, riducendola complessivamente e alterandone sia il ritmo che il volume. Altri effetti sono a carico della muscolatura dello stomaco e dell'intestino, in cui si produce rilassamento. Secrezioni e processi digestivi vengono notevolmente ridotti, producendosi inoltre stipsi. Nelle donne si riscontra di frequente la diminuzione dell'ovulazione e la mancanza di mestruazioni. Inoltre si determina un aumento della forza contrattile degli ureteri e della vescica. In generale, poi, morfina ed eroina provocano in chi le assume rallentamento psico-motorio e riduzione del coordinamento muscolare.
Da un punto di vista neuropsicologico, l'attività di morfina ed eroina coinvolge le strutture nervose che modulano la sensazione del piacere. Ed è proprio in questo ambito, in cui si regolano i sistemi della gratificazione e della difesa dalla frustrazione, che verosimilmente i meccanismi di "addiction" (genesi della dipendenza) trovano il loro terreno fertile. In tale contesto morfina ed eroina mostrano spiccatissime capacità nel ridurre la percezione del dolore e dell'ansia, anche inattivando specifiche aree delle zone arcaiche del cervello, responsabili delle emozioni fondamentali. La tipica condizione di "anestesia emotiva" di morfinomani ed eroinomani, il senso di distacco, di ovattamento, di indifferenza e inattaccabilità, di appagamento solipsistico, il disinteresse affettivo, sono verosimilmente correlati a tale funzione inibitoria. L'intenso piacere immediatamente successivo all'assunzione della sostanza per via endovenosa, il cosiddetto "flash", è seguito da uno stato di rallentamento dei processi percettivi e mentali in genere, fino alla catatonia e all'obnubilamento, che sovente si manifestano in sonnolenza e indolenza. Lo stato che così si determina sembra (ed è) caratterizzato dall'assenza di ogni preoccupazione e da una marcatissima tendenza all'apatia, nonché da sostanziali tratti egocentrici.
I fenomeni di assuefazione e tolleranza, tuttavia, non tardano molto nel determinare la riduzione degli effetti ricercati, con la parallela tendenza all'innalzamento delle dosi. E così, in non molto tempo, alla cosiddetta "fase di innamoramento" per la sostanza si sostituisce una routine principalmente tesa ad evitare gli effetti sgradevoli dell'astinenza.
I segni esterni più facilmente riscontrabili a testimonianza di una fase di intossicazione acuta consistono, soprattutto, in una accentuatissima miosi (restringimento delle pupille fino a dimensioni minime, come la capocchia di uno spillo), in una persistente sensazione di calore e prurito (rush cutaneo) con la conseguente tendenza a grattarsi (soprattutto il volto e il naso), in una significativa alterazione dell'articolazione del linguaggio (tipica modalità "strascicata") e, come già accennato, in una notevole sonnolenza e rallentamento delle attività psico-motorie in genere.
Particolarmente insidioso il fenomeno di sovradosaggio o overdose per ciò che riguarda morfina ed eroina. Fenomeno alquanto aleatorio, anche in relazione alle variazioni di principio attivo contenuto nelle sostanze provenienti dal mercato nero, nonché alle mutevoli condizioni di tolleranza delle persone, per esempio a seguito di più o meno prolungati periodi di astinenza. L'overdose da eroina e morfina può provocare decesso per asfissia, agendo entrambe le sostanze come potenti sedativi dei centri regolatori la funzione respiratoria. L'overdose procede dalla progressiva obnubilazione fino alla perdita di coscienza, parallelamente al progressivo rallentamento della respirazione e all'assunzione di colorito bluastro della persona in difficoltà, le cui pupille sembrano restringersi fino quasi a sparire. In situazioni del genere si deve immediatamente effettuare un intervento d'urgenza, chiamando un'ambulanza. Le strutture sanitarie dispongono di mezzi farmacologici (antagonisti) e terapeutici in genere adeguati per affrontare con efficacia tale genere di urgenze, purché l'intervento sia tempestivo.
La sintomatologia di astinenza in persone dipendenti da morfina ed eroina, alla sospensione delle assunzioni, può essere piuttosto spiacevole (in relazione agli standard di dosaggio precedentemente assunti), tuttavia non costituisce un pericolo significativo per la sopravvivenza degli individui, a meno di particolari e rarissime condizioni pregiudizievoli. La sindrome astinenziale può presentarsi anche dopo poche settimane di regolari assunzioni e inizia dopo 8 - 16 ore dall'ultima dose. In genere i sintomi raggiungono la massima intensità fra le 48 e le 72 ore, per poi progressivamente decrescere e risolversi nel giro di circa una settimana. Tuttavia strascichi sui normali ritmi veglia-sonno possono permanere un po' più a lungo, così come possono permanere o ripresentarsi oscillazioni nel tono dell'umore, fino a tradursi in rinnovati stati compulsivi responsabili di molte ricadute.
I sintomi ricorrenti dell'astinenza da morfina ed eroina sono (con intensità e presenza variabile): dolori muscolari e articolari, alterazioni della termoregolazione (sensazioni indiscriminate di caldo e freddo, sudorazione), rinorrea (gocciolamento del naso), orripilazione (pelle d'oca), insonnia, ansia e irritabilità, irrequietezza, dilatazione delle pupille, tremori muscolari, mancanza d'appetito, sbadigli, lacrimazione, palpitazioni.
METADONE
Il metadone è un analgesico oppiaceo i cui effetti sull'organismo umano sono molto simili (se non identici) a quelli di morfina ed eroina. A differenza di queste ultime, comunque, il metadone viene prodotto integralmente in laboratorio e non ricavato da prodotti vegetali. Il metadone fu sintetizzato nei laboratori della Germania nazista, allorquando la difficoltà nell'acquisto di oppio (a causa dell'embargo bellico) rendeva necessarie altre modalità di approvvigionamento di analgesici per far fronte alle esigenze della guerra e dei suoi traumi.
Alcune peculiarità farmacologiche del metadone ne hanno suggerito l'uso, non di rado discusso, come sostituto terapeutico dell'eroina in persone dipendenti. Rispetto a morfina ed eroina, il metadone ha una maggiore efficacia per via orale (nell'ambito delle dipendenze si usa la forma farmaceutica dello sciroppo) e un'azione prolungata nel tempo: 24 ore e oltre a fronte delle 6 - 8 di morfina ed eroina. In base a tali caratteristiche si è pensato che il metadone potesse consentire la disabitudine alle assunzioni ripetute e ravvicinate di altri oppiacei e l'astensione dalla pratica ipodermica (iniezioni endovenose, spesso in condizioni di igiene precaria).
Altra peculiarità del metadone è relativa alla sindrome di astinenza, particolarmente prolungata e fastidiosa, pur se leggermente meno intensa rispetto a quella provocata da morfina ed eroina.
Il metadone costituisce attualmente strumento farmacologico nell'ambito delle cosiddette iniziative di "riduzione del danno": strategie, si badi bene, che non mirano immediatamente e necessariamente all'astinenza dalle sostanze, ma a contenere le possibili conseguenze negative di situazioni di dipendenza.
Numerosi argomenti sono stati sollevati a sostegno o critica di tale genere di approccio e delle prassi di sostituzione con sostanze come il metadone. I propugnatori del metadone e delle sostanze sostitutive sostengono che la somministrazione di tali farmaci consente di ridurre le morti per overdose, la diffusione delle malattie infettive e di affrontare con buona efficacia varie altre implicazioni sociali relative alla tossicodipendenza. Altri, oltre a considerare problematicamente e con beneficio d'inventario tali affermazioni, ritengono che i medesimi risultati positivi potrebbero essere conseguiti mediante modalità di approccio e strategie meglio orientate al mantenimento e conseguimento della condizione "drug-free" (assenza di farmaci).
Il metadone può essere utilizzato per brevi periodi di disassuefazione dall'eroina, mediante somministrazione "a scalare" (dosaggi progressivamente decrescenti); naturalmente questo tipo di protocolli terapeutici richiede la motivazione e la collaborazione delle persone interessate (dipendenti) e la disponibilità di supplementari forme di sostegno psicologico e sociale, durante e dopo lo scalaggio. Sussidi che, nei limiti del possibile, siano d'aiuto nell'evitare la prematura interruzione del programma farmacologico stesso e il contestuale o successivo ricorso ad altre sostanze.
Più spesso, attualmente, il metadone viene somministrato secondo programmi di mantenimento e cioè per periodi di tempo prolungati e senza l'obiettivo (immediato e/o necessario) di pervenire a una condizione "drug-free". Secondo tale prospettiva i dosaggi di metadone sono in genere più consistenti e possono venire progressivamente innalzati laddove permanga il ricorso ad altre sostanze. L'incremento dei dosaggi di metadone, determinando assuefazione (sovrapponibile a quelle di morfina ed eroina, in relazione al fenomeno della cosiddetta "tolleranza crociata") dovrebbe progressivamente scoraggiare il ricorso ad altri oppiacei, a causa della crescente difficoltà nell'ottenere gli effetti gratificanti ricercati.
Tale "filosofia" di trattamento e le prassi collegate destano qualche perplessità in varie persone, per diversi e facilmente immaginabili motivi di ordine pratico ed etico. Dal nostro punto di vista, piuttosto che addentrarci in argomenti relativi ai "massimi sistemi", preferiamo guardare con fiducia alle potenzialità di ciascun individuo (ove si realizzino condizioni appropriate), nel valorizzare le proprie capacità di autonomia psicologica e di indipendenza da situazioni limitative della libertà personale. Ciò a discapito di ogni polemica e strumentalizzazione.
Corollario non trascurabile dell'uso clinico del metadone nell'ambito dei trattamenti sanitari per le dipendenze è la cosiddetta "methadone diversion": parte del metadone erogato su specifica prescrizione viene dirottato al mercato "grigio", per molti aspetti contiguo a quello "nero" degli stupefacenti illegali. E' ovvio che la destinazione del metadone ad usi impropri rispetto a quelli prescritti e a terzi è irregolare (al di fuori di particolari e ben circoscritte autorizzazioni e procedure codificate). In tale ambito il commercio costituisce fattispecie di rilevanza penale, sanzionata dalla vigente normativa sugli stupefacenti.
Gli stimolanti, invece, sono cocaina e anfetamine, che agiscono direttamente sul sistema nervoso centrale.

COCAINA
??????
ANFETAMINE
Mentre in passato venivano usate per uso medico, al giorno d'oggi, non lo sono più, salvo specifiche molecole per particolari indicazioni, e tali sostanze sono sottoposte a misure restrittive. Tuttavia, anche a causa della relativa semplicità di produzione, sono piuttosto diffuse nei mercati clandestini.
Chimicamente le amfetamine sono strutturalmente simili alla feniletilammina, una sostanza presente nei tessuti animali e vegetali; destro-amfetamina e meta-amfetamina sono le più attive sul Sistema Nervoso Centrale umano.
Gli effetti delle amfetamine sono qualitativamente simili a quella della cocaina, ma con una durata d'azione protratta. Da questo punto di vista, infatti, le strutture nervose su cui le amfetamine agiscono sono le stesse interessate dall'attività farmacologica della cocaina. Entrambe le sostanze, seppure in modi differenti, provocano l'incremento delle quantità disponibili di dopamina (un importante neurotrasmettitore). Ciò determina, indirettamente, la maggiore secrezione di adrenalina e noradrenalina, sostanze che l'organismo produce naturalmente in caso di forti emozioni, spavento, pericolo, sforzo prolungato.
L'intossicazione da amfetamine è, per molti aspetti, simile a quella della cocaina: anche le amfetamine sono potenti stimolanti del Sistema Nervoso Centrale, la cui assunzione si traduce nell'incremento della vigilanza e della capacità di concentrazione, nell'accrescimento del senso di potenza fisica e mentale, nella propensione all'attività fisica e alla comunicazione verbale (spesso caratterizzata dal repentino susseguirsi e accavallarsi di argomenti, a discapito di qualsivoglia approfondimento) e nella riduzione del sonno, della sensazione di fatica, dell'appetito.
Come per le altre sostanze, gli effetti delle amfetamine variano a seconda delle modalità di assunzione, che possono essere orali, inalatorie o endovenose. In quest'ultimo caso gli effetti farmacologici dell'amfetamina sono, a parità di dose, sensibilmente potenziati e accompagnati da una violenta sensazione di calore. Recentemente, soprattutto in Inghilterra, accanto a polveri (da iniettare o "sniffare") e pastiglie o capsule (da assumere per via orale), si riscontra la disponibilità di amfetamine in "pasta", di cui aspirare i vapori previa esposizione ad una fonte di calore. Tale modalità di assunzione produce effetti paragonabili a quelli ottenibili per via endovenosa.
Le amfetamine producono dilatazione dei bronchi, aumento del ritmo respiratorio ed hanno sensibili e pericolosi effetti cardiovascolari, incrementando il ritmo cardiaco e la pressione arteriosa. Provocano inoltre l'aumento della temperatura corporea, la secchezza delle fauci e l'irrigidimento della mandibola, nonché broxismo, cioé la tendenza a digrignare i denti. Tipica, a livello percettivo, la sensazione di accelerazione e di "urgenza" delle cose che, associata all'inibizione delle sensazioni della fatica, del sonno, della sete e della fame, può indurre a notevole iperattività e a stress inavvertiti.
L'uso ripetuto di amfetamine determina dipendenza: le sensazioni negative che si susseguono all'esaltazione provocata dal consumo si traduce spesso in reiterazione di dosi crescenti per via della tolleranza progressiva.
L’uso cronico spesso viene attuato con ripetute assunzioni seguite da fasi di "crollo" psicofisico, proporzionali ai precedenti periodi di veglia forzata. In tali situazioni, spesso, i consumatori ad alte dosi (soprattutto se per via iniettiva) presentano un quadro clinico di vero e proprio decadimento fisico (in relazione a stress e malnutrizione). L'uso prolungato di amfetamine può causare disordini seri nel ritmo veglia-sonno e può anche evolvere verso manie di persecuzione, ossessioni, disturbi paranoici in genere ed episodi psicotici. Studiosi giapponesi hanno evidenziato l'incidenza di sintomi schizofrenici in consumatori a lungo termine. Come la cocaina, e forse con maggiore intensità e durata, le amfetamine possono favorire comportamenti aggressivi e, non a caso, insieme all'alcool sono piuttosto diffuse negli stadi.
L'astinenza da amfetamine si presenta dopo l'uso prolungato ad alte dosi e consiste soprattutto in una severa forma di depressione fisica e psicologica. La sintomatologia inizia entro le 24 ore dalla sospensione del farmaco e può persistere a lungo, anche mesi, pur raggiungendo il suo acme nei primi 2 - 4 giorni. L'astinenza, oltre a quanto già segnalato, comporta irritabilità, ansia intensa, senso generale di affaticamento e può anche tradursi in idee suicide.
Anche il rischio di overdose è correlato all'uso di amfetamine, soprattutto, ma non soltanto, per via endovenosa. Il quadro dell'overdose da amfetamine comprende sintomi di tipo psichiatrico, neurologico e cardio-circolatorio. Spasmi muscolari, tachicardia e rapido innalzamento della temperatura corporea ne sono segni caratteristici e nei casi estremi possono sopravvenire collassi e morte. Particolarmente pericoloso l'uso di amfetamine parallelo a prestazioni sportive o in caso di severi impegni fisici, proprio per via delle possibili complicazioni cardiache. Molto pericoloso, inoltre, l'innalzamento della temperatura corporea, specialmente in ambienti caldi e poco aerati (es. discoteche) e in associazione all'inibizione della sensazione di sete: la rapida disidratazione che ne consegue può condurre al cosiddetto "colpo di calore" (ipertermia maligna) e al collasso, a volte fatale e comunque non di rado responsabile di gravi danni all'organismo. Altresì pericolosissima, in tale contesto, l'associazione di bevande alcoliche: mentre forniscono una falsa sensazione di dissetamento, contribuiscono all'ulteriore innalzamento della temperatura corporea e possono dunque precipitare gravissimi e acuti eventi patologici.
Come nel caso della cocaina, anche per l'overdose da amfetamine non esistono specifici farmaci antagonisti: si può solo ricorrere a misure di sostegno, come ad esempio la reidratazione.
Molto rimarchevoli anche le ripercussioni dell'uso di amfetamine sulla psiche e sul comportamento sociale delle persone, come in ogni situazione in cui la dipendenza pregiudichi la possibilità individuale di condurre la propria vita con sufficiente soddisfazione emotiva e serenità.
Anche la possibile emancipazione dall'uso di amfetamine richiede notevole e autentica motivazione personale, nonché adeguate opportunità sociali e modalità di sostegno medico, psicologico, di auto-mutuo aiuto.
In ultimo, abbiamo le così dette droghe leggere, cioè hashish e marijuana, entrambe derivanti dalla canapa indiana .
MARIJUANA E HASHISH
Marijuana e hashish sono sostanze psicoattive prodotte a partire dalla cannabis (canapa). Quest'ultima è una pianta erbacea annuale e dioica (presenta cioè esemplari distinti, su cui si formano fiori femminili o maschili, anche se in particolari condizioni climatiche e/o ambientali possono verificarsi casi di ermafroditismo). La canapa, che appartiene alla famiglia delle Cannabinacee, è dotata di una radice a fittone che può affondare anche per più metri nel terreno; la parte aerea è formata da un fusto eretto e sottile che può raggiungere l'altezza di 4 metri (e oltre). La ramificazione della pianta dipende dalla modalità di coltivazione ed è minima in caso di semina fitta per la produzione di fibra. Le foglie sono palmato-lobate, costituite da 7 - 11 foglioline minori, piuttosto allungate e col margine seghettato, che si diramano a partire dal picciolo.
La canapa è originaria dell'Asia centro-meridionale, ma è ormai presente e coltivata in quasi tutto il mondo e permane anche allo stato selvaggio in diverse zone temperate e tropicali.
Il principio farmacologicamente attivo della cannabis è il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo). Tale sostanza è prevalentemente contenuta nella resina che riveste le infiorescenze femminili ed è questo il motivo per cui l'hashish (prodotto proprio a partire dalla resina) ha maggiore potenza psicoattiva della marijuana. Ancora più concentrato l'olio di hashish, ottenuto mediante la distillazione di quest'ultimo e che consiste in una sostanza scura e fluida.
I derivati della cannabis adoperati per finalità psicoattive vengono generalmente introdotti nell'organismo per via inalatoria (fumo) e in questo caso gli effetti iniziano a manifestarsi in pochi minuti dall'assunzione. Il picco massimo di concentrazione plasmatica del principio attivo è raggiunto in circa dieci minuti per poi decrescere completamente nel giro di due o tre ore. Nel caso in cui il THC venga ingerito (misto ad altri alimenti o in forma di infuso mescolato al thé) gli effetti si manifestano in ritardo (iniziando dopo 45 - 120 minuti a seconda che lo stomaco sia o meno vuoto) e hanno una durata prolungata.
Gli effetti psicologici che vengono sperimentati dai consumatori di hashish e marijuana sono piuttosto influenzabili dal "set" e dal "setting", cioè dalla personalità, dalle aspettative e dalle motivazioni dei consumatori e dalle condizioni ambientali e sociali connesse all'uso. Gli stessi effetti consistono fondamentalmente in alterazioni dell'umore e delle percezioni.
Gli effetti fisiologici dei derivati della cannabis possono essere considerati sia per ciò che riguarda le modificazioni a breve termine, che in una prospettiva di lungo periodo. Nel primo caso si segnala tachicardia, vasodilatazione, aumento della salivazione e della sensazione di fame, irritazione delle congiuntive (i classici occhi arrossati costituiscono uno dei principali segni esteriori del consumo, insieme al tipico atteggiamento fatuo), riduzione dei tempi di reazione, incertezza nell'equilibrio e nel coordinamento psico-motorio; possono anche verificarsi episodi di cefalea e di tosse. A lungo termine possono verificarsi alterazioni del sonno, congiuntiviti, bronchiti e anche alterazioni immunologiche.
Anche nel caso degli effetti psicologici, può essere opportuno distinguere quelli immediati da quelli di più lungo periodo. Tra i primi si segnalano la dilatazione della percezione del tempo, l'incremento dell'intensità e della vivacità degli stimoli sensoriali e delle percezioni, anche legate alla memoria. Ciò può essere accompagnato da condizioni mentali di benessere ed euforia, loquacità, rilassamento, disinibizione. A lungo termine possono evidenziarsi instabilità dell'umore, trascuratezza personale, passività, apatia, demotivazione, calo nella capacità di tollerare frustrazioni, deficit della memoria e dell'attenzione.
Si segnalano inoltre, non di rado, reazioni psicologiche negative all'assunzione di derivati della cannabis. Ciò, verosimilmente, anche in relazione alle condizioni personali di chi effettua l'esperienza. Tali reazioni possono tradursi in irritabilità, piccole manie di persecuzione, confusione, ansia, disorientamento fino a episodi disforici, reazioni di panico, veri e propri episodi psicotici di vario genere.
La consuetudine nell'uso di derivati della cannabis si ripercuote in alterazioni del metabolismo cellulare, nello sviluppo fetale, nella motilità degli spermatozoi, nella funzione vascolare, nell'istologia dei tessuti cerebrali e nel sistema immunitario. Per quanto riguarda l'apparato respiratorio si può assumere che il "peso" di uno spinello sia paragonabile a quello di 4 sigarette.
Recentemente si assiste al dibattito circa il possibile inserimento della cannabis nella farmacopea, relativamente al suo possibile utilizzo in medicina, con particolare riferimento al trattamento del dolore, dell'inapettenza e anche in oculistica. A nostro avviso ciò non deve far dimenticare che l'eventuale impiego clinico di sostanze farmacologicamente attive non è da collegare ad usi "ricreativi" delle medesime. Ciò anche (e soprattutto) in considerazione del fatto che molti indizi suggeriscono estrema cautela nell'uso di sostanze, come la cannabis, capaci di alterare la coscienza, la personalità e altre funzioni fisiologiche.
Come si è detto a proposito dell’eroina, l’abuso di droghe e lo stato di dipendenza che ne deriva favoriscono decisivamente l’insorgere di numerose malattie infettive. Fra esse sono da ricordare l’epatite virale, le malattie veneree e AIDS.
ALLUCINOGENI
Queste droghe hanno l’effetto di alterare lo stato di coscienza,
l’umore, il pensiero e provocano la distorsione della realtà.
Fra gli allucinogeni più comuni vi sono l'LSD e la mescalina,
un alcaloide estratto dal cactus del peyote. Sebbene l'assuef
azione a queste droghe si sviluppi rapidamente, quando ne vi
ene sospesa l'assunzione non sembra che si verifichi alcuna
sindrome da astinenza.
LSD
LSD o Dietilammide dell'acido lisergico Sostanza stupefacente estratta dalla segale cornuta (Claviceps purpurea), una muffa parassita della segale, e sintetizzata per la prima volta in Svizzera nel 1938.
La LSD è chimicamente un’ammide, che si prepara utilizzando gli alcaloidi contenuti negli sclerozi della Claviceps, formati da ammassi del micelio fungino. Essa appartiene al gruppo di stupefacenti definiti allucinogeni, o droghe psichedeliche, per la loro capacità di suscitare allucinazioni. La LSD viene preparata in compresse o in gocce che gli utilizzatori solitamente versano su zollette di zucchero.
L’effetto dell’LSD sull’organismo è indicato come psicomimetico, cioè capace di suscitare fenomeni analoghi a quelli delle psicosi. L'assunzione di LSD può provocare alterazioni psichiche come mutamenti di umore, sensazioni oniriche, alterazioni della percezione del tempo e dello spazio, perdita dell'autocontrollo, panico e apprensione. Induce inoltre effetti fisici che comprendono sonnolenza, capogiri, dilatazione delle pupille, intorpidimento e formicolii, debolezza, tremore e nausea.
In seguito a ingestione di LSD sono stati, inoltre, segnalati effetti collaterali a lungo termine come psicosi persistente, prolungata depressione ed errori di giudizio; questi effetti non possono essere, tuttavia, ricondotti con assoluta certezza alla droga. Dal punto di vista fisiologico è stato dimostrato che l'LSD può causare danni cromosomici ai globuli bianchi; non vi sono, tuttavia, prove certe che l'LSD provochi difetti anche nel materiale genetico delle cellule germinali e, quindi, nell'eventuale progenie di chi fa uso della droga.

Esempio



  


  1. ciao

    effetti delle droghe sul sistema nervoso

  2. alessia pasqualini

    una tesina per terza media sul sistema nervoso