Il sole

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Il Sole
Il Sole, un corpo celeste fonte di vita
Il Sole è il centro del Sistema Solare, ma per l'uomo non è soltanto un corpo celeste: è la sorgente della vita. Infatti è proprio grazie all'energia irradiata da questo astro sotto forma di luce e calore che la Terra può permettersi di ospitare la vita. Senza il Sole il nostro pianeta sarebbe un ammasso di materia gelida e priva di esseri viventi, vagante nello spazio. Non a caso presso i popoli antichi il Sole era venerato come un dio: ai loro spiriti pieni di religioso stupore questa straordinaria fonte di vita non poteva apparire che come una divinità onnipotente e benefica.
Per l'astronomia, il Sole è una stella che nelle classificazioni stellari risulta media per grandezza, temperatura e luminosità.

Quando il Sole scompare: l'eclissi solare
Fin dai tempi più antichi, il Sole è stato oggetto di particolari culti e credenze. Non c'è quindi da meravigliarsi se un fenomeno particolare come quello delle eclissi solari riempisse gli animi di un irrazionale timore. Famosa è la cosiddetta eclissi di Talete di cui parla lo storico Erodoto e che spinse Lidi e Medi a stipulare la pace dopo ben sei anni di guerra ininterrotta. Questo resoconto dello storiografo greco ci è anche utile per risalire alla datazione esatta di quell'avvenimento storico.
Il fenomeno dell'eclissi solare è dovuto alla posizione della Luna, che eclissa, cioè nasconde, alla Terra una parte o tutta la superficie solare. Durante un'eclissi totale di Sole, solitamente preannunciata dagli animali che manifestano un'evidente irrequietezza, ciò che rimane ben visibile del disco solare sono i raggi della corona. Inoltre si possono scorgere in cielo corpi celesti che altrimenti resterebbero invisibili per la preponderanza della luce dell'astro. È possibile, per esempio, notare il passaggio di una cometa, come è accaduto nel 1948 per la famosa cometa successivamente chiamata, appunto, Eclipse. Purtroppo la totalità dell'eclissi non può durare a lungo: nella migliore delle condizioni non supera i 7,5 minuti. Quando il disco solare è occultato solo parzialmente dalla Luna nuova, si ha un'eclissi parziale di Sole. Quando invece la Luna, vicina all'apogeo, lascia emergere solo un anello luminoso del disco solare, si verifica quella che viene chiamata eclissi anulare.
Le eclissi parziali e quelle anulari sono molto più frequenti di quelle totali. In Europa se ne possono osservare anche due nel corso dello stesso anno.
Il Sole in numeri
Con metodi indiretti, basati sulla geometria della parallasse, è stato possibile calcolare il diametro (1 394 000 km) del Sole e la distanza dell'astro dalla Terra (149,5 milioni di km). La superficie del globo solare è 11 000 volte più grande di quella terrestre. Per raggiungere il volume del Sole occorrono ben 1,3 milioni di sfere terrestri. Per contro, la massa solare è appena 332 000 volte quella del nostro pianeta, sicché la densità media del grande astro è solo un quarto della densità media della Terra (1,4 gr per centimetro cubo contro 5,5). Ciò significa che la natura del nostro astro di riferimento è eminentemente gassosa e non solida.
Come tutti gli altri corpi celesti, anche il Sole ruota intorno al proprio asse. Il suo periodo di rotazione varia dai poli all'equatore a causa della sua natura gassosa: impiega infatti 25 giorni all'equatore e 34 giorni ai poli. La velocità di rotazione è pari a 2 km/s all'equatore. Poiché il Sole ruota tanto lentamente, non è stato ancora possibile determinare con esattezza l'esistenza di uno schiacciamento ai poli. Il suo asse è inclinato sull'eclittica di circa 83°. Oltre al moto di rotazione, il Sole compie anche un moto di traslazione nello spazio, nel quale trascina tutti i corpi del Sistema Solare, spostandosi in direzione di un punto nel cielo, detto apex, nelle vicinanze della costellazione di Ercole. La massa del Sole, che espressa in tonnellate è pari all'enorme cifra di 2 seguito da ventisette zeri, pur tanto più elevata di quella della Terra (332 000 volte), a causa dell'enorme raggio del Sole (637 000 km), comporta un'accelerazione di gravità, sulla superficie solare, di 273 m/s2 (28 volte soltanto quella terrestre).
La composizione del Sole
La ricerca spettroscopica ha consentito di stabilire che i componenti più importanti della massa solare sono, almeno negli strati più esterni, l'idrogeno (73%), l'elio (25%) e altri elementi (2%) come il piombo, lo zinco e il nichel. Gli astronomi ritengono che complessivamente sulla superficie solare siano presenti i due terzi degli elementi chimici esistenti sulla Terra (cioè circa 60), tutti ovviamente allo stato gassoso.
Ciò però non esclude l'eventualità che negli strati più interni del Sole vi siano elementi non ancora individuati dall'osservazione spettroscopica. Il Sole è composto dunque degli stessi elementi fondamentali che costituiscono le sostanze terrestri. Per capire come può accadere allora che emani luce e calore in quantità tali da illuminare e riscaldare l'intero Sistema Solare, occorre considerare che la massa solare è caratterizzata da uno stato fisico-chimico della materia molto particolare, assai diverso da quello che noi comunemente sperimentiamo. Sul Sole infatti, e più in generale su tutte le stelle, si svolgono intensi processi di fusione nucleare a catena, da cui conseguono l'elevata temperatura e l'emissione continua di energia radiante.
Il calore del Sole
La luce e il calore che noi riceviamo dal Sole provengono dallo strato superficiale dell'astro, chiamato fotosfera. Per riuscire a misurare l'elevata temperatura della superficie del Sole occorrono degli strumenti assai sensibili e, soprattutto, in grado di trasformare la radiazione solare in una emissione termica misurabile.
Gli scienziati hanno notato che quando si saldano due metalli diversi (antimonio e bismuto, manganina e rame ecc.) e si riscaldano fino a raggiungere il punto di saldatura, essi provocano la formazione di una breve corrente elettrica. La combinazione che si ricava è chiamata termocoppia. Questa, con l'integrazione di opportuni strumenti di misurazione dell'intensità di corrente, è in grado di misurare le radiazioni calorifiche. Grazie all'uso di minuscole e sensibilissime termocoppie gli astrofisici hanno potuto determinare la cosiddetta costante solare, ossia la quantità di calore che ogni centimetro quadrato di superficie terrestre riceve dal Sole in un minuto. Da questa sono poi risaliti alla temperatura superficiale dell'astro, che è, secondo un calcolo approssimativo, di 6000 °C. Questo valore diventa poca cosa a mano a mano che ci si va spostando verso l'interno del Sole. Calcoli e considerazioni più recenti hanno stabilito che la temperatura interna del globo solare si aggira attorno ai 15-20 milioni di C°. Questa temperatura è più che sufficiente a controbilanciare l'enorme pressione interna dell'astro e a far sì che esso risulti composto di sostanze completamente allo stato gassoso. Infatti, l'aumento di pressione tende a condensare la materia, mentre l'aumento di temperatura tende a dilatarla. Ecco perché il Sole è una sfera gassosa.
La fotosfera
Quando si osserva il Sole con un buon cannocchiale dotato di lenti opportunamente schermate, il nostro sguardo non riesce a penetrare oltre lo strato superficiale, la fotosfera. Il Sole appare come un disco meno luminoso ai bordi che al centro. La stessa fotosfera non si presenta uniforme, ma con un'alternarsi di zone chiare e zone scure piccolissime, simili a tanti chicchi di riso disposti gli uni accanto agli altri su una superficie grigiastra. Questo fenomeno è detto granulazione ed è dovuto a enormi colonne di gas di composizione e temperatura diverse in continua trasformazione. Di forma poligonale o circolare, tali colonne hanno un diametro che varia dai 200 ai 1800 km. La loro durata è di circa 8 minuti. I grani più chiari hanno una temperatura più elevata e quindi sono più luminosi. Un altro tipo di fenomeno solare, visibile però solo attraverso particolari filtri, sono i brillamenti, detti anche eruzioni cromosferiche o flares. Si tratta di bagliori che appaiono improvvisamente su ristrette zone della superficie solare, in genere vicino a delle macchie.
La cromosfera
Se si osserva il Sole all'inizio e alla fine delle eclissi totali, si può studiare una zona particolarmente interessante: il bordo solare. A causa del suo colore rossiccio, questo prende il nome di cromosfera e coincide con quella parte esterna della fotosfera che normalmente è possibile distinguere solo per mezzo di uno spettroscopio. La cromosfera ha uno spessore di circa 10 secondi d'arco (7000 km) e termina esternamente con lingue o frange, dette spicule. Si pensa che una zona come la cromosfera esista anche nell'atmosfera delle altre stelle, sebbene per ora non sia stato possibile identificarla. Si è accertata invece la presenza, su quasi tutte le stelle, di una fotosfera simile a quella del Sole.
Le protuberanze solari
Il fenomeno solare più straordinario è quello delle protuberanze, ossia di ciclopici getti o eruzioni che possono raggiungere l'altezza di centinaia di migliaia di chilometri. Tra le protuberanze finora osservate, la più elevata ha sfiorato i 2 milioni di km. Gli astronomi hanno classificato le protuberanze solari in relazione alla loro forma e al loro sviluppo: le protuberanze stazionarie, simili a ponti o a filamenti, che sono di solito lontane dai centri di attività e possono durare fino a 10 mesi; le protuberanze eruttive, che sono discendenti e costituiscono singole fasi di quelle stazionarie; le protuberanze a macchie, che hanno l'aspetto di nodi o di archi oppure, talvolta, di pioggia che fuoriesce dallo strato più esterno del Sole e si dirige verso il basso; infine i surges (getti), che sono strettamente collegati alle macchie solari. Le protuberanze sono costituite per lo più da idrogeno, elio e calcio. A causa di campi magnetici locali, esse si muovono continuamente con moto vario, pur seguendo l'astro nel suo moto di rotazione, anche se talvolta se ne distaccano del tutto perdendosi nello spazio.
La corona solare
Attorno al Sole in eclissi totale appare anche un alone di raggi bianco-argentei: si tratta della corona solare. Fotografata più volte (furono Angelo Secchi e Warren De La Rue i primi a farlo), essa è apparsa in diverse forme: o come una ghirlanda uniformemente distribuita intorno al Sole, a cui corrisponde il massimo di attività dell'astro; o allungata nel senso dell'equatore in grandi fasci variamente disposti, relativa al minimo di attività. I fasci che compongono la corona sono costituiti da raggi di diversa lunghezza e incurvati in modo caratteristico, simile a quello delle linee di forza di un campo magnetico. In base a questi dati si ipotizza che la corona sia composta da gas di atomi fortemente ionizzati (privi di un certo numero di elettroni). Fra questi sono il ferro, l'idrogeno, l'elio, il nichel, il calcio e l'argon. Il fenomeno della ionizzazione è determinato dalla potenza degli urti tra gli atomi, che strappano dalla struttura atomica gli elettroni più esterni.
Di particolare interesse infine sono i coronal transient, strani fenomeni che si verificano sulla corona a seguito di flares o di protuberanze eruttive. Essi consistono in elevatissime quantità di materia della corona stessa, che assumono la forma di gigantesche bolle (dal volume a volte equivalente a quello solare) e vengono espulse verso l'esterno.
Macchie solari e facole

Nel 1610 Galileo, puntando sul Sole il suo cannocchiale con lenti schermate, notò che la fotosfera presentava macchie scure di notevoli dimensioni. Le macchie solari sono strane formazioni situate nelle due zone a nord e a sud dell'equatore e possono raggiungere un diametro di 100 000 km. La loro forma è irregolare: ovale, rotonda o allungata. Tutte le macchie sono contraddistinte da un "nucleo" bruno nerastro, contornato di un alone grigio cenere, detto "penombra". Le macchie sembrano nascere dai cosiddetti pori, piccoli punti oscuri che si estendono ampiamente e in seguito spariscono, dopo un periodo che va da pochi giorni a un mese intero.
Si tratta di enormi vortici provocati forse da scariche elettriche e magnetiche, che appaiono e scompaiono non del tutto a caso, ma seguendo un ciclo abbastanza regolare. Il loro numero e la loro estensione massima infatti hanno una durata costante di circa 11 anni. All'inizio del ciclo esse sono poco numerose e si possono individuare dalle due parti rispetto l'equatore solare, simmetricamente a esso e a circa 30° di latitudine. Poi cominciano ad aumentare di numero e di estensione, avvicinandosi all'equatore. Dopo 5 anni il fenomeno raggiunge il suo culmine e, gradatamente, inizia a calare: le macchie diminuiscono, mentre lo spostamento in direzione dell'equatore prosegue. Alla fine del ciclo, trascorsi circa 11 anni, esse si riducono notevolmente di numero e di dimensione. A questo punto tutte le macchie sono disposte sull'equatore (a 4° circa) e ricomincia un nuovo periodo undecennale.
Accanto alle macchie solitamente si possono distinguere delle zone luminose dette facole, di cui non si conosce a fondo la natura; si sa soltanto che si tratta di aggregati consistenti di granuli, aventi però una durata più lunga della granulazione solare. È stato poi notato che la loro temperatura è superiore a quella della fotosfera su cui giacciono. Benché esse risiedano solitamente in prossimità delle macchie, sono state osservate anche delle facole polari, le dimensioni delle quali oscillano tra i 1800 e i 3000 km.
Gli effetti del Sole sulla Terra
Macchie, flares e protuberanze solari producono effetti che si ripercuotono a centinaia di milioni di chilometri di distanza dal Sole. È naturale quindi che anche sulla Terra si verifichino alterazioni e sconvolgimenti, che hanno come unica causa i fenomeni solari. Sono stati per esempio osservati dei collegamenti tra le radiazioni X prodotte dai flares e le fasce di Van Allen. Queste ultime accumulano una certa quantità di particelle che poi espellono nell'atmosfera terrestre, dando vita ad aurore boreali e australi (a quote di 70-1000 km). Le particelle elettricamente cariche attraversano l'atmosfera in prossimità dei poli magnetici, altrimenti sarebbero ostacolate dal campo magnetico terrestre. A contatto con l'atmosfera producono una ionizzazione degli atomi in essa presenti e danno vita alle luci polari. Ma non finisce qui: proprio mentre hanno luogo le aurore polari, si registrano le cosiddette tempeste magnetiche, intense perturbazioni del campo magnetico terrestre, che provocano le oscillazioni dell'ago della bussola.
Gli stessi fenomeni sono originati dalle macchie solari. Ad esse si devono perturbazioni telegrafiche e radiofoniche, oltre che variazioni delle condizioni meteorologiche terrestri, in rapporto con il loro ciclo undecennale. Sono stati poi raccolti dei dati molto significativi che proverebbero una stretta correlazione tra la crescita delle piante e l'attività solare.
Gli anelli di crescita degli alberi sono risultati più spessi in corrispondenza dei periodi di massima attività solare. Infine, anche se non esistono prove sicure di ciò, sono stati rilevati dei nessi fra alcuni eventi solari, caratterizzati da una durata breve e da una forte intensità, come i flares, e l'aggravarsi di certe malattie, tra le quali le embolie. Ciò dimostra, ancora una volta, che tutte le ricerche sulle caratteristiche e i comportamenti del Sole riguardano molto da vicino la vita sulla Terra.

Il minimo di Maunder
L'attività solare produce effetti così diretti sul nostro pianeta, che diventa questione di massimo interesse scoprire i suoi meccanismi, anche quelli apparentemente più insignificanti. Ogni mutamento di questo corpo celeste per noi tanto importante porta infatti con sé conseguenze che possono avere una grande rilevanza per la vita sulla Terra. Proprio per questo diventa interessante ogni particolare apparentemente trascurabile della storia del Sole e della ricerca astronomica stessa. È il 1893 quando, a Londra, E. Walter Maunder scopre, studiando vecchi libri, una verità per quei tempi insospettabile: il Sole non è un prevedibile corpo celeste sempre perfettamente regolare. La nostra unica fonte di luce e di calore aveva subito mutamenti particolarmente importanti in tempi recenti. Secondo molti documenti, infatti, non erano presenti tra il 1645 e il 1715 molti fenomeni fino ad allora considerati caratteristici del Sole. Una delle mancanze più inquietanti era quella delle macchie solari, un fenomeno conosciuto fin dai tempi antichi: scoperte in Occidente solo grazie al telescopio di Galileo, in Oriente gli astronomi avevano cominciato a osservarle molto tempo prima a occhio nudo. Nel 1843 H. Schwabe individuò un andamento ciclico di circa dieci anni delle macchie solari, con grande stupore di tutti gli astronomi che le avevano sempre considerate un fenomeno fisso. Anche questa cadenza decennale venne comunque considerata una prova della regolarità dell'attività solare. È naturale quindi che Maunder si sia sorpreso leggendo sui resoconti astronomici del XVII-XVIII secolo che per 32 anni consecutivi non fu osservata neppure una macchia solare e che per circa settant'anni si videro solo piccoli gruppi di macchie. L'anno successivo (1894) l'astronomo inglese pubblicò un articolo dal titolo "Un minimo prolungato delle macchie solari", in cui rilevava come un'attività solare così modificata poteva avere avuto forti conseguenze anche sulla Terra. Le annotazioni di Maunder furono tenute in scarsa considerazione fino a pochi anni fa, quando furono riprese e approfondite. Certamente i rilievi degli scienziati del XVII secolo vanno guardati con una certa diffidenza, ma non bisogna dimenticare che allora gli astronomi usavano strumenti poco diversi da quelli odierni per osservare le macchie solari.
Un altro dubbio che ha colto gli scienziati della nostra epoca circa la fondatezza di un periodo di vacanza delle macchie solari è che le condizioni atmosferiche sull'Europa del XVII secolo fossero particolarmente sfavorevoli.
È però poco probabile che il cielo sia stato così a lungo coperto da impedire l'osservazione per periodi tanto prolungati. Un altro tipo di riscontro è stato fatto controllando i resoconti delle aurore boreali, fenomeno, come è noto, legato all'attività solare. Normalmente, nell'arco di settant'anni si possono vedere da 500 a 1000 aurore boreali. Tuttavia tra il 1645 e il 1715 se ne videro invece ben poche.
In seguito ad altre rilevazioni basate, per esempio, sull'osservazione degli anelli di accrescimento annuale degli alberi e del loro contenuto chimico, testimoni attendibili dei cambiamenti nell'attività solare, alcuni astronomi sono giunti alla conclusione che Maunder avesse ragione: per circa settant'anni, le macchie solari erano quasi del tutto scomparse dalla superficie del Sole.

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