Totalitarismo e Shoah in Europa

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Testo

Totalitarismo, nazionalismo, in Europa. La Shoah, la resistenza e la persecuzione delle minoranze.

Le democrazie che si erano diffuse in Europa dalla fine della prima guerra mondiale, durante il decennio che va dal 1922 al 1933, vennero sostituite quasi in ogni Nazione da dei governi autoritari e dittatoriali che persistettero sino al 1945, anno che vide la fine della seconda guerra mondiale e di questi governi che la avevano proprio creata nel 1939.
È questo il periodo nel quale si fa per la prima volta conoscenza dei regimi fascisti, delle sue ideologie razziste, totalitarie e nazionaliste; per la prima in Inghilterra con la “British Union of Fascist” e in Francia con le Croci di Fuoco, poi ben presto anche nel resto d’Europa queste nuove idee si diffusero facilmente con tutta l’ondata di violenza, morte e terrore che ne derivano.
Il razzismo entra ben presto nella mentalità di ogni europeo, con le prime manifestazioni di xenofobia, discriminazione, emarginazione seguendo i principi che i dittatori dettavano alla popolazione tramite discorsi propagandistici, la radio, la musica e la letteratura.
Ci sono le dittature del generale Francisco Franco in Spagna, di Salazar in Portogallo, del maresciallo Pilsudsky in Polonia, il Re Alessandro in Jugoslavia e infine abbiamo i più grandi esempi di dittature in Europa, il partito fascista di Benito Mussolini in Italia e il partito nazista di Adolf Hitler in Germania.
Prima di analizzare le conseguenze che queste dittature hanno portato in ambito sociale, politico, storico, umanitario e geografico nel mondo intero occorre conoscere le cause che hanno portato l’instaurazione di questi regimi.
Innanzitutto è il nazionalismo la prima causa a suscitare il bisogno nella gente di abbattere i vecchi governi democratici per instaurare le nuove dittature.
Il nazionalismo era un’ideologia politica che assunse caratteri antidemocratici, militaristi come l’esaltazione delle peculiarità storiche, etniche, linguistiche, superiorità razziale; una politica estera aggressiva, un atteggiamento razzista verso i paesi e i popoli colonizzati, una critica violenta ai regimi parlamentari dalle idee democratiche e socialiste.
Il nazionalismo ricevette consensi in ogni nazione per motivi differenti: in Francia perché i francesi volevano ottenere una rivincita sulla Germania che aveva ottenuto al termine della prima guerra mondiale i territori dell’Alsazia e della Lorena; in Germania si stava diffondendo il desiderio di diventare la prima potenza marittima mondiale e anche il pangermanesimo, un’ideologia politica che tende a riunire tutti i popoli tedeschi in un unico stato forte, autoritario e disciplinato; in Inghilterra c’era l’aspirazione a diventare i protettori e i salvatori del mondo; in Russia così come in Germania si diffuse il panslavismo; in Italia invece vi era il desiderio di espandere i propri confini territoriali e di diventare una potenza coloniale.
Le origini del nazionalismo, rintracciabili sino al 1870, sono alla base di tutti i futuri governi nazifascisti che riuscirono facilmente ad imporsi in Europa.
Molteplici sono i fattori che hanno favorito la diffusione di questi governi, ad esempio:
- il malcontento dei vincitori e dei vinti dopo la prima guerra mondiale che non videro ripagati i loro sforzi fatti in guerra.
- i governi del dopoguerra si rivelarono non all’altezza della situazione, inoltre erano considerati governi deboli, instabili ed arrendevoli.
- La crisi economica del dopoguerra portò all’aumento della disoccupazione, viene attuato il protezionismo doganale e la difesa della produzione interna.
- La paura che il comunismo suscita negli europei spinge la popolazione ad esigere un governo più forte.
Attraverso le elezioni vengono ben presto preferiti i governi autoritari. Nascono il partito nazista in Germania nel 1919 e nello stesso anno il partito fascista in Italia.
Questi nuovi governi trovano tra di loro un accordo che li appoggia reciprocamente: il patto d’acciaio e l’asse Roma – Berlino.
Queste due città sono i centri operativi di una nuova ideologia razzista che va diffondendosi in Europa , che segue due obbiettivi diversi all’interno dei due partiti ma con metodi simili: la violenza, l’emarginazione e il maltrattamento delle classi ritenute inferiori.
Come abbiamo già detto, nel 1919 nasce in Germania l’N.S.D.A.P. (partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) meglio identificato col nome di partito nazista fondato dall’austriaco Adolf Hitler.
Ma ecco le tappe che il partito nazista ha compiuto prima di diventare il maggior partito al parlamento tedesco:
la conquista del potere ha inizio dagli ex combattenti che desideravano dar lavoro a tutta la gente e dai borghesi che temevano le agitazioni sociali del comunismo, ma anche dall’appoggio dei militari e degli industriali favorevoli al riarmo, che diedero un forte aiuto al partito e alla crisi economica che colpì la Germania e obbligò il popolo a eleggere il partito nazista.
Di conseguenza il partito nazista trovò importanti alleati e crebbe anche grazie all’ossessiva e violenta campagna propagandistica di Goebbles (il braccio destro di Hitler) e delle S.A. (camice brune) passando dai 107 seggi parlamentari del 1930 ai 230 del 1932 diventando l’incontrastato partito numero uno in Germania.
La dittatura ha inizio un anno dopo, quando Hitler nel febbraio del 1933 incendia di proposito il Reichstaig (il comune) per incolpare i comunisti e accrescere la sua reputazione nel Paese, inoltre viene nominato cancelliere e costringe i membri della camera dei deputati a conferirgli i poteri dittatoriali e le redini della Nazione che viene battezzata col nome di terzo Reich e poi Grande Reich (grande impero).
Alla base di ogni partito sta il pensiero politico del partito stesso ,e sette sono i principali pensieri del partito nazista, raccolti nel libro più diffuso al tempo in Germania: il MEIN KAMPF (la mia guerra) scritto ha Hitler dove sono contenuti tutti i principi dell’ideologia nazista, che sono:
- superiorità della razza ariana.
- Convinzione di appartenere alla Nazione guida del mondo.
- Pangermanesimo del Grande Reich.
- Credenza in una congiura ebraica contro il popolo tedesco.
- Venivano considerati inferiori i popoli slavi, gli zingari e gli ebrei.
- Schiavizzazione e distruzione della Russia e del comunismo.
- Sottomissione dei popoli orientali.
Il nuovo governo di Hitler inizia proprio da ciò e inizia la sua carica di capo assoluto ( Fhurer) cercando di raggiungere tre obbiettivi fondamentali: la repressione politica, l’antisemitismo e la politica economica e di riarmo.
Il primo obbiettivo inizia con l’approvazione di una nuova legge che abolisce i sindacati e tutti gli altri partiti politici.
Inoltre nascono le SS (polizia segreta del Reich) che sostituirono le S.A. nella “notte dei lunghi coltelli”, nasce la GESTAPO (polizia politica segreta) che ricercava gli avversari politici per processarli e spedirli segretamente nei campi di lavoro che poi diventeranno i futuri campi di concentramento.
Nasce la gioventù hitleriana col compito di inquadrare i ragazzi al nazismo.
L’antisemitismo nasce nel 1935 con le leggi di Norimberga che proibiscono i matrimoni fra ebrei e tedeschi e tolgono tutti i diritti di cittadinanza ed economici agli ebrei.
Molti di loro fuggono verso l’estero… è solo l’inizio di una lunga e straziante guerra razziale.
Il governo inoltre intraprende il controllo dell’economia statale, nasce la proprietà privata nelle industrie, vengono varati lavori pubblici nel Paese che contribuiscono a far abbassare il tasso di disoccupazione e il malcontento della popolazione, inoltre viene dato il via al programma di riarmo della Germania pronta a scatenare la seconda guerra mondiale e occupare nuovi territori in nome di quello che è e sarà il nazionalismo , il pangermanesimo, il razzismo e l’intolleranza razziale negli anni che vanno tra il 1930 e il 1945.
Contemporaneamente al nazismo, in Italia si diffuse il partito fascista di Benito Mussolini.
Anche in Italia si diffuse nella gente il desiderio di far nascere un partito dittatoriale che sostituisse i vecchi governi deboli come quello dei popolari, dei liberali, dei repubblicani, dei socialisti e dei comunisti.
Le cause che hanno portato alla nascita del partito fascista furono più o meno le stesse cause che portarono al nazismo:
anche in Italia ci fu una crisi economica, con l’elevato deficit finanziario e l’aumento del costo della vita; una crisi agricola dovuta a un calo produttivo e all’abbandono delle terre rimaste senza forza maschile e giovane; una crisi industriale data dalla riconversione produttiva; inoltre ci furono le agitazioni sociali nelle fabbriche che portarono alla nascita di molti scioperi per ottenere migliori condizioni lavorative, e le agitazioni sociali nelle campagne dove la gente si era accorta di far parte di una Nazione unita, quindi si diffuse il nazionalismo.
Questi fattori portarono all’occupazione delle terre e alla costituzione delle leghe bianche e delle leghe rosse dando vita a un periodo di scioperi e tumulti sociali detto il “biennio rosso” che va dal 1920 al 1921 circa..
Queste molteplici cause portarono all’instaurazione del partito fascista, fondato a Milano dall’ex socialista Benito Mussolini nel marzo 1919 e suddiviso in fasci da combattimento (organizzazioni di operai e contadini).
Inizialmente il partito fascista era composto da ex socialisti, sindacalisti, nazionalisti, giovani studenti, artisti d’avanguardia ed ex combattenti.
Le idee del partito fascista si dividevano in due tipi di idee:
1) Le idee democratiche, a favore delle classi lavoratrici, con il suffragio universale e la riduzione a 8 ore della giornata lavorativa più il permesso ai lavoratori di partecipare alla gestione delle imprese.
2) Idee dittatoriali, con l’esasperato nazionalismo, l’odio verso i liberali e i socialisti e l’esaltazione della violenza.
Inizialmente il fascismo sembrò destinato a scomparire ancor prima di essere nato, infatti nel suo primo anno di vita, alle elezioni del 1919 il partito fascista non ottenne nessun deputato al parlamento, conquistò 4000 voti, 870 iscritti e contava 31 fasci in tutta Italia.
Ma dal 1920 il partito fascista cambiò radicalmente la propria politica, diventando un movimento agrario raccogliendo consensi tra gli agricoltori e si diffuse rapidamente nella pianura Padana, in Toscana e i Puglia.
Con i finanziamenti degli agrari vennero reclutate persone per formare le “squadre d’azione” il cui compito era fare “spedizioni punitive” con attentati e assalti a danno di socialisti, liberali e tutti gli altri partiti politici.
Queste squadre d’azione portarono una grande ondata di violenza nel Paese distruggendo camere del lavoro, uccidendo molte persone, vennero distrutte tipografie, cooperative, sedi socialiste e comuniste, inoltre venne imposto agli avversari di bere l’olio di ricino o di essere bastonati.
Nelle elezioni del 1921, il partito fascista ottenne contrariamente a ciò che pensava Giolitti, più voti del previsto, conquistando oltre 300000 voti e ben 35 deputati.
Mussolini per accelerare la crescita del proprio partito, puntò col convincere il governo che il suo partito non era solo un partito violento ma che poteva benissimo essere anche un partito pacifista e in grado di governare in modo giusto il Paese.
Così venne proposto ai socialisti il “patto di pacificazione”, inoltre il partito fascista fu trasformato in Partito Nazionale Fascista (PNF) con una base di oltre 300000 iscritti.
Anche le squadre d’azione vennero trasformate e riorganizzate nella Milizia Fascista che doveva fornire da vero e proprio esercito del partito.
Per assicurare la presenza del partito fascista al parlamento, Mussolini decise di marciare con 26mila uomini male armati sulla capitale italiana.
Il Re Vittorio Emanuele III anziché intervenire con l’esercito decise di concedere a Mussolini tutta la sua fiducia concedendoli di formare il nuovo governo. Questa decisione inaspettata, fu presa dal Re perché temeva che negando a Mussolini la presenza del suo partito al parlamento avrebbe scatenato una guerra civile all’interno del Paese e poi il Re non voleva che al governo ci fosse un partito debole come uno di sinistra.
Quindi i fattori favorevoli alla vittoria fascista furono:
- la personalità di Mussolini, attenta a sfruttare le debolezze dell’avversario e i suoi errori.
- adesione al fascismo della piccola e media borghesia.
- Sostegno politico ed economico degli agrari e degli industriali:
- Aiuto dell’esercito e delle squadre d’azione poi riconvertite nella milizia fascista.
- Sostegno del Re Vittorio Emanuele III.
- Appoggio della vecchia classe dirigente liberale e del cattolicesimo moderato.
- Incertezze dei sindacati e del Partito Socialista.
Il governo fascista che rimase in Italia dal 1922 al 1945 segnò quel periodo detto il ventennio fascista che si può dividere in due fasi , la fase di transizione dal 1922 al 1925 nel quale Mussolini fu a governo di un governo di coalizione assieme ad altri partiti politici, e la dittatura tra il 1925 e il 1943.
“L’era fascista” ha inizio il 28 Ottobre 1922, considerato come il primo giorno dell’anno del nuovo calendario fascista.
La fase di transizione fu caratterizzata da un periodo in cui Mussolini formò un governo di coalizione assieme ad altri partiti per ottenere più deputati al parlamento e per accrescere il potere del partito fascista sino a quando non avrebbe potuto governare da solo.
Nelle elezioni del ’24 Mussolini fece approvare prima di esse una nuova legge in base alla quale la lista che avesse conquistato la maggioranza dei voti ( non meno del 25%) avrebbe ottenuto 2/3 dei seggi parlamentari (legge Acerbo). Mussolini quindi formò una lista nazionale unica che raccoglieva assieme fascisti, liberali e popolari e riuscì a vincere le elezioni anche grazie a un clima di terrore che era riuscito a formarvi attorno, con le camice nere che compirono aggressioni e arresti agli oppositori politici e a chi votava contro.
Il fascismo forte delle elezioni commise però una ingenuità uccidendo il deputato socialista Giacomo Matteotti che aveva apertamente denunciato le violenze fasciste al parlamento.
Dopo quell’episodio tutto il Paese, i giornali e gli altri partiti attaccarono violentemente e pesantemente il fascismo attuando la “secessione dell’Aventino” e abbandonando il parlamento.
Mussolini spinto anche dai gerarchi fascisti in un importante discorso che tenne al parlamento si assumeva tutta la “responsabilità politica, morale e storica” delle violenze fasciste anticipando quello che sarà il governo dittatoriale in Italia. Così dopo il 1925 vennero approvate le leggi “fascistissime” che diedero vita al regime fascista.
Ha inizio il periodo delle repressioni e dell’abbattimento delle istituzioni liberali.
Il partito fascista, fondato sull’abolizione delle libertà politiche iniziò il proprio compito con la soppressione delle libertà di stampa, degli avversari politici, furono dichiarati decaduti i deputati dell’Aventino, in Italia venne diffuso il monopartitismo, ci fu l’abbattimento delle istituzioni parlamentari e liberali e Mussolini divenne responsabile delle proprie azioni soltanto davanti al Re e il parlamento perse i poteri legislativi.
Con la repressione degli avversari politici vennero incarcerati oltre 4500 antifascisti per motivi futili.
Furono condannati a morte tramite qualche volta impiccagioni e fucilazioni molti antifascisti, inoltre 15000 antifascisti vennero condannati al confino politico, che consisteva nel far risiedere in località sotto il controllo del fascismo gli antifascisti.
Mussolini conscio del fatto che il partito fascista necessitava di un sostegno di massa per attecchire all’interno della società, decise di creare questo consenso di massa tramite la propaganda, la cultura e l’informazione.
Molti letterati, liberali, uomini di cultura e dello sport, uomini politici aderirono al fascismo che contava a quel tempo oltre un milione e mezzo di iscritti al partito e molti elettori che ne accettavano la presenza in Italia sia in modo entusiasta che in modo passivo o indifferente.
Vennero create delle speciali tessere che solo chi apparteneva al partito fascista poteva avere e che per legge servivano alla gente per poter partecipare ai concorsi pubblici o per avere una carriera impiegatizia.
Il fascismo attuò il controllo totale dei mezzi d’informazione, sia con le leggi fascistissime, sia con l’obbligo dato ai giornali di assumere direttori favorevoli al fascismo.
Nel 1927 fu istituito l’EIAR (ente italiano audizioni radiofoniche), che venne utilizzato dallo stato come mezzo propagandistico; veniva controllata la produzione cinematografica del Paese, affidata ai cinegiornali Luce.
Nel mondo della cultura e dello sport, diversi esponenti e atleti si identificarono nel fascismo.
Un altro importante aiuto per creare il consenso di massa che serviva a Mussolini, fu fascistizzata la scuola italiana e vennero create le prime organizzazioni giovanili.
Questo processo fu reso possibile grazie all’imposizione nelle scuole elementari di un libro di testo unico che veniva stampato a cura di persone di fiducia del regime, e con la riforma Gentile che privilegiava le materie umanistiche a quelle scientifiche.
Per le organizzazioni giovanili furono creati: l’Opera Nazionale Balilla, la Gioventù Italiana del Littorio e i Gruppi Universitari Fascisti.
Questi gruppi servivano ad impartire ai ragazzi (già da piccoli) un tipo di cultura paramilitare e legato al fisico ed erano divisi in cinque fasce di età:
da 6 a 8 anni si era “figli della lupa”, da 8 anni si era “balilla” o “piccole italiane”, a 14 anni “avanguardisti” e “giovani italiane” e infine “giovani fascisti”.
Anche nel mondo dello sport il fascismo si diede da fare finanziando lo sviluppo delle attività sportive e venivano organizzate attività ginniche come i “littoriali dello sport” e i “campi Duce”.
Ecco come il fascismo poté imporsi facilmente in Italia sia politicamente che socialmente, creando il giusto consenso di massa e un clima di fiducia intorno al fascismo.
Mussolini diventò per tutti il “Duce”, il nuovo capo del governo a cui tutti devono una cieca obbedienza e che risponde delle sue azioni soltanto di fronte al Re.
Nasce il mito del Duce, Mussolini è l’uomo perfetto che aiuta i contadini al lavoro, che combatte il malcontento e la fame dei bambini poveri, aiuta le persone dell’Etiopia, combatte la guerra che si sta per abbattere sull’Europa dall’alto del suo bel cavallo bianco e poi non si stanca mai, come ripeteva la gente al tempo, diventando per tutti un traguardo da raggiungere ed un esempio da seguire.
Durante gli anni del suo governo Mussolini attuò importanti riforme nel Paese, come la politica economica liberista per quanto riguarda l’industria del Paese, che consentì un aumento dei salari; ci fu la privatizzazione dei servizi telefonici e delle assicurazioni, furono create nuove aziende e la giornata lavorativa venne aumentata a 9 ore, vennero aboliti gli scioperi e i sindacati.
Nasce l’IRI (istituto per la ricostruzione industriale) col compito di finanziare le industrie e di statalizzarle, dando inizio al programma di riarmo dell’Italia.
La politica agraria, permise un aumento della produzione del grano, la bonifica integrale di diversi territori paludosi dell’Agro Pontino e di altre parti d’Italia.
Fu indotta anche a tale scopo la cosiddetta battaglia del grano e il corporativismo che mirava alla cooperazione di diverse aziende e classi sociali fra di loro.
Fu combattuto il calo della natalità, incitando il popolo a fare più figli anche concedendo dei premi alle famiglie più numerose, fu attuata una politica di espansione coloniale con l’occupazione della Libia e dell’Etiopia, proclamando Imperatore, il re Vittorio Emanuele III.
La politica economica di Mussolini terminò con l’imposizione dell’Autarchia nel Paese per combattere le sanzioni che i Paesi Europei avevano lanciato in Italia come punizione per la guerra d’Etiopia; così l’Italia attuò una politica di autosufficienza economica, nella quale tutti i cittadini dovevano cooperare dando gran parte dei loro soldi e possedimenti.
Il fascismo e il nazismo causarono nel 1939 la seconda guerra mondiale, andando ad attaccare e occupare territori europei e altre Nazioni. Il clima di terrore che si andava diffondendo in quel periodo favorì la nascita di un movimento di resistenza che mirava a compiere atti di guerriglia, o comunque atti che dovevano rendere difficile la vita agli occupanti (tedeschi e forze dell’Asse) per rovesciare le sorti della guerra e costringere il nemico ad abbandonare il proprio Paese.
Questo nuovo movimento, la Resistenza partigiana, nacque in tutti i Paesi europei occupati dalle forze dell’Asse. Così abbiamo esempi di Resistenza in Italia, Danimarca, Belgio, Yugoslavia, Cecoslovacchia, Francia, Grecia, Olanda, Polonia, URSS e Norvegia , ed ebbe vicende belliche, cronologia, fisionomia ed esiti politici notevolmente diversi a seconda delle contingenti situazioni storiche, politico e sociali dei diversi paesi.
I partigiani che parteciparono alla Resistenza, erano individui che provenivano dalle più svariate classi sociali, appartenenti a vari movimenti politici e partiti: monarchici, repubblicani, liberali, cattolici, socialisti e comunisti.
Ed erano soprattutto studenti e operai a compiere azioni di sabotaggio contro le forze occupanti e dare inizio a due tipi di Resistenza: la Resistenza “interna” e la Resistenza “esterna”.
La prima si sviluppò soprattutto nelle città e sulle campagne dove era più facile nascondersi alla reazione violenta dei soldati nemici per vendicarsi e punire una violenza subita.
Fu soprattutto una “guerra per bande”, cioè una guerriglia di piccoli gruppi che attuavano azioni rapide e mirate.
La seconda era organizzata fuori dai Paesi occupati dai nazisti, in particolare in Inghilterra, dove antifascisti come il generale francese Charles De Gaulle si rifugiavano.
A Londra, capitale della Resistenza “esterna” operava una stazione radio, Radio Londra, che trasmetteva in tutta Europa comunicati e bollettini degli alleati e fu istituito un organismo militare segreto, il SOE (special operation executive) che organizzava azioni di sabotaggio, con l’invio di commandos contro linee di comunicazione, fabbriche, depositi militari della Germania.
I partigiani potevano disporre di un esercito ampio ed attrezzato, che poteva disporre di un buon numero di armi e munizioni e si dividevano i compiti attraverso le squadre d’azione.
Queste squadre d’azione si dividevano i compiti in due categorie: compiti passivi o difensivi, che consistevano nel compiere propaganda, protezione di impianti industriali, costituzione di depositi di armi e munizioni, oppure compiti offensivi che consistevano nel compiere atti di guerriglia contro le forze occupanti.
Il più grande esempio di Resistenza in Europa si ha in Jugoslavia, dove le potenze alleate e i partigiani del colonnello Mihojlovic combatterono contro un altro esercito di partigiani guidati dal capo del partito comunista Tito.
In Italia, invece, la lotta partigiana riprese la ventennale lotta antifascista e iniziò dopo l’8 settembre 1943, quando venne proclamata la Repubblica sociale di Salò.
L’esercito partigiano italiano che contava oltre duecentomila uomini provenienti da tutte le classi sociali e partiti politici, iniziarono una lotta di liberazione contro l’esercito tedesco posizionato nel nord Italia, all’interno della Repubblica sociale di Salò.
Un ruolo decisivo alla resa delle forze naziste, lo ebbero i partiti di sinistra, riuniti nelle Brigate Garibaldi e nelle Brigate Matteotti che operavano segretamente all’interno dei Corpi Volontari della Libertà (CVL) a Roma e a Milano.
Raccogliendo consensi tra la popolazione che sempre più numerosa combatté contro le forze naziste riuscirono con la decisiva insurrezione generale a liberare l’Italia.
Insieme alla decisiva avanzata degli Alleati, i partigiani riuscirono a liberare l’Italia dagli occupatori nazisti, ponendo fine alla guerra in Italia e ben presto anche nel resto del mondo.
Le conseguenze di questa guerra però sono state molto pesanti e gravi per tutti gli aspetti, innanzitutto per il numero impressionante di morti e feriti, ma anche per un grande crimine umanitario che i tedeschi hanno inflitto a milioni di Ebrei europei: il dramma dell’olocausto, che in ebraico si dice “Shoah” .
Attualmente si usa più spesso la parola ebraica Shoah per riferirsi allo sterminio degli ebrei, anziché la parola olocausto, perché quest’ultimo termine richiama l’idea di un sacrificio inevitabile che non è approvato da tutta la comunità ebraica.
Ma veniamo alle origini di questo terribile avvenimento che ha caratterizzato la storia del popolo ebraico in modo fortemente negativo.
Nel 1942 i nazisti instaurarono un regime chiamato il “Grande Reich” e per quanto riguardava l’organizzazione logistica di tale impero si ricorreva a una dislocazione secondo una gerarchia razzista. Al vertice dell’Europa nazista c’era la Germania, la Lorena, l’Alsazia, il Lussemburgo, l’Austria, la Slovenia settentrionale e l’Alta Slesia. Successivamente vi erano gli stati fascisti alleati come l’Italia, la Francia di Vichy, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria e l’Albania.
In fine vi erano gli Stati occupati, cioè: Polonia, Boemia/Moravia, una parte della Russia, le repubbliche Baltiche, Norvegia, Danimarca, Olanda, Belgio, Francia settentrionale, la Jugoslavia e la Grecia. È importante sottolineare il fatto che questi Stati erano trasformati in colonie, e l’impero del terrore si estendeva per tre milioni di chilometri quadrati ed era abitato da 250 milioni di europei.
Tutti i territori erano affidati a Gauleiter, dirigenti del partito nazista. Ogni parvenza di diritto fu cancellata, ci fu l’applicazione della condanna a morte anche per reati di piccola entità, venne introdotta una legge che conferiva potere di torturare, fucilare, impiccare e deportare nei campi di concentramento prigionieri politici senza avvisare i familiari, creando tra la popolazione civile un clima di forte terrore e angoscia.
Per quanto riguarda il profilo di gestione economica degli stati occupati, il nuovo ordine era una macchina da guerra che traeva la sua linfa vitale attraverso vari e sofisticati passaggi: rapina delle risorse agricole e minerarie, sfruttamento della manodopera dei prigionieri di guerra e dei lavoratori civili non tedeschi. Alla fine della guerra i lavoratori stranierei erano più di sette milioni in Germania.
Inutile dire che il peggiore trattamento era riservato ai popoli considerati “inferiori”.
I campi di concentramento sorsero nel 1933, con lo scopo di “piegare gli avversari agli interessi della Nazione”, come spiegò Hitler.
Allo scoppio della guerra i campi di concentramento raccoglievano ciascuno trecentomila prigionieri, successivamente furono edificati centinaia e centinaia di questi campi, detti “lager”, come Buchenwald, Bergen-Belsen in Germania, Dachau e Mauthausen in Austria, Terezin in Cecoslovacchia, Auschwitz e Treblinka in Polonia.
I principali strumenti per il mantenimento dell’ordine furono la SD, (servizio di sicurezza) e le SS (squadre di protezione), un corpo di soldati scelti caratterizzato dalla fedeltà assoluta e dalla cieca obbedienza verso il Fhurer, posti sotto il comando di Heinrich Himmler.
Le SS dovevano costituire la minoranza scelta destinata a dominare sull’Europa, erano addestrati con cura maniacale secondo i principi del nazismo: disprezzo della vita propria e altrui, odio per i popoli inferiori, culto estenuante della violenza.
Si distinsero per la ferocia dei loro metodi, sia contro gli Ebrei, sia contro gli oppositori del nazismo.
Sin dal 1933, anno in cui Hitler iniziò la sua dittatura in Germania, la sua politica era di discriminazione che portava alla vigilia della seconda guerra mondiale, cinquecentomila ebrei a fuggire all’estero. Ma dopo le annessioni dell’Austria e della Cecoslovacchia, alcuni milioni di ebrei si trovarono sotto il dominio della Germania Hitleriana, vittime in seguito di quella che verrà definita “guerra razziale”.
Dopo il 1941, i campi di concentramento smisero di tenere prigionieri politici, per “accogliere” ebrei, slavi, zingari e altri popoli considerati inferiori.
Nei Paesi che ospitavano ebrei, i nazisti andarono a raccoglierli in ghetti popolari, per schedarli e numerarli, per poi trasportarli in carri bestiame o in treni speciali nei campi di concentramento.

Gli ebrei venivano trasportato in uno dei tanti campi di concentramento e venivano selezionati e marchiati con una specie di tatuaggio sul braccio, gli venivano tagliati i capelli e la barba o i baffi, venivano fatti lavorare in condizioni di vita precarie e miserevoli.
Il pasto, al pranzo e alla cena, era costituito da un piatto di zuppa allungata con molta acqua.
La maggior parte degli ebrei venivano però uccisi o torturati, usati come cavie per esperimenti scientifici e medici, condotti da uno dei più pericolosi gerarchi nazisti, il dottor. Mengele, chiamato il dottor morte per i suoi metodi brutali e violenti.
Altri ebrei venivano uccisi nelle camere a gas, altri bruciati nei forni crematori, altri impiccati o fucilati. Ma molti morivano a causa, appunto, delle miserevoli condizioni di vita.
Nel 1945, alla fine della guerra gli Alleati, americani, russi e inglesi liberarono molti ebrei dai campi di concentramento.
Il piano di Hitler, affidato a Heydrich e Heichmann, due gerarchi nazisti, prevedeva lo sterminio di 11 milioni di ebrei , fortunatamente non si è arrivati a una cifra simile ma a un numero comunque sempre alto di gente innocente, strappata alle proprie famiglie e alla propria vita costretti a soffrire e talvolta morire per causa di un folle piano, stupido e inutile di un dittatore pazzo e razzista.

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