I sommersi e i salvati

Materie:Scheda libro
Categoria:Generale

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Testo

RELAZIONE DI RONZONI SEM CLASSE IV P
AUTORE: Primo Levi
TITOLO DELL’OPERA: I sommersi e i salvati
GENERE DELL’OPERA: saggio storico
CASA EDITRICE:Einaudi Tascabili
DATA PRIMA EDIZIONE: 1986
NUMERO DELLE PAGINE: 181
RIFERIMENTI ALL’AUTORE:
Nato a Torino nel 1919. Il giovane chimico ebreo ha partecipato alla resistenza; и stato deportato ad Auschwitz ,come milioni di ebrei, dalle SS naziste. Forse grazie alla sua specializzazione, и riuscito a sopravvivere. Ritornato in Italia, ha iniziato a scrivere quello che и il suo romanzo piщ famoso:”Se questo и un uomo”, pubblicato nel 1947, in cui testimonia le infamie dei campi di concentramento nazisti dove si faceva di tutto per distruggere la dignitа di un uomo. Altre pubblicazioni sono state “Storie naturali “e “La chiave a stella”. Oltre che scrittore, и stato anche giornalista e conferenziere. La sua ultima opera и “I sommersi e i salvati” del 1987, anno in cui poi l’autore si и suicidato.
CONTENUTO DELL’OPERA
Nella prefazione Levi sostiene di non aver l’intenzione di far opera di storico e di voler riportare nel libro piщ considerazioni che fatti. In effetti il testo и fatto soprattutto di riflessioni sugli aspetti piщ significativi della tragica esperienza dei prigionieri reduci dai Lager nazionasocialisti.. E’ dal ricordo, dai sentimenti, dai ragionamenti, dalle sensazioni provate al momento della liberazione e negli anni successivi, che emergono i fatti piщ drammatici. In un solo capitolo si entra specificatamente nell’argomento delle piщ gravi violenze subite, ma in ogni caso in tutto il libro si sente la tragedia e la mostruositа, quasi incredibile, che hanno travolto milioni di persone.
TEMATICHE
LA MEMORIA DELL’OFFESA
Secondo l’autore la memoria dell’uomo и uno strumento bellissimo, ma che puт sbagliare; infatti i ricordi col passare degli anni tendono a cancellarsi, spesso subiscono delle modifiche o addirittura vi si inseriscono dei particolari estranei. Piщ si rievoca un ricordo, piщ questo rimane vivo, ma talvolta si cristallizza e cosм si ricorda ciт che si и rievocato e non il fatto stesso.
Ricordare il dramma del Lager crea disagio sia alla vittima sia all’oppressore , che perт non sono intercambiabili. Di fronte alla domanda “Perchй lo hai fatto?”, l’oppressore spesso mente sapendo di mentire, ma il piщ delle volte si costruisce una realtа di comodo che gli permette di convincere se stesso e gli altri della sua buona fede: “L’ho fatto perchй mi и stato comandato, perchй sono stato educato all’obbedienza assoluta, sono stato ubriacato di slogan e di manifestazioni; non solo mi era vietato decidere, ma ne ero incapace”.
Come si puт capire, queste risposte sono forme di autoinganno: uno stato totalitario puт esercitare sull’individuo una pressione paurosa ma non irresistibile, specialmente in un periodo di tempo abbastanza breve (12 anni).
Anche le vittime alterano i ricordi, ma solo a scopo di difesa, per tenere lontano il dolore che possono rievocare.
LA VERGOGNA
Alla fine della prigionia, nel momento della liberazione dal Lager, hanno provato un senso di sollievo solo i combattenti militari e politici oppure coloro che hanno sofferto di meno.
In generale gli altri provano un senso di vergogna, di abbattimento generale, di disagio, che dura nel tempo e in molti casi porta, subito o piщ avanti, al suicidio . (Nel Lager nessuno si toglie la vita: il suicidio и tipico dell’uomo, non dell’ ”animale”; и una scelta e nel Lager non si sceglie niente; non si ha il tempo di pensare alla morte, ci sono continuamente urgenze per sopravvivere; il suicidio nasce da un senso di colpa e nel Lager le punizioni continue e tremende soffocano qualsiasi senso di colpa).
I “salvati” soffrono perchй ora che sono liberi si rendono conto di aver vissuto per mesi come animali e in qualche modo si sentono colpevoli per non aver fatto niente o non abbastanza contro il sistema in cui erano assorbiti. In realtа in alcuni Lager era possibile un minimo di resistenza attiva, ma in altri , nella maggior parte , assolutamente no: la denutrizione, le violenze, le umiliazioni , prima di distruggere, paralizzavano.
Altra causa piщ realistica della “vergogna” della vittime и il rendersi conto di aver mancato sotto l’aspetto della solidarietа umana. In effetti la regola principale del Lager era quella di badare prima di tutto a se stessi; ma il fatto di aver cambiato le proprie regole morali e di essere stati ridotti all’egoismo piщ assoluto sarа sentito per sempre come una colpa.
Inoltre il fatto di essere sopravvissuti fa sempre pensare che forse “sei vivo al posto di un altro”, sicuramente migliore di te. Levi infatti dice che i salvati non erano i migliori; di solito sopravvivevano i peggiori, gli egoisti, gli insensibili, i collaboratori, le spie; и stato un caso fortuito se и capitato ad altri di essere salvati.
Infine i sopravvissuti sentono la “vergogna del mondo” , cioи il dolore per le colpe che altri hanno commesso: soffrono perchй si rendono conto che il genere umano, di cui fanno parte, и capace di costruire una mole infinita di dolore.
LA VIOLENZA INUTILE
L’autore mette in luce come quasi sempre la violenza abbia degli scopi, magari terribili come quello della morte, dell’assassinio, delle guerre.
Nei Lager invece venivano attuate forme di violenza inutile, quasi sempre tesa cioи solo a produrre sofferenza nei prigionieri: il nemico non solo doveva morire, ma morire nel tormento.
Vengono quindi analizzati gli aspetti piщ tragici dell’esperienza violenta dei Lager:
• Il treno, che portava verso l’ignoto.Un carro merci, piombato, sovraffollato spesso all’inverosimile, completamente “nudo (nй viveri, nй acqua, nй coperte, nй latrine). Era sul treno che iniziava la trasformazione da esseri umani in animali, partendo dall’offesa al pudore e dalla costrizione escrementizia
• La nuditа che li faceva sentire senza difesa “come un lombrico, nudo, lento, ignobile, prono al suolo, pronto per essere schiacciato”
• La mancanza di un cucchiaio, che obbligava a “lappare la zuppa come i cani”
• L’appello, conteggio laborioso e complicato che avveniva con qualsiasi condizione di tempo all’aperto, durava ore e vi dovevano partecipare anche i feriti e i morti
• Il tatuaggio, numero di matricola dei prigionieri tatuato sull’avambraccio sinistro; operazione poco dolorosa, ma traumatica: il marchio che si imprime agli schiavi e agli animali destinati al macello
• Il lavoro, usato con lio scopo di umilare
• Gli esperimenti medici, sperimentazione di nuovi preparati su cavie umane, torture insensate, oltraggio persino delle spoglie umane dopo la morte.
LA COMUNICAZIONE:
Nei Lager una sofferenza terribile и data dall’impossibilitа di comunicare con il mondo esterno (parenti, amici..), ma neppure col modo in cui si vive. I linguaggi diversi causano smarrimento, incomprensioni, sofferenze e umiliazioni specialmente ai nuovi arrivati che non capiscono neppure gli ordini e vengono annientati; si capisce il significato delle comunicazioni solo dai gesti e dal tono della voce aggressivi ( urla, spinte, botte..). Cosм ci si disorienta, si diventa individualisti “isole”.
LA RIBELLIONE E LA FUGA
Uno degli ultimi capitoli del testo vuole sfatare alcuni stereotipi che dimostrano come chi non c’era tenda a semplificare e a non capire fino in fondo. Levi infatti risponde alle domande che spesso gli vengono rivolte fino ai suoi ultimi anni di vita: perchй non siete fuggiti? perchй non vi siete ribellati?
Lautore fa osservare che i prigionieri erano ridotti talmente male da non avere piщ alcuna forza; erano circondati da compagni assuefatti a tutto, da spie; non avevano armi o strumenti; una volta fuori, non avrebbero saputo dove cercare rifugio (tante volte i prigionieri non sapevano neppure dove si trovavano):
I tentativi di ribellione e di fuga ci sono stati (persino da parte dell’ultima squadra speciale), ma erano tentativi quasi folli, destinati a fallire e a cui seguivano terribili punizioni e rappresaglie Ecco perchй nella maggior parte dei casi si rinuciava e si moriva prima con la mente e poi con il corpo.
L’IGNORANZA VOLUTA
Quando cominciarono a diffondersi le notizie riguardanti le infamie dei Lager, il pubblico le rifiutava, diceva che non potevano essere vere, perchй erano troppo mostruose (atteggiamento che del resto era stato previsto dallo stesso sistema nazista).
Alla fine della guerra sono state soppresse o si и cercato di sopprimere le prove dei campi di concentramento (si и persino cercato di far sparire i cadaveri), ma sono rimaste rovine e testimonianze.
Del resto giа prima c’erano stati molti segnali che avrebbero dovuto far sorgere dei dubbi anche nei civili; i Lager, chiamati anche “univers concentrationnaire”(universo concentrazionario) specialmente negli ultimi anni di guerra, avevano stretti rapporti con la vita quotidiana del paese (fornivano mano d’opera gratuita ad aziende agricole, ad industrie grandi e piccole, a fabbriche di armamenti; altre industrie guadagnavano procurando materiale ai Lager stessi). E’ impossibile pensare che nessuno degli operai di certe fabbriche non si domandasse come mai era cosм aumentata a dismisura l’ordinazione dei forni crematori o del gas velenoso, acido cianidrico, che prima di allora veniva richiesto ed utilizzato per la disinfestazione delle stive delle navi!
Sicuramente i dubbi sono sorti , ma venivano soffocati per motivi molto diversi fra loro: per paura, per desiderio di guadagno, per stupiditа, per adescamento ideologico, per fanatica obbedienza. Cosм si fingeva di non sapere, di non conoscere il dramma che si stava svolgendo per milioni di persone. Levi dice che la cosa peggiore и stata proprio la “ viltа entrata nel costume”.
PERSONAGGI
I prigionieri dei Lager nazisti sono di tre tipi : rei comuni, ebrei, prigionieri politici .
Nel testo sembrano passare le ombre di milioni di figure che vivono in modo diverso, ma comunque tragico, le infamie dei Lager nazisti.
Tra di loro esiste una rete di rapporti molto complessa. Uno degli aspetti per esempio, che disorienta e paralizza i “nuovi” dei Lager , и l’accoglienza terribile (insulti, sputi, calci..)degli “anziani” (magari di qualche mese di presenza nel Lager), di quelli da cui si sarebbero aspettati conforto e consiglio).
Non esiste per esempio una netta distinzione tra oppressori e vittime, anche se i loro ruoli determinano responsabilitа diverse. Tra le vittime, molte si trasformano in collaboratori, alcune addirittura in aguzzini e oppressori, a loro volta vittime di altri.
La “ zona grigia” e’ l’espressione utilizzata da Levi per definire la classe dei prigionieri privilegiati, cioи di tutti coloro che avevano accettato il compromesso e la collaborazione con il potere. L’autore li definisce “mezze coscienze”, ma invita a tener in sospeso un giudizio morale nei loro confronti; egli dice che se dipendesse da lui assolverebbe a cuor leggero tutti coloro che hanno concorso alla colpa in modo minimo e sui quali и stata massima la costrizione, mentre si richiede un giudizio piщ delicato per i capi. All’interno dei Lager la zona grigia compare per diversi motivi: il bisogno di ausiliari esterni che vengono caricati di colpe e compromessi; la disponibilitа tra gli oppressi a collaborare con il potere quanto piщ и dura l’oppressione (per terrore, imitazione del vincitore, voglia di un qualsiasi potere anche piccolissimo, viltа, calcolo). In generale sono poveri diavoli che lavorano a pieno orario come tutti gli altri; il loro privilegio frutta loro poco (magari mezzo litro di zuppa in piщ) e non li sottrae alla disciplina e alle sofferenze degli altri. Altri, i capi (Kapos) occupano posizioni di comando, hanno un potere illimitato sulle squadre di lavoro (lpossono uccidere di botte, nessuno li fermerebbe); alcuni accettano di diventare capi per migliorare le loro condizioni di vita (rei comuni, prigionieri politici); altri cercano spontaneamente di diventarlo (sadici, frustrati).
Un caso limite di collaborazione и rappresentato dalle squadre speciali, i gruppi di prigionieri che avevano la gestione dei crematori; le squadre erano costituite da ebrei; quando si veniva reclutati non ci si poteva assolutamente tirare indietro; nessun uomo che aveva fatto parte di una squadra speciale poteva sopravvivere per raccontare; le squadre venivano tenute separate dagli altri prigionieri e dal mondo esterno e avevano a disposizione una grande quantitа di alcolici per essere storditi e affrontare il loro “lavoro” senza grossi sensi di colpa.
Solo in alcuni casi l’autore riferisce episodi riguardanti persone specifiche, in particolare quando ciт gli serve per dare un esempio concreto e toccante relativo a una certa tematica:
• L’amico Alberto che non vuole credere alla fine del padre; lo stesso atteggiamento si ripete nella sua famiglia che in seguito si costruisce anche sllo stesso Alberto una veritа di comodo con la quale si resta attaccati a un filo di speranza ((tematica della memoria)
• Chaim Rumkowski, il decano del ghetto di Lodz che diventa un vero e proprio dittatore all’interno del ghetto, circondato di adulatori, riverito dai sudditi, complice disprezzato dalle SS, destinato alla stessa fine di tutti gli ebrei, pur essendo come il re dei giudei (Tematica della zona grigia)
• Daniele, il compagno che ha assistito alla colpa dell’autore: quella di non aver voluto dividere con lui e con gli altri qualche goccia d’acqua(tematica della vergogna)
• L’intellettuale ebreo Hans Mayer (rifugiato in Belgio sotto il nome di Jean Amery) che vive la tragedia del Lager piщ grave ancora per un intellettuale al quale и quasi impossibile imporsi di “non cercare di capire” (tematica dell’intellettuale)
• Mala Zimetbaum, la prigioniera interprete che tenta la fuga con un prigioniero politico, ma viene ricatturata e il suo suicidio viene anticipato dalla morte dovuta al fatto che viene calpestata violentemente dai militi delle SS che non accettano di essere stati sfidati da lei( tematica della ribellione e della fuga).
Tra i prigionieri la maggioranza sono i sommersi cioи coloro che, piщ di tutti, hanno toccato il fondo della sofferenza e della disperazione. Non hanno avuto modo di reagire perchй sono stati prima paralizzati e resi incapaci persino di osservare e di capire e poi completamente demoliti. Nessuno di loro puт dare testimonianza. Questo possono tentare di farlo solo i salvati, quelli che sono riusciti a sopravvivere
MESSAGGI DELL’AUTORE
Nella conclusione del libro l’autore trasmette in modo esplicito dei messaggi chiari, rivolti in modo particolare ai giovani della nuova generazione affinchй tengano presente l’esperienza del passato per affrontare con piщ certezza il futuro:
• E’ importante che i testimoni continuino a raccontare la loro tragica esperienza per far conoscere gli eventi terribili del nazismo ai giovani e per far capire loro come quegli eventi siano avvenuti inaspettatamente, contro ogni previsione: incredibilmente un intero popolo civile ha seguito un istrione come Hitler, l’ha obbedito e osannato fino alla catastrofe.
• Puт accadere ancora e dappertutto; и poco probabile, ma ci sono dei segni precursori: gli atti di violenza che passano ogni giorno sotto i nostri occhi.
• Occorre affinare i nostri sensi e diffidare dai profeti, dagli incantatori, da quelli che scrivono e dicono belle parole non sostenute da buone ragioni.
• Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno a un tavolo, purchи ci sia volntа buona e fiducia reciproca.
• L’esempio Hitleriano ha dimostrato in quale misura sia devastante una guerra combattuta nell’era industriale, anche senza che si faccia ricorso alle armi nucleari.
• Non и accettabile la teoria della violenza preventiva: dalla violenza non nasce che violenza.
• Non и accettabile la teoria della violenza preventiva: dalla violenza non nasce che violenza.

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