Rinascimento e Umanesimo

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Testo

UMANESIMO E RINASCIMENTO [CAP.1]
LE COORDINATE STORICHE GENERALI
La nascita del Rinascimento nel 400/500 coincide con alcuni importanti avvenimenti storici: la fioritura delle monarchie europee, le scoperte geografiche, la stampa, la polvere da sparo, la riforma protestante di Lutero e la formazione degli stati in Italia.
Tramontano l’impero e il papato. Francia e Spagna diventano grandi potenze, che iniziano una guerra che coinvolgerà anche l’Italia fino alla pace di Cateau-Cambrésis la quale in seguito diviene in gran parte possesso spagnolo, iniziando la sua decadenza. L’Italia è molto frammentata nei vari stati ed è preda dell’espansionismo straniero. Si afferma un economia più aperta, mercantile e monetaria. La borghesia diventa molto potente, gestendo anche le banche. I commerci si spostano dal Mediterraneo all’Atlantico e l’Italia ne resta esclusa.
TRASFORMAZIONI SOCIALI, CULTURA MEDIOVALE E CULTURA RINASCIMENTALE
Nella nuova civiltà urbano - borghese si creano le condizioni che favoriscono la nascita e la diffusione della nuova cultura. Prima del 400, infatti, nei comuni, la cultura era subordinata alla mentalità religiosa e feudale. L’umanesimo rinascimentale rappresenta invece l’elaborazione di una cultura nuova, che spezzando i vecchi schemi mentali, riflette il mutato atteggiamento dell’uomo di fronte alla vita e al mondo. Alla ricerca di nuovi modelli culturali gli umanisti scelgono i classici.
I NUOVI (LUOGHI( DI CULTURA E LA FIGURA DELL’INTELLETTUALE LAICO
La chiesa prende il predominio nell’organizzazione della cultura, che passa alla borghesia cittadina. L’umanista inizialmente appartiene ai ceti alti e si configura come un professionista al servizio di un signore. Firenze, Napoli, Roma, ecc. diventano grandi centri intellettuali. Vengono organizzate le Accademie e le scuole private di arti liberali, non come istituti educativi ma come punti di incontro.
IL (PUBBLICO( DELLA CULTURA RINASCIMENTALE
La cultura è di carattere elitario, cioè delle persone di più alto livello, anche a causa del rifiuto del volgare a favore del latino come lingua del sapere. Ciò rappresenta un fatto (progressista( perché è un distacco dal medioevo e un tentativo di far rivivere il latino classico.
Pur trattandosi di una cultura ristretta ha i mezzi per diffondersi più ampiamente grazie soprattutto alla stampa che coinvolge più persone.
I CONCETTI STORIOGRAFICI DI UMANESIMO E RINASCIMENTO
Da prima Umanesimo e Rinascimento erano tutto un unico concetto che indicava il movimento culturale fiorito in Italia nel 400 e diffuso in Europa nel 500 segnando un rinnovamento della letteratura, dell’arte, della filosofia e della scienza, ma poi nella 2° metà dell’800 vennero distinti nettamente, vedendo nell’Umanesimo un movimento filologico - letterario (studi umanistici e classici), e nel Rinascimento (causa/evoluzione dell’Umanesimo) un movimento filosofico - scientifico (più basi fondate per considerare l’uomo, la natura e Dio).
IL RINASCIMENTO COME (RITORNO AL PRINCIPIO(
Rinascita è la seconda nascita, dell’uomo nuovo o spirituale, secondo l’Evangelo di S. Giovanni. nel rinascimento tale concetto assume un significato più vasto, che denota il rinnovamento totale dell’uomo nei suoi rapporti con sé stesso, gli altri, il mondo e Dio. Lo strumento del rinnovamento è il ritorno al principio, ad una specifica situazione del passato della civiltà. È anche un ritorno alla natura come si nota dall’arte. Il principio è quella realtà rapportandosi alla quale l’uomo autentifica se stesso, realizzandosi nella sua natura più vera e profonda.
L’UMANESIMO COME ASPETTO ESSENZIALE DEL RINASCIMENTO E SUA RILEVANZA FILOSOFICA
Secondo Kristeller gli umanisti sarebbero filologi ma non filosofi perché, nella loro mania letteraria, avrebbero trascurato il pensiero speculativo e le elaborazioni del Medioevo. Solo l’aristotelismo rinnovato del Rinascimento esprimerebbe le idee dell’epoca. Secondo Garin invece gli Umanisti hanno filosofato su problemi antropologici, etici, politici, economici… La filologia umanista sarebbe una nuova filosofia perché la ricerca di manoscritti sarebbe un modo nuovo di concepire il mondo antico. L’Umanesimo letterario è anche filosofico, fondato sulla concezione che gli antichi siano stati i massimi conoscitori dei valori dell’esistenza (numanae litteram a uomini veri). Il ritorno all’antico significa rientrare in possesso di quelle possibilità, ignorate dal medioevo, che il mondo classico aveva aperto agli uomini.
LA VISIONE RINASCIMENTALE DELL’UOMO
L’uomo come artefice di sé stesso
Mentre nel medioevo l’uomo era parte di un ordine cosmico già dato, nel Rinascimento l’uomo deve costruire e conquistarsi un posto nell’essere cioè ogni uomo può e deve farsi da sé modellandosi a suo piacimento. Già con la scolastica l’uomo rivendicava un’autonomia della ragione, ma nell’Umanesimo questa autonomia è riconosciuta e affermata più radicalmente.
L’uomo e Dio
Non vi è alternativa fra uomo o Dio, ma coesistono uomo e Dio. L’uomo è creatura e creazione. Ciò non vuol dire che il rinascimento sia prevalentemente (antropocentrico( come il Medioevo (teocentrico (=religione al centro)(; ma se nel Medioevo dio era al centro e l’uomo sulla periferia, ora è il contrario senza che si neghino rispettivamente l’aldiquà e l’aldilà.
L’uomo e la libertà
L’uomo è tuttavia consapevole di essere condizionato da forze reali, causali e soprannaturali. Accanto all’esaltazione della libertà vi sono le dispute sulla Fortuna, Caso e Provvidenza. Finché l’uomo vincerà il caso saremo ancora nel rinascimento, quando l’uomo sarà dominato dalle forze esterne, sarà iniziata la crisi e il declino.
Il rifiuto dell’ascetismo medievale
L’uomo è la sintesi vivente del tutto e il centro del mondo. La vita è un impegno concreto e non una fuga. L’uomo non è ospite della terra, ma profondamente radicato in essa. Da ciò l’esaltazione della gioia e del piacere dell’eudaimonia (=felicità come realizzazione armonica delle possibilità umane) e il riconoscimento del denaro come elemento indispensabile alla vita dell’individuo.
PROSPETTIVA STORICA E STORIA DEL RINASCIMENTO
Nell’umanesimo nasce l’esigenza della dimensione storica degli eventi. Nel medioevo ogni dottrina si muoveva senza tempo. Viene scoperta la prospettiva storica. La necessità di riscoprire i testi nella loro originalità da origine alla filologia che difende la lingua genuina, contro le deformazioni subite nel medioevo. L’umanesimo ha avviato un compito di restaurazione storica, lasciandolo in eredità alla cultura moderna.
Alla prospettiva storica corrisponde, nella pittura, la prospettiva ottica, la capacità di individuare gli oggetti nel loro luogo effettivo.
IL NATURALISMO RINASCIMENTALE
Con la denominazione storiografica di naturalismo si intende che:
I. l’uomo non è ospite della natura, ma un essere naturale che ha nella natura la sua patria.
II. La natura non è l’ombra sbiadita di un mondo ideale, ma una realtà piena.
III. L’uomo ha l’interesse e le capacità per studiare la natura.
LA ROTTURA DELL’ENCICLOPEDIA MEDIOEVALE DEL SAPERE E L’AUTONOMIZZAZIONE DELLE VARIE ATTIVITÀ UMANE
Nel medioevo regnava l’universalismo: lingua unitaria, Impero e chiesa unitari, ecc.. Le varie discipline erano concepite come ancillae teologie, finalizzate a dimostrare la verità della fede. L’enciclopedia del sapere era di tipo piramidale, con la teologia in cima.
Nel Rinascimento si rompe l’unità politica e culturale e si ha una laicizzazione del sapere, ogni attività ha la propria libertà operativa. Questo processo affonda le sue radici nella mentalità di intellettuali non ecclesiastici. Ma ciò non implica il carattere anticristiano del rinascimento, gli uomini furono cristiani in modo diverso.
IL RAPPORTO MEDIO EVO - RINASCIMENTO: INTERPRETAZIONI CRITICHE.
I. Frattura completa: risale al rinascimento, appoggiata da illuministi e romantici e da Burckhardt che ha riassunto il concetto con le tesi di medioevo trascendentista (aldilà), teocentrico e universalista (Chiesa e Impero) e Rinascimento immanentista (aldiquà), antropocentrico e individualista.
II. Continuità: appoggiata da Konrad Burdach e altri secondo i quali la rinascita non è iniziata di colpo, ma si è sviluppata già dal 200 con i comuni.
III. Originalità nella continuità: di E. Garin secondo cui c’è una irriducibile originalità del Rinascimento e un rapporto di continuità col medioevo.
RINASCIMENTO E CIVILTÀ MODERNA
I teorici della (frattura( hanno visto nel rinascimento l’inizio dell’età moderna, quelli della (continuità( hanno considerato il Rinascimento come figlio del Medioevo. Gli studiosi odierni, tendono a considerare la rivoluzione scientifica come inizio dell’età moderna e il Rinascimento come sintesi tra vecchio e nuovo, ma più proteso verso il futuro, è principale fattore che ha gettato le premesse per la Rivoluzione scientifica.
RINASCIMENTO E PLATONISMO [CAP.2]
GENESI E CARATTERE DEL MOVIMENTO
In questo periodo rinasce l'interesse per Platone e lo studio dei suoi dialoghi perché era l'artista più affascinante della classicità; era l'antagonista di Aristotele (e della scolastica); era un filosofo aperto e molto vicino allo spirito del cristianesimo. Fu fondata l'Accademia platonica dove vennero tradotti tutti i suoi dialoghi e resi così più comprensibili. Fu preferito Platone anche perché, con la fondazione di nuove accademie (adibite ad incontri e discussioni) era impensabile non far riferimento ai dialoghi platonici.
LA DISPUTA PLATONICI - ARISTOTELICI
Aumenta anche l'interesse per Aristotele (studiato con parametri non medioevali) e questo genera una disputa con i platonici. La superiorità di Platone però è alimentata dal fatto che lui si avvicinava di più che Aristotele alla verità del Cristianesimo, pure senza raggiungerla pienamente. I platonici cercano la rinascita religiosa, gli Aristotelici cercano la rinascita di una ricerca razionale e della filosofia naturale. Giorgio Gemisto Pletone scrisse per primo, e questo scatenò la competizione tra i due filosofi, “Differenze della filosofia di Platone e di Aristotele” in cui il filosofo dell'Accademia veniva esaltato a tutto scapito del filosofo del Liceo. Giorgio Trapezunzio scrisse in difesa ad Aristotele “Confronto delle filosofie di Platone ed Aristotele”.
CUSANO
La dotta ignoranza
Niccolò Krebs nacque a Cusa in Germania nel 1401. Studiò teologia e divenne prete nel 1430. Studiò in Grecia e conobbe le opere di Platone. Morì a Todi nel 1464. La conoscenza, dice, è la proporzione tra ignoto e noto. Si può capire ciò che non si conosce in relazione a ciò che si conosce. Bisogna ammettere la propria ignoranza; se non sai, taci: ignoranza dell'intelligente (ripresa da Socrate). È più onesto riconoscere la propria ignoranza e questa è la dotta ignoranza. Tale comportamento è l'unico possibile di fronte a Dio, che è il massimo della perfezione. Dio è al di la delle cose materiali, è completamente diverso dal mondo umano, non può essere pensato con mezzi umani e non può essere compreso con nessun discorso razionale. Dio è un cerchio dove il diametro è uguale alla circonferenza cioè infinito e assoluto.
La coincidenza degli opposti in Dio
Se Dio è al di là della ragione, è oltre il principio di non - contraddizione e si trova in uno stato di coincidenza degli opposti. Quindi, se noi distinguiamo il più e il meno, nel mondo infinito coincidono (circonferenza e raggi nell'infinito coincidono). Queste affermazioni ci aprono un varco sulla vita divina.
La nuova concezione dell'universo fisico
Cusano nega che una parte del mondo, quella celeste, possegga una perfezione assoluta e sia quindi ingenerabile e incorruttibile perché questa è propria solo di Dio. Cusano non dice che l'universo è infinito (perché questo è proprio solo di Dio) ma è illimitato (senza confini e limiti). La terra non è al centro perché non c'è centro (è tutto un centro); forse è una stella come tutte le altre stelle e ospita uomini più o meno simili a noi. Cusano formula anche la teoria dell'impetus e cioè l'elaborazione prima del principio d'inerzia: i corpi non sono spinti da un motore immobile ma conservano il loro moto fino a quando non trovano un ostacolo.
PICO DELLA MIRANDOLA
L'interesse religioso domina la complessa figura di Giovanni Pico della Mirandola nato il 24 febbraio 1463 e morto a Firenze il 17 novembre 1494. Voleva sintetizzare e conciliare le dottrine più diverse e quindi volle colmare, questo desiderio di una sintesi universale del sapere attraverso a quale si rigenerassero insieme la vita religiosa e la vita filosofica dell'uomo, programmando una grande discussione fra dotti, convocati da ogni parte, su 900 tesi; questo progetto non fu attuabile perché considerarono eretiche alcune delle sue tesi. Pubblicò allora un'Apologia di esse ed inoltre le Conclusioni che sviluppano quelle tesi. L'orazione Sulla dignità dell'uomo (tutto quello che Dio ha creato, anche per altre creature, è assegnato all'uomo) avrebbe dovuto essere il discorso inaugurale di quella disputa. Pico scrisse inoltre l'Heptalus (commento dei primi capitoli della Genesi), L'ente e l'uno (tentativo di sintesi tra aristotelismo e platonismo e le Dispute contro gli astrologi (critica all'astrologia). Lo scopo di Pico era la pace, l'unione e l'amicizia tra gli uomini ottenibile solo con un'unione di tutte le dottrine.
RINASCIMENTO E ARISTOTELISMO [CAP.3]
SINTESI
Quando uno scienziato ha scoperto che nel cuore non ci sono terminazioni nervose nessuno gli credette; allora lo sperimentò facendo un'anatomia e verificando la sua tesi: nessuno gli credette! Per queste ed altre scoperte importanti fu molto difficile venire alla luce perché l'influenza di Aristotele era enorme; infatti lui con il suo “ipse dixit” influenzava negativamente il popolo che voleva credere solo alle sue verità. Galileo disse di non essere contro Aristotele perché se esso fosse stato ancora in vita avrebbe ammesso i propri errori perché era un uomo intelligente e affermò anche che il popolo ostacolava il progresso della scienza. Quando Galileo scoprì, con il suo cannocchiale, che la luna non era liscia ma presentava montagne, valli e vulcani, gli aristotelici dubitarono anche del funzionamento del suo prezioso strumento considerandolo sbagliato e difesero Aristotele ammettendo il concetto di etere cioè una qualche atmosfera che rende i corpi celesti perfetti. Galileo quindi definisce gli aristotelici (ma non Aristotele) retrogradi e conservatori in ambito scientifico e simplici.
RINASCIMENTO E POLITICA[CAP.5]
SINTESI
Con Machiavelli la politica si avvia a diventare una scienza; da qui nasce il realismo politico e l'affermazione che un buon politico è un realista cioè colui che esamina la realtà delle cose e poi agisce. Non è d'accordo con Tommaso e lo accusa di utopia.
Tommaso Moro vive alla corte di Enrico VIII. Conia il nuovo termine di utopia cioè la teorizzazione di una società perfetta con lo scopo di denunciare le mancanze della società vigente in quel momento. Platone viene quindi solo adesso riconosciuto come praticante dell'utopia.
DETTAGLIO
NICCOLÒ MACHIAVELLI (1467-1527)
è l'iniziatore dell'indirizzo storicistico. L'intera vita di Machiavelli fu dedicata al tentativo di realizzare una comunità politica italiana; vide e riconobbe l'unica via di tale realizzazione in un ritorno alle origini della storia italiana. I Medici furono cacciati (1498) da Firenze e si instaurò una repubblica. Machiavelli ebbe il ruolo di segretario diplomatico in questa nuova politica. Viaggia molto sotto le vesti di diplomatico in Germania, Francia e Italia. Quando tornano i Medici a Firenze (1512) Machiavelli viene esonerato da ogni incarico e viene imprigionato; dopo questo affronto si ritira nella sua villa e rimane inattivo (inattività forzata e allora scrive). Scrive la sua vita: quella di un uomo che non sa cosa fare dalla mattina alla sera; di giorno beve, mangia e ozia ma la sera legge e si immedesima nelle antiche storie (Dante, Petrarca…). Nel 1513 scrive il “Principe” e una raccolta dei discorsi di Tito Livio “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”, la “Mandragola” e molti altri componimenti; poi, finalmente, viene incaricato dai Medici di scrivere la “storia di Firenze” che accetta onorevolmente di fare. Quando i Medici vengono cacciati nuovamente da Firenze lui spera di poter ritornare a rappresentare la repubblica ma viene esonerato dal popolo perché ora lo vedeva come un alleato dei Medici per il fatto che aveva scritto la “storia di Firenze” per conto loro.
Machiavelli usa un nuovo ed originale metodo politico: il realismo cioè lui è un grande osservatore della realtà politica a lui contemporanea e per trovare una chiave per sistemare il presente studia il passato.
- Osserva la realtà così com'è e non quella che vorrebbe che fosse; altrimenti rischierebbe di cadere nell'utopia che modella lo stato secondo una meta irrealizzabile.
- La politica deve essere scienza autonoma; non bisogna considerare l'uomo ne dal punto di vista della scienza, ne con l'obiettivo della salvezza (religione), ne con quello della morale (di queste cose se ne devono occupare i preti). Lo scopo del buon politico è la costruzione ma soprattutto il governo di uno stato ben ordinato; infatti, dice, è più facile raggiungere il potere che mantenerlo. Ogni mezzo per raggiungere questo scopo (uno stato ordinato) è lecito e non importa se segue o no la morale.
- La sua visione della natura umana è naturalistica cioè vuol dire che nella natura dell'uomo ci sono delle leggi immutabili e che la natura umana non cambia anche al passare dei secoli. L'uomo, infatti, pensa e agisce sempre uguale; aspira sempre alle stesse cose (potere e ricchezza) da secoli e secoli. È da queste affermazioni che nasce la necessità di conoscere il passato per ordinare il presente. Dice anche che addirittura la storia è racchiusa da un andamento ciclico perché di fronte a situazioni simili gli uomini agiscono sempre nello stesso modo. Il 400 e 500 hanno impresso una sorte di novità (periodi di eccezionalità) e quindi anche nella politica bisogna agire un po' diversamente. Il potere di cambiare è solo dei politici.
- La virtù politica sta' a significare che si possono usare tutti i mezzi possibili per raggiungere lo stato ordinato; può essere la forza (se necessario), ma quello che dirige è la furbizia del politico (volpe e leone furbo e aggressivo). Il politico deve tenere conto che gli uomini non sono tutti buoni, ma alcuni sono egoisti e cattivi. La cattiveria e la fortuna e bontà devono agire insieme.
- L'Italia ora è troppo indebolita; è troppo frastagliata: bisogna cercare di unificarla L vuole instaurare una monarchia e disegnare il principe perfetto che è colui che deve prendere in mano la bandiera dell'Italia per riunirla; i cittadini sono d'accordo perché, stufi di questa situazione, darebbero la bandiera in mano a chiunque.
Secondo Machiavelli il solo modo in cui le comunità possono rinnovarsi e sfuggire alla rovina, è quello di ridursi ai loro principi, che hanno in sé la bontà per dar loro forza. Il ritorno presuppone: l’oggettività storica (le origini devono essere giustamente intese) e il realismo politico (le condizioni del ritorno devono essere riconosciute nella loro verità effetuale). Queste due condizioni sono le caratteristiche dell’opera di Machiavelli (“Discorsi”) che si rivolge da un lato alla storia e dall’altro alla politica che lo circonda.
La forma originaria di comunità italiana è una repubblica libera, che si è realizzata nei primi tempi di Roma. Raggiungere questa forma è difficile e richiede tempo. Il compito immediato del politico è quello di PRINCIPE unificatore e riordinatore della nazione italiana.
Se una comunità non ha altro modo per uscire dal disordine deve organizzarsi in un principato, il quale trova norma e giustificazione in sé stesso. Il principe non deve allora smarrirsi nella tirannide ma se accetta quel compito deve scegliere tra: vivere sicuri e morire in gelosia oppure vivere in angustie e morire in infamia. Un principe che conosce veramente la storia sceglie la prima.
Machiavelli prende in considerazione l’ipotesi che le cose siano governate dalla fortuna e da Dio; ma la rifiuta perché altrimenti l’uomo dovrebbe abbandonarsi alla sorte. Invece la fortuna agisce a metà sull’uomo e il resto deve essere controllato dall’uomo con la virtù che lo aiuta a ritornare al passato. Più l’azione dell’uomo è storicamente fondata, meglio l’uomo domina gli eventi.
TOMMASO MORO (1480-1535)
era un umanista europeo; nel 1529 fu cancelliere di Inghilterra e fu ucciso da Enrico VIII perché aveva rifiutato l’atto di supremazia. Scrisse nel 1516 l'opera intitolata "Utopia" (= luogo che non c'è) e con questa vuole criticare le condizioni dell'Inghilterra. Nell'isola di Utopia la proprietà privata è abolita (sorta di comunismo Platonico); tutti i beni sono concessi ai cittadini e ognuno prende quello che gli serve; la terra è coltivata a turno dagli abitanti che sono tutti addestrati all'agricoltura e si danno il cambio nelle campagne ogni due anni; l'oro e l'argento non hanno alcun pregio e servono per gli utensili più umili; tutti devono lavorare ma solo per sei ore (nessuno deve stancarsi) e non oziare, nel tempo libero (10 ore) si dedicano alle lettere, alle scoperte tecniche o al divertimento. E ancora su Utopia tutte le cariche pubbliche sono elettive (il principe è eletto a vita da 4 candidati); non c'è la pena di morte ma c'è l'ergastolo (Moro era cristiano e segue l'insegnamento di Dio contro la morte); si fa guerra solo per difendersi o per liberare un altro popolo dalla tirannide.
Moro è cattolico ed è a favore della eutanasia (la dolce morte) cioè dice che quando la morte è inevitabile è meglio uccidersi.
RINASCIMENTO E NATURALISMO [CAP.6]
L’INTERESSE PER LA NATURA
L’interesse della natura inizia ad essere fondamentale negli studi filosofici per la realizzazione del volere umano. La natura rispecchia il macrocosmo mentre l’uomo, che di essa fa parte, il microcosmo. L’uomo si sente parte integrante del mondo e lo considera come proprio dominio e così considera la sua posizione è privilegiata, simile a quella di Dio. Nella filosofia cinquecentesca si possono distinguere due aspetti fondamentali collegate all’indagine naturale: la magia e la filosofia della natura. La magia afferma che la natura è mossa dalle stesse forze (universali) che muovono l’uomo e si propone di scovare queste forze e per mezzo di incantesimi e lusinghe, dominarle accrescendo la propria forza e attribuiscano all’uomo il potere illimitato sulla natura. Il mago è colui che riesce ad accedere e capire questi segreti della natura utilizzando doti particolari. La magia è distinta in bianca (ricerca i segreti della natura), nera (usare questi segreti per dominare gli uomini) e alchimia (trasforma i metalli vili in nobili [pietreforo] e ricerca di medicamenti che curino le malattie e che prolunghino la vita). Il mago offre le sue scoperte soltanto ad un discepolo, invece lo scienziato le rende pubbliche. Il secondo aspetto, la filosofia naturale (Telesio, Campanella, Bruno), afferma che la natura va studiata secondo i propri principi.
MAGIA E SCIENZE OCCULTE
Nel mondo rinascimentale ci sono molti maghi. Uno di questi è Cornelio Agrippa (1486-1535) che ammette l’esistenza di tre mondi: il mondo degli elementi, il mondo celeste e il mondo intelligibile (compreso solo con l’uso dell’intelletto) e quindi tre tipi di magie: quella naturale (insegna a servirsi delle cose corporee per effettuare azioni miracolose), quella celeste (usa formule dell’astronomia e degl’influssi degli astri per operare miracoli) e quella religiosa o cerimoniale (per operare miracoli unisce le sostanze celesti e i demoni).
LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA [CAP.7]
SINTESI
Da quando Copernico scrive il “ De rivoluzionibus” si instaura una nuova concezione dell’universo e questo porta alla rivoluzione scientifica. Questa, infatti, può essere collocata nel periodo tra la pubblicazione del capolavoro di Copernico Le rivoluzioni degli astri celesti (1543) e quella dell’opera di Newton I principi matematici di filosofia naturale (1687). Bruno crede alle concezioni di Copernico e si lascia prendere dalla fobia filosofica dell’immaginazione e così arriva ad affermare molte cose saltando tutti i passaggi di sperimentazione, una tra queste è che l’universo era infinito, ovviamente senza provare nulla, e neanche Galileo se la sente di assecondarlo. Dalla Rivoluzione scientifica emerge che: la concezione della natura è oggettiva, vale per tutti, è universale e necessaria, non muta ed è tutto legato in causa-effetto; è un ordine causale cioè avviene sempre a causa di qualcosa (a 100 °C l’acqua bolle). Lo scienziato si interroga solo sulla causa e non si lascia influenzare dagli scopi delle situazioni e formula leggi. La scienza è un sapere sperimentale ed è retta da un linguaggio matematico; chi non conosce la matematica, non conosce la natura. La scienza si nutre del contributo degli scienziati. La rivoluzione scientifica è nata dal bisogno dell’alta borghesia che spingeva al fine di migliorare le condizioni di vita cioè voleva migliori navi, libri, stampa, vie di comunicazioni… e quindi la spinta parte dalla società. La diffusione dei trattati scientifici deriva anche dalla stretta relazione che c’era tra uno scienziato e un tecnico. Nel 600 nascono le accademie scientifiche, luoghi di incontro e discussioni, dove si confrontavano gli scienziati. Galileo puntando per primo il cannocchiale al cielo lo ha reso uno strumento della scienza anche se era stato costruito da tempo da un olandese e usato soprattutto per scopi militari. Il rinascimento con la sua innovazione nell’idea della natura apre le porte alla rivoluzione scientifica.
IL NUOVO MODO DI VEDERE LA NATURA
A.) La natura è un ordine oggettivo: deve quindi essere considerata come cosa a se stante dalle dimensioni spirituali ed essere privata di tutti quegli attributi, valori o qualità umane come la perfezione, la bontà... Soltanto separando l’uomo dalla natura si può studiare scientificamente la realtà effettiva senza inciampare in idealismi.
B.) La natura è un ordine causale: in essa non avviene nulla a caso, ma tutto è il risultato di cause ben precise. La causalità è un rapporto costante fra due o più fatti, cioè dato (tolto) uno è dato (tolto) anche l’altro (dati 100°C (causa) l’H2O bolle (effetto); tolti i 100°C smette di bollire). L’unica causa aristotelica ammessa è quella efficiente perché alla scienza non interessa il perché finale delle cose ma perché sono successe.
C.) La natura è un insieme di relazioni: lo scienziato non guarda l’essenza e i principi indimostrabili delle cose ma si limita a fare delle relazioni causali che legano i fatti (ES.: del fulmine non studia l’essenza ma afferma che è una scarica elettrica che provoca il tuono). Afferma cioè solo quello che può dedurre da un analisi attenta della realtà senza fantasticare su principi assurdi.
D.) I fatti sono governati da leggi: Sono legati tra loro da rapporti di causa quindi obbediscono a delle regole uniformi che, se studiate, rendono prevedibili i fenomeni.
IL NUOVO MODO DI CONCEPIRE LA SCIENZA
A.) La scienza è un sapere sperimentale: si fonda sull’osservazione dei fatti e dimostra le sue ipotesi facendo una esperienza appositamente ideata.
B.) La scienza è un sapere matematico: si basa su calcoli e su misure quantitative prese direttamente dalla natura
C.) La scienza è un sapere intersoggettivo: i suoi procedimenti devono essere chiari a tutti e le sue scoperte devono essere controllabili.
D.) Il fine della scienza è la conoscenza oggettiva del mondo e delle sue leggi: più è disinteressata e neutrale e capace di scoprire l’autenticità delle relazioni, più è vicina all’interesse umano di dominio del mondo. Conoscere le leggi significa controllare la natura (sapere è potere).
SCIENZA E SOCIETÀ
La scienza moderna è nata successivamente ad una formazione di Stati cittadini e nazionali e al consolidarsi della civiltà urbano-borghese che richiedevano maggiori esigenze e bisogni sociali. Occorreva allestire eserciti sempre meglio attrezzati, ampliare le città, migliorare le vie di comunicazione, allestire flotte sempre più resistenti e veloci, arginare, bonificare e incanalare le acque, estrarre metalli, lavorare i vetri e le stoffe, stampare libri... Queste esigenze richiedevano maggiori conoscenze in tutti i campi ossia più nozioni scientifiche.
STORIA E TECNICA
Gli artigiani per stare al passo con i tempi devono affidarsi ai filosofi-matematici per risolvere problemi. Anche gli scienziati si servono dell’aiuto degli artigiani per valutare i fatti pratici. Questa alleanza tra tecnici e filosofi matematici la rivoluzione scientifica diventa una rincorsa al progresso comune e da forma a personaggi che fanno i tecnici, gli architetti, gli scienziati... (Leonardo).
SCIENZA E RINASCIMENTO
In teoria si potrebbe dire che la scienza è derivata dal periodo occamista (di Ockham 1300) visto che iniziava già a criticare il movimento degli astri e dei proiettili di Aristotele. Nel rinascimento però si sottolinea maggiormente la divisione tra scienza e chiesa e soprattutto ricerca nei testi antichi tutte quelle dottrine interessanti, le riunisce, le studia e cerca nuovi spunti per nuove scoperte. Il rinascimento ha posto poi la mentalità per uno sviluppo più vasto dell’indagine della natura in quanto afferma che l’uomo ha tutto l’interesse di conoscerla perché gli fa parte. In effetti il rinascimento porta avanti alcune idee particolarmente importanti: l’aristotelismo aveva elaborato quel concetto di ordine naturale e immutabile, fondato sulla catena causale degli eventi. La filosofia naturale che con Talesio afferma che i principi del mondo fisico sono i principi sensibili che stabiliscono una equazione tra ciò che la natura manifesta e ciò che i sensi fanno percepire. La magia, che considera la natura come un insieme di meraviglie spinge l’uomo a studiare e controllare la natura.
I favoriti per questo compito di scienziati della rivoluzione scientifica sono persone che si sono trovate al posto giusto al momento giusto con un briciolo di cervello in più. Questi non studieranno nelle università del periodo ma a man mano fonderanno nuove Accademie scientifiche.
LE FORZE CHE HANNO COMBATTUTO LA NUOVA SCIENZA
La nuova scienza dovette combattere contro la tradizione e la teologia. Essa infatti metteva in discussione le teorie tradizionali e andava contro i teoremi della metafisica greca e cristiana. Inoltre svuotava di senso i dogmi legati all’autorità del passato. Le nuove teorie scatenarono la reazione degli accademici e della religione, che vedeva distrutte le credenze della fede e la parola divina della Bibbia. Il caso di Galileo è il simbolo del dramma vissuto dagli scienziati di fronte alla chiesa. Oltre ai contenuti, anche il metodo era considerato eretico: il razionalismo infatti poteva investire la politica, sostituendo le situazioni secolari. Nemici della nuova scienza erano anche maghi e astrologi che vedevano distrutte tutte le loro teorie. Tradizionalmente chiesa e scienze occulte si opposero alla scienza moderando con autorità, scoraggiando gli scienziati ma anche spronandoli a cercare prove più solide per le loro dottrine. Dopo lunghe battaglie fu la nuova scienza ad imporsi.
CONSEGUENZE DELLA NASCITA DELLA SCIENZA
Teoricamente la scienza appare come un prototipo di un sapere rigoroso ed universale e così qualche filosofo ha provato ad estenderlo ai campi più svariati: etica, politica... praticamente la scienza è utile per migliorare le condizioni di vita. L’equazione scienza = progresso viene in seguito contestata perché la tecnologia mette in mano all’uomo un potere così grande che in poco tempo, se usato male, potrebbe far scomparire la vita dal nostro pianeta.
LO SVILUPPO SCIENTIFICO NEL ‘400 E NEL ‘500. LA FIGURA DI LEONARDO
LE MATEMATICHE
Leonardo Fibonacci (1170-1250), pensando all’utilità nel commercio propone il sistema di numerazione posizionale indoarabico. Il compasso geometrico di Galileo consentì di facilitare molte operazioni matematiche utili per gli scopi più diversi. L’algebra è la principale attività dei matematici del ‘500 e viene definita macchina del pensiero. L’algebra fa un grande passo avanti con l’invenzione dei simboli matematici.
LE SCIENZE BIOLOGICHE
Il presupposto della magia è l’universale animazione delle cose: anche gli oggetti hanno un’anima. Con questa teoria si è giunti a ritenere collegati tra loro il macrocosmo-universo e il microcosmo-uomo e Paracelso sosteneva che per conoscere l’uomo bisogna conoscere la natura e che la medicina si doveva fondare sulla teologia, sulla filosofia, sull’astronomia e l’alchimia.
LEONARDO
In lui arte e scienza sono una cosa unica che hanno come scopo la conoscenza della natura. L’arte superiore è la pittura, come ricerca della proporzione delle cose e armonia, come in matematica. La ricerca scientifica è fondata sull’esperienza. Essa non sbaglia mai; può essere sbagliato il giudizio su di essa. Per evitare l’errore bisogna servirsi della matematica per capire e dimostrare le ragioni manifestate dall’esperienza. La matematica rivela la natura nella sua oggettività; nella semplicità e nella necessità delle sue operazioni. La necessità della natura esclude forze magiche e soprannaturali. La proporzione che si trova nei numeri c’è anche nei suoni, nei tempi e negli spazi della natura. Le sue opere rimasero spesso solo a livello di progetti, in appunti sparsi e confusi. Corpi celesti e terrestri non sono diversi, la Terra non è al centro. Formula il principio d’inerzia, studia il moto dei gravi e il piano inclinato, scopre il principio di composizione delle forze, la propagazione della luce per onde. Inventò il dinamometro e l’igrometro.
LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA E LA NUOVA FILOSOFIA DELL’INFINITO [CAP. 8]
RILEVANZA E CARATTERISTICHE DELLA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA
Non è dovuta solamente a Copernico, egli infatti ha dato solo inizio ad un pensiero che ha coinvolto astronomia, filosofia e teologia. La sua visione è merito anche di Keplero, Galileo, Giordano Bruno... La rivoluzione astronomica, il passaggio dal mondo chiuso all’universo infinito, è anche un fatto filosofico perché ha cambiato la visione complessiva del mondo.
L’UNIVERSO DEGLI ANTICHI E DEI MEDIOEVALI
L’universo degli antichi (Aristotele e Tolomeo) era unico, pensato come il solo esistente, chiuso, immaginato come una sfera limitata dal cielo delle stelle fisse, oltre il quale non c’era nulla, neanche il vuoto, finito, per Aristotele l’infinito era un’idea, non una realtà. L’universo era fatto di sfere concentriche, su cui erano incastonate le stelle e i pianeti, oltre ai cieli dei vari pianeti. Al centro di tutto stava la zona degli elementi e quindi la terra. Il mondo era diviso in due zone cosmiche: quella dei cieli, sopralunare, perfetta, formata dall’etere incorruttibile e perenne, che si muoveva di moto circolare uniforme, etera; quella del mondo sublunare, formata dai 4 elementi con i loro luoghi naturali, dotati di moto rettilineo, non eterni e corruttibili. Il mondo era un organismo gerarchico e finalisticamente disposto.
DAL GEOCENTISMO ALL’ELIOCENTRISMO. COPERNICO E GLI ASTRONOMI
Nicolaus Copernicus nacque a Thorn nel 1473, studiò a Cracovia, Bologna, Padova e Ferrara. Morì nel 1543, l’anno di pubblicazione della sua opera “le rivoluzioni dei corpi celesti”. Egli era un teorico e un matematico, definì il sistema tolemaico errato perché troppo complesso. Ricercò nelle opere degli antichi proposte alternative, imbattendosi nella teoria eliocentrica dei Pitagorici e altri. Fece propria tale tesi e la impose.
Al centro dell’universo, immobile c’è il sole. Attorno ad esso ruotano i pianeti, tra cui la Terra. Essa gira su sé stessa generando un moto apparente dei pianeti e del sole attorno ad essa. La luna ruota intorno alla terra. Lontane stanno immobili le stelle. Pur essendo rivoluzionaria, tale idea rimaneva in molti punti simile a quella degli antichi: universo sferico, unico e chiuso, stelle fisse, moto circolare uniforme delle stelle... Il sole sta al centro perché deve illuminare il cosmo. Il suo coraggio e la sua portata innovativa non vanno scartati.
Andreas Osiander aggiunse una prefazione anonima all’opera, all’insaputa di Copernico, nella quale sosteneva la natura puramente ipotetica e matematica della nuova dottrina. Essa attutiva e tradiva il pensiero del polacco, che credeva che la sua teoria fosse una fedele riproduzione del cosmo, non uno dei tanti modelli. Stentò ad affermarsi perché la sua dottrina in molti punti era addirittura più difficile di quella Tolemaica, e inoltre si scontrava con difficili questioni di fisica. Alcuni quesiti anti-copernicani erano:
- Se la terra si muove perché non provoca il lancio dei suoi oggetti nell’universo circostante.
- Se la terra si muove perché non solleva un vento fortissimo.
- Se la terra si muove da ovest a est perché lanciando un sasso da una torre esso cade perpendicolarmente.
Solo Galileo risolverà scientificamente questi dubbi. Gli ostacoli maggiori non venivano dall’ambito scientifico, ma da quello teologico e filosofico.
TYCHO BRAHE: IL TERZO SISTEMA DEL MONDO
Questo filosofo danese ebbe maggior successo. Negò l’esistenza delle sfere solide e reali sostituendo il concetto fisico di orbe con quello di orbita. Ideò il sistema ticonico, misto tra il tolemaico e il copernicano: i pianeti girano intorno al Sole, che gira intorno alla Terra, che è al centro dell’universo. Era un modello conservatore, quindi non in disaccordo con la teologia.
KEPLERO: LO STUDIO DELLE ORBITE DEI PIANETI
Nacque nel 1571 a Weil, insegnò matematica, fu assistente di Brahe, morì nel 1630. Faticò a trovare i mezzi per pubblicare le sue opere, contrastate da protestanti e cattolici. Egli scrisse una prima opera sull’infinito. Al centro del mondo ci sarebbe il Sole, immagine di Dio, da cui deriva luce e vita. Il numero e la disposizione dei pianeti intorno al Sole obbedisce ad una legge di armonia geometrica. Essi infatti costituiscono un poliedro regolare e si muovono secondo sfere inscritte e circoscritte al poliedro. Il movimento dei pianeti è attribuito all’anima motrice del Sole. Non trovando conferme nelle osservazioni astronomiche abbandonò i progetti. Rimase fedele al principio secondo cui l’oggettività del mondo è nella proporzione matematica implicita di tutte le cose. La sua maggiore scoperta furono le leggi del movimento dei pianeti:
- le orbite descritte dai pianeti intorno al Sole sono ellittiche, il Sole è uno dei due fuochi dell’ellisse.
- le aree descritte dal raggio Sole-pianeta sono proporzionate al tempo necessario per descriverle
- i quadrati dei tempi impiegati dai pianeti a percorrere l’orbita stanno tra loro come i cubi degli assi maggiori delle ellissi descritte dai pianeti.
IL SECONDO PASSO DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: DA COPERNICO A BRUNO
La visione copernicana è ancora legata al passato, non solo perché l’universo e il sistema solare sono la stessa cosa, ma anche perché è limitato, finito. Fu l’opera del filosofo Giordano Bruno a completare la rivoluzione copernicana.
ASTRONOMIA E FILOSOFIA IN BRUNO
La sua idea dell’universo, influenzato da Lucrezio, non nasce da osservazioni o calcoli, ma da un’intuizione, alimentata dalle idee di Copernico. Egli affermava che le stelle che vediamo potrebbero essere Soli, circondati da pianeti e quindi l’universo ospiterebbe tanti sistemi, non solo quello solare. Questa convinzione è trasportata dal piano astronomico a quello metafisico. La sua idea di infinità del mondo deriva dalla teologia: se Dio è infinito, la sua creazione deve essere infinita.
LE TESI COSMOLOGICHE RIVOLUZIONARIE
Esse sono presenti in Bruno:
I. Abbattimento delle mura esterne dell’universo: l’uomo ha questa visione perché è abituato a vedere le città ma l’universo è infinito e aperto in ogni direzione.
II. Pluralità e abitabilità dei mondi: i mondi sono molteplici, abitati. Sicuramente alcuni sono migliori del nostro e abitati da razze migliori. Anche qui il suo presupposto deriva dalla teologia.
III. Identità di struttura cielo-terra: Bruno supera il dualismo astronomico, tutto deriva dall’unica mente e volontà di Dio.
IV. Geometrizzazione dello spazio: lo spazio è unico e omogeneo, acentrico perché non esiste un punto assoluto di riferimento.
V. Infinità dell’universo: è in realtà la prima tesi, la più importante.
LA FREDDA ACCOGLIENZA ALLE TESI DI BRUNO
Ciò che è stato associato sempre al nome di Copernico è opera in realtà di Bruno. È strano come il filosofo usando strumenti antichi e convinzioni extrascientifiche approdi a risultati nuovi e moderni. È vero però che le novità scientifiche rivoluzionarie derivano da semplici intuizioni che diventano scientifiche quando vengono dimostrate. Queste tesi apparvero a Brahe, Keplero e Galileo, frutto di fantasie e furono rifiutate, perché poco scientifiche e troppe rivoluzionarie. La reazione dell’ambiente religioso fu netta e ci volle tempo per percepire chiaramente le novità delle dottrine
LA NUOVA COSMOLOGIA E LA RELIGIONE
Il pensiero di Copernico e di Bruno non solo andava contro Aristotele ma anche contro la Bibbia. Lutero reagì con l’abituale violenza polemica: Copernico squinternato e pazzo e pure Melantone sentenziò la pericolosità pubblica del nuovo schema astronomico. Invece la chiesa cattolica all’inizio non si mosse ma dopo le teorie di Bruno mise all’indice dei libri proibiti (1616) le opere di Copernico, iniziando il duro scontro con Galileo. Ma le tesi più pericolose erano ancora quelle di Bruno che presupponevano un universo senza limiti: fu bruciato vivo.
LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA E IL POSTO DELL’UOMO NELL’UNIVERSO.
Come quando si scoprono nuovi continenti l’uomo deve affrontare problemi teologici e filosofici per trattare con le altre nuove razze, adesso il problema è ben più grave: è vero che siamo tutt’altra roba di quello che pensavamo nell’universo? Se il sistema tolemaico esaltava l’uomo, quello copernicano lo umiliava.
GALILEO [CAP. 9]
VITA E OPERE
Nacque a Pisa nel 1564. Studiò medicina, matematica e fisica. Scoprì l’isocronismo delle oscillazioni pendolari, formulò alcuni teoremi, inventò la bilancetta (peso specifico dei corpi), scoprì le leggi della caduta dei gravi. Insegnò matematica a Pisa e a Padova. Con la costruzione del cannocchiale cominciavano le grandi scoperte. Ma le sue opere furono messe all’indice. Continuò ugualmente i suoi studi e si interessò delle comete. Scrisse il Dialogo, ma fu invitato a comparire davanti al S. Uffizio e costretto ad abiurare. Fu confinato a Siena e poi ad Arcetri dove morì nel 1642. Opere: Dialogo e i Discorsi.
L’AUTONOMIA DELLA SCIENZA
Egli intuì l’importanza di lottare per l’autonomia della scienza dalla Chiesa e dagli aristotelici.
Ogni forma di sapere doveva essere in armonia con la Bibbia. I teologi sostenevano che si dovevano accettare le scritture in ogni parte e che, anche rimanendo in linea con la fede, non si potevano negare. Galileo non era d’accordo perché una simile posizione ostacolava il progresso. Egli affrontò il problema e giunse alla soluzione. La natura e la Bibbia derivano entrambe da Dio, perciò le loro eventuali contraddizioni sono soltanto apparenti e vanno attribuiti all’interpretazione della Bibbia infatti:
- La Bibbia ha dovuto adattarsi all’uomo mentre la natura segue il suo corso inesorabile.
- La Bibbia non contiene leggi di natura ma verità che si riferiscono all’uomo.
- La Bibbia non è discutibile ma deve essere interpretata e completata con le esperienze scientifiche raggiunte.
La bibbia è arbitra nel campo etico-religioso, la scienza in quello naturale. La Bibbia deve adattassi alla scienza.
LA POLEMICA CONTRO GLI ARISTOTELICI
Galileo non criticò Aristotele ma i suoi discepoli, che anziché osservare la natura si fidano delle parole del maestro.
GLI STUDI FISICI DI GALILEO
Per comprendere il metodo, bisogna prima conoscere le sue scoperte:
IL PRINCIPIO D’INERZIA
Per la fisica aristotelica la quiete era lo stato naturale dei corpi sublunari. I moti erano naturali o violenti, se avvicinavano o allontanavano un corpo dal suo luogo naturale. Si credeva inoltre nella forza motrice dell’aria. L’intuizione di Galileo del principio d’inerzia superava due pregiudizi: la quiete come naturale e il moto che si mantiene solo sotto l’effetto della forza. Tale principio si rivelò utile per la dinamica terrestre e astronomica.
LE LEGGI SULLA CADUTA DEI GRAVI E IL SECONDO PRINCIPIO DELLA DINAMICA
La fisica aristotelica pensava che la velocità di caduta di un corpo fosse direttamente proporzionale al peso. Galileo, con un esperimento, giunse a confutare tale tesi: i corpi cadono con la stessa velocità, indipendentemente dal peso. Sulla terra tale legge non si verifica perché c’è la resistenza dell’aria, nel vuoto invece si realizza. Galileo non disponeva ancora però della pompa ad aria per osservare il moto nel vuoto. Con il secondo principio egli determina anche il concetto di accelerazione e di massa. Questo portò ad altri esperimenti sulle leggi del moto.
LA DISTRUZIONE DELLA COSMOLOGIA ARISTOTELICA-TOLEMAICA
Galileo intuì la verità copernicana nel rifiuto del dualismo astronomico e dimostrò empiricamente le sue teorie con il telescopio.
LE SCOPERTE ASTRONOMICHE
La tradizione voleva che la luna fosse liscia e levigata come gli altri corpi celesti. Galileo smentì questa teoria osservandone i crateri al telescopio.
Aristotele credeva che solo la terra fosse al centro dei moti circolari dello spazio. Invece Galileo scopre i 4 satelliti di Giove e il loro movimento analogo a quello della luna. Probabilmente anche la terra ruotava intorno al Sole, secondo Galileo. Galileo dimostra sperimentalmente che i corpi celesti sono corruttibili e soggetti al divenire distruggendo la cosmologia tolemaica, scoprendo le macchie solari che apparivano e scomparivano. Galileo confutò anche la tesi, secondo cui solo la terra riceve la luce dal sole, scoprendo le fasi di Venere. Con il telescopio Galileo scoprì innumerevoli altre stelle.
IL DIALOGO E LA DIFESA DEL COPERNICANESIMO
Il Dialogo, che espone argomentazioni a favore del copernicantesimo, ha per protagonisti Simplicio, Salviati e Sagredo, rispettivamente geocentrista, copernicalista e mediatore. Il dialogo è diviso in 4 giornate. Nella seconda vengono confutati gli argomenti antichi:
- La terra ruotando provocherebbe venti fortissimi n Galileo risponde che l’aria ruota con la terra ed è ferma rispetto ad essa.
- Se la terra ruotasse gli uccelli non potrebbero seguirne il moto S Galileo risponde che l’aria ruota con la terra e pertanto con sé gli uccelli.
- Se la terra ruotasse i corpi cadrebbero obliquamente S Galileo risponde che il grave partecipa al movimento della terra.
Tutto si riassume nel principio di relatività di Galileo: è impossibile decidere sulla base di esperimenti compiuti in un sistema chiuso se esso sia in quiete o in moto rettilineo uniforme.
LA SCOPERTA DEL CANNOCHIALE E LA DIFESA DEL SUO VALORE
Il cannocchiale è una prova dell’importanza assunta dagli strumenti e dalla convergenza fra tecnica e sapere, durante la rivoluzione scientifica.
Per il loro valore sperimentale, gli strumenti acquistarono valore conoscitivo, ma novità per quei tempi. Sicuramente il cannocchiale non fu un invenzione di Galileo. Le lenti erano state inventate dagli olandesi, ma venivano utilizzate in modo limitato e per altri scopi. Galileo ne costruì uno personalmente e lo usò per primo a fini scientifici. I teologi consideravano questi strumenti diabolici e li condannarono, mentre la cultura ufficiale li guardava con distacco. L’uso del cannocchiale da parte di Galileo procurò moltissime critiche alle sue scoperte.
IL METODO DELLA SCIENZA
Un altro risultato di Galileo fu l’individuazione del metodo scientifico. Egli non teorizzò però tale metodo in modo organico, ma lo applicò sempre nei suoi esperimenti. Nelle sue opere si trovano numerose osservazioni metodologiche. Per esempio egli tende a dividere il lavoro della scienza in due parti:
- RISOLUTIVO e ANALITICO: formulazione di un ipotesi di legge su un fenomeno.
- COMPOSITIVO e SINTETICO: verifica e sperimenta, per accettare o rifiutare le tesi.
È ancora uno schema generico ma di grande importanza.
LE SENSATE ESPERIENZE E LE NECESSARIE DIMOSTRAZIONI
Con l’espressione “sensate esperienze” Galileo indicava il momento osservativo-induttivo della scienza, preponderante nelle sue scoperte, in cui con l’osservazione dei fatti si arriva alla legge generale. Con l’espressione “necessarie dimostrazioni” indicava il momento ipotetico-deduttivo, i ragionamenti logici e matematici, attraverso i quali, partendo da un’intuizione, si giunge ad una probabile deduzione dei fatti, senza esperimenti. Tipica in tale senso è la via seguita per lo studio del principio d’inerzia, nel quale Galileo giunge alla scoperta fisica giustificando le sue intuizioni con esperimenti ideali.
INDUZIONE E DEDUZIONE: IL BINOMIO INDISSOLUBILE DELLA SCIENZA GALILEIANA
Galileo fu uno scienziato induttivista e deduttivista nello stesso tempo. Le “sensate esperienze” presuppongono un riferimento alle “necessarie dimostrazioni”, perché vanno rielaborate in ambito matematico, inoltre esse sono illuminate da un’ipotesi, da un presupposto teorico: Galileo scoprì i fenomeni astronomici con la vista, ma la decisione di studiare i cieli venne da un’ipotesi (quella copernicana). Anche le “necessarie dimostrazioni” presuppongono un richiamo alle “sensate esperienze”, perché le intuizioni geniali non nascono dal nulla, ma dall’osservazione e dallo studio dei fenomeni, inoltre le intuizioni sono valide solo se vengono confermate sperimentalmente. Non è sempre possibile verificare direttamente i fenomeni (per esempio il principio d’inerzia). Tuttavia si può fare una verifica indiretta delle conseguenze, attraverso altri principi. Non è necessario che tutta la teoria aderisca ai fatti, bensì il contrario. Tutto ciò permette di capire i rapporti tra matematica pura e teoria fisica. Con Galileo la matematica diventa uno strumento scientifico nei confronti della fisica e perde il suo valore esclusivamente astratto, ma mentre la matematica pura non ha bisogno di essere controllata, la deduzione matematica deve trovare riscontri nella realtà.
ESPERIENZA E VERIFICA
Esperienza e verifica assumono un significato nuovo. L’esperienza di Galileo non è l’esperienza immediata, ma il frutto di un’elaborazione di dati che si conclude con la verifica. L’esperienza ordinaria può essere ingannevole, apparente (distacco tra mondo fisico e mondo comune), non ha valore scientifico se non è legittimata dall’esperimento. La verifica non è quella dei sensi, ma una procedura complessa volta a produrre condizioni adeguate per riprodurre un fenomeno in modo semplificato. Spesso tali condizioni sono impossibili da riprodurre, da qui il ricorso agli “esperimenti mentali”, ad una sorta di fisica ideale, che sono parte integrante del suo metodo e non escludono il ricorso all’esperienza.
METODO GALILEIANO E SCIENZA ANTICA
Gli antichi sbagliavano da una arte perché si attenevano troppo alla teoria, eccedevano nel deduttivismo, si basavano su concetti astratti, dall’altra perché si attenevano troppo alla realtà, accettavano passivamente i fenomeni per come apparivano a prima vista. La scienza antica si basava poco sulla matematica e se ne serviva in modo magico-metafisico, poco scientifico. Ma il limite più grande della scienza antica era quello di non basarsi sul controllo sperimentale, di non verificare le proprie teorie, di rimanere sempre nell’astratto, senza unire ragione ed esperienza, osservazione e teoria, induzione e deduzione, matematica e fisica.
METODO E FILOSOFIA
Con il suo metodo moderno Galileo giunge ad una concezione della natura come ordine oggettivo, causale, governata da leggi e dalla scienza come sapere matematico-sperimentale. La natura non può essere giudicata con un metro umano, non si può definire inutile ciò di cui non si intende l’utilità. I nostri pareri non riguardano la natura. Non dobbiamo cercare il perché (causa finale) ma il come (causa efficiente). Lo scienziato deve occuparsi delle leggi e non spiegare i fatti in base alle essenze e alle virtù, di cui non nega l’esistenza bensì l’utilità scientifica (rifiuto del finalismo e dell’essenzialismo).
PRESUPPOSTI E GIUSTIFICAZIONI FILOSOFICHE DEL METODO
Il metodo galileiano, pur essendo una struttura autonoma e indipendente, si accompagna ad alcuni schemi di natura teorico-filosofica, che sono sia ispiratori che giustificatori:
- la fiducia nella matematica è accompagnata dalla visione geometrica del cosmo platonico-pitagorica, comprensibile solo a chi ne conosce il linguaggio.
- La riduzione del fenomeno e la struttura matematica (aspetto quantitativo) viene sostenuta dall’antica distinzione fra proporzioni oggettive (quantità, grandezza, movimento, luogo, tempo...) e soggettive (sapore, odore, colore, suono...) dei corpi.
- La credenza nel rapporto causale (cause similiLeffetti simili) è suggerita dalla persuasione nell’uniformità dell’ordine naturale, necessario ed immutabile.
- La fiducia nella verità assoluta della scienza deriva dalla teoria secondo cui la conoscenza umana risulta simile a quella divina per il grado di certezza, anche se Dio conosce più dell’uomo, conosce come l’uomo.
IL REALISMO DI GALILEO
Queste giustificazioni poggiano sulla corrispondenza per Galileo fra pensiero ed essere, fra ciò che la scienza sostiene e ciò che è il mondo veramente. Galileo ha molta fiducia realistica. Per esempio in astronomia egli non formulò le teorie ipotetiche o astratte ma di portata ontologica. La sua fiducia, che nasceva dall’interno delle sue opere, non fu scalfita nemmeno dagli attacchi esterni, come quello di Urbano VIII. Ma così Galileo lasciò a filosofi successivi grossi problemi teorici e gnoseologici, per le sue “grezze giustificazioni.
BACONE [CAP. 10]
IL PROFETA DELLA TECNICA
Bacone è il profeta della tecnica perché ha capito per primo quale potere questa offre all’uomo sul mondo e la stretta connessione tra la scienza e la potenza umana. Nacque a Londra nel 1561, studiò a Cambridge e Parigi, ottenne importanti cariche politiche sotto Giacomo I Stuart. Fu accusato di corruzione e fu imprigionato, si ritirò e morì nel 1626. Nonostante la sua vita da uomo senza scrupoli e ambizioso, concepì l’idea della scienza al servizio dell’uomo. Egli immaginò nella Nuova Atlantide un paradiso della tecnica, un’isola dove tutti cercano di scoprire la natura per ampliare i propri confini. Con i Saggi, si dedicò anche all’analisi della vita politica e morale, servendosi della lezione degli antichi. La sua opera maggiore fu il progetto di un’enciclopedia delle scienze che doveva rinnovare la ricerca. Esso comprende le scienze che si fondano: a) sulla memoria: storia (naturale e civile); b) sulla fantasia: poesia (narrativa, drammatica e parabolica); c) sulla ragione: filosofia prima e scienze particolari. Di questo progetto egli realizzò solo il nuovo organo, il resto solo sotto forma di schizzi.
LA NUOVA LOGICA DELLA SCIENZA
La nuova logica è contrapposta a quella degli aristotelici adatta solo alle dispute verbali. Con quella nuova si espugna anche la natura, compito fondamentale della nuova scienza. Sapere è potere. La scienza e la potenza umana coincidono: l’ignoranza della causa rende impossibile l’effetto. L’intelligenza ha bisogno di strumenti per penetrare nella natura, e questi strumenti sono gli esperimenti, perché i sensi da soli non sono sufficienti. L’esperimento è il connubio tra mente e universo, realizzabile solo evitando il pregiudizio. Egli distingue: a) l’anticipazione della natura, che passa dalle cose sensibili agli assiomi senza esperimenti l logica tradizionale sterile; b) l’interpretazione della natura, che passa per gradi dalle cose pratiche agli assiomi, con esperimenti h nuova logica feconda.
I PREGIUDIZI DELLA MENTE
Nel primo libro del “nuovo organo”, Bacone si dedica all’eliminazione delle anticipazioni e stabilisce una triplice critica: alle filosofie, alle dimostrazioni e alla ragione umana naturale. Le anticipazioni vengono chiamate:
• IDOLA TRIBUS: comuni a tutti gli uomini, l’uomo da più importanza a ciò che lo colpisce e lo attrae, anziché indagare a fondo; è impaziente, pretende che la natura si adatti a lui, respingendola quando non è conveniente. Dovuti all’insufficienza di sensi.
• IDOLA SPECUS: dipendono dall’educazione, dalle abitudini, dal caso in cui ognuno si trova. L’uomo può essere propenso al vecchio o al nuovo, al semplice o al difficile, al simile o al diverso.
Questi due idola si radicano nella natura umana.
• IDOLA FORI: sono generati dalle convenzioni necessarie ai rapporti tra gli uomini. Derivano dalle parole inesistenti o male utilizzate e danno origine a lunghe dispute.
• IDOLA THEATRI: derivano dalle dottrine filosofiche del passato e da dimostrazioni errate. Tali idola sono di tre tipi: la sofistica (Aristotele), l’empirica (alchimisti) e la superstiziosa (Platone).
La riverenza per la sapienza antica impedisce di liberarsi degli idoli e di procedere nella conoscenza. Ma per Bacone la sapienza antica è più giovane della nostra, quindi la nostra età è più affidabile, perché la verità è figlia del tempo. L’esperimento permette di liberarsi dalla vecchia scienza e di intraprendere la via nuova della ricerca. Ma l’esperimento deve essere condotto in modo ordinato.
IL METODO INDUTTIVO
La scienza presuppone collaborazione fra sensi ed intelletto perché l’intelletto da solo produce nozioni infeconde e i sensi da soli danno indicazioni disordinate. Il procedimento che permette la realizzazione di questa collaborazione è l’induzione; ma non quella aristotelica (puramente logica, semplice numerazione dei casi pratici), ma quella che si fonda sulla scelta e l’eliminazione dei casi particolari e che, procedendo gradualmente, giunge agli assiomi. La raccolta dei casi particolari è la storia naturale e sperimentale, perché si basa sull’esperienza e sulla natura. Ma tale storia è molto vasta e per ordinarla e sistemarla vi sono le tavole: a) di presenza: i casi in cui un fenomeno si registra, benché in circostanze diverse; b) di assenza: i casi in cui il fenomeno non si presenta, pur verificandosi le condizioni; c) dei gradi: i casi in cui il fenomeno si presenta nei suoi gradi decrescenti; d) esclusive: i casi in cui non si verifica il fenomeno. Le tavole permettono di formulare intorno al fenomeno una prima ipotesi, un’ipotesi di lavoro che riguarda lo sviluppo della ricerca. Tale ipotesi deve essere verificata nelle istanze prerogative. Quella decisiva è l’istanza cruciale, che consente di conoscere la causa vera del fenomeno.
LA TEORIA DELLE FORME E I LIMITI SCIENTIFICI DEL METODO BACONIANO
Questo processo di induzione tende a scoprire la causa delle cose naturali. Delle 4 cause aristoteliche elimina la causa finale perché non serve a nulla sapere lo scopo e non aiuta l’uomo nel dominio del mondo; elimina anche quella efficiente e materiale e mantiene quella formale che definisce un fenomeno naturale e ne spiega la genesi. Egli non riconosce alcuna grande potenza nella matematica anzi pensa che sia causa di corruzione della filosofia naturale.
SINTESI DEI CAPITOLI VII-VIII-IX
RIVOLUZIONE SCIENTIFICA
Nuova visione della natura: a) ordine oggettivo (separata dall’uomo e priva di attributi umani [perfezione, bontà] ==> studio scientifico della realtà effettiva senza inciampare in idealismi); b) ordine causale (nulla avviene a caso, relazione costante tra i fatti ==> studio della genesi dei fatti non del fine di questi [causa efficiente di Aristotele]); c) insieme si relazioni (non si studia l’essenza e i principi indimostrabili ma i legami causali tra i fatti ==> deduzione attenta della realtà senza inciampare in principi assurdi); governata da leggi (fatti legati da rapporti di causa e quindi obbediscono a delle regole ==> le leggi rendono prevedibili i fenomeni).
Nuova visione della scienza: a) sapere sperimentale (osservazione dei fatti e dimostrazione delle ipotesi); b) sapere matematico (si fonda sul calcolo e la misura quantitativa della natura); c) sapere intersoggettivo (procedimenti chiari e verificabili da tutti); d) conoscenza oggettiva del mondo (scienza autonoma disinteressata e neutrale ==> conoscere le leggi significa controllare la natura [sapere è potere]).
La scienza nasce dalla esigenza dei cittadini.
Gli artigiani si affidano ai filosofi-matematici e questi si servono degli artigiani per avere riscontri pratici.
L’uomo ha tutto l’interesse di conoscere la natura perché gli fa parte e la magia (considera la natura come un insieme di meraviglie) spinge l’uomo a studiarla ed a controllarla.
Si iniziano a fondare accademie scientifiche in sostituzione alle università.
La nuova scienza dovette combattere contro la tradizione e la teologia (maghi, astrologi, chiesa) e anche il metodo era considerato eretico: il razionalismo poteva investire la politica, sostituendo le situazioni secolari.
La scienza appare come un prototipo di un sapere rigoroso ed universale che potrebbe essere applicato ai campi più svariati: etica, politica...
In Leonardo da Vinci (1452-1519) l’arte (pittura) e la scienza sono una cosa unica che hanno come scopo la conoscenza della natura.
LA RIVOLUZIONE ASTRONOMICA
L’universo degli antichi (Aristotele e Tolomeo) era unico, (solo esistente), chiuso, (sfera limitata dalla sfera delle stelle fisse), finito (l’infinito per Aristotele è un’idea, non una realtà). Il mondo era diviso in due zone cosmiche: quella dei cieli, sopralunare, perfetta, formata dall’etere incorruttibile e perenne, che si muoveva di moto circolare uniforme, eterna; quella del mondo sublunare, formata dai 4 elementi con i loro luoghi naturali, dotati di moto rettilineo, non eterni e corruttibili.
Copernico (1473-1543) ricercò nelle opere degli antichi un sistema semplice e fece propria la tesi eliocentrica e la impose.
Tycho Brahe ideò il sistema ticonico, misto tra il tolemaico e il copernicano non in disaccordo con la teologia.
Keplero (1571-1630) continua la teoria eliocentrica dicendo che il Sole è immagine di Dio, da cui deriva luce e vita. le orbite descritte dai pianeti intorno al Sole sono ellittiche, il Sole è uno dei due fuochi dell’ellisse. Leggi: a) Aree descritte dal raggio Sole-pianeta sono proporzionate al tempo necessario per descriverle; b) I quadrati dei tempi impiegati dai pianeti a percorrere l’orbita stanno tra loro come i cubi degli assi maggiori delle ellissi descritte.
Giordano Bruno fu influenzato da Lucrezio e si lasciò trasportare dalla filosofia: stelle lontane circondate da pianeti, universo infinito: se Dio è infinito, la sua creazione deve essere infinita; lo spazio è unico e omogeneo, acentrico perché non esiste un punto assoluto di riferimento.
GALILEO (Pisa 1564- Arcetri 1642)
A Firenze (1574) studiò medicina, matematica e fisica. Scoprì l’isocronismo delle oscillazioni pendolari, formulò alcuni teoremi e il principio d’inerzia, inventò la bilancetta (peso specifico dei corpi), scoprì le leggi della caduta dei gravi. Insegnò matematica a Pisa e a Padova. Nel 1633 scrive il Dialogo, ma fu invitato a comparire davanti al S. Uffizio e costretto ad abiurare.
Osserva i crateri della Luna al telescopio. Scopre i 4 satelliti di Giove e le macchie solari che apparivano e scomparivano. Scopre le fasi di Venere e afferma che non è solo la Terra a ricevere luce dal sole. Risolve problemi antichi: l’aria ruota con la terra e con sé gli uccelli ed è ferma rispetto ad essa; il grave partecipa al movimento della terra.
Divide il lavoro della scienza in due parti: risolutivo e analitico: formulazione di un ipotesi di legge su un fenomeno, e, compositivo e sintetico: verifica e sperimenta, per accettare o rifiutare le tesi.
Le “sensate esperienze” indicano il momento osservativo-induttivo della scienza in cui con l’osservazione dei fatti si arriva alla legge generale. Le “necessarie dimostrazioni” indicano il momento ipotetico-deduttivo, i ragionamenti logici e matematici, attraverso i quali, partendo da un’intuizione, si giunge ad una probabile deduzione dei fatti, senza esperimenti.
Con il suo metodo moderno Galileo giunge ad una concezione della natura come ordine oggettivo, causale, governata da leggi e dalla scienza come sapere matematico-sperimentale.
1

Esempio



  


  1. filippo

    i fatti linguistici del rinascimento