Seconda rivoluzione industriale

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Testo

1. LE NUOVE INDUSTRIE
SCOPERTE E INVENZIONI
Il decollo della seconda rivoluzione industriale avvenne attorno al 1870. Ma a partire dal 1850 ci fu un crescendo di straordinarie scoperte.
Nel 1855 furono perforati negli Stati Uniti i primi pozzi petroliferi. La luce elettrica fece la sua comparsa nel 1878, quando l’americano Thomas Alva Edison costruì la prima lampadina. Il telefono fu sperimentato per la prima volta dall’italiano Antonio Meucci nel 1871.
Nel 1885-86 i tedeschi Gottlieb Daimler e Carl Benz produssero i primi motori a scoppio: iniziava l’era dell’automobile. Nel 1895 i fratelli Lumière, francesi, costruirono il primo apparecchio cinematografico. E nel 1903 gli Americani Orville e Wilbur Wright riuscirono a far decollare il primo aereo.
La scienza e la tecnica divennero i nuovi idoli e si diffuse una gran fiducia nei confronti di queste discipline. Questa assoluta fiducia prese il nome di Positivismo.
LA CATENA DI MONTAGGIO
Le industrie utilizzarono rapidamente le scoperte scientifiche. La scoperta dell’acciaio permise la produzione delle automobili e degli aerei; e dall’estrazione del petrolio prese slancio l’industria chimica.
Con l’avvio della seconda rivoluzione industriale, il modo stesso di produrre mutò comparve la catena di montaggio, vale a dire un sistema meccanizzato di produzione che divideva un lavoro complesso, in tanti lavori semplici. Al lavoratore non era richiesta nessuna competenza. Egli doveva rimanere sempre allo stesso posto, mentre gli scorreva avanti una catena, che gli portava i pezzi da montare.
La catena di montaggio fu inventata alla fine dell’ottocento dall’Americano James Taylor. Ma fu un altro americano, Henry Ford, fondatore della casa automobilistica, ad applicarla per primo in una grande industria.
LE CONCENTRAZIONI INDUSTRIALI
Lo sviluppo economico ebbe anche dei rischi come:
- il monopòlio, una sola industria domina il mercato e in assenza della concorrenza stabilisce i prezzi più alti a suo piacimento;
- l’oligopòlio quando le industrie che dominano il mercato si accordano per stabilire il prezzo più elevato possibile su un prodotto.
In questo periodo, i governi dei Paesi più industrializzati, emanarono rigide norme per impedire la costituzione dei monopoli e degli oligopoli: le cosiddette leggi antitrust.
LE SCELTE DEI GOVERNI
I governi dei Paesi industrializzati per difendere gli interessi economici nazionali introdussero:
- forti dazi doganali, cioè di elevate tasse sui prodotti stranieri: il protezionismo;
- la formazione d’imperi coloniali, con l’occupazione dei Paesi più ricchi di materie prime
(Stati Africani).
Queste soluzioni causarono più tardi la prima e la seconda guerra mondiale.
2. LE SOCIETA’ DI MASSA
BENI E INFORMAZIONI PER TUTTI
Con la seconda rivoluzione industriale nacque la società di massa dove le industrie producono un’enorme quantità di prodotti tutti uguali e disponibili per un gran numero di persone.
Anche la cultura e le informazioni sono alla portata di tutti attraverso i mezzi di comunicazione. I mezzi di comunicazione di massa sono detti con un’espressione anglo-latina, mass-media.
Nella società di massa, infine, diventa sempre più evidente la presenza dl cosiddetto terziario, cioè quella parte dell’economa che non riguarda né l’agricoltura, né l’industria ma i servizi, le banche, gli ospedali, le scuole, i trasporti ecc…
LA DEMOCRAZIA
In una società di massa, la democrazia è il sistema politico che funziona meglio perché permette che la gente partecipi alla vita politica attraverso il voto.
Tra l’ottocento e il novecento anche la possibilità di votare raggiunse le masse. Il suffragio universale, cioè la possibilità di esprimere un modo da parte di tutti, divenne un diritto fortemente sentito. In realtà però tale diritto fu riconosciuto solo agli uomini. Negli Stati Uniti il suffragio universale maschile fu concesso nel 1870, in Italia nel 1912.
LA QUESTIONE FEMMINILE
Le prime femministe protestavano contro la limitazione del voto ai soli uomini. Vennero chiamate suffragiette perché chiedevano il suffragio universale esteso anche alla parte femminile della popolazione. Non fu facile la lotta del movimento femminista, tanto che molti Paesi, tra cui l’Italia concessero il voto alle donne solo dopo lunghe rivendicazioni:
- 1863, in Svezia;
- 1906, in Finlandia;
- 1918, in Austria, Germania, Inghilterra e Unione Sovietica;
- 1920 negli Stati Uniti;
- 1923 in Olanda;
- 1946 in Francia e Italia.
Ma il movimento femminista chiedeva inoltre l’emancipazione della donna, cioè la liberazione della donna dalla tradizionale sottomissione nei confronti dell’uomo.
I SINDACATI
Nella società industriale i lavoratori si riunirono i sindacati, associazioni il cui compito era difendere i diritti dei lavoratori.
Lo strumento principale della lotta sindacale era lo sciopero, cioè l’astensione del lavoro da parte dei lavoratori; alo sciopero i capitalisti rispondevano spesso con la serrata, cioè con la chiusura delle fabbriche.
I lavoratori, uniti ai sindacati, acquisivano maggior forza e potevano ottenere risultati migliori.
3. IL DIBATTITO SULLA SOCIETA’ INDUSTRIALE: LIBERALI E LIBERISTI
IL DIBATTITO POLITICO
Nel momento in cui si affermò la rivoluzione industriale, molti s’interrogavano sulla sua validità.
A questi interrogativi cercarono di rispondere le diverse tendenze politiche.
Tra Settecento e Ottocento si affermarono la tendenza liberale e quella democratica. A partire dall’Ottocento tutte le altre: quella socialista, quella anarchica e quella cattolica. Il dibattito fu all’inizio molto vivace… Però con il tempo, molte diversità vennero meno.
LIBERALISMO E LIBERISMO
Il liberalismo fu la tendenza politica tipica della grande borghesia. Questa tendenza politica viene appunto detta liberale. Quando si parla di economia, invece, si usa l’aggettivo liberista. Per il liberale, ogni uomo nasce libero; quindi non è consentito commettere reati. Ma ogni cittadino a diritto di esprimere liberalmente le proprie opinioni, così come ogni cittadino deve essere lasciato libero di intraprendere qualsiasi iniziativa economica; per questo motivo tutti devono avere il diritto di far affari, commerciare o produrre come meglio credono e lo Stato non deve occuparsi di questioni economiche: non deve gestire industrie, giornali ecc, ne deve aiutare i poveri. Secondo i liberali la disegualianza economica deriva dalla diversità delle persone. Pensano che chiunque voglia migliorare la propria situazione può farlo singolarmente, per esempio impegnandosi di più nel lavoro.
LO STATO LIBERALE
Uno stato è liberale se vi è una Costituzione.
Uno stato è liberale se vi è equilibrio tra i 3 poteri fondamentali dello Stato.
Infine nello Stato liberale partecipano alle elezioni solo coloro che pagano una certa quantità di tasse. Questo perché i liberali avevano paura che la concessione a tutti del voto portasse lo Stato ad intervenire nell’economia a vantaggio di coloro che non possedevano nulla.
Lo Stato liberale è, quindi, a favore del suffragio censitario, cioè del voto concesso a chi ha sufficiente denaro.
4. I DEMOCRATICI, I SOCIALISTI, I COMUNISTI
I DEMOCRATICI
La tendenza democratica fu tipica della piccola borghesia. I democratici vennero anche chiamati radicali perché intendevano cambiare in profondità la vita politica.
Secondo loro, tutti dovevano avere gli stessi diritti politici. Il voto doveva essere universale. Solo in questo modo lo Stato poteva rappresentare il popolo.
Ma per votare in modo responsabile è necessario di saper leggere e scrivere. Di conseguenza lo Stato doveva combattere l’analfabetismo rendendo obbligatoria l’istruzione per un certo numero di anni e costruendo scuole statali; allo stesso modo doveva difendere i più deboli socialmente; le tasse dovevano essere pagate in modo diverso, in relazione a quanto si possedeva: i ricchi di più e gli altri di meno.
IL SOCIALISMO
Il socialismo fu la tendenza politica degli operai, cioè dei proletari. Il termine proletariato,alla lettera, indica coloro che si dedicavano esclusivamente al mantenimento dei figli.
Con la rivoluzione industriale molti si arricchirono, ma molti altri vissero un terribile periodo di sfruttamento. E questo, secondo i socialisti, era inammissibile.
L’obbiettivo dei socialisti era la giustizia sociale, cioè una giusta retribuzione della ricchezza tra tutti i cittadini. Essi volevano che tutti disponessero della stessa ricchezza: volevano l’uguaglianza sociale. Per questo criticavano il diritto della proprietà.
Molti socialisti individuarono nel comunismo, cioè nell’abolizione della proprietà privata, la via che avrebbe permesso di costruire una società giusta. Era indispensabile che lo stato intervenisse nell’economia.
IL COMUNISMO
La riflessione comunista venne approfondita da numerosi teorici, il più importante tra i quali fu il tedesco Carl Marx.
La concezione della storia di Marx è chiamata materialismo storico, in quanto ciò che ritiene fondamentale nella storia sono le condizioni materiali di vita. Tutto il resto è secondario. Secondo Marx Dio non esiste. Per lui, tutta la storia è uno scontro tra classi, cioè tra gruppi sociali che hanno interessi diversi (borghesia e proletariato). Per Marx la proprietà è un furto.
Per abolire la proprietà ingiustamente acquisita dal borghese ed instaurare il comunismo, al proletariato non rimane che la rivoluzione violenta.
Il passo successivo è l’instaurazione della dittatura del proletariato e quest’ultimo non deve far tornare al potere la borghesia. Infine si giunge al comunismo, in cui cessa ogni sfruttamento, perché i mezzi di produzione sono ora in comune.
Con il comunismo, la società non è più composta da classi sociali diverse, ma da persone tra loro uguali.
5. LE INTERNAZIONALI, GLI ANARCHICI, I CATTOLICI
LA I E LA II INTERNAZIONALE
Nella seconda metà dell’Ottocento nacquero in diversi paesi i partiti socialisti, che si assunsero il ruolo di difendere i diritti dei lavoratori.
Nel 1864 venne fondata a Londra l’Associazione Internazionale dei Lavoratori passata alla storia con il nome di Prima Internazionale.
In pochi anni questa entrò in crisi e venne sciolta nel 1876.
La Seconda Internazionale venne fondata a Parigi nel 1889; anche questa volta le polemiche non mancarono. Alcuni ritennero che si dovesse arrivare alla rivoluzione; per questo vennero chiamati massimalisti o, nel’900, comunisti.
Altri sostenevano che si dovesse cambiare la società poco per volta, attraverso le riforme, per questo vennero chiamati riformisti o, nel’900, socialisti o socialdemocratici.
GLI ANARCHICI
La tendenza anarchica fu tipica dei disoccupati, dei braccianti agricoli, cioè dei contadini poveri e in parte del proletariato.
Il termine “anarchia” deriva dal greco e significa “mancanza di governo”. Secondo gli anarchici, ogni forma d’autorità è un male perché contraria alla natura libera dell’uomo. Questo giudizio vale sia per l’autorità religiosa che per quella dei partiti, soprattutto per lo Stato. Era, infatti, lo Stato la causa di tutte le ingiustizie sociali. Per questo andava abbattuto con una rivoluzione violenta.
Ma per arrivare alla rivoluzione non occorreva organizzarsi in un partito. Questo perché ogni organizzazione implica un’autorità. La rivoluzione sarebbe sorta in modo spontaneo, come esito di una ribellione di massa.
In sintesi, la lotta degli anarchici aveva come obiettivo la libertà. Per questo vennero anche chiamati libertari.
I CATTOLICI
I cattolici, facendo riferimento sul Vangelo presero coscienza che non potevano accettare né l’eccessivo sfruttamento accettato dai liberali, né la rivoluzione violenta proposta dai comunisti e dagli anarchici.
Cercarono quindi di conciliare l’esigenza di libertà con quella della giustizia sociale.
A questo riguardo, fu Papa Leone XIII a pubblicare nel 1891 il documento più importante: l’enciclica Rerum Novarum (“Sulle cose nuove”). In questa enciclica la Chiesa si differenziava tanto dai liberali quanto dal movimento socialista e comunista.
Tra capitalisti e lavoratori ci doveva essere cooperazione, in altre parole accordo.
La proprietà non era un furto, ma un diritto naturale dell’uomo. Però lo Stato aveva il compito di intervenire per impedire quelli eccessi del capitalismo che provocavano la miseria di tanti lavoratori.

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