Rivoluzione francese e Napoleone

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

CAPITOLO 9: La Rivoluzione francese

1. Verso la Rivoluzione.
Il fallimento delle riforme.
Nella seconda metà del 700 in tutta Europa furono fatte numerose riforme per eliminare i privilegi del clero e dell’aristocrazia, ma in Francia queste non ebbero nessun successo.
I privilegi della nobiltà e del clero.
Nel 1789 la situazione in Francia vedeva i nobili e i chierici, che costituivano il 2% della popolazione, a capo di tutto; essi possedevano tutte le proprietà fondiarie del Paese, inoltre non dovevano pagare le tasse, ed infine facevano da giudici nei confronti della popolazione che li riteneva oppressori.
La crisi economica. Miseria e povertà.
La Francia si trovava così in un periodo di crisi economica, a causa delle gravi tasse che gravavano solo sul Terzo Stato. In ogni caso i nobili e il clero riuscirono ad evitare delle riforme a loro sfavore, anche se il Parlamento in quegli anni riuscì a schierarsi a difesa del popolo e del cosiddetto dispotismo regio, ovvero l’aumento della pressione fiscale verso la popolazione.
La convocazione degli Stati generali.
Nel 1787 il re Luigi XVI, dopo l’ennesimo rifiuto da parte del Parlamento per l’approvazione delle nuove tasse, decise di scioglierlo e di mandarlo in esilio. Ciò provocò una grande protesta da parte della popolazione che temeva l’ulteriore aumento delle tasse, cos’ il re fu costretto a convocare dopo secoli, gli Stati Generali, ovvero i rappresentanti del clero, della nobiltà e del Terzo Stato, per prendere decisioni utili a rinforzare il Paese.
L’opinione pubblica si mobilita.
La popolazione iniziò a esprimere i propri pensieri attraverso le cahiers des doleances, scritti nei quali si indicavano i motivi del malcontento e le soluzioni da poter intraprendere. Tutto ciò grazie all’Illuminismo che si era sviluppato poco prima in Francia, il quale rese la popolazione più acculturata e quindi capace di difendersi e ribellarsi.
Sieyes scende in campo.
Nel 1789 l’illuminista Seyes pubblicò un pamphlet in cui criticava ampiamente il clero e la nobiltà. Infatti lui sosteneva che vi doveva essere la legge uguale per tutti e che la sovranità dovesse essere affidata al popolo, il quale doveva avere libertà di pensiero e di parola. Quindi era sia contro la divisione in stati, sia contro l’assolutismo regio. Seyes si pone tre quesiti: Cos’è il Terzo Stato? Cosa è stato finora nell’ordinamento politico? Cosa chiede?
Il Terzo Stato, ovvero la nazione.
Al 1° quesito la risposta è semplice: tutto, in quanto esso rappresentava il 98%della popolazione. Anche al 2° quesito la risposta è abbastanza semplice: niente, infatti ciò lo si capisce dall’ultima convocazione degli Stati Generali, nei quali nonostante il Terzo stato rappresentasse il 98% della popolazione, aveva gli stessi voti che spettavano al clero e alla nobiltà; in modo tale che se ad esempio esso richiedeva l’eliminazione dei privilegi, chiarimenti gli altri due componenti dell’assemblea avrebbero votato contrariamente.
Le richieste del Terzo Stato.
Quindi il Terzo Stato chiese delle modifiche al regolamento degli Stati generali. La prima prevedeva il raddoppio dei voti da 300 a 600 contro i 300 del clero e della nobiltà. La seconda invece, richiedeva che i deputati di ciascuna assemblea potessero dare il proprio voto singolarmente e non più dipendere dalla maggioranza del rispettivo stato; infatti, all’interno di questi vi erano delle differenze, ovvero vi erano persone che avevano maggiori privilegi rispetto ad altri, quindi con questa riforma si sperava che tra le varie persone vi fossero anche quelle che votassero contro il proprio stato. Il re approvò la prima richiesta, ma non la seconda.
La “piazza” scende in campo.
Il malcontento cresceva ancora di più, tanto che ad aprile un quartiere popolare di Parigi scese in piazza a protestare per la riduzione del prezzo del pane, ma per questo persero la vita 300 persone uccise dall’esercito. Con il passare del tempo questa protesta del Terzo Stato diventò una rivoluzione.

2. La Rivoluzione
Il giuramento della Pallacorda.
Il Terzo Stato e alcuni nobili e chierici che simpatizzavano per loro, costituirono un assemblea, che si riuniva in un salone detto della Pallacorda, la quale giurò di non sciogliersi più fino a quando non si fossero sciolti gli ordini, e la sovranità non fosse stata affidata al popolo. Il re stava per chiudere questa assemblea, ma fu anticipato dalla mobilitazione popolare.
La presa della Bastiglia.
Il 4 luglio 1789, il popolo di Parigi assaltò la Bastiglia, la prigione che rappresentava il dispotismo monarchico, costringendo il re a render omaggio alla coccarda rossa bianco e blu.
Una doppia rivoluzione: l’Assemblea costituente e la “piazza”.
In seguito a questo atto non solo gli strati più alti del Terzo Stato, ma anche il popolo si ribellò al potere e nel giro di pochi anni la Francia si trasformò in repubblica.
L’Assemblea al lavoro.
Già agli inizi di agosto la Costituente proclamò l’abolizione dei diritti feudali e dei privilegi fiscali, e diffuse la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, un testo che esponeva una forma di stato basata sull’uguaglianza di fronte alla legge, e che è sempre rimasto alla base di tutti gli stati democratici.
La “piazza” torna in campo: la marcia su Versailles.
Ad ottobre la Costituente agì ancora costringendo la corte ed il re ad abbandonare Versailles e a trasferirsi a Parigi, sotto il controllo del popolo. Da quel momento in poi la “piazza”, ovvero gli strati medio-bassi del Terzo Stato che prendono questo nome dal luogo della loro prima rivolta, restrinsero sempre più il potere del re e delle due classi privilegiate.
I club: la scoperta della democrazia.
Aumentarono notevolmente i numero di club in tutta la Francia, ovvero di luoghi di discussione aperti a tutti coloro che contestavano in pieno l’antico regime e che appoggiavano quindi il nuovo ordine. I puiù famosi sono i giacobini, i cordiglieri, e la cosiddetta Società del 1789.
Fare politica: l’esercizio di un nuovo diritto.
Nei club non si faceva altro che discutere sui problemi quotidiani, si leggeva il giornale, se ce n’era bisogno si facevano delle manifestazione, ed è proprio questo modo di fare politica che interessò tutta la popolazione che poteva prendere le decisioni per il proprio futuro.
La Costituzione del 1791: la monarchia costituzionale.
Nel 1791 venne promulgata la Costituzione e subito vi furono le prime elezioni. A queste però non potevano partecipare tutti, in quanto si distinguevano i cittadini attivi da quelli passivi; infatti non potevano votare le donne e gli strati più umili del Terzo Stato. Ciò provocò un grande malcontento negli aristocratici che si trasferirono in paesi in cui erano ancora privilegiati.
L’attacco alla Chiesa.
Nel clero vi fu una divisione, in quanto fino al 1789 la Chiesa rappresentava uno Stato nello Stato, grazie alle numerose ricchezze che possedeva e ai vari privilegi che spettavano ai sacerdoti. Invece con le nuove leggi emanate nel 1790, il clero fu impoverito, in quanto furono acquisite dallo Stato tutte le sue ricchezze che vennero vendute successivamente a privati, ed inoltre i sacerdoti diventarono funzionari dello Stato e quindi non più obbedienti al papa. Anche qui molti decisero quindi di emigrare.

3. Dalla Monarchia alla Repubblica.
Gli scontenti: la Francia degli emigrati.
I privilegiati furono accolti dai governi degli altri Stati europei, ma avevano paura che le idee rivoluzionarie parigine si diffusero anche al di fuori della Francia.
La fuga fallita del re.
Nel giugno del 1791 anche il re Luigi XVI cercò di fuggire per chiedere ai re di altri Stati di avviare una guerra contro i rivoluzionari, ma fu fermato prima che passasse la frontiera e riportato a Parigi. In questo modo fu costretto, a settembre, all’emanazione della Costituzione, che affidava all’Assemblea Nazionale il potere legislativo. Essa era formata da 745 deputati, di cui 260 foglianti e 136 giacobini.
L’Europa del re minaccia la Francia.
Nel frattempo in Francia vi era una grande crisi economica e in più vi era la paura di un assalto da parte dei re degli stati che accoglievano gli aristocratici emigrati
Verso una repubblica di fratelli.
I rivoluzionari volevano diffondere, oltre all’uguaglianza e alla libertà, il valore della fraternità; ovvero secondo loro nello Stato non bisognava essere come figli di un padre che dava ordine da dover rispettare, bensì come fratelli aventi tutti gli stessi diritti. Intanto questi si prepararono per la guerra contro l’Austria, che era lo Stato che più si era preparato ad affrontare i francesi. Ad essa successivamente si unì la Prussia.
La guerra.
Nel 1792 gli eserciti nemici circondarono le mura parigine, ma prima di entrare la “piazza” invase la residenza del re accusato di cospirazione con il nemico. Quindi l’Assemblea legislativa ne dispose l’arresto e le nuove elezioni, a suffragio maschile, con le quali la Francia sarebbe passata da monarchia a repubblica. Ora bisognava decidere cosa fare del re diventato un umile cittadino.
La Convenzione Nazionale: la condanna a morte del re.
La Convenzione Nazionale risultò formata da due partiti: quello della Montagna e quello della Gironda, tra i quali erano presenti anche altri deputati che appartenevano alla Palude. La maggioranza votò per la condanna a morte e così nel gennaio del 1793 Luigi XVI venne messo alla ghigliottina, il nuovo strumento utilizzato per l’esecuzione delle condanne. In questo modo la Francia si trovò completamente contro tutta l’Europa, l’Europa degli aristocratici e del clero.
I primi anni della repubblica.
Vi furono diversi problemi. Dapprima le varie guerre che riportarono diverse sconfitte, e che solo con il passare del tempo portarono vantaggi al popolo rivoluzionario. E successivamente la crisi economica che vedeva la Francia ridotta alla fame.
Un mondo nuovo e più giusto.
La Costituzione appena nata prevedeva delle modifiche anche al calendario, tanto che si ripartì da zero: il 21ettembre del 1792 partiva il primo anno di repubblica, basato su uguaglianza, libertà e fraternità.
Sanculotti e filomonarchici: la rivoluzione si radicalizza.
All’interno della Francia, però, vi erano diversi malcontenti provenienti perlopiù sia dagli artigiani e dagli operai, sia dai sanculotti. Tanto che nel febbraio 1793 vi fu una rivolta nella regione della Vandea, la quale portò numerosissimi morti.

4. Dal terrore al Consolato.
Politica sociale e repressione del dissenso.
Nel maggio del 1793 furono fatti grandi passi per migliorare la vita in Francia, attraverso nuove leggi che stabilivano il tetto massimo dei salari e del prezzo del pane, e un diritto elettorale più esteso. Ma contemporaneamente furono imposte anche dure misure di ordine pubblico, che portarono al soffocamento di alcuni principi della repubblica.
Montagnardi contro girondini.
Di fatto la costituzione dell’anno I non entrò mai in vigore, in quanto la democrazia si trasformò velocemente in dittatura e terrore. Uno dei due partiti, quello dei Gironda, fu inoltre completamente sconfitto da quello della Montagna.
La rivolta federalista e la leva di massa.
Nel 1793 divampava la rivolta “federalista” proveniente dalle province che volevano distaccarsi dal governo di Parigi. Così sia per fermare i conflitti interni, sia per affrontare il resto dell’Europa, fu formato un esercito di circa 700000 persone, ovvero i giovani che andavano dai 18 ai 25 anni.
Robespierre e il terrore.
Il culmine si ebbe quando a capo del Comitato di salute pubblica vi fu Maximilian Robespierre, che avviò un periodo chiamato del Terrore. Infatti egli per ottenere a tutti i costi l’eguaglianza mandò un gran numero di persone alla ghigliottina, ma proprio tra tutte queste condanne rientrò anche lo stesso Robespierre.
Libertà ed eguaglianza: un equilibrio difficile.
Alla fine di giugno si riportò una importantissima vittoria dell’esercito francese contro gli antirivoluzionari che portò maggiori sicurezze a tutta la Francia.
Le molte anime del Terzo Stato.
Durante il periodo di Robespierre furono protagonisti soprattutto gli strati più umili del Terzo stato, che avevano sete di giustizia anche a costo della libertà. Ma ora che tutte le minacce, interne ed esterne, erano svanite furono gli strati più abbienti a riprendere in mano la rivoluzione.
La Francia del Direttorio.
Dopo la morte di Robespierre la Francia fu governata da persone più moderate ed il potere venne dato al Direttorio, formato da cinque membri nominati dalla Convenzione, che portarono alla liberalizzazione della vita economica e alla revoca della costituzione del I anno, sostituita da una nuova, detta del III anno, che entrò in vigore nel 1795 e che restringeva ancora di più il diritto elettorale.
Le istituzioni rivoluzionarie alla prova.
La fine della crisi economica portò all’assestamento della costituzione, tanto che il popolo si sentì finalmente partecipe all’esercizio del potere.
Il giacobinismo radicale: Babeuf
Vi furono ancora delle rivolte tra il 794 e il 1796. La più importante fu avviata dai giacobini nel 1796 che, guidati da Graco Babeuf, volevano l’eguaglianza sociale tanto che fecero una cospirazione detta Congiura degli Uguali. Ma furono subito repressi. Anche i filomonarchici si fecero risentire vincendo le elezioni del 1797. Il Direttorio decise di annullarle sperando che questa volta il popolo premiasse il suo governo moderato; ma alle nuove elezioni vinse la sinistra dei giacobini e furono anche esse annullate.
L’ascesa dei militari.
A differenza delle incertezze interne, l’esercito francese riportava sempre più vittorie in tutta Europa, e i generali acquistavano ogni giorno di più quella fiducia che invece i politici andavano smarrendo. Nel 1799 si ricorda il ritorno trionfale dell’esercito dall’Egitto, guidato da Napoleone Bonaparte che precedentemente aveva già conquistato buona parte dell’Europa in cui aveva istituito delle piccole repubbliche simili a quella francese.
Dal Direttorio al Consolato.
In seguito al colpo di Stato avvenuto il 9 novembre, il Direttorio decise di affidare il potere nelle mani di tre consoli, di cui uno, Roger Ducos, era già membro del Direttorio stesso, mentre gli altri due erano Sieyes e Napoleone. In questo modo si diede fine alla Rivoluzione francese e inizia l’età napoleonica.

CAPITOLO 10: Napoleone, la Francia, l’Europa
L’Europa del 1812 viene definita Europa Napoleonica, in quanto Napoleone in quel periodo era riuscito a conquistare moltissimi territori; tanto che gli unici ad essere rimasti indipendenti erano il Portogallo, la Sardegna, la Sicilia, La Russia, la Turchia e l’Inghilterra. Soprattutto quest’ultima, infatti, era sempre riuscita a sconfiggere gli eserciti francesi, sia in mare che sulla terra, ma proprio per questo Napoleone impose al resto d’Europa di interrompere i rapporti con l’Inghilterra, decretando il così detto “Blocco continentale”.

1. Dal Consolato all’Impero.
L’autoritarismo del Consolato.
Nel 1799 il governo della Francia è stato assunto da un Consolato di tre membri uno dei quali era Napoleone. Questo organismo accentuò tendenze autoritarie approvando una nuova Costituzione.
La Costituzione dell'anno VII.
Inizialmente la nuova costituzione sembrava democratica, in quanto si basava sul suffragio generale maschile. Infatti in ogni circoscrizione i cittadini designavano i grandi elettori; questi a loro volta eleggevano una lista di persone più ristretta, le quali infine selezionavano la cosiddetta lista nazionale. Da essa il governo sceglieva i componenti del Tribunato, il quale aveva la funzione di discutere le leggi del governo, e del Corpo legislativo, che invece aveva la facoltà di approvarle o respingerle.
Eclissi della democrazia.
Con il passare del tempo, l'intervento del Governo diventava sempre più costante e soffocante, tanto che il potere legislativo non fu più esercitato dalle assemblee rappresentative, bensì fu sottratto dai consoli e in particolar modo dal primo console, Napoleone. In poco tempo egli effettuò una svolta autoritaria.
I plebisciti e la proclamazione dell’Impero.
Nel 1802 Napoleone emanò un plebiscito che lo trasformò in console a vita. Due anni dopo si incoronò imperatore nella cattedrale di Notre Dame davanti al Papa Pio VII. In questo modo la Francia si trasformò da Repubblica a Impero.
Le continuità tra rivoluzione Impero.
L’Impero napoleonico conservò alcune norme emanate dai cittadini francesi nel 1789: l'eliminazione delle esenzioni e dei privilegi nobiliari ed ecclesiastici, l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la tutela della proprietà privata e la libertà di iniziativa economica.
La Chiesa: una riabilitazione ambivalente.
Bonaparte volle riaprire i rapporti con la Chiesa che la rivoluzione aveva eliminato. Questo è dimostrato dal fatto che nel 1802 fu eliminato il calendario rivoluzionario per sostituirlo con quello gregoriano, che prevedeva la domenica come giorno di riposo.
Una monarchia nuova e particolare.
La Francia di Napoleone non era quindi un ritorno al passato, in quanto rispetto all'antico regime ora vi era più libertà, ma soprattutto uguaglianza di fronte alla legge.
Diritti civili e diritti politici.
I diritti si limitavano al solo ambito civile, tanto che non erano affatto presenti quei diritti politici presenti nell'età rivoluzionaria. Infatti ora le leggi le imponeva tutte il governo che ne assicurava il rispetto in maniera perfetta.

2. L'organizzazione del potere.
Dalla cittadinanza attiva alla cittadinanza passiva.
Attraverso i plebisciti prima del Consolato a vita, poi quello dell’Impero, la cittadinanza non fu più attiva titolare della sovranità, infatti di questo potere se ne impadronì Napoleone.
Un regime " democratico " e " monarchico ".
Quindi il regime napoleonico poteva essere definito democratico per quanto riguarda l'uguaglianza giuridica degli a abitanti, ma monarchico per quanto riguarda il controllo e l'esercizio del potere. Si passa perciò dalla nazione dal basso dell'età rivoluzionaria, alla nazione dall'alto. Bonaparte inoltre si aiutò con l'amministrazione pubblica, i cui componenti passarono ad avere una nomina partecipativa e non più governativa.
Un livellamento imposto dall'alto.
Su tutto il territorio conquistato Napoleone impose le stesse leggi che erano tutte raccolte nei codici, agili strumenti che tra il 1804 e il 1807 raccolsero tutte le norme sparse che esistevano. Quindi tutte le province erano saldamente collegate al centro ovvero Parigi.
Prefetti e dipartimenti.
Nel momento della sua massima espansione l’ Impero risultava diviso in 130 dipartimenti. Ognuno di essi era governato da un prefetto, il quale doveva attenersi ai comandi del Ministero dell’Interno, che aveva sede a Parigi. Egli doveva quindi garantire il rispetto delle leggi su tutto il territorio di sua competenza e per far questo si faceva aiutare da funzionari a lui dipendenti.
Un nuovo esercito: i pubblici funzionari.
Ogni dipartimento era a sua volta diviso in cantoni, controllati da sottoprefetti, e ogni cantone si divideva in più comuni, ognuno affidato a un sindaco affiancato da un consiglio comunale eletto dai cittadini. Prefetti, sottoprefetti e sindaci erano tutti funzionari dello Stato che formavano un vero e proprio esercito che garantiva l’uguaglianza delle leggi in tutti i territori, senza eccezioni.
La differenza rispetto al passato.
Tutto ciò era stato provato anche da sovrani assolutisti, come Luigi XIV, ma non ebbe mai lo stesso risultato di questo periodo, in quanto nella popolazione vigevano troppi privilegi per alcune persone che ora sono stati completamente eliminati.
Egualitarismo e individualismo.
La popolazione era quindi tutta uguale ed era governata solo dall’amministrazione pubblica. I componenti di questo organo erano funzionari dello Stato, ma se prima della rivoluzione questi venivano scelti a seconda del privilegio di nascita, ora Napoleone aveva stabilito che le carriere pubbliche dovevano essere aperte al merito, all’ingegno e al talento individuale, ereditando quindi un altro principio rivoluzionario.

3. La società napoleonica e l’eredità della rivoluzione.
La politica dell’”amalgama”.
Secondo la politica dell’2amalgama”, tornando alla monarchia, Napoleone cercò di riaprire i rapporti con gli aristocratici, ma le cariche pubbliche venivano affidate solo alle persone più capaci e meritevoli sotto il profilo personale.
Individuo, Stato e nazione.
Da un lato lo Stato diventava sempre più grande e importante, dall’altro si notava che i suoi componenti erano sempre più persone, che prima della rivoluzione, appartenevano al Terzo stato.
I nuovi titoli nobiliari.
Nel 1808 Napoleone dette vita ad una nuova nobiltà aristocratica, quindi dopo alcuni anni si ricominciò a parlare di principi, duchi, marchesi. Di questi però il 22.5% comprendeva persone che già prima della rivoluzione facevano parte dell’aristocrazia, il 58% faceva parte degli strati più alti del ex Terzo stato e solo il 19.5% erano di estrazione popolare.
Una nobiltà “borghese” e militare.
Queste percentuali ci fanno capire che coloro che Napoleone voleva aiutare erano gli strati più alti dell’ex Terzo stato, ovvero coloro che si rendevano molto capaci nel compiere compiti per lo Stato. Infatti il 59% di questi facevano parte dell’esercito, che si basava proprio sul pieno riconoscimento dei meriti individuali.
Una combinazione tra vecchio e nuovo.
I titoli nobiliari dati da Napoleone, però non prevedevano alcun privilegio rispetto alla normale popolazione, ma solo un maggiore popolarità. Quindi bonaparte aveva unito gliaspetti esteriori del vecchio regimi ad alcuni aspetti della rivoluzione, soprattutto quelli basati sull’egualitarismo, ma non sulla democrazia partecipativa.

4. L’espansione in Europa.
I principi della rivoluzione: dalla Francia all’Europa.
Nel momento in cui in Francia, si poté dire conclusa, la rivoluzione fu conosciuta nel resto dell’Europa. Infatti in tutti i territori conquistati da Napoleone, non furono seguite tutte le norme previste da quest’ultimo, in quanto l’importante era riferirsi a dei principi fondamentali: l’eliminazione dei privilegi aristocratici ed ecclesiastici e quindi l’uguaglianza di fronte alla legge.
Le reazioni. Il caso spagnolo.
Già prima della decadenza napoleonica, alcuni degli Stati conquistati si erano ribellati alle nuove norme imposte dalla Francia. Caso particolare fu quello spagnolo, in cui subito dopo l’occupazione francese vi fu un’insurrezione di massa.
Lo sfruttamento finanziario.
Inoltre la Francia faceva pagare agli stati conquistati molti contribuiti e sottraeva uomini per l’esercito. Ma più che la disapprovazione da parte della popolazione, il crollo della potenza francese derivò dall’indebolimento sul piano militare.
Lo strumento del potere: l’esercito.
Napoleone fu infatti sconfitto quando il suo esercito fu reso inoffensivo e si disperse.

Le avventure di Napoleone.
1795: conquista Belgio e Olanda.
1796-99: conquista stati italiani e svizzeri.
1799: austro-russi e inglesi riconquistano la penisola italiana.
1800-06: riconquista dell’Italia tranne lo stato pontificio.
1806: istituita la Confederazione renana.
1807: istituzione degli Stati-satelliti: regno di Vestfalia e Granducato di Varsavia. La confederazione renana si estende in Germania e vi è la conquista del Portogallo.
1808: ritiro dal Portogallo, conquista della Spagna e stato pontificio.
1809: conquista di territori austriaci come Trieste, più Istria e Dalmazia.
1812: mancata conquista della Russia e inizio del crollo del sistema napoleonico in Europa.
1813: perse la Germania, la Svizzera e l’Olanda. In Spagna tornano i Borbone.
1814: austriaci e prussiani conquistano Parigi e Napoleone fugge sull’isola d’Elba.
1815: Napoleone fugge dall’Elba e cerca di ripartire (100 giorni di Napoleone) ma vi è la sua sconfitta definitiva a Waterloo e l’esilio a Sant’Elena dove muore nel 1821.

CAPITOLO 11: Italia 1796-1815: dai giacobini all’Empire.
Nel 1797 prima dell’arrivo di Napoleone, l’Italia risultava formata da nove stati, ma con il passare del tempo, nel 1810, gli stati italiani rimasero solo in tre. Tutta l’Italia era sotto il potere napoleonico. Piemonte, Liguria, ex ducato di Parma, Piacenza e Toscana erano dipartimenti dell’Empire, mentre Lombardia, veneto, Trentino, L’ex ducato di Modena e Reggio, l’Emilia, la Romagna e le Marche danno vita al regno d’Italia con capitale Milano.

1. L’età rivoluzionaria in Italia: 1796-1799
La discesa di Napoleone.
Napoleone scese in Italia nel 1796, con lo scopo di sconfiggere la Sardegna e l’Austria. Infatti riuscì a conquistare questi territori e in essi vi fu la formazione di governi provvisori, costituiti da persone che erano favorevoli alla rivoluzione francese.
Le repubbliche rivoluzionarie.
Nel 1796 si iniziarono a creare le prime repubbliche rivoluzionarie, quella ligure e quella cisalpina. Nel 1798 fu la volta di altre porzioni dell’Italia: si creò infatti la repubblica romana, con l’espulsione dal suo territorio del pontefice. Nel 1799 si creò invece la repubblica Napoletana. Nello stesso anno furono conquistate anche la Toscana e il Piemonte. Quindi tutta Italia era ora sotto l’influenza francese.
Le conseguenze dell’influenza francese.
Questa un’influenza portò da una parte all’eliminazione delle differenze e dei privilegi nobiliari, ma dall’altro una notevole pressione fiscali da parte degli eserciti francesi.
Fragilità delle repubbliche democratiche.
Milano, Genova, Roma, Napoli e Lucca furono le capitali delle repubbliche democratiche, le quali erano molto fragili, in quanto erano pronte a cadere nel momento in cui la Francia fosse stata sconfitta dal resto d’Europa. Ciò accadde nel 1799 quando cessarono di esistere la Repubblica cisalpina, Ligure, Romana, Napoletana e quella di Lucca.
La reazione del 1799.
Le influenze degli eserciti antifrancesi portarono l’Italia al vecchio regime, ma ciò soprattutto a Napoli evidenziarono il grande distacco che vi era tra i sostenitori della Rivoluzione, che erano pochi e appartenenti ai ceti colti, e il resto della popolazione. Infatti quando nel 1798-99 si cercò di portare in Italia i principi di uguaglianza della rivoluzione, anche i ceti più umili, non accettarono queste novità e preferivano il vecchio sistema.
La caduta della Repubblica napoletana.
A Napoli la caduta del potere francese non avvenne da parte degli eserciti antifrancesi, ma da una massa di contadini e briganti, guidati dal comandante Ruffo che volevano difendere la loro santa fede, tanto che furono chiamati sanfedisti. Questi, infatti, non appoggiavano la laicità dei rivoluzionari e così dalla Calabria partirono e arrivarono alla capitale dove sconfissero i filofrancesi e indussero il re a effettuare ben 120 condanne a morte, che colpirono i più grandi intellettuali di quel periodo.
Il popolo: contro i Francesi e contro la rivoluzione.
Ciò non avvenne solo nel Mezzogiorno, bensì le rivolte antidemocratiche vi furono in tutta Italia.

2. L’Italia napoleonica: 1800-1815
Il ritorno di Napoleone.
In seguito alle conquiste di Napoleone dal 1800 al 1809, l’Italia tornò nuovamente sotto il suo dominio, tanto che trail 1799 e il 1800 si hanno molte differenze
Dalle repubbliche ai regni.
Nel 1799 l’Italia era costituita da repubbliche, in cui la grande democrazia permetteva ad una porzione della popolazione di partecipare al potere; nel 1800, invece, l’Italia è formata da regni, in cui la democrazia viene completamente soffocata dal potere che veniva dall’alto. In poche parole, accadde la stessa cosa che vi fu in francia, quando si passò dall’età rivoluzionaria a quella napoleonica. Affianco alle varie diversità però sono presenti anche elementi di continuità.
Tempo breve e tempo lungo.
Ciò che avevano imposte le repubbliche giacobine ebbero una breve vita, invece la riconquista francese lasciò sengi più profondi.
Gli strati popolari e il nuovo regime.
Nel nuovo regime furono, come in Francia, conservate alcune norme: l’uguaglianza di fronte alla legge,l’eliminazione dei privilegi aristocratici ed ecclesiastici e l’affidamento del potere pubblico allo stato.
Un nuovo dovere: la coscrizione obbligatoria.
L’arruolamento obbligatorio portò a molte diserzioni, e disertare significava emarginarsi dalla società, diventare vagabondi. Altri per scampare a questo impegno si sposavano molto presto o persino si ammutinavano da soli.
Tempo della Chiesa e tempo dello Stato.
Fu ridimensionato notevolmente il potere della Chiesa. Era permesso infatti il matrimonio civile ed esso non era più considerato un vincolo indissolubile, in quanto fu permesso il divorzio. Ciò che sottolineò molto questo cambiamento fu il comando che diede un prefetto a Trento, che prevedeva il divieto di suonare le campane nei momenti di pericolo, in quanto la popolazione in caso di dubbi e timori, non si doveva rivolgere alla Chiesa, ma allo stato.
Un nuovo diritto: l’istruzione elementare.
Oltre al malcontento portato da alcune innovazioni, il nuovo sistema prevedeva più possibilità di emancipazione per gli starti più umili. Infatti essi erano liberati da molte prestazioni lavorative che prima dovevano invece svolgere verso i loro feudatari. Ed in più sui dava l’opportunità a tutti dell’istruzione elementare con la quale si poteva vedere se una persona aveva dei talenti che gli avrebbero permesso un’ascesa nella società.
Il difficile adattamento alla modernità
Ma il nuovo sistema trovava ancora molte diffidenza, sia perchè era entrato lo Stato nella vita quotidiana della popolazione, sia per l’istruzione elementare,in quanto i contadini che avevano sempre chiesto aiuto ai figli per il lavoro nei campi, evitavano di mandarli a scuola.

3. Spazio locale e spazio nazionale.
Una società di individui singoli.
Il uovo sistema si basava sull’individuo, che ora aveva gli stessi diritti e doveri degli altri. In questo modo fu garantito a tutti soprattutto il diritto alla famiglia.
Una nuova percezione dello spazio.
Nell’Italia napoleonica, li abitanti hanno anche una nuova percezione dello spazio, del territorio, dei confini e del movimento.
Una cittadinanza unitaria.
Nel 1810 il regno d’Italia arrivò a comprendere territori in precedenza austriaci, veneziani, che sotto il potere napoleonico, e quindi secondo il suo Codice, che in Italia entrò in vigore nel 1806, tutti erano uguali senza alcuna differenza.
Da sudditi a cittadini.
Da sudditi si passava a cittadini senza indicare alcuna denominazione territoriale, infatti il Codice diceva: “Qualunque italiano gode dei diritti civili, nella sua qualità di Cittadino”. Quindi l’Italia, con capitale Milano, risultava ora unita con le stesse leggi, le stesse unità di misura, senza dogane e quindi più libera.
La mobilità dei funzionari sul territorio.
I funzionari erano gli stessi presenti in Francia: ad ogni dipartimento un prefetto, ogni cantone un sotto-prefetto, ed infine ad ogni comune un sindaco; funzionari che rispondevano tutti ad uno stesso governo centrale.
Uno strumento per la mobilità dei cittadini: la carta d’identità.
In questo periodo per la prima volta, nelle tasche degli italiani compare la carta d’identità, ovvero la moneta che permetteva di fruire di servizi pubblici e di potersi spostare da un territorio all’altro, quindi di conoscersi e di tenere rapporti a distanza.
Nascita degli italiani.
Anche se l’Italia era sotto l’influenza francese, essa era finalmente costituita, tanto che gli abitanti si poterono definire italiani.

4. Stato e società
L’atteggiamento dell’aristocrazia.
Se la gente comune si dimostrò in parte contraria, ma in parte favorevole al potere francese, gli strati più altri della società mostrarono un’ostilità maggiore. Questo soprattutto perché furono eliminati tutti i privilegi di cui prima godevano.
La nobilitazione del talento individuale.
Anche in Italia furono dati nuovi titoli nobiliari sia agli aristocratici di un tempo che alla gente comune. Anche questi però non portarono delle differenze di fronte alla legge, ma solo una maggiore popolarità
Il consenso della borghesia.
Quelli invece favorevoli al nuovo governo furono gli strati medio-alti del vecchio Terzo stato, ovvero la così detta borghesia. Infatti il nuovo sistema metteva in cima alla gerarchia non gli aristocratici, bensì i proprietari, i funzionari pubblici e gli ufficiali. Tutti coloro che hanno ottenuto queste nomine grazie al loro talento.
Le ragioni di un dissenso crescente.
Dal 1812 incominciò a crescere un grande malcontento, in quanto si il sistema prevedeva una grave pressione fiscale su tutti i cittadini, poveri o ricchi. E anche se i militari coprivano questa posizione grazie al loro talento, perdevano la vita molto spesso e in gran numero. Soprattutto a partire dalle varie sconfitte contro la Russia.
Il crollo del regno di Italia.
Il sistema napoleonico crollò tra il 1813 e il 1815. Infatti nel 1814, dopo la conquista anche del Veneto, a Milano si avviò una protesta che finì con il linciaggio del ministro delle finanze, Giuseppe Prina, che era ritenuto il responsabile dell’aumento della pressione fiscale.
Gioacchino Murat e l’indipendenza italiana.
Il re di Napoli, Gocchino Murat, nel 1815, vedendo che il governo di Napoleone stava crollando, pensò di poter risollevare l’Italia e portarla sotto il proprio potere. Per far ciò proclamò come obiettivo quello dell’indipendenza italiana e quello di ridare il potere al popolo. La sua missione fallì però suscitò nei cittadini questi principi e queste esigenze.

Esempio



  


  1. boh

    la storia della Bastiglia

  2. francesca Lomartire

    Mi servirebbe un riassunto della francia nel 1800 cerco disperatamente quelle prole e chiunque abbia delle idee mi scriva!

  3. GHIGA

    Sto cercando degli appunti sull'algebra. Sono in terza media e devo sostenere un esame. Cagliari.

  4. GHIGA

    Sto cercando degli appunti sull'algebra. Sono in terza media e devo sostenere un esame. Cagliari.