La rivoluzione industriale: sguardo dal punto di vista dei salari

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

Voto:

1.5 (2)
Download:301
Data:25.05.2005
Numero di pagine:3
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
rivoluzione-industriale-sguardo-punto-vista-salari_1.zip (Dimensione: 4.89 Kb)
trucheck.it_la-rivoluzione-industriale:-sguardo-dal-punto-di-vista-dei-salari.doc     23.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

I SALARI E LA SITUAZIONE ECONOMICA DEL PROLETARIATO

Il complesso di fenomeni realizzatosi agli inizi dell'800 suscitò pesanti conseguenze nella vita economica, sociale e politica. Una decisiva conseguenza della rivoluzione industriale fu la divisione della società in due fondamentali classi sociali: la borghesia capitalista e il proletariato. Il rapido sviluppo della rivoluzione industriale fu determinato da un importante fattore sul piano commerciale. Infatti mentre la nobiltà viveva con lo sfruttamento dei terreni e richiedeva allo stato di intervenire con altre dogane, la borghesia, dedita soprattutto alle attività industriali e commerciali, aveva compreso quante possibilità di arricchirsi la moderna società le presentava, qualora avesse potuto importare ed esportare merci liberamente, senza dover pagare eccessive dogane. I mercati aperti avrebbero notevolmente sviluppato la libera iniziativa e procurato facili guadagni. I liberali, dunque, iniziarono ad esigere un'economia basata sulla libera concorrenza e sull'assenza di leggi statali limitative dell'iniziativa privata. La borghesia capitalista, ormai padrone incontrastata di ogni attività economica, esercitava un predominio anche politico, che permetteva di rafforzare con mezzi legali le posizioni raggiunte e di difendere i propri interessi a tutto danno della classe operaia. Infatti i salari erano appena sufficienti per non morire di fame e per di più corrisposti solo per le giornate di lavoro effettivo. Perciò quando sopraggiungeva una malattia gli operai non godevano di alcuna forma di assistenza. Inoltre con il diffondersi della meccanizzazione diminuiva la richiesta di manodopera nelle fabbriche, con un aumento della disoccupazione.
Vi sono però diverse letture della rivoluzione industriale e della vita dei lavoratori di quel periodo. Marx afferma: “L’operaio diventa tanto più povero quanto maggiore è la ricchezza che produce, l’operaio diventa una merce tanto più vile quanto più grande è la quantità di merci che produce. La valorizzazione del mondo umano cresce in rapporto diretto con la valorizzazione del mondo delle cose….Gli interessi, le condizioni di esistenza all’interno del proletariato si livellano sempre più, perché la macchina cancella sempre le differenze del lavoro e quasi dappertutto riduce il salario a un eguale basso livello. La crescente concorrenza dei borghesi e le crisi commerciali che ne derivano rendono sempre più debole il salario degli operai; l’incessante e sempre più rapido perfezionamento delle macchine rende sempre più precarie le loro condizioni di esistenza…” perciò Marx denuncia con forza la crescente pauperizzazione della classe operaia.
Dall’altra parte invece A. Smith ipotizzava il dispiegarsi di un processo economico che avrebbe finito con il rivelarsi benefico anche per l’infelice massa dei lavoratori.
Ashton riprenderà più avanti la tesi di Marx sostenendo che probabilmente questo non aveva neppure preso in considerazione le statistiche che sono state elaborate da un’ intera generazione di ricercatori. Ashton, infatti, prendendo in esame il reddito nazionale ed altre statistiche a livello aggregato che ci sono rimaste su dati relativi ai prezzi e ai salari, e sull’analisi di statistiche demografiche, arriva ad affermare che “…tra il 1790 e il 1830 il costo della vita era aumentato dell’11% e i salari urbani di circa il 43%. Nei venti anni seguenti sono rimasti inferiori alle aspettative, ma è migliorata l’alimentazione, con l’introduzione di pane, carne, patate; il riscaldamento delle abitazioni venne estendendosi grazie al basso prezzo del carbone.”Non dimentichiamo inoltre l’introduzione di manodopera femminile che,secondo Ashton, contribuì all’aumento del bilancio familiare.
Rimane un un’ultima posizione interessante,quella di Thompson,il quale sostiene che “è possibile che gli strumenti statistici e l’esperienza umana divergano completamente”. Più che il livello della vita espresso in termini assoluti si deve tener conto delle rappresentazioni di coloro che si trovano a vivere tali esperienze, e che valutano i miglioramenti anche in relazione al vecchio mondo preindustriale, al venir meno di quell’antica concezione dei rapporti umani e sociali che i primi operai di fabbrica conservavano ancora nelle loro rappresentazioni collettive. Perciò egli conclude che “un lieve miglioramento va di pari passo con una maggiore insicurezza, un di più accentuato sfruttamento, una più grande miseria umana.”

Esempio