La rivoluzione industriale

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Testo

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
LE ORIGINI
Tra gli avvenimenti fondamentali dai quali ebbe origine la società contemporanea, deve essere posta, accanto alla rivoluzione francese la rivoluzione industriale.Il trionfo del capitalismo e del sistema liberale borghese nel corso del secolo XIX deve all’una e all’altra l’impulso decisivo.
La rivoluzione industriale, avviata in gran Bretagna nell’ultimo ventennio del Settecento, esercitò un’influenza determinante nel resto del mondo.La storia del secolo XIX s’identifica con lo svolgimento di queste premesse e si conclude con il trionfo del regime borghese.Conseguenza di questa trasformazione fu anche lo sviluppo di nuove forze sociali e di nuovi movimenti d’idee che, in nome del socialismo, si proposero l’abbattimento del sistema capitalistico.
La forza della rivoluzione industriale sì manifesta in pieno a meta del 1800, allorché in altri paesi, l’industria acquistò un ruolo dominante e il nuovo sistema produttivo si estese dal settore tesile alla produzione dell’acciaio, del ferro, delle macchine utensili.
La creazione del primo nucleo industriale moderno avvenne in modo rapido e intenso, ma ebbe un lungo periodo di preparazione.Esso avvenne in gran Bretagna: qui, infatti, nel corso del secoloXVII era avvenuta una rivoluzione politico-sociale (1640-1688) che aveva favorito l’ascesa della borghesia.Nello stesso periodo l’agricoltura si era liberata in modo più radicale di quanto avveniva in altri paesi dagli usi e dai rapporti feudali.
Questo fatto aveva avuto molteplici conseguenze:
• L’adozione di tecniche agricole più progredite.
• L’aumento della produttività.
• Maggiore accumulazione di capitali nelle mani di proprietari-imprenditori.
• Più gran disponibilità di beni alimentari per il mercato.
In tal modo si era allargato il mercato interno anche nelle campagne, si era accresciuta la popolazione delle città, si era creata migliore disponibilità e mobilità ella manodopera.Infine anche il capitalismo mercantile aveva assunto grandi proporzioni.
LE MACCHINE
Mentre si realizzavano le condizioni preliminari dello sviluppo capitalistico industriale, la trasformazione del sistema produttivo nell’industria tessile fu resa possibile dalla creazione di nuove macchine.
Il punto di partenza della meccanizzazione dell’industria tessile fu l’invenzione della spoletta volante (John Kay, 1733) che raddoppiò la capacità produttiva dei telai.Ulteriori innovazioni furono introdotte da Richard Arkwrite, al quale si deve la creazione della frame (1768) azionata da energia idraulica.Nel 1785 un tessitore, Samuel Crompton, apportò ulteriori perfezionamenti, creando una nuova macchina filatrice, chiamata mule.Il ciclo delle invenzioni relative all’industria cotoniera fu completato con la cotton gin, creata nel 1793 da Ely Whitney per la separazione della fibra di cotone dal seme, che ridusse il costo della materia prima e diede nuovo impulso ad estendere le piantagioni.
Anche i procedimenti di candeggiatura, tintoria e stampa dei tessuti dovettero quindi adeguarsi, con l’uso di nuovi e rivoluzionari procedimenti chimico-meccanici.
L’uso del vapore diede poi la possibilità di estendere enormemente la produzione.
Contemporaneo della trasformazione dell’industria tessile fu l’incremento della siderurgia.La sostituzione del carbon fossile al carbone vegetale negli altiforni permise un grande aumento della produzione del ferro greggio ed un suo più largo impiego nella costruzione di macchine per l’industria tessile.
Soltanto più tardi, nel ventennio dal 1830 al 1850, la produzione del ferro e del carbon fossile e l’industria meccanica ricevettero un impulso decisivo, quando l’energia a vapore cominciò ad essere più largamente applicata anche ai trasporti marittimi e terrestri.
Fin da quando si comincio ad usare l’energia idraulica per azionare le macchine tessili, il sistema dell’industria a domicilio, fino allora dominante, entrò in crisi. La possibilità di sfruttare una sola fonte di energia per tutto un complesso di macchinari e l’alto costo degli impianti determinarono la concentrazione dell’attività produttiva nelle fabbriche.Esse furono localizzate nelle campagne: cominciarono così a formarsi le moderne zone industriali, caratterizzate dalla concentrazione di densi nuclei di popolazione operaia attorno alle ciminiere delle fabbriche.
LA CONDIZIONE OPERAIA
Il cambiamento del passaggio determinato dal sorgere della fabbrica presupponeva un più profondo cambiamento della struttura della società.Artigiani e contadini espropriati, che avevano perduto la possibilità di continuare le loro attività in modo indipendente, costruirono la massa nella quale furono reclutatigli operai delle nuove fabbriche.Alla formazione di una classe di capitalisti industriali, corrispose dunque lo sviluppo di una nuova classe d’operai salariati che non possedevano altro che le loro braccia ed i loro figli (proletariato).
La sostituzione del vapore alla forza muscolare rese possibile un larghissimo impiego di donne e fanciulli, che offrivano il vantaggio di poter essere pagati molto meno degli adulti. I dati seguenti si riferiscono agli operai dell’industria cotoniera inglese nel 1835:
• UOMINI 58 053
• DONNE 67 824
• GIOVANI 65 486
• BAMBINI 28 771
Aumentando i beni di consumo ed i prodotti alimentari, l’avvento del capitalismo nell’agricoltura e nell’industria rese possibile un intenso incremento demografico. I grandi concentramenti di popolazione urbana divennero più frequenti e assunsero dimensioni mai conosciute.Le masse dei lavoratori trovarono nuove possibilità di lavoro, ma le condizioni in cui furono costrette a vivere costituiscono uno dei capitoli più tristi della storia umana.
L’orario normale di lavoro, era dalle 12 alle 16 ore giornaliere ed i salari erano appena sufficienti ad assicurare la vita dell’operaio e la riproduzione della sua forza lavoro.In pratica tutta la vita dell’operaio era assorbita dalla dove il ritmo di lavoro era automaticamente imposto dalla macchina. L’educazione degli operai a questo tipo di vita fu un problema di non facile soluzione per i primi capitani d’industria.In parte esso fu risolto con l’assunzione di manodopera infantile, più facilmente disciplinabile.Lo stato contribuì a rendere più agevole lo sfruttamento dei salariati vietando nel 1799, con i Combination acts, l’associazione tra gli operai.Il divieto non impedì però che le associazioni di mestiere (tradeunions) si sviluppassero clandestinamente. La protesta operaia assunse forme violente nel 1811, allorché il luddismo (un movimento che prese il nome dal mitico capo Ned Lud) si sviluppò nel Nottinghamshire per dilagare poi nelle altre regioni industriali. La manifestazione più vistosa e importante del luddismo fu la distruzione delle nuove macchine, nelle quali gli operai vedevano la causa più diretta delle loro sofferenze. Il luddismo fu quindi per un aspetto l’espressione di una mentalità preindustriale che difendeva un’organizzazione arcaica della produzione e del lavoro; ma, di fatto, o nelle intenzioni dei suoi promotori, esso cominciò a porre una serie di problemi che in seguito sarebbero stati oggetto della cosìdetta legislazione sociale: minimo salariale, tutela del lavoro infantile e femminile, diritto d’associazione, impegno sociale contro la disoccupazione.
L’incapacità del luddismo di superare la forma primitiva della lotta contro le macchine, di porre con chiarezza determinate rivendicazioni e di collegarsi con l’azione politica, condusse rapidamente al suo declino. Nel 1812, dopo che già alcuni imprenditori avevano cominciato ad organizzare privatamente la resistenza contro i luddisti, fu votata una legge che prevedeva la pena di morte contro i distruttori di macchine. Cominciò allora una nuova fase della lotta per il riconoscimento dei diritti politici agli operai. Al loro fianco si pose, infatti, il movimento radicale che sorse in Inghilterra subito dopo la rivoluzione francese. Accusati dal governo e dalla classe dirigente d’essere giacobini, e quindi perseguitati come terroristi e traditori, i radicali erano rimasti una piccola minoranza per tutta la durata della guerra antifrancese.Dopo la guerra, nel 1815, il movimento radicale ebbe la possibilità di riprendere su più vasta scala la sua azione politica.
Anche in questa nuova fase il ricorso da parte del governo alla repressione più intransigente suscitò una tensione tale che raggiunse la sua punta massima, con la rivolta di Pentridge ed il massacro di Peterloo, negli anni tra il 1817 ed il 1820.
La battaglia radicale ottenne un primo parziale risultato nel 1824, quando una legge riconobbe agli operai il diritto di associarsi per motivi economici ed assistenziali, mantenendo però il divieto allo sciopero e all’associazione per fini politici.
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