La Grande Guerra

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Testo

LA PRIMA GUERRA MONDIALE
LE CAUSE
Quando si parla di prima guerra mondiale, si è concordi nel sostenere che questa non sia stata scatenata da una causa generale e ben precisa (visto che nel 1914 –anno in cui essa scoppiò- non esisteva alcun problema grave a livello europeo e mondiale tale da poter essere risolto soltanto attraverso la guerra); piuttosto, essa fu scatenata da una serie di cause particolari e, infine, da una causa scatenante.
Le cause particolari
1) TENSIONI INTERNAZIONALI FRA VARI STATI EUROPEI.
Fino a quel momento l’Europa era divisa in due diversi blocchi di potenze:
TRIPLICE ALLEANZA
Italia
Austria
Germania
TRIPLICE INTESA
Francia
Inghilterra
Russia
Tra queste potenze vengono a crearsi i primi contrasti a incrocio.
ANGLOTEDESCO (tra Inghilterra e Germania): L’Inghilterra era sempre la prima potenza economica europea, ma la Germania deteneva il secondo posto grazie alla sua superiorità assoluta in campo di tecnologia: quasi tutti i mercati europei erano invasi da prodotti provenienti dalla tecnologia tedesca.
Ma per la Germania ciò non fu sufficiente; essa chiedeva mercati ancor più estesi e sicuri, maggiori fonti di materie prime e un’espansione territoriale sia in Europa sia nei paesi extraeuropei, dove le sue colonie erano ben poca cosa rispetto agli imperi colonialistici francesi e inglesi.
La scintilla di un futuro scontro fra Germania e Inghilterra scoppiò quando la Germania, che non era una potenza marittima e navale come l’Inghilterra, allestì una flotta potente, seconda soltanto a quella inglese.
FRANCOTEDESCO (tra Francia e Germania): Si erano riaccesi anche i contrasti tra Germania e Francia, poiché quest’ultima voleva recuperare i territori di Alsazia e Lorena persi nella guerra contro la Prussia del 1870-71.
Infine, Francia e Germania si contesero anche il territorio coloniale del Marocco, che di lì a poco sarebbe diventato colonia francese.

A questo punto, il comune timore nei confronti della Germania fece tacere la tradizionale rivalità fra Francia e Inghilterra e anzi fece loro stipulare nel 1904 un’”Intesa cordiale” che tre anni più tardi si sarebbe trasformata in “Triplice Intesa”, con la partecipazione della Russia.
Come alleati, la Germania non poteva sperare nell’Italia, che da poco aveva stretto rapporti con la sua nemica Francia e che di lì a poco sarebbe entrata in guerra al fianco dei suoi avversari della Triplice Intesa (Francia, Inghilterra e Russia); come unico alleato rimasto, restava alla Germania l’impero austroungarico, così detto perché l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe aveva assunto nel 1867 anche il titolo di re d’Ungheria.
Ma anche l’impero austroungarico attraversava una grossa crisi interna, a causa delle spinte autonomiste delle diverse nazioni ad esso soggette: ovvero di cechi, sloveni, croati, ungheresi, e di lì a poco anche alcuni italiani irredentisti, che chiedevano agli austriaci l’annessione all’Italia da poco unificata dei soli territori ancora rimasti in mano agli austriaci: Trento e Trieste.
AUSTRORUSSO (fra Austria e Russia): una tensione nata per il possesso dei Balcani; cosa stava accedendo, infatti, nei Balcani?
Già nel 1908, la Serbia, con l’intento di formare un grande stato di slavi nell’Europa sudorientale, avanza mire espansionistiche verso l’Austria, la quale prontamente si difende da queste e le stronca, occupando Bosnia ed Erzegovina (territori al confine della Serbia).
Questa conquista dell’Austria, innanzi tutto incrinerà maggiormente i rapporti fra Austria e Italia, che da quella conquista si aspettava qualche concessione o spartizione; e poi insospettirà soprattutto la Russia, da sempre interessata all’espansione nei Balcani.
Ma la questione che acuì maggiormente i contrasti fra Austria e Russia fu la crisi dell’Impero turco, della quale entrambe volevano approfittare per diverse ragioni: l’Austria per accaparrarsi l’eredità dell’Impero turco in Europa, e la Russia per garantirsi la possibilità di passare liberamente con le sue navi dallo stretto del Bosforo ai Dardanelli –controllati dalla Turchia-, per avere accesso libero sul Mediterraneo e diventare, dunque, anche una potenza marittima e navale.
Come nacque la crisi dell’Impero turco?
Nel 1908, una rivoluzione di giovani turchi pone fine al vecchio regime assolutistico turco e lo sostituisce con un più moderno governo costituzionale; nel 1912, per superare la propria crisi politica, la Turchia manifestò la sua intenzione di rafforzare i suoi possedimenti nei Balcani; ma una coalizione di serbi, greci e bulgari (indirettamente appoggiata dalla Russia) sconfisse la Turchia cacciandola definitivamente dai Balcani.
Nel 1913, per la spartizione di queste terre turche conquistate, scoppiò una seconda guerra tra le potenze della coalizione che le aveva conquistate, e cioè tra Serbia, Grecia e Bulgaria.
La Serbia fu sostenuta dalla Russia
e la Bulgaria fu sostenuta dall’Austria.
La Bulgaria (e indirettamente l’Austria che la sosteneva) fu sconfitta.
Allora la Turchia, sconfitta nel 1912, e la Bulgaria, sconfitta nel 1913, strinsero alleanza con Austria e Germania, mentre la Serbia stringeva alleanza con la Russia, a sua volta alleata con l’Intesa di Francia e Inghilterra.
Si erano creati due blocchi di potenze:
1)Imperi centrali:
Austria
Germania
2)Triplice Intesa
Francia
Inghilterra
Russia
(cui si aggiungeranno Italia e Stati Uniti)

La situazione era davvero critica ed era inevitabile che prima o poi tra i due blocchi di potenze sarebbe nato uno scontro dalle proporzioni mondiali (si aspettava solo una scintilla).
2) CAUSE IDEOLOGICHE: IL NAZIONALISMO
Ciascuna potenza dei due blocchi cominciò a mirare ad un’espansione territoriale sia in Europa che nei paesi extraeuropei; in ogni parte d’Europa si era diffuso un forte nazionalismo come ideologia di massa, ossia l’aspirazione a fare della propria nazione (qualora già unificata e indipendente) una potenza mondiale volta alla conquista del potere politico, economico e sociale, anche a costo di schiacciare le altre nazioni e ricorrere alla guerra.
L’ideologia nazionalistica fu dunque un’ideologia dura, fatta di spirito di potenza, aggressività, razzismo, (ecco perché ebbe dalla sua parte le potenze militari delle singole nazioni) violenza e fu favorevole alla guerra.
Di lì a poco ogni cosa si sarebbe mobilitata a favore della guerra: governi, monopoli, eserciti, mezzi di propaganda, rendendo la guerra un vero e proprio fenomeno di massa; tutte le attività finanziarie e produttive furono organizzate in vista del sostegno alla guerra e tutte le classi sociali furono costrette a dare il proprio contributo, fossero favorevoli o no, alla guerra.
L’obiettivo delle potenze e dei due blocchi di potenze non era soltanto quello militare di conquistare un territorio o vincere una battaglia, ma anche quello di distruggere completamente la potenza politica, economica e militare del nemico.

3) CAUSE SOCIALI: CONFLITTI INTERNI FRA BORGHESIA E POPOLO
Poiché in ogni nazione sorgevano conflitti sociali –pericolosi per la nazione- tra ricca borghesia e povero proletariato- la guerra sarebbe servita a deviarli in conflitti mondiali tra diverse nazioni e avrebbe tenuto in questo modo a freno popolo e proletariato; perciò fu ben vista dai ceti dominanti e dai governi di quasi tutte le nazioni europee minacciate da tali conflitti sociali interni.
4) CAUSE ECONOMICHE: LA CONCORRENZA SUI MERCATI MONDIALI
L’obiettivo delle potenze e dei due blocchi di potenze non era soltanto quello militare di conquistare un territorio o vincere una battaglia, ma anche quello economico di conquistare i mercati mondiali. Per questo sarebbero state disposte persino a ricorrere alle armi e a fare la guerra; anzi le armi, non solo erano uno strumento militare di conquista, ma anche un ottimo affare economico per i mercati mondiali. Fu così che in varie nazioni si scatenò senza precedenti una vera e propria corsa agli armamenti.
Quell’enorme potenziale di armi attendeva soltanto di essere usato e, per questo, viste già le altre cause e visti già le altre tensioni fra gli stati, sarebbe bastata una piccola scintilla.
5) LA CAUSA SCATENANTE: L’ATTENTATO DI SARAJEVO
Abbiamo visto come anche la Serbia era dominata da un forte nazionalismo e dall’intento di formare un grande stato di slavi nell’Europa sudorientale; per questo avanza mire espansionistiche verso l’Austria, la quale prontamente si difende da queste e le stronca, occupando Bosnia ed Erzegovina (territori al confine della Serbia).
Il 28 giugno 1914 uno studente nazionalista serbo assassina l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, che avrebbe dovuto succedere sul trono d’Austria-Ungheria all’imperatore Francesco Giuseppe e che in quel momento si trovava in visita a Sarajevo in Bosnia.
Ricordiamo che, nei due grandi blocchi di potenza, la Serbia era alleata della Russia e quindi avversaria dell’Austria.
Dunque, in risposta a questo attentato provocatore:
l’Austria dichiara guerra alla Serbia (per l’attentato)
la Germania (alleata dell’Austria)dichiara guerra alla Russia (alleata della Serbia) e alla Francia (alleata della Russia).

Come già aveva pianificato dal 1905, l’intento della Germania era quello di approfittare del caos scatenato dall’attentato di Sarajevo e dalle inimicizie scatenate fra le varie potenze, per battere (in una “guerra lampo”) prima la Francia e poi la Russia, e diventare alla fine, potenza d’Europa.
Essa aveva calcolato che l’Inghilterra non sarebbe mai entrata in guerra. Ma il calcolo era sbagliato; quando, infatti, la Germania invade il Belgio –nazione neutrale- per aprirsi un varco verso la Francia e cogliere di sorpresa i francesi, l’Inghilterra interviene e dichiara guerra alla Germania.
Certo in terra l’Inghilterra non era molto forte, ma in mare si: la sua flotta servì ad isolare sui mari gli Imperi centrali (Austria e Germania), i quali non potevano più essere riforniti di materie prime e di derrate alimentari, cose che invece l’Inghilterra fornì soltanto agli alleati della Triplice Intesa: Francia e Russia.
Infine, la guerra cominciò ad assumere proporzioni più mondiali quando v’intervenne il Giappone, al fianco della Triplice Intesa (Francia, Inghilterra e Russia) e contro gli Imperi centrali (Austria e Germania) per rimpadronirsi di alcuni possedimenti tedeschi in Cina.
1° ANNO DI GUERRA: 1914
Dunque il piano tedesco fu quello di portare avanti la guerra su due fronti:
A) FRONTE OCCIDENTALE CONTRO LA FRANCIA
Abbiamo visto come la Germania invade il Belgio –nazione neutrale- per aprirsi un varco verso la Francia e cogliere di sorpresa i francesi. E difatti la Germania riuscì a penetrare nel territorio francese costringendo il governo a rifugiarsi a Bordeaux.
Tuttavia, tra il 6 e il 12 settembre, nella battaglia DELLA MARNA, i tedeschi furono costretti dai francesi ad arretrare.
La guerra di movimento era finita e cominciava ora la guerra di posizione, una guerra volta ad estenuare e logorare uomini, mezzi e risorse: lungo 800 km. di trincea e lungo i fiumi Aisne e Somme, Francia e Germania continuarono la guerra, ma sempre mantenendo la stessa posizione, senza né avanzare né retrocedere.
B) FRONTE ORIENTALE CONTRO LA RUSSIA
Mentre nell’estremo Oriente, la Germania, attaccata dal Giappone perde i suoi possedimenti in Cina, nell’Oriente europeo i tedeschi ottennero qualche successo anche grazie alla crisi della Russia dovuta ai seguenti fattori: 1) la disorganizzazione dell’esercito russo; 2)l’intervento in guerra di Bulgaria e Turchia al fianco degli Imperi centrali (Austria e Germania) (mentre Portogallo e Romania entravano al fianco della Triplice Intesa di Francia, Inghilterra e Russia), ciò che costrinse la Russia combattere su più fronti.
Grazie a questa crisi della Russia, la Germania potè vincerla nelle due battaglie di TANNENBERG e dei LAGHI MASURI, ma l’Austria sua alleata venne sconfitta dalla Russia a LEOPOLI, nella Galizia, permettendo alla Russia di penetrare nel territorio austrotedesco e riequilibrando così le sorti del conflitto, che rimasero tali e invariate per lungo tempo.
C) FRONTE DELL’INGHILTERRA
A questi due fronti se ne aggiunse un terzo, quello dell’Inghilterra. Abbiamo visto come già dal 1905, l’intento della Germania era quello di approfittare del caos scatenato dall’attentato di Sarajevo e dalle inimicizie scatenate fra le varie potenze, per battere (in una “guerra lampo”) prima la Francia e poi la Russia, e diventare alla fine, potenza d’Europa.
Essa aveva calcolato che l’Inghilterra non sarebbe mai entrata in guerra. Ma il calcolo era sbagliato; quando, infatti, la Germania invade il Belgio –nazione neutrale- per aprirsi un varco verso la Francia e cogliere di sorpresa i francesi, l’Inghilterra interviene e dichiara guerra alla Germania.
Certo in terra l’Inghilterra non era molto forte, ma in mare si: la sua flotta servì ad isolare sui mari gli Imperi centrali (Austria e Germania), i quali non potevano più essere riforniti di materie prime e di derrate alimentari, cose che invece l’Inghilterra fornì soltanto agli alleati della Triplice Intesa: Francia e Russia.
Questa dura strategia dell’Inghilterra costrinse il governo e l’esercito tedesco a razionare i pochi generi alimentari di maggior consumo e ciò a discapito dei settori più deboli e bisognosi della popolazione: bambini, donne ed anziani. Ciò costringerà la Germania a rispondere all’Inghilterra con una guerra sottomarina nel mar del Nord, nel tentativo analogo di isolarla dal continente europeo e dai rifornimenti che le provenivano dagli Stati Uniti.Questa guerra sottomarina coinvolse ingiustamente anche navi e passeggeri che viaggiavano attraverso il Mar del Nord e appartenevano a paesi neutrali; l’episodio più clamoroso fu quello del piroscafo Lusitania, nave che viaggiava con mille passeggeri a bordo tra cui 198 americani (ancora neutrali ed estranei al conflitto) e che fu affondata dalle flotte tedesche durante tale guerra sottomarina.
La protesta degli Stati Uniti fu dura e il presidente Wilson minacciò che gli USA sarebbero entrati in guerra se simili episodi si fossero ripetuti. Per evitare l’intervento in guerra di una potenza così temibile come gli USA, la Germania attenuò la sua guerra sottomarina e per lungo tempo essa perse di importanza strategica nel conflitto.
L’INTERVENTO DELL’ITALIA
Cosa accadeva in Italia nel 1914? Si passa dal Ministero Giolitti al Ministero Calandra, contraddistinto dalle seguenti vicende:
IN POLITICA INTERNA, gli irredentisti italiani si divisero in irredentisti nazionali (che chiedevano agli austriaci l’annessione all’Italia da poco unificata dei soli territori ancora rimasti in mano agli austriaci: Trento e Trieste) e irredentisti nazionalisti (che, invece, puntavano alla potenza della nazione specie dopo la conquista della Libia del 1811).
Inoltre si verificarono i moti sociali della cosiddetta settimana rossa, ovvero degli scontri fra la vecchia società borghese e i socialisti rivoluzionari, tra polizia e operai che organizzarono numerosi scioperi. Tali scioperi e tutti i moti furono però duramente repressi dal governo Calandra.
IN POLITICA ESTERA venne sollevata la questione dell’intervento o meno dell’Italia in guerra.
Alla dichiarazione di guerra della Serbia all’Austria dopo l’attentato di Sarajevo, e dunque allo scoppio della prima guerra mondiale, l’Italia –alleata ancora degli Imperi centrali (Austria e Germania) nella Triplice Alleanza- proclamava subito la sua neutralità per due motivi:
1)perché in effetti, l’accordo stipulato in precedenza con Austria e Germania della Triplice Alleanza prevedeva che bisognava intervenire a favore degli alleati solo in caso di aggressione subita e non –come di fatto fu- di attacco (fu l’Austria a dichiarare guerra per prima alla Serbia e la Germania a cominciare la guerra con Francia e Russia);
2)inoltre, non c’erano in Italia le condizioni militari ed economiche (mancanza di capitali, pressione di bisogni ed imposte)adatte per affrontare una guerra.
Tuttavia non tutti furono d’accordo sulla neutralità italiana in guerra e così gli italiani si divisero nelle due seguenti posizioni:
NEUTRALISTI
I favorevoli alla neutralità dell’Italia in guerra furono:
Giolitti e i liberali, convinti che il sacrificio della guerra avrebbe sgretolato le già fragili basi dello Stato liberale in Italiane che piuttosto l’Italia avrebbe ottenuto vantaggi territoriali molto più attraverso negoziati diplomatici che attraverso la guerra.
I socialisti, convinti che la guerra fosse estranea agli interessi dei lavoratori (operai e proletariato) e che fosse favorevole soltanto alla grande borghesia imprenditoriale e capitalistica europea. Infatti, poiché anche in Italia sorsero conflitti sociali –pericolosi per la nazione- tra ricca borghesia e povero proletariato (i moti della settimana rossa), la guerra sarebbe servita a deviarli in conflitti mondiali tra diverse nazioni e avrebbe tenuto in questo modo a freno popolo e proletariato; perciò fu ben vista anche dal ceto dominante e dal governo italiano minacciati da tali conflitti sociali interni.
I cattolici, per una questione di principio umano, morale e religioso.
La grande industria, invece, oscillava tra un intervento a fianco della Triplice Intesa (anche per ridurre l’eccessiva presenza di capitale tedesco nella finanza e nell’industria italiana) e la neutralità (che le avrebbe consentito di trarre grossi vantaggi rifornendo entrambi i blocchi contendenti).
INTERVENTISTI
Molti, invece, furono favorevoli ad un intervento dell’Italia in guerra, oltre che per un’ideologia nazionalistica di fondo, aspirante ad una crescita di prestigio e potere della nazione italiana, anche per sostenere i propri interessi privati. Essi furono:
Appartenenti ad una frangia moderata:
Democratici e repubblicani, come Gaetano Salvemini o Romolo Murri, e conservatori, capeggiati da Calandra, capo del governo e Sonnino, ministro degli Esteri, che vedevano nell’intervento dell’Italia in guerra un’ottima occasione di crescita di prestigio e potere per la nazione italiana.
Appartenenti ad una frangia estrema:
Nazionalisti, come Gabriele D’Annunzio, portavoci dell’aspirazione a fare della propria nazione (qualora già unificata e indipendente) una potenza mondiale volta alla conquista del potere politico, economico e sociale, anche a costo di schiacciare le altre nazioni e ricorrere alla guerra.
L’ideologia nazionalistica fu anche in Italia un’ideologia dura, fatta di spirito di potenza, aggressività, razzismo, (ecco perché ebbe dalla sua parte le potenze militari), violenza e fu favorevole alla guerra.
Socialisti rivoluzionari, guidati da Benito Mussolini che, espulso dal partito socialista e abbandonata la direzione del suo organo di stampa, l’”Avanti!”; fece del nuovo giornale da lui fondato, “Il Popolo d’Italia”, uno strumento di accesa propaganda bellicista.
Sindacalisti, come Arturo Labriola e Filippo Corridoni
Irredentisti che vedevano nell’intervento dell’Italia in guerra a fianco della Triplice Intesa -e dunque contro l’Austria-, il momento propizio per compiere definitivamente il processo risorgimentale; per chiedere agli austriaci l’annessione all’Italia da poco unificata dei soli territori ancora rimasti in mano agli austriaci: Trento e Trieste.

Gli interventisti continuavano comunque ad essere una minoranza in Parlamento e nel Paese, ma erano attivi e si facevano sentire anche utilizzando i giornali e le radio.

Mentre si agitavano queste opposte tendenze, si verificava un improvviso colpo di Stato, come una soluzione che calava quasi dall’alto: nell’aprile del 1915, il ministro degli Esteri Sonnino stipulava all’insaputa dell’opinione pubblica e del Parlamento italiano, il cosiddetto “patto di Londra”, che impegnava nel giro di un mese e a far entrare in guerra l’Italia a fianco della Triplice Intesa di Francia, Inghilterra e Russia, e a garantirle, in caso di vittoria, il Trentino e il Tirolo meridionale, Trieste, l’Istria, la Dalmazia, esclusa la città di Fiume, e la base di Valona in Albania. Per l’occasione, il Governo e la Corte -legata alle alte gerarchie militari- organizzarono tumultuose manifestazioni di piazza (le “radiose giornate”) per propagandare questo imminente intervento dell’Italia in guerra a fianco della Triplice Intesa di Francia, Inghilterra e Russia.
Salandra ebbe dal re i pieni poteri per gestire la politica d’intervento; il 4 maggio il governo italiano denunciava il trattato della Triplice Alleanza per i motivi esposti (l’accordo stipulato in precedenza con Austria e Germania della Triplice Alleanza prevedeva che bisognava intervenire a favore degli alleati solo in caso di aggressione subita e non –come di fatto fu- di attacco (fu l’Austria a dichiarare guerra per prima alla Serbia e la Germania a cominciare la guerra con Francia e Russia) e il 24 maggio l’esercito italiano apriva le operazioni militari varcando il Piave.
Questa decisone rivelò l’incapacità del Parlamento italiano a opporsi all’azione della Corona, del Governo e dei gruppi interventisti con essi d’accordo; inoltre fu dovuta ad esigenze di politica interna, visto che l’intervento in guerra avrebbe garantito maggior ordine nel paese, ma soprattutto avrebbe rafforzato gli interessi conservatori di grandi del mondo industriale e finanziario, e avrebbe deviato i pericolosi conflitti sociali tra borghesia e proletariato in un conflitto patriottico, tenendo a freno popolo e proletariato; perciò fu ben vista dai ceti dominanti e dal governo italiano minacciato da tali conflitti sociali interni.

Entrata l’Italia in guerra, gli schieramenti furono i seguenti:
IMPERI CENTRALI
Austria
Germania
TRIPLICE INTESA
Francia
Inghilterra
Russia
Italia
Ma perché l’Italia trovò il pretesto per sganciarsi dalla Triplice Alleanza con Austria e Germania e si schierò al fianco dell’Intesa?
1) Innanzitutto il patto stipulato in precedenza con Austria e Germania della Triplice Alleanza prevedeva che bisognava intervenire a favore degli alleati solo in caso di aggressione subita e non –come di fatto fu- di attacco (fu l’Austria a dichiarare guerra per prima alla Serbia e la Germania a cominciare la guerra con Francia e Russia)
2) La grande industria voleva ridurre l’eccessiva presenza di capitale tedesco nella finanza e nell’industria italiana.
3) Gli irredentisti vedevano nell’intervento dell’Italia in guerra a fianco della Triplice Intesa -e dunque contro l’Austria-, il momento propizio per compiere definitivamente il processo risorgimentale; per chiedere agli austriaci l’annessione all’Italia da poco unificata dei soli territori ancora rimasti in mano agli austriaci: Trento e Trieste.
Essi, cioè, furono allettati dalla promessa, effettuata nel “patto di Londra”, di ricevere in caso di vittoria territori come il Trentino e il Tirolo meridionale, Trieste, l’Istria, la Dalmazia, esclusa la città di Fiume, e la base di Valona in Albania.
2° ANNO DI GUERRA: 1915
A questo punto, l’ingresso in guerra dell’Italia apre un altro fronte delle operazioni militari: a sud, quello meridionale lungo i confini con l’Austria, ossia lungo i fiumi Isonzo e Carso, fino al Trentino. Questo fu svantaggioso per gli Austriaci, che dovettero dividere il loro esercito su due fronti: questo meridionale e quello russo.
Nonostante questo, per quasi tutto il ’15, i rapporti fra i due blocchi di potenze e la situazione generale di guerra rimasero invariate; nessuna potenza fu in grado di imporsi e di risolvere a favore il conflitto. Ciò contribuì a trasformare la guerra da guerra lampo a guerra di logoramento, dove milioni di soldati si contrapponevano lungo chilometri e chilometri di trincea, senza mai affrontarsi in battaglie campali.
A parte la conquista di Gorizia del 1916, anche gli italiani dovettero accontentarsi per due anni di una guerra di trincea, interrotta da battaglie (ben undici combattute sul fiume Isonzo) molto sanguinose ma perfettamente inutili dal punto di vista militare perché lasciarono la situazione invariata.
2° ANNO DI GUERRA: 1916
Quest’anno fu contraddistinto da due eventi di guerra:
1)PER TERRA: le battaglie di Verdun e Somme
Furono due tentativi, da parte della Germania, di rompere l’isolamento nel quale si erano trovati gli Imperi centrali di Austria e Germania dopo l’insuccesso della “guerra lampo”.
Nella BATTAGLIA DI VERDUN, la Germania tentò di attaccare i francesi a Verdun, ma tale battaglia durò quattro mesi, costò 600.000 morti e lasciò comunque immutate le linee di frontiera.
Allora Francia e Inghilterra, per alleggerire l’attacco di Verdun, scatenarono una CONTROFFENSIVA ALLA GERMANIA SUL FIUME SOMME, anch’essa durata tre mesi, costata un milione di morti e incapace anch’essa di mutare la situazione.
Il fallimento dei suddetti tentativi tedeschi di rompere l’isolamento nel quale si erano trovati gli Imperi centrali di Austria e Germania dopo l’insuccesso della “guerra lampo”, portò alla sostituzione del generale Falkenhayn con il generale Hindenburg.
2)PER MARE: la battaglia dello Jutland
Al nuovo generale Hindenburg, si deve la riapertura, da parte della Germania, del fronte marino contro l’Inghilterra.
Nella BATTAGLIA DELLO JUTLAND, la Germania ottenne una vittoria che però non fu in grado né di minacciare seriamente l’egemonia marittima e navale dell’Inghilterra, né di allentare l’isolamento nel quale si erano trovati gli Imperi centrali di Austria e Germania dopo l’insuccesso della “guerra lampo”.
Fu così che la Germania decise di riaprire ad oltranza la guerra sottomarina dei mesi precedenti, colpendo indiscriminatamente tutte le navi che portassero merci ai paesi dell’Intesa: allora furono distrutti tre milioni di tonnellate di naviglio inglese.
Per contro, l’Inghilterra, con l’appoggio degli USA, accentuò il blocco imposto agli Imperi centrali di Austria e Germania, strangolando l’economia tedesca, visto che sempre più precari furono i rifornimenti dei beni di prima necessità non soltanto all’esercito, ma anche alla popolazione civile.

LE PRIME INSOFFERENZE E OPPOSIZIONI VERSO LA GUERRA
LA CENTRALIZZAZIONE DEGLI STATI IN FAVORE DELLA GUERRA
Ma presto, all’interno di tutte le nazioni in guerra, cominciarono a manifestarsi i primi segni di insofferenza e opposizione alla guerra, una guerra di logoramento che durava da mesi, costava tante vite umane e non riusciva a raggiungere risultati definitivi: essa sembrava non finire mai o sembrava che avrebbe vinto soltanto chi fosse riuscito a sopravvivere più a lungo.
All’interno delle varie nazioni, furono questi i gruppi che manifestarono i primi segni di stanchezza, insofferenza e opposizione alla guerra:
i socialisti, anche se in minoranza, cominciarono ad organizzare una vera e propria opposizione alla guerra, per esempio in Germania attraverso il “Manifesto” di Kienthal.
i cattolici e il papa Benedetto XV, che inviò ai capi del governo delle nazioni in guerra una “nota” nella quale si sottolineava la necessità di porre fine a quell’”inutile strage”

Al contrario, all’interno di tutte le nazioni in guerra, si crearono anche gruppi favorevoli alla prosecuzione della guerra, anzi si assistette a una vera e propria centralizzazione del sistema politico ed economico, che, di fatto, esautorava Parlamento e partiti e concentrava il potere nelle mani del potere esecutivo e del sovrano, in nome della Patria e della “sacra” necessità di protrarre ancora lo sforzo della guerra.
Ciò non solo da un punto di vista politico, ma anche economico, visto che tale stato centralizzato organizzò anche la produzione in funzione delle necessità di guerra e per fare ciò non ricorse solo al credito internazionale presso altri paesi coinvolti nella guerra, ma impose anche tasse gravose a tutti.
Quali furono queste coalizioni nazionali?
In Francia, il governo di Briand; in Italia il governo Borselli; in Inghilterra il governo di Lloyd Gorge; inoltre in Germania tutto il potere fu concentrato nelle mani delle alte gerarchie feudali; infine l’Impero austroungarico non riuscì più ad affrontare le spinte autonomiste delle diverse nazioni ad esso soggette, tanto che il nuovo imperatore Carlo I, succeduto a Francesco Giuseppe nel 1916, cominciò a pensare a una pace separata.
3° ANNO DI GUERRA: 1917
Furono questi gli avvenimenti più importanti del 1917:
1) LA RIVOLUZIONE RUSSA E L’USCITA DELLA RUSSIA DALLA GUERRA
In Russia il popolo, affamato e stanco, aveva già espresso più volte con agitazioni e scioperi il proprio malcontento, specie verso gli alti costi umani ed economici della guerra, ma la Corte, legata ad una politica dispotica e tirannica, continuava a dimostrare il più totale distacco dalla realtà del paese e soprattutto da quella popolare.
La goccia che fece traboccare il vaso fu una rivolta di operai e soldati, nel marzo ’17, che provocò l’abdicazione dello zar Nicola II e la costituzione di un governo provvisorio nel quale erano presenti tutte le forze antizariste, dai liberali ai comunisti.
Il nuovo governo di Kerenskij incoraggiò i nuovi soldati, quasi tutti contadini, a proseguire lo sforzo della guerra, promettendo loro in cambio nuove terre alla fine del conflitto.
Questa nuova Russia lanciò alcune offensive che però si conclusero con un totale fallimento: i soldati russi addirittura fraternizzarono coi nemici austriaci e tedeschi e tornarono alle loro case; era il segno più evidente della loro insofferenza e opposizione alla guerra. Perciò, il 3 marzo 1918, la Russia concertò con alleati e avversari la propria uscita definitiva dalla guerra, uscita che fu vantaggiosa soprattutto per la Germania, che con la pace di Brest-Litovsk ottenne dalla Russia ampie concessioni territoriali.
2) L’INTERVENTO DEGLI STATI UNITI
Abbiamo visto come, l’Inghilterra aveva isolato sui mari gli Imperi centrali (Austria e Germania), i quali non potevano più essere riforniti di materie prime e di derrate alimentari, cose che invece l’Inghilterra e soprattutto gli Stati Uniti fornirono soltanto agli alleati della Triplice Intesa: Francia, Russia e Italia.
La guerra si stava rivelando un ottimo affare per gli Stati Uniti: essi avevano quadruplicato le esportazioni di grano ed altri prodotti in Europa (a paesi bisognosi in stato di guerra), e avevano prestato ingenti capitali a Francia e Inghilterra.
Abbiamo anche visto come la protesta degli Stati Uniti contro la guerra sottomarina lanciata dalla Germania fu dura; allora il presidente Wilson minacciò che gli USA sarebbero entrati in guerra se si fossero ripetuti episodi simili a quello del piroscafo Lusitania (nave che viaggiava con mille passeggeri a bordo tra cui 198 americani -ancora neutrali ed estranei al conflitto- e che fu affondata dalle flotte tedesche durante tale guerra sottomarina).
Inoltre, nel tentativo di allentare l’isolamento nel quale si erano trovati gli Imperi centrali di Austria e Germania dopo l’insuccesso della “guerra lampo”, la Germania decise di riaprire ad oltranza la guerra sottomarina dei mesi precedenti, colpendo indiscriminatamente tutte le navi che portassero merci ai paesi dell’Intesa: allora furono distrutti tre milioni di tonnellate di naviglio inglese.
Fu allora (aprile ’17) che gli Stati Uniti, sentendosi minacciati dai tedeschi nei loro interessi, decisero di intervenire in guerra a fianco dell’Intesa di Francia, Inghilterra e Italia (la Russia si era da poco ritirata).
Alla base dell’intervento americano al fianco dell’Intesa (che andò contro le correnti pacifiste largamente presenti negli Stati Uniti) non stavano soltanto motivi militari, ma anche i seguenti motivi politici ed economici:
politici: Gli Stati Uniti tendevano a sostenere nazioni come Francia e Inghilterra che avevano un governo liberaldemocratico simile a quello americano, mentre nazioni come Australe Germania erano ancora rette da monarchie militaristiche autoritarie.
economici: Col loro intervento, gli stati Uniti tendevano a salvaguardare le numerose esportazioni di grano ed altri prodotti in Europa (a paesi bisognosi in stato di guerra), nonché a recuperare e far fruttare gli ingenti capitali prestati a Francia e Inghilterra.

Con l’intervento degli Stati Uniti, la guerra aveva assunto proporzioni mondiali; ben poche erano le nazioni rimaste neutrali e, per quanto il terreno degli scontri fosse principalmente l’Europa, quasi tutti i paesi del mondo dovettero prendere posizione per uno schieramento o per l’altro; se le colonie continuavano a fornire prodotti e soldati alla madrepatria, i paesi extraeuropei indipendenti dovevano scegliere con chi commerciare.

3) ALTRE INSOFFERENZE E OPPOSIZIONI VERSO LA GUERRA
Un ulteriore elemento destinato a incidere profondamente sull’andamento della guerra fu l’accentuazione dell’insofferenza e dell’opposizione militare e civile alla guerra.
L’inverno del ’17 fu veramente tragico: le condizioni dei soldati sotterrati nelle trincee furono disumane, di denutrizione, stremo, malattia e morte, a causa del freddo, della fame, degli sforzi e dell’esposizione a nuove armi come bombe a mano, lanciafiamme e gas asfissianti.
Così su tutti i fronti si verificarono diserzioni, fughe, passaggi al campo nemico, insubordinazioni e disubbidienze ai superiori e ammutinamenti (soldati che si ferivano volontariamente per non essere inviati in prima linea), e questo sia da parte di soldati semplici che di veri e propri ufficiali di complemento, precedentemente entusiasti della guerra.
Tali atti furono puniti dai superiori con severe misure disciplinari (basti ricordare il duro comando del generale italiano Cadorna), processi, decimazioni e fucilazioni.
Allo stesso modo le masse popolari e civili diedero segni di insofferenza e opposizione alla guerra: mentre grandi industriali si erano arricchiti con speculazioni sulla guerra, queste erano da tempo prostate dalla difficoltà di reperire generi alimentari di primo consumo, dal rialzo dei loro prezzi e dalle riduzioni dei salari; tuttavia, anche di fronte a questi segni civili di insofferenza e opposizione alla guerra i governi risposero con strette autoritarie.
In Italia, la classe operaia di Torino diede inizio nelle piazze ad azioni di guerriglie e lotte che furono represse nel sangue dalle truppe regie.
In Francia il generale Petain sostituì Nivelle e avviò una politica autoritaria; in Germania tali problemi furono analogamente risolti con un rafforzamento dei poteri militari rispetto a quelli civili e con la militarizzazione persino delle industrie.
Negli Stati Uniti, il presidente Wilson si fece conferire poteri eccezionali per proseguire lo sforzo della guerra.

In questo clima, sul fronte militare, l’anno 1917 sembrò favorevole agli Imperi centrali di Austria e Germania: essi si prepararono a uno sforzo offensivo eccezionale per risolvere definitivamente la guerra a loro favore prima che le truppe americane sbarcassero in Europa.
Sul fronte meridionale, gli austriaci approfittarono della debolezza estrema dello stremato esercito italiano del duro Cadorna, per accerchiarlo a CAPORETTO (24 ottobre 1917), da dove l’esercito italiano indietreggiò in una caotica ritirata fino al Piave, perdendo 400.000 uomini, fra feriti, dispersi e morti, nonché buona parte dell’artiglieria.
L’offensiva di Caporetto contro l’Italia era stato solo il primo tentativo di questo eccezionale sforzo offensivo degli Imperi centrali di Austria e Germania; ora toccava al resto della Triplice Intesa, ovvero a Francia e Inghilterra, visto che la Russia si era ritirata.
L’ULTIMO ANNO: IL 1918 E LA FINE DELLA GUERRA
Sul fronte occidentale, infatti, le cose non andarono altrettanto bene: le truppe francesi e inglesi si congiunsero per la prima volta nel marzo ’18 nella regione di San Quintino fino alla Marna, grazie alla creazione e organizzazione di un unico esercito affidato al generale francese Foch, che seppe ben resistere agli urti delle truppe austriache e tedesche.
Il 18 luglio, l’Intesa di Francia e Inghilterra potè rafforzare la controffensiva anche grazie allo sbarco in Europa delle truppe americane, che tra l’8 e il 12 agosto riuscirono a sfondare il fronte austrotedesco nei pressi di AMIENS.
Nel frattempo, sul fronte meridionale, l’Italia diede prova di un’insospettabile capacità di reazione. Si formò un nuovo governo, comprendente anche l’opposizione presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, mentre l’esercito fu riorganizzato sotto la guida del generale Armando Diaz, il quale incoraggiò i nuovi soldati a proseguire lo sforzo della guerra, promettendo loro in cambio nuove terre alla fine del conflitto. (Tali promesse determinarono grandi aspettative tra i militari italiani, che si sarebbero trasformate in rivendicazioni e conflitti sociali, quando nell’immediato dopoguerra non furono più mantenute dallo Stato.)
Tra il settembre e l’ottobre del 1918, l’Italia avanzava la sua controffensiva agli austriaci (dai quali era appena stata sconfitta a Caporetto) e il 24 ottobre 1918 li vinceva definitivamente a VITTORIO VENETO.
Nel frattempo, l’Impero asburgico si era disgregato sotto la spinta autonomista delle diverse nazioni ad esso soggette.
Anche la Germania veniva sconvolta da una crisi interna: la flotta tedesca organizzò una protesta contro il governo, a novembre veniva proclamata a Monaco la repubblica sotto la guida dei socialdemocratici e il Kaiser Guglielmo II era costretto a fuggire.
Pertanto, il 4 novembre ’18 l’Austria chiede l’armistizio
Per queste crisi interne e per le loro ultime sconfitte, Austria e Germania furono costrette alla vera e propria resa,ovvero a chiedere l’armistizio:il 4 novembre ’18, l’Austria lo chiese all’Italia, in seguito alla sconfitta di Vittorio Veneto e la Germania pochi giorni dopo, l’11 novembre ’18.
A ruota libera seguiva la resa e la richiesta d’armistizio di tutte le altre nazioni alleate degli Imperi centrali come Turchia e Bulgaria.
LA PACE
Nel gennaio del 1919, a Versailles si aprì la CONFERENZA DELLA PACE, alla quale si incontrarono solamente i vincitori (specie Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Italia), mentre i vinti furono convocati solo per firmare i trattati di pace.
Durante la conferenza, però, si manifestarono due logiche politiche opposte circa i modi di portare avanti le trattative di pace:
1)la tradizionale diplomazia europea, volta a imporre trattative di pace più realiste e spregiudicate, una pace che conferisse massimi vantaggi ai vincitori dell’Intesa (specie Francia e Inghilterra), che cioè risolvesse la disgregazione dei quattro imperi (austriaco, tedesco, russo e turco) attraverso l’usuale politica di annessioni territoriali e la realizzazione di un nuovo equilibrio politico territoriale europeo, basato sull’indiscussa egemonia di Francia e Inghilterra. In realtà questa linea (che poi prevalse) mirava ad annientare il nemico per eccellenza, che aveva aperto la guerra restandone sconfitto (la Germania); difatti i trattati di questa conferenza saranno imposizioni dei più forti ai più deboli secondo appunto il principio del più forte.
2) le tendenze più giuste e democratiche del presidente degli USA Wilson, secondo il quale l’Europa andava ricostruita e riorganizzata nel rispetto delle singole nazioni e del criterio di autodeterminazione dei popoli stessi.Tali tendenze verranno schiacciate dalla tradizionale diplomazia europea, ma Wilson riuscì comunque ad ottenere la cosiddetta SOCIETÀ DELLE NAZIONI, che avrebbe dovuto tutelare la pace facendosi arbitra delle controversie internazionali; di essa tuttavia non fecero parte la Germania e la Russia, e neppure gli USA dal cui presidente era stata promossa, convinti della necessità di isolarsi dalle questioni e dai conflitti europei.

I trattati di pace furono i seguenti:
1) CON LA GERMANIA
il trattato di Versailles: un trattato che, come già detto, non fu negoziato, ma imposto e che per questo dai nazionalisti fu chiamato Diktat.
Tuttavia, lo scopo della tradizionale diplomazia europea di annientare il nemico per eccellenza (la Germania), che aveva aperto la guerra restandone sconfitto, fallì.
Tale trattato imponeva alla Germania:
aDi restituire Alsazia e Lorena persi nella guerra contro la Prussia del 1870-71.
DDi spartire i suoi possessi coloniali fra Francia e Inghilterra
DDi sguarnire le difese sul Reno separandosi dalla Prussia attraverso un corridoio che giungeva fino a Danzica, città libera.
DDi prendersi tutte le responsabilità morali e materiali della guerra pagando un salato risarcimento (132 miliardi di marchi oro da pagare in trent’anni).

2) CON L’AUSTRIA
il trattato di Saint Germani-en-Laye che imponeva all’Austria:
Di riconoscere l’autonomia delle diverse nazioni soggette all’Impero austroungarico, dal cui sgretolamento nacquero dunque: Regno d’Austria, Regno d’Ungheria, Repubblica di Cecoslovacchia, Regno di Jugoslavia. Alla Polonia, ricostituita con regioni appartenenti alla Russia e all’Austria, furono ceduti dei territori anche da parte della Germania e le si assicurò uno sbocco al mare in corrispondenza di Danzica, città libera.
eDi cedere all’Italia i territori pattuiti del Trentino e del Tirolo meridionale, Trieste, l’Istria, e la base di Valona in Albania; la Dalmazia, invece, fu rivendicata dalla Jugoslavia come parte integrante del suo territorio.
3) CON L’UNGHERIA il trattato di Trianon
e CON LA TURCHIA il trattato di Sevres
per la sistemazione dei Balcani dopo la caduta dell’Impero turco, dal cui sgretolamento nacquero dunque i nuovi stati di Siria, Palestina, Transgiordania e Iraq.

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